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PRIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Il IX volume della I serie dei Documenti Diplomatici Italiani riguarda il periodo dal 16 giugno al 23 dicembre 1867: dalle prime notizie della preparazione di una spedizione garibaldina contro lo Stato pontificio alle dimissioni del Ministero Menabrea in seguito alla mancata approvazione della sua condotta da parte della Camera.

Gran parte dei documenti pubblicati concerne la poltica seguita dai Gabinetti Rattazzi e Menabrea e dallo stesso Vittorio Emanuele II nella questione romana. L'atteggiamento francese e l'acuta crisi nei rapporti tra Roma e Parigi si trovano qui ampiamente documentati.

Altri temi di rilevante interesse riguardano la situazione nelle province cristiane dell'impero ottomano, soprattutto a Creta e nei paesi slavi, e il convegno a Salisburgo fra gli Imperatori Francesco Giuseppe e Napoleone III nel quale si delineò un accordo fra le politiche estere di Austria-Ungheria e Francia.

2. Il volume si basa principalmente, come i precedenti, sulla documentazione conservata nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri nelle serie seguenti:

r. Gabinetto e Segretariato Generale: a) istruzioni per missioni all'estero (buste 18-21); b) corrispondenza telegrafica; c) carteggio confidenziale e riservato (buste 202, 204, 215, 217, 220, 221, 222, 225 e 226). lI. Divisione « Politica »: a) registri copialettere in partenza; b) rapporti in arrivo.

III. Carte delle Ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna.

lV. Carte Blanc. Varii documenti di notevole interesse sono tratti dall'Archivio di Casa Reale ed uno dall'Archivio V·isconti Venosta di Santena.

3. Data l'importanza del periodo varii documenti erano già editi, integralmente o parzialmente, nelle seguenti pubblicazioni (tra parentesi l'abbreviazione usata nel testo):

Libro Verde n. 12, Documenti Diplomatici presentati dal Presidente del ConsigHo e Ministro degli Affari Esteri (Menabrea), Legione d'Antibo, tornata del 9 dicembre 1867 (LV 12);

Libro Verde n. 13, Documenti presentati dal Presidente del Consiglio e Ministro degli Affar,i Esteri Menabrea (questione Romana) nella tornata del 9 dicembre 1867 (LV 13);

G. MAssARI, La vita e il Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia primo Re d'Italia, Milano, 1901;

Livre Jaune n. 10, Documents Diplomatiques 1867, Paris, 1867.

H. BASTGEN, Die Romische Frage, vol. II, Freiburg im Breisgau, 1918 (BAsTGEN);

A. STERN, Geschichte Europas seit den Vertriigen von 1815 bis zurn Frankturter Frieden von 1871, 10 Band, Geschichte Europas von 1848 bis 1871, IV, Stuttgart um Berlin, 1924;

Les origines diplomatiques de la guerre de 1870-1871, vol. XVIII, Paris, 1925; vol. XIX, Paris, 1926; vol. XX, Paris, 1927 (Origines diplomatiques);

A. Luzro, Aspromonte e Mentana. Firenze, 1935 (Luzw);

A. CAMPANELLA, Frigiesy, il gran garibaldino magiaro sconosciuto, in «Studi garibaldini», anno III, 1962;

N. MIKO, Das Ende des Kirchenstates, Wien-Munchen, 1964 (MIKO);

Le lettere di Vittorio Emanuele Il, raccolte da F. COGNAsso, vol. II. Torino, 1966 <Lettere Vittorio Emanuele Il);

R. MORI, Il tramonto del potere temporale 1866-1870, Roma, 1967 (MORI);

R. DE CESRRE, Roma e lo Stato del Papa, Milano, 1970 (DE CESARE).

4. Alla preparazione di questo volume hanno collaborato la dott. Emma Ghisalberti per le ricerche e l'apparato critico, la signora Fiorella Giordano e la dott. Luana Micheli per la correzione delle bozze e la compilazione dell'indice dei nomi. A esse va il ringraziamento più cordiale.

ENNIO DI NOLFO

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Provenienza

e data

Firenze 16 giugno 1867

Parigi 18 giugno

Madrid 18 giugno

Firenze 18 giugno

Berlino 18 giugno

Berlino 18 giugno

Parigi 19 giugno

Vienna 19 giugno

Firenze 20 giugno

Berlino 21 giugno

Firenze 22 giugno

I-'lrenze 22 giugno

Atene 22 giugno

Vienna 22 giugno

Belgrado 22 giugno

Firenze 24 giugno


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 251. Firenze, 16 giugno 1867, ore 15,40.

Ayant appris que la Reine d'Espagne est déc!dée à faire un voyage à Rome j'ai invité le ministre du Roi à Madrid à appeler sérieusement l'attention du Gouvernement espagnol sur la g·ravité d'une telle démarche dans les circonstances actuelles et sur les conséquences désagréables qui pourraient en surgir pour le maintien des bons rapports entre l es deux pays (l).

Le Gouvernement français doit comprendre autant que nous toute l'inopportunité d'une mesure pareille et il nous donnerait une preuve de plus de son amitié s'il voulait interposer son infl.uence auprès de la Reine pour la détourner de l'accomplissement de son projet (2).

2

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 415. Parigi, 18 giugno 1867, ore 2,25 (per. ore 4,25).

J'ai été aujourd'hui chez le marquis de Moustier et j'ai appelé toute son attention sur le danger auquel peut donner lieu le voyage projeté de la Reine d'Espagne à Rome.

J'ai prié S. E. au nom du Gouvernement du Roi d'interposer l'int1uence de la F'rance auprés de la Reine d'Espagne pour la détourner [de] raccomplissement de son projet. Marquis de Moustier m'a dit qu'il parìerait à l'Empereur et en écrirait à Madrid.

3

IL MINISTRO A MADRID, CARACCIOLO DI BELLA. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 417. Madrid, 18 giugno 1867, ore 20,55 (per. ore 24).

J'ai fait aujourd'hui au ministre des affaires étrangères les déclarations contenues dans la dernière dépeche de V. E. (3). il m'a écouté avec beaucoup

d'attention et m'a dit que pour d'autres considérat!ons aussi le premier projel était suspendu, et m'a assuré officiellement que le voyage de la Reine d'Espagne n'est pas arreté: que dans tous l es cas l'époque e n serai t retardée. Le ministre a ajouté qu'il en causerait de nouveau avec moi si jamais la chosc lui paraitralt acquérir encore quelque probabilité.

(l) -Cfr. t. 250 pari data, non pubblicato. (2) -Per la risposta cfr. n. 2. (3) -Cfr. n. l, nota l.
4

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE MILITARE ITALIANA PER LA DELIMITAZIONE DELLA FRONTIERA FRA IL REGNO E L'IMPERO AUSTRIACO, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

L. Firenze, 18 giugno 1867.

Dal Maggiore Barone Mazza, membro della Commissione militare di delimitazione della frontiera, rimasto, come è noto all'E. V. in Venezia, mi venne trasmessa qui in Firenze la nota, qui unita per copia, dei Commissari Imperiali nella quale riscontrano alla nostra domanda per un'ampliazione delìa zona di difesa della fortezza di Palmanova.

Allo stato attuale delle cose questo nuovo fatto, prodottosi dopo la convenuta interruzJ.one delle adunanze, non può arrecare alcuna variazione nel mandato dei Commissari delegati alle operazioni pratiche i quali non hanno che ad attenersi alle ultime deliberazioni della Commissione.

Riunendosi poi nuovamente questa per le operazioni che rimarranno da compiersi, potrà darsi r-iscontro alla comunicazione ricevuta aggiungendovi le O'lservazioni che per avventura occorresse di farvi.

ALLEGATO

KIRCHSBERG A DI ROBILANT

Venezia, 16 giugno 18G7.

Appena ricevuta la Nota verbale rela,tiva al tratto di confine limitante la zona di difesa della fortezza di Palmanova, trasmessami col pregiato foglio 8 maggio u.s. (l) non n'ancai di portarla a conoscenza del Governo Imperiale.

Ora mi affretto di comunicarle quanto in proposito mi venne significat.o dall'L R. Ministro della Guerra, dopo presi da questo gli opportuni concerti coll'L R. Ministro per gli Affari Esteri.

L'L R. Governo non è al caso di accondiscendere a qualsiasi cessione di territorio c ciò per la stessa cagione che probabilmente impedirebbe il R. Governo italiano eli aderire ad uno scambio di territori abitati, essendoché una siffatta cessione èi territorio non potrebbe effettuarsi, anche in Austria, senza, il consenso del Consiglio dell'Impero. presentemente convocato, nel quale una simile proposta, per quanto è a prevedersi, non verrebbe favorevolmente accolta.

E specialmente riguardo alla zona di difesa di Palmanova, mi fu osservato che il riferimento all'analogo procedere dell'Austria relativamente alla fortezza di Peschiera nell'anno 1859 non possa ammettersi, primieramente perchè nel trattato di pace di Zurigo l'Austria si era espressamente stipulata una corrispondente zona di difess.. in

secondo luogo poi perché nel caso suddetto tratt.avasi pel Regno di Sardegna d'allora non già della cessione di un territorio al medesimo incorporato, ma bensì della fissazione del confine di una Provincia, la quale appena col Trattato cii pace suaccennato venivagli assegnata.

(l) Cfr. serie I. vol. VIII, n. 496.

5

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

H. 32. Berlino, 18 giugno 1867 (per. il 23).

Dans l'entretien que j'ai eu avant-hier avec le Prince Gortschakoff, je n'ai pas manqué de lui parler dans le sens de vos instructions télégraphiques du 14 de ce mois (l).

Il avait dans la matinée mème reçu la nouvelle que la Note identique avait été présentée à Fuad Pacha qui s'était réservé de prendre !es ordres de son Souverain. L'Envoyé d'Autriche ne se serait pourtant pas encore associé à cette démarche. On ne pouvait en prédire le résultat. Mais les deux hypothèses auxquelles j'avais fait allusion n'avaient pas échappé à son esprit. Si la Porte répondait par un nouveau refus, !es Puissances, pour donner plus d'autorité à leur langage, devraient alors déclarer que leurs bàtiments de guerre iraient recueillir !es familles crétoises errantes sans pain, sans asile, et exposées sans défense aux dangers de la guerre, en ajoutant que si !es Tures opposaient de la résistance à ce sauvetage fait au nom de l'humanité, ce serait à leurs risques et périls. Le Prince Gortschakoff le jour mème de son départ de Paris, avait fait cette proposition au Marquis de Moustier qui ne l'avait pas déclinée, mais avait demandé du temps pour l'examiner et prendre l'avis de l'Empereur.

Pour parer à la seconde éventualité, à celle où après avoir admis une enquète, la Sublime Porte se refuserait à en accepter !es conséquences naturelles, le Vice-Chancelier n'avait pas manqué d'insister auprès du Gouvernement Français !eque! en aurait écrit à Bourée, pour qu'ìl fùt bien entendu que l'assentiment à une enquète impliquerait, entre autres, la suspension d'armes.

Tel était le point de vue de la Russie sur ces deux hypothèses et elle nous enga.geait à nous y rallier.

Un autre article du télégramme chiffré de V. E. était relatif à l'Egypte. J'en ai touché quelques mots. Le Prince ne voyait aucune nécessité de soulever cette question. Ismail, malgré le droit de succession en ligne directe accordé à sa famille, malgré son nouveau titre. est toujours placé, ainsi que san pays. sous la suzeraineté du Sultan, et sous le régime des Traités entre la Turquie et !es Puissances étrangères. Ces Traités accordent à leurs nationaux une protection qui ne leur fait pas défaut en Egypte. Vouloir y rappeler une sorte de tutelle ou de surveillance ne serait peut-ètre pas opportun, quand l'Europe avait des affaires plus urgentes à régler en Orient. J'ai mis en avant !es inconvénients de reconnaissances partielles, etc., mais j'ai pu m'apercevoir que mon interlocuteur n'attachait pas ou ne voulait pas attacher d'importance

à ce còté de la question. Je n'ai dane pas insistè. Je craignais d'ailleurs qu'il n'y eùt eu quelque erreur dans la p:èce chiffrée précitée.

Quant aux Principautès Danubiennes, le Prince Gortschakoff regrettait, camme nous, la situation actuelle des choses. La Russie suivant une politique complètement désintéressée, voudrait voir la Roumanie se constituer sous le Prince de Hohenzollern. Malheureusement, ce pays est << pourri »; !es désordres intérieures y sont presque inévitables.

(l) Cfr. serle l, vol. VIII, n. 571.

6

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. DI CAMPELLO

R. 33. Berlino, 18 giugno 1867 (per. il 23).

Voici ce que j'ai recueilli dans mon entretien d'hier et d'avant hier avec le Prince Gortschakow sur les impressions qu'il a rapportées de Paris.

Le coup de feu essuyé par l'Empereur Alexandre, quelque soit tout l'odieux de cet exécrable attentat, a positivement contribué a établir de meilleurs rapports entre la Russie et la France. C'est là un souvenir ineffaçable. L'Empereur et l'Impératrice ont fait preuve de coeur et d'un tact exquis. Le public, par ses ovations, a protesté contre l'acte régicide et en mème temps contre les cris de vive la Pologne, qui proférés par certa1ns individus n'avaient pas d'autre but que celui de produire une irritation dans les masses heureusement plus sages que ces instigateurs de désordres. Au reste un Russe crierait aussi vive la Pologne; mais en sousentendant qu'elle ne vive pas au détriment d'autrui.

D'un autre còté !es relations entre !es Cours de Paris et de Berlin, aussi bien qu'entre leurs Gouvernements se sont sensiblement améliorées malgré les préventions qui existent contre la Prusse. Avant et pendant la visite des Souverains, la Russie a en quelque sorte servi de tampon. Le Prince Gortschakow avait parfois, dans une certaine mef;ure, donné raison à la Prusse contre la France. Il n'avait pas hésité à déclarer à l'Empereur Napoléon que jamais les événemens n'auraient pris une telle extension en Allemagne, si la France s'était jointe à la Russie pour s'intéresser, mieux que ne l'avait fait M. Benedetti à Nicolsburg, au maintien des dynasties aujourd'hui dépossédées ou mutilées. Après n'avoir opposé en temps utile, au moins par vaie de conseil, aucune digue au torrent. il était trop tard pour se révolter contre des résultats presque accomplis sous une condescendance apparente de la France. Maintenant il était devenu plus mal avisé d'arrèter la marche d€s choses. Tout ce qu'on pouvait demander au Cabinet de Berlin c'ètait de ne rir:n faire pour précipiter le mouvement des esprits. Or il fallait lui rendre cette justice, et lui en savoir gré, qu'il cherchait bien plus à ralentir ce mouvement qu'à l'accélérer.

Le Vice-Chancelier se flattait d'avoir tenu à chacun un langage èquitable. et il croyait avoir contribué à rendre d'après les ordres formels de san Souve rain. de réels services dans le sens de la conservation de la paix. Te! était le but qu'U s'était déjà proposé et qu'il avait pu atteindre lors des afiaires du Luxembourg. Bref, J'horizon s'est éclairci; les canons sont relégués à l'arrièn. pian, à moins que les passions reprenant le dessus, la France ne veuille pas tenir compte des embarras de son voisin d'outre Rhin, et se montre chatouil leuse à l'excès. La Prusse, il est vrai, doit à son tour prendre en considératioh les exigences de la situation en France, en ne brusquant rien, en s'abstenant de toute provocation inconsidérée.

Le Prince Gortschakow a aussi exprimé cette manière de voir dans ses conversations avec M. Rouher et le marquis de Moustier, et méme en présence du Comte de Bismarck. Bien des aspérités ont été amoindries ou écartées.

Relativement à la Crète un progrès marquant, si non décis.if, a également été obtenu, ensuite de l'entente pour la remise d'une note identique, et l'enquéte. L'Angleterre marche encore clopin-clopant; mais qu'on se trouve jamais en présence d'un fait accompli, et elle fin:ra, selon son habitude, par se rallier. Dans les conférences qui ont été entamées à cet égard, la Russie a invité chaque Puissance à déposer sa cocarde, à oublier son signe distinctif de nationalité pour ne s'occuper qu'à un point de vue général Européen, des intéréts de la paix.

Répondant ensuite à mon desir de connaitre son opinion sur quelques notabilités Françaises, le Prince Gortschakow portait un jugement de plus favorables sur l'Empereur Napoléon chez lequel il n'avait remarqué aucune décadence physique et intellectuelle, mais bien au contraire un esprit vraiment supérieur. C'est toujours une téte très lucide. M. Rouher à excité son admiration. C'était la personnalité la plus ma.rquante de l'entourage du Souverain. C'était aussi un des premiers hommes d'état de notre époque. Dans les conférences, il était impossible de ne pas étre émerveillé de la sobriété de ses discours et de son talent de concentrer l'expression de sa pensée dans les mots les mieux choisis. L'éloquence ne saurait étre mieux personnifiée. Le Marquis de Moustier, par contre, est par trop raisonneur. Il se donne un air professoral. Il avait longuement développé ses théories orientales. Il avait égrené tout le chapelet des réformes y compris celle de l'instruction publique. Le Vice-Chancelier s'est déclaré prét à souscrire à ses vues; mais en demandant s'il ne vaudrait pas mieux courir au plus pressé. L'office de pompier était plus urgent dans ces contrées, que celui de pédagogue. Il avait diì. le ramener sur le terrain pratique de la politique. De prime abord, leurs vues étaient plutòt divergentes; mais le Vice-Chancelier supposait que, gràce à l'intervention de l'Empereur Napoléon, ces vues s'étaient davantage rapprochées dans les derniers jours.

Il m'importait encore de savoir si la révision du traité de 1856 avait été mise sur le tapis. J'ai amené le Prince Gortschakow sur la voie de s'expliquer «Aucune ouverture, m'a-t-il dit, ne nous a été faite à ce sujet, et ce n'est pas nous qui en paderions. Il y a peu de mois le Baron de Beust avait mentionné, dans une dépéche adressée au Prince de Metternich, dépéche dont le contenu a été ébruité, la convenance de cette révision. On aurait grand tort de croire que nous lui eussions suggéré une semblable i:dée. La Russie ne demande pas d'aumòne politique. D'ailleurs, à nos yeux, le traité de 1856 est déjà abrogé. Il a été violé dans les articles Q.U'il convenait à quelques Puissances de moditier, nommément en ce qui concerne les Principautés Danubiennes. On ne saurait prétendre n'en conserver que la partie essentiellement dirigée contre notre Empire. Il s'eu dégage·ra quand bon lui semblera. Libre toutefois à une autre Puissance de prendre l'inìtiative pour une révision, si eHe pense que ce soit un moyen de plus d'estirper des germes de mécontentement. Nous n'avons rien demandé, je le répète et sous ce rapport nous ne demanderons rien. D'ailleurs nous ne croyons pas raisonner à faux, en croyant que la France, pour ce qui la concerne, lors meme qu'elle nous promettrait de s'employer à cet effet, par exemple dans un congrès, passerait outre devant la résistance très probable de l'Angleterre. Je viens de prononcer le mot magique: Congrès. Si jamais on le proposait, nous ne dirions pas non, du moment où nous y vcrrions des chances de conduire à bon terme des questions en suspens, dans l'intéret général de l'Europe ».

S. E. ne s'est pas autrement prononcée sur ce sujet, et je n'ai pas réussi à savoir si peut etre on avait de nouveau lancé un semblable projet à Paris, ne fùt-ce que comme un ballon d'essai.

Ayant du retourner hier à Potsdam, pour la remise de mes lettres de rappel, j'ai encore pu causer, mais quelques instants seulement, avec le Ministre Impérial des Affaires Etrangères. Il m'a paru moins satisfait que la veille sur la question de Crète. L'Autriche hésitait toujours à se joindre à la démarche collective. Il craignait que le voyage à Paris du Sultan ne servit à celui-ci de prétexte pour faire une réponse dilatoire. s. E. espéralt toutefois que l'Empereur des Français userait de son influence pour décider ce Souverain à des concessions sérieuses.

En résumé, il parait que si les impress~ons du Vice-Chancelier sont plutòt satisfaisantes quant à la conservation de la paix en Europe, gràces aux relations personnelles qui se sont établies à Paris entre les trois Souverains et surtout entre l'Empereur des Français et le Roi de Prusse, jusqu'ici aucune question n'a été dumoins assez élucidée, pour ne pas donner tòt ou ta,rd maille à partir à la diplomatie. La situation réctproque de la France et de la Prusse reste toujours hérissée de difficultés. Au delà camme en deçà du Rhin, il faudra une sagesse sur laquelle il serait peut etre présomptueux de trop compter, pour empecher de nouveaux froissemens, et cela quelles que soient les intentions les plus pacifiques des Souverains. Du còté de l'Orient, la crise est loin d'etre apaisée, et les pompiers. pour me servir de l'expression du Prince Gortschakow, ne sont pas encore unanimes pour combattre les ravages de l'incendie. Sans etre péssimiste, il parait cependant assez indiqué de ne pas se montrer optimiste. Camme en toutes les choses de ce monde, il y a un mélange de bien et de mal. On peut seulement admettre que maintenant la balance pèse et pèsera quelque temps encore du còté de la paix. C'est là un résultat du aux Conférences de Londres et qui s'est accentué davantage [grace] aux entrevues des Souverains à Paris, résultat dont chacun doit se féliciter.

J'ai prié le Comte de Bismarck de me recevoir; si je peux le voir avant son départ pour un congé de plusieurs semaines, j'aurai une excellente occasion de comparer ses impressions avec celles du Prince Gortschakow, et je ne manquerai pas d'en faire l'objet d'un second rapport à V. E.

En attendant j'ai l'honneur d'accuser réception de ses dépèches N. 7 et 8 série politique (l) et des documens diplomatiques N. 79, 82 à 101 et de 103 à 109 enclusivement. Leur lecture m'a été des plus instructives, surtout dans le moment où j'allais m'aboucher avec un Ministre si bien au courant de la politique etrangère.

7

IL MINISTRO A PARIGI, NIGHA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. DI CAMPELLO

R. 468. Parigi, 19 giugno 1867 (per. il 22).

Mi affretto ad accusar ricevuta e a ringraziare l'E. V. dei due dispacci di Serie politica, che Ella mi fece l'onore di dirigermi in data del 13 e 14 Giugno corrente sotto i numeri 245 e 246 (2). Mi recai jeri da S. E. il Marchese di Moustie·r e gli diedi notizia del contenuto di questi documenti. Rinnovai a S. E. l'assicurazione, già da me datale due giorni prima con lettera particolare, che il Governo del Re aveva spedito per telegrafo l'ordine al R. Rappresentante a Costantinopoli di valersi della nota collettiva del 10 Maggio nel modo stesso che se ne varrebbero i Rappresentanti d'Austr:a, di Francia, di Prussia e di Russia. In questa occasione non mancai di far sentire al Marchese di Moustier come la comunicazione fatta in ultimo luogo dal Barone di Malaret all'E. V. fosse giunta troppo più tardi che non convenisse, e notai come potessero derivare inconvenienti nella buona condotta di questi negoziati, ave simili ritardi si rinnovassero per l'avvenire. Il Marchese di Moustier mi disse che era spiacente di questo ritardo, ma mi pregò di far sapere all'E. V. che esso doveva unicamente attribuirsi alle difficoltà che erano state sollevate dall'attitudine dell'Austria e che avevano per poco reso incerto l'accordo delle Potenze.

8

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 54. Vienna, 19 giugno 1867 (per. il 22).

Quoique dans le principe, l'Autriche n'alt pas attaché une grande importance au voyage à Moscou de quelques-uns de ses sujets Tchèques à l'occasion de l'Exposition Ethnographique qu'elle traitait de pèlerinage, cependant les discours qui s'y sont tenus dans cette occasion et l'espèce de mise en scène

déployée par !es Autorités russes pour lui donner un caractère général d'aspirations slaves ont fini par émouvoir !es organes du Cabinet de Vienne qui aujourd'hui parlent avec une très grande vivacité, des menées et des vues ambitieuses de la Russie. Ils prétendent que l'animosité que témoigne aujourd'hui cette den1ière Puissance env.)rs l'Autriche, vient uniquement de la certitude que l'on a acquise à Pétersbourg de la trouver constamment en travers des convoitises Russes en Orient. Ils ajoutent de plus que si la Croatie se montre en ce moment si arrogante et si peu disposée à la conciliation, c'est que là, camme en Bulgarie, en Servie et Bosnie, la Russie a organisé une propagande slave destinée à préparer !es plus vastes plans médités en secret contre l'Empire ottoman. C'est dans la connaissance exacte de ces plans et de ces agitations qu'il faut chercher, disent-ils, la résistance de l'Angleterre à se préter à toutes !es démarches collectives dans lesquelles le Cabinet de Pétersbourg cherche à entrainer !es grandes Puissances à Constantinople. Au reste en dehors de ce langage des journaux, l'on croit que M. de Beust a voulu faire une réponse indirecte aux agitations attribuées à l'action de la Russie, en faisant de larges concessions à l'autonomie Polonaise de la Galicie, notamment en ce qui concerne l'adoption exclusive de la langue polonaise dans l'instruction publique.

Dans la séance d'hier du Reichsrath, le Baron de Beust a présenté les projets de lois annoncés dans le discours de la Couronne relativement à la modification de la loi fondamentale du 26 Février 1861, rendue nécessaire par le compromis avec la Hongrie; la responsabilité ministérielle et l'établissement des délégations pour !es affaire;; communes. Je me réserve de donner le détail de ces différents projets de lois, tous conçus à un point de vue extrémement libéral, lorsqu'ils seront soumis à la discussion de l'Assemblée.

Revenant sur l'affaire des fortifications de Vienne, qui avait si fort ému la population, M. de Beust a déclaré que cette question se rapportant à la défense de la capitale de l'Empire, et rentrant ainsi dans la catégorie des affaires communes, ne pouvait étre décidée que par les assemblées chargées d'examiner ce genre de questions; et que, partant de ce principe, le Gouvernement venait d'ordonner la cessation immédiate des travaux. Cette déclaration dans laquelle on a vu une nouvelle preuve de la volonté inébranlable du Chef de l'Etat de marcher désormais dans la voie constitutionnelle, a été couverte d'applaudissements. L'assemblée a également accueilli et voté avec de vives marques d'approbation, la proposition d'introduire dans la nouvelle procédure pénale qui devra étre soumise à la Chambre, l'institution du Jury, auquel serait donné la pTùs grande compétence possible.

Ces éclatantes manifestat.ions de la pensée constitutionnelle du Gouvernement produisent le meilleur effet sur l'opinion publique, et donnent toujours plus de confiance dans la réussite des plans de M. de Beust qui en est la personnification la plus avancée.

En ayant l'honneur d'accuser réception à V. E. de Sa dépéche du 8 courant (l) ainsi que des 24 documents diplomatiques qui y étaient joints pour lesquels je Lui offre tous mes remerciements ...

(l) -Cfr. serie I. vol. VIII, n. 556, il d. 7 non è pubblicato. (2) -Cfr. serie I, vol. VIII n. 574; il d. 245 non è pubblicato.

(l) Non pubblicato.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, fL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL

D. 38. Firenze, 20 giugno 1867.

Era già scritto il mio dispaccio di ieri relativo all'opportunità che il Governo austriaco ci abbia a tenere a giorno delle sue intenzioni di fronte alle dilllcoltà della questione Orientale (1), allorché il Barone di Kiibeck venne a darmi comunicazione confidenziale di un dispaccio del suo Govemo, dal quale dispaccio 'risulterebbe che il Barone di Prokesch è stato incaricato di presentare a Costantinopoli una nota modificata nel senso delle spiegazioni occorse fra il Gabinetto di Parigi e quello di Vienna.

Sembrerebbe che di tali spiegazioni fosse informato precedentemente il Barone di Briick, ma quest'ultimo non si credette forse autorizzato a farne argomento di conversazione con me.

Dai documenti diplomatici che io Le ho già trasmesso, e sop:attutto dal dispaccio che ho indirizzato il 13 corrente al Rappresentante del Re a Costantinopoli (2), Ella potrà giudicare quale è il senso vero delle pratiche fatte collettivamente presso il Governo Ottomano.

All'occasione in cui Ella ringrazierà in mio nome il Barone di Beust pella comunicazione fattami dall'Inviato austriaco in Firenze, Ella potrà far notare che l'opinione dei due Governi in questa questione si trova essere la stessa, benché espressa con qualche variazione nella forma.

10

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 34. Berlino, 21 giugno 1867 (per. il 6 Zuglio) (3).

D'après un entretien que j'ai eu hier avec M. de Bismarck, je ne puis que confirmer mon rapport du 18 Juin (4). Il devait porter le N. 33 et non celui de 32.

Ses impressions étaient satisfaisantes comme celles du Prince Gortschakow. Il avait acquis la conviction que l'Empereur Napoléon ne voulait nullement la guerre. Mais un certain pa,rti avait pris à tàche de lui donner à croire qu'elle était dans les désirs des populations surtout à Paris. On avait été jusqu'à concevoir quelque inquiétude sur la réception qui serait faite au Roi de Prusse. Mais le manière dont ce Souvemin a été acceuilli, a prouvé qu'il avait eu raison de se fier à l'hospitalité du peuple Français et à sa courtoisie naturelle. Sa Majesté

5 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

Impériale a pu constater Elle-méme ce fait, et M. de Bismarck a cru s'apercevoir qu'elle avait été alors en quelque sorte délivrée d'un grand poids. Elle avait taté le pouls de la France, et ses battements ne répondaient pas aux pronostics ou aux insinuations de quelques conseillers à courte vue, pour ne pas dire malveillants.

Les rapports personnels qui se sont établis entre les deux Monarques. leurs entretiens intimes, les pourparlers entre leurs Ministres ont eu l'heureux résultat que leurs vues se sont accordées pour reconnaitre combien le maintien de la paix est dans les besoins de l'Europe. Ils sont des mieux disposés à en tenir compte et à éviter tout ce qui pourrait y porter atteinte. On ne saurait n'er, lors méme qu'il n'y ait pas eu de délibérations politiques aboutissant à des résolutions bien déterminées, que les visites princières qui vont en se multipliant ne soyent appelées, par une meilleure entente entre les Gouvernemcnts, à exercer une salutaire influence. La Prusse. pour ce qui la concerne, s'appliquera autant qu'il pourra dépendre d'elle, à ne porter aucun ombrage aux susceptibilités de son voisin dans ce qu'elles auraient de juste et de raisonnable. Elle avait déjà fait preuve de modération dans l'affaire du Luxembourg. Il est vrai que san droit à cet égard n'était pas assez incontestable pour le soutenir à outrance, surtout après admis que Rastadt et Ulm avaient cessé d'étre forteresses fèdèrales, et après avoir retiré de cette première piace la garnison Prussienne. Pour Mayence également ce droi t étai_ t périmé, et si elle y est rentrée ce fu t à la suite d'une convention des plus régulières avec le Souverain de ce territoire.

Au reste le Comte de Bismarck se félicitait que la question du Luxembourg eut été aplanie. Autrement la guerre aurait peut-ètre pris une extension dont les suites eussent été incalculables. Sous ce rapport on lui avait offert, durant son séjour à Paris, de lui livrer, pour le prix de quatre-mille francs, la copie ct·un traité d'alliance offensive et défensive que nous aurions déjà signé avec la France pour lui assurer notre concours. Cette offre avait été déclinée. Ou le fait était controuvé, et c'eut été alors dépenser so n argcnt en pure perte; ou le fait était exact. et le Gouvernement Prussien préférait alors ne pas avoir le regret de le constater!

J'ai tourné la chose en plaisanterie, en ra·sant mon compliment au Président du Conseil de ne pas s'ètre prèté à une semblable mystification. Sans baser absolument notre politique sur le sentiment, l'ingratitude n'entrait pas dans notre programme. D'ailleurs nous n'étions pas assez riches pour nous accorder le luxe de courir les aventures, lorsque surtout la grande majorité du pays se prononce, comme notre Ministère, pour une attitude de recueillement absolu. Je me suis en outre référé aux documens diplomatiques présentés par V. E. à la Chambre des Députés à la séance du 5 Juin et notamment à sa dépèche du 15 Mai au Ministre du Roi à Paris (1).

Relativement à la question d'Orient, M. de Bismarck ne m'a rien appris que je ne susse déjà par le Prince Gortschakow. Mais, soit dit en passant, j'ai lieu de croire, d'après le langage de mon collègue de Turquie, que la Sublime Porte se refusera à une enquete internationale, en se basant sur l'article 9 du Traité du 30 Mars 1856, qui exclut toute immixtion collective ou séparée

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dans les rapports du Sultan avec ses sujets, et dans l'administration interieure de son Empire. Il se déclarerait seulement prèt à recevoir des conseils de la part des Puissances qui ont concouru à la rude et glorieuse expèdition de Crimée. Au reste sur ce point, comme sur d'autres -toujours d'après le langage d'Aristarchi Bey et il est assez dans le vrai -la Prusse et la Russie sont d'accord nommément pour l'annex·on de Candie à la Grèce. Déjà avant le départ pour Paris, le Roi Guillaume et l'Empereur Alexandre auraient pris l'engagement de ne rien décider sans une entente préalable. Quoi qu'il en soit, il est à peu près certain, d'après l'aveu du Prince Gortschakow et du Comte de Bismarck, qu'aucune question n'a été traitée à fond, et que l'on s'est borné à un échange de vues, à préparer le terrain dans un sens pacifique, en diminuant ainsi les chances de dangers prévus ou imprévus.

Les journaux oilìcieux annonçent déjà une prochaine visite de l'Empereur des Français à la Cour de Prusse. J'ai appris par le Comte de Bismarck qu'en effet il en a été parlé entre les deux Souverains. Mais, ajoutait M. de Bismarck, à moins que l'Empereur n'insiste, ce qui n'est guère à présumer ensuite des fatigues que lui occasionnent et lui occasionneront encore l'exposition universelle et les rendez-vous princiers dans sa capitale, cette visite n'aurait lieu que l'année prochaine.

La Bavière, comme il était à prévoir, a donné son assentiment sauf quelques légères modifications au Traité préliminaire du 4 Juin pour la reconstitution du Zollvere:n. C'est un nouveau pas très important vers l'union nationale du Nord et du Sud. Le Parlement douanier conduira tòt ou tard à un Parlement politique commun à toute l'Allemagne. Il parait, d'après certaines allusions de M. de Bismarck que la forme sous laquelle l'union douanière est rétablie a médiocrement plu à Paris. Mais c'est là un de ces points sur lesquels la France devrait sagement prendre son parti.

P. S. Les renseignements de l'Ambassade d'Angleterre sur les impressions rapportées de Par~s par le Comte de Bismarck sont moins satisfaisantes que celles que j'ai recueillies moi-mème et que j'ai consignées ci-dessus. Le Président du Conseil aurait dit que la situation restait à peu près la mème, seulement l'Empereur des Français avait eu l'occasion d'exhaler sa bile avec lui

M. de B:smarclc Ce Ministre a peut-ètre voulu vis-à-vis de nous se montrer plus réservé dans ses appréeiations. Je me suis borné au reste à reproduire notre conversation. V. E. sait que je ne me range pas parmi les optimistes.

(l) -D. 36, non pubblicato. (2) -Non pubblicato ma cfr. serie I, vol. VIII, n. 569. (3) -Partito il 1° luglio come risulta dal r. 42, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 6.

(l) Cfr. serie I, vol. VIII, n. 516.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

D. 23. Firenze, 22 giugno 1867.

Mi pervennero oggi i rapporti ch'Ella mi ha indirizzato addì 13 corrente coi nn. 63, 64 e 65 (l) e La ringrazio de' ragguagli in essi contenuti tanto sul

(!) Non pubblicati.

viaggio dell'« Authion » lungo la costa di Creta, quanto sul nuovo incidente sorto fra il Governo Ellenico e la Porta Ottomana a seguito dell'aggressione sofferta dal vapore «L'Arcadi» nelle acque di Cerigotto.

Or sono pochi giorni il Signor Condouriotis venne a leggermi un dispaccio del suo Governo relativo alle relazioni della Grecia colla Turchia di fronte agli avvenimenti di Creta. L'inviato Elleno mi d:sse che d'or innanzi era intenzione del Gabinetto di Atene di comunicare al Governo italiano que' documenti che sin qul erano d'ordinario diretti soltanto alle tre Corti Protettrici.

Ho ringraziato il Signor Condouriotis della comunicazione fattami e gli ho espresso la mia opinione che trattandosi di questioni che interessano la tranquillità dell'Oriente, e fors'anche la pace d'Europa, il Gabinetto di Firenze vedeva con piacere che quello di Atene avesse divisato di tenerlo d'or innanzi a giorno direttamente della situazione diplomatica della Grecia.

Nell'autorizzarla a rinnovare, i miei ringraziamenti al Signor Tricoupis e ad esprimergli questo concetto, ...

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 248. Firenze, 22 giugno 1867.

Ho ricevuto a suo tempo 11 Rapporto che V. S. mi diresse in data 11 maggio n. 445 (Pol.) (1), trasmettendomi una lettera colla quale il Ministro di Meclemburgo in codesta Capitale rammentava intelligenze corse tra esso ed il mio predecessore all'oggetto di procedere al ristabilimento dei rapporti diplomatici tra i due Governi da lui rappresentati ed il Governo del Re.

Il mezzo indicato in quella lettera come acconcio allo scopo, quello cioè consistente nel far pervenire per mezzo del Signor Bornemann stesso alle LL.AA.RR. i Granduchi di Meclemburgo-Schwerin e di Meclemburgo-Strelitz le lettere Sovrane d'annuncio del matrimonio della Principessa Maria Pia di Savoia, parvemi meno opportuno poiché corsero oramai cinque anni dacché quell'avvenimento si è compiuto. Sembrò invece p:ù conveniente di cogliere per lo stesso fine l'opportunità del matrimonio che era imminente tra S.A.R. il Duca d'Aosta e S. A. la Principessa della Cisterna.

S. M. il Re cui sottoposi il progetto di rannodare in così fausta occorrenza le relazioni diplomatiche coi due Sovr:.ni di Meclemburgo degnossi approvare la mia proposta ed io rassegnai alla Sua firma sovrana le lettere che ora mi pregio di qui unite trasmettere a V. S. colla copia d'uso (2).

Nel rimettere quelle lettere al Signor Bornemann, perché le faccia pervenire alle loro alte destinazioni, V. S. vor,rà aggiungergli che il Governo del Re sarebbe lieto di tradurre in atto, mediante una reciproca rappresentanza diplomatica, il ristabilimento formale dei rapporti. Il Governo del Re si proporrebbe

per parte sua di accreditare presso le Corti di Schwerin e di Strelitz l'attuale Ministro di Sua Maestà a Berlino e procedere a siffatta nomina non appena gli sia fatto conoscere che la scelta del Signor Conte di Launay è gradita dai due Granduchi.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non s! pubblicano.
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IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 67. Atene, 22 giugno 1867 (per. il 28).

Le notizie pervenute a questo Governo ed a qualche Legazione sono conformi a quelle contenute nei documenti diplomatici che V. E. ebbe la bontà di inviarmi con l'ultimo corriere, vale a dire che presso i vari Gabinetti, eccetto quello di Russia, la corrente era in favore dell'inchiesta e dell'autonomia della Isola di Creta, alla quale soluzione pareva accostarsi anche il Gabinetto Inglese.

Nei primi rapporti relativi agli affari di Candia, ebbi già ad informare che ia soluzione nel senso dell'autonomia non era qui punto ben vista, e molto meno lo è ora dappoiché i moltiplicati sagrifizi, e l'interesse che alcune Potenze mostrarono in favore dei Cretesi fecero nascere speranze più vive, ed iUusioni maggiori che la soluzione sarebbe l'annessione alla Grecia. A confermare vieppiù queste illusioni e queste speranze contribuì il matrimonio del Re con la Granduchessa Olga, ed il linguaggio di questo Ministro di Russia è fatto per incoraggiar le.

Questo Governo, ed il Signor Novilwff con lui sperano che la nuova fase in cui è entrata la questione di Creta sarà stata mod:ficata nei colloqui privati fra i due Imperatori, e che il risultato di questi, quantunque per ora ignoto, sarà conforme alle loro aspirazioni.

Il certo si è che ove questo non riesca, le condizioni già tanto cattive di questo paese, peggioreranno di molto, ed il risultato negativo di tanti loro sagrifizi influirà a disfavore del Sovrano e della nuova Regina, a cui non si perdonerà di non aver portato in dote alla Grecia l'annessione di Candia.

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IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 55. Vienna, 22 giugno 1867.

L'Empereur, qui devait se rendre à Paris vers le commencement de juillet prochain, part:ra déddément le 15 avec l'Impératrice et accompagné de M. de Beust. Gette date a été donnée officiellement à l'Ambassadeur d'Angleterre qui l'avait demandée pour pouvoir combiner l'arrivée à Vienne des personnages chargés de venir, au nom de S. M. Britannique, remettre à l'Empereur l'Ordre de la Jarretière.

Le Gouvernement autrichien vient d'envoyer une dépeche télégraphique à Washington pour prier le Gouvernement américain de faire savoir à Juares que l'Empereur Maximilien allait étre réintégré dans ses droits et privilèges d'Archiduc autrichien auxquels il avait dù renoncer pour accepter la Couronne du Mexique. La Cour de Vienne espère que cette démarche en mettant fin à toute espèce de prétentions ultéri.eures au tròne que les partis hostiles pourralent encore faire valoir contre le malheureux frère de l'Empereur, engagera le Gouvernement républicain à user de plus de générosité envers sa personne. C'est encore au Président du Conseil que revient l'ingénieuse idée de cette démarche qui, si elle arrive à temps, pourra certainement exercer une heureuse influence sur le sort de l'Empereur.

Il parait positif qu'en revenant de Londres le Sultan passera par Vienne où l'Empereur l'a fait inviter à se rendre. L'on dit ici, qu'à son retour, il fera une visite à la Cour de Sa Majesté à Florence.

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IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (l) Belgrado, 22 giugno 1867 (per. il 29).

Le 18 j'ai reçu les instructions chiffrées annexées à Votre dépéche N~ 8 du 11 courant, Politique (2). Le lendemain Garachanine et M. Marinovitch étant venus diner chez moi, j'ai eu l'occasion de les entretenir longuement sur les considérations politiques du mouvement Slave-Russe.

Garachanine m'a dit: « Je ne vous cache pas que depuis longtemps je regarde avec inquiétude ce qui se fait en Russie, le mouvement Slave me donne des soucis. Je vois clairement le danger que nous couro.ns, je craignais que les puissances occidentales voulaient fermer les yeux sur ce grand mouvement qui menace dans un avenir plus ou moins éloigné l'occident et nous mémes, et je voyais avec désespoir qu'abandonnés a nous mémes nous n'aurions pas pu lutter avec chance de succès contre ce mouvement qui aurait fini pour nous absorber. A Moscou on a proposé d'adopter pour tous les Slaves une seule langue; nos envoyés s'y sont opposés. Il est peut-étre bien, ont-ils dit, que les différentes races Slaves apprennent la langue Russe pour correspondre entre elles, mais la langue Serbe étant plus douce, plus belle que la langue Russe, elle est la langue des Yougo-Slaves et nous voulons la conserver ».

Malgré le peu de chance, j'étais décidé à lutter contre les tendances d'assimiler dans une seule unité politique tous les peuples Slaves, mais maintenant que je vois votre Gouvernement comprendre si bien ce danger, mon courage se fortifie car je suis persuadé que les puissances occidentales voudront s'entendre avec lui pour appuyer nos efforts, car, en eft'et, c'est bien la Serbie, c'est le Prince Michel qui peut devenir un formidable centre d'attraction qui neutralisera, à ne pas en douter, les aspirations Moscovites. Je suis vraiment heureux de voir que votre Gouvernement juge avec tant de justesse et de sagacité le

mouvement Slave et envisage avec une grande pénétration les dangers que nous pourrions courir n'étant pas d'accord et unis, et je partage complètement son opinion que si l'occident nous soutient, nous yougo-slaves, nous formerons une barrière assez forte contre toutes les éventualités possibles.

Le programme du Prince Miche! est celui-ci: Union v!eille Serbie, du Monténégro, de l'Herzégovine, de la Bosnie, de la Serbie; unio n personnelle avec la Bulgarie, liberté de conscience pour tous, respect aux propriétés et aux privilèges acquis; aWance offensive et défensive avec la Roumanle et avec la Grèce, avec laquelle il faut fixer d'avance les frontières et résoudre d'avance toutes les questions qu'après pourraient nous diviser. Nous acceptons l'amitié et l'aide de la Russie et de toute autre puissance, mais à la condition que nous serons indépendants et nous resterons yougo-slaves et pas autre chose. Il se peut que dans le parcours du temps surgissent certaines éventualités qui permettent aux Croates et aux autres Serbes de l'Autriche de s'unir au Royaume Yougo-Slave de la Turquie, en attendant ils sont et seront, je l'espère, nos alliés. Je travaille à ce programme depuis longtemps; les difficultés à vaincre sont bien sérieuses, mais si nous aurons l'appui de l'occident nous triompherons de tous les obstacles. seulement il ne faut plus perdre de temps, il faut agir avec beaucoup de circonspection, de prudence et de sagesse, mais il faut agir.

Il faudrait conseiller, m'a-t-il dit, le Gouvernement Roumain à ne pas se montrer ostensiblement ennemi quand mème de la Russie; on peut conserver son indépendance, sa liberté d'action, sauvegarder sa dignité tout en se montrant. au moins en apparence, l'ami des Russes. On nous dit que nous sommes Russes, mais nous ne sommes en vérité que simplement amis des Russes et encore à la condition qu'on respecte notre liberté d'action, notre indépendance, notre nationalité et notre dignité. Si demain les Russes voulaient nous imposer leur volonté ou nous contraindre à faire quelque chose qui n'entrerait pas dans notre manière de voir, nous nous y refuserions et nous ne serions plus leurs amis. car dans le fond nous sommes Serbes et rien autre que Serbes.

Je crois donc que ce serait de la bonne politique si les Roumains tout en suivant !es penchants de leurs sympathies pour d'autres puissances, se montrassent plus ou moins en apparence plus bienveillants de ce qu'ils ne le sont actuellement pour la Russie.

Ainsi V. E. voit que les Serbes comprennent parfaitement notre politique, et ça ne pouvait ètre autrement car nous sommes dans la mème voie du Gouvernement Serbe, nous pensons comme lui, nous travaillons au mème but, nous craignons le méme danger et nous voulons nous prémunir contre ce danger par !es mémes moyens. Maintenant il reste à savoir si Ies Roumains comprendront leur tàche et auront assez de sagesse et de tact politique pour la remplir jusqu'au but. Ici on est disposé à une étraite entente, à une alliance offensive et défensive avec eux; il faudrait trouve·r les mèmes dispositions dans le Prince Charles, mais il ne faudrait pas que les Roumains insistent à s'annexer la Bulga,rie (à tort ou à raison on leur prète cette intention). Je crois que ce serait une bien détestable politique, une politique qui minerait à l'affaiblissement des deux races, car elles s'épuiseraient dans une guerre dont !es suites seraient fatales, pour elles qui perdraient à jamais l'espoir dese constituer en états indépendants, et pour l'occident car une fois détruits les matériels dont on pouvait élever une digue au torrent Slave qui les menace, il en resterait submergé.

La Roumanie a dans la Transylvanie et dans le Banat Roumain et ailleurs une nombreuse population. Qui sait si avec le temps cette population plus civilisée, plus nombreuse encore qu'aujourd'hui et, peut-etre, plus vaillante, ne voudra-t-elle pas s'unir à la Roumanie? Mais chercher aujourd'hui de s'annexer une race qui n'est pas la sienne ce n'est pas une bonne politique:

l) car c'est contre les principes des nationalités, et par conséquent injuste, 2) car les Roumains sont trop faibles pour y penser,

3) car c'est impolitique dans ce moment sous tous les rapports. Les Roumains ne sont que 3 millions, les Slaves sans Jes Bulgares ne comptent pas plus de 2 m.illions et demi, mais gens plus énergiques et belliqueux. En tout cas je ne sais pas si ce ne seraient pas les Bulgares à peu près 4 millions à 4 millions et demi qui absorberaient les Roumains malgré ce qu'on dit de la grande qualité qui ont les Roumains de dénationaliser les autres et de ne jamais se laisser dénationaliser.

On juge le Prince Charles esprit borné et sans énergie, et Prince Miche! aura plus d'expérience, mais lui aussi est très borné et peu énergique, car moi je n'appelle pas l'intention de l'énergie, mais ici il y a de l'étoffe, il y a un Gouvernement fort, prudent, conduit par dex hommes habiles.

Le matériel de l'armée est bon; il est vrai qu'il y manque les cadres, les officiers, et ce n'est pas peu de chose, mais l'armement est bon et relativement formidable, tandis qu'en Roumanie il n'y a ni Gouvernement solide, ni bon matériel vivant, ni matériel proprement dit pour une armée.

n faut que les Roumains et les Serbes soient inspirés par les sentiments du juste et unis par les liens de l'amitié et d'une alliance défensive et offensive pour atteindre leur indépendance pour se défendre réciproquement, alors l'occident aura une forte barrière dans les Yougo-Slaves de la Turquie, la Serbie sera le centre d'attraction. La Roumanie, si elle en sera capable, pourra provoquer avec le temps un mouvement parmi les nombreuses populations Roumaines du Banat, de la Transylvanie et ailleurs.

(l) -Al r. 16, non pubblicato. (2) -Cfr. serie, I, vol. VIII, n. 565.
16

IL DIRETTORE SUPERIORE DEGLI AFFARI POLITICI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 12. Firenze, 24 giugno 1867.

La ringrazio particolarmente dei rapporti in data del 18 giugno (l) coi quali Ella mi ha reso conto de' colloqui avuti con s. E. il Principe Gortschakoff al suo passaggio in Potsdam.

Ella ha fatto assai bene a non insistere maggiormente sopra la nuova situazione dell'Egitto rimpetto alle Potenze perocché a noi bastava appunto di assicurarci che pel momento gli atti intervenuti fra la Porta ed il Vice-Re non sono considerati dal Governo Russo come d'indole a poter alterare la natura dei rapporti esistenti fra gli altri Stati ed il Governo Vicereale.

Ho fiducia che l'interessamento che abbiamo dimostrato pel Governo rumeno sarà per produrre qualche buon effetto. La Prussia non deve essa stessa essere affatto insensibile alle sorti di quel Principato dacché un Principe della sua casa Sovrana vi regna. Lo sviluppo delle altre nazionalità orientali non è incompatibile col consolidamento dell'ordine attuale dei Principati Uniti e noi vedremmo con vero dispiacere una politica direttamente contraria alla ricostituzione di un paese che ebbe sin dal primo suo risorgere tutte le nostre simpatie.

Potendole riuscire utile di conoscere una relazione ch'io ebbi dal Cavalier Nigra d'una conversazione ch'egli ha avuto col Conte di Bismarck in Parigi (l), ne rimetto qui unito confidenzialmente copia. Ella troverà inoltre in quel documento gli apprezzamenti che il Ministro del Re a Parigi ha fatto sulla situazione presente dei rapporti fra le varie Potenze; ho veduto con piacere che il signor Nigra dopo aver conversato col Conte di Bismarck giungeva ad un dipresso a quelle conclusioni stesse alle quali Ella giunse dopo avermi riferito il colloquio avuto col Vice Cancelliere di Russia.

(l) Cfr. nn. 5 e 6.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 250. Firenze, 24 giugno 1867.

Le Baron de Malaret m'a donné lecture d'une dépèche par laquelle M. le Ministre des Affaires Etrangères de J.'Empereur lui annonce que le Gouvernement Impérial français désirant épargner au Gouvernement du Roi une cause d'embarras et de difficultés avait donné l'ordre que 1es tTois malfaiteurs Croceo, Pilone et Viola fussent reconduits à Civitavecchia au lieu d'étre transférés en Algérie.

M. le Marquis de Moustier ajoute dans sa déplkhe, que le Gouvernement Impérial français, tout en prenant cette mesure exceptionnelle à l'égard de ces trois individus, d'une aussi triste célébrité, n'entend pas par là renoncer à donner pleine et entière exécution à l'engagement qu'il a contracté avec le Gouvernement du Saint Siège pour le transport en ALgérie d'un nombre convenu de détenus des prisons pontificales.

Vous ètes chargé, M. le Ministre de remercier de la part du Gouvernement du Roi M. le Marquis de Moustier pour cette nouvelle preuve d'intérét et de déférence que le Gouvernement Impérial vient de nous donner en se décidant à ne pas envoyer en Algérie les trois malfaiteurs dont nous avons réclamé l'extradition.

Quoique ce ne fut pas là tout ce que nous aurions pu désirer, comprenant parfaitement la position délicate dans laquelle se trouvait placé le Gouvernement de l'Empereur vis-à-vis du Gouvernement pontificai et des individus qui lui avaient été livrés sous certaines conditions, nous nous réjouissons sincèrement de ìa solution qu'il vient de donner à cet incident regrettable.

Mais quant à l'avenir, malgré tout le désir que nous avons de déférer aux voeux du Gouvernement français, il ne nous serait pas possible de nous engager à regarder comme suspendu le traité d'extradition que nous avons avec la F'rance pour ce qui regarde les autres détenus qu'on se propose de transporter, ni de nous interdire par conséquence la faculté d'en réclamer l'extradition par le seul fait d'un engagement verbal qui aurait eu lieu entre la Légation de France et l'Administration précédente, engagement auquel ceux-là mèmes qui y ont concouru se refusent à attribuer la portée et étendue que le Gouvernement impérial voudrait à présent lui donner.

Sans discuter jusqu'à quel point le Gouvernement français pourrait se croire autorisé à stipule.r avec d'autres Gouvernements des engagements qui seraient en contradiction avec le traité d'extradition que nous avons avec lui, nous devons insister sur ce point qu'un engagement verbal ne saurait détruire les effets d'un Traité solennel et en tout cas ne pourrait lier moralement que ceux qui l'ont contracté. Le Marquis de Moustier ne pourrait nous citer un seul exemple qui soit contraire à ces principes.

D'un autre còté nous n'ignorons pas que le traité d'extradition auquel j'ai fait allusion ne nous impose nullement le devoir de réclamer l'extradition d'un individu qui se serait rendu coupable envers nos lois, mais il nous en donne simplement la faculté. Cette faculté nous entendons la garder pleine et entière, mais nous nous réservons en mème temps le droit d'en faire l'application selon les circonstances et selon les cas qui se présenteront à notre appréciation.

Dans le but donc de faciliter notre tàche et d'éviter tout malentendu qui pourrait surgir à l'avenir, il serait désirable que le Gouvernement Impérial nous communique une liste exacte et bien spécifiée des individus qu'il se proposerait encore de transporter en Algérie, ainsi que de ceux qui s'y trouvent déjà. Il serait utile aussi qu'il nous fit connaìtre le temps qu'il jugerait lui ètre nécessaire pour accomplir ce transport.

Veuillez donner lecture de cette dépèche à M. le Ministre des Affaires Etrangères.

(l) Cfr. serle I, vol. VIII, n. 575.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 251. Firenze. 24 giugno 1867.

Il di Lei rapporto segnato col n. 464 di questa Serie (l) mi è giunto regolarmente. La ringrazio particolarmente della relazione ch'Ella mi ha fatto

della conversazione avuta col Conte di B'smarck. Le esplicite dichiarazioni del Primo ministro prussiano nel senso della pace sono certamente molto preziose e noi siamo convinti che egli si adopererà per quanto gli sarà possibile a non risvegliare le suscettibilità della Francia; ma non è però da credere che il lavorio interno della Germania si arrestL Tutto ciò che la diplomazia estera può aspettarsi dalla Prussia è che questa non ispinga verso un troppo precipitoso complemento l'opera che fatalmente s' svolge in quel paese.

Il contegno della Prussia di fronte alla quistione Orientale non è mutato I suoi interessi in Levante sono di poca rilevanza, la sua politica in Oriente non p:1ò essere quindi che un riflesso di quella che ben maggiormente la preoccupa in Occidente. Il suo scopo deve es<;ere quello di camminare d'accordo possibil· mente colla Francia e colla Russia. Non mi fece dunque meraviglia di sapere che il Conte di Bismarck sembri negare l'esistenza d'una vera qu'stione cbe abbracci le provincie cristiane dell'Impero Ottomano. Se nei colloqui che avrà avuto a Parigi il Ministro prussiano si mostrò sempre persuaso che la quistione orientale è prematura, io dovrei credere che a tal partito egli si sia attenuto piu in vista della difficoltà di conc'liare la politica russa colla francese, che per vero convincimento che le vertenze orientali possano essere indcfinitamenttaggiornate.

Le conclusioni dei rapporti ch'Ella mi ha indirizzato sul soggiorno de1 Sovrani di Russia e di Prussia in Parigi coincidono con quelle che ne trasse il Conte de Launay dopo due abboccamenti da lui avuti col principe Gortschakoff al suo passaggio a Potsdam. In linea affatto riservata e confidenziale stimo opportuno rimetterLe copia della parte più importante d'una relazione direttami al proposito da quel R. Rappresentante in Berli!l1o (l).

Nel trasmetterLe in questa stessa occasione 4 documenti diplomatici della Serie litografata...

(l) Cfr. seri~ I, vol. VIU, n. 575.

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IL MINISTRO A MADRID. CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE S. N. Madrid, 24 giugno 1867 (per il 29).

Ebbi occasione d'intrattenermi nuovamente ieri col Signor Castro Ministro di Stato, e lo interrogai ancora sulla probabilità di esecuzione del progetto già annunziato di una visita che S. M. Cattolica sarebbe per fare al Pontefice di Roma.

Il Ministro mi ripetè quanto nel primo colloquio intorno a questo argomento Egli si avvenne già a dirmi, e che io mi recai tosto a debito di trasmettere per telegrafo all'E. V. (2): val dire che nulla ci avea di fermo e di sicuro nella effettuazione del viaggio divisato, che anzi parea in oggi quasi messo in disparte, e certo era ad ogni modo ch'esso non avrebbe luogo per il presente. Le difficoltà apparenti che contrastano alla soddisfazione di questo vivo desiderio della Regina Isabella provengono dal rifiuto opposto per il Ministro delle

Finanze di stanziare nelle presenti strettezze del pubblico erario le somme richieste dalla spesa del viaggio e dalle Regie pie largizioni che ne conseguiterebbero. Ma in effetti i Consiglieri stessi della Corona, in contrario della occulta Camarilla, veggono i danni e i pericoli che si deriverebbero dalla attuazione di un tal disegno, e s'ingegnano a loro potere con modi indiretti a farvi impedimento: poiché a tale è divenuto questo misero paese, che il Governo presieduto dal Duca di Valenza non è meno osteggiato dalla occulta fazione dei neo-cattolici, che non sia dal partito nazionale progressista, ed è da quella considerato come troppo fiacco e rispettivo [sic] nella politica della resistenza alla invasione de' principi moderni. Ora se il Regio peregrinaggio in Roma suggerito dagli uomini della fazione si effettuasse, Ella se ne vantaggierebbe di possanza e di credito, e più che mai minaccerebbe di porre i Suoi capi, quali sono i Nocedal, i Pezuela, i Bertran de Lys, nel luogo dei presenti reggitori dello Stato.

Io credo che le rimostranze da me fatte, Signor Ministro, conformemente alle sagge e precise istruzioni da Lei fattemi pervenire abbiano ancora contribuito per qualche rispetto, ad avvalorare il consiglio della Corona in questo indirizzo, e a render meno probabile così fatta eventualità da noi voluta rimuovere. Arroge che l'Ambasciatore di Francia signor Mercier de Lostende, sotto forma di un suo personale avviso, ma certo non senza indicazione ricevutane dal Suo Governo avea già espresso al Ministero di Stato sentimenti non d:sformi dai nostri quanto alla inconvenienza di un cotale atto, e quanto alla perturbazione ch'esso avrebbe potuto indurre nei rapporti internazionali della Spagna con alcuna delle Potenze amiche. Vero è peraltro che il viaggio fu annunziato umcialmente al Governo delle Tuileries non che a quello del Vaticano e venne da questo, più lieta e più cordiale risposta all'annunzio che non dal primo. Onde non sarebbe troppo da meravigliare se venuto meno il disegno della gita in Roma, venisse meno eziandio quella di Parigi perciocché la prima non era che un colorito espediente per correggere e quasi medicar la seconda, la quale non era in piacere de' chierici e della congrega ultramontana, che ingombra gli aditi del trono di Spagna. Certo è eziandio, che la Regina di suo proprio capo sarebbe oltremodo inclinata a compiere tal dimostrazione di affetto mal consigliato verso il Pontefice, e che il Nunzio Barili la cui influenza in Corte cresce un di più che l'altro, non si sarà certo rimasto dal cogliere questa occasione per agitare, in vista dell'intervenimento diretto della Cattolica Sovrana, qualche disegno favorevole al dominio temporale della Sedia di Roma, disegno che forse dagli autori stessi non fu per anco ben definito, e che in ogni modo a me non tornerebbe agevole il penetrare. Ma gli accorgimenti dell'operoso prelato non riusciranno a nulla di pratico, poiché non potranno bastare contro la forza delle cose, e contro la politica generalmente sancita dalle Corti di Europa. Né per quanto mi è dato di arguire dal linguaggio che meco, in varie occasioni, ha tenuto l'ambasciatore di Francia (per sua propria inclinazione del resto particolarmente disposto a favorire la causa nostra) quel Governo non sarebbe mai per porger orecchio a suggerimento alcuno che accennasse a voler retrocedere dal cammino già corso, e a rimettere in qualsiasi parte i fatti già compiuti in Italia.

Non mancherò ad ogni modo di attendere al processo che avrà tale assunto nella politica del Governo Spagnuolo, e a farne con la massima sollecitudine avvertita la E. V.

(l) -Cfr. n. 6. (2) -Cfr. n. 3.
20

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 470. Parigi, 24 giugno 1867 (per. il 28).

Le voci riprodotte in parecchi giornali di conferenze che avrebbero avuto luogo in Parigi fra il Principe Gortchakoff, ed il Conte Bismarck, il Marchese di Moustier ed il Principe di Metternich, sono affatto prive di fondamento. Nessuna conferenza ebbe luogo. I Sovrani di Russia e di Prussia ebbero colloquÌi coll'Imperatore Napoleone, il quale accordò anche un'udienza separata al Principe Gortckakoff ed una al Conte Bismarck. Sono in grado di assicurare l'E. V. che il risultato di questi colloquii non fu altro che quello che io ebbi l'onore di indicarle col mio dispaccio del 14 corrente (l). Tutte le ipotesi, messe in campo, di accordi più o meno segreti sull'una o sull'altra questione che avrebbero avuto luogo all'occasione del soggiorno a Parigi dei Sovrani di Russia e di Prussia, poggiano interamente sul falso.

21

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AIUTANTE DI CAMPO DEL PRINCIPE DI PIEMONTE, CUGIA, A PARIGI

T. 256. Firenze, 25 giugno 1867, ore 19.

Beust insiste offi.ciellement et vivement auprès de Barrai pour savoir l'époque de l'arrivée à Vienne du prince Humbert. L'Empereur d'Autriche doit aller à Paris. Ne pourrait-on pas indiquer à peu près l'époque de la visite?

22

IL DIRETTORE SUPERIORE DEGLI AFFARI POLITICI, ULISSE BARBOLANI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, SUSINNO

ANNESSO CIFRATO (2). Firenze, 25 giugno 1867.

L'état des choses dans Ies Principautés Unies nous donnant quelques inquiétudes au point de vue de la tranquillité intérieure de ce pays, j'ai voulu profiter de l'occasion du passage du Prince Gortchakoff à Berlin pour charger M. De Launay (3) de l'entretenir sur ce sujet délicat. J'ai mandé au Mini

stre du Roi à Berlin qu'il fìt entendre à S. E. que nous regrettions vivement les désordres intérieures dont les Pr:ncipautés Unies sont menacées. On les attribue aux menées séparatistes des agents russes en Moldavie. Nous ne pouvons y croire. La Russie ne peut vouloir que l'aft'ranchissement des nationalités en Orient, et elìe ne voudra certainement pas avoir une autre politique envers la Roumanie. M. De Launay vient de m'écrire (l) que le Prince Gortchakoff regrette comme nous la situation actuene des choses. La Russie, a dit S. E., suivant une politique complètement désìntéressée voudrait voir la Roumanie se constituer sous le Prince de Hohenzollern. Malheureusement, a-t-il ajouté, ce pays est pourri; l es désordres intérieures y son t presque inévitables. Ce t te démarche nous a été suggérée par l'intér&t sincère de l'Italie envers les Roumains. Sans nous en exagérer la portée nous pensons qu'elle pourra produire un bon efiet. Servez-vous de ces nouvelles avec une extrème réserve et uniquement auprès des plus hautes personnages du Gouvernemcnt Roumain.

(l) -Cfr. serle I, vol. VIli, n. 575. (2) -Al d. 8, non pubblicato. (3) -Cfr. serle l, vol. VIII, n. 571.
23

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 9. Washington, 25 giugno 1867 (per. l'll luglio).

Non so di quali novelle il telegrafo intrattenga la stampa e l'ansietà popolare in Europa, sul conto degli avvenimenti dei quali è teatro il Messico. Tanto sono varie e disparate le informazioni che da fonti accreditai.issim.! ne giungono per ogni parte, che riesce malagevole l'appigliarsi ad una piuttosto che ad altra opin:one. Il Consiglio di Guerra nanti il quale diceasi esser stato tradotto l'Imperatore non conchiuse, per quanto è dato saperlo, ad alcuna sentenza definitiva. Agli accusati fu concesso il farsi difendere da loro avvocati. Però s'ignora, e da tutti ugualmente, come venisse condotto il giudizio da chi presieduto, e pers:no il luogo ove fu convocato il tribunale.

Checché ne sia, sembra risultare assai chiaro, che la maggioranza non si mostra clemente in prò dell'Imperatore; e sebbene si legga che varie istanze, si mossero al Juarez onde venisse rilasciato il Massimiliano, non istimo andar errato nell'asserire, che i più gli sono avversi, od almeno indifferenti al suo fato. L'E. V. conosce quanto sia instabile la tempra mess cana; e la mala fortuna del principe, o gli alienò, o intimorì, chi partitò per esso finora; dall'altro lato, si curò di far sentire alle masse, che Massimiliano d'Austria vivente, ancorché lontano sarebbe continua minaccia alla tranquillità ed alla indipendenza del paese. Cosa non difficile ad intendere per gente avversa ai colpi di scena dei capi parte, ai sollevamenti, agli esigli, ai trionfali ritorni, ai pronunciamenti onde la cosa pubblica è spesso travagliata, dai malandrini cui la fortuna dell'armi oggi spinge in alto, domam prec1pita in basso, senza stancarsi dal ricominciare appena ne capiti il destro.

Una corrispondenza speciale annunziava giorni sono, che Marquez Comandante a Messico, la quale tuttavia sostiene l'assedio de' liberali, avea presi

ostaggi di alcuni fra i più notabili della città, e del part:to liberale; tale misura, se è pur vera, che mai può valere in città che dovrà presto capitolare?

Egli è certo intanto che la posizione degli affari ha scosso l'infingardo volere del Governo federale, che opportunamente si adopera a prevenire la temuta catastrofe. So che il Ministro di Francia ebbe missione dall'Imperatore di sollecitare in tal senso l'azione seria ed efficace di questo Governo. Simili rappresentanze vennero pur fatte a nome di Sua Maestà Britannica da s:r Frederick Bruce.

Confesso all'E. V. regnar qui generale l'opinione si fra i colleghi che nell'universale, che la condotta incerta e vacillante tenuta dagli Stati Uniti dopo lo sgombro delle truppe francesi, a riguardo del Messico, e i1 farsi iv'i rappresentare da persona patentemente inetta, fu cagione di mali, cui un'attitudine più decisa, e una maggior energia avria dovuto allontanare. Forse si fé calcolo sulle lotte intestine, che appena vinto il nemico esterno, già riprendono e vita e forza fra i condottieri politici. In ogni modo, se la nomina d'un nuovo e più abile rappresentante è vera, non giungerà certo in mai tempo, comecché, per avventura, un po' tarda: la giusta influenza di questa Repubblica sulla vicina sorella, ove sia esercitata in buona fede, potrà aver lode e meritata, d'aver risparmiato eccidii e disordini indegni dell'epoca nostra.

Un incidente singolare e che potrebbe der pretesto a una più seria intervenzione per parte degli Stati Uniti, si è verificato testé. Il Generale Santa Anna, che si era recato al Messico, alcuni dicono per sollevare le popolazioni, altri per suoi interessi, fu tratto a viva forza dal bordo del pacchetto a vapore americano « Virginia », e fatto prigione dai liberali.

(l) Ct'r. n. 5.

24

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO,

AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

T. 257. Firenze, 26 giugno 1867, ore 12,30.

Veuillez prier Gouvernement grec de retirer la décoration qu'il vient d'accorder au commandant de l'« Authion >>. Nous ne pourrions permettre à celui-ci de l'accepter.

25

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI. MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA. DE BARRAL

T. 259. Firenze, 26 giugno 1867, ore 16.

Après la mort regrettable de l'archiduchesse Mathilde, S.A.R. le Prince a pensé avec raison qu'il était peu convenable d'aller de sitòt à Vienne, où sa présence aurait pu rouvrir une blessure non encore fe·rmée. Son Altesse a paru d'abord avoir l'intention de ne plus s'y rendre. Cependant cette résolution ne semblant pas opportune après l'annonce otncielle de la visite on a décidé de la renvoyer au plus tard possible. Le prince n'arrivem par conséquent à Vienne que d'ici à un mois ou quarante jours, soit au commencement d'aoiìt (1). Je reçois en ce moment votre télégramme d'aujourd'hui (2).

26

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 7. Firenze, 26 giugno 1867.

Nell'occasione stessa in cui venne a !asciarmi copia del Memoriale Ottomano sull'applicazione dell'Hatti-Houmajoum, Rustem Bey mi diede lettura di un dispaccio del suo Governo col quale gli si ordina di chiamare la nostra attenzione sul contegno della Grecia di fronte alle ditficoltà interne degli Stati del Sultano. In questo documento il Governo Ellenico è accusato di non osservare fedelmente gli obblighi della neutralità e di permettere che sul suo territorio si mantenga il centro dell'azione rivoluzionaria che si propaga poi nelle finitime provincie ottomane e nell'isola di Candia.

Ho risposto a Rustem Bey ch'io lo rmgraziava d'avermi dato comunicazione di quel dispaccio del suo Governo, perché l'Italia inte·ressandosi vivamente al mantenimento della pace non solo in Oriente, ma in tutta l'Europa bramava conoscere in quali termini stessero fra di loro i varii Stati. Noi deploravamo la lotta di Candia ed avevamo pur anche da gran tempo preveduto che l'insurrezione non rimarrebbe ristretta ai soli confmi del.l'Isola. La Porta Ottomana non poteva obliare che per parte nostra non Le mancarono ripetuti, amichevoli consigli. La posizione speciale del Governo Ellenico nei suoi rapporti colle altre Potenze Europee non potrebbe del resto essere da noi d:menticata in questa circostanza. Tre fra i più potenti Stati d'Europa vi esercitano un protettorato che noi non dividiamo. Tuttavia non esitammo in varie occasioni a consigliare al Governo Greco di non discostarsi da una politica pacifica e riservata. Il dare consigli più positivi e precisi non è tal cosa che si possa veramente addimandare all'Italia, ma a quelle Potenze che in virtù di Tratta·ti si trovano in una particolare condiz:one verso il Regno Ellenico.

Questo fu il linguaggio ch'io tenni a Rustem Bey ed in questi sensi Ella potrà esp.rimersi col Ministro degli Affari Esteri di S. M. I. il Sultano circa siffatto argomento.

(l) -Ma il giorno seguente Melegari inviò a Barra! il seguente telegramma: «L'intérèt quel'Empereur a montré au sujet de la visite du prince a décldé ce dernier à ne pas rctarder son voyage à Vlenne, ou 11 arrivera le 7 julllet ». (t. 262). (2) -Non pubblicato.
27

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 739/280. Londra, 27 giugno 1867 (per. il 1° luglio).

Siccome penso che V. E. bramerà sapere che impressione abbia prodotta in lord Stanley la risposta fatta dal Governo Ottomano alle note collettive presentate da varie Potenze, ho discorso stamane a Corte a questo riguardo e seppi che lord Stanley interrogato _aveva detto di non conoscere in dettaglio questa risposta, ma in generale, tuttoché il Sultano avesse accettato l'inchiesta in tesi generale, aveva poi nell'esecuzione aggiunto condizioni tali che di fatto ne rendevano impossibile l'esecuzione.

Per esempio l'obbligo di fare che si ritirassero i volontari prima di dar principio all'inchiesta era per sé solo bastante a neutralizzare la misura.

Lord Stanley naturalmente parlava pesando coi diplomatici Esteri le sue parole. Ma mi trovai per caso jeri sera a pranzo intimo coi membri influenti del Foreign Ot'fice, i quali a mala pena dissimulavano quanto loro andasse a genio una risposta che nulliftcava una misura, alla quale a stento si erano indirettamente associati, quasi giudicando che i Turchi se l'erano cavata ingeniosamente da un cattivo passo. Avendone poi discorso stamane col mio collega di Russia questi mi disse che a parer suo noi altri, la Francia, la P·russia, e la Russia ci eravamo compromessi troppo avanti per ora non far nulla. Che era dunque libero per parte di queste potenze di prender quella misura che crederebbero più opportuna per assicurare gH interessi che volevano proteggere.

Peggio per i Turchi se non avevano capito, che con una misura mite potevano impedirne altre più efficaci. Al che risposi che precisamente per non lasciarsi strascinare da un esordio a conclusioni involontarie aveva l'Inghilterra voluto tenersi di fuori di codesta presentazione di note. E non sapeva che probabilità avessero le potenze d'intendersela per una misura coercitiva. Pensavo che non avrebbe convenuto all'Inghilterra che una soia potenza s'incaricasse di mettere l'ordine in Turchia; ad ogni modo si eviterà mentre sarà qui il Sultano qualunque pressione per pa·rte dell'Inghilterra che paresse contraria alle leggi dell'ospitalità.

28

L'INCARICATO D'AFFARI A CITTA DEL MESSICO, CURTOPASSl, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 13/11. Messico, 27 giugno 1867 (per. il 4 agosto).

Je transmets duplicata d'un petit mot chiffré expédié de Tacubaya le 5 courant (1), doutant fort qu'il soit parvenu à V. E.

6 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

Arrivé le sept à Queretaro je fus immédiatement mandé par l'Empereur, qui après m'avoir exprimé toute sa reconnaissance pour m'étre rendu auprès de lui, se plaignit fortement de ce que mon collègue d'Angleterre n'avait pas agi de méme. Les représentants de Prusse, d'Autriche et de Belgique, l'ancien Consul de France a Mazatlan envoyé incognito par M. Dano, arrivés à Queretaro 36 heures avant moi furent aussitòt entourés d'Agents provocateurs qui proposaient moyens d'évasion ridicule. On ne les écouta pas.

Je trouvai Sa Majesté au lit depuis plusieurs jours souffrant du foie et de vomissements contlnuels, enfermé dans le Couvent des Capuchines avec les Généraux Miramon et Mejia. La pièce occupée par l'Empereur petite, sombre et ayant toujours deux factionnaires à la porte. Un pauvre lit une table et deux chaises composaient le mobilier. Une jaquette, un pantalon et deux chemlses formaient le garderobe, tout le reste ayant été pillé lors de l'entrée des libéraux (15 Mal). Sa Majesté me raconta elle mème comment la chose s'était passée.

Le Colone! Lopez son favori et parrain vendit la position de la Cruz pour 7000 piastres. L'Empereur qui se trouvait dans le Couvent du mème nom, averti par le bruit put monter à cheval et se rendre a vec cinq personnes de sa suite au Cerro de la Campana, où il fut rejoint par 80 otnciers de tout grade et en grande partie étrangers. On le poussait à sortir de la Ville et gagner ainsi la Sierra, par laquelle on aurait pu sùrement atteindre la mer, ma;is voyant manquer plusieurs de ses Généraux et ne voulant pas abandonner la garnison à la vengeance et à la fureur de l'ennemi l'Empereur aima mieux rendre son épée au Général Escobedo (5 heures du matin). Le fiscal procéda immédiatement à l'interrogatoire en lui notifiant sa mise en jugement. Dès ce moment l'Empereur appela à plusieurs reprises de Mexico des avocats pour sa défénse. Premières communications arrivées ici celles indiquées dans mon rapport (N° 12, 2 Juin) (l). Marquez averti de la chùte de Queretaro depuis le 17 Mai, le cachait à tout le monde. Sa Majesté nous a assuré n'avoir jamais reçu de Marquez ni une lettre ni un sou depuis le départ de ce dernier de Queretaro. Elle ajoutait que loin d'avoir remis des pleins pouvoirs à ce Géné·ral Elle l'avait seulement chargé de retlrer de la Capitale et de Puebla armée, soldats et munitions de guerre et de La rejoindre Ensuite à Queretaro. A cet effet l'Empereur nous a remis une protestation contre tous les actes de Marquez qui prétendait d'agir en son nom. Mes Collègues d'AuLriche et de Belgique furent priés par l'Empereur de rédiger son codicille et moi de réfuter les 13 points d'accusation portés contre lui. Ce travail ne porte pas ma signature et je suis chargé d'en remettre 3 copies à S. M. le Roi, à l'Empereur d'Autriche et au Roi des Belges.

Deux des avocats appelés par l'Empereur à Queretaro se rendirent aussitòt à San Louis pour tenter une pression sur le Gouvernement Républicain en faveur du prisonnier, mais leurs efforts n'ayant pas réussi, ils appelèrent à leur aide le Ministre de Prusse qui ne fut plus heureux. Les imprudences de la Princesse Salm qui croyait pouvoir sauver l'Empereur et son mari, et le soupçon d'un prétendu complot amenèrent le renvoi de nous tous de Quere

taro (15 Juin) sauf le Ministre de Prusse qui se trouvait à San Louis. On nous donna deux heures pour quitter la Ville avec menace de nous fusiller si nous y retournions. Ainsi nous n'assistames qu'aux procès de Miramon et de Mejia (13 Juin) et au commencement de celui de l'Empereur (15 Juin). Ce meme jour l'arret de mort fut prononcé pour les trois. Les avocats respectifs obtinrent sursis jusqu'au dixneuf, jour où l'auguste prisonnier fut fusillé à 6 heures du matin avec les deux Généraux. Sa Majesté a été d'un calme heroYque pendant sa captivité et sa mort a été sublime. On refuse de remettre les restes du malheureux Prince au Chargé d'Affaires d'Autriche. Le 21 courant la Capitale s'est rendue à la suite. de l'engagement pris par les Corps étrangers vis-àvis du Général Diaz de mettre bas les armes. Cet acte provoqué par une injonction du représentant d'Autriche leur a valu la garantie de la vie et promesse d'etre au plus tòt renvoyés en Europe. Il n'y a pas eu le moindre désordre lors de l'entrée des Libéraux. Marquez, Horan et autres personnes gravement compromises sont cachés. On attend l'arrivée du P.résident pour juger les nombreux prisonniers. On demande encore du sang et il y en aura. Le Corps Diplomatique quittera au plus tòt le pays. Je le suivrai. On prétend que l'on gardera M. Dano jusqu'à ce que le Gouvernement Français remettra Almonte. Presse féroce contre Europe; documents officiels assimilent aux mexicains les sujets des puissances qui ont reconnu l'Empire. Ministre de France qui a travaillé grandement avec nous pour sauver Empereur, tàche de ramener en France tous les militaires de l'armée d'occupation restés ici. Tous les traités vont etre déchirés. Partirons sur des navires de guerre Français et Anglais.

Je me réserve de faire parvenir ou de remettre à V. E. un rapport plus détaillé sur ce triste drame, aussi bien qu'une foule de documents que je ne puis pas confier au Courrier. Vera Cruz tient encore.. Provinces du Paciflque se sont prononcées pour Ortega. Tout annonce prolongation de la guerre civile et anarchie. Ministre de Prusse se trouvant à San Louis pour tàcher d'obtenir le cadavre, ne peut pas écrire par ce courrier. Veuillez le faire savoir à son Gouvernement.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubbllcato.

29

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 58. Vienna, 27 giugno 1867.

J'ai eu l'honneur de recevoir les trois dépeches, S.P. N. 36, 37, 38, que

V. E. a bien voulu m'adresser sous la date du 19 et 20 courant (1), et je m'empresse de La remercier des 14 documents diplomatiques joints à la première dont j'ai pris connaissance avec le plus vif intéret.

Ayant eu l'occasion de voir hier M. de Beust, je n'ad point manqué de le remercier au nom de V. E. de la récente communication que Lui a faite M. de Kilbeck au sujet de la note modifiée présentée tout dernièrement à Constantinople par le Baron de Prokesch à la suite des explications échangées entre

Vienne et Paris. Je me suis prévalu en meme temps des instructions de V. E. pour dire au Président du Conseil que le Gouvernement du Roi partageant, à une légère difiérence de forme près, les opinions du Gouvernement autrichien dans la question d'Orient, il serait à désirer, dans l'intéret commun, qu'il voulut bien me tenir au courant de ses vues et intentions à cet égard.

M. de Beust m'a aussitòt répondu qu'il n'y voyait aucune dUficulté; et pour commencer il m'a dit que la seule raison pour laquelle il n'avait pas cru devoir se joindre à la récente démarche de la France demandant l'application du vote populaire à Candie, c'est qu'il était convaincu que cette demande serait positivement refusée. « Plus tard, a-t-il ajouté, M. de Gramont, qui personnellement est tout à fait de mon avis sur l'inutilité de pareilles tentatives, est venu m'expliquer que la présentation de cette note n'impliquait point nécessairement un appel aux populations dans son sens strict, mais se bornait en substance à la demande d'une enquète européenne pour constater le véritable état des choses. Ainsi modifiée dans un sens plus admissible, la proposition ne me paraissait pas, il est vrai, déstinée à avoir plus de succès, mais pour complaire à la France, dont en déjinitive nous préjérons suivre la politique, j'al consenti à associer le Gouvernement autrichien à la démarche française, mu surtout par cette considération que pour la dignité des grandes Puissances, il valait encore mieux essuyer un refus en demandant quelque chose de raisonnable, qu'en formulant des prétentions inadmissibles telles que me parait étre pour un Gouvernement établi l'appel à ses populations réclamé par des gouvernements étrangers. J'ai demandé ensuite à M. de Gramont ce que les grandes Puissances, la France entre autres, feraient dans le cas d'un refus de la Porte. Il m'a répondu qu'elle commencerait d'abord par retirer son Ambassadeur; mais cet acte de bouderie n'est pas une solution, c'est une comp.Ucation de plus. Au reste, a continué M. de Beust, M. de Moustier qui était Turc en revenant de Constantinople, est devenu Grec au bout d'un certain temps; et il n'est pas impossible que, sous l'inftuence de la présence du Sultan à Paris, il devienne de nouveau Turc ».

M. de Beust ayant bien voulu me mettre ainsi au courant de ses vues et appréciations dans la situation du moment, j'ai cru pouvoir lui demander quelles pourraient ètre ses intentions pour la politique à suivre dans l'avenir. «Nous n'en avons pas d'arrétées, m'a-t-il aussitòt répondu; après la dernière démarche qui vient d'ètre faite, et le Sultan s'étant décidé à visiter les grandes Cours de l'Europe, y compris celle de Vienne où, sur le désir exprimé par son Ambassadeur ici il vient d'etre lnvité, la situation va probablement se modifter en éprouvant jusque là un temps d'arret. Nous ferons comme tout le monde; nous attendrons. Pour mon compte j'en reviens toujours à ma première idée qui est je crois la seule bonne et surtout la seule pratique. Il faut que la quest;ion soit soumise à une Conférence européenne, et de plus, si l'on veut que cette Conférence aboutisse, il faut encore que le Gouvernement ottoman n'en fasse pas partie ».

Je fts observer à M. de Beust que, après les déclarations et les vues bien arrètées de l'Angleterre sur l'indépendance du Sultan, il serait bien dilllcile de lui faire accepter cette seconde partie du programme qui en était la néga

tlon la plus complète, «et cependant, se contenta-t-il de me répondre, pour amener un résultat définitif, la dernière condition n'est pas moins nécessaire que la première ».

Tel a été en résumé le langage de M. de Beust, et la franchise qu'il apporte habituellement dans l'expression de sa pensée, peut etre un surgarant que telle est bien pour le moment sa manière d'envisager la question. Il a bien pu dans le principe vouloir ètre agréable à la Russie en proposant la révision du Traité du 1856 en ce qui concerne l'exclusion de la Marine russe dans la mer Noire; mais depuis lors, le peu de sympathies qu'il rencontre constamment auprès du Cabinet de Pétersbourg, l'ont évldemment fait pencher du còté de la politique française, ainsi qu'il en a laissé échapper l'aveu avec un abandon qui est assez dans son caractère.

En ayant l'honneur d'accuser réception à V. E. de Sa circulaire, S.P. en date du 22 courant, ainsi que de Sa dépèche, S.P. n. 39 (l), à laquelle étaient joints neuf documents diplomatiques pour lesquels je Lui offre tous mes remerciements, ...

(l) Cfr. n. 9; gli altri dispacci non sono pubblicati.

30

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 35. Berlino, 28 giugno 1867 (per. il 2 luglio).

En date du 20 Juin le Général Cugia m'a écrit que notre Prince Royal ne pouvant quitter Paris avant le 2 Juillet et le Roi de Prusse lui ayant fait espérer qu'à cette époque Sa Majesté serruit à Berlin, il serait du P'lus haut intéret de connaltre cette circonstance d'une manière précise pour prendre les dispositions nécessaires.

J'ai répondu en date du 24 courant que le Roi m'avait fait savoir que son départ pour Eros était fixé au soir du 4 Juillet. La veille devait avoir lieu la bénédriction de 60 drapeaux destinés aux régiments des trois corps d'armée de nouvelle création. Le Prince Royal de Prusse partirait lui-meme de Paris le 2 pour arriver à Potsdam le trois au matin. Notre Prince et sa suite seraient logés au Palais.

Je demandais en meme temps quelles seraient les déterminations définitives de Son Altesse Royale. J'exprimais aussi l'avis qu'il n'y eut aucune hésitatlon de notre part à réaliser un projet de visite qui autrement serait ajournée indéfinlment. Nous ne voudrions pas nous exposer à des commentaires regrettables, mais qui ne manqueraient pas de se produire, si nous semblions reculer après nous etre avancés. La solemnité qui aura lieu le 3 Juillet, anniversaire de la bataille de Sadowa, est plus religieuse que militaire, et d'ailleurs personne ne saurait trouver à redire à ce que la présence de Monseigneur le Prince Royal corncidat avec la date la plus mémorable des glorieux souvenirs d'une armée qui a été notre fidèle alliée.

D'après une lettre que je reçois ce matin du Général Cugia, j'apprends que Son Altesse Royale approuve ce plan de voyage et qu'Elle sera ici à la date convenue du 3 Juillet. J'en ai aussitòt informé le Sous-Secrétaire d'Etat M. de Thiele, qui de son còté en a donné avis au Grand Maréchal de Cour pour les préparatifs nécessaires.

J'ai regretté d'apprendre par M. de Thiele que le Prince Royal de Prusse se trouve en tournée pour affaires de service, et craint, malgré sa bonne volonté, de ne pouvoir la terminer assez à temps pour qu'il lui soit encore possible de se rendre à Paris à l'occasion de la distribution des prix au Palais de l'exposition. J'espère encore qu'il en sera autrement, car les deux Princes héréditaires manqueraient une occasion unique de nouer des rapports plus intimes; mais aussi raison de plus pour se rencontrer à Potsdam.

La visite à la Cour de Prusse produira la meilleure impression. V. E. connatt ma manière de voir. Nos bons rapports avec la France ne doivent pas nous empécher de maintenir également sur le meilleur pied ceux qui existent entre nous et la Prusse.

Notre ròle est tout tracé, nous devons continuer à nous appliquer, comme durant la crise du Luxembourg, à prévenir tout conflit entre Paris et Berlin. La visite de notre Prince surtout dans ces circonstances commémoratives de grands événements, acquerra, si possible, plus de prix encore. Ella aura pour résultat de ménager un terrain plus favorable à notre action conciliatrice. Nous rendrons par là un service à nos alliés de 1859 et de 1866.

J'ai demandé au Général Cugia, si malgré la remise de mes lettres de récréance, le nouveau Ministre n'étant point encore à Saint Pétersbourg, je restais encore destiné à accompagner Son Altesse Royale en Russie, comme mon Gouvemement m'en avait informé dans le temps. Le désir que le Prince Gortschakoff m'a exprimé de me revoir à cette occasion, le départ de M. le Comte de Bismarck et celui de presque tous mes collègues mettant les affaires en stagnation, je puis m'absenter sans inconvénient. J'ai donc cru devoir prendre cette information, sans exprimer de désir, quoique je serais très heureux, si le Gouvernement a persistè dans ses intentions. L'honneur d'accompagner mon Prince serait très précieux, comme j'aime à croire que ma connaissance de tout ce qui concerne ma précédente mission pourrait lui ètre utile et agréable.

(l) Non pubblicati.

31

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 74. Atene, 29 giugno 1867 (per. il 5 luglio).

Ho ricevuto il dispaccio che V. E. mi ha diretto in data delli 21 cadente mese n. 23 di questa serie (1), al quale erano annessi n. 4 documenti diplomatici.

Ho adempito l'incarico affidatomi di ringraziare questo Ministro degli Affari Esteri per l'informazione data dal signor Condouriotl:s dell'intenzione in cui era il Governo Ellenico di comunicare al Governo Italiano quei documenti che d'ordinario erano diretti alle sole tre Potenze protettrici, e gli ho espresso il concetto che V. E. volle indicarmi nel suddetto dispaccio.

In quest'occasione il signor Tricoupi mi lesse un lungo dispaccio ch'egli andava a trasmettere col vapore francese di ieri ai Ministri Elleni presso le Potenze Protettrici ed al Signor Condouriotis per essere comunicato al R. Governo.

In quel lungo documento il Governo Greco espone la difficoltà di pratica esecuzione delle condizioni poste dalla Sublime Porta all'accettazione dell'inchiesta, vale a dire quella della partenza di volontari dall'isQla di Candia.

Inoltre il signor Tricoupi avanza la domanda che essendovi nella commissione d'inchiesta l'elemento Turco, vi dovrebbe del pari intervenire un Commissario Cretese, ed uno Greco, come parti interessate nella questione che si va ad esaminare.

Io non so con quanto favore possono essere ricevute coteste domande dalle Potenze, nel momento appunto in cui è stato di molto ristretto il programma che dapprima era stato tracciato per le domande da farsi alla Sublime Porta allo scopo di addivenire ad una soluzi.one della questione cretese.

Qui però generalmente si crede che le difficoltà pratiche per l'attuazione dell'inchiesta saranno molte e gravi, motivo per cui verrà di molto ritardata; ed intanto si darà il tempo ad Omer Pacha, se non di vincere l'insurrezione, circoscritta ora nelle montagne di Sfakia, di consumare certamente la distruzione dell'Isola, e di continuare negli eccidj e nelle violazioni nelle quali superò di gran lunga il suo predecessore Mustapha Pacha.

(l) Cfr. n. 11, !n realtà deì 22 giugno.

32

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 61. Vienna, 29 giugno 1867.

L'Ambassadeur de Turquie a donné aujourd'hui lecture à M. de Beust d'une dépeche de son Gouvernement en réponse à la demande d'enquete formulée par les grandes Puissances relativement aux événements de Candie. Je ne ferai pas ici l'analyse de ce document, dont le Ministre de Turquie à Florence est chargé de donner communication, et au besoin laisser copie à V. E. Je me bornerai à faire connaitre l'impression qu'il' parait avoir produit sur le Président du Conseil.

Ainsi que V. E. a pu en juger, toute l'importance de la dépeche se résume dans l'avant-dernier paragraphe où il est dit que, pour satisfaire aux demandes des grandes Puissances en faveur de l'amélioration du sort des chrétiens, le Gouvernement Ottoman n'hésitera pas à procéder à une enquéte dont le but et la forme lui seront cependant réservés, mais que pour atteindre ce but et réaliser cette forme, il faut avant tout que l'action gouvernementale soit dégagée de toute pression, par l'expulsion préalable de tous les élements insurrectionnels fournis par un pays voisin.

Quoique le fait capitai de vouloir se réserver Ia forme et le but de l'enquete en question, soit loin de satisfaire à l'objet de la réclamation des grandes Puissances, cependant M. de Beust ne regarde point cette déclaration comme comportant un refus absolu d'y accéder. «Je ne sais pas, m'a-t-il dit, ce que la France, dont nous ne voulons pas trop nous séparer dans cette question, va penser de cette réponse, mais il me semble que l'on pourrait établir quelques négociations là-dessus. Quant aux envois d'hommes et d'armes réellement fournis par la Grèce, et dont la Turquie demande le renvoi, l'on pour·rait peut-etre provisoirement les arreter par l'envoi de quelques bàtiments dans les eaux de Candie ».

Ce ne sont là évidemment que de simples idées qui se sont présentées les premières à la suite de la lecture de la dépeche turque et pourront se modifier sous l'influence de la France. Mais, meme comme simples impression, elles m'ont paru devoir etre signalées à l'attention de V. E.

En meme temps qu'il donnait lecture à M. de Beust de ·la dépeche de son Gouvernement, l'Ambassadeur de Turquie lui faisait part d'un télégramme reçu le matin de Constantinople et à peu près conçu en ces termes:

«D'après les derniers rapports, Omer-Pacha a remporté un grand succès sur les insurgés aux environs de Lassethi; les habitants lui ont remis plus de six mille carabines apportées par les insurgés; il a opéré sa concentration et va marcher sur Sfackia ».

Peut-etre en accompagnant sa communication diplomatique de la nouvelle d'un succès militaire le Gouvernement ottoman espère-t-il se rendre plus favorables les déterminations ultérieures des grandes Puissances.

En joignant ici une pièce chiffrée (l) ...

33

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 440. Vienna, 30 giugno 1867, ore 16 (per. ore 20,40).

Ministère des affaires étrangères vient de recevoir simultanément de ses agents à Washington et à New York nouvelle que l'Empereur du Mexique avait été fusillé •le 19. La nouvelle a paru tellement certaine qu'on l'a immédiatement télégraphié à l'Empereur que l'on attend ici demain.

Veuillez me dire si cet événement ne doit pas changer projet de voyage du prince Humbert. Il serait peut-etre convenable par déférence pour douleur de la famille impériale de le demander confidentiellement au baron de Beust.

Déjà le baron de Meysenbug m'a dit que le voyage de l'Empereur à Paris n'aurait plus lieu.

(l) Non rinvenuta.

34

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL

T. 269. Firenze, 30 giugno 1867, ore 23,45.

Le Roi ayant pris connaissance de votre télégramme (l) a ordonné que le voyage de Vienne soit suspendu. Bien qu'il nous soit permis d'espérer encore que la triste nouvelle ne se confìrmera pas, vous aurez soin d'exprimer à M. de Beust les condoléances du Roi.

35

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI DESTINATO A LIMA E A LA PAZ, GARROU

ISTRUZIONI. Firenze, 30 giugno 1867.

Mi reco a premura di far tenere qui acchiusa alla S. V. Illustrissima una mia lettera pel Ministro degli Affari Esteri del Perù, con la quale Ella sarà accreditata presso quella Repubblica nella qualità d'Incaricato d'Affari di S. M. il Re d'Italia. Troverà ancora qui allegata un'altra mia lettera pel Ministro degli affari esteri della Repubblica di Bolivia, la quale Ella al suo arrivo in Lima potrà consegnare all'Inviato boliviano presso il Perù, affinché gliela faccia pervenire, senza che la S. V. debba recarsi sino a La Paz, dove secondo le più recenti informazioni ,risiede il Governo Centrale.

Non essendovi nessun rappresentante Italiano in Bolivia (salvo che un Agente Consolare ufficioso nel Porto di Cobija, che Ella farà riconoscere da quel Governo) e potendo accadere vi fosse necessità che Ella interponesse i suoi ufficii in qualche controversia con quel Governo, tornerà utile che la sua qualità ufficiale sia anche riconosciuta a La Paz.

Noi portiamo fiducia che giungendo Ella al Perù, il conflitto che tuttavia dura tra il Presidente Signor Prado, ed il Congresso costituente (il quale venne convocato per elaborare una nuova costituzione) sia stato del tutto composto. Un voto di censura pronunziato dal Congresso contro il Gabinetto nominato dal Colonnello Prado fu cagione di questa opposizione. I Ministri rassegnarono le loro dimissioni nelle mani del Presidente, il quale si adopera per comporre un nuovo Gabinetto. Come la S. V. comprenderà di Ieggieri, questo spiacevole stato di cose non solo reca con sé gravissimo turbamento all'andamento regolare della cosa pubblica, ma genera incagli e danni positivi ne' traffici e ne' commerci cui danno opera i numerosi coloni europei sparsi in quella Repubblica. Da ciò il desiderio generale di vedere finalmente stabilirsi al Perù un ordine di cose tali che raffermandosi e mettendo radici nei paese offra serie guarentigie di pace e di sicurezza; senza di che è impossibile che possano svilupparsi i germi dell'attività industriale e commerciale, la quale troverebbe larghissimo campo dove esercitarsi usufruttando le ricchezze d'ogni sorta che sono racchiuse in quelle contrade.

La S. V. Illustrissima certamente è informata delle cause che dettero origine alla guerra sorta tra la Spagna e diverse delle Repubbliche del Pacifico collegate fra loro, fra cui è il Perù. Debbono esserLe anche note le varie fazioni di guerra combattutesi nel 1865 e 1866 e come ora sia succeduta di fatto una lunga tregua la quale è da sperare venga presto convertita in una pace definitiva e duratura. Varie proposte di accomodamento e di mediazione furono fatte tempo fa dalla Francia e dall'Inghilterra, ed ultimamente dagli Stati Uniti d'America; ma sventuratamente esse furono poco favorevolmente accolte dalle Repubbliche alleate e più d'ogni altra dal Perù, dove sembra sia maggiore l'ostinazione di non venire ad un amichevole componimento. Il Chili invece sembra si mostri più arrendevole e desideroso di mettere un termine alle ostilità; ma essendo solo in queste buone disposizioni, e trovandosi vincolato da Trattati di alleanza, la sua azione rimane incagliata.

Il Governo del Re sino dal primo cominciare della lotta, fece palese l'intenzione sua di voler rimanere assolutamente neutrale: questa fu finora e sarà per l'avvenire la sua condotta. Per la qual cosa la S. V. non solamente dovrà strettissimamente conformarsi a questa risoluzione nei suoi discorsi e nei suoi rapporti ufficiali col Governo Peruviano, ma procurerà eziandio usando della sua autorità personale e de' suoi ammonimenti, che nessuno de' nostri nazionali residenti al Perù partecipi ad alcun armamento per mare o per terra, incompatibile coi doveri della neutralità.

La S. V. osserverà questi stessi principii e non trasanderà di inculcarli a' coloni italiani, nelle discordie intestine che turbano l'interna tranquillità del territorio peruviano. Ella avrà cura di tenersi in buoni ed amichevoli termini co' governanti presenti, ma senza partecipare né alle loro opin;.oni né a' loro atti; per modo che venendo al potere altri uomini di diverso partito, la condizione personale di Lei non sia per questo pregiudicata. Questa avvertenza parmi tanto più necessaria ora che stando alle ultime notizie, varii moti di ribellione sono scoppiati in diversi punti del Perù, fomentati e mantenuti vivi secondo dicesi. da capi della parte che era prima al Governo della Repubblica la quale vorrebbe riprendere l'antico potere, abbattendo la parte ed il Governo che al presente dirige le sorti del Paese.

Ma standosene l'Italia del tutto in disparte nel conflitto tra la Spagna ed il Perù, il Governo del Re non può disconoscere i danni gravissimi che questo stato di cose incerto e minaccioso, e le discordie intestine, cagionano agli interessi stranieri, e massime ai nostri. Deve quindi naturalmente desiderare che una politica di conciliazione arrechi al più presto il ristabilimento della pace con la Spagna e la quiete all'interno. Laonde la S. V. Illustrissima presentandosene l'occasione, si studierà di giovare co' suoi buoni ufficii, e d'accordo coi Rappresentanti delle Potenze straniere, segnatamente con quelli di Francia e di Inghilterra, all'appianamento delle difficoltà che tuttavia si oppongono ad un amichevole componimento fra le parti contendenti. Parimenti potendolo fare senza assumere impegni o provocare risentimenti Ella procurerà d'usare una benefica influenza tra le gare esistenti nelle diverse fazioni, ed i consigli di Le·i dovranno sempre ispirarsi alla necessità che ha il Perù, d'un tranquillo e stabile ordine di cose.

Fra le varie controversie tuttavia pendenti fra noi ed il Governo Peruviano, le quali non sono soltanto d'indole privata, ve ne ha due sulle quali richiamerò tutta l'attenzione della S. V.

In una sommossa popolare avvenuta al Gallao la notte del 6 novembre 1865 vennero saccheggiate dalla plebaglia della città diverse botteghe e case di sudditi italiani. Dalla corrispondenza che sta negli archivii della R. Legaz:one a Lima Ella vedrà le fasi per le quali è passata questa vertenza, e come nel Messaggio del 15 febbraio 1867 letto dal Presidente al Congresso, si raccomandino all'attenzione di esso i danneggiati stranieri nel saccheggio al Callao. Le reclamazioni presentate al Ministro del Re da quei RR. Sudditi che furono in questo numero, essendo già state da lunga pezza rimesse al Governo Peruviano ed esaminate da una Commissione ora non resta che sollecitare affinché vengano al più presto soddisfatte.

L'altro negozio di cui Ella dovrà anche occuparsi riguarda l'incendio della nave «Domitilla ». Intorno a questo legno ed ai fatti cui dette occasione v'ha una lunga corrispondenza di cui Ella prenderà cognizione per sua norma passata tra questo Ministero, la R. Legazione, il Governo Peruviano ed i Ministri del Chili e di Bolivia. La controversia può dirsi ormai terminata, se non che il Ministro degli Affari Esteri del Perù avendone parlato nella Memoria che presentò al Congresso il 15 febbraio ultimo, ed_ avendo detto che erasi proceduto ad un giudizio sul fatto dell'incendio della nave avvenuto nella baia di Callao, per sapere se il bruciamento fu intenzionale e quali fossero i colpevoli, il nostro Inviato a Lima Barone Gavalchini, ha scritto recentemente che egli avrebbe domandato comunicazione ufficiale a quel Ministro del risultamento avutosi con quel giudizio, e la S. V. nel caso che tuttavia questa comunicazione non fosse stata fatta avrà cura di attenerla, e la trasmetterà a questo Ministero.

Da ultimo, signor Cavaliere, son certo che Ella proteggerà efficacemente gli interessi de' nostri connazionali sostenendone fermamente i diritti. A conseguire siffatto scopo giove-rà che Ella ne' suoi rapporti si ufficiali che ufficiosi adoperi modi concilianti e temperati, ed eviti con ogni cura questioni e difficoltà che possano impegnare l'azione del Governo del Re in sì remote contrade.

Confidando signor Cavaliere nel suo zelo e nella sua solerzia, non dubito che V. S. saprà pienamente corrispondere all'aspettazione del Governo di Sua Maestà nell'adempimento delia missione che Le venne affidata.

(l) Cfr. n. 33.

36

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE S. N. Trieste, 30 giugno 1867.

Ho già avuto occasione di dirigere all'E. V. parecchi rapporti confidenziali sulle esorbitanze del partito che in questa città coglie ogni occasione per manifestarsi favorevole all'Italia, e Le sarei grato se volesse compiacersi di farmi conoscere se essi siano giunti a di Lei mani.

Facendo seguito a quanto ho precedentemente riferito all'E. V. coi m1e1 rapporti confidenziali del 3, del 15 e del 24 cadente mese (l), devo ora informarLa che il Governo è entrato decisamente in una via di rigore contro gli autori di dimostrazioni favorevoli all'Italia. Dopo gli arresti che già ho annunciato all'E. V. altre persone furono successivamente arrestate sia per aver preso parte alle manifestazioni che ebbero luogo alla grande Birreria, sia perché furono sorprese mentre cantavano inni favorevoli all'Italia. Sebbene fra gli arrestati si trovino dei cittadini italiani, io mi sono finora recisamente ricusato di chiedere qualsiasi spiegazione in proposito, tosto che io conobbi essere stati i medesimi immediatamente rimessi all'Autorità giudiziaria. Queste misure di rigore hanno per il momento posto un freno alle esorbitanze del partito che aveva diretto le manifestazioni. Il pubblico in generale com:nciava ad esserne malcontento, e già si preparava una reazione, la quale si sarebbe spiegata con manifestazioni favorevoli all'Austria nell'occasione dell'anniversario della Battaglia di Lissa.

Sono lieto di far conoscere all'E. V. che fece qui assai buona ,impressione il senso di una circolare che, a quanto pare, fu diramata dal Ministro dell'Interno alle autorità amministrative nel Veneto e segnatamente al Prefetto di Udine.

37

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE MILITARE ITALIANA PER LA DELI

MITAZIONE DELLA FRONTIERA FRA IL REGNO E L'IMPERO AUSTRIACO, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 80/24. Venezia, ... giugno 1867.

L'E. V. è informata dai miei antecedenti rapporti come nell'accertamento della confinazione delle Province cedute dall'Austria col Trattato del 3 Ottobre 1866, che forma speciale oggetto di poteri attribuiti alla Commissione Regia, nessuna differenza la quale non potesse essere risolta colle facoltà insegnatele erasi in fino ad ora affacciata alla Commissione stessa.

Codesto favorevole stato di cose non ha potuto mantenersi sino al fine dei suoi lavori preliminari: essendoché nel riconoscere l'ultima tratta della confinazione che tocca al mare, una notevole discrepanza si è manifestata tra i Commissari italiani e i membri della Commissione Imperiale circa la precisa linea di separazione che in quella località risponde allo spirito ed alla lettera del prementovato trattato.

Pretendono i signori Commissari Imperiali che la linea di confine in quel punto non possa essere altra che quella prescritta colla Notificazione del Signor Conte di Saurau, pubblicata colla data del 9 Ottobre 1814, alloraquando, cessata la occupazione francese, furono stabiliti i limiti dentro i quali doveva essere compreso il Governo del Litorale. Secondo codesta notificazione, di cui copia è unita al presente rapporto (Allegato D (2), la linea del confine è segnata dal fiume Aussa da Pradizzolo al mare. Affermano i predetti signori Com

missari che essa era effettivamente vigente al 3 Ottobre 1866, epoca della firma del Trattato epperò ne domandano il mantenimento.

I Commissari italiani senza contestare la validità del prementovato Editto del Conte di Saurau, non ammettono però che la confinazione esistente all'epoca del 3 Ottobre 1866, fosse nel fatto quella che in detto Editto è stabilita, ma sebbene quell'altra che vedesi raffigurata nel foglio H-4 della carta speciale del Regno Lombardo-Veneto edita dall'Istituto militare geografico di Vienna e riprodotta nella generalità delle carte in comune commercio. Secondo queste vedute l'intiero Porto Buso, la linea navigabile in laguna dell'Aussa ed alcuni spazi sulla riva sinistra di questo fiume devono appartenere all'Italia. Sono i Commissari italiani confortati in codesta loro opinione dal fatto che la linea da essi sostenuta è quella stessa che di pieno consenso del Governo austriaco formava da tempo remotissimo e forma tuttora la separazione del Comune veneto di Marano da quello illirico di Grado, attalché i terreni a ponente di quella soddisfacevano all'obbligo delle imposte presso le casse venete a Palmanova, ed i fondi posti invece a levante alle casse illiriche di Cervignano, come agevolmente puossi scorgere dal qui unito estratto della Mappa censuaria del Comune di Marano e dai Registri del censo <Allegato !I) : dai quali scorgesi anzi che i due estremi spazi alla frontiera sono posseduti dal Comune di Grado e ad esso allibrati. I Commissari italiani si ritengono tanto più fondati a persistere in questo loro apprezzamento che fu costante pratica del Governo austriaco di far eseguire l'escorporo dalle mappe venete di quei territori che per qualsiasi cagione deliberava di far transitare ai finitimi Governi, come appunto avvenne a modo di esempio di quei terreni del Comune veneto di Lastebasse che fecero oggetto di replicate istanze di quelle popolazioni al Governo italiano. E lo divengono anche maggiormente se considerano che i Commissari Impe. riali stessi vollero, come rilevasi dal Protocollo N. 3 della Commissione (Allegato !ID far riposare la definizione del conHne detto amministrativo dal Trattato di pace, sulla ripartizione territoriale offerta dal Compartimento dell'anno 1862, del quale si riproduce la parte che riguarda il Comune di Marano

(Allegato IV) ossia in definitiva sul censo stabile: essendoché come potrebbe dirsi che la Comune stessa fosse colle sue amministrative dipendenze passata all'Italia, quando dall'estimo suo censuario :fissato tassativamente dal predetto Compartimento, dovesse togliersi la porz:one di rendita che vi è compresa e che riguarda i terreni posti sulla riva sinistra dell'Aussa?

Questa discrepanza nelle rispettive vedute delle Parti, ha condotto ad uno scambio di Note che si uniscono al presente Rapporto <Allegati V, VI, VII, VIII) onde siano più chiaramente manifeste le ragioni che guidano l'una e l'altra Parte nei loro apprezzamenti.

Colla prima Nota, senza data, (Allegato V> i Commissari Imperiali chiedevano che non l'Aussa, come è detto nel prementovato editto del Conte Sauran, ma sebbene la sua riva destra da Pradizzuolo al mare formasse il confine. Con siffatta confinazione sarebbesi tolto all'Italia l'uso di quella via navigabile, di estrema importanza pegli interessi del Friuli, come sarà detto più tardi.

A questa hanno i Commissari italiani contrapposta la Nota 27 Maggio 1867

(Allegato VI) nella quale si pronunciano per la linea di confine disegnata nel

prementovato foglio H-4 che concorda colle indicazioni del Censo stabile veneto. La Commissione Imperiale ha dato riscontro con una seconda sua Nota (Allegato VII) nella quale sviluppa in nuovi argomenti la primitiva tesi, che si mostra però disposta a modificare, nel senso che non la sponda destra dell'Aussa, sebbene il suo thalweg formi da Pradizzuolo al mare il confine di Stato.

Non hanno i Commissari italiani creduto di dovere rpiù oltre riscontrare a questa seconda esposizione essendo manifesto oramai che ogni ulteriore discussione al riguardo in seno alla Commissione non avrebbe servito che a rendere più evidente la impossibilità di venire ad un accordo su di un tale argomento. Limitandosi pertanto a chiarire con una Nota completiva (Allegato VIII) una loro affermazione contenuta nel precedente scritto, essi hanno proposto e fatto accettare il partito di riferire ai rispettivi Governi sulla insorta vertenza.

Conformemente a siffatta deliberazione della Commissione, lo scrivente si pregia di sottoporre alla E. V. tutti i documenti più avanti citati ed il presente Rapporto H quale riassume le fasi della questione e contiene il giudizio che la Commissione italiana ha potuto farsi della importanza di essa non che dei mezzi di scioglierla in correlazione colle altre pendenti vertenze. Affinché però la E. V. possa apprezzare nella loro entità le ragioni sviluppate dai Commissari Imperiali nella loro seconda Nota, rimasta come fu detto di sopra senza riscontro, lo Scrivente si è fatto carico di far notare al margine di essa ed in corrispondenza di ciascun appunto le osservazioni che lo studio dell'argomento e le informazioni attinte sopra luogo da uno dei Membri della Commissione espressamente inviatovi, permettono di poter contrapporre alle argomentazioni dei Commissari Imperiali.

Riassumendo però tutte codeste argomentazioni e le contrapposte osservazioni, pare alla Commissione italiana che in diritto la vertenza non possa altrimenti essere sciolta se non se indagando quale era di fatto dl confine all'epoca più volte mentovata del 3 Ottobre 1866, mentre sembra evidente che argomenti della natura di quelli che si vorrebbero dedurre dall'editto del Conte Saurau non possano, a termini dell'Articolo IV del Trattato, essere sostenuti se non in quanto sono conformi all'esistente stato di cose. I Commissari italiani hanno per loro parte dichiarato su quali argomenti si fondino per stabilire che il confine di fatto era quello che da essi si sostiene: e questi sono per intiero tratti dalle disposizioni del Censo e dalle indicazioni del Compartimento territoriale che ha forza di legge. La validità di codesti argomenti non può essere posta in dubbio ed è specialmente confermata dalle precedenze della Commissione. Può dirsi altrettanto delle ragioni poste dai Commissari Imperiali a fondamento della pretesa accampata? E' lecito dubitare mentre esse si residuano ai lavori fatti per mantenere le vie navigabili ed alla circostanza troppo naturale che la sorveglianza doganale esercitavasi lungo di queste. Se adunque in conclusione non può negarsi che il Governo Imperiale sempre tenne per fermo che il confine politico dovesse essere all'Aussa, non è meno evidente che Egli ha omesso delle formalità le più essenziali perché effettivamente il medesimo si confondesse coll'amministrativo. Può codesta circostanza porgere al Governo italiano sufficiente appoggio per pretendere alla linea che gli è più favorevole? I Commissari italiani sono stati di parere affermativo. Deferendo ora, giusta la deliberazione della Commissione, la soluzione della vertenza al loro Governo, essi hanno stimato debito di partitamente indicare quanto ha concorso a stabilire in essi siffatto convinc:mento.

Prima di porre termine al presente Rapporto, lo Scrivente stima necessario di rappresentare all'E. V. come l'importanza che dalla Commissione italiana annettesi alla presente vertenza, non deriva già dai terreni controversi alla sinistra del fiume, i quali sono privi di popolazione e non danno che uno scarso utile finanziario essendo per la maggior parte lacunari: ma si bene proceda unicamente dalla proprietà che essi assicurano del Porto Buso e dalla padronanza delle vie navigabili che là si diramano per Aquileja, Cervignano e San Giorgio di Nogaro. E' manifesto come aUorquando la confinazione sostenuta dai Commissari italiani, venisse riconosciuta conforme alle stipulazioni del Trattato di pace, l'Austria non potrebbe valersi del Porto Buso e delle vie navigabili ad Aquileja e Cervignano se non col consenso del Governo italiano e per concessione di esso. Ora il Porto Buso è forse il più importante, il più sicuro, il più riparato e certamente poi il più frequentato fra quanti si aprono nelle dune lacunari che si stendono in arco di cerchio dalla foce del Tagliamento a quella d'Isonzo. Per l'Austria e pel Distretto austriaco d1 Cervignano in ispecie la sua importanza è capitale. Alcune cifre tolte dai rilievi del movimento nell'anno 1864 lo comprovano manifestamente. Nell'anno 1864 entrarono per Porto Buso 822 navigll carichi della portata di tonnellate 19.238 e 107 navigli vuoti della portata di tonnellate 25.254. Le merci importate salirono ad un valore di fiorini 1.674.226. Nello stesso anno uscirono dallo stesso porto 486 navigli carichi della portata di tonnellate 15.646, e 434 navigli vuoti della portata di tonnellate 8.881. Il valore delle merci esportate salì a fiorini 638.426. Quasi tutti codesti navigli con bandiera austro-mirica si diressero a Cerv:gnano, il quale, sebbene sia più dentro terra di San Giorgio di Nogaro, è però generalmente preferito per la facilità degli scarichi e degli sdoganamenti.

Di faccia a codeste considerazioni le quali stabiliscono di quanta importanza sia per le popolazioni della bassa di Palma rimaste staccate dall'Italia il libero uso di quel porto e delle sue vie navigabili, non poteva essere intendimento dei Commissari italiani che convenisse precludere quelle vie stesse al commercio austriaco con danno di popolazioni italiane. A loro giudizio confermato il confine secondo il diritto da essi sostenuto, l'assentimento da accordarsi pel passaggio di legni austriaci attraverso il territorio italiano, o quella qualunque transazione che si sarebbe stimato di stringere, avrebbe dovuto avere l'equivalente in un'analoga concessione del Governo austriaco, per la quale ne risultasse d'alquanto migliorata la sfavorevole nostra frontiera di levante: segnatamente davanti alla fortezza di Palmanova, rispetto alla quale è tuttora senza riscontro la domanda formulata per la ampliazione della sua zona di difesa.

Sottoponendole, Signor Ministro, codeste considerazioni che servirono sin ora di guida alla Commissione onde averne un'ulteriore norma di condotta, ...

(l) -Cfr. serie I, vol. VIII. nn. 550 e 579, il rapporto del 24 non è pubblicato. (2) -Non si pubblicano gli allegati.
38

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 441. Vienna, 1° luglio 1867, ore 15,30 (per. ore 19).

J'ai exprimé les sentiments de condoléance au baron de Beust qui m'a chargé d'off.rir tous ses remerciements. Il est heureux que le prince Humbert remette san voyage. Le baron de Beust a parfaitement compris les motifs de délicatesse qui avaient inspiré cette décision à laquelle du reste j'ai vu que l'an s'attendait.

La famille impériale est au désespoir. L'Empereur revenu ce matin est reparti immédiatement avec ses frères emmenant l'archiduchesse Sophie à Salzbourg.

D'après un té'légramme du prince de Metternich l'Empereur Napoléon se refuse à croire à la catastrophe. Ici l'an persiste à la regarder camme certaine et il y a mème ce détail qu'en avertissant le commandant autrichien du bàtiment l'« Elisabeth » stationné à la Vera Cruz de se tenìr prét à recevoir les prisonniers autrichiens, l'an ajoutait que l'an gardait le corps de l'Empereur du Mexique fusillé le matin à sept heures. Le seul espoir que l'an a c'est que le commandant susdit ait été dupe d'un faux télégramme; mais le ministre des affaires étrangères ne croit pas à cette vague espérance.

Le voyage à Paris est complètement abandonné.

39

IL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 444. Marsiglia, 1° luglio 1867 ore ... (per. ore 21).

Les trois chefs de brigands Croceo, Pilone et v:ola ont été embarqués hier matin par l'autorité sur le bateau à vapeur le << Roi Jéròme » de la compagnie Valéry pour étre renvoyés dans les Etats pontificaux. Ce vapeur part ce soir à dix heures de Gènes pour Livourne où il arrivera demain matin à cinq heures et y restera presque toute la journée.

40

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A MADRID, CARACCIOLO DI BELLA

D. 10. Firenze, 1° luglio 1867.

Il telegramma del 18 giugno e poscia il Rapporto Confidenziale che V. S. mi diresse in data del 24 stesso mese (l), mi fecero conoscere come Ella siasi

espresso col signor Ministro di Stato intorno al delicato argomento del pro

gettato viaggio della Regina a Roma e quale risposta Le sia stata fatta dal

signor De Castro.

La S. V. si fece, nella presente occorrenza, interprete fedele degli intendi

menti del R. Governo ed io La ringrazio dell'avermi sollecitamente e con

diligenza riferito il modo in cui Ella si uniformò alle istruzioni ricevute.

Il tenore del linguaggio tenutoLe dal signor Ministro della Regina e le notizie che d'altro lato mi pervennero in proposito hanno pressocché eliminato ogni probabilità che sia per effettuarsi il divisato viaggio. Nondimeno sono cosi gravi e spiacevoli le conseguenze le quali potrebbero risultare da siffatta eventualità, laddove, contro ogni previsione, fosse per avverarsi, che spero la S. V. non vorrà lasciar sfuggire occasione alcuna che Le si presenti per dimostrare a codesti uomini di stato quanto nelle presenti condizioni sarebbe inopportuna una visita della Regina al Pontefice. Egli è evidente che il Governo del Re non potrebbe rimanersi impassibile a fronte di una dimostrazione che porgerebbe esca ed incoraggiamento a passioni ostili all'ordine di cose stabilito fra noi ed ai principi stessi che ne sono la base.

Noi saremmo oltremodo dolenti di essere costretti a ricorrere ai provvedimenti di precauzione di cui non potremmo ben calcolare gli effetti e che vorremmo perciò con ogni studio evitare.

(l) Cfr. nn. 3 e 19.

41

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 36. Berlino, 1° luglio 1867 (per. il 6).

Mon rapport commerciai N. 11 (l) contient un aperçu sur la reconstitution du Zollverein.

L'AUemagne est décidément en selle, et qui plus est elle marche d'un train qui excite la susceptibilité de la France, à en juger par le feu roulant de ses journaux officieux contre la Prusse. Celle-ci allègue qu'il ne s'agit que d'affaires 'intérieures, tandis que de l'autre còté du Rhin, on y voit une question de droit international. M. Benedetti ne ménage pas ses critiques. Il croyait d'abord que le Cabinet Prussien ne voulait convoquer que des délégués des Gouvernements de l'Union douanière, absolument comme cela se pratiquait sous l'ancienne législation. Il ne semblait pas s'attendre à la réunion d'une assemblée issue du suffrage universel, et dans laquelle entrerait comme un seul groupe le Parlement de la fédération du Nord. Si je suis bien informé, il en aurait marqué

7 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

sa surprise au Comte de Bismarck. Celui-ci aurait répondu que, malgré l'opposition de la Prusse aux voeux itérativement exprimés par !es Etats du Sud de s'adjoindre à la Confédération du Nord, il avait fallu chercher à les contenter par quelques concessions douanières pour modérer leurs a.Uures. Il serait désormais plus facile de les retenir sur une pente où la Prusse ne se soucie aucunement de les suivre.

L'Ambassadeur de France ne s'est pas montré édifié par ce langage. Il s'est meme exprimé avec beaucoup de vivacité vis-à-vis d'un de mes collègues.

«M. de Bismarck a parlé dans des termes, il est vrai très conciliants, durant son séjour à Paris, mais les actes ne répondent pas à ses paroles. Le parlement douanier a une importance politique qui saute aux yeux. Que signifl.e désormais la ligne du Mein? Il est grandement temps que cette comédie finisse! Je ne suis pas de ceux qui se laissent éblouir par les prétendus succès commerciaux de cet homme d'Etat. Ces succès sont pour moi le commencement de ses revers. Il a trop chargé la dose. Sauf l'Empereur, MM. Rouher et La Valette, chacun en France désire une guerre contre la Prusse. Celle-ci a déjà commis la faute la plus grave en montrant tant de raideur dans l'affaire du Luxembourg. C'était mal reconnaitre notre attitude de neutralité bienveillante de l'année dernière. Ma,intenant on accentue une conduite qui accélère le mouvement d'unification au lieu de le contenir, ainsi qu'on nous avait donnè l'assurance ~

Tout en faisant la part de l'aigreur chez un diplomate qui a subi tant de mécomptes à Berlin, son langage, surtout si on le rapproche de celui des journaux officieux à Paris, mérite quelque attention. On peut tout au mo1ns en tirer la conséquence que si les relations personnelles entre les Souverains se sont améliorées, la méfiance continue à subsister entre les deux Gouvernements. Si on croit au maintien de la paix pour l'année courante, l'incertitude, l'anxiété, règnent pour l'avenir. Un peu au loin, personne ne voit clai,r devant soi. On a cependant la conscience qu'on marche à tàtons au devant de circonstances critiques.

Pour en revenir au Parlement douanier, il est évident que c'est là un incident de plus dans ce mouvement Européen qui est en train de produire un changement d'équilibre entre !es forces des grands Etats. C'est une des phases, sous lesquelles la nouvelle Allemagne s'ébauche, se débrouille dans un effort de vivace et irrésistible puissance. Camme je l'ai écrit dans un autre rapport, le Parlement douanier est l'antichambre du Parlement politique. Les murs de séparation tomberont d'eux-memes. Ce n'est qu'une question de temps. Comment admettre que des députés nommés par le suffrage universel et dont la grande majorité siègent déjà dans le Reichstag consentiront à la longue à ne pas s'écarter de leurs attributions actuelles? Il est dans la nature des corps délibérants de chercher toujours à empièter, surtout quand ils savent que l'opinion publique est là pour les soutenir. D'ailleurs dans notre siècle les questions économiques sont les plus saillantes, et acquièrent chaque jour plu de développement. Elles touchent aux intérets matériels aussi bien qu'aux intérets politiques des nations. Personne ne le sait mieux que la Prusse qui a déjà tant profité de l'ancienne création du Zollverein. La nouvelle organisation où elle

occupera le poste le plus éminent, et le plus influent, lui vaudra des succès plus marquants encore (1).

Nous n'avons aucun motif de man~fester une opposition quelconque à ce mouvement de concentration qui s'accomplit en Allemagne. L'Italie y trouvera un contrepoids uttle vis-à-vis de la France le jour où nous ne trouverions plus chez son Souverain la méme bienveillance des Napoléons. Mais on comprend assez qu'en présence des alliances offensives et défensives des Etats Germaniques entre eux, et de l'unification commerciale sous les formes indiquées dans ma dépéche précitée, on comprend, dis-je, que le Cabinet des Tuileries se ressente d'une situation qu'il n'a su ni prévoir, ni prévenir. D'un autre còté, il serait plus sage de se pénétrer, si je puis m'exprimer ruinsi, du sentiment de l'irréparable, et de ne pas trop laisser voir le bout de l'oreille. Il serait plus prudent de chercher à vivre en bonne intelligence avec son voisin et de traiter avec lui d'égal à égal. Une pression trop vive de sa part aurait précisément pour effet de précipiter le dénouement à savoir, un régime unitaire de plus en plus complet. Une guerre heureuse pourrait seule amoindrir les glorieux résultats de Sadowa, les détruire, jamais; car l'Allemagne, comme en 1813, reprendrait tòt ou tard sa revanche.

D'ailleurs la France ne saurait attaquer la Prusse d'aujourd'hui sans l'appui d'un allié. Or ce t allié ne serait ni l'Angleterre qui, à défaut d'une Autriche affaiblie, a tourné les yeux vers le Cabinet de Berlin comme mieux à méme de lui servir, au besoin, de contrefort sur le continent; ni la Russie qui protège et est à son tour protégée par la Prusse; ni l'Italie vouée par nécessité à une politique de recueillement absolu.

Il reste il est vrai l'Autriche, qui une fois encore pourrait étre tentée de courir les aventures, si jamruis elle parvient à surmonter ses di1Il.cultés intérieures. C'est là un danger réel pour la tranquillité générale. Et sous ce rapport on ne peut que regretter la course prochaine de l'Empereur François-Joseph à Paris. Ce Souvera,in est de sa nature rancuneux, très accessible aux influences militaires, à la !latterie, qu'on ne lui ménagera pas dans ce voyage. Or de tous les poisons, la Batterie est celui qui donne le plus de vertiges. S'i on parvenait à l'enguirlander, la guerre serait presque inévitable. Malgré son désir très sincère de conserver la paix, l'Empereur des Français risquerait fort alors d'étre entrainé vers une at1Jitude agressive conseillée déjà par tant de personnages marquants, ne fùt-ce que pour sortir d'une fausse posit~on. A cet égard la

Evictc:ntemente il programma politico assai accentuato in senso Prusslano del Principe Hohenlohe allorché assunse Il potere trovasl in oggi alquanto modificato. Non ne sono forse estranee le vessazioni, le impericose domande ed i rimproveri assai vivi che da Berlino si dirEssero a questo Governo allorch" in occasione della questione del Luxcmbourg si credeva Imminente la guerra colla Francia, come pure la necessità, In cui Egli si vede di non ferire certi sentimenti d'indip<ondenza che si osservano nelle Alte sfere Governative e nelle c'assi agiate della soci~tà. Ma ciò che caratterizza specialmente l'odierna attitudine del Capo del Gabinetto di Monaco si è il non vol,"r partecipare ad atti che potessero provocare una crisi poèitlca o dare motivi alla Francia d'intervenire negli affari della Germania».

visite de notre Prince Royal aura, entre autres, le bon effet de témoigner ouvertement de notre intention de nous tenir en dehors de ces tiraillements. C'est assez clairement Iaisser entrevoir à Vienne et à Paris que nous ne nous laisserons pas enròler dans une ligue contre la Prusse, et que si nous voulons garder notre 1iberté d'act!on c'est précisément pour l'utiliser dans un but de concorde et d'apaisement, comme lors de l'affaire du Luxembourg.

En attendant on sait ici que la France ne cesse pas ses achats de chevaux en Hongrie; et que, malgré des contre-ordres apparents, des préparatifs se poursuivent en vue d'un meilleur armement des troupes et des places fortes.

C'est aujourd'hui meme qu'entre en vigueur la constitution de la Confédération du Nord.

(l) Non pubblicato.

(1) Cfr. quanto scriveva Ce-nturione nel r. 68 del 19 luglio riferendo su un colloquio col principa Hoher.lohe: «Sua Altez"a mi sog-:;iunse che a parere suo la prudenza e la riserva doveano essere gli attributi principali di questi Governi e che in quanto alla Baviera in ispecial modo opinava che dopo aver acconsentito a riunire le proprie forze a quelle delia Prussia nel caso di aggressione ed aver aderito alle bRsi su cui venne ricostituito lo Zollvcrein, niuna pratica utHità la consig'iava per ora a maggior sagrificii di a11tonomia. Ed avendogli chiesto se entrava nelle sue viste politiche il non opporsi ad un eventuale invio di deputati Bavac·esi al Parlamento del Nord, mi rispose: « J'en ai b1en asscz d'ètre obllgé d'envoyer nos députés au Parlement Douanier, sans \DU1 0ir me prl~ter davantage a ce quc la Bavière abdique son pouvoir lt:~:islatif >>.

42

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 40. Berlino, 1° luglio 1867 (per. il 6).

Les pourparlers entre la Prusse et le Danemark pour une rectification de frontJi.ère dans le Nord du Schleswig, marchent avec beaucoup de lenteur. Ils tournent mème dans un cercle vicieux. La Prusse demande quelles sont les garanties que le Cabinet de Copenhague pourrait offfrir aux habitants de nationalité allemande qui feraient retour au Danemark. Celui-ci répond que ses lois sulfisent pour la protection de ses sujets et que la meilleure des garanbies serait dans une délimitation équitable des frontières. Il laisse entrevoir qu'il lui faudrait la restitution de l'ile d'Alsen et une rétrocession de territoire qui engloberait la ville de Flensbourg. A ces conditions l'Allemagne aurait à ses portes une alliée fidèle, si non il continuerait à régner dans les Duchés une agitation préjudiciable aux intéréts bien entendus des deux pays.

Il est évident, quels que soyent les engagemens assez vagues au reste, assumés par le traité de Prague, que le Gouvernement Prussien ne saurait aller aussi loin dans sa condescendance sans blesser le patriotisme germanique. Ainsi tant que la question restera engagée dans ces termes, il est à prévoir qu'une solution se fera attendre longtemps encore.

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L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. S. N. Washington, 1° luglio 1867 (pe1. il 20).

Ieri, nella giornata, le Legazioni di Francia, di Russ:a, e del Belgio, riceveano per telegramma la funesta notizia dell'esecuzione dell'Imperatore Massimiliano, il dì 19 giugno, a San Luis del Potosi.

Questa mane, i giornali riproduceano, senza commenti, un telegramma di New Orleans, secondo il quale, la corvetta da guerra austriaca, da lungo tempo stazionaria a Vera Cruz, era giunta nella capitale della Luisiana, portando i suoi colori a mezz'asta. Il legno austriaco, recava pure novella della caduta della città di Messico.

Un doloroso stupore, un cordoglio tacito ma generale, han segu!to l'annunzio di questo avvenimento, che, quantunque temuto, paria troppo orribile per non lasciare molto adito alla speranza.

Nel corpo diplomatico si fa universale compianto; l'indignazione è grande, né lo si nasconde.

Sento che il Seward è desolatissimo; le assicurazioni da lui date ai plenipotenziari stranieri, che egli fece a bella posta pubblicare, aveano fatto rinascere in questi alquanto di fiducia.

Mi riserbo pel prossimo corriere a dare più ampii dettagli all'E. V.

44

IL MINISTRO A STOCCOLMA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 17. Stoccolma, 2 luglio 1867 (per. l'8).

S. E. il Conte di Manderstrtim m'intrattenne oggi a lungo della questione dello Schleswig e delle conseguenze che ne potrebbero derivare. Credo mio dovere di partecipare all'E. V. i tratti principali di questa conversazione.

V. E. conosce l'ultima nota che il Rappresentante della Prussia a Copenhaghen dndirizzò a quel Governo, per la quale questi viene di nuovo interpellato sulle garanzie che sarebbe disposto a fornire in favore de' tedeschi residenti nel territorio che sarebbe retroceduto dalla Prussia alla Danimarca. Secondo i ragguagli a S. E. comunicati, ìl Governo Danese risponderebbe essere disposto a lasciare ai residenti in discorso piena libertà di culto, non che l'esercizio della loro lingua nel pubblico insegnamento, ma non voler prendere alcun impegno anche a questo riguardo con una potenza estera. A ciò il Governo Prussiano replicherebbe probabilmente offrendo solo la retrocessione di pochi villaggi ne' quali troverebbesi pressoché esclusivamente l'elemento Scandinavo, e tale offerta sarebbe respinta dal Governo Danese, il quale preferirebbe di lasciare aperta la questione. S. E. sembrò approvare pienamente tale condotta eventuale della Danimarca.

Entrando poscia a parlare degli effetti che potrebbero, a suo avviso, venire da siffatte complicazioni, S. E. mi disse credere assai probabile una prossima guerra fra la Francia e la Germania. Oltre al merito della questione stessa, egli allegò, all'appoggio della sua asserzione, H linguaggio più violento de' giornali francesi, gli acquisti di cavalli e commestibili che si stanno facendo da quel Governo, ia domanda di crediti da esso fatta al Corpo legislativo. Ed aggiunse sapere da buona fonte che, durante la visita del Re di Prussia a Parigi, i due Sovrani ebbero bensì rapporti apparentemente cortesi e s'intrattennero d'altre

questioni, ma non toccarono mai la questione germanica, come quella che 11 avrebbe condotti sopra un terreno troppo ardente.

Mi permisi di osservare a S. E. che per mio conto non crederei a quella guerra finché non la vedessi .incominciata, imperocché dall'una parte l'unità germanica mi sembrava un fatto inevitabile, né in alcun modo minaccioso per la Francia, dall'altro non vedevo quel che la Francia avesse a guadagnare da un conflitto che sarebbe senza dubbio sostenuto dalla Prussia con tutta la energia d'una na:ll:one che combatte per la propria esistenza, né aveva la Francia bisogno di nuove lotte per confermare la sua prospera e gloriosa posizione in Europa. A ciò S. E. replicò non credere che tutti gli Stati Germanici sarebbero egualmente ansiosi di far sacrifizii per sostenere la potenza prussiana, ed esser probabile che colla Francia si troverebbe l'Austria. Soggiunsi essere persuaso che dal momento in cui il suolo tedesco sarebbe minacciato da un'armata estera, in tutte le parti della Germania non si solleverebbe che un grido per la difesa della patria, e l'union~ germanica sarebbe senz'altro un fatto compiuto. Si può dubitare che l'Austria voglia riprendere sì presto l'antica politica di sentimenti, ed in ogni caso dietro l'Austria stare la Russia.

E questo è il riassunto della mia conversazione col Conte di Manderstrom. Nel considerare tuttavia le opinioni emesse sulla questione Danese da questi uomini di stato, non debbesi dimenticare che. trattandosi di cose Scandinave, essi non sono giudici imparziali, po-iché i loro sentimenti saranno sempre alquanto ostili alla potenza che per la vicinanza, la supeviorità delle forze e la provata energia dei propositi, può essere sospettata di idee usurpatrici. Dimodoché, seboone essi siano ben decisi a fare ogni sforzo per non impl.1carvi la Svezia, pure non sarebbero dispiacenti di vedere quelle due Potenze venire seriamente alle mani.

Debbo infine aggiungere che, durante il citato colloquio, S. E. non fece menzione dell'Italia che per dimandarmi se il Reale Governo aveva fatto uffici per stabilire un accordo nella questione dello Schleswig. Cui io risposi non averne alcuna conoscenza, né crederlo probabile, imperocché mi sembrava che quella quistione poteva bensì fornire il pretesto, non già essere cagione vera di una guerra Europea. Ma questa domanda dimostrerà se non altro all'E. V. come la condotta tanto abile quanto prudente tenuta dal Real Governo nella questione del Lussemburgo abbia innalzata la riputazione dell'Italia presso 'le potenze estere a segno da farla già considerare come uno de' principali elementi d'ordine e di pace in Europa. E di questo sintomo ho creduto mio dovere di renderne conto all'E. V.

45

IL MINISTRO A VIENNA. DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 449. Vienna, 3 luglio 1867, ore 16,05 (per. ore 17,30).

Beust est toujours sans nouvelles; seulement comme Napoléon III a mandé hier au soir par le télégraphe condoléances en ajoutant que la Cour de France

prendrait le deuil à partir de demain, l'on suppose que Sa Majesté a maintenant motif de croire à l'authenticité de la nouvelle et la Cour d'Autrlche prend de son còté deuil. Bien plus le prince de Metternich annonce que demain paraitra au Moniteur français un article nécrologique de la main m!!me de l'Empereur.

46

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 450. Pietroburgo, 3 luglio 1867, ore 16,20 (per. ore 22,10).

Le prince Gortchakow considère la note otncielle de la Turquie du vingt juin comme une fin de non recevoir et insiste pour que les navires des Puissances reçoivent l'ordre de procéder au sauvetage des familles crétoises sur tous les points de la còte.

L'Angleterre a accepté cette proposition (l). On s'attend aussi à l'acceptation de la France. Le prince Gortchakow espère que le Gouvernement du Roi ne refusera pas sa coopération à cette mesure.

47

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. DI CAMPELLO

T. 451. Potsdam, 3 luglio 1867, ore 20,50 (per. ore 4,50 del 4).

Prince Humbert est arrivé ce matin en société du prince royal de Prusse. Il a été reçu par le Roi avec une courtoisie et bienveillance des plus parfaites. Chacun a reconnu l'àpropos de la visite (2). Le Roi, le prince royal et le prince Frédéric Charles ont été très-sensibles à l'attention de notre Auguste Souverain de leur conférer à cet anniversaire si glorieux la médaille pour valeur militaire. Prince Humbert partira samedi pour Pétersbourg. D'après télégramme de V. E. (3) il m'a autorisé à l'accompagner.

48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. DI CAMPELLO,

AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO

D. 3. Firenze, 3 luglio 1867.

I suoi rapporti confidenziali del 27 maggio, 3, 15, 24 e 30 Giugno 1867 (4) mi sono regolarmente pervenuti.

(-4) Cfr. serie I, vol. VIII, nn. 556 e 579 e qui n. 36; il rapporto del 24 giugno non è pubblicato.

Approvo la condotta da Lei tenuta a fronte delle recenti manifestazioni che ebbero luogo costì. I rappo~ti inaugurati tra l'Italia e l'Austria dal Trattato di pace del 3 ottobre dmpongono agli Agenti del Re residenti nel territorio dell'Impero lo stretto obbligo di evitare quanto possa implicare una responsabilità qualsiasi di atti ostili al Governo Imperiale. La S. V. adoprerà poi sempre saggiamente giovandosi della sua influenza personale per sconsigliare ad sudditi del Re dal promuovere o prender parte a dimostrazioni le quali non conducono ad alcun pratico risultamento e non si addicono d'altronde a chi è cittadino di una grande na:11ione.

(l) -Il 4 luglio l:'lisse Bartolani telegrafò a Azeglio: « Veuillez demander à lord Stanley si cela est exacte >> (t. 271). Azeglio rispose con t. 455 del 5 luglio: « Lord Stanley ne pouvant me \Oir, j'ai parlé à M Hammond sous secrétalre d'Ftat qui m'a dit que l' Angleterre n'a jamais accepté la proposition relative au sauvetage et n'y songe pas >>. (2) -Per maggiori particolari sulla visita del principe Umberto a Berlino cfr. Il r. 43 di Launay del 6 luglio, non pnbbl!cato. (3) -Non pubblicato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 116. Pietroburgo, 3 luglio 1867 (per. il 10).

Per quanta premura mi sia data affine di sapere quali furono le impressioni e quali i risultati del viaggio dell'Imperatore e del Pr1ncipe Gortchacow a Parigi non mi è stato dato di raccogliere molto. Interrogai anche in proposito tosto dopo il suo arrivo il Cancelliere, ed Egli mi disse che nulla era stato concluso, si erano tenute varie conferenze a'llo scopo di trovare modo di consolidare quanto più era possibile la pace dell'Europa: che l'Imperatore Napoleone si era mostrato animato dai sentimenti i più pacifici, non nascondeva però che aveva molte difficoltà a superare esistendo un partito che vorrebbe spingerlo ad una rottura colla Prussia, e che quindi era necessario le altre potenze gli facilitassero il compito quanto p(ù potevano. Il Signor Rouher si era dimostrato molto conciliante e pronto a mantenere l'Imperatore nelle idee di pace, mentre il Marchese di Moustier (che il Principe Gortchacow non si fa riguardo di dichiarare incapace di tenere il posto che occupa) emetteva idee tali da mostrare che fra i consiglieri della Corona è quello che più s'avvicina al partito sopra accennato. Il Principe Gortchacow diceva che le speranze di una pace durevole hanno certo aumentato in seguito agli abboccamenti dei Sovrani ma sono come quelle pianticelle delicate le quali richiedono continue e premurose cure affinché il minimo soffio di vento non le faccia perire.

Questo è il linguaggio che mi ha tenuto il Principe e che concorda con quanto ha detto agli altri diplomatici: è però mestiel'li di dire che Egli non accetta volentieri la conversazione su questo tema, e si mostra estremamente riservato. I Ministri del Re a Berlino ed a Parigi avranno potuto fornire all'E. V. maggiori dettagH: io mi limito per ora a ciò, non volendo riferire le mille voci contraddittorie che circolano qua ed alle quali non si deve prestare fede. Se mi sarà dato conoscere qualche cosa di più non mancherò di informarne l'E. V.

S. M. l'Imperatore si mostra soddisfattissimo delle molte cortesie che la Famiglia Imperiale di Francia gli ha usato e delle dimostrazioni fattegli dopo l'attentato in ispecie. Non così soddisfacente è l'impressione riportata dal suo viaggio in Polonia, dove malgrado le ultime còncessioni fatte fu accolto, in ispecie nelle città, molto freddamente. In alcune campagne i contadini hanno mostrato un certo entusiasmo ma in generale la borghesia e la nobiltà hanno tenuto un contegno assai ostile: a tal segno che Sua Maestà volendo dar loro una prova del suo malcontento rifiutò di ricevere un indirizzo che alcuni nobili e borghesi avevano redatto ed eransi recati al Palazzo Reale di Varsavia per rimetterlo in mano dello Czar, mentre accolse quello che fu a Lui offerto dai contadini.

Nelle provincie Baltiche ed a Pietroburgo l'entusiasmo fu grandissimo.

50

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 478 bis. Parigi, 5 luglio 1867 (per. l'8).

La risposta della Sublime Porta alla nota collettiva è giunta a questo Ministro Imperiale degli affari esteri. Probabilmente all'ora in cui scrivo essa sarà pure pervenuta alle mani dell'E. V. Il Marchese di Moustier, che me ne ha parlato jeri, non sa ben definire se questa risposta contenga un rifiuto o un consenso all'inchiesta domandata dalle Potenze. Il Gabinetto di Pietroburgo è inclinato a credere che essa contiene un rifiuto. Da quanto mi fu detto dal Marchese di Moustier risulterebbe che la Porta non rigetta assolutamente l'inchiesta ma vorrebbe in ogni caso regolarne le condizioni e il modo d'esecuzione, e non l'ammetterebbe se non dopo che le bande dei volontarii nell'isola di Cand~a sarebbero state disperse. Per uscire dall'incertezza provocata da questa ambigua risposta, il Marchese di Moustier diresse avant'jeri all'Ambasciatore di Turchia in Parigi le tre domande seguenti: lo La risposta della Porta è d essa un'accettazione accompagnata da osservazioni? 2° È dessa un'accettazione sotto condizione? 3° Ovvero costituisce essa un rifiuto? Mehemed Djemil Pascià, invitato a pronunziarsi in modo categorico, si riservò di riferirne verbalmente al Sultano e a Fuad Pascià. Quest'ultimo dopoché avrà conferito con S. M. il Sultano deve avere in proposito una conferenza col Marchese di Moustier. Io ho pregato il Ministro Imperiale degli affari esteri di voler far conoscere al Governo del Re quanto gli sarà comunicato da Fuad Pascià intorno al vero significato che la Porta dà alla sua risposta. Il Marchese di Moustier mi rispose che appena il Governo Francese avrà potuto assicurarsi del vero significato della risposta della Turchia, egli si metterà in comunicazione coi Gabinetti delle Potenze garanti per concertare la condotta da tenersi ulteriormente nella questione.

51

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO,

R. 479. Parigi, 5 luglio 1B67 (per. l'B).

Jeri ho dato lettura al Signor Marchese di Moustier del dispaccio di Serie politica, n. 250, che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi in data del 24 giugno scorso (l) e che si riferisce alla questione d'estradizione sollevata dagli accordi passati tra il Governo francese e la Santa Sede pel trasporto in Alger:a di brigant!i. e malfattori italiani custoditi nelle carceri pontificie.

Il Marchese di Moustier mi disse che risponderà per iscritto a questa comunicazione ed alle osservazioni di massima in essa contenute. Ma intanto S. E. volle assicurarmi fin d'ora che il Governo francese non mette in dubbio il valore della Convenzione d'estradizione fra l'Italia e la Francia e la sua applicazione. Il Marchese di Moustier non nega nemmeno al Governo italiano la facoltà di domandare l'estradizione d'un sudd:to italiano sempreché si trovi nelle condizioni contemplate dalla Convenzione. Ma egli mantiene la teoria che l'estradizione può essere rifiutata quando l'incolpato trovasi sul territorio estero per un fatto indipendente dalla sua volontà e quasi per forza maggiore. Il Governo francese, soggiunse il Ministro Imperiale degli affari esteri, consentì all'impegno di trasportare alcuni detenuti nelle carceri pontificie nell'interno dell'Algeria nello scopo di diminuire gli imbarazzi della Santa Sede e col pensiero che ciò non tornerebbe a danno dell'Italia. Del resto il Governo francese non intende abusare della situazione fattagli dagli impegni presi. Esso non vuol sollevare questioni delicate col Governo del Re, col quale intende conservare le migliori relazioni e l'accordo il più sincero. Quanto alla domanda da me fatta perché sia comunicata al Governo del Re una lista specificata degli individui che dovrebbero essere trasportati in Algeria e di quelli che già vi fossero, nonché l'indicazione del tempo necessario per compiere un tale trasporto, 11 Marchese di Moustier si riservò di prenderla in considerazione, per soddisfarvi all'uopo.

52

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 480. Parigi, 5 luglio 1867 (per. l'B).

I telegrammi giunti ieri da Washington al Governo francese non lasciano più dubbio sulla tragica fine dell'Imperatore Massim:liano. Diffatti due dispacci successivi del Signor Berthémy, Ministro di Francia agli Stati Uniti recano che l'infelice Monarca fu fucilato il 19 Giugno a Queretaro, che la C'ittà di Messico fu presa il 20 e che Veracruz s'arrese a discrezione il 25. Il Comandante dello stazionario americano a Veracruz che spedì queste notizie al Ministro della Marina a Washington, avrebbe domandato invano alle autorità Messicane la consegna del cadavere dell'ucciso Imperatore.

Queste dolorose novelle furono accolte, com'era naturale, colla più grande afflizione alla Corte delle Tuileries. Tutte le feste che stavano preparandosi all'occasione del soggiorno del Sultano in Francia furono subito contromandate. La Corte Imperiale pigliò il lutto d'un mese. Sembra anche che la discussione la quale doveva aver luogo al Corpo legislativo sul Messico, sia definitivamente abbandonata, e che il signor Thiers abbia esso pel primo, per un sentimento di convenienza molto naturale e molto lodevole, rinunz'ato a parlare sopra un argomento che sveglierebbe così acerbe rimembranze. Del resto la catastrofe di questo impero che crolla nel sangue del suo Sovrano parla più alto che ogni discorso. L'Imperatore Massimiliano scontò crudelmente, con una morte immeritata e barbara, la colpa di aver intrapreso con soverchia leggerezza un'opera condannata fin da principio dagli uomini più sensati e più previdenti. Certamente la storia darà un giudizio severo della spedizione messicana. Ora non può esservi luogo che ad un sentimento d'orrore per quest'inutile e crudele assassinio, e ad un pensiero di elogio per lo sventurato principe che sostenne fino alla fine colle armi in mano con coraggio e con nobiltà la causa ch'egli credeva giusta.

Questo fatto potrà esso influire in un modo apprezzabile sulla condotta futura e sulle risoluzioni del Governo francese? Non credo che sia ora possibile ed opportuno il rispondere a questa domanda. Certo è che nello stato attuale degli animi in Francia questo fatto può peggiorare la condizione in cui si trova il Governo. Le discussioni al Corpo Legislativo procedono da tre giorni più animate ed inspirate da un vivo sentimento d'opposizione. Le suscettibilità e le recriminazioni contro la Prussia tornano a manifestarsi qua e là nei giornali e nei colloqui!. Si piglia argomento dalle conferenze doganali della Germania per accusare di nuovo il Governo prussiano e sopratutto il Conte di Bismarck di voler provocare la Francia. Anche nel linguaggio dei Ministri dell'Imperatore appare una certa tendenza all'irritazione. Continuano le misure relative all'armamento. Però, per servirmi d'una frase del Maresciallo M'nistro della Guerra (1), esse non eccedono i limiti d'un piede di pace rispettabile. In sostanza, le tendenze dello spirito pubblico in Francia non sono soddisfacenti. C'è malcontento ed una certa irritabilità prodotta principalmente dall'ultima guerra di Germania ed ora risvegliata dalla morte dell'Imperatore Massimiliano. Però m'affretto a dire che tutto ciò non costituisce ancora un pericolo, perché il prestigio personale dell'Imperatore Napoleone è inconcusso ed è fuor di dubbio che l'Imperatore desidera sinceramente d'evitare ogni conflitto con Potenze estere.

(l) Cfr. n. 17.

53

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 64. Vienna, 5 luglio 1867.

La fin tragique de l'Empereur Maximilien a produit ici un véritable sentiment de stupeur. La pensée publique ne peut encore s'habituer à l'idée qu'un

Prince de la Famille Impériale ait pu subir le dernier supplice. L'on croit que le Gouvernement de Washington a agi très mollement dans cette triste circonstance, et que s'il l'eut voulu sérieusement, il aurait pu sauver les jours de l'Empereur; mais qu'au fond, sans vouloir en rien tremper dans ce drame sanglant, il n'a pas été fàché que le parti républicain du Mexique affirmat la doctr~ne Monroe par un de ces actes sauvages qui, en imprimant la terreur en Europe, la dégoute à tout jamais de toute tentative ultérieure d'implantation de Monarchie en Amérique. Un autre commentaire politique qui prend une certaine consistance, c'est qu'après ce dénouement terrible, venant clore d'une façon si tragique cette malheureuse expédition du Mexique, l'Empereur Napoléon se verra de plus en plus entrainé à rélever le prestige de sa politique par quelque grande action militaire à l'extérieur.

Depuis la prise de Queretaro et l'annonce de la capture de l'Empereur Maximilien, l'an n'avait plus eu, ni directement, ni indirectement de ses nouvelles. Cependant un missionaire allemand du nom de Fischer, qui se trouvait là par hasard avait trouvé le moyen de faire passer une lettre arrivée ici tout récemment et où il était dit que Sa Majesté, avec laquelle il s'était entretenu la veille ne se faisait aucune illusion sur le sort qui l'attendait et méme avait expr.imé le désir, si l'on parvenait à obtenir son corps, d'étre enterré dans un petit ilot sur les bords de la Dalmatie nommé Macontra, et qu'il paraissait affectionner beaucoup. Ce détail m'est donné au Ministère des Affaires Etrangères.

La Cour a pris le deuil pour 7 semaines. Le voyage à Paris, auquel dans le premier moment de douleur l'Empereur avait renoncé, pourra encore, dit-on, s'arranger par suite des observations de M. de Beust, dont la politique, en présence de la malveillance de la Russie et des allures douteuses de la Prusse, penche de plus en plus du coté de la France. Mais dans tous les cas, le départ de Leurs Majestés ne s'effectuera qu'à la complète expiration du deuil qui, succédant à celui de la malheureuse Princesse Mathilde, est venu plonger toute la Famille Impériale dans une situation d'esprit difficile à décrire.

(l) Ministro della Guerra frances" era il marcsclaJlo Adolphe Nlel.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 456. Berlino, 6 luglio 1867, ore 11,20 (per. ore 11,55).

Prince royal d'Italie part ce soir pour Saint Pétersbourg après une résidence de 4 jours à Potsdam et à Berlin, où il a été comblé de soins et de prévenances par Sa Majesté le Roi de Prusse et par tous les membres de la famille royale. Le prince royal de Prusse s'est particulièrement appliqué à le

conduire partout où un esprit aussi militaire que celui de monseigneur le prince Humbert devait trouver des choses si dignes de ses justes appréciations. Je pars avec Son Altesse Royale.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 44. Berlino, 6 luglio 1867 (per. il 10).

L'impresston produite par la fin tragique de l'Empereur Maximilien a été très profonde ici comme partout. Le Roi, cédant à un mouvement qui répond si bien à ses sentiments élevés, s'est empressé d'adresser ses condoléances à l'Empereur François-Joseph. C'est la première lettre autographe partie de Berlin pour v:enne, depuis la dernière guerre.

Ce fait déplorable est envisagé comme un véritable coup de massue sur le tròne déjà ébranlé de l'Empereur Napoléon. Sans aller aussi loin que certains journaux autrichiens qui voyent déjà le commencement de la fin, absolument comme lorsque les troupes françaises battaient en retraite aux lueurs de l'incendie de Moskou, il n'en est pas moins vrai que c'est un échec, le plus rude de tous peut-étre, pour le prestige de Napoléon III. M. de Thiele la:ssait percer des doutes sur la conservation de la paix méme pour le courant de cette année. La position de l'Empereur des Français serait devenue si fausse en présence des partis qui se disputent le pouvoir ou l'infiuence, qu'une diversion semblait presqu'à prévoir de sa part, pour étayer son autorité. «Qui sait, ajoutait méme confidentiellement le Sous-Secrétaire d'Etat, si la Prusse ne sera pas la première appelée à supporter le contrecoup des événemens du Mexique. Tout au moins les armements se poursuivent-ils en France l>.

Ayant eu l'occasion de parler hier au Roi sur une situation qui ne paraissait pas exempte de dangers sérieux. Sa Majesté me dit: qu'en effet l'avenir ne se présentait pas sous des couleurs assez rassurantes pour les amis de la paix, parmi lesquels Sa Majesté se rangeait. Elle me dit, comme M. de Thiele, que la France armait toujours, que les achats de chevaux en Hongrie ne discontinuaient pas. Cependant, soit à Fontainebleau en présence du Tzar, soit dans un téte-à-téte avec Elle, l'Empereur Napoléon avait exprimé des vues très pacifiques. Il ne voyait aucun motif de guerre entre la France et la Prusse. Dans cet entretien postérieur avec Sa Majesté Prussienne, ce Souverain avait accentué la méme idée à une réserve près: pourvu que la presse ne provoqutlt

pas des conjlits.

Ainsi que je l'ai télégraphié à V. E., Monseigneur le Prince Humbert, dans ces circonstances si douloureuses pour la Cour d'Autriche, renonce pour le moment à se rendre à Vienne.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 462. Zarskoe Selo, 8 luglio 1867, ore 16,10 (per. ore 9,15 del 9).

Prince royal d'Italie vient d'arriver à Zarskoe-Selo. Il a été reçu à la gare par l'Empereur avec cette bienveillance et cordialité dont Sa Majesté a déjà donné tant de preuves dans ses rapports avec la fam lle royale de Savoie (1).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A STOCCOLMA, CORTI

D. 6. Firenze, 9 luglio 1867.

J'ai lu avec un vif intérét votre dépéche du 2 de ce mois (2) par laquelle Vous me rendez compte d'une conversation que Vous avez eue avec M. de .Manderstrom.

J'approuve le langage que Vous avez tenu en cette circonstance: Vous avez parfaitement bien apprécié notre situation politique en démontrant au Ministre des Affaires Etrangéres de S. M. le Roi Charles que l'application de l'ArLcle V du traité de Prague ne saurait intéresser directement le Gouvernement Italien que du moment où l'on voudrait chercher dans ce différend une cause de nouvelles difficultés européennes. Nous comprenons, cependant les appréhensions de M. le Comte de Manderstrom au sujet de la conservation de la paix tant qu'une question aussi compliquée et aussi difficile à résoudre ne sera point aplanie.

A un point de vue général, tout en désirant qu'il soit pris des arrangements donnant une juste satisfact'on aux droits des populations de nationalités différentes et aux intéréts légitimes de deux Etats limitrophes, nous croyons que les Puissances, qui dans les négociations de Vienne de 1864 n'ont pas cru devoir prendre une part plus active en faveur du Danemark, ne sauraient maintenant invoquer un titre légal pour intervenir du moment où la question se trouve bornée à l'appl:cation de l'Article d'un Traité dont l'Autriche et la Prusse sont les seules signataires.

Rien jusqu'ici ne donne lieu à craindre que ce différend puisse suffìre à rallumer entre ces deux Puissances une lutte à peine terminée.

Malheureusement la situation actuelle de l'Europe n'est pas partout également rassurante. Si l'apaisement des esprits avait déjà pu avoir lieu en France et en Allemagne, il est hors de doute que de pareilles questions ne pourraient jamais amener des conflits entre ces deux pays; mais nous ne désesperons pas

de voir cette oeuvre s'accomplir avec le temps. Les informations que le Gouvernement du Roi a reçues de ses Agents à Berlin et à Paris ne cessent d'etre satisfaisantes. En présence des décla!'ations les plus positives qui nous ont été faites, nous sommes autorisés à croire que !es efforts des deux Cabinets sont maintenant d:rigés à prévenir des complications qui nuiraient également aux intéréts bien entendus des deux Etats.

A l'issue des Conférences qui ont eu lieu dernièrement à Londres il n'était point difflcile de prévoir que le simple fait d'avoir réglé par un Traité la question territoriale du Luxembourg ne sumrait pas à changer du jour au lendema'n un état de choses qui jusque là avait mis sérieusement en danger la paix entre deux puissantes nations. Ce fut meme en prévision de la situation qui résulterait pour nous de la position de la France vis-à-vis de ses voisins d'outre Rhin, que je n'ai point hésité, dès le 15 Mai (l) à tracer, dans une dépeche adressée à l'Envoyé du Roi à Paris, la l:gne de conduite que l'Italie devrait suivre dans le cas où de nouvelles complications mettraient en péril le repos de l'Europe. Vous avez eu en son temps communication de cette dépeche qui se trouve parmi celles que j'ai présentées dernièrement au Parlement.

En conformant votre langage à ce qui a été dit dans ce document vous devez surtout vous appliquer à faire remarquer que toujours prets à empècher, s'il est possible, que la guerre n'éclate en Europe, nous chercherions au moins, si nous ne pouvions atteindre ce premier but, à localiser et à resserrer le conflit dans ses limites les plus étroites.

Veuillez exprimer à M. de Manderstri:im l'espoir que dans une politique aussi loyalement et exclusivement paciflque nos propres vues se rencontrent avec celles du Gouvernement du Roi Charles.

(l) -Il 16 luglio Incontri telegrafò: «Le prince royal est parti hier pour Moscou d'où il reviendra dimanche soir. Son Altesse a trouvé partout l'accueil le plus empressé et cordial et se montre très-satisfait de son séjour en Russie ». (2) -Cfr. n. 44.
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L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 11. Washington, 9 luglio 1867 (per. il 25).

La notizia della quale fu mio doloroso dovere rendere informata la E. V. ne venne dappoi confermata, con ogni amp:ezza di dettagli, de' quali, si perché dovranno giungere da fonte più autentica all'E. V., sì perché sìeno rivoltanti all'eccesso, credo dover risparmiarle adesso il racconto. Ora sappiamo che il mal capitato Santa Anna incontrò fato uguale all'Imperatore; il Miramon e Mejia, compagni di prig:onia del Massimiliano, furono messi a morte il giorno appresso.

Secondo che ebbi occasione di esporre all'E. V. il fatto luttuoso e crudele non trovò difensori all'infuori di pochi, nella stampa americana; l'opinione universale rimane, qual fu dal principio, fortemente scossa, e suona riprovazione ed orrore per l'atto malvagio ed inutile. Ora vale aspettare che, acchetati

gli animi, pagato il tributo naturale alla specie, si prenda a considerare con maggior calma, e secondo dettano i pratici interessi, il quid agendum a riguardo del Messico.

Già nel Congresso riunito si presentarono risoluzioni, e si fecero declamazioni non poche, or condannando or approvando l'atto del Juarez. Ma di ciò non monta l'ingerirsi; so:o vuolsi vedere in qual guisa i fatti recenti del Messico, potranno influire sulla politica avvenire degli Stati Uniti.

Alcuni giornali van predicando ormai la necessità di adottare una politica più ferma a riguardo del Messico. Risoluzioni con simile scopo vennero offerte al Senato e alla Camera. Al Segretario di Stato si chiese comunicazione di documenti relativi ai fatti del Messico. Che vuol dir ciò?

Io dirò all'E. V., che per quanto è mia opinione propria, non v'ha dubbio che gli Stati Uniti riguardano il Messico, oggetto di lor desiderii, come un paese che dovrà, presto o tardi far parte di questa vasta Unione, per graduale conquista, o meglio, se si vuole, per successive annessioni, per le quali non mancheranno motivi e pretesti; come già s'iniziarono serii negoziati per la cessione della Sonora, e delle regioni sulle coste del Pacifico, onde stabilirvi una base d'approvvigionamenti, o un punto d'imbarco per i metalli preziosi onde sono ricchLo;;sime quelle provincie; le quali, per essere infestate dagli Indiani, e a gran distanza da ogni luogo abitato, nonché prive d'ogni mezzo di comunicaz:one rimangono infruttifere e deserte.

Le spavalderie americane sono oramai proverbiali in Europa; il Seward, che ben conosce l'umore della gente, nel suo speech a Boston, prometteva ai suoi compatriotti l'impero del mondo fra 50 anni! Egli è certo che la marcia delle idee e delle influenze americane su questo continente, è pos~tiva, irresistibile, fatale. Mancò allo scopo, chi la volle arrestare, e racchiude:rla entro i limiti che già si è conquistati. Oramai quindi dee sapersi quanto si può attendere da gente piena de' suoi trionfi, e che nel fondo considera la fallita impresa messicana come una vittoria propria, e che non tarderà a trar partito dalle discordie dei capi-parte nel Messico, pei quali, non eccettuato il Juarez, non prova né simpatia né tenerezza. Se. per il momento, la politica degli Stati di fronte alla vicina repubblica, sembrerà neutrale e poco inclinevole all'immischiarsi, non è però meno vero, che si veglia attentamente sugli avvenimenti, per profittarne, quando che sia, ad occasione favorevole.

(l) Cfr. serie I, vol. VIII. n. 516.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 17. Firenze, 10 luglio 1867.

La depéche par laquelle, dès le 21 juin (1), vous me rendiez compte de votre premier entretien avec M. de Bismarck à san retour de Paris, ne m'est parvenue que le 6 de ce mais. Je regrette infiniment ce retard, dont vous m'avez expliqué le motif dans une de vas dépéches postérieures. Il a été cause que

j'ai du attendre jusqu'à ce jour pour relever ce que le premier Ministre de S. M. le Roi Guillaume Vous a dit au sujet d'un prétendu traité entre l'Italie et la France.

Bien que la manière avec laquelle M. de Bismarck s'est exprimé avec vous n'exigeait point une réponse formelle de notre part, nous ne pouvons nous dispenser de regretter que S. E. n'ait pas repoussé camme tout-à-fait inadm:ssible une hypothèse directement contraire aux déclarations récentes que vous lui avez faites au nom du Gouvernement du Roi pendant les pourparlers relatifs à la question du Luxembourg.

Je vous prie, M. le Comte, de déclarer à M. de Bismarck qu'il n'existe aucun engagement secret entre l'Italie et la France, que notre action demeure entièrement libre et que nous ne poursuivons·'meme pas de négociations séparées.

Vous connaissez parfaitement bien la situation de notre politique étrangère, dont vous avez toujours été l'interprète fidèle, il n'est dane pas nécessaire que je développe ici longuement quelle doit ètre, à mon avis, la ligne de conduite que l'Italie devrait suivre mème dans le cas regrettable de complications futures. A ce sujet je ne puis que me rapporter entièrement à ce que je vous ai mandé en maintes circonstances et surtout à ma dépèche du 15 mai aqressée au Re·présentant du Roi à Paris, et publiée dans le recueil des documents diplomatiques que j'ai .récemment présenté aU Parlement (l). Cette dépèche, dont un certain parti en France a voulu se servir pour démontrer que la polit:que italienne n'a désormais que des intérets séparés de ceux de la Francè, n'a excité ici aucune opposition ni dans les Chambres, ni dans la presse, tant il est vrai qu'elle contient le programme d'une politique généralement approuvée par le pays.

Je n'ignare point que depu:s quelque temps on parait attacher un prix tout particulier à faire .croire qu'en entrant dans une alliance plus intime et plus em.cace avec la France, l'Italie obtiendrait d'elle un accord tendant à aplanir la plus grave des dilll.cultés actuelles de notre politique étrangère. Il est facheux que de pareils bruits puissent etre propagés; mais en tout cas nous nous fiattons de l'espoir qu'lls ne pourront etre accueillis que par ceux-là mèmes qui n'arrivent point à comprendre la situation respective de l'Italie et de la France dans la question romaine. Ce serait méconnaitre la haute intelligence de M. de Bismarck que de croire qu'il ne se rend pas compte de cette situation. S. E. comprend certainement que si l'Italie devait attendre des complications extérieures la solution de la ques1Jion de Rome, le meilleur parti pour elle serait, non pas d'engager sa politique par un traité, mais bien plutòt de garder envers tous la plus stricte neutralité. Aussi à peine est-il nécessaire que je vous engage,

M. le Comte, à repousser vivement toute idée de connexion entre la question romàine et les rapports de l'Italie avec les autres Puissances en vue des intérèts généraux de la paix européenne. Quelle que soit l'importance que nous attacherions à voir résoudre une dilll.culté morale et exclusivement d'ordre intérieur, nous ne voudrions jamais obtenir la solution d'une pareille question aux d~pens des bons rapports qui rattachent solidement les intérèts nationaux de l'Italie à ceux de la Prusse.

~ ---Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

(l) Cfr. n. 10.

(l) Cfr. serie l, vol. VIII, n. 516.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 256. Firenze, 11 luglio 1867.

Il linguaggio di taluni fra gli Agenti diplomatici della Francia all'estero e sopratutto in Germania, è di tal natura che potrebbero ridondarne dei dubbi circa i veri intendimenti del Governo del Re in certe eventualità. È evidente che noi non avremmo a preoccupare! di siffatte manifestazioni laddove rivestissero il carattere di semplici ap1erezzamenti: ma accadde alcuna volta che esse avessero luogo in circostanze taìi da dare qualche peso ad opinioni contrarie alla realtà e nocevoli agli interessi della nostra neutralità. Mi limiterò ad accennarLe, a tal riguardo, un fatto solo di data recente.

Trovandosi contemporaneamente in presenza di S. A. R. il Gran Duca di Baden il R. Ministro Cavalier Gianotti e l'Incaricato d'Affari di Francia, Barone di Montgascon, questi non esitò ad affermare recisamente essere stato già firmato un Trattato che assicura in qualunque caso la cooperazione dell'Italia. Avendo il Cavalier Gianotti opposto un diniego a siffatta asserzione, il Barone di Montgascon replicò che il Gabinetto di Firenze poteva lasciar ignorare al suo Ministro presso la Corte Granducale le proprie intenzioni e gli impegni assunti, ma che egli aveva a tal riguardo informazioni sicure e positive.

Stimai conveniente di chiamare la sua attenzione su codesto argomento segnatamente a fronte delle voci che ricominciano a spargersi di possibili complicazioni.

La politica del R. Governo non è punto mutata da quella che è tracciata nel dispaccio che Le diressi in data del 15 maggio (1), e della quale Ella non cessò d'essere l'interprete fedele presso il Governo Imperiale. La prego, Signor Cavaliere, di non voler omettere di farne in ogni circostanza oggetto di formale dichiarazione.

SegnandoLe ricevuta de' suoi pregiati Rapporti politici dal n. 475 al n. 481 (2) inclusivamente, e trasmettendoLe qui uniti dieci documenti diplomatici ...

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 483. Parigi, 11 luglio 1867 (per. il 14).

Il signor Thiers, che aveva dapprima annunziato di non voler parlare sul Messico, in seguito all'impressione profonda prodotta dalla notizia della morte di Massimiliano, mutò d'avviso, e pigliata per occasione la discussione generale del bilancio pronunciò su quell'infelice spedizione un discorso che durò quasi

(~) Cfr. nn. 50, 51 ~ 52; gli altri rapporti non sono pubblicati.

50,)

un'intera seduta. L'oratore fece con studiata calma e imparzialità la storia degli incidenti diplomatici, militari e finanziarj di quell'impresa. È inutile quindi di riassumere un discorso di tal fatta: esso tendeva sovratutto a dimostrare che il signor Thiers aveva con molta sagacia preveduto sin dai primi anni le conseguenze ed i pericoli della spedizione, e ad illustrare la tesi che errori così giganteschi non sono possibili che in quelli Stati in cui tutto è abbandonato all'arbitrio di un individuo il quale non gode né tampoco reclama il privilegio dell'infallibilità. Se i corpi costituiti avessero potuto esercitare, a tempo opportuno, un controllo efficace sulle determinazioni del Governo, la spedizione non sarebbe stata fatta. Tale è in ultima analisi la tesi sostenuta dal signor Thiers.

S. E. il signor Rouher, Ministro di Stato, fu molto abile nella sua risposta. Non potendo lodare i risultati, egli cercò di mettere in chiaro le intenzioni del Governo. Da principio non si trattava che di difendere l'onore e gli interessi dei sudditi francesi malmenati al Messico dai Governi presidenziali. L'Inghilterra e la Spagna erano compagne all'impresa, la quale era cominciata con umili auspicj. Senonché le condizioni geografiche ed il clima del Messico facevano sì che la Francia non potesse contentarsi d'occupare uno o più punti del litorale. La febbre gialla faceva stragi a Vera-Cruz; era d'uopo spingersi all'interno. Ma la sola occupazione di Messico poteva fornire il mezzo di costringere il Governo e le popolazioni a venire ad accordi durevoli colla Francia. Intanto un partito ragguardevole per influenza e per numero procacciava di dare al Messico un ordinamento durevole, instaurandovi la monarchia. La Francia favorì, non iniziò né promosse, l'invio di Massimiliano; esso fu chiamato al trono dal libero voto del popolo messicano. Non è vero che il Corpo legislativo non sia stato partecipe o consapevole della spedizione; egli fu consultato a tempo ed approvò a più riprese la condotta del Governo. E se questi richiamò le sue truppe, se non si ostinò nei suoi disegni primitivi, non è questa una prova dell'ossequio del potere esecutivo verso l'opinione pubblica la quale s'era mostrata inquieta delle spese e del sangue versato al Messico? Massimiliano fu esortato dall'Imperatore a desistere; cedendo a sentimenti eroici egli non volle separare il suo destino da quello della nazione che lo aveva eletto a Sovrano. Per quanto deplorabili sieno le conseguenze, il Corpo legislativo deve dunque riconoscere che le intenzioni furono ottime, e che circostanze imprevedute, inevitabili impedirono di raggiungere lo scopo.

Quest'imperfetta analisi non può dare nemmeno lontana idea dell'abilità dell'oratore il quale seppe mettere un velo su mille incidenti pericolosi e di spiegazione quasi impossibile. Certo il signor Rouher non può lusingarsi di aver giustificato pienamente, né sovratutto durevolmente il Governo. L'opinione pubblica non approvò mai il concetto della spedizione: la condanna ne era irrevocabile anche prima che si potesse prevedere con quali funeste e tragiche conseguenze essa avrebbe avuto termine. Ma i discorsi dei signori Thiers e Rouher non sono che un modo oratorio di seppellire con tutta la pompa dell'eloquenza uno dei più amari episodj del secondo Impero. La discussione non potendo avere alcun risultato pratico, la Camera, dopo aver udito due acerbi discorsi del signor Giulio Favre, adottò la chiusura alla quasi unanimità.

(l) Cfr. serle I, vol. VIII n. 516.

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IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 65. Vienna, 11 luglio 1867.

J'ai l'honneur d'accuser réception à V. E. et de La remercier de Sa dépéche du 4 courant, S.P. n. 42 (l), à laquelle étaient joints deux documents diplomatiques relatifs aux affaires d'Orient. L'un de ces documents étant cette méme note du Ministre des Affaires Etrangères de la Sublime Porte aux grandes Puissances, dont je donnais l'analyse dans ma dépéche du 29 Juin dernier (2), je crains que peut-étre cette dernière ne soit pas régulièrement parvenue à

V. E. Je dois également Lui accuser réception de Sa dépéche portant la méme date (S.P. N. 43) (l) et conformément aux instructions qu'elle renfermait je me suis empressé d'informer le Gouvernement Impérial que, par suite de la mort de S. M. l'Empereur Maximilien, le Roi Notre Auguste Souverain, avait ordonné que la Cour de Florence prendrait le deuil pour 20 jours. A ce propos je dois informer V. E. que, outre l'Empereur des Français, dont j'ai déjà fait connaitre le télégramme extrémement sympathique adressé à l'Empereur, plusieurs autres Souverains entr'autres la Reine d'Angleterre et le Roi de Prusse ont fait parvenir à Sa Majesté des lettres autographes de condoléance. L'Amiral Tegetthoff vient de recevoir la délicate mission d'aller au Mexique réclamer le corps de l'Empereur Maximilien. Il passera d'abord à Paris puis à Londres pour obtenir l'appui de ces deux Gouvernements; de là il se rendra à Washington où la connaissance intime qu'il a faite, dans son récent voyage en Amérique de M. Seward, lui donne lieu d'espérer une a!de efficace dans l'objet de sa mission. La frégate «Novara» ira l'attendre à la Vera-Cruz où déjà stationne l'« Elisabeth », ce bàtiment dont le Commandant Groller a été le premier à transmettre la nouvelle de la fin tragique de l'Empereur.

Il est de plus en plus certain que, à l'expiration du deuil de 7 semaines que la famille Impériale veut passer dans le plus profond recueillement, l'Empereur se rendra à Paris accompagné de lVI. de Beust qui tient essentiellement à ce voyage et en fait bien positivement l'une des bases de sa future politlque à l'extérieur.

Si dans le premier moment où la fatale nouvelle est arrivée l'an a écrit au Prince de Metternich à Paris que Leurs Majestés renonçaient à leur visite à la Cour des Tuileries, c'était surtout pour donner une espèce de satisfaction à la douleur de l'Archiduchesse Sophie qui dans l'excès de son désespoir appelait l'Empereur Napoléon le << meurtrier de son fils ». Sans étre moins profondément affligée, Son Altesse Impériale est aujourd'hui plus calme, et le voyage à Paris est venu de nouveau se présenter comme une nécessité politique. Seulement la question aujourd'hui est de savoir si, comme cela entrait dans le projet primitif, l'Impératrice accompagnerait Sa Majesté. Là-dessus il n'y a pas encore de décision prise. Le Président du Conseil fait tout ce qu'il peut pour que l'on ne

change rien aux premières intentions. Il pense avec raison que la beauté remarquable de Sa Majesté, sa gràce exquise et le charme irrésistible qu'Elle exerce sur tous ceux qui l'approchent. produiront leur effet habituel à la Cour des Tuileries, et ne pourront qu'etre un élément de succès de plus pour sa politique. Quoi qu'il en soit, il ne saurait plus etre douteux qu'en se rendant à Paris,

M. de Beust a pour but arreté de chercher à s'entendre directement avec l'Empereur Napoléon sur les questions extérieures; et, persuadé camme il l'est que les récentes entrevues avec l'Empereur de Russie et le Roi de Prusse à Paris n'ont absolument rien changé à leur situation respective vis-à-vis de l'Empereur des Français, il a d'autant plus l'espoir fondé d'obtenir un meilleur résultat en faveur d'une entente plus intime entre l'Autriche et la France (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 32.
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IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 66. Vienna, 11 luglio 1867.

Dans un de ses récents rapports, le Prince Metternich mande qu'il a trouvé Fuad Pacha assez conciliant et tout disposé à entrer dans une vaie pratique de concessions, de nature à améliorer sérieusement la situation des chrétiens en Orient. Il ajoute que d'après ce que lui a confl.é le Ministre ottoman, l'Empereur Napoléon, dans une de ses premières conversations, lui aurait insinué que si la Porte consentait à céder Candie à la Grece, l'on aurait pu lui assurer l'intégrité de tout le reste de l'Empire. Fuad-Pacha a la'ssé tomber, sans y répondre, cette insinuation, mais en en faisant part ensuite au Prince Metternich, il lui a dit que si l'Empereur jugeait cette amputation nécessaire c'était à lui à s'en charger et à se procurer en meme temps le chloroforme indispensable à l'opération.

64

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI

T. 273. Firenze, 12 luglio 1867, ore 17,25.

Nigra mande que la France a demandé des éclaircissements sur la réponse de la Porte, qu'elle dit ne pas comprendre. Nous attendons les communications

Ne voyant point q;.ti menace en ce momcnt l'Autrichc la politique de l\1. dr Beust a l'étranger ne nous rassure polnt. Le voyage à Paris seralt à nos veux un événement déplorablesi au lleu de consolider l'l paix que nous désirons plus que .iamals voir conservée, il ne devait servir qu'à préparer la guerre.

Le voyage du Prince Humbert à Vienne est revenu ces jours-ci sur le tapis comme devant avoir lieu prochainement. N'en dites rien pour le moment. Ce renseignement vous explique mon télégramme du 17 >>.

que la France nous a promises après la réponse de Fuad pacha pour nous décider. Mais vous pouvez dès-à-présent assurer le prince Gortchakotr que si les Puissances proposent le sauvetage ce ne sera pas nous qui y ferions opposition.

(l) Cfr. il seguente annesso cifrato al d. 49 inviato a Barrai il 19 luglio: « Jc vous remercie des nouvelles politiques contenues rians vos dépèches.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 9. Costantinopoli, 12 luglio 1867 (per. il 19).

Una nave da guerra Ottomana fatta partire a bella posta da Canea recava qui il giorno 9 il dispaccio di Omer Pacha di cui ebbi l'onore di trasmettere un sunto a V. E. col mio telegramma di avanti ieri (1).

Ecco ad un di presso in qual modo si esprime il Serdar Ekrem:

«Ieri 6 luglio sbarcammo a Castelfranco (distretto di Sfakia). Oggi abbiamo attaccato gli insorti, li abbiamo battuti e messi in fuga. Le nostre truppe hanno occupato le più alte montagne di Sfakia. Gli insorti si sono rifugiati nelle grotte ave noi li abbiamo bloccati. Abbiamo occupati parecchi villaggi e disarmatine gli abitanti. Le nostre truppe lanciarono dei razzi dalle loro nuove posizioni per festeggiare la vittoria. Il successo ottenuto sorpassa ogni previsione e le istruzioni che aveva ricevute. P. S. Quasi tutti i distretti hanno fatto la loro sottomissione. Il disarmo progredisce quasi dappertutto sotto i migliori auspici e con gran successo».

Pel momento è dimcile il presagire quali conseguenze recherà questo trionfo delle armi Ottomane.

Senza accordargli l'importanza decisiva che vuol attribuirgli la Sublime Porta, la quale crede la quistione dell'insurrezione come interamente finita, è d'uopo però confessare che questo fatto d'armi è un grave colpo portato alla causa degli insorti Cretesi. Resta ora a vedere se il rapporto di Omer Pacha sia conforme al vero, o se, nell'esaltamento della vittoria, il Generalissimo nar. si sia esagerata la portata del successo ottenuto.

Comunque sia, ho stimato opportuno di far esprimere col mezzo del Cav&. lier Vernoni a S. A. il Gran Vlzir la fiducia che io nutriva che il Governo Ottomano, facendo uso di quella generosità che non deve mai venir meno nel vincitore dinnanzi al vinto, saprebbe trovar modo di risparmiare la vita di quegli insorti che si sono rifugiati nell'interno delle grotte. Aali Pacha rispose assicurando che la Sublime Porta, animata da sentimenti di umanità verso i Cretesi, non abuserà della vittoria e che in tale intento erano già stati spediti ordini precisi a Omer Pacha di tentare tutte le vie per distogliere quegli infelici da una resistenza inutile e fatale.

(l) Non pubblicato.

66

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 10. Costantinopoli, 12 luglio 1867 (pet. fl 19).

In questi giorni s'era qui sparsa con insistenza la notizia d'armamenti nel Principato di Serbia. Parlavasi di parecchie migliaia di fucili giunti di fresco a Belgrado, dell'invio del Generale Russo Tchernaiew, incaricato d'una missione segreta, presso il Principe Michele, dell'arrivo di umciali Russi, collo scopo di prendere servizio nell'esercito Serbo.

Feci domandare al Gran Vizir se v'era qualcosa di fondato in queste voci. Egli mi rispose che tali notizie gli erano state effettivamente comunicate da persone autorevoli, che il Generale Ignatiew aveva però smentito categoricamente la missione del Generale Tchernaiew. Soggiunse che era in traccia d'informazioni precise su questi rumori, e che, in caso si confermassero, la Sublime Porta si riserverebbe di chiederne spiegazione al Governo Serbo.

67

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 19. Firenze, 13 luglio 1867.

Nel suo dispaccio del giorno primo di questo mese (1), esponendo lo stato della questione del Nord dello Schleswig, Ella mi indica un punto di più fra l tanti che purtroppo potrebbero in breve ora dare appiglio a gravi conftitti.

Tutti gli apprezzamenti contenuti nella recente di Lei corrispondenza circa la generale situazione delle reciproche relazioni politiche delle grandi Potenze, sono pienamente avvalorati dagli indizi di una profonda generale agitazione de' quali Ella troverà non pochi cenni anche nei documenti diplomatici che ebbi a trasmetterLe in questi ultimi tempi.

In presenza d'uno stato di cose cosi direttamente contrario agli interessi suoi, il Governo Italiano non cessò mai dal dichiarare in ogni occasione quali siano i veri intendimenti che lo animano. Tenendosi strettamente al programma che ha tracciato a se medesimo, e benché risoluto di rimanere all'infuori di ogni conftitto egli non deve però omettere di fare ogni sforzo per prevenire nei limiti della sua politica influenza qualsiasi perturbazione che potrebbe eventualmente cagionare in Europa pericolosi sconvolgimenti.

È cosa veramente spiacevole che appena calmata l'effervescenza prodotta dalla questione del Lussemburgo già s'abbia a veder rlsorgere un'altra vertenza la quale impegnando l'Austria e la Danimarca contro la Prussia sembra per ciò stesso trovare un'eco di simpatie nei mal sopiti rancori di un'altra potente

nazione. Verità esige si dica che le dimostrazioni fatte recentemente dal Rigsdag Danese e le invocazioni periodiche dirette alla Francia dal giornale francese di Copenhagen, noto pel suo carattere ufficioso, non sono cose fatte per facilitare gli accordi in un affare purtroppo già di per sé complicatissimo.

Prima però che alle difficoltà presenti altre si aggiungano, e prima che la questione esistente si muti in vero conflitto, non sarebbe egli possibile che la Prussia stabilisse essa stessa per propria ed esclusiva iniziativa i termini di una giusta soluzione?

È desiderio mio che trovandosi Ella a conversare con chi regge gli affari esteri della Prussia, s'applichi con insistenza a dimostrare quale titolo di vera e solida riconoscenza s'acquisterebbe la Prussia togliendo di me:.>;zo prontamente una cagione di pericoli che tiene ognora sospesi gli animi di coloro i quali, come noi, sentono bisogno di tranquillità, ed apprezzano anzitutto i benefizii della pace.

I grandi progressi che il principio sul quale è fondata la nostra ricostituzione nazionale ha ormai fatto in Europa, consentono appunto, e suggeriscono forse alla Prussia di seguire, nella questione del Nord dello Schleswig, una politica larga inspirata principalmente dal desiderio di consolidare ed accrescere in un lungo periodo di pace i vantaggi diggià ottenuti.

P. S. Annessi i documenti diplomatici nn. 167, 168, 169 e 170.

(l) Cfr. n. 42.

68

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. 43. Firenze, 13 luglio 1867.

Le invio oggi copia di varii documenti diplomatici sui quali chiamo tutta la di Lei attenzione. Dalla lettura dei medesimi Ella potrà vedere come nuovi pericoli di dissidii politici fra la Francia e la Prussia siano ormai a temersi e come la questione dello Schleswig Settentrionale vivamente agitata nella stampa francese e nelle sfere governative in Danimarca potrebbe eventualmente dare ad essi causa o pretesto.

Non è mestieri ricercare con qual fondamento una questione la quale ormai ripete la Stla soluzione esclusivamente dal Trattato di Praga stipulato fra la Austria e la Prussia potrebbe prestar argomento a discussione fra quest'ultima e la Francia, Il vero è che anche di siffatta vertenza sembrano . voler trar partito. coloro 1 quali si .affaticano a produrre in Europa una guerra.. che senza giovare ad alcuno in particolare riuscirebbe certamente funesta ai generali interessi.

Le esigenze della nostra situazione interna essendo pur sempre quelle stesse ch'Ella già conosce, noi siamo risoluti di non dipartirei dal cammino che abbiamo seguito in questi ultimi tempi. Nutriamo fiducia d'incentrarci in questa via colla Gran Bretagna e di poter procedere con essa nel propugnare una politica seriamente pacifica intenta soltanto a prevenire ed a rimuovere in tempo le difficoltà che potrebbero far sorgere nuove complicazioni fra gli altri. Stati.Europei.

Forse a quest'ora il Gabinetto britannico vedendo come il contegno del Governo, delle Camere e· della stampa umciosa in Danimarca, potrebbe suscitare in Prussia ostacoli gravissimi ad un'equa soluzione della vertenza dello Schleswig, avrà stimato essere ormai venuto il tempo di far sentire al Gabinetto di Copenhagen quale immensa responsabilità esso assumerebbe eccitando l'una contro l'altra due potenti nazioni, ed avversando per conseguenza lo scopo che si proposero le Potenze riunite a Londra nel compiere la loro opera di conciliazione e di pace.

La Gran Bretagna pella sua speciale posizione travasi in condizioni favorevolissime per esercitare a Copenhagen una giusta e pacifica influenza, e noi siamo convinti che ave sin d'ora volesse Essa adoperarsi in questo senso acquisterebbe un nuovo titolo alla riconoscenza di tutti gli Stati che come noi desiderano seriamente veder allontanata ogni probabilità di guerra.

Ella dovrà pertanto ·1>ignor Marchese procurare di avere con Lord Stanley una confidenziale conversazione a questo riguardo ed io la autorizzo ad esprimersi apertamente nei sensi sovra indicati.

69

IL M.INISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 67. Vienna, 14 luglio 1867.

Les journaux autrichiens font grand bruit d'une dépèche du Ministre de Prusse ici, dont la publication est due à une indiscrétion et dans laquelle, après avoir émis l'opinion que le développement ultérieur du dualisme amènerait plutòt un affaiblissement de l'Autriche que san raffermissement, il affirme que pendant san séjour à Paris, les plus hauts personnages hongrois lui ont exprimé beaucoup de sympathies et une très grande reconnaissance envers la Prusse à laquelle ils font remonter la cause principale de leur changement de régime politique, et qu'ils regardent camme devant ètre dans l'avenir leur protectrice immédiate contre les tendances dominatrices de Vienne.

Cette dépéche était tellement compromettante pour le Ministre Prussien que les journaux officieux de Berlin se sont empressés de la démentir. Mais le fait de san envoi est aussi certain que les allégations qu'elle renferme sont inexactes. En ef!et, en supposant que le système de dualisme ne réussisse pas, ce ne sera point une cause de plus grande faiblesse pour l'Autriche qui au contraire n'a commencé à se relever que depuis qu'elle est entrée dans cette voie. Quant .à la reconnaissance des Hongrois envers la Prusse et à leur prétendue confìance dans cette Puissance pour les protéger contre la domination de Vienne, ce sont là des assertions d'autant plus erronées que, précisément dans ce moment, toute la presse hongroise, en vue des complications qui peuvent naitre dans l'avenir, se prononce avec un très grande vigueur pour une alliance avec la France contre la Ptusse et la Russie que tout le monde aujourd'hui croit liées par un traité secret.

Pour en. venir mainten.ant à la connaissance des circonstances qui ont amené la publication de cette dépèche, parue d'abord dans un journal français, l'on croit qu'elle avait été envoyée par M. de Bismarck aux dlfférentes Légations prussiennes, et que, ayant été communiquée à un Agent français, celui-ci l'a envoyée à son Gouvernement qui l'a Iivrée à la publicité dans le but de démontrer toujours davantage à l'Autriche Ia nécessité d'une alliance avec la France (1). Telle est du moins l'interprétation donnée à cet incident qui a produit une certaine émotion dans le Corps diplomatique et va rendre encore plus délicate la position déjà si difficile du Baron de Werther.

L'on attend ici l'arrivée du Sultan pour le 25 courant, l'itinéraire arreté à l'avance par Sa Majesté Impériale, comportant son retour à CGnstantinople par le Danube, Elle a fait dire à l'Empereur que, vù les circonstances douloureuses dans lesquelles se trouvait la Famille Impériale, Elle désirait garder l'incognito, et ne s'arréterait que le temps nécessaire pour faire une visite à Sa Majesté. Malgré l'expression de ces intentions, dictées par un sentiment de délicatesse, il paraìt cependant que Sa Majesté Impériale restera trois jours ici, et qu'Elle assistera à une revue de troupes et à un spectacle gala. En me faisant part de ce qui précède, l'Ambassadeur turc m'a dit sans entrer dans aucun détail, que Sa Majesté Impériale était on ne peut plus satisfaite des résultats obtenus par Son séjour a Paris.

La Reine des Belges, après avoir été visiter la Famille Impériale à Salzbourg, s'est rendue à Miramar auprès de la malheureuse Impératrtce Charlotte qu'Elle a l'intention de ramener à Laeken dans l'espérance que la vue des lieux où s'est passée son enfance exercera une heureuse influence sur son esprit. Ce n'est point l'opinion du meilleur aliéniste de Vienne qui est allé visiter la Princesse et pense que par suite des hallucinations dont Elle est constamment obsédée, son état est incurable.

P. S. J'apprends de bonne source que l'Empereur Napoléon se propose positivement de venir ici avec l'Impératrice faire une visite à la famille Impériale, qui sans que sa douleur soit encore diminuée, parait très touchée des nombreux témoignages de sympathie et de profonds regrets que lui a fait parvenir la Cour des Tuileries.

70

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, A VIENNA, DE BARRAL, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO. INCONTRI

D. (2). Firenze, 16 luglio 1867.

Par sa dépéche du 18 Mars dernier (3) mon prédécesseur au Ministère des Affaires Etrangères a porté à votre connaissance que la Sublime Porte avait

Barrai rispose Il 26 luglio: <• L'on ne connalt point Ici !es noms dea dlplomates français et prusslens, dont l'indlscrétlon a amené la pub!lcation de la dépèche Werther » (annesso al

r. 77).

reconnu le droit de l'ltalie à prendre part aux affaires concernant la Syrie et le Liban toutes les fois que le concours des autres Puissances serait nécessaire.

Le bon accueil que cette nouvelle a trouvé auprès du Gouvernement ... Iorsque vous avez été chargé de la lui communiquer, ne me laisse aucun doute sur son intention de donner à son représentant à Constantinople et à son Consul Général en Syrie les instructions nécessaires pour qu'ils aient à reconnaitre, le cas échéant, au représentant italien auprès de la Sublime Porte et au Consul Général du Roi à Beyrouth le droit de prendre part à toutes les conférences et à toutes les délibérations a.-uxquelles les affaires de Syrie et du Liban pouNaient donner lieu.

Pendant que de mon còté je viens d'écrire au Consul Général d'Italie à Beyrouth de communiquer officiellement à ses collègues une copie de la note que S. E. le Gouverneur Général du Liban lui a a.-dressée pour lui faire part de la décision prise par la Sublime Porte au sujet de notre admission, je vous prie de demande,r à ... de vouloir bien donner des instructions à Constantinople et Beyrouth afin qu'aucune espèce de doute ne soit plus possible à cet égard.

(l) Cfr. 11 seguente annesso cifrato al d. 50 di Ullsse Barbolani a Barrai del 28 luglio: «Je vous prle de me dire le nom dea dlplomates français et prusslens sur lesquels tombe la fautc de l'lndiscrétlon commise par la publicatlon de la dépéche dc M. de Werther. Il est toujours bon de connaltre quel degré de sur~t<' ont !es rapports que l'on peut étre appelé à entretenlr avec !es personnages dlplomatlques ».

(2) -Il dispaccio venne Inviato a Londra col n. 44, a Parigi col n. 258, a Vienna col n. 47 e a Pletroburgo col n. 81. (3) -Non pubblicato.
71

IL MINISTRO A CARLSRUHE, GIANOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (l) Baden, 17 luglio 1867 (per. il 20).

J'ai voyagé en chemin de fer avec le Prince Guillaume de Bade. Il n'a pas dans les Gouvernements de Wurtemberg et de Bavière la méme dose de confiance que pa·rait avoir Baron de Freydorf. Le Prince pense que la France trouvera de faciles alliés, dans le cas où elle se décidera à la guerre contre la Prusse. Il m'a dit que le plénipotentiaire militaire prussien à Munich a une position impossible, comme s'il n'était pas dans un pays allemand, comme s'il était au Japon. Son Altesse a dit aussi que, lors de son séjour à Berlin, Elle a exprimé au Roi de Prusse l'opinion que la question allemande ne pourrait étre résolue favorablement que si les Gouvernements de Munich et de Stuttgard n'étaient culbutés et supprtmés. Prince Guillaume de Bade croit la guerre plus que probable l'année prochaine.

72

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE S. N. Berlino, 18 luglio 1867 (per. tl 24).

Je crois devoir mander sans retard à V. E. qu'il me revient d'une source très confidentielle, mais certaine, que, dans l'absence de M. Benedetti, le chargé d'affaires de France vient de recevoir de la part de son Gouvernement des instructions sur la question des districts du Schleswig à rendre au Danemark.

Le Marquis de Moustier vient de lui adresser une dépéche, dans laquelle ce Ministre exprime les vues du Gouvernement français favorables au Cabinet Danois, et ses regrets de voir les retards que met la Prusse à remplir les engagements pris à cet égard par le traité de Prague. Je crois méme, mais je ne saurais l'affirmer très positivement, que le Marquis de Moustier se plaint des demandes de garanties pour la partie de la population allemande, que la Prusse a adressées dernièrement à Copenhague. M. Lefebvre, chargé des affaires de France, a été chargé de conformer son langage aux idées qu'on vient de lui exprimer dans ses conversations avec M. le Ministre des Affaires Etrangères. Cette démarche du Gouvernement Français n'implique aucune idée d'entente avec d'autres Puissances, ni d'action collective.

M. le Comte de Bismarck étant encore dans ses terres de Poméranie, j'ai appris que M. Lefebvre a eu un entretien avec le Sous-Secrétaire d'Etat M. de Thiele, dans lequel il s'est conformé aux instructions reçues, en tenant toutefois un langage aussi modéré et aussi courtois que celui de la dépéche qu'il a reçue.

Je mande ces informations à V. E. de la manière la plus confidentlelle. Il est évident que si, comme il est très probable, elles seront bientòt connues du public, la presse ne manquera pas d'envenimer les rapports des deux Gouvernements. Jusqu'à présent cependant rien n'indique, de la part de la France, l'intention de sortir du terrain diplomatique.

Il faut néanmoins reconnaitre que cette question des districts du Nord du Schleswig a déjà subi deux phases sur ce terrain. La première a été ouverte par l'article V du traité de Prague, par lequel la Prusse s'est engagée à rendre ces districts au Danemark. Sur ce point les feuilles danoises semblaient réclamer la cession du territoire jusqu'à une ligne tirée au sud de Flensburg, tandis que les journaux allemands soutenaient que la Prusse ne se séparerait jamals de ses conquétes, et surtout ni de Diippel, ni de l'ile d'Alsen.

Mais la note adressée par M. de Heydebrand, Ministre de Prusse à Copenhague au Comte Frijs en date du 18 juin échu, contenant les demandes de la Prusse sur les garanties à donner par le Danemark à la partie allemande de la population, et sur la dette que ce royaume devrait prendre à sa charge, a paru changer tout à coup la question. Le Danemark ayant tout intérét à éviter de répondre sur ce point, et à laisser à la Prusse le soin de s'expliquer la première sur l'interprétation à donner au traité de Prague et sur la portée du territoire qu'elle entend céder, n'a donné, parait-il aucune réponse officielle à cette Note qul

déplaçait la question et pouvait impliquer à l'occasion une immixtion de la part de l'Allemagne dans les affaires intérieures danoises. On a pu voir depuis lors dans le Cabinet de Copenhague l'intention de susciter une question européenne, qui certes venant après celle du Luxembourg, pourrait menacer de troubler la paix générale.

La dépèche de M. Moustier s'adressant maintenant à la Prusse tend évidemment à ramener la question sur le premier terrain.

Il est également positif que le Danemark n'ayant plus à craindre de perdre d'autres territoires par son attitude menaçante, se trouve naturellement porté à s'adresser à l'Europe. C'est là l'explication donnée généralement aux

articles violents de ces derniers jours des journaux danois, auxquels ceux de Berlin ne manquent de répondre chaque jour.

D'un autre còté j'entends affirmer que la Prusse ne saurait désirer maintenant une guerre avec la France, ni ses Etats, ni son armée après les nouvelles annexions n'ayant encore la cohésion qu'ils auront plus tard. Sa politique a contre elle dans les anciennes provinces les démocrates ou (pour me servir du terme local) les progressistes, et par un singulier contraste, dans les nouvelles provinces et dans les Etats confédérés les conservateurs. Les premiers après la guerre contre l'Autriche ont perdu beaucoup de terrain, comme le prouvent les élections pour le Reichstag où ils sont une minorité presque obscure, et forment un parti plus remuant qu'homogène. Mais les partisans des anciennes dynasties, et les catholiques, voir méme ceux de Westphalie, pourraient bien, ainsi qu'il me revient de bonne source, aux premiers revers des armes Prussiennes, offrir au Gouvernement de sérieux embarras, ce parti étant malheureusement toujours prét à tendre la main à l'étranger.

Une dépéche télégraphique imprimée dans les journaux d'aujourd'hui annonce que le Prince Napoléon se rendrait en mission à Copenhague. La Borsen Zeitung dans un article où elle se lance à une violence de langage contre ce Prince que rien ne saurait excuser, ajoute toutefois que cette nouvelle, dont on ne pourrait se dissimuler ,la gravité, mérite confirmation. A l'Ambassade de France on ne sait rien à ce sujet.

La pétition des 426 Allemands établis en Danemark en faveur du gouvernement sous lequel ils vivent a été le sujet d'articles très violents de la part de la presse d'ici.

Le Gouvernement prussien vient de rappeler M. Magnus son Ministre au Mexique. Cette décision a été fortement attaquée par les journaux de l'opposition. Ceux amis du Ministère leur ont répondu qu'en dehors de toute considération politique, ce rappel était rendu indispensable par la mort de l'Empereur du Mexique, auprès de la personne duquel M. Magnus était accrédité.

L'Ambassadeur de France est en congé pour quelques mois. M. de Thiele m'a dit qu'il n'attendait le Comte de Bismarck qu'aux premiers jours du mois prochain (l).

(l) Al r. 96, non pubblicato.

73

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 487. Parigi, 18 luglio 1867 (per. il 22).

Con dispaccio di Serie politica n. 256, dell'll luglio corrente (2), l'E. V. chiama la mia attenzione sul linguaggio di taluni fra gli agenti diplomatici

della Francia all'estero, linguaggio che tenderebbe a far credere che l'Italia ha fin d'ora impegnato la sua azione futura in favore della Francia in certe eventualità. L'E. V. m'incarica col medesimo dispaccio di fare all'occorrenza nuove dichiarazioni nel senso del suo dispaccio del 15 maggio scorso O).

In conformità di queste istruzioni, io mi recai oggi dal signor Marchese di Moustier e segnalai a questo Ministro il linguaggio degli agenti francesi o almeno quello tenuto da alcuni di essi, principalmente in Allemagna, nel senso indicato dal di Lei dispaccio. Ho giudicato conveniente di non indicare nessun nome proprio, sia in ragione della riserva che è utile d'usare in comunicazioni di simile natura, sia per non compromettere la sorgente delle informazioni trasmesse all' E. V.

Nel partecipare questo fatto al Ministro Imperiale degli affari esteri, soggiunsi ch'io era specialmente incaricato dall'E. V. a dichiarare che la politica del R. Governo non era punto mutata da quella che era tracciata nel dispaccio del 15 maggio, il cui contenuto era stato a suo tempo portato a notizia di S. E.

Non esitò un istante il Marchese di Moustier ad assicurarmi che disapprovava un tale linguaggio e che non poteva persuadersi che Agenti diplomatici francesi avessero potuto emettere tali affermazioni, quali sono indicate nel precitato dispaccio ministeriale. Egli mi asseverò che nessun indizio di tali discorsi era stato da lui trovato nella corrispondenza degli agenti francesi all'estero ed aggiunse che un simile >linguaggio era tanto più sconveniente ed inopportuno ed infondato in quanto esso si riferisce ad una eventualità di cui il Governo francese non crede che sia il caso di preoccuparsi. n Marchese di Moustier terminò la sua risposta col dirmi, che se fosse stato il caso di preoccuparsi dell'eventualità di una guerra, la Francia si sarebbe lusingata di non aver l'Italia contro di sé, e che il linguaggio del Governo Imperiale non aveva mai potuto, né potrebbe ora, oltrepassare i limiti di questa fiducia in tal modo espressa.

(l) -Con r. 497 del 28 luglio .\rtom comunicò: «Il Moniteur d'oggi smentisce nel modo più positivo l'esistenza di una nota indirizzata dal Governo francese al Gabinetto di Berlino, cosi sulla questione dello Schleswig come su qualunque altra questione politica. Questa dichiarazione del giornale ufficiale ha per !scopo eli far cessare l'agitazione mantenuta artificialmente alle borse di Berlino e di Parigi dalle voci di discussioni irritanti fra la Francia e la Prussia. A quanto si suppone, il Conte di Bismarck avrebbe profittato di questi rumori per ottenere una maggioranza favorevole al Governo prussiano nelle prossime elezioni al Parlamento della Confederazione del Nord». (2) -Cfr. n. 60.
74

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 488. Parigi, 19 luglio 1867 (per. il 22).

Com'ebbi l'onore di scrivere all'E. V. in precedente dispaccio, il Marchese di Moustier aveva domandato a Djemil Pascià e a Fuad Pascià, se la risposta della Porta alla Nota collettiva delle Potenze costituisse un rifiuto della domandata inchiesta, ovvero un'accettazione con o senza condizioni. Al momento in cui scrivo, il Marchese di Moustier non ebbe ancora nessun riscontro alla sua domanda. Fuad Pascià s'era riservato di scriverne ad Ali Pascià a Costantinopoli, sia per avere l'avviso di questo personaggio in cosa di così grave momento, sia anche per avere il tempo dì rendersi conto delle disposizioni dell'Inghilterra, dove appunto doveva recarsi il Sultano col suo seguito.

Prima però che Fuad Pascià andasse a Londra, il Marchese di Moustier ebbe con questo Ministro un lungo abboccamento nello scopo di ben persuaderlo della necessità in cui il Governo Ottomano è d'accettare l'inchiesta, anzi di prenderne esso stesso l'iniziativa senza ritardo. All'obbiezione opposta da Fuad Pascià e basata sulla presenza dei volontari! Greci in Creta, il Marchese di Moustier avrebbe risposto che forse la partenza da Creta di questi volontarii si sarebbe ottenuta se dal suo lato la Turchia consentiva a ritirare il suo esercito. Tutti gli argomenti svolti dal Marchese di Moustier per condurre la Porta all'accettazione dell'inchiesta furon da questo Ministro consegnati tn un dispaccio diretto all'Ambasciata di Francia a Costantinopoli, del quale sarà mandata copia al Barone di Malaret perché la comunichi all'E. V.

L'impressione del Marchese di Moustier è che la Porta si risolverà ad accettar l'inchiesta.

Ho domandato al Ministro Imperiale degli Affari Esteri quale potesse essere, a suo avviso, il risultato immediato d'un rifiuto eventuale della Porta. Il Marchese di Moustier pensa che se, contro ogni aspettativa, il Governo Ottomano rispondesse con un rifiuto decisivo, il Gabinetto di Pietroburgo si risolverebbe a mandare una flotta intorno all'isola di Candia, e non dubita punto che nessuna fra le Potenze garanti si deciderebbe ad impedimelo.

(l) Cfr. serle I. vol. VIII, n. 516.

75

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 71. Vienna, 19 luglio 1867.

Dans le post scriptum de ma dépeche n. 67 (1), j'avais l'honneur d'informer V. E. que probablement l'Empereur et l'Impératrice des Français prendraient l'inltiative d'une visite ici pour exprlmer à la famille Impériale leurs sentiments de condoléance. Il n'est pas douteux que l'Empereur Napoléon en a parlé dans ce sens au Prince Metternlch, et que méme Sa Majesté avait fixé la date des premiers jours d'Aollt pour son voyage. Mais depuis lors, l'on a réfiéchi de part et d'autre que Leurs Majestés de France, n'ayant jamais eu l'occasion de connaitre auparavant l'Archiduchesse Sophie, mère du malheureux Maximilien, une première entrevue dans des circonstances aussi douloureuses serait extrémement pénible pour Son Altesse Impériale aussi bien que pour Leurs Majestés; et que au lieu d'apporter un soulagement à son violent désespoir, l'on ne ferait que le raviver, en la mettant en présence de celui qui bien involontairement a contribué à amener le terrible dénouement.

Sans qu'on me l'alt dit, j'ai erti comprendre que, tout en étant fiatté de la visite Impériale, l'on voudrait trouver le moyen d'éviter l'entrevue avec l'Archiduchesse Sophie; mais la chose est extremement délicate; et il semble que si le projet de visite n'a pas été complètement abandonné, l'on aurait cependant

reconnu qu'il fallait tout au moins le remettre à plus tard, par exemple, au retour du Camp de Chalons.

Quant au voyage de l'Empereur et de l'Impératrice d'Autriche à Paris, il est désormais décidé et s'effectuera à J'expiration du grand deuil. Outre M. de Beust, M. Andrassy, le chef du Ministère hongrois, accompagnera également Leurs Majestés (1).

(l) Ctr. n. S9.

76

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R..R. CONFIDENZIALE S. N. Parigi, 20 luglio 1867 (per. il 23).

Mi affretto a trasmettere a V. E. una Nota che contiene interessanti ragguagli sui divisamenti del partito d'azione. Prego V. E. di volerne fare quell'uso riservato che Le parrà opportuno nell'interesse della cosa pubblica, adoperandosi però affinché si ignori che queste informazioni Le sono trasmesse da Parigi. Ciò è necessario per potere avere all'uopo altre informazioni dalla stessa sorgente, che è in grado di darne.

P. S. La sorgente accennata nel dispaccio é la Polizia Francese (2).

ALLEGATO

CONFIDENZIALE 20 luglio 1R67.

Tous !es renseignements recueillis, reprE':sentent Garibaldi et son parti comme très résolus à tenter une rr.arche sur Rome, et à renouveler l'entreprise qui a échoué vers le miEeu du mais de Juin.

<< Je veux mourir à Rome, dit le Général, ou devant Rome, et dans tous le cas 1::,our Rome». En ce moment, il s'attache à recueillir de l'argent et il s'adresse méme à l'Angleterre 1-our en obtenir. Il vient en effet de demander à M. Chambert de lui envoyer les sommes qui ser~ient

disponibles, et de presser !es rentrées dont il a bien voulu se charger.

Il cherche aussi à ajouter à ses ressources en armes et en mur,itions.

C'est ainsi qu'il travaille à se procurer 400 carabines appartenant aux carabiniers génois, et déposées, à la fin de la dernière guerre, dans l'hòtel de ville de Génes.

C'est aussi à Gènes qu'il espère recruter de nouveaux adhérents.

Il vient de demander à Mosto, à Burlando et a Evangelisti, dont il connait l'influenr,e sur les ouvriers génois, s'ils sont résolus à le suivre. On ne eonnait pas encore la réponse faite à ces ouvertures.

Les principaux agents de Garibaldi sont Cucchi, Stagnetti, Tolazzi, Valzania, Salomone, Galliani, Perelli, Luciani, Peretti, Nicotera et Franjosa. Ces deux derniers ont rempli récemment une mission, l'un à Naples, l'autre à Venise. Il s'agissait de recruter des volontaires. Le parti mazzinien, qui reproche à Garibaldi ses aspirations monarchiques, est, lui aussi, impatient d'entrer en lutte, et presse Mazzini de donner le signal de l'action.

Celui-ci sent bien qu'il ne pourra contenir ses partisans qui se joindront, quoi qu'il dise, à Garibaldi. Il les laisse donc libres de prendre part à un mouvemertt tenté avec un programme monarchique. Il compte d'ailleurs que l'organisation des volontaires imprimera à l'expédition, lorsque le moment sera venu, un caractère républicain, et à cet effet il a annoncé à ses amis qu'il se rendrait au commencement du mois d'Aout à Lugano.

(l) -Si pubblica qui il seguente annessò al r. 72, del 20 luglio di Barrai: « Dans une conversation avec un de ses intimes Ministre de Prusse lui a dit dans ce moment France faisait tous ses etforts pour brouiller Autriche avec la Prusse et faciliter ainsi pour plus tard alliance austro-française. D'un autre còté j'apprends de bonne source que le Gouvernements français poursuit avec actrvité aehat de chevam: en Hongrie. La semaine passée l'an én a encore dirigémille vers la frontière Inmçaise ». (2) -Annotazione u margine <<Trasmessa copia dell'annesso all'Interno 23' luglio 67 ».
77

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 277. Firenze, 21 luglio 1867, ore 13,30.

Veuillez d re au comte de Launay, aussitòt qu'il sera arrivé, que la situation d:;s affaires du Schleswig ayant monté depuis ma dépéche du 13 courant (1), je le laisse entièrement juge de l'opportunité d'une démarche de notre part et de choisir, en tout cas, les termes qu'il croira préférables. Nous ne voudrions dans aucun cas créer des entraves ou avoir l'air de peser sur les décisions du Cabinet de Berlin.

78

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 261. Firenze, 22 luglio 1867.

Le bru:t s'étant répandu que M. Dumont, Général au service français, avait passé en revue les légionaires d'Antibes à Rome, et que pour les exhorter à rester fidèles au drapeau, il leur avait tenu un discours dans lequel aucune mesure de langage n'aurait été observée envers l'Italie, et méme une nouvelle expédition française à Rome aurait été annoncée, * je vous ai télégraphlé hier (2) de vouloir bien demander au Ministre Impérial des Affaires Etrangères, si ce Général était chargé d'une mission offlcielle de son Gouvernement et s'il avait agi d'après des instructions qui lui avaient été données.

Nous nous refusons à croire qu'il faille donner à la conduite de M. Dumont une signification qui tendrait à constater une violation de la Convention du 15 Septembre. A nos yeux les troupes pontificales, quelles qu'elles soient, ne

9 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

représenteront jamais que le drapeau et la cocarde qui !es couvrent. Toute intervention étrangère dans !es affaires intérieures de Rome a du cesser légalement avec J'exécution loyale de la Convention signée entre l'Italie et la France. Nous nous sommes méme engagés à maintenir envers tous J'inviolabilité du territoire pontifica! * (l).

Est-il besoin maintenant de rappeler 'ci la valeur de nos déclarations antérieures?

*Je ne pense point que dans l'entretien que vous aurez avec M. le Marquis de Moustier il vous sera nécessaire d'arriver jusqu'à formuler de nouvelles réserves et de nouvelles déclarations. Mais si, par impossible, le Ministre des Affaires Etrangères de S. M. l'Empereur se refusait à vous donner des explicat'.ons satisfaisantes sur l'incident produit à Rome par la présence du Général Dumont, vous n'hésiterez pas à lui déclarer explicitement que le Gouvernement du Roi ne saurait admettre que l'état de choses créé en Italie par la Convention de Septembre puisse étre modifié par suite de l'immixtion d'une Puissance étrangère sans que de son còté il ne soit affranchi des obligations qui lui sont imposées par cet acte diplomatique * (2).

(l) -Cfr. 67. (2) -T. 278, non pubblicato.
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IL MINISTRO A VIENNA. DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO ( 3). Vienna, 22 luglio 1867.

En réponse à la prem1ere partie de la pièce chiffrée annexée à la dépéche

n. 49 (4) je m'empresse, pour éviter tout équivoque dans une appréciation aussi importante, de faire observer que les tendances d'entente plus intime avec la France que l'on prete au voyage du Baron de Beust à Paris ne portent point sur une situation belliqueuse qu'il n'a pas du tout l'intention de faire naitre, mais s'expliquent simplement par la prévision de complications belliqueuses qui pourraient surgir entre la France et la Prusse, complications que l'alliance présumée de la Russie avec cette dernière Puissance pourrait rendre dangereuses pour l'Autriche.

Au reste je me réserve d'adresser prochainement à V. E. un rapport détai!lé sur la situation de l'Autriche vis-à-vis des grandes Puissances au point de vue des éventualités belliqueuses que l'on redoute (5).

tamente come U Govprno dd Re sia risoluto di non arnrnettere n1ai che lo stato di cost~ creato in

Italia dalla Convenzione del 1864 possa venir modificato, né consentire ad una intromissione

diretta ori indiretta di una quals~asi potenza straniera ».

(-4) Cfr. n. 62, nota l, p. 61.
(l) -Il brano tra asterischi è edito in italiano, con data 21 luglio, in L V 12, p. 11. (2) -In L V 12, pp. 11-12, invece del brano ira asterischi. ,, Nutro quindi fiducia che nel colloquio ch'Ella avrà avuto col Marchese di Moustier intorno a questo argomento non Le sia stato mestieri ricordare le precedenti dichiarazioni fatte a questo riguardo dal Governo del Re. Spero che il Ministro degli Affari Esteri di S. M. l'Imperatore, dando a Lei soddisf2.centi spiegazioni sull'incidente occorso, avrà tolto la S. V. dalla necessità di dover lasciare intendere aper (3) -Al r. 73, non pubblicato. (5) -Cfr. n. 104.
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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 477. Parigi, 23 luglio 1867, ore 16,10 (per. ore 22).

Moust:er, dans la conversation que j'ai eue aujourd'hui avec lui, s'est montré très inquiet des préparatifs qui, d'après ses informations, se font à Genes pour une invasion garibaldienne dans les Etats du Pape. Il m'a prié de vous télégraphier et de vous signaler ces préparatifs, dont il ne met pas en doute l'existence (1).

81

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 478. Parigi, 23 luglio 1867, ore 17,49 (per. ore 22,45).

J'ai vu aujourd'hui marqu s de Moustier. Je lui ai demandé si le général Dumont avait eu une mission à Rome (2). Marquis de Moustier m'à répondu que le général Dumont n'avait pas de mìssion olfJClelle, mais que le ministrP. de la guerre, puisqu'il allait à Rome, l'avait chargé de faire des démarches dans le but d'empecher la désertion, ce qui est, m'a d.t le marquis de Moustier, dans l'intéret non seulement de la France et du Saint Père, mais aussi de l'Italie. Il a ajouté que cela n'impliquait aucune intervention dans la direction et dans le commandement de la lfgi0.1 de la part de la France. Quant aux expressions inconvenantes qu'on attribue au général Dumont, marquis de Moustier m'a déc~aré qu'il n'y croya~t pas. Je vous écrirai par courrier. Je vous ai écrit hier en vous envoyant un projet de dépéche à adresser au marquis de Moustier, mais ayant pu aujourd'hui m'acquitter verbalement de vos instructions ma dépeche d'hier restc désormais sans but.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL CONTE VIMERCATI (3)

T. RACCOMANDATO. Firenze, 23 luglio 1867, ore 22,30.

Inspection Dumont a fait très mauvaise impression. Votre explicat'on ne s'accorde pas avec Malaret, qui quoique non officiellement, me dit que Dumont

fut chargé par Gouvernement. En tous cas impossible rester sans déclaration ofll.cielle explicative de la mission: nous avons assez des difll.cultés pour exécuter la convention sans que le Gouvernement impér:al nous en crée des nouvelles. Quant au mouvement garibaldien c'est à nous y songer, et nous ferons notre devoir: du reste il y a de l'exagération. Impossible venir avant vote Sénat.

(l) Per la rispo~tn di Campello cfr. n. 86.

(2) -Con t. 280 pari data, ore 12 Melegari aveva comunicato a Nigra che il giorno precedente Il Mi::Jistro era stato interpellato alla Camera sulla questione Dumont. (3) -Da ACR, ed in LuziO, p. 419.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 69. Monaco, 23 luglio 1867 (per. il 27).

Conformandomi agli ordini contenuti nel Dispaccio Poli1Ji.co n. 22 (l) ho l'onore di informare l'E. V. che in seguito a vari colloqui avuti non solo con questo Incaricato d'Affari di Francia, (trovandosi il Marchese di Cadore assente da Monaco) ma anche con vari Capi di Missione qui residenti, mi risulta che il Gabinetto di Parigi non ha impartite istruzioni speciali a questa Imperiale Legazione sulla presente situazione della Germania e che i suoi Agenti Diplomatici accreditati a questa Corte, se deplorano, come opinione indi\niduale, la pieghevolezza d:mostrata dagli Stati del Sud della Germania ai voleri della Prussia, non hanno però ricevuto missione di scostarsi da quella riserva adottata fino ad ora dirimpetto a questo Governo.

Ciò non toglie pertanto come me lo riconfermò il sopraccennato Rappresentante francese, il Signor Le Sourd, che il Marchese di Moustier abbia manifestato al Barone di Perglas a Parigi la sua sorpresa nel vedere la Baviera aderire senza resistenza al ricostituito Zollverein, siccome ebbi l'onore d'indicarlo a V. E. col mio rapporto Politico n. 66 (1).

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IL MINISTRO A STOCCOLMA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 20. Stoccolma, 23 luglio 1867 (per. il 29).

Ho profittato della prima congiuntura ;;Jer dare comunicazione verbale a

S. E. il Conte di Manderstrom del d~spaccio politico che l'E. V. mi fece l'onore di rivolgermi li 9 del presente N. 6 (2).

L'analogia che esiste tra la situazione attuale dell'Italia e quella della Svezia, fa che questa si interessi grandemente alla politica nostra; epperò

S. E. ne prese lettura con viva attenzione.

Essa mi disse in segu~to sapere che la risposta del Governo Danese alla Nota prussiana era stata spedita li 19 corrente, ed era concepita presso a poco ne' termini ch'ebbi già l'onore di riferire all'E. V. pel mio rapporto del 15 corrente (1). Si aspetta ora con ansietà la replica della Prussia, alla quale stanno forse sospese le sorti d'Europa. S. E. persiste a credere che esistono sintomi tendenti a inspirare il sospetto che la guerra possa scoppiare da un momento all'altro, e cita, all'appoggio della sua opinione, oltre le ragioni già allegate, gli imbarazzi suscitati al Governo francese dalle recenti discussioni parlamentari, cui la guerra servirebbe di derivativo, e la dichiarazione del Maresciallo Niel che l'armamento dell'esercito francese sarà completato per la fine dell'anno, dichiarazione che, secondo lui, non sarebbe stata emessa se esso non fosse già fin d'ora provvisto di tutto l'occorrente per poter piombare quando che sia sul nemico come un fulmine. S. E. aggiunse che se la guerra divenisse veramente inevitabile, essa preferirebbe che s'1incominciasse quest'anno imperocché la stagione essendo g:à inoltrata, la Svezia si troverebbe ben presto, per la sua posizione topografica, salva da ogni pericolo di partecipazione. E questo desiderio contribuisce forse in gran parte a fargl~ esagerare le probabilità di conflitto.

S. E. comprende pure l'importanza di fare nel caso di guerra ogni sforzo per localizzarla, al quale scopo le potenze mediatrici potrebbero senza dubbio fare utilissimi utlicj.

Risposi non risultarmi che i pericoli di guerra fossero così imminenti ed avere tuttora ferma speranza nel mantenimento della pace, ma poterlo assicurare, come ne faceva del resto fede il predetto dispaccio dell'E. V., che in ogni eventualità il Reale Governo non mancherebbe di fare quanto da esso potesse dipendere onde localizzare la guerra. E per tale scopo potersi esercitare un'etlicace azione diplomatica a Vienna ed a Pietroburgo, sembrandomi che l'intervento di una di queste potenze potrebbe per avventura essere impedito dalle minacce dell'altra, e viceversa.

Mi sembrò che queste osservazioni producessero una favorevole impressione sull'animo del mio interlocutore, il quale mi domandò infine se gli sarebbe lecito di mostrare il dispaccio di V. E. a S.A R. il Principe Reggente. Dietro la sua promessa di non prenderne copia e di considerare la comunicazione come strettamente confidenziale e di mera informazione personale, credetti poter ader~re alla sua domanda.

E questo è il riassunto della lunga conversazione ch'ebbi oggi col Conte di Manderstrom, che ho creduto mio dovere di riferire brevemente all'E. V.,

P. S. Qui unita una particolare pel Signor Commendatore Melegari (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 57. (l) -Non pubblicato. (2) -Non rinvenuta.
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IL CONTE VIMERCATI

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

L. P. Enghien, 23 luglio 1867.

Vi telegrafai della Missione Dumont. avendo questa provocato l'attenzione del nostro Ministro degli Esteri che ne telegrafò a Nigra (2). Il Maresciallo Niel spaventato dalla diserzione dei soldati della legione francese che da Roma si recavano in Francia, ove non hanno ancora raggiunto il termine del loro servizio obbligatorio fece in Consiglio di Ministri la proposizione inqualificabile di sottoporli al consiglio di guerra e di domandare l'estradizione per quelli che si recavano all'estero. Il Ministro di Stato si oppose a queste due proposizioni perché né l'una né l'altra potevasi in via di diritto applicare. Niel, forse piccato, mandò il Generale Dumont con missione puramente militare allo scopo di persuadere quei militi, feccia dei diversi reggimenti, a rimanere al servizio del Santo Padre. Il Dumont facendo eccesso di zelo nelle sue allocuzioni toccò anche alla polit'ca. Rouher è dolente dell'accaduto e malcontento di Niel che all'insaputa sua e del Ministro degli Esteri incaricò, probabilmente d'accordo con altro, un generale di un mandato al quale si può dare un'interpretazione molto più lata che non ha realmente.

Se da una parte il Governo Imperiale desidera lo statu qua in Roma ed il mantenimento stretto della convenzione, dall'altra non vuole assolutamente essere trascinato ad una nuova intervenZ'ione. Il Gabinetto delle Tuileries desidera riservarsi la sua piena libertà d'azione il che vuol dire lasciare ai Romani la questione Romana, salvo gli incidenti. La diserzione dei soldati francesi è cagionata dalle eccitazioni del comitato, ma soprattutto dalla noja di questi nel trovarsi a Roma ove privi di qualunque prestigio militare, sono considerati come nemici. Il Ministro di Stato conta di sottoporre nuovamente la questione al Consiglio poiché sente che lasciant:..; mano libera alle missioni militari, il Governo francese potrebbe, senza volerlo, trovarsi impegnato al di là delle sue intenzioni.

Al Ministero degli Esteri si è da tre giorni preoccupati della minaccia di una cospiraz:one e spedizione Garibaldina. Malaret scrive che a Genova trovansi gli agenti di Garibaldi: Mosto, Canzio, Evangelisti, e Barilii, che in varie città d'Italia, compresa Firenze, si alle;,'iscono camicie rosse, ma aggiunge che il Governo italiano è di tutto bene informato e che non si lascerà prendere la mano (non temete che Malaret ed i suoi amici per togliervi l'appoggio della sinistra non soffiano in questo fuoco? le sue asserzioni troppo esplicite sulla vostra fermezza, in questo caso mi fanno paura, timeo Danaos). Sartiges si fa l'eco a Parigi dei timori del Governo Papale e si mostra meno convinto dell'energica azione del Governo del Re onde reprimere, quantunque i ragguagli tutti, quelli anche che giungono da parte non am'ca. all'infuori di Malaret,

(i) -Da ACR.

s'accordano nelle assicurazioni che il nostro Governo sorveglia da vicino le mene ed è in misura d'impedirle e di ciò qui non si dubita.

Da tutta la gente sensata si rende giust'zia alla Vostra abilità e si riconosce come la Vostra situazione abbia migliorato da alcuni giorni e chiedendovi col mio penultimo telegramma ragguaglio sul voto della Camera, intesi di provocare da Voi una spiegazione suìl':mportanza delle ultime votazioni che hanno creata una maggioranza assoluta, propendendo a sinistra; su questo argomento le informazioni del Malaret vi tornano ostili insinuando che la sinistra può trascinarvi più oltre che non vorreste ed è per distruggere dette malevoli insinuazioni che desidero mi scriviate in poche righe ostensibili il vero stato delle cose rimpetto alla Camera.

Duolmi che non possiate essere qui prima della partenza di Rouher. La Vostra presenza a Parigi ed il suo intervento avrebbero facilitato la combinazione finanziaria che si sta facendo e credo gioverà lasciare alla sua sola influenza di agire su Rothschild onde deciderlo a farne parte. Il vecchio James è favorevole, ma il figlio Alphonse che dirige attualmente la casa è contrario essendo clericalissimo quantunque ebre':l Il vecchio James è deciso a recarsi a Parigi se voi vi giungete, conosce le renitenze di suo figlio e vuol vincerle avendo un enorme e per noi salutare spavento che la caduta delle finanze Italiane, se succedesse, conduca i piccoli portatori di rendita a degli eccessi contro la sua casa. Rouher che desidera veramente. dietro i concerti presi coll'Imperatore, venire in aiuto alle nostre finanze, tiene infinitamente all'intervenzione di Rothschild onde dar maggior forza ed assicurare la combinazione per la quale è disposto a fare tutte le possibili facilitazioni, queste mie informazioni esatte vi serviranno di norma. Quantunque Landauer vi sia personalmente contrario, pure spinge la casa Rothschild a far parte dell'operazione, ma l'influenza vera è quella di Rouher.

Se non vi è possibile il venire a Parigi pel primo del mese io vi consiglierei a differire fino ai primi di settembre epoca che Rouher sarà di ritol1llo -ciò non s'accorderebbe con taluni vostri .personali desiderii ai quali comprendo benissimo che Voi dobbiate tenere.

Una lettera di Martini (l) a Sua Sorella dice, contrariamente ad altre asserzioni che aveva avute. che voi nella discussione del Budget per gli Esteri, vi mostraste mio amicissimo. vi conosco e credo questa versione vera. Duolmi di avervi scritto in merito qualche frase un po' sentita. ve ne chiedo scusa, ma le parole dette alla Camera ferirono, forse ingiustamente la mia suscettibilità.

Non credo dover ritornare sull'incidente segnalatomi nella vostra lettera del 13 -come vi scrissi lasciai la cura alle persone interessate di meglio apprezzare il mio contegno -non avendo ragione di dubitare della loro lealtà, vivo tranquillo.

È inutile, caro Rattazzi, che io vi rinnovi proteste d'affetto le prove di amicizia che voi mi avete sempre dato mi hanno legato a voi di riconoscenza e di profonda affezione.

P. S. Vi prego ricordarmi a Sua Maestà.

(2) -Non pubblicato ma cfr. n. 78.

(l) l! cont~ Enrico Martini, cleputato al Parlamento.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 282. Firenze, 24 luglio 1867, ore 13,25.

Veuillez rassurer M. de Moustier sur la possibilité d'une tentative sur Rome (1}. Le Gouvernement connait les menécs garibaldiennes et mazziniennes, et il est en mesure, soit du còté de terre, soit du còté de la mer, de faire respecter la convention et la loi. Il serait seulement à désirer que les français, par des demarches provoquantes à Rome, n'ajoutassent pas aux dimcultés déjà assez graves de la situation présente. Une note au Moniteur dans laquelle on déclarerait que le général Dumont n'avait aucune mission omcielle, serait le moyen plus efficace de calmer, chez nous, l'opinion publique, et de satisfaire le Gouvernement.

87

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (2)

T. Parigi, 24 luglio 1867 (3).

J'espère que la déclaration envoyée par le chevalier Nigra (4) vous suffira; en cas contraire télégraphiez. Ministre d'Etat a fait demander Niel qui dit avoir envoyé des reproches au général Dumont. Le bruit d'une expédition du général Garibaldi alarme de plus en plus.

88

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL CONTE VIMERCATI (5)

T. Firenze, 24 luglio 1867, ore 22,30.

Réponse Nigra (4) insuffisante. Impossible rester sans démenti officiel de l'inspection publique, et des discours. Alarmes pour expédition Garibaldi (6) inexplicables: Gouvernement assez fort pour empècher. Du reste ne parlez de cela à personne, parce qu'on traite la chose omciellement, et je ne veux pas entraver dans aucune manière la marche omcielle, en réservant après de voir ce qu'il faudra faire.

(l) -Cfr. n. 80. (2) -Da A C R, ed. in Luzro, p. 419. (3) -Privo di ora di partenza; si inserisce qui perchè ad esso risponde il t. di Rattazzi edito al n. 88.

(4) Cfr. n. 81.

(5) -Da A C R. ed. in Luzro, pp. 419-420. (6) -Cfr. n. 87.
89

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 483. Atene, 25 luglio 1867, ore 11,25 (per. ore 13 del 26).

«Authion >> arnve ce matin m'a donné dépèche télégraph:que suivante pour vous: « Des massacres de femmes, enfants allaient éclater dans l'intèrieur et l'autorité ne peut réprimer l'insurrection ni arrèter le cours de ces atrocités. L'humanité réclamerait impérieusement suspension immédiate des hostilités ou le transport en Grèce des femmes et des enfants. Mes collègues d'Angleterre, France et Prusse adressent dépèche identique à leurs Gouvernements. Colucci 1>. Je retiens bateau à vapeur jusqu'à nouvel ordre de V. E.

90

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 481. Costantinopoli, 25 luglio 1867, ore 18,25 (per. ore 4,45 del 26).

Pendant ces jours derniers chargé d'affaires de France a vivement insistè auprès de Mehemet Ruchdi pacha en faveur d'enquète en Crète présence des commissaires des grandes Puissances. Grand visir persiste mettre comme condition expulsion préalable des volontaires étrangers, cependant il a fini par remettre décision à la prochaine arrivée du Sultan.

91

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 482. Pietroburgo, 25 luglio 1867, ore 22,10 (per. ore 8,15 del 26).

Prince royal est parti hier pour Berlin emportant le meilleur souvenir du séjour en Russie (1).

92

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. R. CONFIDENZIALE S. N. Parigi, 25 luglio 1867 (per. il 28).

Facendo seguito al precedente mio dispaccio riservato e senza numero sullo stesso argomento (2), trasmetto a V. E. una seconda nota contenente

indicazioni interessanti sulle mene del partito d'azione. Essa mi fu comunicata dalla stessa sorgente, con nuove raccomandazioni circa la riserva inerente a queste comunicazioni. .

P. S. Segno ricevuta all'E. V. del dispaccio serie politica 22 corrente n. 260 (l) e La ringrazio degli annessi di cui ho preso lettura con interesse (2).

ALLEGATO.

Tous les renseignements s'accordent à représenter comme imminente une tentative révolutionnaire sur Rome.

En ce moment Garibaldi se livre à des allées et venues qui, au dire de ses partisans, ont pour objet de tromper la vigilance du Gouvernement et de tenir secret le départ projeté du Général pour les Etats Romains.

Il ne parait pas douteux que les mazziniens ne soient, aujourd'hui, d'accord avec Garibaldi pour une action prochaine. Chaque parti s'attacherait à la faire tourner au profit des idées qu'il représente plus spécialement.

Une propagande très active est exercée au nom de Mazzini dans la Lombardie et !es provinces avoisinantes, par l'Ingénieur Miani de Milan qui est dans cette ville, coprojJriétaire d'une fabrique de wagons.

Miani est très dévoué à Mazzini; il exerce sur ses propres ouvriers et sur les associations ouvrières de Milan une grande influence.

Garibaldi vient de signifier à ses principaux lieutenants: Cairoli, Cucchi, Nicotera et Miceli que le mouvement commencera à Rome et qu'ils doivent attendre le signa! que donneront !es révolutionnaires de Rome.

On assure d'ailleurs, qu'à part l'argent qui manque encore, tout est prét pour l'expédition, armes et munitions.

(l) -Sul soggiorno In Russia del principe Umberto cfr. l rapporti di Launay che lo accompagnava datati Peterhof 12 luglio e Berlino 28 luglio. non pubblicati. (2) -Cfr. n. 76.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 284. Firenze, 26 luglio 1867, ore 14,05.

Veuillez me télégraphier quelle r~ponse re marquls de Moustier a faite à la nouvelle démarchc que vous aurez ratt auprés ae lui après avoir reçu mon télégramme du 24 (3). Insérera-t-on au Moniteur la note que vous devez avoir demandée? Le Gouvernement du Roi pourrait eprouvcr le besoin de vous entretenir à ce sujet. Tenez-vous dane prét à partir pour Florence.

94

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI. AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI. BE:RTINATII

T. 285. Firenze, 26 lualto 1867. ore 15.10.

Vice consul du Roi à la Canée me télégraphie ce qui suit (4).

Ce té!égramme est trop vague pour que l'on pursse comprenare exactement quelle est la situation. Mettez-vous en rapport avec vos collegues et reg!ez-vous d'aprés !es instructions génèrales que vous ave:.~.

Ne vous associez à aucune démarche isolée insistez dans le sens de l'humanité et des demandes que l'Italie a déjà présentées à la Porte. L'« Authion » attend au Pirée vos ordres pour la Canée, ma.is il faut qu'il reprenne le plus tòt possible sa station à la Suda.

(l) -Non pubblicato. (2) -Annotazione a margine: «Comunicato l'annesso con nota s.n. in data 29 luglio 67 al lVIinistero Interni )>. (3) -Cfr. n. 86. (4) -Cfr. n. 89.
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IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

L. P. Enghien, 26 luglio 1867.

Il vostro dispaccio di ieri (2) mi dice che volete dar seguito ufficialmente all'incidente Dumont, la sola personalità di Niel vi è interessata, voi però farete benissimo ad insistere e finirete, se Nigra conduce la cosa abilmente come non dubito, ad averne soddisfazione, visti gli antecedenti del Generale sui quali parmi dovrebbesi pesare particolarmente. Anche presso l'Imperatore fate benissimo a fare insistere essendo Egli al fatto delle cause che fecero richiamare Dumont da Roma avendogliene La Va1ette parlato ieri ancora.

Vi accludo una lettera che Jenty mi spedisce da Londra, il fallimento della società del Canale ha prodotto una vera esacerbazione anche qui. Se da una parte agendo prontamente la faillite può facilitare un accomodamento. dall'altra lasciando andare l'acqua per la sua china, si entrerebbe con un sindacato in un mare di guai e di processi, lasciando insoddisfatti interessi di persone le cui proteste saranno di danno ben più grande alle nostre finanze che non il sagrificio che potrebbe costare il conciliare gli interessi di tutti. Jenty parte per Torino al suo ritorno da Londra onde trovarsi alla riunione che avrà luogo il 3 agosto. È uomo molto intelligente la cui pratica d'affari potrà, valendosi di lui, giovare ad un accomodamento.

Benedetti annuncia il suo ritorno a Parigi fra quattro o cinque giorni.

96

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 287. Firenze, 27 luglio 1867, ore 11,30.

Présentez Artom et veuillez partir immédiatement pour Florence.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 88.
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IL DRETTORE SUPERIORE DEGLI AFFARI POLITICI, ULISSE BARBOLANI,

AL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL

D. 51. Firenze, 27 luglio 1867.

Nella delimitazione del nuovo confine tra il Regno e l'Impero d'Austria è sorta controversia in seno alla Commissione militare all'uopo nominata dai due Governi per quanto concerne l'ultima porzione della frontiera dal lato della Bassa di Palma verso il mare (l).

L'unito disegno (2) géoverà a chiarirLe in che consista la divergenza d'opinione tra i rispettivi Commissarii.

I delegati austriaci avevano dapprima preteso che il confine a partire dal punto in cui incontra verso Pradizzuolo il fiume Aussa ne dovesse segui,re fino alla foce la sponda destra in guisa da comprendere nel territorio austriaco tutto l'alveo. Essi modificarono in seguito la loro domanda, concedendo che il confine dovesse seguire il Thalweg del fiume. I delegati italiani sostennero dal canto loro che il confine giunto al confluente dell' Aussa e del Canale Medadola debba invece seguire la linea tracciata nell'unito disegno, giusta l'indicazione contenuta cosi nei documenti topografici e catastali esistenti presso l'Archivio locale del comune veneto di Marano, come nella Carta speciale del Veneto pubblicata dall'Istituto militare geografico di Vienna.

Sarebbe superfluo che io qui riproducessi tutte le ragioni che in appoggio delle tesi rispettive furono addotte in seno alla Commissione militare, dall'una parte e dall'altra. Basti il dire che dal complesso di siffatte argomentazioni, risultò, che a seconda di un editto del 3 novembre 1814 il quale non consta sia stato revocato, il confine del Veneto sarebbe quello sostenuto dai Commissarii austriaci, mentre invece non pochi documenti pubblici ed il fatto darebbero ragione ai Commissari italiani.

Posta la questione su siffatto terreno era evidente che la Commissione non

aveva poteri sumcienti per risolverla, per cui fu d'ambe le parti risoluto di

riferirne ai rispettivi Governi.

Essendomi ora giunta in questi ultimi giorni una nota nella quale il Ba

rone di Ktibeck sollecita a nome del Gabinetto Imperiale la definiz:one della

vertenza gli risposi, in data del 23 corrente, colla nota di cui Le trasmetto

qui unita una copia per sua norma nel caso in cui dal Barone di Beust Le fosse

tenuto discorso del presente argomento.

SegnandoLe ricevuta de' suoi pregiati Rapporti N. 72 e 73 di Seria Poli

tica (3) e trasmettendoLe qui uniti sei documenti diplomatici,

ALLEGATO

DI CAMPELLO A KtiBECK

D. s. N. Firenze, 23 luglio 1867.

J'ai reçu la Note que V. E. a bien vou!u m'adresser, en date du 11 de ce mois (1), pour appeler l'attention du Gouvernement du Roi sur un incident survenu dans le cours des travaux de la Commission internationale chargée de la délimitation de la nouvelle frontière austro-italienne.

Après avoir reproduit !es termes de l'Art. IV du Traité de paix du 3 Octobre 1866

V. E. ajoutait que le Gouvernement Autrichien avait vu avec regret que cette stipulation eO.t fourni, de la part des Commissaires Italiens, matière à contestations pour ce qui concerne la partie de la frontière qui longe le fleuve Aussa en aval de Pradizzuolo jusqu'à la mer. V. E. développait ensuite !es arguments que les Délégués Autrichiens avaient inutilement formulés au sein de ìa Commission, et concluait en exprimant la confiance que le Gouvernement du Roi voudrait bien donner à ses délégués des instructions propres à résoudre le différend dont il s'agit.

Les rapports détaillés que les Commissaires du Roi m'ont adressés sur ce sujet me mettent à mème de répondre dès aujourd'hui à la communication de V. E.

La situation de fait de la question n'est l'objet d'aucune controverse. Il est en effet admis de part et d'autre, que tandis que la frontière de la Vénéti.e d'après l'Edit du Comte de Saurau du 3 Novembre 1814 devait suivre le cours de l'Aussa depuis Pradizzuolo jusqu'à Porto Buso, en réalité et d'après des documents ayant un caractère publique, sinon officiel, !es limites de la Vénétie ont toujours compris des territoires situés au delà de ce fleuve. En vertu de l'Article IV du Traité de paix la frontière de la Province cédée devant étre détemtinée par !es con.tms administrati/s actuels du Royame Lombardo-Vénitien, il est nature! qu'une divergence de vues se soit produite lorsqu'il s'est agi de tracer la nouvelle frontière à un endroit où il y avait pour ainsi dire un double confin, l'un établi virtuellement par une ordonnance restée sans application, l'autre existant effectivament et consacré par la réalité des choses et par le fait de l'administration locale elle-mème.

La question étant posée de la manière que je viens de le faire, et que je crois la seule logique, il est évident qu'il y a lieu à une interprétation douteuse, les deux thèses opposées pouvant ètre également soutenues de bonne foi. Il serait par conséquent oiseux de prolonger à ce propos un débat qui ne saurait aboutir à une conclusion pratique, une transaction amiable peut seule amener un résultat satisfaisant qu'il est dans l'intérét des deux parties d'atteindre le plus promptement possible.

Je prie V. E. de vouloir bien soumettre ces considérations à l'appréciation du Gouvernement Impérial et d'en provoquer une proposition précise et propre à fournir la base d'une entente honorable et avantageuse. J'ajouterai à cet égard que le Gouvernement du Roi étant prét, dans tous les cas à observer pour la na.vigation de l'Aussa les principes contenus dans l'Art. CIX de l'acte fina! du Congrès de Vienne, le Cabinet de l'Empereur n'a pas lieu de se préoccuper, au point de vue de la liberté du commerce et du transit, des conséquences d'une délimitation de frontières d'après laquelle une partie du cours de l'Aussa viendrait à se trouver comprise, des deux còtés, dans le territoire italien.

(l) -Cfr. n. 37. (2) -Non rinvenuto. (3) -È pubblicato solo l'annesso cifrato al r. 73 (cfr. n. 69).
98

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 749/286. Londra, 27 luglio 1867 (per. il 31).

Conformemente a quanto V. E. mi presc-riveva nel suo dispaccio Direzione Politica delli 13 Luglio n. 43 (2), ho chiesto un abboccamento a lord Stanley

onde conoscere il suo modo di vedere circa le possibili complicazioni che potrebbe far nascere la questione del Nord Schleswig.

Avendogli fatto mettere dapprima sotto gli occhi le questioni che bramavo fargli onde potesse rispondere con maggiore chiarezza, Lord Stanley mi disse diffatti che secondo lui non conveniva né a loro né a noi d'immischia,rsi in una simile controversia.

Se le due gran potenze bramavano farsene un pretesto a contenzione noi non avevamo interessi identici, onde pensa esser meglo d'evitare d'interporsi poiché o realmente erano intenzionati di farsi guerra ed allora l'interporsi non serviva a nulla, o si dileguerebbe il temporale precisamente perché non esistevano progetti serj, ed allora a che pro' farsi ~nnanzi?

Gli feci osservare che non parlavamo di prender parte attiva, tutt'altro, anzi puramente di dar consigli che valgano ad evitare una crisi fatale. Ma lord Stanley non pareva cambiar opinione, anzi pare abbia fatto l'opposto di quanto chiedevamo poiché essendo di parere che le domande della Prussia che avrebbero introdotto a favor suo una specie di protettorato in Danimarca erano incompatibili da qualunque Stato indipendente, egli parlandone in quel senso al Ministro di Danimarca qui benché siccome mi disse in termini riservati assai, incoraggiò i Danesi nel rispondere negativamente. Egli si disse sicuro che la Francia non aveva per ora intenzioni ostili, non certo almeno per uno spazio di molti mesi. Al che risposi che precisamente per questo avrebbesi a temere che Bismarck non volesse profittare di questo per spingere le cose avanti. Ma ad ogni modo lord Stanley ha deciso a non far niente e me lo confermò pure il Principe La Tour d'Auvergne che trovai in anticamera e l'Ambasciatore di Russia che vidi jeri. Ambedue quelle potenze fecero a Berlino passi per giungere a sciogliere l'affare del Nord Schleswig. Ma lord Stanley dice che la Prussia non farà niente. Anzi si credeva scio:ta da ogni impegno per aver fatto le ultime proposte.

Siccome poi la Regina Vittoria insistè per la venuta ad Osborne dell'Imperatrice di Francia, credesi qua in generale che abbia cercato di dar consigli di pace per quella via efficace all'Imperatore di Francia.

Nel segnare ricevuta a V. E. dei dispacci di serie polit'ca dei 4, 10, e 18 Luglio ai Numeri 40, 42, 45 (l) e dei documenti diplomatici che contenevano, ...

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 68.
99

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELW, AL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, PATELLA

T. 289. Firenze, 29 luglio 1867, ore 12.

Les journaux ont parlé d'une circulaire du Saint Siège aux Puissances catholiques. Tàchez de connaitre si ce document existe, et en ce cas cherchez à vous le procurer (2).

(1) -Non pubblicati. (2) -Cfl'. n. 108.
100

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 491. Costantinopoli, 29 luglio 1867, ore 13,55 (per. ore 18,33).

L'ambassadeur de Russie et le chargé d'affaires de France ont envoyé avant hier aux commandants de leurs escadres ordre de se rendre dans les eaux de la Crète. de recueillir les femmes et les enfants, et de les transporter en Grèce sans limiter leur liberté d'action. Je me suis associé hier à cette démarche humanitaire, mais j'ai cru devoir presc·rire à notre commandant d'éviter tout confllt avec l'autorité ottomane. Nous avons donné communication de cette détermination à la Porte.

101

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO DESTINATO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

ISTRUZIONI. Firenze, 29 luglio 1867.

Benché la S. V. nel suo recente soggiorno in Firenze abbia avuto occasione di conferire ampiamente col Presidente del Consiglio e con me sovra le questioni del giorno, e, dalla lettura delle corrispondenze politiche di questo Ministero abbia potuto farsi un esatto concetto della posizione particolare dell'Italia in ciascuna di esse; tuttavia al momento in cui Eila sta per assumere le sue nuove funzioni d'Inviato presso la Corte Imperiale di Pietroburgo, io st:mo utile di brevemente riassumere gli intendimenti nostri e di chiaramente indicarle lo scopo immediato al quale tende la nostra polit'ca.

A Lei, signor Marchese, queste cose riusciranno anche più convincenti dacché, avendo Ella veduto davvicino quali sono le esigenze della situazione interna del nostro paese, ben comprende quanto sia grande il nostro interesse di evitare tutto ciò che potrebbe in qualsiasi maniera produrre in Europa violenti rivolgimenti.

Non v'ebbe occasione propizia che si presentasse in questi ult:mi tempi al

R. Governo senza che questi ne profittasse per rinnovare nei termini più espliciti la dichiarazione di volersi tenere estraneo affatto a lotte che non impegnando i suoi diretti interessi non richiedono neppure il suo immediato concorso. Noi dividiamo con molti altri Stati il bisogno generalmente sentito di mantenere la pace; epperò noi vorremmo che sul terreno diplomatico si tentasse ogni sforzo per raggiungere questo intento. Noi intendiamo progredire a questo riguardo nel cammino intrapreso e tracciato nel Dispaccio, ch'Ella ben conosce, ch'~o diressi al Ministro del Re in Parigi in data del 15 Maggio di quest'anno (1).

A Londra abbiamo insistito sulla necessità di dare alla Russia un compenso per la cess:one da Lei fatta d'un suo diritto nella guarentigia comune della

neutralità del Lussemburgo. Fummo lieti di poterei così associare ad un componimento equo e prudente suggerito dal Gabinetto di Pietroburgo. In quella occasione abbiamo potuto scorgere di qual peso riesca l'azione della Russia spiegata apertamente nel senso d'una politica paciLca e di conciliazione.

E' egli mestieri che io le dica, Signor Marchese, che fra l'agitarsi e lo inasprirsi di quistioni d'ogni sorta noi non cessiamo di fare singolare assegnamento sulla giusta influenza diplomatica che seppe acquistarsi il Governo dello Tzar?

La tensione che esiste nelle relazioni della Francia colla Germania è causa di continue e vive preoccupazioni per parte di tutti gli amici della pace e questo stato di cose sembra purtroppo rendere ogni dì meno agevole il componimento di un'altra difficoltà, la quale in tempi più tranquilli non bastò da sé a creare un pericolo serio per la sicurezza generale. Ella ben comprende che essendo ormai dissipata ogni ombra di minaccia sul confine delle provincie Vallone, né essendosi ancor suscitata una vera questione circa il progredire che fa la questione tedesca verso la sua naturale soluzione, io non posso qui accennare ad altra vertenza che a quella dello Schìeswig Settentrionale, vertenza nella quale forse ancor più che in qualunque altra, l'Europa aspetta dalla g:usta influenza della Russia un segnalato servizio.

Nuovi dissidii politici sono infatti a temersi fra Parigi e Berlino e la questione dello Schlesw;g settentrionale vivamente agitata nella stampa francese e nelle sfere governative in Danimarca potrebbe eventualmente dare ad essi causa o pretesto. Non è necessario ricercare con qual fondamento una questione che ormai ripete la sua soluzione esclusivamente dal Trattato di Praga stipulato fra l'Austria e la Prussia potrebbe prestare argomento a discussione fra questa ultima e la Francia. Il vero è che anche di siffatta vertenza sembrano voler trar pa,rtito coloro i quali si affaticano a produrre in Europa una guerra che senza giovare ad alcuno in particolare riescirebbe certamente funesta ai generali interessi e segnerebbe un vero regresso nella via della civiltà.

La speciale posizione del Governo dello 'l'zar e le intime relazioni esistenti fra la famiglia Imperiale di Russia e quelle Sovrane di Prussia e di Danimarca sembrano concorrere a renderlo più che ogni altro atto ad esercitare a Berlino ed a Copenaghen una salutare influenza. Un'azione diplomatica diretta a conciliare interessi forse non abbastanza definiti dagli articoli della pace di Praga, acquisterebbe alla Russ·.a un nuovo titolo alla riconoscenza generale di tutti i paesi e di tutti i Governi che come noi desiderano seriamente di veder allontanata ogni probabilità di guerra. Benché la sfera della nostra ingerenza politica nelle questioni di interesse generale sia ancora alquanto limitata, tuttavia la nostra cooperazione sarà sempre assicurata a quel Governo che vorrà intraprendere di ridonare la calma all'Europa valendosi dei mezzi pacifici per vincere ~presenti difficoltà. Nutriamo ferma fiducia che in questo nostro contegno il Gabinetto di Pietroburgo troverà un giusto motivo di compiacenza pella soddisfazione da lui recentemente dimostrata nel veder prendere dall'Italia, nella vertenza del Lussemburgo, il posto che le conviene di Grande Potenza.

Le ripetute dichiarazioni fatteci da S. E. il Principe Gortchakoff in ordine alla situazione generale della politica Europea non ci lasciano alcun dubbio che propugnando noi la politica della pace e della non intervenzione non po

tremo mai trovarci in opposizione di v~dute od in disaccordo di interessi col

Governo Imperiale.

Ella sa, Signor Marchese, che durante la missione del di Lei predecessore, ed anche in momenti molto difficili i buoni rapporti fra i due paesi si accrebbero sempre ed ancor più quando a seguito del ristabilimento di regolari relazioni con tutte le Potenze Europee la nostra azione essendo divenuta più libera noi abbiamo potuto farci a considerare le principali questioni ad un punto di vista più largo ed indipendente. La facilità e direi quasi l'intimità dei rapporti esistenti fra i due Governi ebbero nuovo campo di dimostrarsi palesemente nella recente visita di S.A.R. il Principe Umberto all'Imperatore Alessandro. La cordialità squisita colla quale l'erede del Trono d'Italia venne accolto a Pietroburgo fu pubblica testimonianza che sempre vive si mantengono quelle antiche simpatie non mai smentite che unirono in ogni tempo la Casa Imperiale di Russia all'Augusta Famiglia Sovrana in cui si idenUìcano i più cari ricordi della nostra storia nazionale e le più fondate speranze dell'avvenire Italiano.

Ella dovrà quindi sino dal primo suo giungere in Pietroburgo non solo esprimere all'Imperatore i ringraziamenti del Re per l'accoglimento fatto all'Augusto suo figliuolo, ma non dovrà eziandio omettere alcuna occasione che Le si presentasse per far conoscere tutto il pregio in cui quelle dimostrazioni furono tenute in Italia dal Governo del paese.

Ella avrà agio di osservare, Signor Ministro, durante il suo soggiorno in Russia quale sviluppo vada acquistando presso il popolo di quel paese il sentimento nazionale ed il sacro affetto che l'unisce al suo principe. Vedrà gli effetti di già prodotti da una meravigliosa riforma sociale ed economica compiutasi nel breve termine di pochi anni e volendo misurare la vigoria che ne ritrassero 1e forze espansive della Nazione Ella fo~se troverà nelle tendenze proprie della razza slava, alle quali diedero nuova vita le recenti istituzioni provinciali e comunali, un argomento per respingere i timori che a noi sin qui sembrarono esagerati sulle conseguenze possibili per l'Europa del risorgimento dei popoli di quella razza.

A Lei, Signor Marchese, che già occupò un eminente posto diplomatico in Oriente, non è d'uopo che io lungamente esponga le simpatie che incontrarono ognora in Italia i movimenti delle popolazioni slave verso la loro ricostituzione nazionale. Fu logica d'idee e di principi quella che ispirava tali simpatie, e con compiacenza oggi noi possiamo affermare che l'Italia vi trovò piena corrispondenza di sentimenti, e di aspirazioni. Eppure queste nostre simpatie, spesse volte anche apertamente manifestate, non r:svegliarono mai alcuna sospettosa ditfidenza per parte della naturale protettrice di quei popoli appunto perché la Russia ebbe già campo di accertarsi che nell'appoggio che noi prestiamo in Europa allo sviluppo de' principi sui quali riposa la nostra politica esistenza, non v'ha cosa alcuna che possa riuscire dannosa ai suoi propri e veri interessi. La parte che tocca alla questione slava nel vasto problema orientale, ha già dato occasione all'Italia ed alla Russia d'incontrarsi nelle medesime vedute sopra importantissimi argomenti.

10 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

Forse Ella troverà che ancor più che della situazione politica generale dell'Europa, il Governo dello Tzar si preoccupa delle condizioni particolari di alcune provincie ottomane. L'esperienza e lo sLudio ch'Ella ha fatto delle cose di Turchia, le faciliteranno quindi il compito in questa sua nuova missione. Mostrandosi, qual'è, versato nelle quistioni speciali di quell'Impero e al fatto dei bisogni e dell'esigenze dei vari popoli che lo compongono, la S. V. si acquisterà certamente tutte le simpatie del Governo Russo.

Finché l'Italia non era del tutto costituita, la nostra posizione avea dell'esigenze speciali che dopo l'acquisto della Venezia più non suss:stono nella stessa misura. Difensori naturali dei principii di nazionalità e d'indipendenza, di uguaglianza civile e di libertà di coscienza e di culto pur accordando l'appoggio delle nostre simpatie ai popoli cristiani della Turchia che invocano quei principii medesimi, noi ci trovavamo spesso costretti a frenare l'impulso del sent:mento di fronte alla necessità della prudenza politica.

Finché un'azione troppo pronunziata da nostra parte in Oriente avrebbe potuto, eccitando i timori dell'Inghilterra, spingere quest'ultima verso una alleanza più intima e più estesa coll'Austria, il nostro contegno dovette necessariamente essere in varie occasioni assai circospetto. Ella ebbe a rappresentare in parte questa nostra politica durante la sua missione a Costantinopoli ed è necessario che io qui lo ricordi perché la parte ch'Ella ebbe di già nelle cose orientali potrebbe per avventura averle creato qualche difficoltà, che ora importa superare sin dal suo primo giungere alla Cor~e di Pietroburgo.

L'esigenze speciali di quella nostra passata condotta circospetta e limitata furono ben note al Gabinetto di Pietroburgo, al quale in più occasioni il Governo del Re non mancò di esporre qual danno recasse alla politica generale in Oriente H fatto di trovarsi l'Austria nel possesso della Venezia, sia pella forza che essa stessa ritraeva da quella imponente posizione sud mare che domina H Levante, sia per l'inazione alla quale condannava noi stessi nella quistione orientale.

È bene che Ella sappia che queste nostre dichiarazioni non furono dimenticate dal Gabinetto Imperiale, e che anzi la memoria di esse si mostrò vivissima anche in recenti occasioni. Non sarà dunque fuor di luogo che io ponga la S. V. interamente al fatto della condotta politica che, nel breve periodo di tempo trascorso dall'ultima guerra in poi, l'Italia ha tenuto nelle cose d'Oriente. E per evitare a Lei lunghe ricerche e letture delle recenti corrispondenze diplomatiche, reputo miglior partito di brevemente riassumere il contegno da noi serbato di fronte ai casi presenti di Turchia.

Era appena firmato il trattato di pace coll'Austria che già l'Italia veniva chiamata a spiegare la sua azione diplomatica in Oriente.

Rumori di guerra in Serbia, agitazione degl.i animi in Grecia e nelle finitime provincie ottomane, torbidi nel Libano ed in Siria, aperta insurrezione in Creta, timori di prossime e gravi perturbazioni in tutti gli Stati del Sultano, tale era la situazione delle cose di Turchia quando le Potenze interessate ad impedire mali maggiori stimarono fosse divenuto necessario il concorso della loro opera pacifica trice.

D'accordo cogli altri Governi, l'Italia rivolse ogni cura ad impedire che la vertenza sorta pell'evacuazionP-delle fortezze di Serbia conducesse ad aperte ostilità fra la Porta ed il Principato, e nel mentre faceva sentire consigli di moderazione a Belgrado teneva un linguaggio disinteressato ed amichevole a Costantinopoli, dimostrando quali vantaggi sarebbero derivati alla Sublime Porta dall'accogliere la dimanda di evacuazione diretta dal Principe Michele e dall'accettare per tal modo le guarentigie di pace che questi le offriva.

Varii indizi e voci qua e là raccolte facevano credere, senza che di ciò si avesse prova sicura, che esistesse accordo fra i Serbi e gli rultri popoli di razza slava soggetti al dominio turco, e che qualche intelligenza segreta fosse occorsa fra di loro pel caso in cui il Sultano ricusando di aderire alle domande del Principe Michele, la guerra dovesse accendersi nel Principato. Alleati naturali del Principe serbiano sarebbero stati i Montenegrini, i Bosniaci e gli Erzegoviani, fors'anche i Bulgari, e certamente il moto Slavo avrebbe trovato ajuto nella rivoluzione Ellenica.

Di eventualità così gravi doveva necessariamente preoccuparsi il Governo Italiano, dappoiché qualsiasi rivolgimento che possa far uscire le questioni orientali dalle vie pacifiche non può essere favorevole ai veri interessi del:l'Italia, la quale per molte ragioni è condotta in questo momento a concentrare ogni suo sforzo nel riordinamento delle sue cose interne.

Di fronte ad una situazione tanto grave noi dovemmo anzitutto ricercare se per avventura non vi fosse fra le potenze chi sperando valersi in proprio vantaggio della generale conflagrazione potesse avere vedute meno disinteressate delle nostre, ed avendo avuto notizia che l'Austria fedele alla sua politica aveva fatto certe sue entrature a Pietroburgo nel senso di un possibile smembramento dell'Impero, non esitammo a dichiarare che non meno della Russia noi ci credevamo interessati ad opporci a che l'Impero Austriaco rafforzasse il suo dominio nell'Adriatico coll'aggiungersi provincie slave della Turchia. Noi abbiamo il convincimento che l'opera pacificatrice alla quale ci associammo d'accordo con altre Potenze ,in Serbia, mentre ha risparmiato all'Europa complicazioni gravissime ha d'altra parte riservato compiutamente l'avvenire delle nazionalità slave che un moto prematuro avrebbe fors'anche potuto compromettere.

Il principio di nazionalità va acquistando vigoria anche fra le popolazioni del Levante a misura che la civiltà vi si introduce, e tende a surrogare poco a poco il principio religioso nel quale dalla conquista in poi si erano concentrati gli ultimi elementi superstiti della vita autonoma e nazionale de' popoli cristlani soggetti alla Turchia.

Senza negare che nelle condizioni presenti della civiltà Orientale il sentimento religioso possa essere ancora un mezzo considerevole di influenza per chi sappia usarne con accorgimento e moderazione, noi abbiamo creduto che l'Italia dovesse cercare un fondamento p"ù solido alla sua influenza in una politica disinteressata che informandosi saggiamente e costantemente ai principii sui quali è fondata la ricostituzione del nostro paese, avrà per effetto di promuovere lo sviluppo di tutti gli interessi morali, economici e politici delle popolazioni orientali. È questo l'indirizzo che il R. Governo stimò dover dare

sin qui alla sua condotta politica in Oriente. Seguendo le recenti tradizioni

della Sardegna il nuovo Regno Ital'ano propugnò costantemente nei Consigli

delle Potenze tutto ciò che poteva condurre i Rumeni ed i Serbi a dar solido

assetto alle loro autonomie nazionali, ed a fronte della insurrezione Cretese,

pur mantenendosi nei limiti prescritti dal rispetto dovuto alle relazioni inter

nazionali non esitò a dimostrare le simpatie che risvegliava in Italia lo spet

tacolo di una lotta che con varia fortuna dura da p ù mesi.

Attenendosi strettamente al principio di non intervenzione il Governo del Re non si è limitato soltanto a provvedere che consigli di moderazione fossero dati dai suoi Agenti .~n Grecia ed in Turchia, ma ha associato la sua azione diplomatica a quella delle altre Pot:mze nel raccomandare provvedimenti capaci di calmare gli animi e di lasciare aperta la via alla conciliazione.

L'Inghilterra fedele alla sua politic:J. tradiz:.onale verso la Turchia e ritrosa

sempre a prendere impegni ha recisamente ricusato di associarsi a tutto ciò

che potrebbe condurla ad uscire dal limite dei puri consigli e degli amichevoli

suggerimenti.

La Russia dopo aver proclamato il bisogno di una generale e radicale ri

forma nell'Impero Ottomano aveva chiE.si;o che il Governo del Sultano fosse la

sciato solo a fronte delle àiff coltà interne che incontrerebbe e che il principio

di non intervenzione fosse applicato nel suo più ampio significato per parte

di tutti i Governi interessati anche nel caso in cui i popoli or:entali cercassero

di porgersi ajuto fra di loro.

Poi quando altri propose uno sm2mbramento in favore della Grecia, so

stenne non poter associarsi ad una soluzione così favorevole all'elemento elle

nico, se al tempo stesso non si provveda in qualche maniera ai bisogni delle

popolazioni slave soggette al dominio turco, e per ultimo, seguendo le evolu

zioni della politica francese, sembrò voler limitarsi a chiedere una generale

organica riforma, la quale avrebbe per base il riconoscimento parziale delle

varie nazionaEtà esistenti, e per effetto la ricostituzione delle varie autonomie

nazionali.

Nemmeno la politica francese ha seguito una linea di condotta costante nell'ultimo periodo dei negoziati relativi all'Oriente. Partendo da un punto di vista pratico il Governo dell'Imperatore st:mò dapprima che nelle presenti condizioni sociali della Turchia il proclamare in modo assoluto l'applicazione del principio di non intervenzione potrebbe condurre a conflitti e confus:oni tali da rendere poscia necessaria l'azione delle Potenze quando il male che avrebbe potuto antivenirsi richiederebbe rimedi estremi. Quindi si faceva a promuovere una soluzione che, ove fosse stata ado~"ata, avrebbe consacrato la supremazia della razza E~lenica mediante un importante ingrandimento territoriale del Regno di Grecia; ma desistendo ad un tratto da tale proposta, si riduceva a chiedere alla Porta la rinunzia al possesso della Grecia e l'adozione di un piano completo di riforme amministrative le quali ove dovessero essere applicate ad uno Stato formato ai principi: unitarii tradizionalmente stabiliti, forse sarebbero savie ma in nessun caso potrebbero produrre effetti pratici se non dopo un llL'1go periodo di tempo. Ii programma francese avrebbe a parer nostro il gran difetto di non dare alcuna soddisfazione immediata alle popolazioni cristiane ed ammetterebbe inoltre come possibile la continuazione dell'opera assimilatrice delle varie parti dell'Impero sotto un Governo centralizzatore, epperò indirettamente si opporrebbe alla ricostituzione graduale e progressiva dei popoli Orientali in nazionalità viventi di vita propria ed indipendente.

L'Austria e la Prussia non sembrano volersi per ora impegnare in una politica di principii, forse la prima non d'spera trovar propizia occasione di far prevalere anche in Oriente il sistema sul quale è fondato il suo impero; e la seconda, intenta ad interessi per lei ben più gravi, non vorrebbe precludersi la v1a a concessioni eventuali in una questione che non la tocca da vicino.

In mezzo a tante divergenze d'ol)inioni la Porta Ottomana respingendo sempre le proposte di cedere anche la più piccola parte del suo territorio, si applicava a sua volta a ricercare se con riforme interne potesse scongiurare i danni di una situazione tanto pericolosa.

Mandò in Creta nel febbraio scorso un suo Commissario latore d'un firmano imperiale tendente a rappacificare gli spiriti, e ad introdurre nell'isola riforme che, stabilite d'accordo con deputati Cretesi, le sembravano dover bastare a dar soddisfazione alla popolazic:r;e dell'isola.

Alla comunicazione ufficiale fattaci di queste disposizioni, noi rispondevamo rallegrandoci in genere col Governo del Sultano della via sulla quale sembrava volers: mettere. Consultare i voti ed i bisogni delle popolazioni è, secondo noi, rendere omaggio ad un principio che va diventando la base del diritto pubblico moderno. Ma appunto perché l'Italia crede all'efficacia di questo principio stimava opportuno esporre qualche dubbio sulla portata delle disposizioni contenute nel firmano imperiale.

Nel fervore della lotta ed in mezzo all'eccitamento delle passioni, come credere infatti che la popolazione cristiana dell'isola avesse a riconoscere come sufficiente guarentigia un modo di rappresentanza della quale non si diceva altro nel firmano se non che sarebbe indifferentemente composta di musulmani e di non musulmani? E non sarebbe Costantinopoli, ove dovrebbe convocarsi l'Assemblea, tal luogo in cui predominerebbero influenze poco disposte a rispondere alle dimande anche le più ragionevoli? Ed in che modo si provvederebbe all'indipendenza dei Deputati?

A muovere tutti questi dubbi il Governo del Re era indotto dall'esperienza fatta che ben dimostrava qual fede co:-:vcnga mettere nell'efficacia di provvedimenti che spesso non vanno più in là delle vane promesse.

Esprimeva però il Governo italiano in quella occasione l'opinione che ove la Porta fosse persuasa che il solo rimedio contro le rivoluzioni sta nelle riforme liberamente date e largamente applicate, ed ove volesse entrare con risoluzione e coraggio in questa via, non le mancherebbe il plauso di tutti i Governi civili e la riconoscenza dell'Europa.

Come poi il Governo del Sultano ascoltasse questi savi consigli, e quanta ragione d'essere avessero i nostri dubbi, dimostrarono gli avvenimenti indi a poco succedutisi.

A questo punto un'azione collettiva delle Potenze essendo divenuta necessaria, sulla proposta della Russia e della Francia che sembravano essersi fra di loro preventivamente poste d'accordo noi abbiamo stimato dover ricordare

alla Porta che sino dal principio dei moti di Candia eravamo stati fra coloro che le consigliavano di appigliarsi ai mezzi di conciliazione ed usarne largamente senza aspettare dalla sottomissione completa dell'isola una condizione di cose che ci sembrava d:fficile se non impossibile di ottenere.

Il Governo del Re teneva questo linguaggio perché era animato dal desiderio d'impedire una conflagrazione generale in Oriente. E questi ed altri simili concetti ripeteva poi il Rappresentante d'Italia a Costantinopoli quando uscendo dalle vie officiose dovette rinnovare le medesime rimostranze amichevoli in via ufficiale e d'accordo coi Rappresentanti d'Austria, Francia, Prussia e Russia.

Eransi infatti tutte queste Potenze concertate fra di loro (22 marzo) per chiedere alla Porta: l 0 ) che i Cretesi fossero lasciati liberi di esprimere i loro voti sulle sorti future dell'isola; 2°) che le ostilità venissero sospese in Candia.

Il Governo Francese esprimeva l'opinione, alla quale peraltro noi consentimmo volent:eri, che per non offendere le suscettività inglesi, era conveniente evitare la forma collettiva, ma che in ogni caso le dimande dei varii Rappresentanti dovrebbero essere concordanti, simultanee e verbali.

È bene che la S. V. conosca come le istruzioni che noi dobbiamo credere fossero date in questi sensi dal Governo francese, venissero poi eseguite dal suo Ambasciatore, il Signor de Bourée, perocché nella condotta del Rappresentante della Francia in tutto questo negoziato forse già a quest'ora si nasconde una causa prossima di divergenze gravi fra quei Governi che nell'apparenza almeno sembravano dapprima dover procedere d'accordo.

Il Signor di Bourée anziché conformare la propr'a condotta a quella che appariva tracciata dalle comunicazioni fatteci dallo stesso Governo Imperiale di Francia, senza concertarsi con alcuno dei suoi Colleghi si recava solo alla Porta e vi faceva le due dimande che le Potenze erano rimaste d'accordo di proporre simultaneamente al Governo del Sultano. Gli inviati di Russia, d'Austria, di Prussia e l'Incaricato d'Affari d'Italia venivano informati il giorno stesso dall'Ambasciatore francese del reciso rifiuto appostagli da Fuad Pacha, ma cionondimeno, per compiere gli ordini ricevuti, credettero dover rinnovare l'indomani le medesime proposte e la Porta mantenne il fatto rifiuto.

Quale effetto fosse per produrre questa discordanza nell'azione dei Rappresentanti, la S. V. può facilmente apprezzare. V. S. ben conosce come ogni arte di governo della Porta consiste sovratutto nel sapere creare screzi fra le Rappresentanze estere per sottrarsi così alla per lei irresistibile forza della azione diplomatica collettiva.

Ed invero mentre Rustem Bey era incaricato di comunicarci il nuovo rifiuto, si spedivano da varii punti dell'Impero altre truppe in Creta; Omer Pacha vi inaugurava il regime del terrore e dal Gabinetto del Sultano si spedivano note risolute alla Grecia.

Per altra parte il Gabinetto di Pietroburgo non volendo ristarsi dal fare nuove e più efficaci rimostranze a Costantinopoli proponeva a Parigi ed il Governo francese accettava, che la domanda di sospendere le ostilità in Candia si rinnovasse dai rappresentanti delle Potenze presso la Porta; ma questa volta in forma identica e collettiva. E per evitare se n'era ancor tempo che in Creta si adroprassero intanto mezzi di barbara repressione, l'Ambasciatore francese in Turchia prima, gl'interpreti d'Italia, di Prussia e di Russia dopo, rinnovavano l'invito alla Porta perché si ristesse dallo spargere altro sangue. Ognun sa come tutti quegli uffizi sortissero purtroppo un effetto negativo. A quest'ultima dimanda l'Austria non si era voluta associare, e di poi il suo contegno sembrò ognora dimostrare l'intenzione di prendere consiglio esclusivamente dai particolari interessi della sua propria politica.

Il Barone di Beust motivava il rifiuto del Gabinetto di Vienna di concorrere a nuove pratiche presso il Governo Ottomano dalla persuasione in cui egli era, che persistendo l'Inghilterra nel non volervisi unire, l'effetto presso la Sublime Porta non potrebbe riuscire soddisfacente.

A vincere l'ostacolo che tale divergenza di vedute frapponeva all'azione collettiva delle Potenze si dovette spendere un tempo prezioso durante il quale le condizioni di Candia si trovarono non poco peggiorate; e quando finalmente (15 giugno) la Francia, la Prussia e la Russia d'accordo con noi presentavano a Costantinopoli la nota identica, che l'Incaricato d'Affari d'Italia aveva ricevuto dal suo Governo sin dai primi giorni di maggio, e quando anche gli altri due Governi interessati si trovarono pressoché d'accordo con noi nel chiedere che la Porta ordinasse un'inchiesta sullo stato e sui bisogni dell'Isola, e che a quest'inchiesta fosse data la guarentigia del concorso di commissarii delle Potenze, una risposta enigmatica del Governo ottomano (20 giugno) i viaggi dei Principi e dei loro Ministri e per ultimo quello del Sultano, avrebbero lasciato ogni cosa in sospeso e forse pel meglio di tutti se intanto il sangue del popolo cretese fosse stato risparmiato, ed interrotta almeno l'opera di sterminio in quell'infelice contrada. Infatti checché altri s'aspettasse da quei colloqui di Sovrani e di Ministri, noi non esitammo a dichiarare a parecchie riprese che l'assenza del Sultano dalla sua capitale poteva ritardare la crisi, non modificare sostanzialmente una situaz:one che ogni dì più si complicava; ed al Principe Gortchacoff ed al Marchese di Moustier noi indirizzammo dirette interpellanze per conoscere qual seguito negli intendimenti dei due Governi, dovessero avere le dimande inutilmente fatte alla Porta. Le risposte che ebbimo da Parigi è da Pietroburgo non ci permisero sin qui di farci un concetto ben esatto delle future intenzioni di quei due Gabinetti. Per uscire dall'incertezza provocata dall'ambigua risposta del Governo Turco, il Marchese di Moustier diresse (5 luglio) all'Ambasciatore Ottomano in Parigi le tre domande seguenti: La risposta della Porta è dessa un'accettazione accompagnata da osservazioni? È dessa una accettazione sotto condizione? Ovvero costituisce essa un rifiuto? Queste dimande non avevano ancor ricevuto, sino a questi ultimi giorni, alcun preciso e categorico riscontro. Sperava però il Ministro degli Affari Esteri di Francia che la Port't si piegherebbe ad accettare l'inchiesta, ma nel tempo stesso esprimeva l'avvl .o che ave il Governo del Sultano persistesse nel suo rifiuto forse la Russia s, risolverebbe a mandare una sua flotta intorno a Creta, ed il Marchese di MJustier non dubitava punto che nessuna delle Potenze si deciderebbe ad impedir.1ela.

Alle re ,Jiicate nostre istanze per conoscere a qual partito si sarebbe appigliato il G 1verno della Tzar di fronte ad una ripulsa decisa per parte della Turchia, il Principe Gortchakoff ci faceva rispondere che la Russia credeva che in tal caso le Potenze si dovessero mettere d'accordo per ordinare alle loro flotte di approdare a qualunque punto dell'Isola, ave si trovassero vecchi donne e fanciulli senz'asilo, di prenderli a bordo e trasportarli in luogo di sicurezza. Aspettava il Cancelliere dell'Impero l'adesione esplicita della Francia a quella sua proposta e già aveva avuto (3 luglio) avviso da Londra che Lord Stanley aveva dichiarato al Barone Brunnow che l'Inghilterra non potrebbe per certo opporsi ad una simile misura di umanità purché però non si facilitasse in tal modo l'arrivo di armi e rinforzi agli insorti. E noi al Principe Gortchakoff che ci chiedeva di associare la nostra azione a quella della Russia trattandosi di atto reputato necessario di fronte alla condotta delle Autorità Ottomane in Creta, rispondevamo avere i Comandanti dei RR. Legni nelle acque di Candia istruzioni precise di esercitare ognora quella generale protezione che merita ogni interesse umanitario; aver dessi ancor recentemente dimostrato come sappiano interpretare quelle nostre istruzioni. E qui forse è d'uopo ora soggiungere che se altri gravosi impegni d'ordine interno ed il limitato armamento navale consentitoci dalla nostra situaz:one finanziaria non ci permettono di servirei di mezzi più potenti e più efficaci di azione nelle acque di Creta noi non ci ristaremo dall'adoperare quelli di cui possiamo attualmente disporre. Se non che essendo non ha guari giunto avviso telegrafico all'Inviato Russo in Firenze che il Consiglio dei Ministri a Costantinopoli avrebbe fatto rispondere a Parigi con un rifiuto categorico alla domanda d'inchiesta e che Francia e Russia d'accordo ordinavano alle loro navi di procedere all'imbarco de' Cretesi, il Governo del Re venne sollecitato di associarsi a quella misura che applicata già prima d'ora da un nostro legno ottenne per tal modo la nostra adesione di fatto.

Ritornerò sovra questo argomento e Le darò se occorrono nuove istruzioni al proposito, intanto importerà notare come così avvenisse che mentre le potenze da principio sembravano volersi occupare attivamente delle condizioni generali di tutto l'Oriente, dippoi restringessero invece la loro azione d"plomatica a provvedere alle cose più urgenti e fra queste anzitutto agli affari di Creta.

Siccome però anche noi reputiamo che lo stato attuale di Candia non possa ad ogni modo più a lungo protrarsi senza condurre necessariamente ad una soluzione qualsiasi, cosi sembra sin d'ora si possa prevedere che venendo di nuovo messa in campo la questione generale delle condizioni fatte alle popolazioni Cristiane della Turchia un programma ben più vasto sarà proposto in un tempo a noi vicino alla discussione Celle Potenze.

Il Gabinetto di Pietroburgo e quello delle Tuileries hanno già proceduto ad uno scambio di idee sulle riforme necessarie in tutto l'Impero Ottomano. Da Parigi e da Pietroburgo ci vennero simultaneamente comunicati gli studii fatti dai due Governi sopra quel difficilissimo argomento. Speravasi da principio che una intelligenza ed un accordo si sarebbe stabilito fra la Francia e la Russia se non sovra ogni singolo rimedio da applicarsi almeno sui principii generali da adottare. Noi abbiamo veduto dipoi con molto dispiacere che un gravissimo disaccordo esisteva fra le proposte messe innanzi dal Governo francese e quelle che ci giungevano da Pietroburgo. Le riforme delle quali le due

Potenze erano concordi nell'ammettere la necessità e l'urgenza partendo da principii diversi, riuscivano ac;J. opposte conseguenze.

Ella troverà, Signor Ministro, negli archivi della R. Legazione un esemplare delle memorie compilate a Parigi ed a Pietroburgo sovra questo oggetto. Io la invito a rendersi famigliare il contenuto delle medesime perché certamente a Lei sarà data occaslone di favellare con uomini competentìssimi e che ne hanno fatto studio profondo. Difficile riesce il misurare il pratico valore dei due sistemi di riforma proposti ed il calcolarne la probabilità di riuscita nel senso dì assicurare la tranquillità dei paesi posti sotto il dominio turco e lo sviluppo sociale ed economico di quei popoli. Il Governo del Re ha assunto il compito di esaminare attentamente le varie questioni ad un punto di vista pratico e va raccogliendo a questo effetto tutto ciò che possono suggerirgli l'esperienza de' suoi agenti e la ricerca paziente delle tradizioni locali.

Allorché il Gabinetto di Pietroburgo ci ha invitati a prendere cognizione delle proposte da lui fatte e ad esporre il particolare modo nostro di vedere intorno ad esse, noi ci siamo cosi espref'si (30 aprile): « L'esper:enza ha ormai dimostrato che le riforme successivamente introdotte nell'Impero Ottomano non hanno raggiunto lo scopo al quale tendevano gli sforzi concordi dell'Europa. Forse che codeste riforme non erano proporzionate al grado di civiltà del paese ed ai bisogni delle popolazioni della Turchia? Non ci proponiamo di risolvere per ora un simile prob'l.ema ma a noi sembra che un'opera seria ed efficace di generale riforma in Oriente non possa intraprendersi con speranza di favorevole riuscita se dessa non è preceduta da un esame della situazione attuale delle varie provincie ottomane e delle cond:zioni speciali di ciascuna delle varie razze che le popolano».

A complemento di questi concetti ora noi aggiungeremo che quello fra i sistemi che conducesse più prontamente e più direttamente ad un assetto equo e duraturo della situazione dei varii popoli soggetti alla dom:nazione ottomana meriterebbe, a nostro avviso, il concorso efficace e cooperativo di tutte le Potenze ed otterrebbe senza fallo l'appoggio delle simpatie italiane.

Alla proposta Russa di emettere noi stessi apertamente un giudizio sul piano di riforme elaborato a Pietroburgo andava congiunto il progetto che appena i varii Governi si fossero messi d'accordo intorno ai provvedimenti da suggerirsi alla Porta una Conferenza de' loro Rappresentanti rispettivi s'avesse a radunare a Costantinopoli onde discutervi coi Ministri del Sultano le questioni riflettenti l'applicazione dei provvedimenti medesimi.

A questa seconda parte della proposta Russa noi abb"amo risposto rinnovando al Gabinetto di Pietroburgo l'assicurazione dell'impegno che mettevamo nel concorrere alle deliberazioni che si tratterebbe di prendere per ricercare un rimedio efficace alla situazione presente della Turchia, ma noi abbiamo espresso nel tempo stesso il dubbio che il Governo del Sultano fosse per consentire ad entrare in una conferenza che avrebbe per programma una generale riforma della Legislazione economica, civile e politica dell'Impero. Non sembra infatti che sovra così delicato argomento andassero molto oltre le trattative e della conferenza ben tosto non fu più parola dacché ognuno comprendeva che, la Porta non aderendovi, l'Inghilterra non vi avrebbe partecipato e che così ogni conferenza diveniva presso che impossibile e senza scopo dacché 1 Ministri del Sultano ed il Rappresentante Britannico ricuserebbero di assistervi.

Di un progetto che venne per tal modo quasi subito messo in disparte non sarebbe stato necessario che io tenessi discorso alla S. V. se ciò non mi prestasse adito a farle notare una delle singolarità della politica austriaca nella questione generale che si agita in Oriente.

Sul finire di Giugno e mentre appunto l'Austria sembrava non volersi associare alla dimanda d'inchiesta per Creta, il Signor Barone di Beust non esitava a dichiarare che solo rimedio pella stato attuale delle cose in Turchia sarebbe il radunare una Conferenza delle Potenze dalla quale dovrebbe però essere escluso il rappresentante ottomano.

Ella comprende, Signor Marchese. il senso vero di siffatte proposte ed ella vede senza che io le indichi lo scopo a cui tenderebbe necessariamente una politica che prendesse le mosse da un s:mile atto. Fedele al suo sistema l'Austria non vede nella questione orientale che un territorio da dividere. Noi invece vi vediamo popoli che cercano nello sviluppo della loro civiltà di trovare le condizioni di un'esistenza autonoma di cui non perdettero la tradizione storica.

Sino dal principio dei moti presenti di Turchia il Ministro d'Austria a Pietroburgo, forse per scoprire terreno, lasciò cadere una sua proposta per un riparto :n cui all'Austria sarebbero venute le provincie Slave di Bosnia e d'Erzegovina. È bene che Ella sappia che a quei discorsi il Principe Gortchakow rispose che la Russia era disposta a fare la guerra piuttosto che di vedere nuove provincie slave aggiungersi alla dominazione austriaca ed informandoci delle entrature che gli erano state fatte a noi contemporaneamente faceva dire che l'interesse italiano sarebbe leso non meno di quello della Russia da una combinazione che avrebbe per effetto di rafforzare singolarmente l'Austria nell'Adriatico. Non si ristette però il Barone di Beust e mentre spiegava una tal quale attività in quelle provincie per trarle di preferenza verso la Croazia, dimostravasi inquieto dei movimenti che nelle provincie turche finitime all'impero austriaco potessero prodursi e radunava anzi qualche truppa sul confine. Accreditavasi poi la voce che per compiacere alla Russia il Gabinetto di Vienna proponesse una revisione del trattato di Parigi del 1856. Ma lo scopo finale di tutto questo agitarsi traspariva troppo chiaramente e la polit:ca viennese non ebbe per effetto che di accrescere sempre più le diffidenze del Gabinetto Russo a suo riguardo.

Qualunque passino essere le sorti dell'Impero degli Absburgo a seguito

dell'opera di trasformazione intrapresa a Vienna, né a noi, né alla Russia, né

ad alcuna altra nazione potrebbe convenire che alle provincie di incerta nazio

nalità della Turchia europea sovrastasse un vasto regno slavo i:l quale, raffor

zato dalla sua unione colle altre corone della Casa imperiale Austriaca, si esten

derebbe dal Danubio all'Adriatico.

Qui l'argomento mi conduce naturalmente a dirle brevemente, Signor Mar

chese, come questa questione di una revisione delle stipulaz:oni del 1856 sia

sentita a Pietroburgo. In un'occasione recente il Cancelliere dell'Impero così si

esprimeva col Signor Conte De Launay a questo riguardo: <<Nessuna pratica

fu iniziata, diceva egli, al proposito e la Russ:a non sarà mai che ne parli la

prima. Alcuni mesi or sono il Barone di Beust aveva scritto al Principe di Metternich un suo dispaccio circa la convenienza che vi sarebbe di una revisione. Il dispaccio fu conosciuto e ne parlarono i giornali; ma s'ingannerebbe a partito chi credesse che la Russia abbia suggerito all'Austria quelle sue idee. La Russia non mendica. Ai suoi occhi il trattato del 1856 è diggià abrogato. Le Potenze ne violarono i patti a loro posta nelle questioni dei Principati Danubiani. Come mai ora esse vorrebbero pretendere di mantenere intatta soltanto la parte diretta contro l'Impero dello Tzar? All.a Russia appartiene ormai il diritto d1 svincolarsene quando lo voglia. Libero ad altri di prendere l'iniziativa d'una revisione: la Russia non ha chiesto e non chiederà cosa alcuna in questo senso! Del resto, soggiunse poi il Principe, ove anche la Francia ci avesse a promettere di impegnarsi per una revisione a noi favorevole, non crediamo ingannarci credendo che dessa indietreggerebbe ben presto dinanzi alla resistenza probabile che incontrerebbe nell'Inghilterra».

Volli riprodurle testualmente queste parole del primo Ministro dell'Imperatore Alessandro perché era necessario che io le accennassi anche questa grave e delicata questione sovra la quale noi ci siamo con ogni diligenza e discrezione astenuti di emettere un qualsiasi giudizio. A lei pertanto io debbo più particolarmente raccomandare di mantenersi in questa riserva importando di non pronunciarci senza necessità in affare di tanto impegno. Anzi anche allo scopo di evitare appunto tutto quanto potrebbe pur indirettamente condurlo a spiegare un'opinione al riguardo, Ella osserverà che, da qualche tempo, il Governo del Re si astiene, nel trattare delle cose orientali, dall'usare quelle formule di linguaggio diplomatico che traggono appunto la loro origine dalle condizioni di guarentigia stipulate a Parigi. Ella farà ugualmente bene ad astenersene accuratamente nel parlare di codesti affari cogli uomini politi~i della Russia.

Non pretendo tracciarLe, Signor Ministro, in queste istruzioni la condotta da tenersi in tutti i possibili casi di future complicazioni, importava soltanto che io svolgessi qual fu la politica del Governo del Re nelle principali questioni che hanno recentemente richiesto il concorso della nostra azione diploma·;ica accanto a quella della Russia. Riepilogando a f:ommi capi ciò che abb;amo fatto nelle varie fasi di quelle questioni mi sono proposto lo scopo di inaicarle con ogni maggior possibile precisione la via sin qui seguita. Ella è incaricata di progredire su quello stesso cammino e vi riuscirà ne sono certo svolgendo e rafforzando le ottime relazioni diggià stabilite fra i due Governi e le due nazioni.

Se le sorti dell'ultima guerra da noi combattuta oltre agli acquisti territoriali avessero assicurato all'Italia una stabile preponderanza in mare ed in terra la nostra azione politica fatta indipendente avrebbe potuto subito prendere nelle varie questioni europee un'iniziativa propria che purtroppo conviene affermare sarebbe ora fuori d'ogni proporzione colle forze del paese e fors'anche in opposizione colla necessità più immediata della sua posizione.

Raffrontando la situazione della questione orientale con quella fatta in Europa dal continuo rumoreggiare di guerra in Germania, Ella troverà facile argomento di dimostrare al Principe Gortchakow la necessità in cui noi ci troviamo di assicurare la nostra neutralità con l'appoggio di utllì alleanze atte a controbilanciare eventuali esigenze da parte de' nostri formidabili vicini. E da questo argomento Ella sarà forse naturalmente condotta a trarre come naturale conseguenza l'interesse comune che esiste fra l'ItaEa e la Russia di vedere pacificati gli animi fra le nazioni Europee affinché la loro opera comune fatta libera d'ogni altra preoccupazione, possa esplicarsi nel solo scopo di risolvere con animo pacato il vasto problema politico sociale delle popolazioni Cristiane d'Oriente.

(l) Cfr. serie I \'DI. VIII, n. 516.

102

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 753/287. Londra, 29 luglio 1867 (per. il 4 agosto).

Nella conversazione che ebbi ieri con lord Stanley gli chiesi se mentre fu il Sultano a Londra erasi trattata menomamente la quistione d'Oriente. Egli mi disse che fedele al programma che erasi tracciato e che aveva indicato alla Camera dei Comuni, erasi creduto dover rispettare le leggi dell'ospitalità non avendo l'aria d'imporre trattative a chi era venuto a vedere la Regina. Ma che brevemente erasi parlato con Fuad Pacha una volta di politica e che il Ministro Turco aveva dimostrata la sua determinazione di non cedere né Candia né un pollice di terreno Turco ed inoltre era molto contrario a inchieste se non sotto a certe condizioni. Poiché vedeva in inchieste fatte altrimenti il primo passo verso un intervento.

Questa teoria non credeva che la Francia fosse disposta ad ammetterla, ma sicuramente non l'ammetteva la Russia. In quanto ad un Governo autonomo l'Inghilterra era rimasta fedele a questa teoria e seguitava a pensare in quel modo. :::.~ ·J[-;

Gli dissi che credevo alle volte che avesse preso occasione da quei successi, che parevan positivi per parte dei Turchi nell'Isola di Creta per raccomandare concessioni importanti sia a favore dei Candioti, sia a favore degli altri Cristiani, non potendovi esser momento più propizio che quello d'una vittoria per mostrarsi clemente e fare concessioni.

Mi rispose lord Stanley esser interamente del mio parere e sicuramente non potevasi che raccomandare la cosa a quel punto di vista a Costantinopoli.

Del resto in quanto alla ammessione che si supponeva che l'Inghilterra avesse fatto del principio di salvare gl'insorti Candioti e che pareva che la Russia avesse creduto accettato da lord Stanley, questi mi fece questa curiosa osservazione cioè: che il Barone Brnnnow veniva di tanto in tanto a fargli una lunga dissertazione che egli ascoltava atteggiandosi in dignitoso silenzio. L'Ambasciatore credeva che questo silenzio significasse adesione e così scriveva tutto all'inverso.

In quanto all'ammessione dell'Italia nelle trattat:ve che potessero sorgere

riguardo alla Siria e Libano di cui trattava il dispaccio di V. E. n. 44 in data del 16 corrente (l) lord Stanley mi disse dopo averlo letto, che sicuramente stimerebbesi fortunato d'avere a collaboratori i rappresentanti Italiani in quelle circostanze. Questo parendomi mostrar buone intenzioni ma in linguaggio un po' vago, credetti bene, tornato a casa, scrivergliene due righe ufficialmente.

P. S. Mi pregio qui compiegare un piego per V. E. pervenuto dalla R. Legazione al Messico.

103

L'INCARICO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 498. Parigi, 29 luglio 1867 (per. il 1o agosto).

Il Governo imperiale, nell'intento di vieppiù tranquillizzare gli animi e di far cessare le voci persistenti, cui dava una parziale smentita la breve nota del Moniteur ch'ebbi l'onore di segnalare ieri all'E. V. (2), fa oggi per mezzo del Moniteur una dichiarazione più generale e più esplicita sulla quale mi pregio di richiamare la di Lei attenzione. Vi è detto che il Governo dell'Imperatore non trovasi in presenza d'alcuna quistione diplomatica che possa modificare le sue relazioni pacifiche ed amichevoli colle diverse Potenze; che il Gabinetto di Firenze prese ogni più energica precauzione per proteggere il confine pontificio e che la Convenzione del 15 settembre sarà risolutamente eseguita; che inftns l'armata francese non dev'essere accresciuta oltre il p:ede di pace ordinario e che nessun nuovo campo sarà istituito.

È probabile che queste affermazioni sì precise produrranno una favorevole impressione, e varranno a dissipare, almeno per qualche tempo, le inquietudini del pubblico e principalmente del ceto commerciale.

104

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 81. Vienna, 29 luglio 1867.

Au moment où l'opinion publique se préoccupe si vivement des complications belliqueuses qui peuvent surgir entre la France et la Prusse, et dans lesquelles probablement d'autres Puissances pourraient ètre fatalement entrainées, je crois devoir venir entretenir confidentiellement V. E. d'un ensemble de faits et d'appréciations rélatifs à la politique autrichienne dans ses rapports avec celle des Puissances étrangères, et qui jusqu'à un certain point peuvent faire préjuger de ses résolutions futures, dans le cas où elle serait mise en demeure de se prononcer.

Je ne reviendrai pas ici sur ce que déjà plusieurs fais j'ai eu l'hanneur de mander à V. E. relativement aux tendances marquées que l'an a ici paur une alliance avec la France. Ce sentiment n'existe pas seulement dans les sphères gauvernementales, l'an peut dire qu'il est celui de l'immense majarité de la natian et qu'il est surtaut partagé par l'armée prafandément humiliée de ses désastres de l'année dernière, et qui, sans faire nullement étalage d'aspiratians belliqueuses, verrait cependant avec grande satisfactian l'accasian de relever son ancien prestige.

Malgré taut ce qu'a pu faire la presse prussienne paur démantrer les avantages d'une alliance de l'Autriche avec la Prusse, la terrible leçan qu'a valu à l'Empire san accard avec le Cabinet de Berlin dans l'affaire du Schleswig-Halstein, a été suivie de cansèquences trap faudrayantes paur que l'an sait le mains du mande tenté ici d'tm renauveler l'expér~ence sur un autre terrain. Saus ce rappart l'an peut dire que la Prusse n'a pas apéré une seule canversian, et c'est larsqu'elle a été parfaitement canvaincue de l'inutilité de ses effarts, que sa presse s'est mise à accuser l'Autriche d'ètre hastile à la palitique prussienne en Allemagne et de lui mettre tautes les entraves passibles dans san aeuvre d'unificatian germanique. A cette accusatian les arganes autrichiens ant répandu que sans apprauver les mayens vialents emplayés par la palitique prussienne paur arriver à ses fins, l'Autriche cependant ne faisait absalument rien paur lui susciter des difficultés et qu'en définitive taute la mauvaise humeur que l'an éprauvait à Berlin à prapas de l'attitude parfaitement impassible de l'Autriche ne pravenait que du dépit de la vair suivre une raute taut-à-fait différente de celle de la Prusse en entrant franchement dans des vaies libérales.

C'est là effectivement le langage que tient à ce prapas M. de Beust dant le pragramme ne camprenait pas seulement une récanciliatian sincère avec la Hangrie, mais campartait aussi essentiellement l'adaptian d'une palitique éminemment libérale, devant farcément faire un cantraste frappant avec les allures despatiques de la Prusse, et mieux faite encare que la présence d'une armée en Bahème paur défendre ces Provinces cantre la propagande prussienne.

Le Président du Canseil ne crait pas, il est vrai, au succès définitif de l'aeuvre annexianniste de la Prusse; il dit que fandée sur le militarisme au lieu de s'appuyer sur le sentiment natianal allemand, elle manque avant taut par la base, et qu'en dehars de la lutte armée qu'elle peut avoir à soutenir avec la France avant d'arriver à terme, elle ne présente pas d'éléments suffisants de salidité ni de durée; mais à part cette opinian, qui ne canstitue nullement une appasitian, c'est une justice à rendre au Cabinet de Vienne que bien positivement il n'a rien fait, et pour le mament n'entend rien faire, paur s'oppaser aux plans de la Prusse. Les traités militaires passés par cette dernière Puissance avec les Etats du Sud, en violatian flagrante avec les stipulatians de Prague, ont trauvé M. de Beust parfaitement indifférent; les récentes canvenLons du Zallve

rein bien autrement puissantes pour amener l'absarptian camplète du Sud, ne l'ant pas davantage ému, enfin il n'accarde qu'une attention assez distraite aux instances du Danemark réclamant l'appui de l'Autriche dans san différend avec le Cabinet de Berlin à propos de la délimitatian si cantestée dans le nord

du Schleswig. Tout cela ne veut point dire assurément que l' Autriche ait réellement renoncé à tout espoir de reprendre un jour sa position en Allemagne; mais s'agissant simplement pour le moment d'une question de jait, il est certain qu'elle ne cherche nullement à entraver la polit.que prussienne, et que son unique préoccupation actuellement est de se reconstituer en forces, de manière à pouvoir plus tard reprendre son r6le de grande Puissance et s'en servir au profit de ses intérets.

Si de l'exposé de la situation de l' Autriche vis-à-vis de la Prusse nous passons à l'état de ses rapports avec la Russie, l'on découvre immédiatement une situation bien autrement tendue. Depuis que l'ancienne alliance du Nord a été brisée, et que liée secrètement avec la Prusse, camme on parait en étre certain aujourd'hui, la Russie cherche à étendre ses possessions en Europe, le premier ennemi qu'elle rencontre sur sa route est l'Autriche, qui, dans un intéret suprème de propre conservation, au nord camme au sud, lui oppose une barrière que la force des armes peut seule renverser. Le système extremement libéral introduit en Galicie, comme dans le reste de :l'Empire par le Gouvernement autrichien, a profondément indisposé le Cabinet de Pétersbourg, qui y a vu une critique amère de ce qui se passe dans la Pologne Russe, et d'un autre c6té a rendu complètement vain jusqu'ici le travail de ses nombreux émissaires en Galicie pour en gagner les sympathies et préparer les vo·es à une assimilation russe. En Orient et surtout dans les Provinces limitrophes de la Turquie l'influence russe qui cherche à s'y développer, n'a pas de plus rude adversaire que la politique autrichienne dont tous les efforts tendent à refouler avec une résistance calme mais résolue les tendances russes, tout en s'associant aux voeux camme aux démarches des grandes Puissances en faveur de l'amélioration du sort des chrétiens. Pour exercer une espèce de représaille contre ce qu'elle regarde comme des griefs, le Cabinet russe a bien chorché il est vrai à resusciter les aspirations slaves; mais en définitive toute cette agitation factice est destinée à retomber dans le vide aussitéit qu'elle ne sera plus aidée par des moyens pécuniaires; et le systéme libéral de M. de Beust placé en confrontation avec la perspective du despotisme moscovite, en éclairant les populations sur leurs véritables intérets politiques, ne peut manquer d'amener un résultat entièrement négatif.

Dans cet état de choses l'on pourrait prédire sans trop craindre de se tramper que à la première menace sérieuse de conflagration, l'alliance de l'Autriche avec la France se desslnera plus nettement à l'horizon et que si, camme on semble le croire, la lutte entre la France et la Prusse vient à éclater et détermine l'appui de la Russie en faveur de cette dernière Puissance, les armées de l'Àutriche se trouveront immédiatement non pas en face de celles de la Prusse qui représentant l'Allemagne ne doivent pas, dans un intéret d'avenir, etre combattues par l'Autriche, mais en face de l'armée russe qu'il s'agira de contenir.

Des rapports de l'Autriche avec l'Angleterre il y a peu de choses à dire. Autrefois l'Angleterre avait choisi l'Autriche pour lui servir de point d'appui sur le continent dans ses pensées de méfiance contre la France. Mais depuis que l'Autriche a été si rù.dement atteinte, et que d'un autre c6té l'Angleterre elle-meme n'a plus eu qu'un réile assez effacé dans les affaires Européennes,

il en est résulté dans ses rapports avec l'Autriche une espèce de politique expec

tante qui cependant se traduit par des démonstrations parfaitement bienveil

lantes, ainsi qu'on a pu le voir récemment par l'envoi de l'Ordre de la Jarre

tière à l'Empereur François-Joseph.

Pour en revenir maintenant à ce qui concerne plus particulièrement les scntiments de l'Autriche envers l'Italie, je n'apprendrai certainement rien de nouveau à V. E. en disant que par le cours naturel des événements ces sentiments naguère si hostiles se sont transformés en bienveillantes sympathies aussi bien dans les régions gouvernementales que dans l'armée et les autres classes de la population. Bien posit~vement ici l'on a renoncé sans retour et je puis bien ajouter, sans rancune, non pas seulement à toute idée de domination en Italie, mais encore à toute immixtion dans ses affaires et le seul regret que l'on éprouve, c'est de ne pas avoir cèdé à temps Venise, dont la possession obstinée, suivant l'opinion générale, a valu Sadowa aux armes autrich~ennes. Quant à la perspective d'une alliance que pourraient amener les événements on la regarde avec une complaisance marquée, seulement l'on semble croire que s'agissant de la traduire en fait, c'est la France qui en deviendrait le trait d'union.

En terminant ce long rapport, je dois encore dire qu'à l'appui des prévisions belliqueuses qui continuent à avoir cours, l'on sait de source certaine, que la France continue à faire cles achats consiclérables de chevaux en Hongrie, et qu'elle a envoyé encore tout dernièrement des officiers d'Etat-Major en Bohème pour examiner attentivement les champs de bataille et découvrir dans les mouvements et la stratég:e de l'armée prussienne pendant le combat la raison déterminante qui lui a valu constamment d'aussi éclatants succès; que d'un autre còté l'Autriche si épuisée en ressources financières trouve cependant de l'argent comptant pour poursuivre activement la transformation de ses fusils. A ces symptòmes, il faut enfin ajouter le langage des Légations de Prusse et de Russie dont la première en affirmant que la France fait en ce moment tout ce qu'elle peut pour brouiller la Prusse avec l'Autr~che, y voit des indices d'arrière-pensées belliqueuses; et la seconde, en confondant dans une meme expression de haine et d'aversion profonde la France et l'Autriche, indique très clairement de quel còté sont ses sympathies et le cas échéant se trouverait son appui.

(l) -Cfr. n. 70. (2) -Non pubblicato.
105

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 46. Berlino, 30 luglio 1867 (per. il 5 agosto).

J'ai l'honneur d'accuser réception de la dépèche que V. E. a bien voulu m'adresser, en date du 10 courant, n. 17 Série Politique (1).

Je vous remercie, M. le Comte, de n'avoir mis à meme de réfuter, d'une manière aussi péremptoire et par des arguments aussi sérieux, la nouvelle d'un prétendu traité d'alliance offensive et défensive entre l'Italie et la France. Pour donner plus d'autorité à mon langage, je n'ai pas hésité à lire à M. de Thiele le texte méme de cette dépéche, qui a produit une exceUente impression. Le Secrétaire Général se proposait d'en faire rapport à M. le Comte de Bismarck.

(l) Cfr. n. 59.

106

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 48. Berlino, 30 luglio 1867 (per. il 5 agosto).

Le Chevalier Tosi, en me rendant les Archives de la Légation, m'a remis entre autres la dépéche que V. E. m'avait fait l'honneur de m'adresser, en date du 13 Juillet, Série Politique, n. 19 (1). Il a en méme temps appelé mon attention sur le télégramme chiffré y relatif, du 21 du méme mois (2).

Dès mon premier entretien avec M. de Thiele, la conversation s'est engagée sur la question du Schleswig, nouvellement mise en relief par les observations présentées par la France. Les dénégations du Moniteur voudraient donner le charge au public. Il n'est pas moins positif que M. Lefebvre, chargé d'affaires de cette Puissance a été chargé d'activer une solution par des arguments contenus dans une dépéche du Marquis de Moustier. La démarche a été faite dans des termes assez pressants, quoiqu'empreints de formes courtoises. Je laisse de còté la question de tact, car, à ce point de vue, il a paru assez étrange, avant méme que M. Lefebvre s'acquittat de ses instructions, que quelques-uns de ses collègues en fussent informés, et, qui plus est, que la presse, méme en Autriche, donnat l'éveil. Il en est résulté des récriminations et des propos qui revétaient le caractère de personnalités.

Le Comte Zannini a déjà mandé à V. E. un résumé exacte de la dépéche française et de la réponse dilatoire faite par M. de Thiele, en l'absence du Comte de Bismarck (3) .

Le Secrétaire général m'a paru fort peu édifié sur la forme et sur le fond d'une pareille immixtion.

Je ne serais nullement surpris si le Gouvernement Prussien s'abstenait de répondre directement à Paris, en se contentant de suivre la correspondance entamée avec le Danemark, dont la dernière note présente quelques points pour établir des pourparlers, soit ici, soit à Copenhague. M. de Thiele n'hésitait pas à me donner l'assurance que la Prusse remplirait scrupuleusement, loyalement, les engagements qu'elle avait contractés vis-à-vis de l'Autriche par <l'article V du Traité de Prague.

11 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

J'en ai témoigné ma satisfaction, car, ainsi qu'il résultait d'une dépèche arrivée ici durant mon voyage en Russie, mon Gouvernement formait les voeux les plus sincères pour qu'il ne surgit pas de nouvelles complications, qui menaceraient de troubler la tranquillité de l'Europe. Nous espérions que cet incident n'aurait pas de suites fàcheuses, et n'irait pas jusqu'à produire l'émotion causée naguère par la question du Luxembourg. Aujourd'hui, comme alors, notre attitude restera celle de nous tenir en dehors de tout conflit éventuel. Néanmoins, nous serions toujours prèts, sur le terrain diplomatique, à chercher à nous rendre utiles à la Prusse, si nos bons offices étaient requis dans un but de conciliation. Nous ne songeons aucunement à peser sur les décisions du Cabinet de Berlin, mais nous applaudirions de grand coeur à la réussite des efforts de la Prusse, aussi bien que de la France, pour la conservation de la paix. La conduite ·que nous avons tenue au printemps dernier, conduite hautement louée par le Gouvernement Prussien aussi bien que par oi'opinion publique en Italie, nous servirait encore, le cas échéant, de règle immuable.

M. de Thiele m'a remercié de ces bonnes dispositions. Revenant sur les procédés de la France, tout en reconnaissant que l'Empereur Napoléon ne désirait aucunement s'écarter d'un programme pacifique, il ne pouvait s'empècher de constater combien étaient autres les aspirations des différents partis, combien les faits répondaient mal aux assurances du Moniteur. Ce n'est pas seulement à Berlin que le Gouvernement Impérial a fait acte de présence, en invoquant sa qualité de médiateur à Nikolsbourg et à Prague, en poussant peutètre à faire, d'une question allemande, une question européenne. Son action s'est aussi portée sur les Etats du Sud de l"Allemagne, que ses Agents ont gourmandés à propos de la réorganisation de l'Union Douanière. Il est vrai que ces Diplomates, M. de Montgascon entre autres, se sont attiré des répliques assez sèches, car enfin charbonnier est maitre chez soi. Que signifient d'ailleurs les armements qui ne cessent pas? Ils dépossent de beaucoup le pied de paix respectable, dont parlait le Maréchal Niel. Qu'on y ajoute le langage très agressif de la presse. Si cet état de choses continue, les chances du maintien de la paix, mème pour le courant de cette année, reposent sur des bases bien fragiles.

Ce jugement ellt été encore plus explicite, si j'avais fait connaitre à mon interlocuteur le fait suivant, que je tiens confidentiellement d'une bonne source. Dans ces derniers temps, le Ministre dcs Affaires Etrangères d'un des Etats du Midi de l'Allemagne, a laissé entendre qu'il se chargeait de fournir a Paris le prétexte d'une guerre contre la Prusse. «Nous déclarerons notre résolution d'entrer dans la Confédération du Nord, à la condition que la France arrivera assez à temps pour nous barrer le chemin ». Et c'est en présence de telles dispositions, du danger de faux ,frères parmi les Gouvernements germaniques, que le Cabinet de Berlin cèderait aux injonctions de l'étranger, quelque fO.t son droit de médiateur selon le texte, d'ailleurs très élastique, du traité de Prague? Après avoir obtenu gain de cause sur l'article V, il serait peut-ètre tenté de formuler d'autres prétentions, ligne du Mein, Mayence, etc. Et, en cas de conflit, la Prusse verrait probablement se retourner contre elle ces mèmes positions stratégiques de Duppel et d'Alsen dont le Danemark poursuit la rétrocession. D'ailleurs, il a fallu au Comte de Bismarck, resté à peu près seui de son opinion, une forte

dose de courage civil pour résister au mouvement belliqueux qui s'était emparé, il y a peu de mais, des esprits. Aujourd'hui la meme unanimité se fait jour, pour résister à ce qu'on appelle les ingérences françaises. Le prestige du Roi de Prusse et de son premier Ministre serait gravement compromis, s'ils voulaient nouvellement faire acte de condescendance, quand surtout, gràce aux indiscrétions, l'opinion publique y met en quelque sorte son véto. Le Gouvernement français a fait, cette fois encore, une de ces manoeuvres maladroites qui rendent de plus en plus difficile l'action de l'Italie, de la Russie et de l'Angleterre, dans le ròle qui leur est dévolu, de calmer les passions sur le continent et de prévenir ainsi la guerre.

En attendant, ici camme en France, le commerce et l'industrie sont très affectés. Il n'y a aucune confiance, aucun élan. L'escompte est au plus bas. C'est que chacun, à tort ou à raison, croit à la gue.rre, guerre d'automne ou de printemps. Je n'ai plus retrouvé à Baint Pétersbourg chez le Prince Gortchakow le meme optimisme dont il s'était fait l'interprète à son passage à Berlin. Les impressions pacifiques rapportées de Paris, ensuite de l'entrevue des Bouverains, sont visiblement à la baisse. Le Chancelier avait toujours la conviction que l'Empereur Napoléon voulait sincèrement la paix. Cette manière de voir est partagée par tous ceux qui ont approché ce Bouverain. On savait aussi en Russie que le Marquis de Moustier avait été très correct dans son langage au Bultan et à Fuad Pacha en faveur des Crétois, et que, si l'Angleterre avait emboité le meme pas, leur cause eut été ga.gnée dès à présent. De son còté, le Cabinet de Pétersbourg ne négligeait rien pour écarter, pour atténuer, les tiraillements qui se produisaient avec une insistance si inquiétante, en-decà et au-delà du Rhin. Il s'emploie activement à faciliter à l'Empereur Napoléon sa tàche de gouverner au milieu de tant d'écueils. Le plus grand de tous c'est le caractère meme de cette nation française que, selon ses propres expressions, il s'applique à tatiguer, sans la heurter de front.

Mais, soit que le Chancelier se rendit compte de cette force des choses qui semble pousser la France vers un conflit; soit que les impressions plutòt favorables recueillies à Paris se fussent modifiées ensuite du procès Berezowski, dont les débats ont été si faiblement conduits par le Président du Tribunal de la Seine, et ensuite d'un discours de M. Rouher qui avait répondu assez mollement à M. Jules Favre reprochant au Gouvernement français l'accueil fait à l'Empereur Alexandre; on eut voulu que le Ministre d'Etat se fut montré un défenseur plus chaleureux du Tsar grossièrement attaqué devant la représentation nationale du Pays, qui lui avait offert et dont il avait accepté l'hospitalité, le fait est que le Chancelier prévoyait qu'il faudrait une grande prudence chez les gouvernements et chez les gouvernés pour s'arrèter sur une pente aussi glissante. Il ne continuerait pas moins à intervenir avec tous les ménagements nécessaires, camme élément conciliant et modérateur. «Si, malgré cela, la guevre éclate, ajoutait-il, la Russie n'aurait pas à s'en plaindre, au point de vue de ceux qui ont critiqué mon attitude lors des affaires de Luxembourg, et meme le voyage de mon Souverain à Paris. A les entendre, notre Pays aurait tout à gagner par une lutte qui éclaterait dans l'Occident, parce que nous aurions les mains plus libres vers l'Orient ~

V. E. le voit, les données que j'aì pu recueillir à Berlin, aussi bien qu'à Saìnt-Pétersbourg, sont loìn d'etre rassurantes. Elles ne sont que 'la confirmatìon de ce que je n'ai cessé de mander à Florence, à savoir que l'incìdent du Luxembourg menace fort de n'etre que le prélude d'un drame, et que nous devons nous hàter de mettre ordre à nos affaires intérieures, pour traverser une grande crise européenne. Le recueillement absolu, la seule ligne de conduite qui nous convienne, camme V. E. l'a bien démontré dans sa dépeche du 15 Mai au Chevalier Nigra (1), ne serait alors possible que si nos conditions intérieures, l'apaisement des partis, un meilleur état de finances, nous permettaient d'accentuer notre ferme volonté de résister à toute tentation, à toute pression éventuelle d'abandonner une position conforme à nos propres convenances. Je dirai plus, cette position serait également conforme aux intéretes bien entendus des Puissances qui seraient engagées dans un conflit. Si jamais nous étions appelés, ou seuls, ou de concert avec l'Angleterre et la Russie, à prendre le ròle de médiateurs, notre prestige serait proportionné au sentiment que nous aurions donné aux belligérants, de notre force, de notre autorité.

Le Gouvernement Prussien a accordé sans objections son exequatur à M. le

Comte Teccio, récemment nommé Consul général à Francfort. Je ne voudrais

pas que, vivant parmi des Agents consulaires qui chercheront à se donner une

importance politique, le Comte Teccio sortit un seui instant de la réserve qui

lui est prescrite. C'est là un poste où se nouent et se dénouent bien des in

trigues anti-prussiennes. L'Agent français M. Rothan, entre autres, est très

actif. Il ne faudrait pas que notre Consul subit son influence. Il eù.t peut-etre

mieux valu, et si j'avais été consulté tel eù.t été mon avis, nous abstenir pour le

moment de faire cette nomination, quelles que soient les qualités du titulaire.

Mais je ne doute pas qu'il saura remplir ses fonctions avec tout le tact requis.

J'ai l'honneur d'accuser réception et de remercier V. E. de ses dépeches

n. -16, 18, 21, 22 de la Série Politique (2), et de leurs annexes, nommément des documents diplomatiques du n. 155 au n. 183 inclusivement. Il ne manque que le n. 160. J'ai également reçu les quatre annexes confidentielles de la dépéche N. -21 et le document rése,rvé qui accompagnait la dépeche N. 19.
(l) -Cfr. n. 67. (2) -Cfr. n. 77. (3) -Cfr. n. 72.
107

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 82. Vienna, 30 luglio 1867 (per. il 2 agosto).

Le Gouvernement Français avait chargé son Ambassadeur ici de vivement insister auprès du Gouvernement Autrichien afin que ce dernier profitàt du passage du Sultan à Vienne pour l'engager à accepter l'enquete proposée sur les affaires de Crète. Le résultat des efforts de M. de Beust à été d'obtenir le consentement du Gouvernement Ottoman à l'enquete, mais sous la condi

tion expresse, que l'initiative lui en appartiendrait exclusivement; qu'elle n'aurait d'autre but que celui de l'éclairer sur les souffrances de la population et les moyens d'y apporter remède, Cainsi que la grande publicité donnée à l'enquete pourrait en fournir l'assurance aux Puissances Etrangères); et que de toute manière, il ne pourrait jamais ètre question de cession. Quant à la condition dont avait parlé précédemment Fuad-Pacha, d'expulser avant tout de l'Ile tous les révolutionnaires étrangers, il n'en a plus parlé, tant il est siì.r, parait-il, des succès d'Omer Pacha.

Tel a été en définitive le résultat des efl'orts de l'Autriche qui, d'après ce que m'a dit l'Ambassadeur de France, tient plus que jamais à ne pas se séparer de la France dans cette question, et veut surtout éviter d'avoir à la traiter trop directement avec la Russie. Il parait du reste que la France et la Russie se sont mises d'accord pour envoyer, chacune de leur còté, un batiment dans les eaux de Crète avec une mission purement humanitaire, et que l'Autriche en fera probablement autant.

Le Moniteur Français a démenti l'envoi d'une Note au Cabinet de Berlin à propos de la question de délimitation dans le Nord du Schleswig. Contrairement à la déclaration officielle, l'on regarde ici comme certain que s'il n'y a pas eu de Note directe d'envoyée, le Représentant Français a cependant été chargé de donner lecture d'une Dépèche dans ce sens à M. de Bismarck, ce qui au fond revient à peu près au mème. Jusqu'à présent l'Autriche en vertu du Traité de Prague s'est bornée à recommander au Gouvernement Prussien la solution de la question pendante avec le Danemark; et c'est ce qui fait penser généralement que si la France a moins de droits que l'Autriche à présenter une réclamation à ce sujet, en revanche elle semble y prendre un beaucoup plus grand intérèt.

(l) -Cfr. serie l, vol. VIII, n. 516. (2) -Non pubblicati.
108

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 492. Vienna, 31 luglio 1867, ore 17,10 (per. ore 18).

Au ministère des afl'aires étrangères l'on m'assure qu'il n'y a rien de vrai dans la nouvelle de la circulaire du Saint Siège (l). L'ambassadeur de France et le ministre d'Espagne n'en savent également rien. Il est à-peu-près certain que l'Empereur Napoléon viendra incognito le 7 aoiì.t à Saltzbourg faire visite de condoléance à l'Empereur François Joseph. Le Sultan s'est réservé en partant de donner encore une réponse sur enquéte après avoir consulté ses ministres, qui viendront à sa rencontre à Routschouck. L'Autriche ne suivra pas l'exemple de la France et de la Russie qui envoient des batiments dans les eaux de Candie.

(l) Cfr. n. 99.

109

VITTORIO EMANUELE II

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. S. Giacomo, 31 luglio 1867, ore 20,15 (per. ore 21).

Le comunico il seguente dispaccio ricevuto da Parigi. Dal tenore di esso credo conveniente aderire alla sua domanda:

«S. M. le Roi d'Italie.

Confiant dans l'amitié de Votre Majesté je me permets de lui dire confidentiellement que nous sommes Dréoccupés à Pari~ cl!:l la nouvelle du remnlacement du chevalier Nigra, car personne ne pourrait aussi bien que lui maintenir les bonnes relations que j'ai tant à coeur de maintenir entre les deux pays. Si dane Votre Majesté consentait à le maintenir à son poste, je lui en serais très reconnaissant.

Napoléon ».

Mi risponda al più presto perché possa dare risposta all'Imperatore.

110

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI

D. 83. Firenze, 31 luglio 1867.

Il Signor de Kisseleff è venuto ieri da me per espormi essere giunto al suo Governo l'annuncio telegrafico che il Consiglio dei Ministri del Sultano aveva fatto rispondere a Parigi con un rifiuto categorico alla domanda d'inchiesta; eppertanto la Francia e la Russia aver ordinato ai Comandanti delle squadre rispettive di procedere all'imbarco delle famiglie cretesi.

L'Inviato Russo sollecitava il R. Governo ad associarsi a quella misura.

Ho risposto al Signor di Kisseleff che l'« Authion » presentemente al Pireo ave aveva recato il dispaccio identico dei Consoli in Creta stato pubblicato dai giornali, avrebbe ricevuto da Costantinopoli l'ordine di restituirsi alla stazione di Candia e di procedere di conserva colle navi di Russia e di Francia al salvataggio degli inermi cretesi. Feci notare a tal proposito al mio interlocutore che quegli ordini erano piuttosto conferma delle istruzioni precedenti, anziché nuove istruzioni, ,e soggiunsi che appunto in vista di quello scopo umanitario il R. Governo aveva divisato da alcun tempo di accrescere coll'invio d'altra nave più capace la stazione italiana di Creta; che però siffatto divisamento era stato sinora senza esecuzione perché la quasi totalità delle navi attualmente

in armamento era occupata con grave nostro incomodo e dispendio nella crociera lungo Ia costa pontificia per toglier ogni ombra di dubbio circa la nostra ferma e leale volontà di reprimere i pretesi tentativi contro il territorio della Santa Sede, dei quali mena tanto rumore la stampa estera. Conchiusi assicurando il Signor di Kisseleff che il R. Governo avrebbe cercato di conciliare l'una coll'altra esigenza e che intanto l'« Authion » avrebbe rappresentato la bandiera Italiana nell'opera umanitaria cui si accingevano le squadre dei tre Governi.

Alle cose da me dette al Ministro di Russia e che Le riferisco per sua norma ed informazione, posso ora aggiungere la notizia, giuntami ieri sera da Costantinopoli che l'ordine di tosto salpare per Creta fu trasmesso dal Cavalier Bertinatti al Comandante dell'« Authion » fin dal 28 corrente e che i tre Rappresentanti d'Italia, di Russia e di Francia diedero otnciale comunicazione del loro divisamento alla Sublime Porta.

Segnandole ricevuta dei Rapporti Politici nn. 117, 118 e 119 (l) e trasmettendole qui acchiusi n. 13 documenti diplomatici, ...

(l) Da A C R, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II. p. 1197 e in Luzro, p. 428.

111

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 124. Pietroburgo, 31 luglio 1867 (per. il 13 agosto).

Nella visita fatta ieri al Principe Gortchacow questi si compiacque darmi confidenzialmente lettura di un dispaccio del Barone di Budberg scritto l'indomani della partenza del Sultano da Parigi. L'Ambasciatore di Russia riferisce una conversazione avuta col Marchese di Moustier il quale aveagli detto, in via di confidenza, aver ricevuto un biglietto dall'Imperatore Napoleone nel quale questo Sovrano racconta un colloquio avuto con Fuad pascià la vigilia della sua partenza. L'Imperatore Napoleone aveva detto esplicitamente a Fuad pascià che la Turchia, colla sua resistenza a tutto quello che l'Europa gli chiedeva di fare a prò dei Cristiani, correva rischio di attirare su di sé le più gravi complicazioni in faccia alle quali essa si sarebbe trovata isolata del tutto; essere necessario che la Porta si rendesse all'evidenza dei fatti, e, non resistendo più ostinatamente, consentisse a fare per l'isola di Candia quanto è richiesto dai suoi abitanti, ed al tempo stesso è nei desideri di tutte le principali potenze Europee, le quali vogliono evitare la perpetua minaccia che ne nascerebbe per la pace del mondo qualora non si venisse ad un definitivo assestamento della questione Cretese. In tal modo credeva l'Imperatore dover parlare persuaso di servire meglio gli interessi della Turchia con tale franco linguaggio che col dare quelli incoraggiamenti alla resistenza che il Sultano non avrebbe mancato di ricevere nel suo prossimo viaggio in Inghilterra. Fuad pascià rispondeva a Sua Maestà che il parlare al Sultano di una cessione dell'isola di Creta era ben ditncile poiché in questo la Porta vedeva il principio della fine, e che dopo aver ceduto Candia, sarebbe stato ancor più ditncile di opporsi alle altre

domande di cessioni che potrebbero esserle fatte. L'Imperatore avrebbe ribattuto tale obiezione mostrando quanto essa era falsa, e quanto più facilmente dopo una tale prova di buon volere data dalla Turchia, l'Europa avrebbe potuto efficacemente agire per calmare le altre popolazioni cristiane, ed evitare ogni nuovo tentativo di smembramento dell'Impero ottomano: terminava infine Sua Maestà il suo colloquio dicendo a Fuad pascià che sperava di vedere i suoi consigli ascoltati, e che in ogni modo pensasse bene la Turchia che malgrado tutto né la Francia né l'Inghilterra hanno la minima velleità di riprendere la politica del 1854, e che la Turchia si sarebbe trovata completamente isolata a portare la pena della sua ostinazione.

Datami lettura di questo importante dispaccio, che ho cercato di riferire il più esattamente che ho potuto, il Principe Cancelliere mi diceva: «Vede che quando io le diceva nei giorni scorsi la condotta dell'Imperatore Napoleone essere energica e corretta e tale infine quale noi la desideravamo, io era nel vero: sono certo che questa attitudine personale dell'Imperatore Napoleone nel quale tante speranze si riponevano dai Turchi, avrà una influenza favorevole sui destini degli infelici Candiotti. Questo è tanto più da credersi che malgrado le accoglienze festevoli fatte in Inghilterra al Sultano, questi avrà potuto convincersi che neppure colà si era indifferenti allo stato dei Cretesi ed alle barbarie che si sono commesse; ma sul soggiorno di Abdul Aziz in Londra, e sul linguaggio che il Governo Inglese gli ha tenuto manco ancora di particolari, che aspetto».

Il Principe mi mostrava un telegramma del Ministro di Russia a Vienna, inviato il giorno dell'arrivo del Sultano colà, in cui dicevasi che il Barone di Beust aveva promesso di tenere un linguaggio energico a'l Sultano ed al suo Ministro contro ogni ulteriore resistenza della Turchia, ma non mi pareva. debbo dire il vero, contare più che tanto sulle promesse del Ministro Austriaco, a cui si suppone anzi il desiderio di veder continuare la resistenza della Porta affine di potere profittare delle complicazioni che potrebbero sorgere per tentare di occupare la Bosnia e l'Erzegovina.

«Come Ella vede, aggiungeva infine il Cancelliere, quanto le ho comunicato è di natura assai riservata, ed è solo in modo confidenzialissimo che l'ho fatto giacché si fu pure una confidenza che il Marchese di Moustier fece al Barone di Budberg, e se Ella ne fa uso nella sua corrispondenza, preghi il Governo di Firenze a non ne lasciare nulla trapelare in ispecie a Londra ed a Parigi».

(l) Non pubblicati.

112

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO (l)

T. 494. Parigi, 1° agosto 1867, ore 0,42 (per. ore 3,35).

*S. A. R. le prince Humbert est arrivé ce matin; la santé de San Altesse Royale est excellente *. On lit dans le Moniteur: « Les journaux s'occupent d'une

mission à Rome qui aurait été donnée au général Dumont, et publient un prétendu discours prononcé par cet o!ll.cier général; il est nécessaire de préciser la vérité des faits. Le ministre de la guerre avait exclusivement invité le général Dumont à rechercher, pendant son séjour à Rome, les causes qui avaient amené un certain nombre de désertions dans la légion formée à Antibes. Quant au discours attribué à ce général, il su!ll.t de dire qu'il n'a pas été tenu et que les publications faites à cet égard sont apocryphes ».

(l) Ed., ad eccezione del br~no fra asterischi, in L V 12, p. 13.

113

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM

T. 291. Firenze, 1° agosto 1867, ore 18,15.

La note du Moniteur (l) est loin de nous satisfaire. Le discours du général Dumont n'est qu'un détail de la question. Le Gouvernement français ne peut avouer aucune ingérence, meme indirecte, sur l'armée pontificale, sans que nous relevions une telle prétention. Lors de la formation de la légion d'Antibes,

M. Drouyn de Lhuys déclara formellement qu'on n'y admettrait que des soldats libérés, c'est-à-dire qui auraient fini leur service en France. Le Gouvernement impérial n'a rien à voir donc à leurs désertions, car ils ne sont et ne peuvent etre à nos yeux que des soldats pont!ficaux. Je vous écris par courrier.

114

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (2)

T. Valdieri, 1° agosto 1867, ore 21,55.

Jusqu'à présent il n'a pas été question du rappel de Nigra, mais si dans les circonstances actuelles le ministère croyait devoir me le proposer et quelques fussent les déterminations qu'il faudra prendre d'après les motifs qui me

seront exposés, ces déterminations ne pourront etre inspirées que par une ferme volonté de ma part ainsi que de celle de mon gouvernement de mamtenir les meilleures rélations entre les deux Pays et avec Votre Majesté à laquelle me rattachent tant de souvenirs d'amitié et de reconnaissance (l).

(l) -Cfr. n. 112. (2) -Da A C R, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, pp. 1197-1198.
115

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Firenze, 1o agosto 1867, ore 24.

La risposta che Vostra Maestà ebbe la degnazione di comunicarmi (3) non poteva essere più felicemente redatta. Senza vincolare Vostra Maestà non può a meno di riescire accetta a chi l'ha provocata. Finalmente nel Monitore di stamane si è inserita la nota che si desiderava. Ciò prova che conviene talvolta non lasciarsi smovere e far valere le proprie ragioni.

<<Oggi la Camera ha votato per alzata e seduta parecchie leggi fra le quali quella della Lista Civile cor.cernr:nte l"assegno della somma annua e dei 6 milioni. Spero che domani sarà ancora in numero per votarla a squittin!o segreto, sebbene io non sia del tutto tranqu!llo che questo numero si possa trovare perchè stasera partono molti Deputati, e molti sono partiti nei giorni precedenti. Vengo al dispaccio di cui Vostra Maestà si degnò darmi comunicazione [cfr.

n. 109]. Non dissimulo a Vostra Maestà che mi sembra assai conveniente dare a 4871 [Nigra] un'altra destinazione: l l perchè è Interamente legato colla consorteria ed avverso al Ministero;

2) perchè nella quest.Jone attuale non fece quanto doveva fare non avendoci prevenuto dalle

intenzioni che erano note a tutti della 1868 [Francia] di affidare la nota missione. ed è chiaro che se fossimo stati prevenuti sarebbe sttJ.to possibile impedirla ed evitare così gli inconvenienti che ora s'incontrano; 3) perché si mostra troppo ligio alla 1868: sinché si va d'accordo questo non è un gran male, ma se sorge come attualmente un qualche conflitto, è necessario che chi rappresenta il Paese, preferieca gli interessi di questo agli altrui; 4) perché mentre di là si vorrebbe conservare 4871 essend<• un suo dipendente, qui poi ce ne lasciano uno. malgrado sappiano che ci è ostile. e che cerca di crearci tutti gli ostacoli. Parmi, che se si vogliono mantenere

le buone relazioni, si sarebbe dovuto incoininciare a far partire chi non era ar;to per questo.

Comprendo essere delicato rispondere ne~;atl•!arnente al desiderio espresso, ma è pure pericoloso

cedere subito, massime qunndo non ci. si vuole concedere quella legittima soddisfazione che noi chiediamo per l'affare della Missione·. aggiunga che se 4871 oggi è già avverso al Ministero e

cPrca screditnrci, quenclo verrà a conosc0re che rimane là malgrado la presente intenzione del Governo, e pel solo fatto della volontà Imperiale, prenderebbe una posizione, dinanzi alla quale Il Ministero perderebbe o~ni autorità. Ora io non so" come sarebbe possibile in questa condizione governare in mezzo alle tante altre difficoltà. Parmi quindi che Vostra Maestà potrebbe rispondere a1 dispaccio facendo sentire che s!nora non vi fu questione del richiamo di 4871, e che venendogli fatta da! suoi Ministri una simile proposta, Vostra Maestà non mancherà di tenere !n grandissimo conto il desiderio manifestatole assicurandola che qualunque fosse la deliberazione che dovesse prendere dietro le ragioni che il suo Ministero le esponesse, questa deliberazione sarebbe sempre inspirata dalla fermissima Intenzione sì di Vostra Maestà che del suo Governo, di mantenere le p!l: amichevoli relazioni col Governo di 1868, cui ci lEgano tanti vincoli. In appresso si vedrà ciò che converrà meglio di fare. Quesia risposta evasiva, e che non vincola Vostra Maestà mentre attesta il di lei desiderio di fare cosa grata a chi le Inviò !l dispaccio, metterà questo nella necessità eli essere più condiscendente nelle cos8 che ci riguardano. Se si cede subito e con grande facilità quando altronde si tiene a nostro riguardo un ben diverso contegno, finiremo con divP.nire vassalli. e so che non è Vostra Maestà la quale voglia mai accettare questa situazione. Ho pensato che non vi è grandissima urgenza per la sottoscrizione del Bilancio passivo Pc·rciò si può attendere s. mandarlo a Vostra Maestà fino a sabato sera colle altre relazioni. Nulla di nuovo, tutto è tranquillo e non va male. Il Senato sembra voterà la Legge sull'Asse senza grande opposizione>>.

(l) Questo telegramma fu inviato !n seguito al seguente t. di Rattazzi al Re dello stesso l o agosto (ACR):

(2) Da A C R.

(3) Cfr. n. 114.

116

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO (l)

R. 500. Parigi, JO agosto 1867 (per. il 4).

Ho creduto di dover trasmettere a V. E. per telegrafo il testo della nota pubblicata dal Moniteur d'oggi sopra i commenti cui ha dato luogo nei giornali il viaggio del Generale Dumont a Roma.

*Fin da jeri avevo potuto vedere il primo progetto di redazione della nota stessa e ne avevo dato avviso in cifra all'E. V. *.

I colloqui ch'ebbi in questi giorni con parecchi Ministri dell'Imperatore confermano le spiegazioni già date all'E. V. dal titolare di questa R. Legazione su questo spiacevole incidente. Il Marchese di Moustier ch'ebbi l'onore d'incontrare jeri sera, *a pranzo da S. M. il Re di Portogallo*, mi tenne a questo proposito un lungo discorso che mi pare di poter riassumere esattamente nel modo seguente:

l) il Generale Dumont non ebbe alcuna missione del Governo; ma partendo per Roma per affari proprii ebbe alcune commissioni di S. E. il Maresciallo Niel;

2) il Generale non passo m rivista egli stesso la Legione d'Antibo, ma assisté semplicemente alla rivista della Legione fatta dal Colonnello D'Argy. Il Generale Dumont era in uniforme, è vero; ma tale è l'abitudine di tutti gli ufficiali quando assistono a riviste di forze militari estere;

3) il Generale Dumont non pronunciò alcuna allocuzione, e sopratutto non profferì alcuno dei discorsi che gli furono attribuiti.

S. E. il Marchese di Moustier aggiungeva che sebbene la Legione d'Antibo fosse esclusivamente al servizio del Papa, i soldati che la compongono continuano ad essere cittadini francesi e molti fra essi non hanno ancora adempito a tutti gli obblighi del servizio militare verso la Francia (2), il che impone al Governo imperiale di preoccuparsi delle cause che li spingono a disertare. La condizione giuridica di questi disertori è infatti singolarissima e crea al Governo francese imbarazzi ch'è nel suo interesse di far cessare. Ma è ben !ungi dal pensiero del Governo imperiale di mutare menomamente l'ordine di cose stabilito dalla Convenzione del 15 settembre 1864, ed esso è convinto che dal suo canto il Governo del Re continuerà a farlo rispettare energicamente e lealmente (3).

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in L V 12, pp. 15-16. (2) -In L V 12, qui aggiunto: <<quando vennero liberati a condizione di passare nella legione d'Antibo >>. (3) -Con t. 497 del 3 agosto Artom comunicò: << Dans un article de source officieuse le Débats donne sur l'affaire du général Dumont des explications que vous trouverez résumées dans mon rapport qui vous parviendra ce soir >>
117

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 84. Vienna, 1° agosto 1867.

Après de nouveaux pourparlers qui ont eu lieu entre M. de Beust et l'Ambassadeur de France, revenu ici pour le passage du Sultan, il n'est plus douteux aujourd'hui que l'Empereur Napoléon se rendra le 7 du mois prochain à Salzbourg sur la frontière autrichienne pour y rencontrer l'Empereur FrançoisJoseph (l). Le motif apparent de la visite de Sa Majesté Impériale est d'exprimer ses sentiments de condoléance pour la fin si malheureuse de l'Em1)ereur Maximilien. Mais sans mettre en doute le désir de l'Empereur Napoléon de témoigner personnellement toute la part qu'il prend à ce funeste événement, l'opinion diplomatique y voit quelque chose de plus et croit déjà y apercevoir les premiers germes d'une alliance que l'an suppose entrer dans les plans secrets de Sa Majesté pour des éventualités prochaines. Ce qu'il y a de sur c'est que l'Empereur Napoléon a mis une certaine insistance à amener cette entrevue, dont l'idée camme l'initiative Lui appartiennent exclusivement.

En joignant ici une pièce chiffrée, ...

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Le Baron de Meysenbug m'a dit hier dans le cours de la conversation que Napoléon III mettait tout en oeuvre pour détacher la R.ussie de la Prusse et que c'était là le motif réel de la condescendance du Gouvernement français envers le Gouvernement russe dans les affaires d'Orient; mais, a-t-il ajouté, c'est peine tant-à-fait perdue. Les deux Gouvernements sont solidement et irrévocablement liés ensemble par une entente secrète et se sont à l'avance mis d'accord sur tout.

118

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM (2)

D. 267. Firenze, 2 agosto 1867.

L'inspection de la Légion d'Antibes passée à Rome par le Général Dumont a produit sur le Gouvernement du Roi et sur le pays une impression que n'ont pu effacer les explications que M. le Chevalier Nigra nous a communiquées à la suite d'un entretien qu'il a eu avec M. le Marquis de Moustier.

De ces explications il résulterait que le Général Dumont, en inspectant la Légion d'Antibes ne remplissait pas une mission du Gouvernement Impérial, mais suivait des instructions qui, à l'occasion de son voyage à Rome, lui auraient été données par le Ministre de la Guerre. Il n'est pas aisé de saisir la différence qui existe entre une mission du Gouvernement et les instructions ministérielles dont il est parlé. Les formes solennelles que ce Général a données à l'accomplissement des ordres reçus, les discours que d'après la version commune il aurait tenu en présence de la Lég:on assemblée, prouvent en effet que le Général lui-meme n'avait pas saisi cette différence. A Rome on ne l'a pas comprise non plus, car il résulte des renseignements reçus des sources les plus opposées qu'on n'y a vu que la reproduction des inspections qui avaient lieu pendant l'occupation, à laquelle a mis fin la Convention de Septembre.

Si nous n'avions pas pour garantie la loyauté de l'Empereur et de san Gouvernement, nous devrions voir dans ces faits une infraction non avouée de cette Convention et la négation la plus explicite du principe de non-intervention qui lui sert de base.

La formation de la Légion d'Antibes était déjà en opposition à ce principe. Aux réclamations qui ont été faites alors par mon prédécesseur, M. le Général La Marmora, M. Drouyn de Lhuys a répondu que cette Légion serait une force indépendante de toute immixtion étrangère au service du Saint-Siège, une force sur laquelle la France n'aurait eX"ercé aucun contròle et qui partant n'aurait aucun rapport, aucune solidarlté avec le Gouvernement français.

Or peut-on affirmer que la Légion d'Antibes ait conservé ce caractère?

Le Gouvernement Italien malgré les difficultés sans nombre qui s'élèvent autour de lui lorsqu'il s'agit de maintenir un état de choses qui blesse le sentiment national, n'a jamais cessé de remplir ses engagements. Il était dane, ce semble, en droit de s'attendre que sa posit:on, à cet égard, ne serait point compromise et que la force obligatoire de la Convention de Septembre n'aurait pas été mise en doute par un acte d'intervention de la Puissance qui s'est toujours montrée la plus intéressée à la maintenir et à en sauvegarder les résultats.

L'opinion publique dont tous les Gouvernements cherchent l'appui et le concours, s'est fortement émue dans toute la Péninsule de ce qui vient de se passer à Rome. Les interpellations qui, à ce sujet, ont été faites au Parlement, en font foi. Vous aurez soin d'appeler l'attention de M. le Marquis de Moustier sur les déclarations que le Président du Conseil s'est vu dans le cas de faire en répondant à ces interpellations. La Convention de Septembre a-t-il dit est un acte sérieux qui nous impose des devoirs et nous reconnait des droits. Le Gouvernement est résolu de remplir fidèlement, quoi qu'il lui en puisse couter, ces devoirs, mais il est en meme temps décidé à défendre ces droits contre toute atteinte. L'honneur national y est engagé, nous n'y manquerons pas.

M. le Marquis de Moustier appréciera certainement ces considérations. Il sentira avec nous la convenance de rendre à la Convention par les moyens qu'il croira les plus opportuns l'efficacité morale que la mission du Général Dumont a pu lui enlever et de conserver à la Légion d'Antibes le seul caractère que, d'après ce pacte, on peut lui reconnaitre à Rome.

Le Gouvernement du Roi gardieu des conditions de la paix intérieure serait mis par là à meme de rassurer le pays sur les véritables intent:ons d'un Gouvernement auquel nous rattachent les liens de la reconnaissance et les sympathies qui de tout temps ont uni les deux peuples.

En vous autorisant à donner lecture de cette dépeche à S. E. M. le Ministre des Affaires Etrangères de Sa Majesté l'Empereur, ...

(l) -Con t. 504 del 4 agosto De Barrai informò che l'incontro fra i due Imperatori era stato posticipato al 17 agosto. (2) -Ed. in italiano in L V 12, pp. 14-15.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 17. Bilyiik-déré, 2 agosto 1867 (per. il 9).

J'ai l'honneur de vous envoyer par copie, la note que la Sublime Porte nous a transmise par suite de la démarche que nous venons de faire près d'elle et à laquelle la Prusse s'est également rallìée.

L'affaire qui a provoqué la note collective des Consuls à la Canée étant considérée par le Gouvernement Ottoman camme la conséquence de représailles que les Tures ont exercées sur les insurgés qui s'étaient livrés à des actes très déplorables à leur égard (c'est du moins le point de vue qu'ils cherchent de faire prévaloir dans les explications verbales qu'ils nous ont données) V. E. ne sera pas surprise de la réponse qu'on vient de nous communiquer.

Il parait, en attendant, que les premiers vaisseaux de guerre qui se sont présentés pour exercer l'acte d'humanité qu'ils étaient autorisé<; de remplir, ont rencontré de l'opposition de la part d'Omer Pacha, qui leur a signifié de se concerter au préalable avec l'Amiral des forces Ottomanes qui, parait-il, faisait entendre ses canons le long de la còte, probablement dans le but d'éloigner ceux qui auraient désiré de s'en rapprocher et de monter à bord des navires qui étaient prets à les recevoir. C'est la conjecture de mon Collègue de Russie qui a porté à ma connaissance le fait, sans cependant s'y appuyer beaucoup. Il est vrai d'ajouter que, si le fait est exact, Omer Pacha peut l'expliquer par la circonstance que son Gouvernement n'avait pas encore pu lui transmettre les instructions qu'il n'a pu recevoir que quelques jours plus tard et seulement en conséquence de nostre démarche collective.

J'ai raison de croire, si mes renseignements sont conformes à la vérité, qu'une des Puissances qui s'etait associée à toutes les autres pour provoquer l'enquete, fait aujourd'hui des démarches indirectes pour persuader la Porte à ne pas l'accepter pour ne pas donner son adhésion à un précédent dont les conséquences logiques et ultérieures doivent aboutir à la désintégration partielle et successive de l'empire. Selon les conseils qu'on cherche conséquemment de faire prévaloir pour le quart d'heure, c'est mieux de céder à la torce, s'il le faut, et n'admettre aucune autre solution de la question Crétoise.

Nous attendons dans quelques jours le Sultan; ce sera à son retour que nous saurons à quoi nous en tenir sur la ligne de conduite qu'il se propose de suivre dans les complications actuelles.

ALLEGATO

Nous protestons énergiquement contre le télégramme par lequel les Consuls à la Canée mandent à leurs Gouvernements respectifs que des massacres de femmes et d'enfants ont éclaté dans l'intérieur de Crète.

Le Gouvernement du Sultan est prèt à punir sévèrement tout acte méme isolé de cette nature, et repousse avec horreur les atrocités que la malveillance se plait à attribuer à nos troupes. Si l'insurrection a duré si longtemps, cela provient en grande partie de l'extrème menagement que nous avons gardé vis-à-vis de la rebellion. Les Gouvernements qui, sur ce rapport qui serait vraiment alarmant s'il était veridique, ont décidé d'envoyer des bàtiments de guerre pour recueillir les prétendues victimes errant sur les còtes et mourant de faim, voudront bien reconnaitre que nous ne saurions accepter devant l'opinion publique une tache pareille. Si, comme une des conséquences fàcheuses de l'insurrection, il y a des femmes et enfants sans asile ou sans parents et qui voudraient quitter l'ile, les autres parties de l'Empire leur sont tout-à-fait ouvertes. Le Gouvernement Impérial se ferait un devoir de leur accorder tous les soulagements imaginables. Il est donc impossible que la Sublime Porte puisse donner son adhésion à leur transport dans ce pays-méme qui est la seule cause des malheurs dont l'Ile a été frappée.

Cependant la non adhésion du Gouvernement Impérial à leur départ pour la Grèce une fois bien constatée, nos Autorités vont recevoir l'ordre de ne faire aucune difficulté à l'embarquement de ces femmes et enfants.

120

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 3 agosto 1867 (2).

Sire! Arrivé hier au soir de voyage j'apprends que M. Nigra va ètre remplacé. Permettez moi de supplier Votre Majesté de ne pas commettre une pareille injustice. Nigra vous sert habilement et loyalement, personne ne le sait mieux que moi qui le vois journellement depuis huit ans, vos affaires ne pourraient que perdre à ètre confiés à un autre et le moment est difficile. Tout le monde sait que s'il est rappelé c'est par suite de la haine de M. Rattazzi qui s'en est vanté. Il serait bien ... (3) voir ses services anciens, une vie honorable sacrifiés à des intrigues que je ne veux pas qua.lifier. J'en appelle au Roi dont je connais la justice et la bonté. Je reste trois jours à Paris et vous serais reconnaissant de me répondre. J'écris à M. Rattazzi.

121

VITTORIO EMANUELE II AL PRINCIPE NAPOLEONE (4)

T. Valdieri, 3 agosto 1867, ore 17,50.

Aucune détermination n'a été prise jusqu'à présent à l'égard de Nigra, comme je l'ai déjà écrit à l'Empereur (5); mais la conduite de Nigra dans les cir

constances actuelles n'a pas été telle que je l'aurais désirée et a fait mauvais effet en Italie. Je verrai le parti qu'il faudra prendre. Bien des souhaits à toi et à Clotilde.

(l) -Da A C R. (2) -Privo di ora di partenza. Si inserisce qui poiché ad esso risponde il n. 121 (3) -Gruppo indecifrato. (4) -Da A C R, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. Il, pp. 1199-1200. (5) -Cfr. n. 114.
122

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Firenze, 3 agosto 1867, ore 23,30.

A Parigi, se Vostra Maestà lo stima, potrei andare più tardi. È ben inteso che sono sempre agli ordini di Vostra Maestà, e farò quello che Vostra Maestà ravviserà più opportuno. Prevedevo il dispaccio del Principe a Vostra Maestà (2) mi fu annunziato da Artom stamane, e mi annunzia del pari che riceverò domani o dopo una lettera dello stesso Principe pel medesimo oggetto. Rispondendo procurerò di mettermi sulla stessa via che Vostra Maestà ha sì convenientemente tenuta. Ha ragione Vostra Maestà osservando che dopo la nota non conviene disgusta.re quei signori; ed io farò quanto posso per ottenere questo risultato. Ma converrà valersi di quest'opportunità per liberarci altresì da quel signore che sta qui e che fa tutto il possibile per molestarci. Se vogliono uno che loro piaccia, non ci lascino almeno un altro che ci è così molesto.

123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 24. Firenze, 3 agosto 1867.

Ella avrà certamente ricevuto i miei due dispacci politici n. 17 e 19 (3), dell'ultimo dei quali con apposito mio telegramma (4), io lasciava la S. V. giudice di fare quell'uso che a Lei sarebbe sembrato opportuno quando fosse stata di ritorno a Berlino.

Da quelle due comunicazioni Ella ha potuto scorgere in modo non dubbio da quali intendimenti sia mosso il Governo del Re quando trattasi dell'interesse della conservazione della pace generale. Ho fiducia che queste nostre buone disposizioni saranno giustamente apprezzate dal Governo Prussiano. Ove fosse vera la notizia del prossimo arrivo in Berlino di S. E. il Conte di Bismarck, a Lei non mancherà certamente un'occasione favorevole per esprimersi al riguardo.

La nostra situazione politica interna esige in questo momento tutta la nostra attenzione. Ella ne troverà qualche cenno nella Circolare periodica che Le

spedisco oggi stesso (1). Non converrebbe però che dalle particolari condizioni del nostro paese e dalle complicazioni alle quali dà luogo fra l'Italia e la Francia l'applicazione della Convenzione del Settembre 1864 si volessero trarre induzioni esagerate.

Ho esposto ampiamente la nostra condotta politica ed il nostro modo di vedere circa le maggiori questioni oggidi agitate in Europa nelle istruzioni che ho indirizzate al Marchese di Bella Caracciolo (2). Ella potrà prenderne lettura ed a questo fine le invio a Lei in pi2go aperto.

Il rumore che si va facendo intorno al viaggio dell'Imperatore d'Austria a Parigi, le insistenti esigenze che si attribuiscono al Barone di Beust al riguardo, e per ultimo l'importanza che si annette al colloquio dei due Imperatori che sembra dover aver luogo in questi giorni a Salzburgo sono tutte cose che tenendo agitati gli animi hanno un effetto direttamente contrario allo scopo che ci siamo proposti di ottenere colla nostra politica.

Al Ministro del Re a Vienna che ci ha ultimamente informati delle buone disposizioni del Governo austriaco a nostro riguardo ho stimato conveniente indirizzare oggi stesso un mio dispaccio confidenziale (3} pe·r norma del linguaggio che egli deve tenere. Ella troverà qui unito copia di questo mio dispaccio.

Il Marchese di Bella Caraccio.lo sarà fra pochi giorni di passaggio a Berlino. Gli ho scritto che troverebbe presso di Lei le sue istruzioni. Sono persuaso ch'Ella vorrà inoltre far conoscere a ·quel suo Collega tutte quelle particolarità che potranno guidarlo nei primordi della di Lui missione a Pietroburgo.

Le sarei intanto ben grato se Ella mi volesse riferire intorno a quelle conversazioni politiche che potesse aver avuto col Principe Gortchakoff sulle questioni del giorno e segnatamente sulle viste della Russia di fronte alle complicazioni purtroppo minacciose che esistono nei rapporti della Francia e della Germania.

(l) -Da A C R. (2) -Cfr. n. 120. (3) -Cfr. nn. 59 e 67. (4) -Cfr. n. 77.
124

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL

D. CONFIDENZIALE 53. Firenze, 3 agosto 1867.

Ho 'letto con speciale interesse il Rapporto Confidenziale di Serie Politica

n. 81 che V. S. mi diresse in data del 29 luglio p.p. ( 4).

Mi fu grato sopratutto lo scorgere in esso la constatazione delle ottime disposizioni dell'Austria a nostro riguardo. La rinuncia assoluta ad ogni ingerenza dell'Impero nelle cose della Penisola, mentre è pegno di un avvenire più fortunato per ambedue i paesi, doveva appunto importare come necessaria conseguenza che colle antiche pretese venissero pur meno a'l di là delle Alpi i

(-3) Cfr. n. 124. (-4) Cfr. n. 104.

12 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

vieti rancori contro le popolazioni italiane. È questo senza dubbio risultato altrettanto prezioso degli ultimi rivolgimenti che non lo sia l'acquisto stesso di una nobilissima provincia al Regno.

Da codeste buone disposizioni il Governo del Re trae argomento a confidare che si giungerà così ad un più sollecito e vantaggioso componimento dei negoziati attualmente pendenti tra il Regno e l'Impero per la definizione delle vertenze lasciate in sospeso dal Trattato di pace.

Non debbo però celarLe che se la nostra amicizia è assicurata all'Austria come elemento dello sviluppo reciprocamente vantaggioso dei mutui rapporti tra i due paesi, le esigenze imperiose della situazione creataci dagli ultimi avvenimenti, ed i principi stessi che noi professiamo, base della nostra esistenza nazionale, ci vieterebbero, in ogni caso, di seguire l'Austria laddove la sua politica si facesse per dire così militante e tendesse apertamente a sconcertare l'ordine di cose attualmente stabilito in Germania e nel resto di Europa, anziché a ricercare i mezzi acconci per giungere ad un assetto finale delle difficoltà tuttora insolute. Che se una così dolorosa eventualità fosse per avverarsi contro le nostre previsioni ed i nostri desiderii, per opera di qualsiasi Potenza, il programma dell'Italia è già stato tracciato nel dispaccio che io diressi al Cavalier Nigra il 15 maggio p.p. (l) e di cui V. S. ha conoscenza.

All'infuori dell'opera laboriosa dell'interna ricostituzione, il R. Governo per quanto concerne le relazioni esteriori si limiterà pertanto costantemente a dedicare ogni suo sforzo ad eliminare e restringere le cagioni di conflitto ed a prestare l'appoggio morale delle sue simpatie alle cause che si dibattono in Europa nel senso dei principii sui quali si fonda la nostra stessa esistenza.

Per ciò che concerne la prima parte di siffatto compito, V. S. conosce quanto da noi si fece in occasione della questione del Lussemburgo, e quanto si fa tuttora in ordine alla vertenza relativa allo Schleswig settentrionale. Per quel che riflette la seconda parte del compito che ci siamo prefissi, il Governo del Re non potrebbe negare le sue simpatie alle nazionalità che tendono a costituirsi. Epperciò noi non dividiamo gli apprezzamenti pessimisti del signor di Beust, né il giudizio severo che si reca costi sull'opera intrapresa dalla Prussia. L'art. IV del Trattato stesso di Praga ha infatti contemplato il caso in cui tra la Germania del Sud e quella del Nord si vogliano stringere più intimi rapporti.

In quanto alla politica della Russia, finché quell'Impero si limiterà a promuovere la ricostituzione delle autonomie nazionali delle popolazioni jugo-slave come elemento di soluzione della questione d'Or~ente egli non susciterà certo le nostre diffidenze. Nella situazione attuale non pare sia la Russia quella che cerca nel problema Orientale l'opportunità di ingrandimenti territoriali, ma sibbene l'Austria, la quale, a due riprese, lasciò recentemente travedere di siffatti disegni: la prima volta con entrature fatte, a mo' di prova, a Pietroburgo, la seconda proponendo un Congresso in cui tra le Potenze, esclusa la Porta, si discutessero le sorti dell'Impero ottomano. Questi nostri stessi intendimenti non tolgono però che noi facciamo voti sinceri per la riuscita dell'opera cui attende il signor di Beust di riunire, cioè, fra di loro le nazionalità varie soggette all'Im

pero in una forma che soddisfaccia a tutte le esigenze e promuova ogni singolo interesse. Il presente dispaccio è esclusivamente destinato a norma del suo linguaggio, né è d'uopo che io Le ne faccia notare l'indole del tutto confidenziale.

(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 101.

(l) Cfr. serie I, vol. VIII, n. 516.

125

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 501. Parigi, 4 agosto 1867, ore 1 (per. ore 2).

Ce soir après diner Empereur m'a parlé de l'affaire du général Dumont. Je lui ai dit que l'opinion publique en Italie n'est pas satisfaite de l'article du Moniteur et j'ai prié Sa Majesté de désavouer complètement le général en mettant encore deux mots au Moniteur, qui ayant parlé deux fois de la Prusse pouvait bien revenir encore sur l'affaire dont il s'agit. Empereur des français m'a dit que le Moniteur n'avait que trop parlé sur la Prusse comme sur le reste, et il a ajouté: « faites bien entendre à Florence que si quelque chose arrive à Rome j'ai 40/m hommes prets à s'embarquer à Toulon ». Empereur qui a été d'ailleurs très bienveillant, m'a quitté sur ces mots.

126

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 503. Parigi, 4 agosto 1867, ore 16,30 (per. ore 18).

J'ai été voir M. Rouher avant son départ. Je lui ai fait observer que la note du Moniteur n'a pas suffi à apaiser l'opinion publique; que je n'ai pas encore d'instructions, mais que je crains que nous ne soyons dans la nécessité de protester. Je lui ai dit que nous ne pouvions pas admettre l'ingérence française dans la légion romaine, du moment où celle-ci [ne] doit etre composée que de soldats libérés du service militaire français. M. Rouher m'a répondu que ces so1dats étaient effectivement libérés en France, mais à la condition qu'ils serviraient un certain nombre d'années à Rome. Il s'en suit que, si cette condition n'est pas remplie par suite des désertions, ces légionnaires tomberaient de nouveau sous la compétence des tribunaux militaires français. D'après M. Rouher, la mission officieuse de M. Dumont ne serait donc pas une violation de la convention du 15 septembre. Du reste ce général est revenu à Paris. Le Moniteur a désavoué ses discours. «Il serait sage, a dit Rouher, de regarder l'incident comme vidé. Il ne serait pas dans l'intéret de l'Italie de constater une violation de la convention de septembre de la part de la France. Cela ne nous effrayerait pas, et nous pourrions mème dénoncer la convention de septembre. Un corps d'armée est pret à Toulon pour se rendre à Rome. Les conséquences, a-t-il dit, seraient bien plus funestes pour l'Italie que pour la France».

127

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELW

T. 506. Costantinopoli, 4 agosto 1867, ore 23,05 (per. ore 8,46 del 5).

Ministre du Roi a Athènes m'informe arrivée «Authion » avec 300 crétois et me demande instructions. Je lu télégraphie qu'il ait à renouveler sa mission humanitalre en Crète.

128

VITTORIO EMANUELE II AL PRINCIPE NAPOLEONE (l)

T. Torino, 4 agosto 1867 (2).

Pour faclliter l'affaire de Nigra fais ton possible pour qu'on nous change Malaret. Tu sais aussi blen que moi que depuis longtemps il nous est hostile et je crois que l'Empereur ne désire pas cela.

129

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM

D. 268. Firenze, 4 agosto 1867.

Ho ricevuto il telegramma d'oggi con cui mi ha reso conto di una breve conversazione ch'Ella ha avuto con S. M. l'Imperatore de' Francesi (3), e mi è in pari tempo pervenuto il suo dispaccio di serie politica n. ... C4).

Noi non abbiamo mai chiesto che fosse smentito il Generale Dumont per ciò che avrebbe fatto o detto in Roma e mi duole quindi che ella ne abbia fatto formale dimanda all'Imperatore direttamente.

Quel che a noi preme chiarire si è che il Governo francese rinunzi ad ogni controllo, ad ogni ingerenza nella legione d'Antibo; ed è ciò che la S. V. avrà certo fatto osservare al Signor Marchese di Moustier allorché egli con troppa ingenuità manifestavale le ragioni per le quali la Francia era interessata ad impedire la diserzione de' legionari.

In quanto a tutto ciò che potrebbe accadere a Roma, noi non potremmo esserne tenuti responsabili ed Ella non ignora che su tale eventualità ciascuna delle due parti contraenti ha riserbato la sua libertà d'azione.

P. S. Le segno pur ricevuta del Rapporto n. 499 (l) e Le invio n. 5 documenti diplomatici.

(l) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1200. (2) -Mlnutato a Valdieri 11 3 agosto. (3) -Cfr. n. 125. (4) -Il numero manca ma si tratta del r. 500 (cfr. n. 116).
130

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 508. Parigi, 5 agosto 1867, ore 4,47 (per. ore 6,30).

Le prince Napoléon m'a pne de vous dire que l'Empereur pour !aire une chose agréable à S. M. le Roi et à V. E. va donner un congé et plus tard probablement une autre destinatlon au baron de Malaret (2). Je vous écris par poste ce solr.

131

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM

T. 293. Firenze, 5 agosto 1867, ore 15.

A l'état actuel des choses, le Ministère considère l'incident Dumont comme vidé, et vous pouvez considérer comme non avenue la dépeche du 2 aoùt (3) que vous aurez reçue aujourd'hui. Cependant, vous ferez comprendre au marquis de Moustier que nous ne pouvons pas admettre le nouveau mode d'ingérence qu'on voudrait, semble-t-il, appliquer à la légion d'Antibes; car nous nous en tenons, à cet égard, aux déclarations explicites de M. Drouyn de Lhuys, et protestons d'avance contre tout acte qui ne s'accorderait pas avec ces déclarations, comme étant une atteinte à la foi de la conventlon. Quant à l'appel que M. Rouher a paru !aire à la force, en parlant de l'envoi à Rome d'un corps d'ar

« ... La situation ici devant la Chambre surtout, n'est certes pas faclle, mals pour le moment elle est suff!samment solide et peut, ,le vous l'assure, réslster à toutes !es intrigues qui se font contro mo! -de ces lntrigues, Il m'est bien pénlble de le dire quo!que ce solt la pure vérlté, le Baron Malaret en est centre et àme. C'est chez-lu! que toute l'oppos!tion de la dro!te s'organlse en mème temps qu'll écr!t à son Gouvernement que le Mln!stère n'est pas sol!de et falt en sorte que dans !es sphères gouvern<•m3ntales françalses on crolt que je so!s séneuserr,ent menacé. Quant à moi je ne saiR que dire. si le Oouvernement Impérial persiste à maintenlr ici pour son Représentant le Baron de Malaret, il en est le màitre et jusqu'à à un certa!n point 11 me rend malgré mol et contre ma man!ère de voir un service, pu!sque son hostilité rendue pubUque de m!lle man!ères m'attache le parLi libéral et m'absout de l'accusat!on qui m'a toujours été fatte d'étre trop attaché au Oouvernement Impérial.

Vous me connaissez cependant et vous savez combien il m'est pénible de voir un Oouvernement ami comme celul de l'Empereur, s'obstiner à conserver un représentant qui !alt tout ce qui est en son pou,·oir pour se faire connaitre et se déclarer l'adversaire acharné du Mlnlstère actuel qu'11 déslre renverser pour lui en substltuer un autre composé de ses amls della consorteria, dont il s'est exclusivement entouré et par lesquels il est lnsplré, sans réfiéchir que la consorteria est pour le moment imposslble et qu'un Ministre étranger doit blen se garder de se mèler aux luttes des partls ... ».

mée (l), vous auriez diì lui observer que le Gouvernement du Roi ne saurait voir comment on pourrait dénoncer une convention telle que l'acte du 15 septembre, et que, du reste, nous discutons le droit sans nous préoccuper, en aucune façon, des conséquences.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. in ACR una lettera di Rattazzl a VImercati senza data:

(3) Cfr. n. 118.

132

VITTORIO EMANUELE II AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (2)

T. Valdieri, ... (per. ore 9,35 del 6 agosto 1867).

Grazie suo dispaccio, io telegrafai al Principe Napoleone per ottenere cambio Malaret (3), o;ra ricevei seguente risposta che le comunico:

«J'ai reçu votre dépeche d'hier au soir. Empereur s'est rendu à votre désir de ;rappeler Malaret. Jai eu un peu de difficulté, mais l'Empereur veut témoigner ainsi de son empressement à vous etre agréable et à maintenir bons rapports entre nos pays. Empereur me charge de vous dire que Malaret va ;recevoir ordre de venir en congé et ne retournera plus à Florence et sera remplacé sous peu. Je me permets d'ajouter en mon nom personnel que pour que le congé récip;roque donné à Nigra et à Malaret ne soit pas mal interprété par opinion publique qui ignore votre désir il me parait urgent que le ministre d'Italie revienne à Paris à son poste sans quoi on croira que les congés sont un refroidissement ».

In seguito a questo dispaccio mi pare che si potrebbe aderire loro domanda. Mille saluti.

133

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 7. Firenze, 6 agosto 1867.

Le accuso ricevuta dei Rapporti politici n. 10 e 11 in data 27 giugno e 6 luglio (4).

In ordine a quanto la S. V. mi dice sul nuovo titolo stato concesso dalla Porta al Viceré d'Egitto e sulla pretesa che questi potrebbe facilmente mettere avanti di assumere il titolo di Maestà e come tale farsi riconoscere dalle Potenze, io debbo riferirmi anzitutto al mio Dispaccio del 28 Giugno N. 5 di questa serie (5), ed in conformità di quanto Le scriveva allora ritengo che per ora a noi non convenga precedere gli altri Governi in cose risguardanti le relazioni del Vice Re colla Sublime Porta. E ciò tanto più dacché, sebbene Ella non mi abbia ancora ragguagliato delle intenzioni che a questo riguardo mo

(-3) Cfr. n. 128.

strano di avere i Suoi Colleghi, non ho motivo di credere che si voglia così facilmente acconsentire alle supposte pretese di Ismail Pasclà.

Sono poi persuaso che la S. V. con quella diligenza della quale mi ha dato prove costanti mi riferirà a suo tempo l'impressione che il Vice Re ha riportato dal suo recente viaggio a Parigi e Londra, e se per caso s'intende introdurre nella condotta politica di codesto Governo un qualunque cangiamento che fosse in armonia con queste impressioni.

(l) -Cfr. n. 126. (2) -Da ACR., ed. In Luzro, pp. 428-429 e in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1201. (4) -Non pubblicati. (5) -Non pubblicato.
134

GIUSEPPE GARIBALDI AL CANCELLIERE PRUSSIANO, BISMARCK (l)

L. P. Vinci, 6 agosto 1867.

La solution de la question romaine dans le sens des aspirations nationales et progressives de l'Italie mérite certainement d'occuper votre haute intelligence. Et c'est avec cette conviction que je me permets de vous présenter mon ami le Lieutenant Colonel Frigyesi pour demander votre puissant appui. Quelconque chose que vous fassiez pour nous aider dans notre humanitaire entreprise ce ne sera qu'un nouveau titre à la reconnaissance d'un peuple qui vous doit tant (2).

135

VITTORIO EMANUELE II AL PRINCIPE NAPOLEONE (3)

T. Valdieri, 7 agosto 1867, ore 19,10.

Je te remercie de ta dépeche (4) qui m'a fait bien plaisir, et je te prie de remercier l'Empereur et lui dire qu'il doit savoir que mes sentiments à son égard sont invariables. Il n'y a plus aucune difficulté à renvoyer Nigra à Paris, j'ai pourtant besoin de le tenir encore quelques jours ici et j'espère que le congé de Malaret ne se fera pas attendre longtemps. Bien des souhaits à tous les deux (5).

(-4) Cfr. n. 132.
(l) -Da Hauptarchiv des Auswartigen Amtes, Berlin, ed. in A. STERN, Geschichte Europas seit den vertragen von 1815 bis zum Frankturten Frieden von 1871. 10. Band, Geschichte Europas von 1848 bis 1871, IV, Stuttgart um Berlin, 1924, pp. 142-143 e in A. CAMPANELLA, Frigiesy, il gran garibaldino magiaro sconosciuto in <<Studi Garibaldini>> anno III, 1962, p. 103. (2) -Sull'accoglienza fatta da Bismarck al passo di Garibaldi cfr. R. MoRI, Il tramonto del potere temporale 1866-1870, Roma, 1967, pp. 197-199. (3) -Da ACR, ed. con qualche variante, in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1203. (5) -Cfr. il seguente t. di Rattazzi a Vittorio Emanuele II del 6 agosto (ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1203): << Dopo il richiamo di Malaret non vi può essere ostacolo al ritorno di Nigra. Solo parml conveniente che questo ritorno invece di precedere debba essere contemporaneo a quel richiamo. È questo il solo mezzo di salvare la dignità del due Governi e nel tempo stesso di escludere ogni sospetto di freddura. Se Vostra Maestà approva questa idea potrebbe rispondere al principe in questa conformità>>.
136

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 504. Pari.gi, 7 agosto 1867 (per. l'11).

Ho ricevuto lunedi 5 corrente per occasione particolare il dispaccio politico n. 267 in data del 2 agosto (l) circa l'affare del Generale Dumont. Chiesi immediatamente al Marchese di Moustier un'udienza, nella quale secondo gli ordini di V. E., mi proponevo di dargli lettura della nota stessa. Il Marchese di Moustier mi fece sapere ieri sera che mi avrebbe ricevuto domani ad un'ora dopo mezzodì.

Ricevetti poscia nella sera di lunedì il dispaccio telegrafico in cifra di S. E. il Presidente del Consiglio (2) con cui mi si annuncia che allo stato attuale delle cose il Ministero considera come esaurita la vertenza nata dal viaggio del Generale Dumont. Mi varrò tuttavia delle considerazioni svolte nel telegramma nel colloquio che avrò domani con S. E. il Ministro Imperiale degli Esteri, ma non gli comunicherò la Nota del 2 agosto dovendo a termini del telegramma stesso ritenerla come non scritta.

Oggi mi pervenne il dispaccio di Serie Politica n. 268 del 4 agosto (3). L'E. V. mi fa osservare che il R. Governo non ha mai chiesto che fosse smentito il Generale Dumont per ciò che avrebbe tatto o detto in Roma. Io mi limito ad accennare che col telegramma in cifra del 24 luglio (4) il Governo del Re ha espresso il desiderio che una nota del M oniteur rettificasse le voci corse intorno ai discorsi ed alla condotta del Generale Dumont; e che col telegramma successivo del l o agosto (5) io venni informato che codesta nota non era parsa al Ministero soddisfazione sufficiente. Nel mio colloquio con S. M. l'Imperatore io non poteva adunque far altro che esternare il desiderio di più ampie e più soddisfacenti spiegazioni.

Quanto alla conversazione affatto privata e confidenziale ch'io ebbi col signor Rouher, Ministro di Stato, essa fu assai lunga ed io dovei necessariamente !imitarmi a darne soltanto un sunto nel telegramma che ho spedito al

R. Governo il 4 agosto (6). Il Ministro di Stato emise il dubbio che l'Italia volesse constatare una violazione della Convenzione del 15 settembre per parte della Francia e dichiararsi dal canto proprio sciolta dagli impegni assunti, e si fu in questa ipotesi che egli parlò dell'invio possibile di un corpo di truppe a Roma. Ma io lo interruppi d'cendogli che quello che noi volevamo si era il mantenimento e l'osservanza scrupolosa della Convenzione; non potevo quindi seguirlo nell'esame delle conseguenze che avrebbe tratto con sé l'ipotesi contraria.

Mi permetto di presentare a V. E. queste brevi osservazioni, e riferendomi pel resto alla lettera particolare che ho avuto l'onore di indirizzare all'E. V., ...

(l) -Cfr. n. 118. (2) -Cfr. n. 131. (3) -Cfr. n. 129. (4) -Cfr. n. 86. (5) -Cfr. n. 113. (6) -Cfr. n. 126.
137

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 85. Vienna, 7 agosto 1867.

Le Courrier Anielli m'a apporté avant-hier soir les dépeches que V. E. a bien voulu m'adresser sous la date du 3 courant, S.P. nn. 52, 53, 54 (l); et je m'empresse de La remercier de leur contenu ainsi que des 14 documents diplomatiques annexés à la dernière, dont j'ai pris connaissance avec le plus vif intéret. Je dois également accuser réception à V. E. et La remercier de Sa circulaire portant la date du 1er de ce mois, de Sa dépeche du 3 fuori serie (2), et de celle du 27 Juillet dernier, S.P. N. 51 (3), dont le contenu me servira de règle dans le cas où M. de Beust viendrait à me parler de la question de frontière qu'elle traite, et à laquelle étaient joints six intéressants documents diplomatiques.

La clòture des Chambres, jointe au départ de M. de Beust et de la plupart des membres du Corps diplomatique, est venue apporter un temps d'arret marqué à la politique intérieure, dont pour le moment tout l'intéret va se concentrer dans la réunion des Délégués hongrois et autrichiens, qui aura lieu ici le 8 de ce mois pour délibérer sur les affaires communes. Les discussions porteront principalement sur les questions financières, très difficl:les à régler entre les deux nouvelles fractions de la Monarchie également épuisées, mais sur lesquelles il faut avant tout s'entendre. Ce sera à l'habilité des deux Ministres des Finances qu'il appartiendra d'établir un mode de répartition dans la perception de l'impòt, comme dans la part afférente de la dette, qui pu'sse sans trop de résistance, etre acceptée des deux còtés.

L'attention générale se porte sur l'entrevue des deux Empereurs à Salzbourg, qui, uniquement par suite de motifs particuliers de santé de l'Impératrice d'Autriche, a dtl etre remise au 17, et où se rencontreront pour la première fois les deux Souverains de France et d'Autriche. L'opinion publique voit avec une faveur marquée cette entrevue, qu'elle regarde comme le prélude d'une entente plus intime. Gependant, l'état d'épuisement dans lequel se trouve l'Autriche, et le besoin urgent qu'elle a de la paix pour se reconstituer à l'intérieur font penser que ni I'Empereur, ni son Premier Ministre, qui mieux que personne connaissent à fond cette situation, ne s'engageront dans une voie qui, sans raison apparente pour le moment devrait conduire à des résultats trop immédiats. La politique de M. de Beust penche évidemment du còté de la France dont en aucun cas il ne voudrait se séparer; mais pour que ces tendances prissent une forme plus decidée et qu'elles entrassent dans le domaine des faits, il faudrait, comme j'ai eu l'honneur d'en informer V. E., que certaines éventualités, venant de la Russie et cimentées par un accord avec la Prusse, vinsent im.poser à l'Autriche l'obligation de se prononcer. Jusque là l'Autriche, tout en surveil

lant de près les allures de ses voisins qui lui sont devenus suspects, se bornera à entretenir les meilleurs rapports possibles avec la France, dont l'amitié par elle-mème, en laissant apercevoir la possibilité d'une alliance, constitue déjà un élément de très grande force.

Quoi qu'il en soit, ce qu'il y a de certain c'est que le Ministre de Prusse se montre très inquiet des conséquences que pourrait avoir l'entrevue de Salzbourg, et que l'agitation qu'il en éprouve indique su!Ilsamment sous quel aspect il la présente à son Gouvernement.

(l) -Cfr. n. 124; glì altri dlspa<:!ci non sono pubblicati. (2) -Non pubblicati. (3) -Cfr. n. 97.
138

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 72. Monaco, 8 agosto 1867 (per. il 12).

Uniformandomi agli ordini contenuti nel Dispaccio n. 11 Serie Politica (l), ho trasmesso al Ministro degli Affari Esteri dell'Assia Darmstadt, la lettera che

S. M. il Re diresse a S. A. R. il Granduca d'Assia onde notificarLe il matrimonio di S. A. R. il Duca d'Aosta. II Barone Dalwigk avendomi testè fatto pervenire la risposta del suo Sovrano a quella Reale Lettera, ho l'onore di qui unito indirlzzarla a V. E. con preghiera di valeria far pervenire all'Alto suo indirizzo.

L'avvenimento che preoccupa in oggi i circoli politici della Baviera come della Germania in generale, è la visita che l'Imperatore Napoleone si propone di fare all'Imperatore Francesco Giuseppe a Salzbourg e che sembra fissata al 18 del corrente mese. Si ha poca fiducia nelle conseguenze pacifiche che la stampa umciosa austriaca, francese e prussiana si sforza di dedurre da questo scambio di gentilezze Imperiali: l'opinione pubblica persiste nel volervi vedere un fatto più importante che non un'espressione di semplice condoleanza, un principio cioè di alleanza.

Sebbene non si sia alieni dal prestar fede ai sentimenti personali pacifici ai quali in ogni circostanza l'Imperatore Napoleone si compiace di fare allusione, si dubita ch'Egli possa resistere molto a lungo a quella irritazione che domina in Francia contro la Prussia e che venne ben constatata dai numerosi tedeschi che si recano all'Esposizione e dal linguaggio non equivoco dei Francesi che in questa stagione percorrono la Germania.

II partito del «Volksverein >> o liberale, che domina specialmente nelle provincie del Palatinato e Bassa Baviera, si agita e cerca di opporsi con riunioni e colla stampa al partito indipendente che domina nell'alta Baviera, proclamando la necessità sempre più crescente di aumentare i legami che già riuniscono la Baviera alla Prussia.

II partito indipendente invece vuole anzi tutto conservare la Baviera e la sua dinastia, e nella prospettiva di un'alleanza Franco-Austriaca, circondato com'è questo paese dai possessi austriaci da Llndau fino ad Eger, si lusinga

scongiurare il pericolo di un'invasione facendo buon mercato dei trattati colla Prussia.

Se l'idea nazionale senza taccia d'ambizione dinastica e militare, fosse stata a capo del movimento politico iniziato nell'anno scorso, non v'ha dubbio che a quest'ora ogni nemico avrebbe trovata la Germania riunita sotto una sola bandiera, ma in oggi invece non tutti son d'accordo nel volersi lasciare assorbire dalla Prussia e tale sentimento fa nascere il dubbio se Ia BavLera si manterrà in ogni eventualità fedele alleata del Re Guglielmo: tale dubbio è pure diviso dagli agenti prussiani qui residenti.

In mezzo a questo conflitto d'opinioni il Governo continua a seguitare quella politica prudente e riservata che ebbi l'onore di far conoscere a V. E., nei miei precedenti rapporti, e fino a che il Principe Hohenlohe godrà la fiducia del suo Sovrano la Baviera non verrà meno agli obblighi assunti colla Prussia.

Nel trasmettere qui unito a V. E. un documento cifrato, ...

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Monaco, 8 agosto 1867.

Ministre de Russie m'a assuré que le Tzar à son retour à Saint Pétersbourg s'est montré peu satisfait de son voyage à Paris, et qu'il parait etre bien décidé à s'allier à la Prusse dans le cas d'une alliance franco-autrichienne.

(l) Non pubblicato.

139

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO (l)

R. 505. Parigi, 8 agosto 1867 (per. l'11).

Ebbi quest'oggi con S. E. il Ministro imperiale degli affari esteri un lungo colloquio. Giusta le istruzioni datemi dall'E. V. *per telegrafo, non gli comunicai il dispaccio del 2 agosto, n. 267 serie politica (2) ; ma mi giovai delle osservazioni in esso abilmente svolte per * (3) far comprendere a S. E. il punto di vista del Governo del Re nella vertenza sorta in seguito al viaggio del Generale Dumont a Roma. Per quanto grave e legittima sia stata l'agitazione suscitata nell'opinione pubblica in Italia da quell'incidente, il Governo del Re, diss'io, è disposto ad accettare come soddisfacenti le spiegazioni date dal Go

(-2) Cfr. n. 118.

verno imperiale e riprodotte nella Nota del Moniteur; ma egli desidera ancora che il Governo francese trovi modo di restituire alla Convenzione del 15 settembre quella morale efficacia che questo incidente ha potuto forse diminuire; il Governo italiano desidera inoltre che sia mantenuto alla legione d'Antibo il carattere che questo corpo di truppe deve avere nel territorio pontificio, secondo la lettera e lo spirito della Convenzione stessa. Rammentai quindi a S. E. il Marchese di Moustier che all'epoca dell'organizzazione di quella legione, il Governo francese aveva risposto alle osservazioni del Governo del Re, dichiarando che la medesima sarebbe una forza indipendente da ogni ingerenza estera e sulla quale la Francia non avrebbe esercitato alcun controllo e che non avrebbe avuto alcun rapporto ed alcuna solidarietà col Governo francese. Pregai il Ministro imperiale di dirmi se riteneva sempre per valide ed obbligatorie queste dichiarazioni, chiedendogli nel tempo stesso l'autorizzazione di trasmettere puramente e semplicemente all'E. V. la sua risposta. Soggiunsi che ciò era tanto più necessario, in quanto che correva voce di una riorganizzazione della legione stessa.

S. E. il Ministro imperiale, dopo aver ripetute sulla vertenza del Generale Dumont le osservazioni che ho esposto a V. E. col dispaccio del 1° Agosto *n. 500 affari politici* (1) mi disse non avere alcuna difficoltà di dichiarar nuovamente che la legione d'Antibo è una forza affatto indipendente da ogni ingerenza e da ogni controllo estero. Continuò: «Non solo riconosco questo principio, ma dichiaro che il Governo imperiale ebbe ed ha l'intenzione di conformarvisi per l'avvenire. Quant à la mission du Général Dumont, je ne la désavoue pas, je la nie ». Soggiunse essere falsa la notizia della riorganizzazione della legione; non poter certo impedire alla Santa Sede di fare in Francia degli arruolamenti per riempire i vuoti prodotti nella legione dal licenziamento di alcuni de' legionarj; ma in ogni caso questi arruolamenti non poter aumentare la forza della legione, né avere il significato d'una riorganizzazione della medesima. « Sarebbe puerile, disse il Marchese di Moustier, il sospetto che noi vogliamo scemare l'e!II.cacia della Convenzione o condurci in modo da dar pretesto ad altri di riputar meno obbligatorio il vincolo della stessa: è interesse comune della Francia e dell'Italia che questa stipulazione rimanga inalterata, ed io sono spiacente che nel vostro paese si sia potuto, anche per un solo istante sospettare che sia venuto meno nel Governo imperiale la volontà e l'interesse di scrupolosamente rispettarla ».

Io mi permisi allora d'insistere perché il Ministro imperiale degli affari esteri trovasse modo di ripetere categoricamente queste dichiarazioni. S. E. rispose: «Vi autorizzo a farle conoscere al vostro Governo». *Lo pregai tuttavia a redigere un dispaccio in senso identico al Barone di Malaret. Il Marchese di Moustier rispose *: « Col primo corriere mi esprimerò in questo senso in un dispaccio che indirizzerò al Primo Segretario della Legazione imperiale a Firenze; *il Barone di Malaret è aspettato in congedo a Parigi fra due o tre giorni».*

(l) -Ed. in LV 12, pp. 17-18. (3) -I brani fra asterischi sono omess\ in LV 12 dove Invece di questo brano sono le parole «cercai di ».

(l) Cfr. n. 116.

140

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 514. Vienna, 10 agosto 1867, ore 8 (per. ore 10,25).

Meysenbug m'a dit hier au soir que certainement les deux Empereurs aborderaient certaines questions politiques à Salzbourg, mais qu'à son avis il ne pouvait pas s'agir d'un échange d'idées attendu que ces questions n'étaient pas, pour le moment, assez mllres pour que l'Autriche puisse prendre des engagements. L'ambassadeur de France se rend à Salzbourg.

141

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 53. Berlino, 12 agosto 1867 (per. il 18).

M. le Comte de Bismarck, arrivé le 11 à Berlin, n'a pu me recevoir qu'au

jourd'hui dans l'après-midi. Je m'empresse de rendre compte de notre entretien. Je lui ai dit que j'avais étè chargé, au nom du Roi et de son Gouverne

ment, d'exprimer la plus vive reconnaissance pour l'excellent accueil fait par cette Cour à Monseigneur le Prince Humbert. La direction suivie dans le voyage de Son Altesse Royale indiquait assez les grands courants de nos sympathies vers nos alllés naturels. Nous avions tenu à témoigner, nommément à la Prusse, combien nous mettions de prix aux rapports qui rattachent solidement les intèréts nationaux de l'Italie à ceux de la Prusse. S'il est en efiet deux peuples qui aient tout à gagner à la sincérité de leurs bonnes relations, ces deux peuples sont assurément l'Italien et le Prussien, qui personnifie l'Allemagne. J'espérais qu'aucun nuage ne viendrait jamais voiler les bonnes dispositions mutuelles, que nos adversaires seuls pourraient chercher à troubler, dans un but facile à saisir. A ce propos, j'ai donné lecture de la dépéche N. 17, Série Politique (1), contenant un démenti catégorique et raisonné relativement à un prétendu traité entre l'Italie et la France. J'ai en méme temps résumé quelle était notre attitude vis-à-vis de chacune des grandes Puissances, attitude conforme à nos exigences intérieures, ce qui n'empechait nullement, comme nous l'avions prouvé lors de l'afiaire du Luxembourg, et comme nous l'eussions prouvé si la question du Schleswig avait pris des proportions menaçantes, que nos bons otllces ne feraient jamais défaut dans un sens de paix et de conciliation. Je voyais maintenant avec satisfaction que la situation s'était visiblement détendue, et qu'une campagne d'automne était au moins écartée. Il fallait aussi espérer que la prochaine entrevue à Salzbourg, entre les Empereurs de France et d'Autriche, qui

serait suivie d'une nouvelle rencontre de ces memes souverains à Paris, n'aurait pas de facheuses conséquences pour le maintien de la tranquillité générale en Europe.

M. de Bismarck me donna l'assurance que la visite de notre Prince Royal avait produit le meilleur effet en Prusse. On avait, entre autres, parfaitement su apprécier la coi:ncidence de cette visite avec les souvenirs anniversaires de 1866, qui formaient un lien de plus entre les deux Pays. S. E. me remercia à son tour des déclarations dont je lui avais donné lecture, à propos du prétendu Traité dont Elle n'avais jamais admis l'existence et dont Elle ne m'avait parlé que sur le ton de la plaisanterie. Elle se plaisait bien au contraire à reconnaitre nos bons procédés vis-à-vis du Cabinet de Berlin.

Le Président du Conseil ne pouvait que me confirmer le fait, que la situation s'était considérablement améliorée. On aura, semble-t-il, compris à Paris, qu'une guerre, dans les circonstances actuelles n'était nullement désirable. La France serait restée dans l'isolement, car, camme je ne me suis pas caché de le dire, elle n'aurait trouvé nulle part un allié. Aucune Puissance, sans en exclure l'Autriche, ne se soucierait de se trouver, après la lutte, tete à tete avec une France, meme victorieuse. L'Autriche se verrait alors à la merci des Napoléon. L'existence d'une Prusse forte, et capable de résister aux injonctions ou aux boutades françaises, rentre dans les convenances générales. Ce serait faire acte de démence, que de se preter à renverser une telle barrière. Autrefois, l'Angleterre avait choisi l'Autriche pour contrebalancer sur le continent l'inftuence de la France. Ce contrepoids ayant fait défaut, le Cabinet de Saint James a placé son enjeu sur une autre carte, sur celle de la Prusse. Il ne saurait convenir à la Russie que la France se rapprochat de Varsovie. L'Italie, à son tour, doit avoir à se prémunir contre les exigences de ses voisins, dans le présent aussi bien que dans l'avenir. Bref, chacun doit considérer camme son propre avantage qu'il ne sumt plus d'une censure du Moniteur, pour mettre l'Europe en émoi.

En pareilles conjonctures, on ne peut attribuer qu'à une excessive légèreté, à une ignorance des hommes, des choses, et meme de la géographie, la manière dont certains hommes d'Etat en France soulèvent, pour les laisser tomber ensuite brusquement, des questions irritantes. Ainsi, on vient d'assister à une détente presque subite. Ce serait faire trop d'honneur à ces hommes d'Etat, que de leur supposer des arrière-pensées. On prétend, il est vrai, que le fusil Chassepot n'a pas fait ftorès, et qu'un changement de système est devenu nécessaire.

Je fis à M. de Bismarck l'observation que le Marquis de Moustier avait eu, durant sa longue résidence à Berlin, le temps et l'occasion de se rendre compte des aspirations légitimes de la Prusse.

S. E. me cita, à ce sujet, un quatrain allemand sur le Pélican, qui avait le don de traverser les eaux, sans se mouiller, ni bee, ni plumes. Il en est de meme de certains diplomates français, qui restent eux-memes, avec leurs défauts et avec leurs qualités, sans participer en rien au milieu dans lequel ils vivent à l'étranger. Ils ne jugent qu'au point de vue de leur propre Pays, et ne soupçonnent pas un seul instant que les nations voisines préfèrent leur indépendance au protectorat français. On ne doit etre heureux, que par eux ou pour eux.

Quoi qu'il en soit, M. de Bismarck se rangeait assez à mon avis, que tout danger n'était pas écarté, malgré l'apaisement actuel. L'incident, déjà réglé du Luxembourg; celui du Schleswig, qui est maintenant l'objet de négociations directes avec le Danemark, mais non pas cependant sur la base d'une rétrocession qui comprendrait Duppel et Alsen; ces incidents ne pourraient etre que des signes révélateurs du fond meme des choses, de la haine de certains partis, lesquels voudraient pousser l'Empereur Napoléon dans une fausse vaie, en défigurant à ses yeux la véritable portée du mouvement allemand, et surtout en lui faisant accroire que le terrain va lui manquer en France, s'il ne rétablit pas san prestige, par quelque action d'éclat à l'étranger. Ces partis se retranchent derrière une soi-disant opinion publique, qu'ils n'ont jamais consultée. Autrement, ils sauraient que le peuple français, dans sa grande majorité, est d'un caractère essentiellement pacifique. Au reste, cette opinion publique, qu'on invoque à tout instant, ce n'est souvent qu'un vam fantòme. Si lui, M. de Bismarck, s'en était exagéré la valeur, au lieu de la guider, de la heurter au besoin, quand le bien du Pays l'exigeait, il ne serait pas resté au pouvoir et l'Allemagne serait encore sous la férule de l'ancienne Diète Germanique.

Pour détourner le péril, chaque Pu:ssance devrait s'appliquer à faciliter à l'Empereur Napoléon, dont personne ne saurait suspecter les intentions vraiment pacifiques, sa tàche si difficile. A cet effet, il conviendrait de travailler à lui rendre l'ancienne confiance qu'il plaçait dans la situation intérieure de la France. San tròne est aussi solide que par le passé. Qui lui dit le contraire, se trompe, ou ment volontairement pour faire une réclame dans de mauvais dessins. Que chaque Puissance, par san langage et par san attitude, laisse en meme temps comprendre que la France ne devrait compter que sur ses propres forces, dans le cas où elle voudrait jouer un ròle agresseur. Ce serait là un excellent moyen pour prévenir un conflit, et rendre du meme coup un véritable service à la Cour des Tuileries.

«Quant à l'entrevue de Salzbourg, ajoutait le Président du Conseil, je ne m'en préoccupe pas. Si l'Empereur Napoléon croyait se ménager pour autant l'alliance de l'Empereur François-Joseph, il irait au-devant d'une déception. L'Autriche n'est point à-meme, ne dispose pas des moyens nécessaires, pour entrer en action. D'ailleurs, si ces deux Puissances se coalisaient contre la Prusse, il se formerait immédiatement, dans les vingt-quatre heures, une coalition entre la Prusse et la Russie. Celle-ci suffirait à tenir tete à l'Autriche, et meme à lui porter un coup mortel. Quant à nous, camme nous serions obligés de déployer toutes nos ressources, nous saurions mettre sur pied un million de combattants. Nous n'avons aucun intéret à étendre la Confédération du Nord, bien loin de là, une sage politique nous prescrit de ne pas .franchir la ligne du Mein. La force d'absorption nous fait défaut et nous détourne d'encourager les tendances de ceux qui voudraient précipiter le cours des événements. Mais une attaque, et meme la s:mple menace d'une attaque, de la part de la France, aurait précisément pour effet d'amener l'unification de l'Allemagne, pour mieux résister à l'ennemi commun de la patrie. D'un autre còté, ne doit-on pas se rendre compte à Vienne que l'Autriche ne pourra se relever de sa position actuelle, que par l'appui du sentlment national allemand? Le jour où l'on saurait qu'elle conspire avec nos adversaires, son prestige serait tué dans ses provinces héréditaires, qui demanderaient de se rattacher à la mère patrie. Le plus sur moyen de discréditer un homme d'Etat, comme un Gouvernement, et de le rendre impossible, là comme chez nous, n'est-ce pas de le draper dans les couleurs de la France? Le simple soupçon suffit parfois; que serait-ce si le coupable était surpris en flagrant délit? Nous sommes dans un siècle où le sentiment national prédomine et ne permet pas que, dans un but quelconque, on subordonne, meme en apparence, sa propre politique à celle de l'étranger. Au reste, la rencontre de Saltzbourg, si tant e&t que elle ait lieu, car des personnes bien informées en doutent encore aujourd'hui, serait une faute de part et d'autre. Il m'est avis, je le répète, que Napoléon irait au-devant d'une déception. Or, une entrevue qui n'aboutit pas, éloigne plus qu'elle ne rapproche. De plus, Sa Majesté rappellerait en quelque sorte l'Empereur Henri IV, faisant amende honorable dans les murs de Canossa De son còté, l'Empereur François-Joseph blesserait au vif les sentiments de ses sujets, portés vers l'Archiduc Maximilien, qui est bravement tombé sur la bréche, en rendant un dernier service à Ja dynastie des Habsburg. Les dynasties sont des plantes qui parfois ont besoin d'étre arrosées par leur propre sang. Une restitution de la visite à Paris, dans un tel état de choses, serait une seconde faute, 'PUisqu'elle mettrait une fois de plus en évidence que le Cabinet de Vienne se prèterait à un jeu compromettant, lors méme que, selon mon opinion, il n'en doive rien sortir d'inquiétant pour la Prusse et l'Allemagne. Ce n'est pas nous, dans tous les cas, qui nous plaindrons de ces fautes ».

Je crois n'avoir rien oublié des parties saillantes de cet entretien.

(l) Cfr. n 59.

142

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 54. Berlino, 12 agosto 1867 (per. il 18).

Les observations du Comte de Bismarck, ses impressions, dont j'ai rendu compte dans ma dépeche confidentielle d'aujourd'hui (1), forment un contraste avec celles que j'ai transmises par mon rapport N. 48, du 30 Juillet échu (2).

Vers cette dernière date, la situation semblait tellement compliquée, qu'un employé supérieur des Affaires Etrangères avait été délégué en toute hàte auprès du Président du Conseil, pour requérir sa présence dans cette capitale. Depuis lors, le Gouvernement Français a en quelque sorte désavoué son Chargé d'Affaires ici, en laissant entendre qu'il avait dépassé ses instructions. Ce diplomate n'avait nullement été chargé de donner lecture de la dépeche ayant trait à la question du Schleswlg, dépeche qui au reste ne contenait, ni avis, ni conseils, mais simplement une expression courtoise du désir du Cabinet des

Tuiler1es, d'apprendre bientòt la solution d'une affaire, dont les lenteurs causaient des inquiétudes en Europe. Cette espèce de désaveu a été suivi d'un article très conciliant du Moniteur. La Gazette Universelle du Nord de l'Allemagne s'est empressée de répondre sur le meme ton. Un fonctionnaire, qui jouit de l'extreme confiance de M. de Bismarck m'a dit aujourd'hui que, s'il y a un dessous de cartes dans ce brusque revirement, il ne serait pas autre que des défectuosités constatées dans les fusils Chassepot. Il faudrait un nouveau système. Pour appliquer une nouvelle 1nvention, deux ans seraient nécessaires sans compter des frais très considérables. Dans cet intervalle il y aurait donc une période d'attente, parce que la France, ayant conscience de l'infériorité de ses armements, ne serait pas de force à engager une guerre.

Ainsi se serait dissipé ce nouvel orage d'avertissement, de menace. Tout parait étre rentré ma:ntenant dans l'ordre accoutumé. Je m'abstiens de paroles de mauvais augure. Cependant, il répugne d'admettre, quelles que soient les apparences, que du jour au lendemain peuples et Gouvernements aient fait litière de leur ambition, de leurs haines traditionnelles, et aient mis de còté franchement leurs rivalités nationales. Je me range donc à l'avis de ceux qui ne voient dans cette transformation à vue, qu'un répit. Autrement nous serions au début du règne de la raison, et les passions, sans lesquelles il n'y aurait pas d'histoire, auraient disparu du monde.

(l) -Cfr. n. 141. (2) -Cfr. n. 106.
143

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 18. Costantinopoli, 12 agosto 1867 (per. il 20).

L'Ambasciatore di Russia è partito due giorni or sono per la Crimea allo scopo d'incontrarsi colà col suo Sovrano. Prima di lasciare Costantinopoli egli ebbe un lungo abboccamento con Fuad Pacha durante il quale rinnovò le più vive e più pressanti istanze onde far accettare dalla Sublime Porta il progetto di una inchiesta in Creta.

Il Ministro degli Affari Esteri si mantenne nel rifiuto il più assoluto. Disse che il Trattato del 1856 avendo assicurato l'integrità del territorio Ottomano, la Porta aveva, al pari delle altre Potenze, l'obbligo di vegliare a che quest'integrità non venisse menomata. L'accettazione di un atto qualunque che potesse implicare, non solo la probabilità, ma persino la possibilità d'uno smembramento anche parziale dell'Impero, sarebbe un'onta incancellabile per il Governo Ottomano, e la perdita d'ogni prestigio in faccia alle popolazioni. L'idea d'un'inchiesta non potrebbe quindi essere presa in considerazione dalla Sublime Porta che alla sola condizione che le Potenze s'impegnassero preliminarmente ad escludervi qualunque progetto di separazione dell'isola di Creta dal resto dell'Impero.

Invitato dal Generale Ignatiew à prononcer san dernier mot pour qu'il puisse le rapporter à l'Empereur, Fuad Pacha r:spose: Ce que j'ai dit à Paris, à Londres, à Coblentz et à Vienne je vous le répète ici: jamais la Sublime Porte n'acceptera une discussion sur la séparation de la Crète du rcste de l'Empire.

U -DoC'u'lltenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

Quasi contemporaneamente a questa Conferenza tra l'Ambasciatore di Russia e il Ministro Imperiale degli Affari Esteri, l'Incar:cato d'Affari di Francia, dietro nuovi ordini giuntigli da Parigi, si recava da S. A. il Gran Vizir per cercare di smuovere la Porta dal suo pertinace r'fiuto ad un'inchiesta.

La risposta d'Aali Pacha al Signor Outrey fu identica a quella di Fuad Pacha. Il Governo Ottomano non può accettare un'inchiesta che sotto la condizione che non venga discussa la questione della separazione di Creta. Se si tratta di esaminare i bisogni amministrativi delle popolazioni Cretesi e di trovare il modo di soddisfarli, la Sublime Porta è pronta ad aderire ad un'inchiesta e a darvi tutta la pubblicità possibile. Ma consentire a che quest'inchiesta rivesta un carattere politico, e che le popolazioni vi possano, in un modo o nell'altro, esprimere il loro voto sulle sorti avvenire dell'isola, giammai. La Sublime Porta sa quali potranno essere le conseguenze d'un tale rifiuto, sa di non poter sostenere una lotta contro l'Europa coalizzata, ma essa è decisa a non cedere che alla forza.

144

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 55. Berlino, 13 agosto 1867 (per. il 18).

La question d'Orient n'a été qu'cffleurée dans ma conversation avec le Comte de Bismarck. Je l'avais cependant mis sur la vaie de s'expliquer. Il s'est borné à me dire qu'il ne prévoyait pas d'obstacle à un arrangement, de la part au moins de la Russie. A son avis, elle ne se laissait guider par aucun sentiment de convoitise et n'était animée, dans cette quest:on, camme dans !es affaires générales de l'Europe, que du désir très marqué de travailler au maintien de la paix. C'est dans ce but qu'elle préchait la condescendance à Constantinople.

V. E. aura remarqué l'absence du Comte de Bismarck lors de l'entrevue à Coblenz du Roi de Prusse et du Sultan. Si je suis bien renseigné, c'est Aristarchi Bey qui a un peu forcé la main à son Souverain pour le décider à cette rencontre, lors méme que S. M. Prussienne l'eùt en quelque sorte déclinée, à Berlin du moins, en invoquant des raisons de santé. Dans la pensée de ce diplomate, il importait au Gouvernement Ottoman de mettre en relief un certain isolement de la Russie, en présence des visites aux Cours de France, d'Angleterre et de Prusse. Bref, si le Roi de Prusse n'a pas pu se refuser aux instances du Sultan de faire personnellement sa connaissance, il est évident que la politique est restée étrangère aux entretiens de Coblenz. M. de Bismarck, en se tenant à l'écart, donnait ampie garantie au Cabinet de Pétersbourg.

Je sais cependant, par M. de Thile, que Fuad Pacha aurait laissé entendre que la Sublime Porte étonnerait l'Europe par ses larges concessions aux chrétiens.

Le fait est qu'elles se font largement attendre. Et, quant aux Candiotes nommément, ce n'est point en ajournant indéfiniment l'enquéte, en se montrant à peine favorable à leur autonomie, que l'on parviendra à décider les insurgés à mettre bas les armes.

Au reste, à Berlin on se préoccupe médiocrement de cette question, depuis surtout que l'accord paraìt régner entre Paris et Pétersbourg. Le Comte Brassier, selon ses instructions générales, se range de leur bord. Aussi, V. E. aura remarqué que la chaloupe canonnière prussienne de station à Constantinople a reçu l'ordre d'appareiller pour les eaux de Candie, où elle s'associera au sauvetage des vieillards, des femmes et des enfants.

145

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 57. Berlino, 13 agosto 1867 (per. il 18).

Je remercie très particulièrement V. E. de m'avoir transmis copie de sa dépeche confidentielle au Comte de Barral, en date du 3 de ce mois (l). Sans en donner lecture au Comte de Bismarck, je me suis cependant prévalu de son contenu pour expliquer, comme de moi-méme, quelle était notre attitude vis-à-vis du Cabinet de Vienne, et le Président du Conseil s'est montré très satisfait de ces explications. On ne saurait etre plus correct, au po!nt de vue prussien, aussi bien qu'au point de vue italien.

Parsa dépeche qui accompagnait cet envoi (2), V. E. me demande de lui rapporter les conversations politiques que j'ai pu avoir, durant mon dernier séjour en Russie, avec le Prince Gortchakow. J'avais tenu régulièrement au courant le Marquis Incontri des différents détails. Quant à l'ensemble de mes impressions, je les ai déjà transmises par mon rapport n. 47 (3). Je ne puis que m'y référer. Depuis lors, je vois par la correspondance du Marquis Incontri, que le Chancelier est devenu un peu optimiste. Il semble que l'esprit des hommes d'Etat est dans la méme phase de fluctuation que la situation européenne si pleine d'incertitude. n y a un fait cependant qui démontre, à lui seul, une très médiocre confiance dans l'avenir, c'est ce système de paix armée auquel aucune Puissance, ne songe à renoncer, malgré les sacrifices très onéreux qu'il comporte.

V. E. aura remarqué que le Comte de Bismarck ne m'a rien dit sur un projet d'une entrevue prochaine entre l'Empereur des Français et le Roi Guillaume, qui sur les conseils de son premier Ministre va revenir à Potsdam. Son éloignement présentait plus d'un inconvénient pour la marche des affaires, surtout au moment où va se réunir le Conseil Fédéral. chargé de préparer les travaux pour le Reichstag, qui sera convoqué dans les premiers jours de septembre. Les journaux ont parlé de l'entrevue dont il s'agit; elle n'a pas été

(ll Cfr. n. 124. (~) Cfr. n. 123.

démentie par les feuilles officieuses. Mais, d'après l'avis de M. de Thile, que j'ai interpellé à cet égard, il ne croyait pas à cette rencontre, au moins dans le courant de cette année.

(3) Non pubblicato.

146

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

T. 299. Firenze, 14 agosto 1867, ore 17,30.

Ne laissez pas agir seuls les représentants de France et de Russie et associez-vous franchement à toutes les démarches qui peuvent contribuer à faire cesser à Candie un état de choses aussi révoltant pour l'humanité que compromettant pour la paix publique en Orient. Nous sommes d'avis que seulement une solution radicale de la question de Crète pourra détourner de plus grands dangers. Réglez votre conduite en conséquence: mais s'il s'agissait de mesures coercitives ne prenez pas d'engagements sans m'avoir préalablement consulté (1).

147

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 128. Pietroburgo, 14 agosto 1867 (per. il 21).

La notizia del rifiuto formale opposto dalla Sublime Porta alla inchiesta progettata dalle potenze sullo stato di Candia, quando qualunque idea di annessione dell'isola alla Grecia non venisse dapprima definitivamente scartata è giunta qul or sono due giorni per mezzo di un telegramma del Generale Ignatieff. Il Principe Gortchacow se ne mostra assai preoccupato ed anche vivamente esacerbato. Ebbi l'onore di vederlo ieri mattina e parlandomi di tale notizia mi diceva: «Ecco a che hanno servito le accoglienze fatte al Sultano in Inghilterra, e la condotta tenuta dal Barone di Beust che spera sempre di pescare nel torbido come tutti quelli che si sentono male in gambe: ecco la gran sorpresa che il Sultano doveva fare all'Europa una volta tornato a Costantinopoli, secondo ciò che alcuni andavano dicendo». Interrogato da me sul contegno che intendeva tenere dopo questa nuova prova dell'ostinazione ottomana

a non volere accogliere i consigli dell'Europa, il Principe mi rispondeva non essersi ancora nulla da lui deciso a tal riguardo, ed essere necessario prima di farlo che gli siena giunti i rapporti della Legazione russa a Costantinopoli e che sappia quali sono le idee della Francia in proposito desiderando, possibilmente. andare d'accordo con essa.

L'impressione che ho riportata dalla mia visita al Principe Cancelliere si è che, propenso, come soventi egli è, a credere già realizzato quanto egli desidera, ed a vedere sempre come suol dirsi l'orizzonte politico color di rosa, non calcolava su questo nuovo rifiuto della Porta, in ispecie dopo le parole energiche dette dall'Imperatore Napoleone a Fuad Pacha; egli sperava che il Sultano vedendo 'l'attitudine della Francia, e soprattutto osservando che nella questione di Candia le potenze avevano per così dire chiuso il periodo della discussione, ed erano entrate in quello dell'azione, non si sarebbe esagerato l'appoggio che può trovare la Turchia in Inghilterra, appoggio esclusivamente morale, e non avrebbe osato opporre un nuovo rifiuto alle domande stategli fatte. Le speranze che adunque si nutrivano per una pronta soluzione della faccenda cretese, e che da ogni parte trasparivano, sono state di molto diminuite da questa decisione presa da Abdul Aziz, dopo il suo ritorno, e quindi ne venne nell'animo del Principe Gortchakow quella preoccupazione e quell'inasprimento che non da me solo fu notato, ma da quanti fra i miei Colleghi lo videro dopo le ultime notizie di Turchia. A ciò si aggiunge la difficoltà di trovare un modo efficace dì venire in aiuto ai Cretesi e di raggiungere lo scopo che la Russia si è prefisso, cioè l'annessione dell'isola alla Greeia. La guerra alla Turchia la Russia non può né vuole certamente farla, ma però se ad ogni domanda si oppone a Costantinopoli un rifiuto, la posizione non fa che rendersi ogni volta più difficile, e non è certo possibile di lungamente persistere a fare domande e subire rifiuti senza vedere diminuito il proprio prestigio, mentre durante queste trattative il sangue scorre e le più grandi atrocità si vanno commettendo.

Quale sarà adunque il partito a cui si appiglierà il Gabinetto di Pietroburgo non lo si può, come dicevo testé, conoscere ancora, ma non sarei per niente sorpreso se, adoperando quella influenza che esso realmente esercita sulla maggiorità delle popolazioni cristiane suddite della Turchia, suscitasse nuovi imbarazzi alla Porta o favorendo sottomano i moti che in vari punti sono scoppiati, o facendone scoppiare di maggiore rilievo. Mettendo così il fuoco in altri punti dell'Impero, e purtroppo gli elementi dell'incendio non mancano, potrebbe la Russia sperare di indurre il Governo Ottomano ad aderire alle domande già fattegli dalle potenze Europee, oppure forse anche a proporre spontaneamente se pure posso impiegare tale parola, la anness:one dell'isola alla Grecia, quando veda che le forze ora impiegate in Candia gli sieno necessarie per comprimere la rivolta in altre provincie, ed evitare mali peggiori.

I discorsi che da due giorni si vanno facendo dalle persone di solito meglio informate di qui, la posizione difficile nella quale la Russia si trova di non poter venire a capo altrimenti della resistenza della Turchia, il desiderio di mantenere ad ogni costo la sua influenza in Oriente la quale subirebbe un gran colpo ove la questione di Candia non avesse un esito favorevole, il desi

derio di rendere con un accrescimento di territorio più stabile Il trono sul quale si deve sedere una Granduchessa di Russia, sono tutte ragioni per le quali le idee da me sopra accennate potrebbero ben facilmente divenire in breve spazio di tempo fatti compiuti.

L'avvenire mostrerà se andai errato nelle m~e congetture che ho creduto riferire all'E. V. come il risultato dell'impressione prodottami dalla situazione quale essa è attualmente.

(l) Si pubblica qui un brano del d. 21 del 16 agosto di Campello a Bertinatti: «Oramai la questione speciale di Creta può ci\rsi matura. Il Governo del Re si è chiaramente pronunciato, come si pronunciarono i Governi d'Austria, Francia, Prussia e Russia, per una soluzione radicale che abbia per base i voti dei Cretesi sinceramente e regolarmente consultati. Epperò sebbene non sia opportuno pregiudlc:tr~ sltfatta prova solenne, con esprimere fin d'ora un avviso esplicitamente favorevole all'annessione Liell'lsola alla Grecia, noi non potremmo tuttavia negare! a riconoscere, che tale è In sostanza li significato vero e la risultanza finale della propostadelle potenze. Il linguaggio di Lei dovrà quindi ispirarsi a siffatte considerazioni né V.S. dovrà dissimulare tale essere la portata della proposta d'inchiesta ripetutamente fatta. Ella potràanzi tutte le volte che gliene viene porta l'occasione dimostrare ai Consiglieri del Sultano come sia nello stesso interesse della Sublime Porta distaccare dal Corpo dell'Impero quelmembro che fosse riconoseiuto, dopo lunga prova, insanabile e capace perciò di estendere la piaga alle altre membra no'1 clel tutto robuste».

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 88. Vienna, 15 agosto 1867.

V. E. ne sera pas surprise que l'on garde au Ministère Impérial des Affaires Etrangères la plus extrème réserve sur le caractère véritable et sur !es résulta ts possibles de l'entrevue de Salzbourg. Mais certains traits particuliers de la situation, que je vais avoir l'honneur de soumettre à V. E., en évitant entièrement le champ de la politique conjecturale, me paraissent concourir à jeter là-dessus une certaine lumière, de moins en ce qui concerne !es vues de ce Cabinet.

Le langage tenu en toutes circonstances ces jours par !es membres du Gouvernement impérial est entièrement conforme aux voeux exprimés par l'opinion publique, qui n'admet pas que l'Autriche s'engage envers la France à faire avec cette Puissance la guerre à la Prusse. V. E. se souvient qu'au temps où la question du Luxembourg commençait à devenir menaçante. le Cabinet de Vienne, sondé par le Gouvernement français sur ses dispositions pour le cas où la guerre éclaterait, répondit évasivement et se réserva de régler sa conduite sur les événements. Tout autorise à croire, et on le déclare catégoriquement ici dans le monde officiel, que vis-à-vis d'un conflit franco-prussien pur et simple, sans immixtion de la Russie, l'attitude de l'Autriche demeurerait la mème que dans la circonstance que je viens de rappeler.

Mais si l'Autriche est aussi décidée qu'elle l'était alors à ne rien faire qui puisse la poser en Allemagne camme « une alliée de l'étranger contre la nation allemande», il n'est pas probable qu'elle renouvelàt aujourd'hui, si des circonstances analogues se présentaient, !es efforts sincères et efficaces qu'elle fit lors de la Conférence de Londres pour empècher la guerre d'éclater entre la France et la Prusse.

Ce changement dans !es dispositions du Gouvernement autrichien provient en partie de la conviction intime que l'on a malheureusement ici, depuis que l'on a vu la solution de la question du Luxembourg n'améliorer en rien la situation réciproque de la France et de la Prusse, qu'une guerre entre ces deux Puissances est réellement inévitable; e n partie aussi, du désir de tirer de ce t te situation le profit possible en risquant le moins que l'on pourra. Quelques circonstances qui peuvent ètre indiquées en peu de mots expliquent d'ailleurs pourquoi l'Autriche est portée aujourd'hui à envisager d'un oeil moins défavorable qu'il y a trois mois certaines éventualités belliqueuses.

Depuis la Conférence de Londres, la situation intérieure de l'Autriche s'est améliorée, et sa situation extérieure est devenue plus grave. La réconciliation de la Hongrie, qui n'était qu'acheminée, a abouti, et le Reichsrath a commencé à fonctionner avec régularité: deux résultats d'une grande importance actuelle pour l'Autriche, quelle qu'en doive ètre la durée; le premier surtout lui assure de précieuses ressources militaires. Ce qu'il y a là de favorable est tristement balancé, il est vrai, par le malaise économique et financier qui pèse sur l'Empire, et par le désarroi, non encore réparé totalement, causé par la dernière guerre; mais la situation extérieure est devenue telle dans c es derniers temps pour l'Autriche, que l'on s'expHque que M. de Beust puisse porter à Salzbourg d'autres préoccupations que celles du besoin de paix qu'éprouvent incontestablement les populations de la monarchie. L'unité de l'Allemagne sous la direction de la Prusse, cette unité que l'Autriche ne veut pas combattre, mais qui n'en est pas moins pour elle un fait funeste, a réalisé des progrès qu'ici l'on ne prévoyait pas aussi rapides. L'introduction, par M. de Bismarck dès son retour de Paris, des représentants des intérèts commerciaux de toute l'Allemagne au Parlement de la Confédération du Nord, a fait réfléchir ici sur l'énergie de la direction imprimée au mouvement unitaire; le néant, ou peu s'en faut, des obstacles que l'on s'attendait voir l'administration prussienne rencontrer dans le Hanovre, a prouvé l'inanité des éléments de résistance intérieure. On a du se faire ici le cruel avoeu qu'en Allemagne, le temps, au lieu de travailler, comme on l'avait espéré, contre l'unité, travaille pour elle. Enfin l'attitude si expressive que la politique russe prend de plus à l'égard de l'Autriche et de la Turquie, les accords complets que ce Gouvernement-ci croit établis entre les Cabinets de Berlin et de Pétersbourg, l'agitation sourde signalée chez les slaves de la monarchie autrichienne, tout cela, pour comble de péril, menace de fermer la seule issue qui soit restée ouverte, après Sadowa, aux anciennes ambitions autrichiennes: l'Orient.

Les sentiments, non entièrement exempts d'une sorte de passion d'ailleurs respectable, que cette situation inspire aux hommes d'Etat autrichiens, ne sauraient ètre mieux exposés qu'ils ne l'ont été dans la dépèche politique N. 79 (l) de M. le Comte de Barrai à V. E. Quelque puissantes que soient les raisons qui conseillent à l'Autriche une politique complètement pacifique, quelques regrets que l'on éprouve à constater un état de choses si pcu rassurant, tout ce que l'on voit et tout ce que l'on entend ici prouve que l'Autriche attend de la France, sans vouloir s'en mèler directement, une répression des tendances de la Prusse et comme conséquence une restauration de sa propre situation en Allemagne; et que de son còté, elle ne répugne pas à s'entendre avec la France pour agir contre la Russie dans l'hypothèse où celle-ci démasquerai.t une alliance avec la P russe.

Ainsi, le Cabinet de Vienne peut dire avec vérité, et il dit en effet dans ses communications circulaires à ses Agents, que l'Autriche n'entend prendre aucun engagement positif avec la France sur des questions qui ne sont actuellement pas mures. Mais il est bien éloigné d'affirmer qu'il n'échangera pas des

promesses conditionnelles, éventuelles avec la France, en vue d'hypothèses données, celle entre autres d'une alliance belliqueuse entre la Prusse et la Russie. Maintenant, cette hypothèse, sur laquelle on appuie beaucoup ici, est-elle sérieusement probable? c'est sur quoi je ne saurais renseigner d'ici V. E.

En résumé, pour ce qui regarde les vues du Gouvernement autrichien, l'entrevue de Salzbourg a une véritable portée politique, et le Cabinet de Vienne en attend des résultats notables, dans la direction générale d'idées que je viens d'essayer de retracer. L'on a fait, dans le corps diplomatique, la remarque, généralement trouvée juste, que s'il ne se fut pas agi d'intérets politiques sérieux, les vives résistances que le projet d'entrevue a soulevées dans la famille impériale d'Autriche l'auraient fait échouer.

(l) Non publllicaLo.

149

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO (l)

T. 521. Parigi, 16 agosto 1867, ore 0,45 (per. ore 1,45).

Gazette de France de hier au soir publie une lettre que le général Niel aurait adressé le 17 juin au général Dumont avant son départ pour Rome. Je vous signale cette lettre bien que * la Gazette de France déclare elle meme que * ce document n'a plus grande importance après les déclarations du Moniteur.

* Je vous écrirai demain à ce sujet '''.

150

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 523. Vienna, 16 agosto 1867, ore 19,15 (per. ore 20,55).

Gramont part ce soir pour Salzbourg. Son langage, ainsi que celui du ministre des affaires étrangères, est toujours que l'entrevue n'a aucun but politique, mais le Cabinet autrichien laisse voir préoccupations sérieuses, relatives surtout à l'alliance supposée de Prusse et Russie, et ne nie pas qu'il n'en puisse etre question, incidemment, à Salzbourg entre les deux souverains.

Le Gouvernement autrichien vient, sur la demande de la France, d'envoyer aux bàtiments, qu'il tient, pour évolut:on dans la Méditerranée orientale, autorisation vague d'accueillir les familles crétoises qui chercheraient refuge à bord, sans permettre positivement d'aller les chercher à terre. Ces bàtiments doivent les transporter en lieu sur, mais en territoire ottoman. Conformément à la récente protestation de la Porte, les commandants autrichiens ne devront rien !aire de désagréable à celle-ci. Je sais ceci du baron de Meysenbug. Le chargé

d'affaires de Russie et le ministre de Grèce m'ont exprimé la crainte que cet exemple ne nuise à la continuation du sauvetage si bien commencé par les b:Uiments italiens, français et russes. Détans par poste.

(l) Ed. in italiano, ad eccezione <lei bran; fra asterischi, in LV 12, p. 20.

151

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, A FIRENZE (l)

D. 272. Firenze, 16 agosto 1867.

Il R. Incaricato d'Affari a Parigi mi ha reso conto di una conversazione che Egli ebbe col Marchese di Moustier in seguito alle ultime istruzioni da me conferitegli relativamente allo spiacevole incidente suscitato dalla gita del Generale Dumont a Roma.

Dalla qui annessa copia del dispaccio del Cavalier Artom (2) la S. V. Illustrissima scorgerà come alle domande che il R. Rappresentante indirizzavagli a nome del Governo del Re, il Ministro Imperiale degli Affari Esteri rispondesse dichiarando nuovamente che la Legione d'Antibo è una forza affatto indipendente da ogni ingerenza e da ogni controllo estero. «Non solo riconosco questo principio (soggiunse il Ministro Imperiale) ma dichiaro che il Governo dell'Imperatore ebbe ed ha l'intenzione di conformarvisi per l'avvenire. Quant à la mission du Général Dumont, je ne la désavoue pas, je la nie ».

Essendo Ella in procinto di ripartire per Parigi per riprendervi la gestione della R. Legazione debbo innanzi tutto manifestarLe che mettendo ormai da banda ogni discussione sull'operato del Generale Dumont la quale dopo 'le franche assicurazioni del Governo Imperiale non avrebbe più alcun oggetto, il Governo del Re ha udito con vero compiacimento le esplicite dichiarazioni emesse dal Signor Marchese di Moustier per ripudiare da parte della Francia qualsiasi ingerenza e solidarietà colla Legione d'Antibo al servizio della Santa Sede.

Noi non potevamo dubitare che il Gabinetto delle Tuileries, desideroso al par di noi di mantenere tutta la sua efficacia alla Convenzione del 15 settembre e di conformarsi quindi scrupolosamente alla lettera e allo spirito di quel patto bilaterale non avrebbe mancato di rinnovarci nella presente occorrenza le dichiarazioni che ci vennero fatte dal Signor Drouyn de Lhuys quando quella Legione fu formata.

Ciò nondimeno rimane ancora un punto di non lieve momento, su cui mi è d'uopo richiamare la sua speciale attenzione e al quale il Signor Marchese di Moustier non ha creduto dover toccare nel suo colloquio col Cavalier Artom.

Perché i soldati esteri che militano sotto la bandiera della Santa Sede possano conservare esclusivamente il carattere di soldati pontificii egli è mestieri che essi non abbiano alcun obbligo, alcun legame di sorta verso la madre patria, fa d'uopo insomma che essi siano volontari o soldati interamente liberati

dal servizio militare di un'altra Potenza. Se per contrario questo congedo non fosse definitivo, ma subordinato alla condizione di assoldarsi nell'esercito pontificio, se i legionari in tal modo reclutati fossero passibili di pene, per la loro diserzione, non solo verso il Governo della Santa Sede ma anche verso un Governo Estero, egli è chiaro che in tal caso il carattere di un esercito così composto sarebbe del tutto falsato, e produrrebbe di fatto da parte di quella Potenza straniera, con cui i legionari fossero per vincoli di tal genere connessi, quella ingerenza, quel mascherato intervento che la Convenzione ha inteso di escludere e che il Gabinetto Imperiale stesso dichiara di non voler esercitare.

Or noi sappiamo per bocca dello stesso Signor Ministro Imperiale degli Affari Esteri che la maggior parte dei francesi componenti la legione d'Antibo non sono stati esonerati dal servizio in Francia se non a condizione di entrare al servizio militare della Santa Sede, e che si è per questo motivo che la Francia è interessata ad impedire la diserzione di quei legionarii.

Un tale stato di cose, questo nesso, cioè che il Governo Imperiale pretende conservare con la Legione d'Antibo, non è né regolare né conforme a ciò che è stipulato dalla Convenzione di settembre, la quale riservando al Santo Padre la facoltà di assoldare esteri nel suo esercito dice espressamente che debbono esser volontarii, né poteva essere altrimenti. Se fosse ammesso un principio contrario ne verrebbe per legittima conseguenza che reggimenti interi, corpi interi di eserciti stranieri potrebbero servire sotto gli ordini del Santo Padre.

La S. V. quindi non indugerà al suo arrivo in Parigi a intrattenere il Marchese di Moustier di questo grave argomento e ad insistere: l) perché i legionari francesi al servizio della Santa Sede che non avessero ancora compiuti i loro obblighi verso la Francia, ricevano il loro definitivo congedo; 2) che quindi innanzi non siano autorizzati a prender servizio nell'esercito pontificio, se non coloro i quali avendo soddisfatto interamente i loro doveri militari in Francia possano essere considerati come volontari.

Io nutro fiducia che il Governo Imperiale convinto della giustezza delle ragioni da me esposte e ansioso di toglier di mezzo una causa di dissenso fra i due Governi non vorrà ricusarsi a queste nostre dimande e ci darà così una novella prova del desiderio da cui anch'egli è dal canto suo animato di eseguire strettamente e risolutamente la Convenzione del 1864.

(l) -Ed. !n LV 12, pp. 19-20. (2) -Cfr. n. 139.
152

L'INCARICATO D'AFF'ARI A PARIGI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 509. Parigi, 17 agosto 1867 (per. il 20).

Ho l'onore di trasmettere a V. E. una Nota (l) sopra l'organizzazione di tribunali misti da introdursi in Egitto d'accordo fra il Governo del Vice Re e le principali Potenze d'Europa. S. E. Nubar Pascià, Ministro del Vice Re, venne

egli stesso a pregarmi di chiamare su questa Nota l'attenzione del Governo del Re. Egli mi disse che il Governo vicereale deplora da gran tempo il disordine che esiste in Egitto nelle materie contenziose sì civili che criminali; essere convinto che gli abusi che nascono dalla lotta delle influenze dei Consoli non possono cessare che mediante l'attuazione del progetto di cui la Nota cont:ene le basi principali. Durante il suo soggiorno a Costantinopoli, Nubar Pascià ottenne dalla Porta la facoltà d'intendersi direttamente coi Governi esteri nell'intento sopraind:cato. Egli si è convinto inoltre che l'Inghilterra accorderà molto volentieri la sua adesione a questo progetto di riforma. Prevede che ci vorrà un po' di tempo per ottenere il consenso della Francia: però il Signor Outrey, Console generale di Francia in Alessandria, avrebbe promesso di favorire l'effettuazione di questo disegno. Nubar Pascià mi pregò inoltre di dire a

V. E. che l'Italia era principalmente interessata nella riforma di cui si tratta; ch'essa avrebbe fatto cessare radicalmente gli abusi di cui il Governo si lagna a buon diritto, mettendo un freno alle esorbitanze di certi agenti esteri, ed opponendo coll'istituzione di magistrati europei un controllo morale all'onnipotenza del Governo del Vice Re. Secondo Nubar Pascìà, il R. Console generale Cavaliere De Martino ed il Cavaliere Giaccone, di cui ha moltissimo a lodarsi, approvano in massima le sue idee e sono pronti ad appoggiarle. Del resto il Governo egiziano non pretende che le sue proposte sieno testualmente adottate; esso è pronto ad accettare le modificazioni che parranno più convenienti, e non sarebbe alieno dal provocare la riunione d'una commissione internazionale per giungere ad un accordo.

Promisi a Nubar Pascià d'informare subito V. E. della conversazione ch'ebbi con lui e di trasmetterle l'unita nota. Evitai di discutere sui mezzi proposti e mi limitai a trovar lodevole il desiderio di dare migliore assetto all'organizzazione giudiziaria. Gli chiesi poi se des'derava di ricevere comunicazione del modo di vedere del R. Governo ad Alessandria d'Egitto oppure a Parigi; egli mi disse che contava rimaner qua finché si fosse riesciti ad un accordo, e che desiderava quindi di ricevere la risposta del R. Governo a Parigi.

Segno ricevuta all'E. V. dei dispacci della Serie politica n. 269 e 270 in data deIli 10 e 12 agosto (l), e ringraziandola per gl'interessanti documenti diplomatici comunicatimi col primo di questi, ...

(l) Non si pttbblien l'ampi" notu ~llcg<~ta.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 525. Parigi, 18 agosto 1867, ore 11 (per. ore 13,05).

" Si la lettre du marèchal Niel n'éiait pas authentique (2), le Gouvernement impérial en aurait interdit la réproduction. ''' (3) Cette publication d'une lettre

{2) Con t. 301 del 17 agosto Barbol::mi aveva richiesto notizie circa l'autenticità clelia lettera

tli Niel. (~l) l brani fra nslrriRrhi sono editi in italiano in LV 12. p. 21.

particulière me parait etre une vengeance du parti clérical pour * les déclarations du Moniteur.* Celle ci * reste cependant le dernier mot omciel du Gouvernement français. * D'autres réclamations de notre part ne pourraient, à mon avis, qu'amoindrir la portée de l'article du Journal officiel.

(l) Non pubblicati.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, ARTOM (l)

T. 302. Firenze, 18 agosto 1867, ore 17.

Il ne faut pas confondre l'incident Dumont avec ln question relative au nouveau mode d'ingérence que le Gouvernement français prétend appliquer à la légion d'Antibes et contre lequel nous avions protesté d'avance par notre télégramme du 5 de ce mois (2).

Cette prétention, aussi contraire à la convention qu'aux déclarations de

M. Drouyn de Lhuys, est trop nettement posée dans la lettre du maréchal Niel pour que nous puissions la la!sser passer sous silence. Vous saisirez donc la première occasion pour faire observer à M. de Moustier que si 'la lettre du ministre de la guerre était l'expression des vues actuelles du Gouvernement français, nous devrions protester contre ce fait qui porterait une grave atteinte aux rapports créés par la convention de septembre.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 19. Bilyilk-deré, 19 agosto 1867 (per. il 28).

Come ebbi l'onore di annunciare ieri per telegrafo a V. E. (3), due bande armate forti l'una di 250 uomini, l'altra di 150 penetrarono tre giorni sono in Bulgaria traversando il confine Serbo. La prima di queste bande si diresse verso Vidin mentre l'altra prese la via per Sofia, a quanto si suppone collo scopo di gettarsi nelle gole dei Balkani e propagare di là l'insurrezione nella Bulgaria. Midhat Pacha governatore della Provincia, mosse già con forze sufficienti per arrestare la 'loro marcia, e dalle notizie giunte alla Sublime Porta si dovrebbe presumere ch'egli sia riescito ad attaccarli ed a sconfiggerli.

Malgrado ciò il Governo manda in tutta fretta rinforzi a Sciumla, e l'altr'ieri partirono a quella volta due battaglioni di truppa di linea. Per quanto gli Agenti Russi si sforzino di persuadere che il Gabinetto di Pietroburgo è estraneo a tutti questi tentativi di sommosse nelle Provincie Euro

pee dell'Impero Ottomano, non v'ha qui alcuno che vi presti fede. È oggi fuor di dubbio che il Generale Tchernaiew di cui ebbi ad annunciare la presenza in Belgrado col mio Dispaccio Politico n. 10 (1), si trova in Serbia con una missione militare importante del suo Governo. La rivelazione di una tale missione che il Generale Ignatiew aveva sempre negato nel modo più categor:co, sarebbe, a quanto m'assicura l'Incaricato d'Affari d'Inghilterra, stata fatta in un momento d'ebbrezza, dal Generale Totleben, durante ìl suo ultimo soggiorno in Belgrado.

L'intelligenza che si dice esistere tra il Governo Russo e il Serbo, sarebbe ora palesemente dimostrata, se fosse vero quanto si asserisce, che cioè una delle bande entrate testè in Bulgaria, e precisamente quella che si diresse su Vidin, è comandata da Ufficiaili dell'Esercito Russo.

Intanto ciò che preoccupa grandemente l'opinione pubblica in questo momento è l:l viaggio di Fuad Pacha in Crimea.

Il Sultano aveva da varii giorni deciso che Kabouli Pacha andrebbe a complimentare in suo nome l'Imperatore di Russia nel suo Castello in Livadia. Tutto ad un tratto, mutato divisamento, affidava tal miss:one a Fuad Pacha che è già partito ieri a sera a bordo di un Yacht di Sua Maestà. Questa determinazione di mandare il Ministro degli Affari Esteri invece di Kabouli Pacha dà luogo ai più svariati commenti, e fa credere con ragione che oltre ad un semplice atto di cortesia Fuad Pacha sia stato incaricato d'una missione diplomatica di grande rilievo. Ciò che avvalora questa opinione nel pubblico è la presenza in Crimea del Generale Ignatiew, che come ebbi l'onore di annunc'are a V. E. è partito da qui dieci giorni or sono.

(l) -Ed. in italiano e con data 19 agosto in LV 12, p. 22. (2) -Cfr. n. 131. (3) -Non pubblicato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 528. Vienna, 20 agosto 1867, ore 15,40 (per. ore 16,40).

Ambassadeur de Prusse vient de me dire qu'il croit qu'à Saltzbourg ce Cabinet décidera Napoléon III à moins favoriser la cause de Candie et à rassurer Autriche sur les dangers qui pourraient menacer ses intéréts avenir dans la Bosnie et l'Herzégovine; il a ajouté que la Prusse restait d'avis que Turquie devait céder Candie (2).

entreprendre une grande guerre >>.

(l) -Non pubblicato. (2) -Si pubblica quì un brano del r. 92 di Blanc, pari data: «Dans sos conversations, l'Ambassadeur de Prussf• affirme volontiers <JUe l'alliance prusso-russe, dont on se montre alarmé ici, n'à jusqu'à présent rien de réel; c;u0 s'il y a une propagande slave dans certaines régionsde l'Autriche et de la Turquie d'Europe, elle provient de ce parti moscovite qui depuis quelques années a acquis une lmportance et une actlvité quelquefols génante pour le Gouvernement du Czar; que dans son opinion M. de Beust a la consclence du besoln de paix qu'éprouvent!es populations de la Monarchie et ne fera rlen qui puisse entrainer l'Autriche dans des hostllltés contre la Prusse; que d'allleure l'Autriche n'e•t pas en ce moment en état de pouvolr
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO DESTINATO A COPENAGHEN. ARTOM

ISTRUZIONI. Firenze, 20 agosto 1867 (1).

La quistione dei ducati dell'Elba che sembra a vere il privi'legio di poter accendere sempre nuove guerre in Europa, non è ancora giunta ad una soluzione definitiva. Le sorti di quel piccolo paese, dopo aver fornito causa o pretesto al sanguinoso conflitto sorto fra i due Stati che colle loro forze riunite ne aveano fatto la conquista, mantengono ancora oggidì una agitazione la quale, nelle attuali disposizioni degli animi in Germania ed in Francia, crea un vero pericolo pella pace generale, mentre l'Europa traversa per vie piene di difficoltà un periodo di transizione reso necessario nelle sue comb:nazioni politiche dai considerevoli mutamenti territoriali avvenuti. Ella non ignora che di questa situazione a buon diritto grandemente si preoccupa il Governo del Re perocché nella conservazione della tranquillità e del riposo di tutti meglio che in un'epoca di lotte e di sconvolgimenti noi speriamo trovare le condizioni indispensabili allo sviluppo dell'interna nostra prosperità e della nostra legittima influenza.

Principale scopo della missione che il Re Le affida questo è dunque di cooperare efficacemente agli sforzi che, nelle vie diplomatiche, il R. Governo è risoluto di fare all'intento di preservare l'Europa da una nuova guerra. Epperò io La felicito, Signor Cavaliere, di essere chiamato ad impiegare i talenti distinti dei quali Ella diede tante prove, ad un fme cosi nobile qual è quello di contribuire ad allontanare un orribile flagello. lavorando alla pac:ficazione degli animi in Danimarca. Una missione d'ordine così elevato richiedeva una persona che alla perfetta cognizione delle presenti condizioni generali dell'Europa e di quelle part:colari d'Italia, accoppiasse studio e pratica non comune delle varie quistioni il cui svolgimento preparò la situazione attuale e che all'ingegno unisse la prudenza, ad un sicuro criterio un fino accorgimento politico. Io non avrei dunque potuto proporre al Re una scelta migliore di quella che Sua Maestà ha fatto nel nominare V. S. a Suo Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario presso la Corte di Copenaghen.

A Lei, Signor Cavaliere, non è pertanto necessario ch'io esponga quale sia questa quistione dello Schleswig-Holstein ed i vari aspetti costituzionale, dinastico e nazionale, sotto i quali fu presentata. Essa formò già argomento intricatissimo di discussioni e di negoziati, intorno ai quali inefficacemente s'impegnarono la politica delle maggiori Potenze e quella del vicino Regno Scandinavo.

L'Italia intenta esclusivamente, sino a questi ultimi tempi, al lavoro interno della sua ricostituzione nazionale, dovette pell'addietro astenersi dal prendere parte attiva a quistioni che non si riferivano direttamente all'opera pella quale tutti i suoi sforzi erano concentrati. Allora il Governo del Re non poteva desiderare di mescolarsi in una qualsiasi maniera nei conflitti del Nord. La nostra causa era infatti di quelle che s'impongono alla simpatia di tutti gli spiriti liberali e che, sorrette dalla forza della pubblica opinione, non abbiso

gnano per giungere alla loro soluzione di prendere le vie incerte sempre, spesse volte pericolose, degli intricati maneggi e delle arrischiate combinazioni diplomatiche. Il Rappresentante del Governo del Re in Copenaghen riceveva quindi in quel tempo precise istruzioni di ogni cosa osservare e riferire; ma, declinando ogni d:scussione sul merito della vertenza dei Ducati, egli dovea limitarsi ad esprimere l'opinione che la Danimarca avesse essa stessa a ricercare i termini di un componimento soddisfacente nel senso di conciliare i suoi giusti diritti col rispetto dovuto al principio delle nazionalità.

Il criterio che guidava quella nostra politica non è mutato e noi possiamo oggi, come allora, esprimere sinceramente quel medesimo voto; ma le condizioni relative della nostra situazione rimpetto alle altre Potenze europee non sono più le medesime e si sono pure sensibilmente modificati i termini della quistione stessa dei Ducati.

Noi non abbiamo partecipato al protocollo di Londra, né firmato la pace di Vienna. Noi non abbiamo avuto parte ai negoziati che, in base a quelli ed ad altri atti anteriori, ebbero luogo fra le Potenze. Ma quel protocollo, quel trattato, quegli atti e quei negoziati sono dessi ormai i soli titoli che possano dare il diritto di intromettersi in una vertenza le cui possibili conseguenze sembrano dover eccedere i limiti della sua importanza reale?

Non lo crediamo.

Quando, decretata l'esecuzione federale, dapprima la Confederazione Germanica, poscia l'Austria e la Prussia riunite imposero colla forza delle armi alla J.VIonarchia Danese una completa rinunzia ai suoi pretesi diritti sullo Schleswig e sull'Holstein, le Potenze estranee al conflitto, ma che aveano però preso parte ai negoziati anteriori alla guerra, non intervennero certamente in modo più attivo di quello col quale l'Italia ha contribuito agli avvenimenti che condussero alla pace di Praga negli articoli della quale stanno i termini della soluzione definitiva della quistione dei Ducati. Queste cose ramment:amo non già perché sia negli intendimenti nostri di fare una politica intraprendente e di attività sproporzionata colla nostra vera situazione. Noi desidereremmo anzi che ognuno comprendesse che gli affari risguardanti l'applicazione dei capitoli d'un trattato concernono unicamente le parti che lo hanno firmato e che soltanto un alto interesse d'ordine generale può rendere legittima la intromissione di altre potenze in simili vertenze. Ma dappoiché sembra che anche la discussione insorta sul modo di porre ad esecuzione l'art. V della pace di Praga stia purtroppo per uscire da quei suoi limiti naturali entro i quali pell'interesse ben inteso di tutti noi vorremmo vederla circoscritta, l'Italia, senza correre a passi prematuri ed intempestivi, deve sin d'ora considerare come per lei sia un diritto ed un dovere inerente alla sua nuova pos'zione quello di tenere nelle quistioni europee il posto che le compete. Quindi, anche indipendentemente da ogni considerazione intorno al titolo legale che noi possediamo di partecipare alle discussioni delle maggiori Potenze circa gli affari dei Ducati, crediamo che qualora la quistione avesse a prendere un carattere d'interesse europeo, l'Italia né dovrebbe, né potrebbe tenersene affatto in disparte. La nostra nuova situazione colle sue esigenze ed i suoi doveri fu riconosciuta dalle Potenze quando per unanime accordo hanno ammesso il plenipotenziario Italiano nelle recenti conferenze tenutesi in Londra. E noi che abbiamo tante volte promesso all'Europa di contribuire potentemente a conservare la pace e ad ottenere la sicurezza da tutti desiderata, fedeli agli impegni presi, dimostreremo col fatto che soltanto nelle condizioni della tranquillità generale cerchiamo gìi elementi della nostra futura prosperità.

Ritenga però la S. V. che nulla è più contrario ai nostri desideri che di veder sorgere una nuova discussione europea per risolvere la quale noi saremmo chiamati a sedere fra le Grandi Potenze. Non siamo in alcuna guisa premurosi di esercitare un diritto che ci sembra incontestabilmente acquistato all'Italia. Abbiamo già detto e giova ripeterlo; è nostro desiderio che la vertenza dei Ducati dell'Elba, circoscritta entro i suoi veri confini, cessi dall'essere un pericolo pella pace di Europa. I termini della quistione si sono a nostro avv~so considerevolmente ristretti. Trattasi ormai della pura e semplice applicazione d'un articolo del Trattato di Praga ed a siffatta discussione debbono prendere parte soltanto coloro che sottoscrissero quell'atto internazionale. Ove si sappiano evitare le complicazioni d'interessi inerenti all'intervenzione diplomatica di Governi estranei al conflitto, i Gabinetti di Copenaghen e di Berlino giungeranno ben più facilmente ad intendersi sulla maniera di conciliare il rispetto dovuto al principio nazionale colle giuste esigenze economiche e militari dei due regni limitrofi.

Purtroppo non mancano fondate ragoni di credere che le aspirazioni del Governo Danese siano ben più vaste e più arditi i suoi disegni. Noi tem:amo che a Copenaghen si nutra fiducia di trovare, in un generale sconvolgimento, il soccorso di potenti alleanze coll'aiuto delle quali vorrebbesi r:stabilire, o poco meno, l'antico stato.

Vi hanno in Danimarca uomini rispettabilissimi, seri e prudenti i quali des:derano un pronto e diretto accordo colla Prussia. Essi rifuggono dalla grave responsabilità e forse anche dai per:coli di quelle arrischiate combinazioni. Ma non sembra che questo savio partito ottenga credito in Corte, né che goda il favore della maggioranza del paese. Un'altra fazione invece pare voglia far appello all'appoggio straniero e così nuoce certamente alle simpatie che quel piccolo Stato avrebbe altrimenti potuto guadagnarsi.

L'Europa liberale non ha invero potuto dimenticare quale è stata la situazione passata dei Ducati dello Schleswig e dell'Holstein. Dal 1848 in poi la nazione germanica si affaticò per assicurare a quel piccolo popolo tedesco il godimento del suo diritto nazionale e se l'intervento delle Potenze e le ripetute lotte sostenute non valsero a por fine al confl:tto, ciò derivò in gran parte dalla condotta del Governo Danese il quale non risparmiò mezzi diretti ed indiretti per invadere continuamente il campo dell'autonomia dei Ducati.

L'Austria che ha conservato una perfetta ricordanza di quella situazione, non volendo maggiormente indisporre contro di sé la pubblica opinione della Germania, si astenne sin qui dall'adoperarsi troppo alacremente nel senso delle aspirazioni danesi. Se le nostre informazioni sono esatte, sembrerebbe che le replicate insistenze del Gabinetto di Copenaghen trovassero mediocre accoglienza a Vienna.

La Franc:a invece, rispondendo agli inviti di un partito che molto si agita in Danimarca, sembra inclinata a voler cercare nelle sue antiche simpatie un

pretesto per assumere una parte attiva nei negoziati concernenti lo Schleswig. Che che ne sia degli offici fatti a questo proposito dall'Incaricato d'affari francese a Berlino, rimane indubitato che quel passo commosse altamente la pubblica opinione e che il viaggio annunziato del Principe Napoleone e quella pretesa missione che il Signor Behic ha compiuto presso le Corti Scandinave non contribuirono a calmare l'agitaz~one degli animi. Il Governo Danese ha assunto sovra di sé il peso di una ben grave responsabilità coll'attizzare il fuoco male spento l'indomani dell'opera laboriosamente condotta a termine dalla diplomazia Europea per estinguere un incendio che minacciava divampare.

Appena sospettammo che il contegno della Francia nella quistione dello Schleswig potesse suscitare nuove difficoltà nelle relazioni fra Berlino e Parigi, noi ci affrettammo a far sentire al Governo Prussiano come gli fosse facile acquistarsi un nuovo titolo alla riconoscenza dell'Europa col prendere una pronta e spontanea decisione la quale togliesse di mezzo ogni minaccia di prossimo conflitto. Le nostre parole recate verbalmente dal Conte De Launay al Ministro degli Affari Esteri del Re Guglielmo ebbero ottima accoglienza, i nostri voti furono interpretati quali erano, cioè come l'espressione di un sincero desiderio di veder allontanato ogni pericolo di perturbazioni che avrebbero potuto nuocere anche al compimento dell'opera nazionale intrapresa in Germania. Ma dopo che i passi fatti dalla Francia furono divulgati, noi abbiamo dovuto necessariamente ritirarci in disparte. Una ragione di alta convenienza ed il nostro interesse ben inteso non ci permettevano di seguire un'altra politica. Il Conte di Manderstrom avea in quei giorni tenuto discorso di questo argomento coll'Inviato del Re in Stoccolma (l) ; noi incaricammo il Conte Corti di rispondere che desideravamo anzi tutto la pace, aborrivamo dalle vaste complicazioni e speravamo quindi si trovasse una soluzione soddisfacente pell'interesse nazionale e pei bisogni speciali dei due territori. Ed in quell'occasione io manifestava al Ministro del Re (2) la speranza che la Svezia si terrebbe ugualmente in disparte persuaso che, quanto meno le altre Potenze mostrerebbero di voler mescolarsi nel conflitto, tanto più facilmente questo si potrebbe circoscrivere e forse anche evitare.

Ci venne dippoi riferito che mentre l'Inghilterra era decisa a non sortire dalla più assoluta riserva, la Russia invece avea dato qualche suggerimento al Gabinetto prussiano nel senso di prontamente risolvere le difficoltà sorte pella Schleswig. Di questi consigli noi fummo lieti perché ci sembrarono dover singolarmente temperare l'impressione prodotta da quelli della Francia.

Ella sa, Signor Cavaliere, che la sola politica possibile per l'Italia è quella che il Governo del Re ha sin qui professato, quella cioè che si riassume nel rispetto della volontà nazionale e dei diritti inerenti alla nazionalità di ogni popolo. Ma la pace di Europa è un bene cosi prezioso, è una necessità così assoluta, che non crediamo si debba leggermente compromettere per un lembo di territorio di dubbia o frammista nazionalità. Il voler convertire la quistione dello Schleswig settentrionale in una quistione che impegni l'amor proprio nazionale della Germania sarebbe non solo un errore, ma una colpa.

Finché la situazione sarà circondata da siffatte difficoltà noi crediamo far

14 -Document-i diplomatici -Serle I -Vol. IX

cosa prudente astenendoci dall'agire in qualsiasi senso. Ella saprà, ne sono convinto, osservare un contegno che escluderà ogni dubbio al riguardo. Il Governo Danese sa che, entro giusti limiti, le simpatie italiane gli sono assicurate; ma noi non vorremmo che dall'aver destinato come Ministro a Copenaghen un diplomatico il quale ebbe tanta parte negli intimi nostri negoziati politici colla Francia e trovò sempre alla Corte delle Tuileries una lusinghiera accoglienza, s'avesse a credere che incliniamo verso una politica intraprendente o partigiana. Col tatto che la distingue Ella saprà in ogni caso far comprendere che simili speranze non avrebbero fondamento. Le nostre simpatie pella Danimarca saranno tanto maggiori, quanto più l'atteggiamento del Gabinetto di Copenaghen nei suoi rapporti coll'estero ci persuaderà ch'egli non ha in vista di turbare la quiete generale.

La prolungata assenza di un titolare della missione ha fatto sì che questo Ministero ora difetta di molte interessanti ed indispensabili notizie che dalla

S. V. spera di avere.

Le splendide alleanze di famiglia contratte dalla Gasa Sovrana di Danimarca debbono aver creato intorno alla medesima certe intime influenze delle quali importerebbe che da noi si potesse calcolare il valore. I recenti matrimoni che hanno ancor maggiormente stretto i vincoli esistenti fra la Casa di Danimarca e quella di Russia, e la presenza costà del Gran Duca Costantino, principe destro e pratico di maneggi politici, sono fatti che Le daranno argomento di fare utili osservazioni.

Da ultimo Ella non vorrà trasandare di tenermi esattamente informato delle trattative che in prosieguo sarà per intavolare la Corte di Copenaghen per conchiudere nuovi maritaggi sia pella principessa Tyra, sia pel Principe Reale. Recentemente si è detto che erano corsi negoziati di matrimonio fra quest'ultimo e la Principessa Luisa figlia del Re di Svezia. Benché con poco fondamento, a mio avviso, si pretendeva che questo matrimonio dovesse preparare l'eventuale unione dei tre Regni Scandinavi. Questa opinione, che non avrebbe valore a meno che in !svezia non si volesse accettare il mutato ordine di successione introdotto dalla dinastia regnante collo stabilirvi la legge salica, sarà dalla S. V. attentamente esaminata perché anche a noi interessa conoscere quali eventualità si preparano pella successione al trono Svedese.

L'influenza russa deve necessariamente combattere in Danimarca le tendenze per l'unione scandinava, cionondimeno le si presenterà forse occasione di darmi al proposito non pochi interessanti ragguagli se Ella vorrà studiare le vere tendenze delle popolazioni danesi, osservare accuratamente ciò che rimane delle antiche tradizioni e fare un esatto calcolo degli interessi comuni che hanno sopravvissuto alla disciolta unione di Calmar.

L'importanza particolare che il R. Governo annette ad essere esattamente informato intorno a tutti questi argomenti sarà per la S. V. un motivo dippiù di usare la massima circospezione e prudenza nel raccogliere gli elementi necessari pelle relazioni ch'Ella sarà per indirizzarmi. Trattandosi di oggetto delicato, quali sarebbero, ad esempio, i progetti di matrimonio de' Principi, Ella farà bene di servirsi della cifra anche nei dispacci scritti che mi spedirà colla posta.

(l) Dello stesso 20 agosto sono le istruzioni all'incaricato d'affari destinato a Stoccolma, Rati Opizzoni. che non si pubblicano.

(l) -Cfr. n. 44. (2) -Cfr. n. 57.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO DESTINATO A MADRID, CORTI

ISTRUZIONI. Firenze, 20 agosto 1867 ( 1).

La bontà del Re e la fiducia del suo Governo chiamano la S. V. all'importante e delicato ufficio di rappresentare l'Italia presso la Corte di Spagna. Appena questa decisione fu recata a di Lei notizia, Ella avrà, ne son certo, ricercato con ogni maggior diligenza tutte quelle indicazioni che possono servirle di guida sovra un terreno assai difficile qual è quello sul quale è chiamata ad operare; e dallo studio accurato ch'Ella avrà certamente intrapreso d'ogni singola particolarità che si riferisce alla missione affidatale, avrà la S. V. potuto scorgere quanto questa sia importante e delicata nel tempo stesso. Ben poche cose io dovrei adunque qui accennare a Lei se pur non fosse necessario, prima ch'Ella si rechi alla sua nuova residenza, ch'io le faccia conoscere il modo di vedere del R. Governo intorno ad alcuni punti della politica spagnuola, i quali possono in tempo più o meno prossimo interessare anche le nostre proprie sorti.

Uguaglianza di razza e di religione, somiglianza di lingua, parità di tendenze, analogia neHa storia dello sviluppo civile e politico della nazione, identità di molti e gravi interessi economici e mercantili, tali furono e sono i numerosi punti di contatto fra l'Italia e la Spagna, contatto il quale, anziché creare antagonismo e rivalità fra i due popoli, servì invece a stabilire e mantenere un vincolo solidissimo di simpatia fra di loro. Esempio questo piuttosto unico che raro nella storia deHe nazioni, ché spesso dall'aver esse progredito nelle medesime vie e dall'aver obbedito a tendenze uguali, nacquero dissidi e gare feroci che lasciarono perenne e triste ricordanza nelle secolari inimicizie e nelle invincibili antipatie delle masse popolari.

I frequenti rapporti fra l'Italia e la Spagna produssero invece ben diversi effetti. Mentre vivi rimangono presso di noi i rancori per le altre sofferte dominazioni straniere, può dirsi dimenticata o quasi l'ingiuria della patita tirannia spagnuola. Noi vediamo ogni dì crescere l'importanza delle nostre colonie nei paesi d'America di razza spagnuola, ed il concorso dei trafficanti italiani nello stesso regno iberico diviene sempre più considerevole, malgrado v'abbiano paesi dove le convenzioni stipulate assicurerebbero ai nostri connazionali migliori condizioni di quelle che la Spagna e Je Repubbliche Americane del Sud loro concedono. Sono questi fenomeni che importa certamente osservare, perocché da simili fatti s'hanno le prove migliori della naturale simpatia che esiste fra le due nazioni.

E la S. V. che è chiamata a mantenere questi vincoli di naturale amicizia ed a renderli profittevoli per i due popoli, troverà facilitato singolarmente il proprio compito da'l favore che l'Italia e la sua causa nazionale godono presso la grande maggioranza della nazione spagnuola. Fu infatti cedendo all'impulso irresistibile della pubblica opinione ed alle esigenze dei tempi che la Corte ed il Governo madrileno decisero di riconoscere la ricostituita unità italiana. Attalché è bene

si ritenga che, ove il Gabinetto di O'Donnel CDuca di Tetuan) non avesse trovato occasione di fare del riconoscimento del nuovo Regno d'Italia una condizione della sua entrata al potere, un altro Gabinetto, fosse pur stato quello di Narvaez (Duca di Valenza) non avrebbe a questo riguardo potuto seguitare una diversa politica. Escludo, come di ragione, il partito neocattolico (retrivo), perché assolutamente impotente a sostenersi al potere, avrebbe a quest'ora ogni cosa precipitata ad inevitabile e completa rovina. Questa situazione alla quale qui accenno non è, come Ella sa, molto lontana da noi. Fu quella che, sul finire del 1865 e sul principio del 1866, tenne dietro immediatamente al riconoscimento dell'Italia, uno dei primi atti politici che, come già si è detto, compievasi dall'amministrazione di O'Donnel.

Le discussioni che ebbero luogo allora nel Senato e nelle Cortes, le pubblicazioni dei documenti dei quali si menò poscia tanto rumore, gli apprezzamenti stessi della stampa madrilena dimostrarono abbondantemente che se l'atto suggerito alla Regina dai suoi nuovi Ministri poteva esser tolto ad argomento di opposizione contro il Gabinetto appena allora asceso al potere, gli uomini stessi che avevano composto la precedente amministrazione, non avrebbero potuto dare alla Sovrana un diverso consiglio. Da tutto quel discutere ed agitarsi ormai un fatto solo r:mane acquistato alla storia, ed è che il riconoscimento del Regno d'Italia era fra i voti più cari del popolo spagnuolo e fra le più urgenti ed imperiose necessità della stessa poìitica situazione interna della Spagna. Sarebbe fuor di luogo narrare in queste istruzioni tutti gli episodi di quei dibattimenti parlamentari e tutti gli incidenti prodotti allora dalla pubblicazione del libro rosso spagnuolo. Negli Archivi della R. Legazione in Madrid e nella corrispondenza politica del Ministro italiano accreditato in quel tempo alla Corte di Spagna Ella troverà ogni not;zia che basti a formarsi un esatto concetto di quell'importante periodo delle nostre relazioni diplomatiche. Ed io raccomando a Lei in particolare modo lo studio di quei documenti e di quella corrispondenza perché Ella vi troverà maniera di conoscere non solo l'intricato giuoco dei partiti, ma anche le opinioni personali di personaggi influentissimi intorno agli argomenti che ci possono magg'ormente interessare. Basterà quindi per ora ricordare come, nella lotta impegnata contro il Duca di Tetuan pel riconoscimento del Regno italiano, avendo alcuni rappresentanti del partito retrivo cercato appoggio negli uomini che col Narvaez componevano H precedente gabinetto, sorgesse appunto in Senato il Llorentes, uno dei Ministri della cessata amministrazione, per dimostrare con parole piene di moderazione non essere quello tema conveniente per combattere il nuovo Ministero, ed il riconoscimento del regno d'Italia doversi avere da tutti qual fatto compiuto.

Non sarà adunque né nell'opinione delle masse della nazione, né in quelle degli uomini che si potrebbero succedere al potere che la S. V. troverà vere dilllcoltà per compiere con piena soddisfazione del Governo del Re il mandato che Le viene allldato. Le opposizioni all'Italia ed al suo Governo verranno probabilmente suscitate durante la di Lei missione, come già lo furono precedentemente da un partito fautore di sconfinato regresso il quale, non abbastanza forte per ispingersi e mantenersi al governo della pubblica cosa, si adopera misteriosamente a combattere tutto ciò che di libertà ha nome od apparenza

e riesce purtroppo attualmente in Ispagna a sconvolgere miseramente la Corte ed a travagliare il paese nell'impedirgli di progredire in quella via francamente liberale nella quale la Spagna incontrerebbe l'appogg:o e le simpatie delle altre nazioni e dell'Italia in ispecie colla quale stringerebbe vincoli sempre più intimi di profittevole amicizia.

La lunga e sanguinosa gara dinastica, che afflisse la Spagna dopo la morte di Ferdinando VII sembra abbia lasciato dolorosa traccia di sé in Corte dove le stesse persone Reali tutt'ora parteggiano per diverse opinioni politiche. La regina Cristina (Duchessa di Rianzares) e la figliuola sua Donna Luisa Ferdinanda (Duchessa di Montpensier) inclinate verso il partito liberale; il Re Don Francesco d'Assisi guidato invece dai capi della reazione ed in mezzo la Regina agitata da una camarilla influente, incerta sempre e strascinata talvolta a passi inconsulti certamente contrari all'indole sua pieghevole a moderati consigli. Quindi la discordia e la calunnia stabilite nella Reggia, ed il discredito della dinastia in paese, essenz!almente monarchico. Triste spettacolo, al quale Ella dovrà necessariamente assistere, mantenendosi però sempre in un contegno riserbato e prudente pieno di deferenza e di riguardi verso la dignità che quelle persone rappresentano.

Non è meraviglia che in una Corte di tal fatta, allontanate dalla Regina la madre e la sorella, abbia alla fine potuto signoreggiare quasi padrona la camarilla che, avida di potere e gran maestra d'ogni sorta di intrighi, anche in Ispagna s'ammanta di pretesti di religione per giungere ai suoi fini. Epperò i neo-cattolici vi si mostrano partigiani ardenti della sovranità temporale del Pontefice e nemici acerrimi dell'Italia alla quale, sovra ogni altra cosa segretamente fanno colpa di essere esempio di libertà agli altri popoli civili. Ella vedrà, signor Ministro, sin dal suo primo giungere in Madrid come questo partito, tuttoché mancante di quel seguito che è necessario per istabilirsi al potere, abbia però acquistato tale importanza in Corte da rendere indispensabile che con lui patteggiassero le varie frazioni del partito dinastico moderato che si succedettero al governo. Anche in Ispagna avvenne infatti che la divisione, i dissidi e le ostilità fra gli uomini più cospicui del partito moderato, dietro il quale stava la grande maggioranza della Nazione, abbiano potuto rendere possibile a certe minoranze di acquistare un'influenza che altrimenti, abbandonate alle loro sole forze non avrebbero certamente mai potuto ottenere. Noi abbiamo veduto il Gabinetto di O'Donnel dopo aver trionfato della resistenza appostagli dagli sforzi combinati del Clero spagnuolo e della Diplomazia di Austria e di Roma, e dopo aver vinte le influenze di famiglie in ogni guisa rappresentate intorno alla Regina, piegare poscia, per compiacere alla Corte, sino ad emettere e pubblicare scritture atte poco meno che a rompere i buoni rapporti appena stabiliti fra l'Italia e la Spagna. Eppure il Maresciallo O'Donnel, nel luglio e e nell'agosto dell'anno 1865 al Rappresentante Italiano, allora appena giunto a Madrid, avea fatto dichiarazioni esplicite e ripetute proteste di sicura amicizia. Italia e Spagna, diceva egli, collegate in istretto ed intimo accordo avrebbero calcato la stessa via di libertà e, senza pur indicarle, accennava persino ad eventualità possibili in cui i due popoli avrebbero fors'anche dovuto combattere insieme per una causa comune. Verità vuole pertanto che subito qui si soggiunga che fra quelle dichiarazioni del Duca di Tetuan e gli atti e le parole del Bermudez de Castro che resero necessario il severo linguaggio del nostro dispaccio del 5 Febbrajo dell'anno successivo (1), era corso tanto tempo che bastava allo sviluppo di un basso intrigo, ordito dal Nocedal e dai suo partito, per mostrare alla Regina i suoi Ministri contro di Lei congiurati all'intento di toglierle la Corona e stabilire una reggenza in favore di chi in quel tempo presiedeva il Gabinetto. Intrigo tenebroso che sembra non avesse fondamento alcuno, ma che pur giovò in questo agli interessi degli uomini retrivi che anche il Ministero di O'Donnel più non ebbe ardimento di progredire franco e risoluto nella via della libertà e cominciando a patteggiare fu tratto a cedere anzi tutto nella questione della politica esteriore e segnatamente in queHa che nella apparenza almeno aveva qualche colleganza colla religione. Fu allora (Febbrajo 1866) che si vide, sulla proposta di alcuni amici dello stesso O'Donnel, votare dalle Cortes quell'ordine del giorno che palesemente esprimeva H desiderio che il Governo della Regina continuerebbe a vegliare sul potere temporale della Santa Sede. E quindi il Governo di Spagna incominciò a rinnovare quella sua strana pretesa di volersi impacciare nelle cose di Roma, di voler interpretare a sua guisa la Convenzione di Settembre stipulata fra l'Italia e la Francia, di voler in una parola trovare un pretesto per ingerirsi delle cose nostre nel

tanto vantato interesse del mondo cattolico pelle future sorti della Sovranità temporale del Pontefice. Come queste pretese fossero accolte a Firenze Ella ben sa dalla lettura che certamente avrà fatto dei documenti diplomatici pubblicati in quel tempo dal Generale Lamarmora. Nel già citato dispaccio del 5 Febbrajo 66, quel mio onorevole predecessore dopo aver ricordato una espressa dichiarazione anteriormente fatta alla Spagna, che cioè in nessun caso il Governo del Re riconoscerebbe alle Potenze cattoliche il diritto di chiedergli spiegazioni in nome d'interessi religiosi che non possono essere in questione, cosi si esprimeva: «Se la Convenzione del 15 Settembre pur rendendo omaggio al principio di non intervenzione, ha determinato alcune condizioni pella sua applicazione al territorio romano, quelle condizioni e la loro osservanza riguardano esclusivamente la Francia e l'Italia, epperò in ogni caso il rispetto puro

e semplice del principio medesimo sarà la misura della condotta politica del

l'Italia verso tutte le altre nazioni per ciò che concerne gli affari di Roma».

Questa politica che nella sua più semplice e concreta espressione si riduce all'esclusione assoluta d'ogni ingerenza straniera negli affari della penisola italiana, fu dippoi seguita dal Governo del Re, quando, succeduto all'O'Donnel il Narvaez ed il Calonge al Bermudez de Castro, il Gabinetto di Spagna sembrò voler scendere a qualche concessione verso il partito retrivo col preoccuparsi attivamente di ciò che avrebbe potuto accadere in Roma dopo la partenza dei Francesi. Ed anche in tempo a noi più vicino, allorché cioè la Regina accennò di voler recarsi di persona a visitare il Pontefice mentre in Roma la reazione europea organizzava una dimostrazione politica del clero cattolico in favore del potere temporale, noi davamo espressa istruzione all'Inviato italiano a Madrid di chiamare l'attenzione di quel Governo sulla gravità del passo e sulle conseguenze spiacevoli che ne potrebbero derivare pei buoni rapporti dei due

paesi (1). Ma se le nostre dichiarazioni al Gabinetto spagnuolo furono ognora più esplicite in questo senso, ora poi che, cessata l'occupazione francese, anche il territorio romano è ormai rientrato nelle condizioni normali d'ogni Stato indipendente, diviene sempre più manifesto che per nessun conto il Governo Italiano può accettare di entrare in discussione con altri Governi sovra cosa che anche soltanto indirettamente accenni ad una loro pretesa d'ingerirsi negli affari di Roma. Questo è per verità il signò.ficato dell'ordine del giorno che in una delle ultime sue tornate (30 luglio di quest'anno) la Camera dei Deputati votava ed il Governo del Re accettava; perocché se quella manifestazione della volontà del paese si produceva in occasione di un particolare incidente sopravvenuto nei nostri rapporti con ,la Francia, non esprimeva però meno quali fossero gli intendimenti della nazione di fronte a tutte le eventuali difficoltà che ancor potrebbero sorgere pella questione romana.

Non sarà dunque mestieri che io qui ripeta a Lei quanto già fu detto e scritto a parecchie riprese per dimostrare l'insussistenza del preteso diritto che alcune Potenze cattoliche hanno invocato per frapporsi nei rapporti del Governo romano coi suoi sudditi e costituire così il territorio soggetto al dominio pontificio in una specie di mano-morta della cattolicità. Basterà dire essere questa una nuova e strana pretesa di cui, prima degli ultimi rivolgimenti italiani, non trovasi cenno né nel diritto pubblico dell'Europa, né nelle storie nostre ricche purtroppo di esempi di ingerenze forestiere. Le intervenzioni sofferte dall'Italia ebbero ognora un carattere speciale e furono sempre promosse in vista di un qualche particolare vantaggio politico dello Stato che interveniva, ma esse non ebbero mai un carattere collettivo né furono mai motivate da un preteso diritto di tutela dei generali interessi cattolici.

Fu singolar merito della politica imperiale quello per cui durante il lungo periodo della occupazione francese di Roma, il Gabinetto di Parigi sempre si associò ai nostri sforzi per respingere l'intromissione di altri Governi, nelle cose di Roma. Dalle Conferenze di Gaeta del 1849 sino alla Convenzione di Settembre del 1864 la politica della Francia si mostrò ognora costante a questo riguardo, apertamente declinando in parecchie occasioni le proposte che dalle diplomazie a noi ostili le venivano fatte sotto varie forme allo scopo di stabilire il principio dell'intervento collettivo degli Stati cattolici nella questione romana.

Noi dobbiamo rammentare con sentimento di vera gratitudine come, mentre gli spagnuoli già erano scesi sul suolo pontificio, l'inviato di Francia alla ricordata conferenza di Gaeta apertamente dichiarasse che il suo Governo non ammetteva intervento collettivo in Roma, bensì a se medesimo riservava il compito di condurre le cose ad una situazione regolare conforme ai principi liberali ed al vero e giusto interesse della Santa Sede e del popolo romano. La stessa risposta faceva il Gabinetto delle TuUeries agli Ambasciatori di Spagna ed Austria (1861) che proponevano un accordo per stabilire che la capitale del mondo cattolico appartiene a tutte le nazioni cattoliche. Il Ministro degli Affari Esteri di Francia dimostrò allora in termini precisi e con fermo linguaggio essere quella una singolare pretesa mancante d'ogni fondamento; im

portare invece che la nuova situazione dell'Italia entrasse tosto nell'ordine dei fatti regolari, perché così si potesse g:ungere più presto ad una pacifica soluzione della questione romana. Questo stesso modo di vedere prevalse ancora quando (nel 1864) il Signor Drouyn de Lhuys, informato che nei consigli della Regina Isabella agitavasi il pensiero di invitare il Papa a fuggire in !spagna, scriveva a Madrid dimostrando con sodi ed ottimi argomenti quanto tal pensiero fosse sconsigliato e pericoloso pel Governo di Sua Maestà Cattolica, che si torrebbe sopra di sé tutta la impopolarità ed il discredito di cui è involto il Governo dei chierici e darebbe per tal guisa nuova forza morale alla rivoluzione che potrebbe più facilmente alzarsi e riuscire vincitrice. Né per ultimo, da questa politica mostrò volersi discostare il governo dell'Imperatore Napoleone quando (nel Settembre 1866) avvicinandosi il tempo fissato pello sgombro di Roma dalle truppe di Francia, la Corte di Madrid ritornava sui vagheggiati progetti di soccorrere del suo appoggio il Pontefice e di offrirgli sicuro ritiro in qualche località di Spagna.

È bene però che la S. V. non ignori affatto che a mantenere anche in questi ultimi tempi la Francia in una via a noi tanto propizia, ha potuto forse contribuire efficacemente un intrigo che con ben poco accorgimento erasi ordito in Roma per far intendere che la Prussia stesse per intromettersi nelle cose romane in nome degli interessi de' cattolici alemanni. Sventato l'intrigo a cui aveva prestato opera attivissima un Cardinale ;tedesco, l'effetto riuscì direttamente contrario a quanto il partito retrivo aveva sperato. Intanto anche in !spagna (Settembre ed Ottobre 1866) andava rotto il progettato convegno di Biarritz ed il Generale Narvaez da quell'uomo ch'egli è avveduto ed esperto, comprendendo ben tosto qual pericoloso partito fosse quello di suscitare le diffidenze francesi col volersi troppo impacciar di Roma, apertamente significava alla Regina la ripugnanza che aveva a spinger più oltre la sua protezione verso il Governo pontificio dichiarandole che la Convenzione di Settembre stipulata fra Italia e Francia toglieva a Spagna la libertà di rinnovare quell'intervento che a dimostrazione di zelo religioso le sue armi avevano altravolta operato. Così rimase dimostrato anche in questa occasione che se il Generale Narvaez dovette egli pure piegare a certe compiacenze verso la fazione clericale ed il governo occulto della camarilla che minacciavano di sorpassarlo, con ciò mirava più all'apparenza che alla realtà delle cose. Epperò devesi conchiudere che se i molti e continui tentativi di politica oltramontana non ebbero sin qui in !spagna alcun effettivo risultamento, ciò provenne in gran parte dalla moderazione del Governo legale del paese il quale, obbedendo alle esigenze della pubblica opinione ha prestato sempre ben fievole appoggio alle tendenze retrive della fazione predominante in Corte.

Ma se dalle cose sin qui dette sarebbe dato sperare che la S. V. non abbia

ad incontrare a questo proposito difficoltà serie da superare durante la sua

Missione in Madrid, non ci lasciano tuttavia senza qualche apprensione le ten

denze particolari degli uomini che colà sono attualmente al potere. Non sembra

facile infatti che il Gabinetto presente il quale ha diggià tanto ristrette le

libertà costituzionali della Spagna, ora si possa arrestare nel cammino di

reazione da lui rapidamente percorso. E siccome chi batte quelle vie pericolose

viene spesso suo malgrado travolto oltre il limite prestabilito, cosi si può ragionevolmente temere che anche l'Amministrazione del Narvaez possa col seguito essere trascinata a concessioni ragguardevoli verso il partito nemico d'ogni libertà civile, politica e religiosa.

L'attuale Ministero Spagnuolo è quello stesso che, contro la generale aspettazione, veniva chiamato al potere nel luglio dell'anno passato, poco dopo cioè che l'O'Donnel, mercé l'appoggio degli uomini del così detto partito moderato, aveva ottenuto dal Parlamento straordinarie ed eccezionali facoltà per mantenere la sicurezza e ristabilire l'ordine allora seriamente minacciato in varie località del Regno. Ognuno sa poi qual uso abbia fatto di quei poteri il Gabinetto presente per muovere aspra guerra alle fazioni a lui opposte colle quali, compresa anche quella dei progressisti capitanati dal Prim, erano riusciti inutili tutti gli sforzi fatti per giungere ad un accordo.

Non sarebbe forse stato opportuno ch'io a queste cose accennassi se desse non avessero altro valore che quello di mostrare con quali arti di partito sia oggidi governata la Spagna, e come queste unicamente suggerite dalle lotte e dalle ambizioni particolari, menate coll'intrigo e colle tenebrose cabale di Corte, conducano poi quasi sempre a risultamenti che sfuggono al comune criterio delle probabilità. Ma questo quadro gioverà a Lei per farle conoscere sin d'ora con quanta cura, fra l'agitarsi di così ardenti fazioni, Ella dovrà astenersi da tutto ciò che potesse farci attribuire il proposito di volerei mescolare nelle cose interne del paese, ed entro quali stretti limiti di prudente riserva converrà ch'Ella circoscriva il proprio linguaggio.

L'aver poi parlato dello stato presente delle cose interne della Spagna mi conduce naturalmente a trattenerla sovra altro argomento delicatissimo che con quella anormale situazione strettamente si collega.

Ella già comprende che io debbo qui tenerle discorso dell'agitazione antidinastica che sembra voglia acquistare ogni di nuove forze ed aderenze in !spagna.

Caduto il partito Carlista, al quale ormai restano fedeli soltanto pochi capi senza seguito di partigiani, l'instabilità de' propositi e le continue oscillazioni del potere regio, suscitando la diffidenza e poscia la sfiducia del partito progressista verso la Corona, non tardarono a creare contro la medesima una viva opposizione alla quale vennero poi mano mano associandosi varie considerevoli frazioni dello stesso partito moderato. Da principio i progressisti si erano limitati a tenersi in disparte ed a non concorrere ad alcun atto governativo, volendo essi con siffatta astensione dimostrare il loro malanimo verso la Sovrana e fors'anche il loro malcontento pella interna politica costituzions dello Stato. Ma dappoiché i seguiti rivolgimenti trassero molti capiparte in volontario o forzato esiglio, gli animi mal disposti si rivolsero a cercare i mezzi di abbattere la dinastia regnante; e siccome in paese essenzialmente monarchico qual è la Spagna, nessun rivolgimento politico potrebbe trovare aderenze se non fosse promosso in nome d'un pretendente, così quegli spiriti ardenti diedero subito opera a proporre candidature di principi. Del quale lavorio è opportuno che la S.V. sia appieno istruita.

Mentre combattevasi l'ultima guerra fra l'Austria e la Prussia sembra nascesse in taluni il pensiero di trasferire sul trono di Spagna la dinastia regnante del Belgio onde così favorire l'annessione di questo regno al dominio francese. Qualche freddezza sorta in quel tempo nei rapporti di Parigi con Madrid aveva potuto dare peso a quelle voci le quali pare avessero persino ottenuto credito presso la Regina. Ma dacché, sensibilmente mutate le condizioni dei tempi, anche quel progetto di ingrandimento territoriale della Francia dovette essere abbandonato, ho voluto solo far cenno di quelle voci per chiamar la sua attenzione sopra una situazione che avrà certamente lasciato nella Corte di Madrid non poche diffidenze.

Molto si parlò ed a parecchie riprese di un progetto di unione iberica sotto lo scettro della Casa di Braganza. Vuolsi anzi che a preparare questo avvenimento tendesse l'offerta che alcuni volevano fare della Corona di Spagna al Re Don Ferdinando. Ma intorno a questo progetto che da quanto si disse non trovò simpatia in Portogallo, non saprei aggiungere molte cose, scarse essendo le notizie al proposito ricevute sin qui da questo Ministero.

Uomini di più moderato consiglio, pur reputando indispensabile mutare il Sovrano, inclinerebbero invece a ricercare nella stessa famiglia Borbonica altro Principe che desse fondata speranza di un governo migliore.

Gli Orleanesi, fedeli alla politica del Re Luigi Filippo non sembrano ripudiar l'idea che il possesso della Corona di Spagna od almeno una stretta alleanza colla medesima debba essere profittevole e di efficace ajuto a chi vuoi governare in Francia. Mentre pertanto parlasi di un possibile maritaggio dell'Infanta primogenita di Spagna con un figliuolo del Duca di Auma,Ie, altri crede che la sorella della Regina, I'Infanta Luisa Ferdinanda Duchessa di Montpensier non sia aliena dal prestar orecchio a chi volesse innalzarla al trono.

E siccome questa politica che si propone lo scopo di stringere fra di loro con vincolo dinastico le corone di Spagna e di Francia sembra ormai diventata tradizionale in quest'ultimo paese dove trova favore presso tutti coloro che la grandezza di Francia credono debba essere fondata sulla sua supremazia assoIuta nel Mediterraneo, così fra i capiparte della fazione progressista non mancò chi si propose di patrocinare la candidatura del Principe Napoleone. Senza dare maggior peso di quello che meritino a queste voci ed a questi progetti, dei quali però un centro d'azione di malcontenti spagnuoli stabilito in Belgio attivamente si occupa, noi non possiamo trascurare di attentamente sorvegliare tutto ciò che tende a preparare la riuscita di una politica alla quale, come fu detto, non mancano aderenti in tutti i partiti di Francia.

È antica pretesa francese quella di estendersi con successive annessioni territoriali lungo H litorale mediterraneo e le mal celate tendenze di Francia a questo riguardo si fecero ancor più palesi dacché per l'acquisto dell'Algeria le esigenze della difesa navale divennero per lei anche maggiori. Oggidì apertamente si dichiara che allo stabilimento della supremazia francese è indispensabile un accrescimento nell'iscrizione marittima e di qui il bisogno di altre coste che difficilmente potrebbersi acquistare finché si mantenga nel Mediterraneo un giusto equilibrio di forze. Il contegno dell'Inghilterra ha valso sin qui a moderare quelle eccessive aspirazioni che avrebbero voluto fare del Mediterraneo un lago francese, ma ormai anche all'Italia incombe l'obbligo di invigilare e di preoccuparsi di disegni che sono direttamente contrari allo sviluppo futuro della sua influenza politica ed economica in Europa.

Non è mestieri dimostrare a lungo come la supremazia di Francia nel mare che ci circonda non potrà essere da noi efficacemente controbilanciata che con lo intimo accordo fra Italia e Spagna; epperò tutte le nostre simpatie debbono essere naturalmente riservate per quelle combinazioni che lasciando la Spagna libera ed indipendente ne faranno una forza favorevolmente inclinata verso la alleanza Italiana. Noi abbiamo qualche buona ragione di credere che questi nostri sentimenti trovano in !spagna un terreno ben disposto per esservi giustamente apprezzati. Gli Spagnuoli comprendono che in una stretta alleanza coll'Italia sta un elemento di sicurezza pella loro propria nazionalità. Una conveniente proporzione fra le forze delle due Nazioni, e la mancanza di contiguità territoriale fra i due paesi assicurano infatti in qualunque evento l'indipendenza assoluta dell'un popolo verso dell'altro per quanto intimi avessero a divenire i rapporti esistenti fra di loro. La S. V. forse non ignora a quest'ora che mentre presso gU uomini del partito antidinastico di Spagna una candidatura italiana riuniva numerosi suffragi, anche alla Corte di Madrid sembrava prevalere la opinione che convenisse cercare un sostegno al trono in un maritaggio simpatico alla nazione e di qui l'idea di una nuova aUeanza di famiglia coll'Augusta nostra Casa Sovrana. Se non che l'argomento, per sé delicatissimo, forse non fu condotto con tutto il riguardo e l'accorgimento che si sarebbero dovuti adoperare, ed è persino a temersi che il mancato disegno di matrimonio siasi dai nemici nostri fatto valere per ingenerare odioso sospetto che a progetti più radicaU mirassero le nostre vedute.

Non è dunque fuori d'ogni probabilità che al suo giungere in Madrid Ella non v'abbia a trovare per parte della Regina quell'accoglienza premurosa che ebbe il di Lei predecessore; ma Ella non dovrà per ciò ristarsi dal dimostrare a quel Governo quanti vincoli naturali e quanti comuni interessi chiamano Italia e Spagna a procedere d'accordo; Ella esporrà francamente che se l'Italia deve ricercare l'appoggio che la pubblica opinione concede ai principi da lei professati, ciò non esclude che sia nostro fermo intendimento di mantenere! verso la Spagna nella via del più assoluto rispetto dei doveri internazionali che legano i Governi reciprocamente fra di loro. Ed Ella, Signor Ministro, avrà appieno soddisfatto l'aspettazione del Governo del Re, se di queste nostre intenzioni saprà infondere fermo convincimento negli animi della Sovrana e dei suoi consiglieri col dar loro costanti prove di quello spirito di rettitudine e di moderazione, di quella sincerità di linguaggio e di quella rigorosa e prudente riserva che sono ad un tempo le doti più pregevoli d'un diplomatico e le testimonianze più sicure del 'leali e favorevoli propositi del Governo da lui rappresentato.

Nei colloqui ch'Ella avrà cogli uomini di Stato spagnuoli potrà, senza vanto, ricordare come già si presentarono occasioni nelle quali l'Italia ha potuto meglio che colle parole dimostrare alla Spagna quanto s'interessi alla sua vera prosperità. Allorché i malcontenti spagnuoli sembravano voler stabilire presso di noi il loro centro di riunione, il Governo del Re, pur mantenendosi nelle vie della legalità, seppe far in modo che questi preferissero allontanarsi dal suo

territorio daddove la loro azione avrebbe potuto esercitarsi ben più attivamente a danno del Governo della Regina. E quando la guerra Cileno-Peruviana avrebbe potuto acquistare proporzioni anche più gravi pegli interessi spagnoli, fu allora il Governo italiano quello che con provvidi ordinamenti ai suoi Consoli impediva che le Repubbliche belligeranti trovassero nelle numerose ciurme italiane i marinari che loro mancavano per aumentare gli armamenti.

Ma non essendo il rammentar servigi resi cosa che spesso accresca l'amicizia così fra ,le persone come fra i popoli, Ella si limiterà a ricordare queste cose con molta discrezione e soltanto ove ne fosse bisogno per dimostrare quanto sia ingiusto il sospettare le nostre intenzioni.

Nei primi tempi della sua missione Ella dovrà del resto più che agire, vigilare e d'ogni cosa da lei attentamente osservata, prontamente riferire.

Prima di chiudere queste m'e istruzioni io dovrei forse qui tenerle parola di alcuni affari in corso i quali già formarono oggetto di conversazioni o di negoziati fra l'Italia e la Spagna; ma intorno a questi argomenti Ella avrà sufficiente direzione dalla lettura delle più recenti corrispondenze di questo Ministero colla R. Legazione in Madrid e da quelle ulteriori comunicazioni che io mi troverò forse più tardi in caso di doverle indirizzare.

(l) Sic nel registro delle Istruzioni ma la minuta reca la data 16 agosto.

(l) Cfr. serle I, vol. VI. n. 298.

(l) Cfr. n. l, nota l.

159

IL DIRETTORE SUPERIORE DEGLI AFFARI POLITICI, ULISSE BARBOLANI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, COVA

D. 16. Firenze, 20 agosto 1867. Venne in questi giorni a vedermi l'Incaricato d'Affari di Sua Maestà Cattolica e rinnovò presso di me quelle medesime istanze, che altra volta aveva fatto presso l'onorevole mio predecessore per ottenere l'assicurazione che il Governo del Re veglierebbe con ogni cura ad impedire che dall'Italia partissero spedizioni dirette a turbare l'ordine stabilito in !spagna. Il Signor Zarco del Valle mi disse che aveva ricevuto avvisi da Madrid che si facevano preparativi ed arruolamenti sul nostro territorio per tentare un'impresa contro il Governo costituito del suo paese e mi sollecitava a provvedere, perché quei sediziosi progetti non potessero condursi a compimento. Risposi al Signor Zarco del Valle che il Governo di Spagna non deve dubitare dei nostri costanti intendimenti per impedire che nel nostro territorio si ordiscano trame contro la sicurezza e la tranquillità degli Stati esteri, e che decisa anzi tutto di adempiere scrupolosamente agli obblighi internazionali verso un Governo amico l'Italia farà buona guardia per isventare qualsiasi tentativo che si volesse preparare a danno della Spagna. Soggiunsi poi esservi molta esagerazione in ciò che si era detto e scritto intorno ai pretesi arruolamenti e che non mi risultava che se ne fossero diretti contro la Spagna. In ogni caso il Governo Italiano ha di già preso i provvedimenti che valgono ad impedire qualsiasi incetta d'uomini o di armi, che possa sembrare destinata a turbare la pace degli altri paesi. Tali assicurazioni io autorizzo la S. V. a ripetere ai Ministri della Regina,

se nei colloqui ch'Ella avrà coi medesimi il discorso dovesse cadere sovra questo argomento.

160

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA. MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 766/292. Londra, 20 agosto 1867 (per. il 24).

Lord Stanley fra pochi giorni si recherà in !scozia ove rimarrà a Balmoral presso S. M. la Regina per almeno due settimane. Colla sua partenza da Londra, la chiusura del Parlamento, e l'assenza di quasi tutti gl'ambasciatori e ministri, ne seguirà necessariamente un momento di sosta negli affari, durante il quale procurerò nullameno di tenere l'E. V. informata di quegl'incidenti politici, che per avventura potessero cadere più specialmente sotto l'azione immediata del Gabinetto di San Giacomo.

Per ciò che si riferisce agl'eventi di questi ultimi tempi, Ella già conosce, Signor Conte, come nel più importante di essi, cioè nella vertenza dello Schleswig, lord Stanley abbia evitato di esercitare una pressione qualunque sul Governo Prussiano. Troppo bene ei rammenta la sorte poco felice che ebbe un passo di tal natura da lui tentato a Berlino l'anno scorso sull'istanza dell'Inviato Svedese qui residente, per oggi rinnovarlo.

Forse anche ad impedire un'azione diretta dell'Inghilterra ebbero pur forza le rimostranze rivolte e le spiegaz:oni chieste dal Governo Prussiano a lord Stanley in occasione dello strano discorso pronunziato da lord Derby in Parlamento circa la guarentigia collettiva pel Luxemburgo.

Del resto V. E. ben saprà come la questione dello Schleswig, quantunque non ancora sciolta, abbia ora preso assai migliore piega che da principio non paresse destinata ad avere. Qui si crede che il Governo Francese non abbia avuto in animo di dare un carattere così serio alla sua intervenzione in questa controversia quale dipoi apparve dietro all'improntitudine commessa dal Signor Le Fevre a Berlino. Checché ne sia si direbbe quasi che la Prussia, tanto nella questione dello Schleswig quanto in quella del Luxemburgo, non negando alla Francia e ad altre potenze una specie di diritto d'intervenire, abbia desiderio di mostrarsi ispirata da sentimenti di conciliazione per poi riservarsi tutta intera libertà d'azione in ciò che concerne gli affari puramente germanici, nei quali certamente non ammetterà mai l'intervenzione di un elemento straniero.

Il caso mi pose in rapporto in questi ultimi giorni con un personaggio politico prussiano il quale mi andava ripetendo come la Prussia si preoccupasse dei continui tentativi della Francia per imm:schiarsi nelle cose della Germania Meridionale, questione che col tempo potrebbe essere la vera causa di quelle complicazioni fra le due potenti nazioni, che da tanto tempo si temono. La Prussia non ignora e mal soffre gl'intrighi della Francia, specialmente in Baviera. Essa sa come il Gabinetto di Parigi abbia fino all'ultimo osteggiato la ricostituzione dello Zollverein sulle sue presenti basi. Essa non ignora che quando il Governo Bavarese fu forzato dal Conte Bismarck a non opporsi più a lungo alla ricomposizione della lega doganale, il rappresentante di Francia a Monaco fu incaricato officialmente di fare delle rimostranze a nome del Governo Imperiale e che desse vennero umilmente accolte con delle scuse da quello di Baviera.

La Prussia benché non conti f·ra i Sovrani della Germania Meridionale che il Gran Duca di Baden per suo caldo aderente, tuttavia è conscia del progresso che compie l'idea nazionale anche negli Stati del Sud, progresso di cui il recente « meeting » di Stuttgart le offre una significante guarentigia, e sa bene che alle alleanze più o meno efficaci ora sollecitate dalla Francia essa potrà opporre la potente spada della Germania Unita.

Della neutralità della Gran Bretagna in simile eventualità non havvi campo a dubitare. Ma ove la guerra venisse ad essere sollevata per l'ambizione soltanto di un Principe, che mal tollera il Nazionale svHuppo di un popolo vicino, sono d'avviso, che l'opinione pubblica, in Inghilterra quasi sempre padrona della situazione, sarebbe contraria a chi ingiustamente avrebbe turbato la pace Europea.

Quantunque tutto quanto ebbi l'onore di qui venire esponendo a V. E. le sia più che noto per i rapporti dei RR. Rappresentanti in Germania, che meglio di me sono in grado di giudicare la situazione, tuttavia ho creduto di dover segnalarle queste varie questioni giudicate dal punto di vista degU uomini di Stato Inglesi e della Stampa, vera interprete dello spirito pubblico in questo paese.

161

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (1)

L. P. Londra, 20 agosto 1867.

Avendo avuto alcuni giorni scorsi l'occasione di trovarmi in rapporto con un alto personaggio politico prussiano il quale mi parlò a lungo delle cose del suo paese, ho creduto ad ogni buon fine rassegnare le riflessioni ch'egli mi andava svolgendo al Signor Ministro degli Affari Esteri (2), quantunque esse abbiano tratto ad eventi già a lui più che noti.

Omisi però di far cenno di un particolare, importante certamente, ma, per esser desso del tutto personale a V. E., ho sttmato opportuno di portarlo direttamente alla di Lei conoscenza. Il precitato personaggio aveva ricevuto dal Conte di Usedom una lettera, di cui mi fece leggere un passo nel quale il Ministro Prussiano a Firenze, dopo di aver espresso pel modo il più esplicito la sua soddisfazione nel vedere V. E. al potere, dichiarava di essere certo che sotto alla di Lei direzione, in caso di complicazioni europee, l'Italia non si sarebbe lasciata trascinare ad alleanze nocive ai suoi veri interessi, ed imposte da possenti vicini. Giova pure ch'io rammenti come in detta lettera il Conte d'Usedom ribattendo l'assurda accusa che alcune corrispondenze parigine avevano sparso, essere cioè i progetti del partito d'azione contro Roma segretamente favoriti dalla Prussia, aggiungeva: «Come è mai possibile supporre tal cosa

mentre un movimento che si facesse presentemente scoppiare a Roma avrebbe per effetto di porre l'Italia interamente in balìa della Francia? ).

Ecco l'incubo della politica prussiana: «L'Italia in balla della Francia),

Credo superfluo il dire quanto abbia rassicurato il mio interlocutore su questo punto, osservandogli che, se i legami della più viva riconoscenza univano l'Italia alla Francia, non meno grandi erano quelli che ci vincolavano ad una Potenza le cui vittorie cotanto avevano al nostro paese giovato; aggiunsi inoltre che la sua politica audace ed unificatrice, in tutto consentanea ai principi! di nazionalità che informano la nostra, avrebbe ognora destato in Italia le più vive simpatie ed i più caldi aderenti; soprattutto se una guerra ispirata solo da un sentimento di gelosa ambizione le venisse suscitata, imperocché gl'Italiani ben conoscono che fra gli Stati che hanno maggior interesse al pronto sviluppo della ,loro penisola, va in primo luogo annoverata la Prussia.

Nell'assenza del Marchese D'Azeglio ho creduto conveniente parteciparle confidenzialmente quanto precede. . ..

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 160.
162

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO (l)

T. 530. Parigi, 21 agosto 1867, ore 18 (per. ore 20,35).

J'ai reçu aujourd'hui votre dépeehe sur la légion d'Antibes (2). Aussitòt que le marquis de Moustier sera arrivé je lui remettrai, sauf ordre contraire, une note officielle (3) dans le sens de cette dépeehe.

163

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 304. Firenze, 22 agosto 1867, ore 14,30.

Veuillez remettre la note dont vous parlez (4) au marquis de Moustier et entretenez-le en meme temps sur ce que je vous ai mandé par mon télégramme du 18 (5) au sujet de la lettre du maréchal Niel. Le chargé d'affaires de France m'a donné lecture d'une dépeche que nous aurions trouvé satisfaisante si son contenu n'était en contradiction flagrante avec la lettre du ministre de la guerre, ce dont M. de la Villestreux a convenu lui mème. Faites aussi remarquer au marquis de Moustier que cette dépeehe ne peut avoir pour nous une grande valeur, puisque le chargé d'affaires de France n'était pas autorisé à nous en laisser copie.

(l) -Ed. in italiano e con alcune varianti in LV 12, p, 22. (2) -Cfr. n. 151. (3) -La nota è edita in Origines diplomatiques de la guerre de 1870-1871, vol. XVIII, pp. 185-188. (4) -Cfr. n. 162. (5) -Cfr. n. 154.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 531. Vienna, 22 agosto 1867, ore 19,10 (per. ore 22).

Un chef de mission me communique des lettres très-confidentielles de Saltzbourg d'un haut personnage. D'après ces rense!gnements de véritables conférences entre les deux Empereurs, auxquelles Gramont assiste souvent et Beust toujours, ont lieu presque continuellement. Chacun prend des notes écrites qu'on compare et d'après lesquelles on rédige une espèce de protocòle sur chaque point où l'an est d'accord. On a commencé par la question d'Orient, sur laquelle on se serait entendus. On a, ensuite, abordé la question allemande en laissant à l'Empereur Napoléon l'initiative de toute proposition. Je donne naturellement ces informations à V. E. sous réserve.

165

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 532. Vienna, 22 agosto 1867, ore 19,10 (per. ore 21,39).

Malgré l'indifférence qu'affichent publiquement les légations de Prusse et de Russie, l'impression du corps diplomatique sur l'importance de l'entrevue de Saltzbourg est chaque jour plus vive. Le chargé d'affaires de Russie me confirme que la France aurait donné à l'Autriche garantie de la future réunion de la Bosnie, de l'Herzégovine et méme du Monténégro. On ignare si l'Empereur Napoléon conseille à l'Autriche l'alliance avec la Turquie et s'il abandonnera les candiotes, ou s'il continuera à caresser la Russie, pour ne pas précipiter l'alliance de celle-ci avec la Prusse.

Si V. E. croit à propos de me guider par quelques indications télégraphiques, je dirigerai mes investigations en conséquence.

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IL DIRETTORE SUPERIORE DEGLI AFFARI POLITICI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 275. Firenze, 22 agosto 1867.

Pendant votre absence de Paris, S. E. Nubar Pacha a remis à M. le Chevalier Artom une note qu'il avait écrit à Son Souverain sur la régularisation à opérer en Egypte dans les rapports judiciaires entre étrangers et indigènes.

Sur la demande du premier Ministre de S. A. le Vice Roi, M. Artom m'a transmis ce document fort intéressant, et il m'a en méme temps rendu compte de l'entretien qu'il avait eu avec S. E. (1).

J'approuve entièrement ce que M. Artom a dìt à Nubar Pacha au sujet de l'empressement que l'Italìe mettra toujours à faciliter l'oeuvre des amélìorations intérieures entreprises par S. A. Ismail Pacha. Vous mème, M. le Mìnistre, vous connaìssez assez nos bonnes dìspositìons envers l'Egypte pour pouvoìr au besoin réitérer ces mèmes assurances.

Le mémoire que le premier Ministre Egyptien a adressé à San Souverain contient un vaste programme dont nous connaissions déjà les points principaux qui nous avaient été exposés par l'Agent et Consul Général du Roi à Alexandrie. Nous sommes heureux de voir qu'en continuant un système destiné à faciliter des négociations régulières, Nubar Pacha a bien voulu nous faire part, dans une forme toute confìdentielle des détails d'un projet auquel il attache, avec raison, le plus grand prix.

De notre còté nous nous empresserons de recueillir tout ce qui peut ètre utile pour pouvoir nous prononcer sur un sujet aussi grave qui touche de près à un grand nombre d'intérèts italìens et qui tend à modifier sensiblement une situation consacrée au moins par l'usage.

En faìsant connaitre officìeusement à S. E. Nubar Pacha le contenu de cette dépèche vous devez vous exprimer de manìère à lui faire comprendre qu'à notre avis, une matière aussi complìquée et aussi grave ne pourrait ètre l'objet d'une discussion pratique, que lorsque les Puissances, qui ont le plus d'intérèts engagés en Egypte, se seront m·ses d'accord pour entrer en négociations ·Officielles avec le Gouvernement de S. A. le Vice Roi. Un pareil accord nous parait indispensable pour assurer la réussite des réformes que l'an voudrait faire. Nous croyons au surplus que l'entente préalable des Puissances, ainsi que les négociations ultérieures, porraient devenir bien plus faciles du moment où le Gouvernement égyptien se déciderait à faire précéder la discussion offìcielle sur les rapports judiciaires qu'il voudra introduire entre étrangers et indigènes, par la publication des nouveaux codes qui sont à l'étude.

C'est dans ce sens que je vous prie de vouloir bien vous exprimer avec S. E. Nubar Pacha à qui vous présenterez mes remercìements pour la gracieuse communication qu'il a bien voulu me faire. (1).

(l) Cfr. n. 152.

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IL DIRETTORE SUPERIORE DEGLI AFFARI POLITICI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGHA (2)

D. R. 276. Firenze, 22 agosto 1867.

Facendo seguito al mio dispaccio d'oggi (3) relativo alla comunicazione fattami dal Cavaliere Artom del memoriale statogli consegnato da Nubar Pacha, debbo pregarla di voler chiedere, riservatamente, al Ministero Imperiale degli

15 -Ducumct!ti diplomatici -Serle l -Vol. IX

Affari Esteri quale accoglienza vi si intenda fare al progetto sviluppato in quello scritto.

A nostro avviso non può convenire in alcun caso che cosi delicato argomento venga discusso senza uno studio accurato di persone competenti e senza un preventivo accordo fra i Governi maggiormente interessati. Ho dunque stimato opportuno di astenermi dall'entrare per ora nel merito delle singole proposte. La forma stessa, alquanto inusitata, della comunicazione fattaci non dovrebbe !sfuggire all'attenzione delle Potenze. Il documento che ci venne presentato in forma affatto privata, non è un atto che possa accettarsi come base per aprire un negoziato ufficiale. Noi riteniamo che non sarebbe forse senza qualche inconveniente per l'avvenire, il lasciar supporre, anche indirettamente, che le condizioni presenti relative alla giurisdizione sugli stranieri in Egitto stabilite o in diritto od in fatto ma certamente confermate dall'uso, possano venir mutate dietro un semplice rapporto dei Ministri del Vice Re al loro Principe.

Spero che questa considerazione potrà sembrare abbastanza grave anche al Ministro degli Affari Esteri di S. M. l'Imperatore per farlo consentire nella nostra opinione sulla necessità che s'abbia ad evitare qualsiasi precedente che più tardi potrebbesi invocare per alterare l'indole stessa dei rapporti che determinano lo stabilimento de' Sudditi Esteri nel Vice Reame d'Egitto.

P. S. Segno ricevuta del rapporto n. 510 della serie politica (l) ed unisco al presente dispaccio sei documenti diplomatici.

(l) -Con d. 23 dello stesso 22 agosto l"u comunicata a Bertinatti copia della nota di Nubar Pascià perché il console generale a Costantinopoli e il primo interprete Vernoni dessero «un loro parere tanto sull'esattezza delle varie affermazioni contenute in quello scritto sul regime in vigore attualmente a Costantinopoli, quanto sul merito intrinseco delle proposte che vengono fatte dal Governo egiziano"· Un parere venne chiesto anche al console in Egitto, De Martino con d. 8 del 20 ago&Lo. (2) -Un dispaccio analogo venm: inviato in pari data a Londra col n. 50. (3) -Cfr. n. 166.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 771/295. Londra, 22 agosto 1867 {per. il 27 ).

S. M. il Re di Grecia dopo un soggiorno di pochi giorni partiva jeri mattina da Londra per Wiesbaden, ove s'incontrerà col Principe e la Principessa di Galles.

Lo scopo della sua venuta in Inghilterra fu principalmente quello d'interessare le simpatie del Governo Britannico alle sorti dei Cretesi, e di rappresentare al Gabinetto di lord Derby quanto difficile e delicata la sua situazione si trovi a fronte dei voti e delle speranze manifestate dalle popolazioni Greche.

Il Re Giorgio fu molto cordialmente ricevuto da S. M. la Regina alla quale egli caldamente si raccomandò acciò i suoi desiderj venissero da Lei appoggiati presso i Consiglieri della Corona.

Coi Ministri poi egli tenne un linguaggio dei più spiegati e risoluti. Dichiarò francamente a lord Derby ed a lord Stanley che la sua posizione in Grecia diventerebbe impossibile se le aspirazioni del partito nazionale non finissero per essere soddisfatte. Fece osservare al Primo Ministro Inglese che egli non aveva né cercato né sollecitato il trono, ma che lo aveva accettato ad istanza dell'Inghilterra e che dessa, la quale aveva pertanto contribuito all'in

cremento del Regno Ellenico mercé la cessione delle Isole Jonie, non dovrebbe abbandonarlo nelle sue presenti difficoltà; che il sentimento popolare in Grecia andava ogni giorno più eccitandosi; che il fatto stesso del suo prossimo matrimonio con una principessa Russa infondeva l'opinione nel pubblico che la Russia avrebbe avuto mercé tale alleanza una ragione di più per sostenere la causa dei Cristiani, e da ciò nasceva novello argomento a formare speranze, pericolose quanto difficili in seguito ad osteggiare.

Sua Maestà si lagnò infine coi Ministri Inglesi delle prove di poca simpatia date all'insurrezione Cretese specialmente da lord Derby colle parole da lui pronunciate recentemente alla Camera dei Lords, parole che nella bocca del capo del Governo Britannico acquistavano un significato vieppiù importante ancora. Lord Derby si difese dall'accusa mossagli di troppa parzialità per il Governo Ottomano per ciò che concerne gl'affari di Creta, ma espresse del pari di non volersi allontanare dalla più stretta neutralità e rispetto agli esistenti trattati; può dirsi in conclusione che la visita del giovane monarca non abbia sortiti quegli effetti che forse egli nutriva speranza di ottenere.

Dalle informazioni però che mi pervengono, ho ragione di credere che sia infondata la notizia data dai giornali di questa mane, cioè che nuove istruzioni erano state trasmesse ai rappresentanti di Francia e d'Inghilterra allo scopo di comunicare al Gabinetto Ellenico che entrambi i summentovati Governi s'aspettavano che d'ora avanti la Grecia s'astenesse da qualunque dimostrazione ostile alla Turchia, e che nell'eventualità di un conflitto tanto la Francia che l'Inghilterra terrebbero la Grecia risponsabile di ogni possibile conseguenza.

n Foreign Office, come V. E. saprà, ha fatto dare or v'ha già qualche tempo, dei consigli di moderazione al Governo Greco, ma da quel momento in poi il Ministro Britannico ad Atene non ha più ricevuto nessun incarico speciale a questo riguardo.

Lord Stanley si è oggi espresso in modo da mostrarsi molto fiducioso circa i risultati favorevoli al mantenimento della pace che sarà per avere l'incontro dei due Sovrani a Salzbourg. Non sarei però in grado di dire se codesta opinione di Sua Signoria sia fondata sulla fede di notizie pervenutegli, oppure se il vivo desiderio che ha di vedere la continuazione della pace abbia un'influenza sul suo modo di contemplare la situazione. Egli questa sera si allontanerà da Londra come già lo avevo annunciato a V. E., e parte pure il Sotto Segretario di Stato per gli Affari Esteri.

(l) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 93. Vienna, 22 agosto 1867.

J'ai pris connaissance avec grand intérèt des documents diplomatiques joints à la dépeche politique de V. E. N. 59 (1). Le langage très rassurant tenu par le Comte de Bismarck au Comte de Launay est tout à fait imité ici par le

Baron de Werther. Toutefois ce diplomate qui a la réputation de ne rien dire à la Jégère, parait, d'après ce que j'ai constaté, assez instruit de ce qui se passe à Salzbourg (l) relativement aux affaires d'Orient, pour qu'on puisse supposer qu'il sait aussi quelque chose de ce qui s'y passe d'intéressant pour les affaires d'Allemagne; et il est difficile de ne pas croire que la Prusse se préoccupe de ce travail qui se fait à Salzbourg pour une entente entre la France et l'Autriche.

Le langage de la presse autrichienne s'est modifié ces derniers jours. Il y a bien encore des journaux qui persistent à avertir le Gouvernement des dangers de l'alliance française; ceux-là développent l'idée que si la France, et l'Autriche avec elle, comptent sur les Etats allemands du Sud, elles seront trompées, camme l'Empereur Napoléon a été trompé dans la croyance au succès de la sécess1on du Sud des Etats-Unis; ils rappellent que l'Autriche a toujours été déçue dans les espérances qu'elle a placées sur l'amitié de la France; ils vont meme jusqu'à dire que l'Empereur Napoléon en violant aujourd'hui la Convention de Septembre par la présence à Rome d'un corps, à la conservation duquel il attache un point d'honneur français, montre combien on doit peu compter sur des engagements quand les intéréts changent. Mais si l'arrivée de l'Empereur Napoléon à Salzbourg a été accueillie unanimement par la presse autrichienne avec un sévère langage, cette unanimité n'est plus la méme aujourd'hui, méme parmi les organes libéraux. Plusieurs entre eux commencent à envisager sous trop d'effroi l'éventualité lointaine encore, il est vrai, d'une guerre défensive contre la Russie, quoique cette éventualité puisse évidemment avoir pour conséquence l'intervention plus ou moins active, plus ou moins directe de l'Autriche dans le conflit franco-prussicn, lequel est toujours la supposition sur laquelle tout repose.

A l'égard des affaires d'Orient, je n'ai pas besoin d'appuyer sur l'importance qu'aurait pour l'Italie le fait, s'il se réalisait, d'une entente entre la France et l'Autriche pour l'extension des territoires de celle-ci de il'autre còté de l'Adriatique. Ce pourrait devenir là un sujet de négociations futures de la part du Gouvernement du Roi. La politique que va déployer la France dans la question de Candie pourra aider bientòt à discerner la portée de l'accord, aujourd'hui regardé ici comme très probable par les Légations les plus intéressées, qui se sera établi à Salzbourg entre les deux Empires sur la question d'Orient. En ce qui me concerne je conformerai à l'occasion mon langage aux instructions adressées le 16 courant par le Gouvernement du Roi à son envoyé à Constantinople (2).

(l) Non pubblicato.

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IL DIRETTORE SUPERIORE DEGLI AFFARI POLITICI, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

D. R.S.N. Firenze, 23 agosto 1867.

Il Ministero degli Affari Esteri si affretta di trasmettere a quello dell'Interno alcune <informazioni che gli sono state date dall'Incaricato d'Affari di

Francia circa i pretesi preparativi che s'andrebbero facendo per una spedizione contro Roma. Stando alle informazioni avute dall'Incaricato d'Affari francese, il genero del Generale Garibaldi (l) sarebbe partito per Genova per ottenere da quel municipio la consegna delle carabine depositate dopo il disarmo dei due battaglioni di bersaglieri volontari. In Napoli poi lavorano attivamente allo scopo sovra indicato il dentista Bennati che abita a Santa Brig,ida n. 16 e Gennaro Rizzo dimorante a Sant'Abate n. 107.

Il Ministero scrivente venne inoltre a conoscere per caso fortuito che, avendo un confidente del Consolato francese in Napoli riferito al questore di quella città qualche notizia relativa agli arruolamenti, questo funzionario avrebbe risposto in modo da lasciar supporre che il Governo non intendeva curarsene. Questa risposta, riportata al Console francese, sarebbe dippoi stata oggetto di commenti poco favorevoli sulle nostre intenzioni relativamente alla sorveglianza da noi esercitata sui preparativi garibaldini.

Chi scrive reputa conveniente avvisare di questo incidente in forma affatto riservata perché sembrerebbe che il conf1dente del Consolato francese sia nel tempo stesso al servizio della R. Questura di Napoli.

(l) -Sugli incontri di Salisburgo cfr. Mémoires du Comte de Beust, Parigi, 1888, tomo II, pp. 131 sgg. (2) -Non pubblicato, ma cfr. n. 146.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 535. Vienna, 24 agosto 1867, ore 13,05 (per. ore 15).

Le ministre de Prusse, d'après tous les indices et sauf informations ultérieures, est persuadé et écrit à Berlin que, malgré les ententes établies, à ce qu'il parait, à Saltzbourg pour les intéréts de l'Autriche en cas de changement du statu quo en Orient, l'Empereur Françods Joseph et Beust, l'un et l'autre préoccupés de la situation de l'Allemagne n'ont pas conclu alliance avec l'Empereur Napoléon sur les affaires allemandes, et qu'ils ont réservé liberté d'action méme pour le cas où la Prusse dépasserait le Mein. Il croit que le but immédiat de l'Empereur Napoléon, qui désirerait une alliance, est manqué, qu'il y aurait seulement accord pour poser théoriquement comme programme de paix générale le traité de Prague ,et le statu quo en Orient.

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IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 95. Atene, 24 agosto 1867 (per. il 30).

Credo opportuno di non dover ritardare di portare alla conoscenza di V. E. alcuni intendimenti di questo Governo d'indole assai grave e ch'egli non lascia più dissimulare.

Nella scorsa settimana in un colloquio ch'ebbi col Signor Coumoundouros questi mi espose essere convinto che la Turchia sarebbe irremovibile sul punto della cessione di Candia alla Grecia, e che le Potenze non l'avrebbero costretta colle armi. Era quindi nelle intenzioni del Governo Greco di fare la guerra alla Turchia penetrando per le provincie limitrofe, e far nascere una rivoluzione generale nell'Impero Ottomano (1).

Io osservai 'in allora al Presidente del Consiglio quanto pericoloso fosse quel tentativo e quanto danno ne potrebbe venire alla Grecia. Questo linguaggio egli tenne con alcuni altri miei Colleghi che me lo hanno ripetuto.

Ieri avendo avuto occasione di nuovamente intrattenerml col Primo Ministro, S. E. mi tenne lo stesso discorso, ed avendogli chiesto quando avrebbe luogo la chiamata già decretata della riserva, mi rispose, subito dopo ultimati i raccolti, vale a dire fra quindici o venti giorni.

Il Governo Greco conta su due ipotesi. Esso spera che ai primi colpi di fucile le Potenze interverranno, ed anziché perdere un pollice di terreno verrà data soddisfazione alle aspirazioni nazionali con estensioni di territorio.

L'altra speranza è quella di poter sollevare le popolazioni Cristiane delle Provincie Greco-Turche, propagare l'incendio in tutto l'Impero, sollevare così la questione d'Oriente, e constringere le Potenze a scioglierla.

Io feci conoscere al Signor Coumoundouros che le notizie che io avevo dalle Provincie portavano che non vi erano elementi d'insurrezione, e che perciò la Grecia poteva andare incontro agli stessi funesti avvenimenti del 1854.

In tutti e due i colloquii io credetti utile di far sentire al Presidente del Consiglio che per quanta simpatia e buona disposizione avesse il Governo Italiano di appoggiare colla sua azione diplomatica i principj sui quali era basata la nostra esistenza aveva però p'iù volte ed in varie circostanze fatto conoscere il suo fermo proposito di fare quanto era in lui per mantenere la pace in Europa. Le condizioni nostre sono tali, io gli dissi, che non solo abbiamo bisogno di pace e di riposo in ItaJlia, ma ben anco che lo stato pacifico sia ovunque conservato.

Il Signor Coumoundouros non negò il valore delle mie osservazioni, ma mi disse che le condizioni della Grecia erano tali da non !asciargli altro partito da seguire.

Mancata l'annessione di Candia immense sarebbero le difficoltà politiche all'interno, e peggiori pure le diffico>Jtà finanziarie per le enormi spese che si erano dovute e che si dovevano sopportare per il mantenimento di tante migliaja di famiglie rifugiate, e per gli ajuti dati per mantenere la rivoluzione in Candia. Il prestito di 28 milioni avea dato meno del terzo.

Persi per persi, finì col dirmi meglio vale di tentare un ultimo sforzo; tutto il male che potremmo risentire sarà di vedere bruciate e distrutte alcune Città e villaggi.

Alcuno che crede conoscere l'intimo pensiero di questi Governanti e del Presidente del Consiglio non dubita di asserire che tutto ciò non è se non uno spauracchio.

Ma il certo si è che il decreto della chiamata della riserva è stato pubblicato, che si fanno compre di armi e di munizioni, che si sono ordinati alcuni bastimenti corazzati, che si sono fatte molte preoccupazioni [sic] nell'armata, e che infine un linguaggio simile non tralascia di essere un sintomo da destare preoccupazioni.

Ove pertanto fallisse la cessione di Candia io non sarei sorpreso di qualche tentativo sulla frontiera; ma io ritengo che i mezzi sono di gran lunga inferiori ed insufficienti per raggiungere uno scopo anche parziale.

(l) Stefano Catozio, mat·itu di TeresiJ"a Garibaldi.

(l) Con d. 28 del 22 ago;;to Barbolani aveva comunicato a Della M!nerva: «La debolezza del popolo greco di fronte alla Turchia è confermata da molti fatti recenti. Mal si comprende pertanto tutto quel metter fuori voci di prossime ostilità del Regno Ellenico contro l'Impero Ottomano, e tutto quel rumore eh~ si fa di pretesi acquisti di materiale da guerra e di concentramenti di truppE: lr. un ca•npo di riserva a Corfu. Ritengo che queste co5e non possono giovare alla cnusa che il GovPrno Elleno vorrebbe far trionfare e che l Gabinetti maggiormente Interessati nelle cose d'Oriente sarebbero ben più inclinati a favorire le aspirazioni della Grecia quando le vedesserc appogglat« da propositi seri e da un prudente contegno proporzionato ai mezzi de'quali Il paese può realmente disporre>>.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO (l)

R. 511. Parigi, 24 agosto 1867 (per. il 27).

Jeri soltanto S. E. il Marchese di Moustier fu di ritorno a Parigi dopo un'assenza di parecchi giorni. Mi affrettai a domandargli un'udienza che mi fu accordata per quest'oggi. Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri volle riassumere meco le spiegazioni e lo scambio di osservazioni a cui diede luogo l'incidente della gita dei Generale Dumont a Roma. Credo inutile di ripetere all'E. V. le cose dettemi a questo proposito dal Marchese di Moustier, giacché esse si trovano consegnate nella corrispondenza scambiata fra ti due Governi, e più particolarmente nel Dispaccio di cui l'Incaricato d'Affari di Francia a Firenze ha dato ultimamente lettura all'E. V.

Il Marchese di Moustier volle ancora una volta darmi l'assicurazione che il Generale Dumont non aveva avuto alcuna missione dal Governo Imperiale, che il linguaggio attribuito a questo Generale era intieramente supposto, che infine H Governo Imperiale non aveva mai inteso e non intendeva di esercitare un'ingerenza o un controllo sulla legione di Antibo.

Io dissi al Marchese di Moustier che il Governo del Re aveva accolto con vera soddisfazione queste dichiaraz.ioni e lo assicurai che il Governo del Re dal suo lato mi aveva autorizzato a confermargli la sua risoluzione di rispettare e far rispettare le stipulazioni da esso firmate. Soggiunsi poi che in presenza di questo scambio di spiegaz:oni, l'incidente che le aveva provocate avrebbe potuto considerarsi come terminato, se una lettera del Maresciallo Niel pubblicata recentemente nei giornali non avesse fatto emergere una nuova questione che era importante di risolvere. In un affare così delicato, gli diss'io, che eccita

legittime suscettibilità e che implica interessi cosi considerevoli è indispensabile che i due Governi facciano scomparire ogni pretesto, ogni motivo di dubbio sulla intenzione che è sincera in entrambi di eseguire puntualmente la Convenzione del 15 Settembre. Ora dalla lettera del Maresciallo Niel risulterebbe che i legionari di Antibo, contrariamente alle dichiarazioni fatte dal signor Drouyn de Lhuys non sarebbero intieramente liberati dal servizio militare francese e sarebbero passibili di pene disciplinari in Francia nel caso di diserzione. Questa situazione dei legionari, questo nesso che rimane fra essi e l'esercito francese non è conciliabile coll'astensione da ogni ingerenza di cui lo stesso Marchese di Moustier ci aveva confermato l'assicurazione. Perché i volontarii esteri che sono al servizio del Papa abbiano il carattere voluto dalla Convenzione, è necessario che essi siano svincolati da ogni obbHgo militare nel proprio paese. Io ero quindi incaricato dal Governo del Re a domandare che il Governo Imperiale facesse cessare al presente e in futuro questa condizione anormale dei legionari di Antibo.

Dopo aver esposte queste considerazioni rimisi al Marchese di Moustier la nota da me redatta secondo le istruzioni di V. E. e in conformità del dispaccio che Ella mi diresse in data del 16 Agosto* Serie Politica n. 272 (1).

Non devo celare all'E. V. che *il Marchese di Moustier ha ricevuto questa comunicazione con molta riserva. Egli mi disse che * non poteva prevedere fin d'ora l'impress:one che essa avrebbe prodotto sull'Imperatore a cui l'avrebbe sottoposta al ritorno di Sua Maestà. Non mi lasciò ignorare che egli *aveva sperato che le spiegazioni date dal Governo Imperiale e specialmente quelle contenute nel dispaccio diretto all'Incaricato d'Affari di Francia a Firenze avrebbero chiuso lo sp:acevole incidente a cui va associato il nome del Generale Dumont. A questo punto io osservai che la nuova questione intorno alla quale io era stato incaricato di fare la presente comunicazione era indipendente dall'incidente Dumont. Passando all'esame della domanda contenuta nella mia nota il Marchese di Moustier mi disse che il Governo Imperiale aveva già deciso di non più dare all'avvenire autorizzazione a sudditi francesi di passare al servizio della Santa Sede se non dopo che fossero stati svincolati da ogni obbligo militare verso la Francia. Quanto a quelli fra gli attuall legionari che non hanno compiuto il tempo del loro servizio in Francia, il Marchese di Moustier mi disse che la questione era più difflcUe a risolvere in presenza della legislazione militare francese, che si riservava di esaminare più particolarmente questa questione *dopo averne conferito coll'Imperatore*; e che dopo aver preso gli ordini dell'Imperatore stesso avrebbe risposto alla mia Nota. Mi prevenne tuttavia che questa risposta non avrebbe potuto essermi data che *al suo ritorno dal ConS'iglio Generale che egli andrà a presiedere domani, cioè * fra dieci o quindici giorni (2).

*Mando all'E. V. con altro dispaccio (3) la copia della Nota da me rimessa al Marchese di Moustier. Spero che l'E. V. la troverà redatta secondo le intenzioni del Governo del Re *.

(l) Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi in LV 12, pp. 24-25.

(l) -Cfr. n. 151. (2) -In LV 12 qui aggiunto: <<dovendosi egli allontanare per ugual tempo da Parigi>>. (3) -Non pubblicato. ffi
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 538. Vienna, 25 agosto 1867, ore 11,30 (per. ore 13).

Le ministre de Danemark, le seui diplomate étranger allé à Saltzbourg, me dit qu'il aurait été entendu que la France ferait casus belli si la PTUsse viole le traité de Prague et que l'Autriche aurait promis de garder une neutralité bienveillante. On espère toujours gagner au moins par la peur les Etats du sud. L'Autriche jouerait à un moment propice le ròle de méd!atrice dans l'intéret de la nation allemande compromis par la politique de la Prusse et constituerait une confédération du sud sous sa direction. L'Empereur Napoléon se contenterait de Landau, des districts de la Saar et du Luxembourg. Tout cela suppose la victoire de la France. A la légation de Prusse on prétend que le Cabinet autrichien ga1.1de assez de l'berté pour pouvoir vendre son associé à la Prusse si la France a des revers. Quant à l'Orient l'envoyé de Danemark me dit que l'Empereur Napoléon a profité des craintes réelles de l'Autriche pour l'amener à ses projets sur l'Allemagne, mais que s'il a fait sur l'Orient des promesses éventuelles c'est sans se lier absolument les mains.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 277. Firenze, 25 agosto 1867.

Approfitto della partenza del Corriere Villa per Parigi per inviare alla S. V. alcune informazioni confidenziali sul convegno di Salisburgo.

Sebbene a Vienna, come a Berlino ed a Pietroburgo si sia dapprima voluto attenuare con ogni mezzo possibile l'impressione che il ritrovo dei due Imperatori era destinata a produrre nella pubblica opinione, ciò nondimeno sembra impossibile ormai contestare la gravità di questo avvenimento al punto di vista delle future combinazioni politiche.

Informazioni riservate ci hanno fatto conoscere che fra i due Imperatori si tenevano quasi continue conferenze alle quali il Duca di Gramont assisteva qualche volta ed il Barone di Beust sempre. In queste conferenz.e si prendevano da una parte e dall'altra appunti scritti e, quando si riusciva d'accordo, si stendeva una specie di protocollo delle cose convenute.

L'Austria avrebbe presa l'iniziativa sulla quistione Orientale. Si credeva a Vienna che H Barone di Beust tenterebbe di staccare l'Imperatore Napoleone dalla causa dei Candioti, e di ottenere in vista di certe altre eventualità delle guarentigie positive pegli interessi austriaci nei paesi slavi. Le velleità del

l'Austria di annettersi la Bosnia, l'Erzegovina ed il Montenegro sarebbero state poste innanzi in questa occasione. Stando alle voci che correvano alla Legazione di Russia a Vienna esse avrebbero ottenuto l'assenso dell'Imperatore de' Francesi, stando invece a quanto dicevasi degli Agenti Prussiani, la Francia avrebbe declinato di prendere tali impegni.

Nella quistione di Germania le trattative sarebbero giunte, secondo certe notizie che noi abbiamo, a qualche cosa di più concreto.

Si sarebbe stabilito che la Francia considererebbe come un casus belli qualunque infrazione del trattato di Praga per parte della Prussia. Di principio l'Austria si manterrebbe in una neutralità benevola verso la Francia, quindi interverrebbe per salvare i piccoli Stati di Germania compromessi dalla politica Prussiana e si imporrebbe un nuovo assetto i cui punti principali sarebbero:

l) Annessione alla Francia di Landau, dei distretti della Saar e del Lussemburgo;

2) Formazione d'una Confederazione della Germania del Sud sotto la supremazia dell'Austria.

Alla Legazione di Prussia a Vienna si persisteva però a credere che l'Imperatore Francesco Giuseppe ed il suo primo Ministro avessero ricusato di prendere impegni positivi persino pel caso in cui la Prussia avesse oltrepassato la linea de11 Meno; ma della sincerità di questo apparente ottimismo degli Agenti prussiani vi ha forse qualche buona ragione di dubitare.

Comunque ciò sia sembra certo che l'osservanza del Trattato di Praga ed il mantenimento dello statu quo in Oriente siano stati posti come condizioni fondamentali della conservazione della pace e, dappoiché il movimento germanico da una parte e le necessità della poLitica orientale dall'altra, non sembrano ormai dover facilmente contenersi entro quei limiti, tutti gli amici sinceri della quiete d'Europa hanno legittime cause di serie inquietudini.

(l) In pari c!ata fu inviato n BPrlino Il d. 29 identico a questo, tranne le parole iniziali che sono le seguenti: <<Stimo npport::mo trasmetterle ».

176

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

T. 310. Firenze, 26 agosto 1867, ore 18,20.

Insistez énergiquement auprès de la Porte sur l'enquéte et sur une suspension immédiate des hostilitès. Vos collègues de France et de Russie ont reçu l es memes instructions (l).

Si pubblica qui un brano del d. 25 di Campello ad Incontri del 29 agosto: «La Porta, a nostro avviso. fa calcoli in!owlati nello sperare che una pertinace rcsisLenza possa essere giovevole alla sua causa. Di fronte &Ile reiterate P non dubbie espressioni del desiderio delle Potenze, di veder convenientemente condotta a termine la lotta che da tanti mesi insanguina l'isola di Creta, il Govc·rno Oltomano avrebbe ormai dovuto persuadersi che gli Stati i quali non indietreggiarono nella via dei sagrifizi per Impedire che anzi tempo si pregiudicassero le condizioni della quistione orientale, hanno ora fondata regione di chiedergli che, abbandonando il cammino sin qui seguito, egl\ nbbia ad evitare più vaste complicazioni.

F, in questo senso ch'Ella vorrà esprimersi tutte le volte che l'occasione se ne presenterà».

(l) .Questo telegramma fu inviato in seguito ad un passo fatto dall'incaricato d'affari di Russia (cfr. d. 87 del 27 agosto ad Incontri, non pubblicato).

177

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 541. Vienna, 26 agosto 1867, ore 20.

M. de Meysenbug a reçu du baron de Beust un... (l) au sujet de l'entrevue de SaJltzbourg plein d'expressions pac:fiques et annonçant en meme temps une entente complète ètablie entre les deux Cours.

Le due de Gramont dit seulement que l'on a conclu verbalement un accord durable sur la base des traités de Prague et de 1856.

Le ministre de Prusse ayant pris toutes les informations possibles persiste à croire que l'Autriche n'a pris à Saltzbourg aucun engagement qui peut l'entrainer à une guerre contre la Prusse et qu'elle désire sincèrement rester en paix autant que possible.

Enfin la maison de RothschHd dit savoir que s'il est quelque chose d'écrit ce n'est pas des engagements et les hommes d'affaires ne sont pas alarmés. Les renseignements les plus autorisés établissent d'ailleurs que des éventualités graves ont été mùrement discutées et des promesses génériques échangées ... (l) dans le sens que V. E. peut déduire approximativement de l'ensemble de mes dernières dépeches télégraphiques.

Désormais je chiffrerai sur ce sujet par la poste.

178

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 58. Berlino, 26 agosto 1867 (per. il 31).

Dans ma dépeche N. 39, Série Politique, du ler Juillet dernier (2), j'ai eu l'honneur de vous entretenir des invitations que le Sultan avait reçues de Parls, Londres et Vienne, et de la possibilité qu'il fùt amené à forcer, pour ainsi dire, la porte du Roi de Prusse. En effet, le Ministre de Turquie près cette Cour se mit aussitòt en mouvement pour obtenir une entrevue des deux Souverains, et il dut se convaincre que c'était à Paris qu'il lui fallait vaincre les obstacles que le Cabinet des Tuileries créerait pour contrecarrer un tel projet. Les sentiments dominant en Prusse et en France expliqueraient aisément l'attitude du Marquis de Moustier. Aristarchi-Bey se rendit à Paris, et il fut assez heureux pour l'emporter dans les conseils de son Souverain. Ayant eu un entretien avec lui, de

puis son retour, je crois utile de transmettre à V. E. les impressions de ce diplomate, telles qu'il m'a été donné de les recueillir.

Le Marquis de Moustier, dans une longue conversation avec Fuad Pacha, insista résolument pour que la Porte donnàt son consentement à la proposition d'une enquete que les Commissaires des Grandes Puissances feraient dans l'ile de Candie d'accord avec ceux de la Turquie: il alla jusqu'à ajouter que, sans cela, la Russie se résoudrait probablement à forcer le blocus pour recueillir les blessés, les femmes etc. et que dès lors on ne saurait l'en blàmer ou s'y opposer. Ce langage était de nature à vaincre les hésitations de la Turquie, à la condition que, à Londres et à Vienne, le Sultan entendrait les mèmes déclarations qu'à Paris. Mais la jalousie des Puissances et leur désaccord ont fait de tout temps la force de la Sublime Porte. Aussi Fuad Pacha voulut-il en attendre éventuellement le bénéfice: il répliqua au Marquis de Moustier que le Divan seui pouvait prendre une décision à cet égard, et qu'il la provoquerait lui-mème à son retour, en écartant cependant d'avance la possibLlité d'une annexion de Candie au Royaume de Grèce comme résultat de l'enquète, en admettant qu'ellc fut acceptée.

Je laisse penser à V. E. si le Marquis de Moustier fut satisfait de cette réponse évasive: il dut toutefois s'en contenter et attendre le résultat des impressions que le Sultan rapporterait de Londres.

Malheureusement pour les Créto:s, le langage de lord Stanley mit en évidence une divergence complète de vues entre les Cabinets de Paris et de Londres: loin de paraìtre favorable à l'enquète, il la montra comme devant amener forcément la cessi o n de Candie; il conseilla simplement à la Porte de faire preuve de magnanimité envers les rebelles et de leur octroyer toutes les concessions que l'expérience rendait nécessaires.

Fuad Pacha put en déduire que l'action des grandes Puissances était paralysée pour le moment, et que la Porte avait ses coudées franches comme par le passé.

Les paroles vagues et incertaines qu'il recueillit plus tard à Vienne, de la bouche de M. de Beust, durent le confirmer pleinement dans cette conviction.

L'entrevue de Coblenz fut empreinte du mème caractère de courtoisie, que celles de Paris et de Londres, mais le Comte de Bismarck eut soin de ne pas s'y trouver: il avait tout intérèt à ce que le Cabinet de Saint Pétersbourg l'appréciait à sa juste valeur. Cette entrevue fut marquée par un incident caractéristique. Pendant le diner, une dépèche par laquelle Omer Pacha annonçait qu'il venait de remporter une victoire, fut remise au Sultan, qui la fit aussitot communiquer au Roi Guillaume: ce dernier chargea Fuad Pacha, servant d'interprete, de dire à son Hote qu'il le félicitait du succès militaire de ses troupes, et qu'il faisait en mème temps des voeux pour qu'il voulut ne pas traiter les vaincus en rebelles. Le Sultan répondit que le voeu du Roi trouvait un écho dans ses propres intentions. Le jour suivant, au moment de quitter Coblenz, il fit encore dire au Roi que l'Europe serait étonnée des mesures qu'il prendrait à son retour à Constantinople.

Fuad Pacha qui se fait une idée exacte de la situation, ne dut pas ètre bien satisfait d'entendre ces paroles, et il ne le cacha pas à Aristarchi Bey, avec qui il voulut bien causer à coeur ouvert de la question de Candle. «Quelle serait, suivant vous, lui demanda-t-il, la meNleure ligne de conduite à suivre, pour la Porte, dans l'état actuel des choses » « Repousser catégoriquement la proposition d'une enquete, car il en résulterait la cession de Candie à la Grèce. ce serait là une injustice envers les autres populations chrétiennes sujettes de la Porte, un sujet de mécontentement, l'origine de nouveaux troubles, le commencement du démembrement de la Turquie. Faire aux Crétois les concessions les plus larges. Les chrétiens y sont en grande majorité: accordez-leur l'autonomie et triplez, si vous le voulez, leur tribut. Nommez à Candie un Gouverneur chrétien et un Sous-Gouverneur musulman: dans les districts musulmans un juge musulman, dans tous les autres, un juge chrétien ». «Toutes ces mesures auraient eu du succès, il y a six mois, et je les souhaitais, tout camme Aali Pacha: mais nous devons compter avec les autres membres du Divan, et ils ne partagent pas notre manière de voir. Si on les adoptait maintenant, accepterez-vous le poste de Gouverneur de l'ile de Crete? >> «Le jour où V. E. m'en ferait la proposition, je devrais en conclure que mes services sont jugés désormais inutiles par mon Souverain. Le pays est dévasté, ravagé: la misère la plus cruelle y règnera pour de longues annèes: il faudrait y arriver avec des millions au moins, pour cicatriser les plaies et préparer un meilleur avenir: qui

les fournira? ... ».

A ce point, j'interrompis Aristarchi-Bey pour lui fa'ire remarquer, camme conséquence naturelle de ses paroles, que, si les concessions étaient inutiles, si l'on ne voulait pas entendre parler d'une cession, je ne voyais plus d'issue possible à la situation. Il est d'ailleurs diUicile d'admettre que les opinions des autres membres du Divan puissent primer celles des deux hommes ~es plus influent à Constantinople Aali Pacha e Fuad Pacha: il se peut que ceux-ci doivent reculer devant le fanatisme mahométan, devant les ulémas, mais alors tout est remis en question.

Le fait est, à mon avis, que l'attitude du Gabinet de Londres a détruit toutes les illusions qu'on pouvait se faire sur les résultats possibles du voyage du Sultan en Europe, et que la situation reste la meme: le désaccord des Puissances européennes en Orient a été mis en évldence plus que jamais.

Le Gouvernement autrichien, pour sa part, voit probablement avec plaisir se prolonger un état de choses qu'il a contribué à maintenir, car il espère, dans les éventualités possibles que l'avenir réserve à l'Orient, pecher en eau trouble.

Les sujets du Sultan peuvent, de leur còté, se flatter que l'exemple ucu Cours européennes aura produit un effet salutaire sur le Sultan, qui aura pu voir de près l'attitude des Souverains de l'Europe vis-à-vis de leurs sujets etre tellement en opposition avec celle des Souverains de l'Orient: il aura aussi été impressionné par l'état prospère que la civilisation a créé dans les Pays qu'il a parcourus.

C'est peut-etre le seul bon résultat que ce voyage aura produit. Quant à ses effets politiques, nous voyons déjà le Prince Gortchakow tomber du haut de son récent optimisme dans les plus noires prévisions.

(l) -Gruppo ir.dEcifrato. (2) -Non pubblicato.
179

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 59. Berlino, 26 agosto 1867 (per. il 31).

Je viens de passer quelques jours à Dresde, pour la présentation de mes lettres de créance. Le Roi de Saxe m'a demandé avec beaucoup d'intéret des nouvelles de notre Auguste Souverain, et a marqué une vive satisfaction de la présence à sa Cour de Madame la Duchesse de Genes et de ses Augustes Enfants.

D'après toutes les informations recueillies dans mes entretiens, j'ai acquis le sentiment que Son Altesse aussi bien que son Gouvernement, que,ls que soient leurs regrets d'avoir partagé le sort des vaincus de Koniggraetz, ont accepté loyalement la position. Le pays a pu etre froissé par une occupation prussienne prolongée jusqu'à ces derniers mois et par l'augmentation des impòts, nécessaires pour suffire aux charges de la Confédération du Nord, mais les esprits se sont déjà beaucoup cahnés, et personne ne songe à une résistance, qui n'offrirait d'ailleurs aucune chance de succès. Chacun exprimait aussi l'opinion que l'Autriche se garderait de lier sa liberté d'action vis-à-vis de la France, et que le Baron de Beust avait assez d'influence sur l'Empereur François-Joseph, pour l'empecher, le cas échéant, de contracter des engagements qui achèveraient de le perdre dans l'opinion de l'Allemagne.

V. E. connait déjà, par mon rapport N. 53 (l), quelle était la manière de voir du Comte de Bismarcl<: à la veille de l'entrevue de SaUzbourg. Cette manière de voir, qui témoignait d'une grande sérénité de sa part, a-t-elle fait place à un jugement moins satisfaisant, quand depuis lors plusieurs organes de la presse autrichienne semblent s'etre donné le mot pour faire dévier cette entrevue du but qui lui avait été primitivement assigné?

Pour m'en assurer, je me suis rendu ce matin au Ministère des Affaires Etrangères. A défaut du Président du Conseil, je n'ai pu voir que M. Abeken, remplaçant M. de Thiele, qui se trouve en congé. Il m'a dit que le Cabinet de Berlin n'avait encore reçu aucun renseignement sur la rencontre des deux Empereurs, et que, sauf preuves contraires, il n'admettait que comme de simples hypothèses les nouvelles des journaux. La presse française se montrait beaucoup plus modérée, dans ses appréciations, que les gazettes autrichiennes. Mais celles-ci faisaient preuve de maladresse, en signalant des faits, et en les accompagnant de commentaires qui avaient pour effet de mettre de plus en plus en évidence le sentiments patriotiques de l'Allemagne. Si tel était le but qu'on s'était proposé à Saltzbourg, la Prusse n'avait certes pas à s'en plaindre. Elle etait au reste dans des conditions à pouvoir, sans préoccupations, attendre de savoir la vérité sur le bruit qui se fait à propos des conférences récentes entre l'Empereur François-Joseph et Napoléon III. La Confédération du Nord se consolide, l'Allemagne du Sud, à la simple apparence d'une coalition qui se formerait à

(ll Cfr. n. 141.

ses portes, se prononce contre toute ingérence étrangère. M. d'Abeken aurait pu ajouter que ces circonstances servent admirablement la politique du Comte de Bismarck. On eiìt voulu préparer de bonnes élections pour le prochain Parlement, on ne pouvait mieux s'y prendre, qu'en soulevant la question du Schleswig, et en représentant la réunion des deux tetes couronnées camme un moyen d'intimidation à l'adresse de la Prusse. M. d'Abeken aurait pu également dire que les publicistes commettaient aussi une faute, en cherchant du meme coup à mettre en quelque sorte en état de susp:cion la Russie, pour les affaires d'Orient. Si la Prusse et la Russie n'étaient pas déjà dans les meilleurs termes, on semblerait s'étre donné le mot pour les pousser dans les bras l'une de l'autre. Sans faire des allusions dans ce sens, il s'est cependant livré à quelques critiques, non pas sur l'Empereur Napoléon qui tenait au maintien de la paix, mais sur ses Agents diplomatiques qui connaissaient si mal l'Allemagne et ses tendances.

Le Roi Guillaume, interpellé par une de mes connaissances sur Saltzbourg, lui a répondu que son Gouvernement n'avait encore aucun détail précis relativement à l'entrevue; que bien des questions avaient été examinées et discutées, mais qu'il ne croyait qu'on eiìt arrété des résolutions formelles et définitives.

Il semble qu'on ne peut que se ranger à cet avis. L'Autriche n'est pas en état de s'écarter du terrain purement diplomatique, pour affronter un nouvel orage, où sa barque non encore radoubée risquerait fort de chavirer. Elle s'appuie aujourd'hui de préférence sur la Hongrie, qui a trop gagné à la sortie de l'Empire de l'ancienne Confédération germanique, pour l'aider à réconquérir une influence, à ses yeux, désastreuse. Or la France, sans allié siìr, ne se risquerait pas dans une guerre sur le Rhin. Cet allié ne se recontrerait pas plus à Vienne qu'à Florence, où, à lui seul, le besoin de la paix nous impose l'abstention. D'ailleurs, s'il s'agissait de réclamer l'exécution du traité de Prague, il faudrait remonter un courant qui est déjà trop loin de sa source, pour réussir à en détourner le cours. L'Allemagne, on ne saurait trop le répéter, traverse et traversera encore bien des ditllcultés intérieures, mais elle est faite vis-à-vis de l'étranger, et de force à repousser toute immixtion. Il est trop tard pour effacer l'histoire de l'année dernière, ou, si l'on veut, c'est au moins trop tòt, tant que l'Autriche n'aura pas repris haleine, pour que ses rancunes, si elle les maintenait malgré les déclarations du Baron de Beust, cessent d'étre impuissantes.

Il n'est pas moLns vrai que la visite de Salzbourg n'a fait qu'augmenter l'incertitude publique sur l'avenir, et que ce sentiment ne fera que grandir, si l'Empereur François-Joseph se rend à son tour à Paris, sans que des explications rassurantes soient données à l'Europe.

Quant aux affaires d'Orient, je n'ai rien appris sur l'attitude qui sera adop

tée par le Cabinet de Berlin au sujet de l'enquéte, autonomie ou cession de

Candie. Cette attitude dépendra des instructions qui seront tracées aux diplo

mates autrichiens et français. Ici, pas plus qu'ailleurs, on ne voudrait agir d'a

près un programme qui aurait été concerté à l'avance entre les Cabinets de

Paris et de Vienne. Au reste, ce ne sont là que des suppositions. La vérité ne

peut tarder à se fa!re jour.

P. S. Au moment de fermer cette dépéche, je reçois la visite du Cornte

Usedom, qui m'a communiqué l'impression du Comte de Bismarck. A Salztbourg, il n'y aurait eu que des velléités, des pourparlers, point de résolutions. L'Autriche, le voudrait-elle, n'aurait pas les moyens de faire une politique d'action.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELW

R. 733/296. Londra, 26 agosto 1867 (per. il 30).

A complemento dei cenni che col mio rapporto politico n. 295 (l) io aveva l'onore di rassegnarle circa il breve soggiorno fatto dal Re di Grecia a Londra, credo mio debito di ora informarla che il contrasto notevole che passò tra l'inusitato splendore con cui fu accolto ultimamente il sultano e la nessuna attenzione che si fece alla venuta di un sovrano, cognato dell'erede del trono e quasi intieramente la creazione dell'Inghilterra, non mancò d'essere osservato e preso qual sintomo delle vedute del Governo Britannico relativamente alle questioni che ora tengono gli animi agitati in Grecia. Una persona che ebbe un colloquio con lord Stanley, il giorno prima della sua partenza, mi diceva jeri che S. S. non celava affatto la poca fiducia ispiratale dallo stato di anarchia, che regnava nel Regno Ellenico, e non vedeva per conseguenza quale vantaggio vi sarebbe stato per l'isola di Candia di esservi annessa. Qui degg~o osservare come simile sentimento, che purtroppo prevale in una gran parte del pubblico di questo paese, trovi fino ad un certo punto la sua spiegazione nel fatto che gli Inglesi non possono scordare lo stato di floridezza in cui si trovavano non ha guarì le Isole Jonie, stato che forma una triste antitesi colle loro condizioni attuali. Ecco il punto di vista Inglese di giudicare la situazione.

Tuttavia ove si rammenti che fu principalmente dietro le raccomandazioni dell'attuale Min1stro Britannico a Firenze, Sir Augustus Paget, il quale rappresentava in quel tempo il suo Governo in Danimarca, che il Principe Giorgio si decise ad accettare un trono rifiutato da tutti gli altri candidati a cui era stato offerto, non si può a meno di rilevare una strana dissonanza colla condotta presente dell'Inghilterra e coll'opposizione da lei spiegata alla proposta di un'inchiesta sugli affari di Candia.

Io ne parlava coll'Incaricato d'Affari di Francia, al quale diceva che non astante l'attitudine della Gran Bretagna era d'avviso che la Turchia avrebbe perduto l'isola di Candia, ed egli non espresse un'opinione contraria alla mia. La ragione vera della riluttanza dell'Inghilterra ad appoggiare un'alterazione dello statu qua esistente in Oriente è piuttosto fondata sulle preoccupazioni che gl'ispira l'attitudine della Russia. Ma anche sotto questo aspetto sarebbe forse più favorevole allo scopo cui sempre mirano gli sforzi del Governo Inglese, il mantenimento della Pace Europea, se ancor esso unisse la sua voce per far cessare uno stato di cose che la pone sì seriamente in pericolo di essere turbata.

(l) Cfr. n. 168.

181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 311. Firenze, 27 agosto 1867, ore 15.

Reçu votre dépeche du 24 (2). Nous sommes contents des résultats de votre conversation avec le marquis de Moustier. Nous prenons acte, en attendant la réponse par écrit, de la déclaration faite que dorénavant on ne permettra d'entrer au service du Saint Père qu'aux français entièrement libérés du service militaire en France. Quant aux légionna:res actuels qui ne sont pas dans cette condition, nous espérons qu'on trouvera un moyen de concilier les exigences de la discipline militaire en France avec l'exécution de la convention de septembre.

182

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, MONZANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

N. R. 6986. Firenze, 27 agosto 1867.

Gli 1ntendimenti del Governo italiano in presenza dell'atteggiamento del partito d'azione per tentare una irruzione nel territorio pontificio risultanc, così evidenti dalle disposizioni che ogni giorno si danno per impedire e reprimere quell'inconsulto tentativo, non che dal linguaggio dei fogli ufficiosi, che da nessuno dovrebbero più essere mess-i in dubbio. Fin dalli 19 luglio questo Ministero aveva diramato ai Signori Prefetti del Regno un telegramma circolare così concepito:

«Avvisi insistenti segnalano preparativi nuove invasioni territorio Pontificio partenze volontarj spedizioni clandestine di camicie rosse ed armi, e que1 che è strano si taccia Governo di essere assenziente a queste imprese. Governo respinge ogni solidarietà e inculca alla S. V. di smentire in tutti i mod: la supposta connivenza e di sconcertare e impedire senza esitanza ogni tentativo. Vigili sul transito delle merci, arrivi e partenze passeggeri e adoperi, 2 termini dell'art. 65 della legge pubblica sicurezza, massimo rigore contro giovani sprovvisti carte che non sappiano giustificare scopo loro viaggio. Governc è risoluto far ricadere responsabilità avvenimenti sulle autorità che non avranno provveduto a tempo e non avranno avvertito Governo e altre Autorità che debbono concorrere alla prevenzione delle imprese suddette».

Le istruzioni contenute nel riferito telegramma furono dippoi ampiamente sviluppate, e rinnovate per Circolari a misura che le voci di quel tentat:vo andavano prendendo consistenza. Una considerevole forza armata, tra truppa e Carabinieri, fu inviata straordinariamente di stanza nelle Provincie confi

16 --Douumenti diplomatic-i -Serle I -Vol. lX

nanti col terrltorio Pontificio con istruzioni precise di sorvegliare la frontiera e di impedire il passaggio di volontarj o di armi. Parecchi legni da guerra stanno in crociera lungo la costa del Mediterraneo, per impedire che la temut.1 invasione avvenga dalla parte di mare.

Risulta a questo Min;stero che tutte le Autorità e Funzionarj dipendenti eseguono scrupolosamente gli ordini avuti; né il Questore di Napoli per la parte sua vi è mai venuto meno.

A fronte di ciò, questo Ministero deve dolersi che i suoi propositi siano messi in dubbio dall'Incaricato d'Affari francese (l) sulla semplice e gratuita asserzione di un agente il quale, per trovarsi al servizio, da quanto pare, di più Polizie, è lecito supporre trovi utile dare ad intendere a taluna di esse quello che meglio gli talenta. Non è diffatti supponibile che un Questore, che il Ministero ritiene persona esperta e destra, si lasci andare a confidenze della natura di quella lamentata dal Rappresentante francese con un Agente che va a conferenza da lui. Bisogna credere che, o quelle parole non furono dette,

o furono fraintese, e peggio riferite. Del resto le smentiscono e le riducono al loro giusto valore le disposizioni date dal Governo per impedire quel moto, la cui costante esecuzione ognuno può constatare.

Sarà benissimo che un dentista Bennati ed un Gennaro Rizzo favoreggino a Napoli le velleità del partito di azione cui appartengono; ma codesto Ministero vede bene che ciò non può citarsi come argomento di tolleranza del Governo Italiano; e del resto codesto stesso Ministero, se lo crede, può assicurare l'Incaricato Francese che quei due individui, sono, come Io sono gli altri di quel partito, sorvegliati, soggiungendogH ancora che il dentista Bennati è un individuo tanto noto per la sua ins}lfficienza che l'opera sua, per quanto zelante, non sarà mai da tanto da influire sulla situazione; sicché, se il Governo Pontificio non avesse altri nemici che quelli della taglia del dentista Bennati, potrebbe riposare fiducioso e tranquillo (2).

(l) -Ed. in itulinno in L V 12, p. 28. (2) -Cfr. n. 173.
183

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 514. Parigi, 27 agosto 1867 (per. il 30).

I commenti che si vanno facendo intorno al carattere ed ai risultati del convegno di Salisburgo sono tuttora incerti e contraddicenti; tuttavia nella confusione e nella molteplicità delle notizie che furono messe in giro a questo riguardo, sembra che si possa fin d'ora accertare che nessuna alleanza positiva e formale sia stata firmata tra l'Austria e la Francia. Evidentemente lo

«Si ringrazi delle lnt~ressantl comunicazioni. SI dica che veramente l'Incaricato di Affari rll Francia non formulò alcun reclamo, ma si limitò a dare delle indicazioni al R. Governo perché ne facesse quel conto che credeva. Del resto 11 sottoscritto è lieto di aver fatto al Rappresentante di Franela le ster.se osservazioni contenute nell'ufflzio del Collega dell'Interno ~ulla Improbabilità del fatto addebitato al R. Questore. Il sottoscritto non mancò nel tempo stesso a metterlo !n guardia sul troppo zelo degli Agenti Consolari Esteri In generale, l quali spesso sono ingannati da falsi ed Interessati rapporti».

scopo dell'Imperatore Napoleone nella visita che egli fece all'Imperatore d'Austria non era soltanto quello di esprimere delle condoglianze per la morte dell'Imperatore del Messico. Il Sovrano della Francia volle senza dubbio approfittare di questa visita per assicurarsi delle disposizioni dell'Austria nelle eventualità che possono presentarsi. Io sono convinto che l'Imperatore Napoleone desidera vivamente di mantenere la pace in Europa sulla base del trattato di Praga. Egli non prevede la possibilità di una guerra se non quando quel trattato fosse violato in seguito al procedere che farebbe la Prussia nella via dell'unificazione dell'Allemagna al di là dei limiti fissati dal trattato stesso. La Francia accetta i fatti, al cui compimento contribuì essa stessa; accetta gli ingrandimenti Prussiani fino al Meno; accetta anche l'unione doganale dell'Allemagna intiera. Ma non ammette che il vessillo Prussiano possa mai sventolare sul ponte dì Kehl. La Francia ha quindi interesse, secondo il modo di vedere del Governo Imperiale, a trovare alleati i quali l'aiutino ad impedire diplomaticamente che la Prussia si lasci trascinare a nuove anness:oni, ovvero se ciò accadesse consentano a congiungersi ad essa, per opporvisi anche colla forza.

L'imperatore Napoleone ha voluto dimostrare all'Imperatore d'Austria che non v'è nessuna divergenza d'interessi fra l'Austria e la Francia a questo riguardo. È quindi probabile che egli abbia domandato la cooperazione dell'Austria per la doppia eventualità sopra indicata. Le notizie di SaUsburgo sembrano concordi nell'ammettere che i due Imperatori caddero d'accordo sulla convenienza di coordinare la loro politica nello scopo di ottenere che le basi del trattato di Praga siano mantenute, e con esse sia conservata la pace. Ma intorno all'eventualità di una guerra sembra che il Barone di Beust siasi rifiutato a pigliare qualsiasi impegno.

Si dice poi che anche la questione d'Oriente fu agitata in colloqui fra i due Imperatori e i loro Ministri. Il risultato di questi colloqui sarebbe stato l'indurre l'Imperatore Napoleone ad avvicinarsi alquanto alla politica piuttosto riservata dell'Austria, scostandosi in eguale misura da quella della Russia.

In fondo l'impressione generale è pacifica. L'Austria stremata di forze e finanze ha bisogno di pace per rilevarsi, se potrà, dalla catastrofe dell'anno scorso. La Prussia è troppo savia per mettere in pericolo i risultati ottenuti dai suoi successi straordinari!. La Francia anch'essa quali che possano essere le cagioni di malcontento che prova esita dinnanzi alla responsabilità dei pericoli di una grossa guerra a cui il cambiamento dell'ordinamento militare e delle armi che si sta esperimentando la rende ancora meno preparata. Una prova del resto di questa tendenza pacifica si trova nel discorso che l'Imperatore ha pronunziato ieri al Sindaco di Arras, e del quale segnalo i termini all'attenzione speciale dell'E. V.

Il convegno di Salisburgo dovrebbe quindi avere per effetto piuttosto di rassicurare che d'inquietare l'Europa. Ma è oramai provato che questi convegni, semprecché non sono generali, provocano diffidenze e sospetti per parte dell:: Potenze che non vi sono rappresentate. Non sarebbe adunque da meravigliare se malgrado tutte queste tendenze pacifiche il convegno di Salisburgo avesse per effetto di insospettire la Prussia e la Russia e di produrre un'alterazione nel rapporti fra queste Potenze ed i Gabinetti di Parigi e di Vienna.

1R7

(l) -Cfr. n. 170. (2) -A questo documento è allegato 11 seguente appunto, redatto su carta intestata Ministero A1farl Esteri, Direzione Politica:
184

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. R. 95. Vienna, 27 agosto 1861

J'ai cru devoir, sans exprimer un jugement personnel, transmettre exactement à V. E. les versions, sur quelques points différentes, provenant de sources autorisées, qui m'ont été données confidentiellement sur l'entrevue de Salzbourg.

L'entente que les Cours d'Autriche et de France ont travaillé à établir entre elles avait naturellement deux objets: l'attitude à prendre actuellement, cel!e à prendre dans des éventualités prévues.

Il y aurait de la légèreté à énoncer, en matière si grave, des suppositions dont la réalité est restée sans nul doute, du moins pour les points les plus importants, le secret des hauts personnages qui se sont rencontrés à Salzbourg. Mais en réunissant les opinions des hommes les plus dignes de considération ici, et les éléments d'appréciation que fournissent les conditions intérieure<; et extérieures de l'Autriche, il semble qu'on puisse, jusqu'à preuve du contraire, indiquer dans les termes suivants la situation au lendemain de l'entrevue dc Salzbourg.

D'abord, à l'égard de l'attitude à prendre actuellement, la France et l'Autriche se sont accordées à énoncer un programme de paix fondé sur le statu quo en Allemagne et en Orient, c'est-à-dire, sur le maintien de ce qui a été respecté jusqu'à présent du Traité de Paris de 1856 et du Traité de Prague de 1866. Ce programme, selon ce que disait à son retour de Salzbourg l'un des Ministres hongrois, pourrait étre bientòt exposé par les deux Gouvernements par une circulaire, identique ou non, des deux Puissances à leurs représentants à l'étranger. M. de Werther, ayant à ce que je crois savoir. d'ordre de son Gouvernement déclaré à M. de Beust, avant le départ de celui-ci pour Salzbourg, que la Prusse n'avait aucunement l'intention de se rattacher par des liens plus étroits les Etats du Sud ni de rien innover à l'état présent des choses er Allemagne; l'Autriche pourrait, sans paraitre provoquer ni menacer la Prusse, s'associer aux déclarations de la France sur la nécessité de maintenir le statu quo allemand. Mais surtout l'Autriche aurait beaucoup à dire sur les dangers que fait courir à la tranquillité de l'Orient le travail sourd qui y menace se'\ possessions et celles de la Turquie: c'est là surtout le sujet des inquiétudes de l'Autriche; c'est par ses craintes à cet égard que l'Empereur Napoléon, dit-on, a agi sur elle pour obtenir, autant que possible, sinon des engagements en vue d'une alliance, au moins des promesses de neutralité bienveillante jusqu'au bout à l'égard de la politique française envers l'Allemagne. Certes la tendance unitaire en Allemagne menace tout aussi bien, dans l'avenir, les possession~ allemandes de la Maison de Habsbourg-Lorraine, que la propagande slave menace ses possessions en Orient; mais M. de Beust sait, et l'a fait comprendre à l'Empereur François-Joseph, que si l'Autriche doit se tenir prete à profiter d'un affaiblissement éventuel de la Puissance prussienne pour reprendre une

position dans le sud de l'Allemagne, elle doit se garder, sous peine de s'aliéner l'esprit national à tout jamais, de contrarier de front et avec la coopération de l'étranger le cours actuel des tendances allemandes. En Orient au contraire la politique autrichienne peut, sans scrupules, faire face ouvertement au danger réel qui grandit pour elle et pour la Turquie. Le langage de ce Cabinet à cet égard est aussi net qu'il l'est peu sur les affaires allemandes. J'ai entendu M. de Meysenbug rapprocher avec amertume les violences de la Russie contre les catholiques polonais des tendresses qu'elle montre pour les chrét!ens d'Orient, dénoncer hautement les menées non pas de sectaires ou de lettrés moscovites, mais d'agents payés par le Gouvernement russe pour soulever les Provinces slaves de la Monarchie. En résumé, l'attitude actuelle de l'Autriche est défensive et tournée vers l'Orient surtout.

L'Autriche et la France, pour se fortifier et s'asseoir en quelque sorte, au moins pour un temps appréciable, dans 11'attitude pacifique et conservatrice qu'elles ont intérèt à affecter (attitude que je juge sincère et mème forcée de la part de l'Autriche quoiqu'elle s'attende à voir la France et la Prusse en venir aux mains) Ies deux Puissances. dis-je, ont besoin de l'adhésion d'autres Gouvernements auprès desquels je crois savoir que · des démarches nouvelles vont etre faites dans ce sens. Les intérèts de l'Autriche en Allemagne et en Orient étant en somme opposés au développement du principe de nationalité dont l'application en Europe est au contraire le caractère principal de la politique de Napoléon III, il est nature! que l'entente entre ces deux Puissances se suffise dlfficilement, pour ainsi dire, à elle-meme. Pour sauver une situation en partie si fausse, pour qu'une association de deux pensées jusqu'ici si contrairés puisse subsister et produire des résultats, il faut qu'on parvienne à décider les Etat:; du Sud de l'Allemagne, la Serbie, Ies Principautés danubiennes, soit par la persuasion, soit par l'intimidation, à se réserver prudemment, à attendre l'avenir, à ne pas se jeter sans retour dans les bras de ·la Prusse et de la Russie, à maintenir Ieur nationalité particulière, à demeurer enfin libres, si Ies circonstimces le comportaient de recevoir dans I'avenir des garanties nouvelles d'indépendance: les Etats du Danube, des mains de la France, Ies Etats allemands du Sud des mains de I'Autriche rentrée dans l'orbite allemande. L'action que va exercer la diplomatie dans ces diverses regions va dane devenir, si mes observations ne me trompent pas, plus importante à étudier que jamais.

A un point de vue moins réservé, il me revient que la France et l'Autriche vont chercher à procurer à leur programme de conservation l'adhésion d'autres Puissances et surtout de l'Angleterre. Je ne crois pas pourtant qu'il ait été fait jusqu'ici des ouvertures à cet égard à lord Bloomfield, ni à aucun autr~ agent diplomatique ici. De meme, dans les bureaux du Ministère des Affaires Etrangères, on ne parle pas encore de l'envoi de la circulaire dont j'ai parté plus haut à V. E.

Maintenant, il n'est pas contestable que quelque intéret qu'ait l'attitude concertée de l'Autriche et de la France dans le statu quo présent, ce qui s'es• passé de plus important à Salzbourg a du concerner les éventualités qui ne menacent que trop de rompre ce statu quo; éventualités qui, d'après la croyance générale, auraient été prévues et discutées avec une rigueur de détails qui à

elle seule, à défaut mèmc d'engagements positifs et écrits pris par Ics deu-x

Empereurs, donnerait une grande gravlté à lcur entente.

L'une de ces éventualités, celle d'une guerre éclatant entre la France et la Prusse, a été regardée ici comme au moins très probable à partir du dernier voyage fait par le Comte de Bismarck à Paris. Le langage du Due de Gramont se maintient à cet égard dans des termes analogues à ceux des articles communlqués récemment au Journal des Débats et qui ont falt sensation en Alle· magne, artlcles dont on attribue l'inspiration à l'Ambassadeur de France à Vienne. Je n'ai pas à exprimer de prévision personnelle à ce sujet, V. E. devant avoir d'autre part les indications plus sO.res.

Je me crois au contraire en devoir de faire part à V. E. sous toutes réserves, et en me gardant d'ailleurs autant que possible des hypothèses, de ce qui parait approcher de la vérité au sujet de l'entente austro-française sur les èventua-lités relatives à l'Orient.

V. E. sait que le Cabinet de Vienne affirme qu'il existe entre la Prusse et la Russie une alliance formelle ayant pour but, en cas de guerre entre la Prusse et la France, de paralyser l'Autriche au moyen de soulèvements plm~ ou moins directement aidés par la Russie en Orient; ce Cabinet dénonce en outre une fermentation considérable organisée parmi !es Slaves de l'Autriche et ceux de la Turquie, et qui suffirait, chez ces derniers du moins, à troubler dans un temps prochain la paix en Orient, Jm; mème qu'aucune autre complication ne surgirait en Europe.

Comme on ne volt pas bien pourquoi la Russie, qui à diverses époques a trouvé la France favorable à ses projets sur l'Orient, choisirait pour les exécuter le moment où au lieu d'un seul adversaire, l'Autriche, elle en aurait deux, l'Autriche et la France, on est amené à se demander quand et pourquoi la Russie se serait engagée envers la Prusse à intervenir ainsi indirectement dans son conflit éventuel avec la France. Cette alliance est-elle anc:enne déjà et date-t-elle de la dernière insurrection polonaise? Est-elle déterminée actuellement par des projets de reconstitution de la Pologne qu'on preterait aujourdhui à la France et à l'Autriche? Toutes les suppositions, meme les plus invraisemblables, on été faites parmi les hommes politiques de Vienne à ce propos; mals sur le fait mème de l'ailliance, on prétend qu'aucun doute n'est possible.

Le Chargé d'Affaires de Russie tient, pour sa part, un langage très neL, mème dans l'intimité, sur tout ceci. Comme M. de Werther, il assure que quant à présent et sauf événement ultérieur, il y a intimité mais non alliance activ~ entre la Russie et la Prusse; comme M. de Werther, qui a pour Vienne beaucoup de dédain, il la cro:t incapable de faire une grande guerre, et il affirme que la Russie, à supposer qu'elle voulO.t sa destruction, ne ferait pas autre chose que laisser s'accomplir ce que la force des choses précipite visiblement. Quant à la Turquie d'Europe, le Chargé d'Affaires de Russie me dit avec l'accent de la plus grande conviction que l'opinion russe, mème à Moscou, est contraire pour le moment à des agrandissements; qu'elle veut pour les chrét:ens d'Orient des autonomies aussi développées que possible, et pas autre chose; que la Russie favorisera la formation d'un Royaume serbe, mais que pas un soldat russe ne franchira la frontière.

Quoi qu'il en soit, de tous les dangers qui menacent à l'Est la Monarchie autrichienne, le plus grave est celui qui provient de sa décomposition mème dans ces régions. En présence de ce mal interne et des préparatifs que font les Slaves de la Turquie pour conquérir Ieur indépendance, qu'a pu demander, qu'a pu obtenir de Napoléon III, l'Empereur François-Joseph?

D'après les meilleurs témoignages, l'Empereur des Français aurait fait espérer à l'Autriche son appui pour la réun:on éventuelle de quelques territoires destinés à renforcer la cote autrichienne de l'Adriatique. Mais rien n'autorise à supposer qu'il ait consenti à se déjuger dans la question de Crète, ni à prendre des engagements qui puissent faire de la France l'adversaire systématique des nationaUés du bassin du Danube. C'est ici la contrepartie de la situation de l'Autriche vis-à-vis de l'Allemagne.

Quelle signification aurait donc l'entente austro-française sur le statu quo en Orient? Diverses circonstances me portent à croire que c'est à l'Angleterre qu'on va demander la formule en quelque sorte de cette entente jusqu'ici demeurée très vague. Si le Cabìnet de Saint-James consent à négocier à ce point de vue sur la question d'Orient et si Ics trois Puissances parviennent à arrèter en commun un programme moyen, l'Angleterre aura rendu à la France et à l' Autriche un service inappréciable.

En tout cas, le présentiment de bien des esprits sérieux est que l'Empereur Napoléon III n'épousera pas d'une manière durable la politique actuelle de l'Autrichc en Orient, contraire à l'autonomie des races. Si, comme on l'a soupçonné quelque part, la secrète pensée du Cabinet de Vienne est de demeurer le maitre de vendre son alliance à la Prusse à un moment donné, il n'est pas moins possible que lorsque la situation actuelle se débrouìllera dans une guerre ou autrement, l'Autriche, qui n'a point d'alliés naturels et constants, finisse par payer pour tout le monde, comme quelques journaux libéraux ici meme en expriment la crainte.

Je prie V. E. de m'accorder son indulgence pour la forme de ce rapport tout confidentiel écrit à la hate en vue d'une occasion siìre et non prévue. J'y donne peut-etre trop de piace à mes appréciations et à mes suppositions personnelles, mais il m'a paru que je devais les faire connaitre franchement à

V. E. dans la circonstance actuelle, à la condition de les distinguer avec soin comme j'ai tàché de le faire, des faits positifs auxquels doit se borner en règle générale ma correspondance.

185

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 515. Parigi, 28 agosto 1867 (per. il 3 settembre).

Mi pregio di comunicare all'E. V. alcuni ragguagli da aggiungersi a quelli che ho avuto l'onore di mandarLe jeri (l) intorno al convegno di Salisburgo.

I due Governi di Francia e d'Austria si sarebbero accordati a portare i risultati del Convegno di Salisburgo a notizia delle altre Potenze per mezzo di comunicazioni dirette ai loro rappresentanti diplomatici presso le varie Corti. L'Imperatore Napoleone avrebbe recato con sé a Salisburgo una memoria sulla pacificazione dell'Europa. Questa memoria sarebbe stata comunicata all'Imperatore d'Austria ed al Barone di Beust. Si convenne di consegnare le quest:oni, su cui l'accordo comune si sarebbe stabilito, in protocolli, affine d'evitare ogni interpretazione erronea per l'avvenire. È affermato che non fu mai questione di far entrare l'Austria nella Confederazione del Sud; e che né la Francia né l'Austria hanno l'intenzione di rimettere in questione i fatti compiuti. Ma le due Potenze faranno tutti gli sforzi perché il trattato di Praga sia fedelmente eseguito. Quanto ai trattati esistenti fra la Confederazione del Nord e quella del Sud, non sarebbe riconosciuto a questi atti che un carattere internazionale, ed i legami che esistono fra le due Confederazioni non sarebbero quindi considerati che come legami internazionali.

Il discorso pronunziato dall'Imperatore al Sindaco di Lille ha prodotto una impressione meno pacifica che quello diretto al Sindaco di Arras.

(l) Cfr. n. 183.

186

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 131. Pietroburgo, 28 agosto 1867 (per. il 4 settembre).

Non ho mancato di tenermi al corrente quanto meglio potevo dell'impressione prodotta su questo Gabinetto dal convegno a Salisburgo dei due Imperatori di Austria e di Francia, e dai risultati che, al dire dei giornali austriaci, tale abboccamento avrebbe avuto. Debbo dire che da quanto mi risulta il Cancelliere non se ne mostra gran fatto preoccupato, e per certo è lungi dal credere che colà si sia discussa o forse conchiusa un'alleanza offensiva e difensiva fra l due imperi, come taluno vorrebbe far credere. Semplici conversazion.i nelle quali si sarebbero passate in rassegna le differenti questioni che agitano in questo momento l'Europa, e l'espressione del desiderio di fare quanto sarebbe possibile per conservare la pace d'Europa, ecco quello a cui secondo quanto si dice al Ministero degli Affari Esteri di qui, si sarebbero limitati i due Sovrani. Né la Francia né l'Austria possono avere in animo idee bellicose in ispecie poi se si trattasse di distruggere quanto venne di recente fatto in Germania; le condizioni sì dell'una che dell'altra delle due Potenze non sono tali da permettere loro una politica aggressiva: l'Austria troppo di recente ha provato le conseguenze di una disfatta e il suo stato interno non è abbastanza prospero per permettergli di tentare una rivincita: quanto alla Francia si assicura qui, dietro recenti notizie di Parigi, che la questione dell'armamento della truppa è di nuovo in discussione poiché il fucile Chassepot non sembra, checché ne dicano i giornali officiosi, corrispondere all'aspettativa, e poiché circa 800 mila se ne erano

fabbricati, la questione sarebbe abbastanza grave ove si dovesse desistere dal farne uso.

Se l'Imperatore Napoleone era partito per il suo viaggio con qualche speranza di potere contare sopra un'attitudine se non favorevole almeno non ostile della Germania del Sud in caso di un conflitto colla Prussia, l'accoglienza avuta ad Augusta ed in altre località per cui il convoglio imperiale ha passato è stata tale da non lasciare nell'animo suo alcun dubbio sullo spirito di quelle popolaz:oni che forse consiglieri male avvisati o Sovrani poco al corrente dello stato dell'opinione pubblica nei loro propri Stati gli avevano dipinto come pronte ad allearsi perfino allo straniero pur di non perdere la propria autonomia.

La indifferenza direi quasi colla quale il Gabinetto di Pietroburgo ha accolto il convegno di Salisburgo ha in gran parte origine dalla poca impressione che un tale avvenimento sembra aver fatto sull'animo del Conte di Bismarck, il quale mostrasi perfettamente tranquillo sui risultati che esso può avere. So che il Ministro di Prussia presso questa Corte Imperiale ha dato di ciò ripetute assicurazioni al Cancelliere e ne ha alla sua volta riportato impressione analoga a quella che io ho r:ferito più sopra all'E. V.

187

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

D. 29. Firenze, 29 agosto 1867.

Ho ricevuto regolarmente i di Lei rapporti segnati coi nn. 91 e 92 delli 17 e 22 corrente (l) e La ringrazio delle notizie in essi contenute. Qui unito Le trasmetto i documenti litografati nn. 123-125 e 126, nonché copia di un mio dispaccio in data d'oggi al Ministro del Re in Costantinopoli (2).

Dalla lettura di quest'ultimo foglio Ella potrà vedere quale interesse l'Italia continua a prendere nelle cose di Candia e come sia nostro costante e vivo desiderio veder calmata l'agitazione dando a quella vertenza una soluzione soddisfacente.

Il Ministro di Grecia mi annunciò qualche tempo fa che il Governo provvisorio di Creta aveva deciso di armare navi in corsa e di dare lettere di marca. Gli feci allora osservare tutti gìi inconvenienti che un simile passo avrebbe potuto produrre ed il danno che ne sarebbe derivato alla causa stessa dell'insurrezione. In quell'occasione io dissi al signor Condouriotis che le potenze marittime si sarebbero trovate nella necessità di opporsi all'esecuzione di siffatto divisamento. Oltre che le Potenze Europee hanno esclusa la corsa dai mezzi di legittima guerra, i Corsari di Creta avrebbero dovuto essere considerati come pirati per non essere i Cretesi stati riconosciuti come belligeranti.

Il Ministro Ellenico convenne meco sovra questo proposito, e mi assicurò che avrebbe scritto al suo Governo di adoperarsi per evitare le difficoltà che avrebbe potuto suscitare l'armamento di Corsari candioti.

D:ppoi alcune Camere di Commercio italiane si sono commosse di queste notizie che i giornali avevano divulgate, perché temono giustamente gravi danni pel traffico che dall'Italia si fa col Levante e sovra tutto nell'Egitto anche sotto bandiera ottomana.

Sebbene il Governo Elleno non abbia alcuna solidarietà con quello provvisorio di Candia, io gradirei tuttavia avere dal Gabinetto di Atene l'assicurazione che esso si opporrà in ogni maniera a che la bandiera greca sia usurpata per coprire legni muniti di lettere di marca e son persuaso che il Signor Tricoupis si affretterà di rassicurarmi a questo riguardo.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr n. 188.
188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 24. Firenze, 29 agosto 1867.

Rendo grazie alla S. V. dei rapporti ch'Ella mi diresse sotto i nn. della Serie Politica 19 e 20 (1). Nel primo di essi ho trovato la conferma di quanto Ella mi avea fatto conoscere per telegrafo sino dal 18 di questo mese. Al secondo mi riserbo di rispondere tosto che abbia preso i concerti opportuni col Ministro della Marina.

Sembra che l'invasione in Bulgaria delle due bande armate partite dalla Serbia non abbia prodotto sensazione né nel Principato, né nelle vicine provincie rumene, dappoiché gli Agenti del Re in Belgrado ed in Bukarest, i quali sogliano informarmi sollecitamente d'ogni cosa. hanno conservato il più assoluto silenzio a questo riguardo.

La missione di Fuad Pacha a Livadia per complimentarvi lo Czar acquista certamente una particolare importanza politica non solo dal grado eminente occupato da questo personaggio nel Consiglio del Sultano, ma anche dall'aver egli accompagnato il Suo Sovrano nel recente viaggio, che forni occasione al ministro ottomano di trattare nelle corti di Francia, d'Inghilterra e d'Austria le più urgenti quistioni che concernono l'Impero turco. Ella osserva quindi egregiamente che la presenza del Generale Ignatieff presso l'Imperatore Alessandro in questa circostanza presta argomento a supporre che le cortesie d'uso non abbiano ad essere il solo oggetto di quella missione di cui la stampa periodica si è infatti assai occupata in questi ultimi giorni. Anche in Costantinopoli debbono necessariamente essere corse voci varie su questo proposito ed io avrei

desiderato ch'Ella mi avesse indicato quelle che trovavano maggior credito presso le persone di solito ben informate.

Comunque ciò sia, il fatto capitale che domina tutta la situazione è sempre l'insurrezione cretese, che malgrado le pretese continue vittorie degli ottomani persiste tuttora e tiene in sospeso gli animi ed in grande agitazione tutto l'Oriente.

La Legazione di Sua Maestà in Atene mi ha trasmesso copia del rapporto che il R. Vice Console alla Canea indirizzava alla S. V. addì 18 di questo mese (l). In quel documento ho letto che nella città di Candia un soldato avea ferito un suddito italiano e non era stato né punito, né processato. Dapprima io non avea prestato fede a quel fatto, ch'era stato narrato anche in qualche giornale d'Italia, perché ritenevo ch'Ella non avrebbe ritardato ad informarmi di una cosa che sembra avere una certa gravità. Ora poi spero ricevere il più presto possibile non soltanto i ragguagli dell'accaduto, ma anche una relazione delle pratiche da Lei fatte presso la Sublime Porta per ottenere i provvedimenti che il caso richiede.

Nel rinnovarle la preghiera di voler accusare regolarmente ricevuta de' dispacci che Le invio, ...

P. S. Qui insieme un annesso in cifra e due documenti diplomatici.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Je crois que les échauffourées que vous m'avez signalées dans votre rapport du 19 courant ne pourront pas avoir une grande importance politique. Elles ne peuvent étre que le fait de quelques patriots impatients. Si toute l'influence russe dont on parle tant, ne devait aboutir que à armer quelques centaines d'hommes pour les lancer contre les bataillons ottomans, nous devrions féliciter la Porte de la sureté dont jouiront à jamais ses possessions en Europe. Il régne, nous le savons bien, un mouvement assez considérable en Servie non seulement pour arriver à la complète autonomie de la Principauté, mais aussi afin de rétablir autant que possible un centre slave assez considérable pour reconstituer l'Empire Serbe. L'organisation militaire étant avant tout

indispensable pour ce pays, nous ne nous étonnons pas de voir que le Gouvernement du Prince accepte de bon gré les services des officiers russes. Jadis il tenait à avoir des officiers de la Croatie Autrichienne, mais il ne paraìt pas que leur présence en Serbie ait produit les résultats que l'on s'en attendait.

Maintenant les forces d'expansion de la Russie en Europe sont très bornées. Cette situation pourra durer quelques années encore, si rien en Orient ne viendra troubler les rapports existant entre les forces respectives des états. C'est donc le moment ou jamais pour les Slaves du Sud pour former une autonomie assez forte pour vivre et se développer en dehors de la domination directe de la Russie. Nos idées sur ce point important vous sont connues.

Je dois ajouter ici que d'après quelques renseignements qui me sont parvenus, l'Autriche aurait formulé à Saltzbourg ses prétentions éventuelles sur la Bosnie, l'Herzégovine et le Monténégro, sans que la la France se recriàt trop fort contre ces plans qui depuis quelque temps sont entrés dans les desseins de la politique autrichienne. Je crois que c'est con tre ce danger bien plus que con tre celui de voir le litoral de l'Adriatique en possession de la Russie que nous devons pour le moment nous prémunir.

(l) Cfr. n. 155. il r. 2C non '' pubblicato.

(l) Non pubblicato.

189

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 22. Costantinopoli, 29 agosto 1867 (per. il 5 settembre).

Ho ricevuto i di Lei dispacci politici dal n. 15 al 20 (l) come pure mi giunse il dispaccio Serie Politica n. 21 che V. E. mi diresse in data 16 corrente (2).

Non voglio lasciar la menoma incertezza sull'animo dell'E. V. in ordine all'azione della R. Legazione dacché la quistione di Creta cominciò a preoccupare il Governo del Re. Dal giorno in cui il mio predecessore presentò la Nota collettiva del 17 maggio sino al dì d'oggi la mia azione non fu punto interrotta nel senso delle ricevute istruzioni. Semprecché i miei colleghi m'informarono dei passi dati onde ottener l'inchiesta io li ripetei a mia vicenda ed in modo tale che il Divano poté dire e dice che il linguaggio della Russia, quello della Francia e quello dell'Italia furono sempre identici a suo riguardo, e che la rispettiva nostra pressione per ottener l'inchiesta non trova tempo di ristarsi.

Debbo però avvertire l'E. V. che se nell'azione in proposito per parte dei Rappresentanti della Francia e della Russia il loro linguaggio fu identico rispetto alla Porta, non sempre però dessi mi parvero schiettamente d'accordo tra di loro medesimi. In altri termini mi pare che la Francia tema d'esser trascinata troppo oltre dalla Russia, il cui programma potrebbe per avventura non convenirle in tutte le sue parti. Questi screzH d'opinione avendoli potuti osservare più d'una volta, era mio dovere d'informare il Ministero onde potesse seguitar con piena cognizione di causa l'evoluzione della quistione Cretese. in quanto ha per teatro d'azione il luogo dal quale ho l'onore di scriverle.

La Porta cui questi screzii certamente non isfuggono, tiene infatti un linguaggio molto diverso, secondo che risponde a questa od a quella. Ella ammette a modo d'esempio che Francia ed Italia possano parlarle a nome dell'umanità, ed intromettersi nella quistione Candiota onde farla prevalere. Posto che i fatti denunziati dai nostri Consoli, che Ella persiste a tacciare di esagerati e falsi, siano veri, essa dice che noi siamo perfettamente coerenti ai nostri princ.ipii ed ai nostri precedenti nell'insistere presso di Lei perché cessino le crudeltà, gli atti di barbarie, e sia posto fine ad una guerra atta a commuovere ogni cuore sensitivo. Quanto alla Russia essa nega recisamente che chi ha il cadavere della Polonia sotto gli occhi, ed ha scagliato una soldatesca furibonda sopra donne inermi che pregavano a Dio, o portavano il :lutto per i loro mariti. padri, o fratelli, possa con qualche decenza unir la sua voce alla nostra nella quistione in discorso. Il Gran Vizir soggiunge: «Noi vi chiediamo di !asciarci la totale libertà dei nostri movimenti, di cessare la protezione che accordate ai Greci cui non consentite che muoviam guerra. Dessi, e non altri, son quelli che mantengon viva la ribellione in casa nostra. Lasciate che noi blocchiamo i loro porti, che pigliamo a loro riguardo le misure che crediamo convenienti, e noi vi promettiamo che la quistione Cretese sarà presto risolta. Noi sappiam be

nissimo che il trattato del 1856 non è eterno, e che voi lo stipulaste in nostro favore, onde darci tempo di rinsanguinarci, e quindi essere in grado di difenderci da noi medesimi. Noi vi diciamo che abbiamo usufruttuato il tempo che ci avete accordato; che abbiam seguitato i vostri consigli nella quistione dei Principati; nella Servia; nella evacuazione delle fortezze; ed in tutto quello che ci avete suggerito. Con qual profitto ciò abbiamo fatto, ditelo voi stessi. Noi abbiamo svegliato ancora più le cupidigie della Russia, e noi ci troviamo in faccia alla sua propaganda da qualunque lato volgiamo lo sguardo. Forse che l'Austria, potenza cristiana e chiaroveggente, si trova in condizioni migliori delle nostre in riguardo alla propaganda russa? Lo dicono i suoi sudditi Slavi travagliati al pari dei nostri, e dalle stesse mene incessanti, e collo stesso scopo di gettarci in fondo si' gli uni che gli altri. Noi dunque diciamo alle potenze firmatarie del Trattato di Parigi di liberarci dalla Russia, che vuole la nostra rovina». Tale è sottosopra il linguaggio del Gran Vizir per sottrarsi alla nostra pressione, evitar l'inchiesta onde non vulnerare quello che esso chiama il principio di Sovranità nella quistione Cretese, e guadagnar tempo.

Le sue speranze, se son bene informato, poggiano sul fatto che Iord Stanley, ed il signor Beust, se da un lato esortaron la Porta ad aderire all'inchiesta, al pari di noi; dall'altro lato hanno lasciato intendere che non piglierebbero misure coattive in proposito, qualora queste diventassero necessarie come ultima ratio. Pare altresì che Fuad Pacha abbia trovato nel Re di Prussia un Sovrano indifferente anziché no nella quistione Cretese, nell'atto che gli fece intendere che la sua alleanza colla Russia era un fatto compiuto, e destinato a produrre le sue logiche conseguenze.

Oggidì la Russia, mentre persiste a voler l'inchiesta, e la cessazione delle ostilità, gode ad un tempo che la Porta stia sul rifiutare, secondo il solito, perché spera che questa resistenza sia un valido argomento per venire alle misure estreme. Anche lo spauracchio d'una invasione in Tessaglia per parte dei Greci è messo avanti dal Generale Ignatiew (cosi mi assicurò il mio collega di Prussia in tutta confidenza) onde vincere il solito non possumus della Sublime Porta. ma nel fondo, assai soddisfatto se Aali, e Fuad Pacha, od il Sultano, cui fa visita oggi stesso, continuano a dargli risposte evasive.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. n. 14~. nota l.
190

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 775/296 BIS. Londra, 29 agosto 1867 (per. il 2 settembre).

Malgrado il linguaggio pacifico della stampa francese ed austriaca, malgrado le parole rassicura;nti dell'Imperatore de.i Francesi, l'opinione pubblica qui non lascia di essere agitata sulle possibili conseguenze della politica che spinse Napoleone III ad abboccarsi coll'Imperatore d'Austria.

Havvi una questione che, agli occhi degl'uomini politici inglesi, più ancora delle complicazioni della Germania, ha la probabilità di compromettere la pace Europea ed è quella d'Oriente. Essi dicono: le d~fficoltà dell'Alemagna po

tranno appianarsi, l'Austria è troppo debole per prendere le armi e la Francia non riuscirà a trascinare con sè la Germania del Sud. Ma la questione d'Oriente rimane, e nello stato attuale dell'Europa sarà essa, che potrà far sorgere un conflitto, che altrimenti si riuscirebbe forse ad evitare.

È questo timore che spiega l'ostinazione del Governo Inglese, il quale crede col proteggere la Turchia di mantenere in Europa quella tranquillità, che tutti hanno interesse a sostenere. Qual successo poi si possa attendere da una simile linea di condotta, non imprenderò qui a discutere. Lord Stanley coglie ogni occasione per ripetere che non solo non appoggerà mai una proposta d'annessione dell'isola di Candia alla Grecia, ma non ammette neppure che si eserciti in quel senso una pressione qualunque sulla Turchia. Egli è di parere, ove ciò avvenisse, che l'Epiro e la Tessaglia non tarderebbero a seguire un esempio che equivarrebbe al tanto temuto smembramento dell'Impero Ottomano.

Il sistema, a cui s'ispira lord Stanley, prova come, malgrado la sua alta intelligenza, egli non si formi un'idea abbastanza esatta delle esigenze in cui versano gli Stati del Continente. L'attuale Ministro degli Affari Esteri ha viaggiato molto in America, è perfettamente al corrente dei bisogni interni dell'Inghilterra e delle sue colonie, ma in fatto di politica estera non si rende un conto preciso della situazione e delle sue necessità; egli non vede più in là, se posso servirmi di questa espressione, della cerchia parlamentare entro cui gli vengono mosse delle interpellanze ed ove deve difendere gli atti della sua amministrazione.

Non ho bisogno, spero, di dire a V. E. che non sarei sì audace di tenere un simile linguaggio, ove non fosse pur quello di molte persone che, per la loro influenza e posizione, sono in grado di pronunziare un autorevole giudizio. L'Inghilterra si è ora intieramente isolata tanto negli affari di Europa, come in quelli d'Oriente, circa i quali non ha più neppure colla Francia comunanza di vedute.

Uno dei capi delle missioni estere qui residenti, il quale in quest'ultima questione divide le opinioni di lord Stanley, discorrendo or fa qualche tempo coll'Ambasciatore di Francia. si espresse in tal modo, che H Principe Latour d'Auvergne gli disse per tutta risposta: <<Camme vous defendez avec chaleur les vues Anglaises! ».

Questa condiscendenza della Francia ai progetti della Russia circa le complicazioni Cretesi, varrà ad impedire l'aperta ostilità del Gabinetto di Pletroburgo in caso di una guerra in Germania?

Ho avuto un lungo abboccamento col mw collega di Prussia su questi varii punti. Egli sembra essere d'avviso che la Russia anche nell'eventualità di un conflitto non si muoverebbe fino a che non vi sarebbe spinta dai suoi interessi in Oriente. Dalle informazioni che mi pare abbia ricevuto, l'Incaricato d'Affari Prussiano crede che una vera alleanza difensiva ed offensiva non sia stata conchiusa a Salisburgo, ma pareva dubitare che ove la Francia muovesse guerra alla Prussia e riportasse qualche successo, l'Austria non tarderebbe a seguir la.

Queste parole mi provano come a Berlino, non astante le dichiarazioni di pace dei due Imperatori, non si sia rimasti indifferenti al loro recente incontro. Il mio collega mi diceva inoltre, che il suo Governo è convinto che l'Austria mediti di vendicarsi e di ricuperare il prestigio perduto. Sotto la sua calma apparente, essa non aspetterebbe che l'occas:one favorevole per pronunciarsi. Il Barone Beust, continuava sempre egli, è nemico personale del Conte di Bismarck; uomo di molta vanità, il suo amor proprio sarebbe stato lusingatissimo che l'Imperatore dei Francesi si sia recato a Salisburgo a conferire con lui. Tutte queste circostanze poste insieme, non omettendo la difficoltà prodotta dall'immensa linea che la Prussia avrebbe da difendere contro gl'attacchi della Francia; la facilità colla quale gli Stati della Germania del Sud sarebbero invasi, e forzati forse a seguire l'Imperatore Napoleone, tutto questo ripeto è di natura a preoccupare la Prussia ed a tener alte le speranze de'll'Austria.

L'Incaricato d'Affari Prussiano mi chiese se fosse vero che la Francia avesse fatto larghi acquisti di provviste in Italia, e quindi mi domandò se in caso di guerra il Governo Italiano sarebbe trascinato dalla politica francese. Io a ciò risposi quanto alcuni giorni fa avevo già avuto occasione di dichiarare, cioè che quantunque i legami della più viva gratitudine ci unissero alla Francia, non meno grandi erano quelli che ci vincolavano ad una nazione la quale aveva così potentemente contribuito al nostro incremento. E che l'Italia, oltre al dovere di riconoscenza, comprendeva benissimo come, fra le Potenze che avevano maggiori motivi di favorire il suo sviluppo, andava annoverata in primo luogo la Prussia, il cui interesse era di vedere una nazione forte ed indipendente tra la Francia e l'Austria.

Ho già detto in uno dei miei rapporti precedenti in quale senso si spiegherebbe probabilmente l'opinione pubblica dell'Inghilterra in caso di una gran guerra continentale, e non m'arresto di oggi riconfermarlo. Da principio neutralità assoluta. Ma in seguito quand'anche non vi fosse trascinata dai suoi interessi in Oriente, ritengo che l'attitudine della Gran Bretagna non potrebbe essere sfavorevole alla Prussia se ingiustamente attaccata dalla Francia, massimamente se avesse cura di appagare l'offeso amor proprio Inglese accordando un'equa soddisfazione alla Danimarca.

Ho avuto occasione di vedere Lord Russell negli scorsi giorni e gli chiesi il suo parere a tale riguardo. Sua Signoria mi osservò che non poteva rispondere circa ciò che farebbe il Governo di lord Derby. Ma avendole io soggiunto che non avrei creduto che l'Inghilterra si sarebbe adattata a vedere una flotta francese a percorrere il Mare del Nord e ad impedire ogni suoi rapporto commerciale colla Germania, lord Russell mi disse che certo la posizione del Governo Inglese diventerebbe in quel caso delle più difficili.

Ho reputato dover mio rassegnarle questi ragguagli nell'assoluta mancanza, in cui mi trovo, di notizie di maggior interesse. . ..

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 96. Vienna, 29 agosto 1867.

On suppose ici que Fuad Pacha est allé tàcher d'obtenir du Czar qu'il se contente pour Crète d'une autonomie dont on déterminerait la portée par des négociations à l'amiable. Cette solution sérait peut-étre satisfaisante au fond pour la Grèce, qui aurait la certitude d'opérer l'annexion de Candie au premier ébranlement en Orient, et qui laisserait en attendant à la Porte les charges onéreuses d'une possession aussi dévastée que l'est cette ile. Mais on ignore si le Ministère hellénique et le Roi lui-méme ne se sont pas trop avancés devant les Chambres dans leurs promesses d'annexion immédiate pour accepter de bonne grace ce parti.

En tout cas, le refus définitif de la Porte d'admettre la cession de Crète met la France et la Russie dans la nécessitè de dessiner una attitude qui per· mettra peut-étre de juger soit de la portée réelle de l'entente austro-française sur l'Orient, soit de l'importance que la Russie attache à cette entente.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Un Ministre étranger m'a dit qu'à Saltzbourg les trois points suivants ont été fixés par l'Empereur Napoléon III avec l'adhésion de l'Autriche camme cas de rupture de Traité de Prague: occupation de places fortes au-delà du Mein par les Prussiens, entrée de Bàde dans la Confédération du Nord, mandat politique reconnu aux Représentants douaniers du Sud. Werther qui vient de partir doit etre allé à Paris. .Je crois qu'au fond il est inquiet de ne pas avoir eu des notions certaines sur des objets importants de l'entrevue.

Empereur d'Autriche sera à Paris probablement le 25 Septembre.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

D. 30. Firenze, 30 agosto 1867.

Ho ricevuto ieri sera i rapporti ch'Ella mi ha indirizzato in data del 24 agosto corrente coi nn. 93, 94 e 95; quest'ultimo confidenziale (l).

La ringrazio della comunicazione fattami intorno alle intenzioni del Governo Elleno di fronte alla situazione presente delle cose di Candia. Approvo il linguaggio ch'Ella tenne al signor Comoundouros per persuaderlo a mantenersi nei limiti di una politica savia e prudente. A quest'ora Ella avrà ricevuto il mio foglio del giorno 22 (2) nel quale appunto io Le esponeva tutto il danno che deriverebbe alla Grecia dal voler creare intorno a sé un'agitazione fuori di proporzione coi mezzi effettivi di cui essa può disporre.

Tutte le notizie avute sul convegno recente di Salisburgo recano che i due Imperatori avrebbero deciso di regolare la propria politica sulla base del rispetto di quelle clausole del Trattato di Parigi del 1856 che tutt'ora sussistono. Le disposizioni non sembrano dunque favorevoli da quella parte per suscitare

conflitti che dovrebbero produrre radicali innovazioni. L'Europa in generale sente il bisogno di pace e di sicurezza. La Grecia non deve dimenticare che la causa dell'annessione di Candia al regno Ellenico trova principalmente fautori appunto fra coloro che vorrebbero con quella radicale soluzione evitare il pericolo di altre più vaste complicazioni.

Ella conosce, signor Conte, i veri principii sui quali si fonda la nostra politica e l'interesse che noi poniamo nel vederli trionfare man mano in tutta l'Europa. Ma appunto perché noi annettiamo grande importanza a vedere stabilito in modo durevole il principio delle nazionalità, noi reputiamo che sia dovere di ogni Governo illuminato di ben ponderare i passi che intende fare in quella via per non esporsi a perdere i risultati ottenuti e compromettere per impazienza od imprevidenza le sorti future.

(l) -Cfr. n. 172, gli altri rapporti non sono pubblicati. (2) -Cl't·. n. 174, nota l, p. 174.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 24. Bilyilk-déré, 30 agosto 1867 (per. il 6 settembre).

In seguito agli ordini precisi trasmessimi per telegrafo dall'E. V. (l), io mi recai ieri alla Sublime Porta onde insistere in favore dell'inchiesta e della sospensione immediata delle ostilità.

S. A. Fuad Pacha essendo indisposta, io mi rivolsi al Gran-Vezir e gli esposi lo scopo della mia visita. Dissi che il Governo del Re vedrebbe con piacere cessare un'effusione di sangue disastrosa per le sorti dell'Impero, che la Sublime Porta accordando una sospensione delle ostilità darebbe all'Europa una prova dei suoi sentimenti d'umanità e faciliterebbe l'applicazione del progetto d'inchiesta che le fu sottoposto dalle Potenze Garanti.

Aali-Pacha mi rispose che la Porta non poteva offrire la cessazione delle ostilità a volontari stranieri, ai quali non era riconosciuta la qualità di belligeranti; che il solo modo di arrestare un'ulteriore effusione di sangue era quello di obbligare i volontari Elleni a rinunciare alla loro impresa; che soltanto la presenza di questi nell'Isola, manteneva viva la lotta. Quanto agl'insorti Cretesi, il Governo Ottomano aveva loro accordato, otto mesi fa, ampia amnistia; il Serdar-Eluem Omer-Pacha, l'avea loro offerta nuovamente, e la Porta era disposta a proclamarla ancor oggi, malgrado il r1fiuto pertinace dei colpevoli d'accettarla.

Scendendo poi a parlarmi della proposta d'inchiesta, il Gran-Vezir soggiunse che il Governo. Ottomano non poteva in verun modo ammettere una discussione che potesse ledere l'integrità dell'Impero, proclamata dal Trattato di Parigi del 1856.

L'abbandono dell'Isola di Candia equivarrebbe allo smembramento totale dell'Impero; accordata la libertà di voto ai Cretesi, non vi sarebbe più alcun

17 -Docttmenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

motivo per rifiutarla alle altre popolazioni dello Stato e basterebbe provocare un movimento in Tessaglia, in Epiro ed in Bulgaria, per esigere dalla Porta, in favore di queste provlncie, l'applicazione dello stesso principio proclamato dalle sorti [sic] della Creta.

Il Governo Ottomano è disposto a promuovere un'inchiesta amministrativa; ma esso è, d'altra parte, fermamente deciso a respingerla, se le Potenze non escludono a priori l'idea di staccare l'isola di Creta dal resto dell'Impero; d'altronde, una libera manifestazione del voto delle popolazioni Cretesi sarebbe impossibile, fino a tanto che si lasciasse ai volontari Elleni l'opportunità di esercitare una pressione sull'animo degli abitanti.

A ciò io replicai che l'opera dei Commissari europei sarebbe rivolta appunto ad evitare quest'inconveniente; e che io non credeva quindi che la Porta dovesse far soggetto di rifiuto ciò che l'inchiesta era chiamata ad eliminare se si verificasse. Dissi di p:ù, che le Potenze garanti, animate dai migliori sentimenti per il benessere e la prosperità della Turchia, avevano proposto un'inchiesta per dare una chiara luce alle condizioni reali dell'Isola, e che quindi avevano al pari della Porta, interesse a che le espressioni sui bisogni e sui voti delle popolazioni Cretesi riescissero scevre da qualunque pressione che ne mutasse od alterasse il senso.

A queste mie parole, il Gran-Vezir nulla soggiunse, ed un istante appresso cangiò soggetto di conversazione, per cui io non credetti di dover più insistere per il momento.

Questo è a un dipresso il sunto del colloquio ch'io ebbi con S. A. AaliPacha, e le risposte da lui datemi suonano conformi al linguaggio tenuto dai Ministri della Sublime Porta coi miei colleghi di Russia e di Francia.

Come già ebbi l'onore d'informare V. E. col mio dispaccio n. 21 (1), il viaggio di Fuad Pacha in Crimea non ebbe altro scopo che un atto di cortesia. L'Imperatore Alessandro volle bensì profittare della presenza in Livadia di questo Min:stro degli Affari esteri per ottenere qualche concessione in favore dei Cretesi, ma dovette rinunciare ad ogni speranza di riuscita dinnanzi all'attitudine risoluta dell'Inviato del Sultano.

Il Generale Ignatiew, al suo ritorno in Costantinopoli ch'ebbe luogo quasi contemporaneamente a quello di Fuad Pacha, avendo chiesto al Sultano un'udienza particolare per ringraziarlo a nome dell'Imperatore dell'attenzione usatagli nel mandarlo a complimentare in Crimea, profittò della speciale benevolenza che gli palesava il Sultano, per insistere anche presso di lui direttamente nel senso dell'inchiesta e della sospensione delle ostilità.

Abd-ul-Aziz, !ungi dall'eludere la questione che gli moveva il Generale Ignatiew, la trattò lungamente, dicendo che accedere a quanto gli proponevano le Potenze era per lui cosa impossibile; che se i Governi Europei erano commossi dalla carneficina che da un anno devasta la Creta, egli ne sentiva l'animo ben più esacerbato, giacché era il sangue dei suoi sudditi che si spargeva.

Cessò col dire che avrebbe cercato il modo di porvi rimedio.

P. -S. Rinnoverò le mie visite a Fuad, ed Aali, in proposito dell'inchiesta, e della cessazione delle ostilità, come tosto ciò si faccia dai miei colleghi coi quali abbiam, prima d'ora, concertato il nostro linguaggio, ed il rispe.ttivo procedere.

Appena giunto dalla Crimea il Generale Ignatiew ricevette in dono dal Sultano sei magnifici cavalli da mandarsi all'Imperatore Alessandro e due da ritenersi dal Generale per proprio conto.

(l) Cfr. n. 176.

(l) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A CARLSRUHE, GIANOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 102. Baden, 31 agosto 1867 (per. il 4 settembre).

Mi credo in debito di ch'amare l'attenzione dell'E. V. su d'un Comunicato contenuto nella Gazzetta di Carlsruhe di jeri, riferentesi al convegno di Salisburgo, che precede l'inserzione di un articolo dell'Abend Post di Vienna. Esso corre ne' seguenti termini.

«Dal nostro corrispondente di Vienna, il quale, com'è noto, è per lo più molto ben informato, riceviamo una comunicazione la quale rimuove una gran parte delle congetture, contenute negli organi di Partiti, a riguardo del convegno dei Due Imperatori a Salisborgo.

Secondo quella comunicazione l'articolo della Wiener Abend Post del 26 Agosto, di cui un telegramma pubblicato nel nostro n. 202 diede un estratto, deve considerarsi come l'espressione conforme al'le notizie veramente autentiche sugl'impegni di Salisborgo; e da parte di persona. sulla cui conoscenza di quanto colà si passò non può sorger dubbio, fu soggiunto che: un ingerirsi negli Affari del Sud della Germania e principalmente la formazione di una confederazione degli Stati meridionali tedeschi non è stato l'oggetto di trattative. L'Articolo dell'Abend Post dice: "Noi abbiamo già accennato nell'ultimo nostro numero che il conV'egno di Salisborgo ha avuto una conclusione perfettamente soddisfacente. Da ogni spregiudicato adunque null'altro può essere da ciò dedotto tranneché l'incontro dei due Monarchi ne fece apertamente conoscere la reciproca confidenza e simpatia; ed appunto a chiara prova di ciò è opportuno il dire che presentemente non esiste alcuna differenza d'interessi tra i due Imperi e che quindi i rispettivi Governi apprezzano all'istesso modo le questioni pendenti. Noi abbiamo nel tempo stesso rimarcato che questo convegno non ebbe per nessuno un carattere offensivo, ciò che, per parlare anche più chiaramente, deve significare, che non ebbe luogo qualunquesiasi accordo diretto contro un'altra Potenza, né ve ne fu l'intenzione. Ciò posto cadono totalmente da sé tutte le not'zie date da varii giornali, i quali volevano sostenere per esempio: che altre potenze avessero ad accedere ad una Convenzione,

e che questa fosse andata a vuoto per l'opposizione degli Stati della Germania meridionale; che fossero state fatte delle stipulazioni per il mantenimento del Trattato di Praga, ed altre ancora di simile natura».

Quantunque supponga che la R. Missione in v:enna abbia recato a notizia dell'E. V. il surriferito articolo dell'ufficioso periodico della Capitale Austriaca, pure ho creduto conveniente riportarne io pure la traduzione a compimento ed appoggio delle mie informazioni.

Il comunicato della Gazzetta di Carlsruhe e la pubblicazione dell'articolo del giornale Viennese acquistarono a' miei occhi una certa importanza quando seppi da fonte autorevolissima essere dessi il frutto di una comunicazione fatta recentemente da questo Incaricato d'Affari d'Austria al Barone Freydorf. Avrei anzi motivo di credere che le parole da me sottolineate e stampate con caratteri salienti nella Gazzetta di Carlsruhe, siano state esattamente pronunziate dal Signor di Zulauf.

L'articolo della Gazzetta di Carlsruhe, se non getta nuova luce sul discorso e convenuto a Salisborgo, serve però ad acquietare gli animi nel Sud della Germania tra popolazioni che sono poco inclinevoli, ostili forse ad una Seconda Confederazione con o senza partecipazione dell'Austria. La comunicazione poi fatta dal Rappresentante Austriaco non ha potuto a meno di riescire gradita al Ministro Granducale, il quale, com'è ovvio, era stato assai vivamente impressionato dal linguaggio dell'Imperatore Napoleone col Principe di Hohenlohe a Monaco all'occasione del ripassaggio di Sua Maestà per quella città, linguaggio, di cui ebbi l'onore di riferire all'E. V. nell'ultimo mio Dispaccio, e che poteva a ragione essere considerato (tenuto conto delle persone e del tempo) come una prima traspirazione e come antes·gnano degli accordi fatti a Salisborgo.

Di fronte a due fatti egualmente incontrovertibili benché contraddicentisi. succeduti a pochi giorni di distanza, il linguagg:o cioè di Napoleone a Monaco e la comunicazione Austriaca a Carlsruhe (fatta anche, come rilevo da' giornali d'oggi, al Gabinetto di Stoccarda) (l) è malagevole ed arrischiato il tentare di scopr:re la verità nella sua purezza. A me non riesce altrimenti fattibile di conciliare quei due fatti che colla supposizione che l'Austria, affermando non essere stata in Salisborgo trattata la questione della Confederazione del Sud, ha voluto mascherare un insuccesso dopo aver acquistata la certezza che, all'infuori del Sovrano di Assia, governi e popoli nel Sud della German'a erano lontani dal far buon viso a così fatta proposizione (2).

Su questo progetto Sua Aitezza mi disse aver risposto che per quanto lusinghiero sarebbe stato per la Baviera il trovc.rsi a capo di questa Confederazione. gl'interessi materiali del flud della Germania sono talment,, collegati con quelli del Nord, .,hc i voti delle popolazioni si sarebbero sempre opposti a che venissero separati e tali lo sarebbero stati necessariamente se si avesse voluto !or.clare 'Jna Confederazione di Stati indipendenti dalla Confederazione ciel Nord>>.

(l) -Balbi riferì in proposito con r. 17 del 29 agosto, non pubblicato. (2) -Si pubblica qui il seguente brano del r. 76 del 23 agosto con cui Centurione riferì su un colloquio fra il principe Hoheniohe e Napoleone IJI di passaggio a Monaco: «Passando poi ad esaminare la posizione del Sud e del Nord della Germania [Napoleone III] deplorò non <i fosse stabilito una Confrdernzione Meridionale a somiglianza di quella del Nord ed insistette sui vantaggi che una tale combinazione avrebbe presentato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R.R. 97. Vienna, 31 agosto 1867.

J'ai eu l'honneur d'indiquer en quelques mots à V. E., dans mon rapport politique N. 95 (1), le ròle que, vis-à-vis des accords de Salzbourg, la Serbie, la Grèce et les Principautés pouvaient etre appelées à jouer. J'ai aujourd'hui quelques rense.ignements plus précis à soumettre à V. E. à cet égard.

Le Prince de Serbie à son passage à Vienne a dit dans une conversation confidentielle qu'à Paris on lui avait donné des assurances pour l'agrandissement futur de la Serbie dans des conditions d'indépendance de tout protectorat étranger; qu'on lui avait conseillé de ne rien précipiter et d'attendre, pour engager son pays dans une action à l'extérieur, que la situation générale soit devenue plus claire. On lui a méme parlé de façon à lui faire comprendre que des promesses auraient été échangées entre l'Empereur Napoléon et l'Empereur Alexandre lors de la visite de ce dernier à Paris dans le sens que la France maintiendrait les vues de la Russie sur Cand·e. mais qu'en échangP les deux Puissances n'appuieraient pas actuellement les Serbes dans une politique d'action. Ici le Prince Michel Obrenovich a été mis sérieusement en garde, de divers còtés, contre la politique russe; o n lui a fait craindre d'étre remplacé sur le tròne de Serbie par un des membres de la Famille Impériale de Russie. On prétend que ce dernier avis aurait fait impression sur le Prince. D'après mes renseignements le Prince serait personnellement disposé à une politique de réserve; seulement, le Gouvernement autrichien semble croire au danger que le Gouvernement Serbe puisse étre entrainé sinon par les populations de la Principauté méme, du moins par une explosion du Slavisme en Turquie.

Le Gouvernement hellénique, à ce qui me vient de bonne source et très confidentiellement, n'aurait pas encore fait son choix entre une initiative pr·se hardiment pour un soulèvement dans l'Epire et la Thessalie, ce à quoi des Agents serbes cherchent à le pousser, et une politique de réserve consistant à attendre que !es Slaves soient engagés, pour négocier plus avantageusement sur la participation de la Grèce à un mouvement contre la Porte. Mais le Rol aurait manifesté dans une lettre particulière son penchant à ce dernier parti. J'ai acquis d'ailleurs la conviction, d'après des indices certains, que l'élément hellénique se distingue de l'élément slave en ceci, qu'il veut ne pas se fermer toute voie à un arrangement avec l'Autriche, si celle-ci devenait un jour une Puissance orientale. La Thessalie et l'Epire sont du reste assez garnies de troupes turques pour n'étre pas disposées à tenter avec leurs seules forces une insurrection qui n'aurait pas de chances de succès. De ces renseignements il résulte que la politique française ne trouvera pas d'obstacles à ses combinaisons dans la conduite du Gouvernement hellénique, à la condition pourtant

de ne pas recommencer trop carrément la campagne diplomatique entreprise l'hiver dernier par M. de Moustier en faveur de la Sublime Porte.

Quant aux Principautés danubiennes, leurs conditions intérieures sont si mauvaises, qu'elles ne comptent guère camme force efficiente, malgré l'importanche topographique de leur territoire. Le Gouvernement Impérial cherche à agir sur elles par le moyen des Hongrois; on voudrait voir s'établir une entente tance topographique de leur territoire. Le Gouvernement Impérial cherche à communs qui peuvent les porter à réagir ensemble contre l'inftuence russe et contre l'agitation slave. Mais la rivalité de races existant entre Roumains et Hongrois, aussi bien qu'entre Roumains et Serbes, et un Prince d'origine prussienne occupant le tròne de Bukarest, il est difficile de prévoir exactement quel ròle pourront jouer les Principautés et leur Gouvernement tiraillés entre des tendances si dift'érentes.

A ces indications sur les chances de réussite des vues austro-françaises sur les centres d'action autonomes des races chrétiennes encore soumises en partie à la Turquie, je dois ajouter que, d'après les témoignages de quelquel' hommes politiques venant, soit de Bukarest, soit de Belgrade, on s'y montrerait si rassuré sur les conséquences de l'entrevue de Salzbourg, que l'induction à en tirer serait, qu'on a de bonne part l'assurance que la France ne cessera pas d'etre sympathique au développement de l'existence autonome des races chrétiennes. Mais V. E. doit avoir là-dessus des renseignements plus authentiques que les miens ne peuvent l'etre ici.

Il est enftn à ma connaissance, qu'en revenant de Salzbourg M. de Gramont a parlé à M. d'Uxkull, Chargé d'Aft'aires de Russie, d'une façon presque caressante, lui disant par exemple en manière d'attestation paciftque, qu'à Salzbourg l'Empereur Napoléon III avait mis beaucoup de soin à calmer l'excitation qu'éprouve le Cabinet de Vienne à l'égard des dangers qu'il croit courir du còté des Slaves orientaux.

P. S. On confirme dans les cercles officiels que l'Empereur François-Joseph se rendra à Paris vers la fin d'Octobre.

(l) Cfr. n. 184.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

L. P. Parigi, 1° settembre 1867.

Ho ricevuto jeri mattina la sua gentilissima lettera del 28 scorso agosto, e ne La ringrazio. Questa lettera mi giunge opportunissima, perché jeri appunto ho potuto vedere l'Imperatore che era tornato la sera precedente dal suo viaggio a Lille. Io ho creduto di non poter meglio esporre all'Imperatore le di Lei intenzioni e la situazione delle cose in Italia, che dandogli lettura della sua lettera, la quale era concepita nei termini i più adatti a questo scopo.

Mi affretto a dirle che questa lettura fece buona impressione sull'animo dell'Imperatore e fece scomparire ogni prevenzione, se pure esisteva. L'Imperatore udì con visibile soddisfazione quanto Ella mi conferma delle disposizioni del Governo del Re relativamente ai possibili futuri tentativi di Garibaldi. Egli mi disse che non era mai stata sua intenzione d'esercitare una specie di tutela sulle cose nostre e soggiunse che una prova evidente del contrario era che l'Italia in fin dei conti aveva sempre finito per fare quello che voleva, spesso contro la volontà del Governo Francese, come le annessioni e l'unità, e talvolta contro lo stesso interesse della Francia, come Ia guerra e l'alleanza colla Prussia nell'anno scorso. L'Imperatore mi ripeté quello che già mi aveva detto sulla sciagurata missione, o commissione che dir si voglia, del generale Dumont, che cioè egli non s'era immaginato che si fosse data tanta importanza ad un fatto a cui egli non ne aveva annesso nessuna; e che certo se ne sarebbe astenuto se avesse potuto solamente sospettare la tempesta che ha sollevato in Italia. Quando ,lessi il passaggio della lettera ove ella accenna ad una circolare ai giornali ufficiosi francesi perché non parlino favorevolmente dell'Italia, l'Imperatore m'interruppe, dicendo che non aveva dato assolutamente nessuna di queste istruzioni, e che la di Lei buona fede aveva dovuto essere sorpresa a questo riguardo. Aggiungo qui fra parentesi che il Marchese di La Valette al quale lessi pure un brano della sua lettera, mi confermò la stessa cosa. L'Imperatore mi disse poi che sperava che questi incidenti spiacevoli non avrebbero lasciato traccia e che i buoni rapporti fra i due Governi ;i sarebbero prontamente ristabiliti.

Si passò quindi a discorrere del viaggio di Salisburgo. L'Imperatore se ne mostrò soddisfatto. Mi disse che non erano stati presi impegni positivi; ma che aveva avuto luogo uno scambio di idee, dal quale era risultato che i due Governi erano in sostanza d'accordo sulle questioni principali; che questa dimostrazione avrebbe avuto effetti salutari, in quanto che la Prussia. persuasa oramai che sarà lasciata tranquilla se non varca i limiti del trattato di Praga. ma che troverà un'opposizione risoluta se procede più oltre, si asterrà da ogni cosa che possa provocare la Francia e si manterrà nei limiti del trattato di Praga. Adunque, secondo l'Imperatore, il convegno di Salisburgo ha un significato pacifico e deve avere un risultato pacifico. Questa è l'opinione dell'Impe"atore, il quale si pronunziò risolutamente pel mantenimento della pace. Non uscirebbe da quest'ordine di idee, non adotterebbe un'altra linea di condotta fuorché nel caso della minaccia di vedere la bandiera Prussiana oltrepassare il Meno ed avanzarsi verso il ponte di Kehl. L'Imperatore si mostrò meco preoccupato dei tentativi di propaganda panslavista per parte della Russia. Egli però non accusa esplicitamente il Governo russo di questo fatto, che può essere opera spontanea delle popolazioni o almeno dei partiti. Mi avvidi che questa preoccupazione era stata ingenerata dai colloqui del Barone di Beust. Bisogna quindi attendersi, dopo questo convegno di Salisburgo, ad una nuova evoluzione della politica francese in Oriente. È probabile che la Francia in questa questione vada ora avvicinandosi al sistema di riserva Austro-Inglese, scostandosi in pari misura dal sistema russo che finora aveva seguito. L'Imperatore s'informò del principe Umberto, tornato jeri sera a Parigi da D\eppe, e mi disse che l'Imperatore d'Austria s'era mostrato propenso ad un matri · monio colla figlia dell'ex-re di Hannover. Dissi a Sua Maestà che mi ·risultava, in via indiretta, che pendevano negoziati per un matrimonio colla principessa d'Este. Il colloquio rimase li su questo punto. giacché ignorando io le trattative pendenti ho stimato utile di non continuare una conversazione che avrebbe potuto comprometterle.

L'Imperatore s'informò poi di due cose, cioè della situaz:one del Gabinetto nel Parlamento e dell'operazione finanziaria. Io gli spiegai l'una e l'altra cosa. Quanto alla situazione del Gabinetto gli dissi ch'esso poteva contare sopra una maggioranza nel Parlamento e sopra un appoggio nel paese che gli permettevano di governare con autorità e con energia. Quanto all'operazione finanziaria, gli esposi lungamente il sistema su cui poggiava e il modo di esecuzione. Lasciai l'Imperatore nelle migliori disposizioni.

Nella sera poi, vidi il Marchese di La Valette che nell'assenza di Moustier ha l'interim del Ministero degli affari esteri. Ella sa che il La Valette conta fra i migliori amici nostri in Francia. Io poi ho con esso antiche ed ottime relazioni. Egli mi disse che per mostrare maggior deferenza al Governo italiano era stato deciso che la risposta alla mia nota, la quale non doveva essermi fatta che al ritorno di Moustier, mi sarebbe stata fatta domani. Mi lesse il progetto di risposta. La forma è essenzialmente benevola. Non traspare da essa nessun segno di irritazione o di offesa suscettibilità. Quanto alla sostanza, essa era favorevole per l'avvenire, ma vi si evitava il caso presente. La risposta dichiarava esplicitamente che il Governo Francese non accorderà per l'avvenire l'autorizzazione di passare al serviz'o del Papa se non ai Francesi che siano stati preventivamente ed interamente liberati da ogni obbligo di servizio militare in Francia. Ma la risposta passava sotto silenzio i legionarii attuali. Io dissi al Marchese di La Valette che non bisognava far le cose a metà, e che il Governo Francese doveva darci una soddisfazione completa. Lo impegnai ad insistere presso l'Imperatore, dicendogli che l'Imperatore s'era espresso con me in modo tale da farmi credere che non es~terebbe a farmi dar una risposta favorevole su tutte e due i punti. Il Marchese di La Valette mi rispose che sottometterebbe il progetto di risposta all'Imperatore nella relazione di domani. cioè oggi, e che si esprimerebbe nel senso da me desiderato. Diffatti oggi il Marchese di La Valette, dopo aver parlato coll'Imperatore, mi fece dire d'andar da lui, e mi annunziò che l'Imperatore acconsentiva a che si dichiarasse nella risposta che anche i Legionarii attuali si consideravano oramai dal Governo francese come interamente liberati da ogni servizio militare in Francia.

Questa risposta mi sarà inviata domani e sarà da me trasmessa subito a Firenze con un corriere di Gabinetto. Spero che il Governo ne sarà soddisfatto

Mi rimane a pregarla di fare in modo che i giornali per ora non ne fac· ciano chiasso, e che la risposta francese non sia pubblicata prima della riu· nione del Parlamento.

P. S. -La Corte Imperiale parte per Biarritz il 7 corrente. Le mando qui unita una nota che l'Imperatore mi diede (l). La prego di servirsene in modo di non compromettere la sorgente da cui emana.

(1) Da ACR, ed. in LUZIO, pp. 401-404.

(l) Non rinvenuta.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 63. Berlino, 2 settembre 1867 (per. il 6).

M. le Comte d'Usedom se trouve depuis quelques jours à Berlin et repartira incessamment pour Florence. Certains journaux ont a!Iìrmé qu'il avait été appelé ici pour fournir des indications sur notre attitude. Il n'en est rien. Absent depuis plusieurs années, ce diplomate a profité d'un congé pour présenter ses hommages à son Souverain et pour s'aboucher avec le Comte de Bismarck. Sa présence dans cette capitale aura contribué au maintien des excellentes relations qui existent entre les deux Pays. Il n'a, je le sais, négligé aucune occasion pour convaincre de plus en plus le Cabinet de Berlin de nos bonnes dispositions à son égard, et il s'est convaincu à son tour que, ici, les impressions sur notre compte sont des meilleures. Le Comte de Bismarck se montre confiant dans nos déclarations, qui tendent toutes à témoigner de notre ferme volonté de suivre une polìtique pacifique et indépendante. Il est persuadé de la sincérité de nos sympathies pour Ia Prusse, sympathies bien réciproques, de son còté, pour l'Italie. Les intérets mutuels des deux Pays sont d'ailleurs une solide garantie pour le présent et pour l'avenir, camme ils l'ont été pour le passé.

Ces mémes sentiments existent à la Cour, où ils ont acquis, si possible, plus de force encore, lors de la visite de Monseigneur le Prince Humbert. Le Roi GuiUaume s'est plu à répéter au Comte d'Usedom, combien Sa Majesté avait été satisfaite de cette visite, et combien le Prince avait gagné ses suffrages. Le Prince Royal de Prusse parle tout haut de son attachement pour Son Royal Collègue.

Bref, le Comte d'Usedom, mù par dcs principes dont il n'a jamais dévié. a mis à profit son séjour à Berlin pour donner une nouvelle impulsion au courant qui porte l'un vers l'autre dcux Pays faits pour s'entendre et se comprendre.

198

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 64. Berlino, 2 settembre 1867 (per. il 6)

Une circulaire française, du 26 Aoùt, se prononce dans un sens très pacifique sur l'entrevue de Saltzburg (l). Les allocutions de l'Empereur, nommément au Maire de la ville d'Amiens, les commentaires des journaux o!Iìcieux

à Paris comme à Vienne, se prononcent également pour le maintien de la paix générale. Cependant personne ne fournit encore des explications catégoriques sur ce qui s'est passé entre Napoléon et François-Joseph. Il serait donc difficile de pénétrer sous le voile dont leurs entret:ens restent enveloppés, et de dégager le fin mot des choses qu'on ne nous a pas dit encore. Le Baron de Werther. en I'absence de M. de Beust, s'abstient de toute appréclation, ou du moins se borne à faire des conjectures.

Quoi qu'il en soit, le Comte de Bismarck ne montre aucune appréhension. C'est le calme de la force, car l'Allemagne est maintenant de taille à lutter, au besoin, contre l'étranger. Il compte d'ailleurs sur l'opinion publique, en Autriche, qui se prononce contre une alliance avec la France, avec autant de vivacité que dans les Etats au-delà du Mein.

Telle est également la manière de voir du Comte d'Usedom et du Comte de Goltz, qui ont conféré à cet égard avec le Président du Conseil. J'ai eu récemment un entretien avec l'Ambassadeur de Prusse à Paris. L'entrevue de Saltzburg était, à ses yeux, une de ces fautes, qui se répètent trop pour ne pas y voir un signe de décadence. L'aigle n'est plus dans le secret des Dieux, car autrement il éviterait de donner téte baissée dans des aventures qui nuisent à son prestige. L'Empereur ressent les fatigues d'une vie déjà si éprouvée. Son autorité n'est plus la méme. Les infiuences de l'entourage, et surtout de l'Impératrice, gagnent visiblement du terrain. Sa politique a obtenu les plus grands succès, lorsqu'il était son propre Ministre des Affaires Etrangères. Maintenant qu'il la'sse à son Ministère les coudées plus franches, il fait souvent fausse route. Le Marquis de Moustier procède avec une légèreté, dont tout le corps diplomatique serait prét à porter témoignage. Ce n'est pas à la Prusse à s'en plaindre, puisque toutes ces erreurs lui profitent. Mais, dans ces circonstances, on ne saurait se défendre d'un sentiment de préoccupation pour l'avenir, et se tenir assez sur ses gardes, quelque soit le désir bien prononcé, chez ce Souvera!n, d'éviter un conflit. à l'intérieur comme à l'étranger. Sous ce dernier rapport, la contre-visite de l'Empereur d'Autriche prépare des difficultés au Gouvernement français. Paris sera un milieu plus favorable que Saltzburg aux démonstrations, à l'agitation des partis, et il faudra une grande dose de sagesse aux deux Souverains, pour ne pas en subir les atteintes.

En attendant, la Confédération du Nord se consolide de jour en jour. Le Conseil Fédéral aura bientòt terminé ses travaux préparatoires. Les élections pour le Parlement Fédéral, qui doit se réunir dans une dizaine de jours, ont eu lieu hier. On ne peut encore savoir exactement quelle sera la force des partis, mais, selon toutes les prévisions, la nouvelle Chambre présentera à peu près les mémes éléments que sa devancière, c'est-à-dire qu'il se formera une majorité gouvernementale.

Dans sa dernière réponse au Danemark, le Cabinet de Berlin consent à

ouvrir ici des négociations verbales entre des commissaires spéciaux, chargés

d'examiner sous quelles conditions pourrait s'établir une entente sur la question

de rétrocession de quelques parties du territoire du Schleswig.

Je me suis rendu, du 26 au 28 Aout, à Brunswick, pour la remise de mes

lettres de créance. Le Due Régnant m'a chargé d'exprimer au Roi ses remerciements pour l'aimable attention de notre Cour et du Gouvernement de se faire représenter auprès de San Altesse. Les autres Souverains de la Confédération du Nord étant pour la plupart absents ou dans leurs villégiatures, je continuerai ma tournée au retour de mon congé.

J'ai 'l'honneur de transmettre ci-joint copie de la réponse du Prince de Gortchakow (l) à la lettre par laquelle je lui avais annoncé que le Roi avait daigné accorder des décorations à trois employés de son Ministère, V. E. remarquera les éloges à l'adresse du Marquis Incontri, et le memento pour le Chevalier Regina. Je ne saurais trop recommander ses intérèts à l'esprit d'equité et de générosité du Gouvernement du Roi.

Je compte partir demain pour les bains de Baden, Canton d'Argovie, en Suisse.

P. S. Je viens de présenter au Ministère des Affaires Etrangères le Chevalier Tosi pour l'accréditer en qualité de Chargé d'Affaires. Je pars sans aucune sorte d'appréhension, car je laisse la direction de cette Légation à un fonctionnaire qui jouit de ma plus entière confiance.

(l) Con r. 78 del 4 settembre, non pubblicato, Centurione informò che l'opinione pubblica b~varese riteneva allontanato, almeno per il momento, il pericolo di un'allcan~a franco-austriaca.

199

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (2}. Madrid, 2 settembre 1867 (per. il 7).

En tant qu'on peut déduire ici des conversations et des observations différentes, le programme de l'union libérale et de la fraction la plus pratique du parti progressiste dans la dernière tentative camme dans celles à venir, est de mettre, en cas d'un succès sérieux, un de leur chefs à la tète d'une régence qu'on présume serait le régime qui aurait plus de chance d'etre accepté dans les rangs des partis vainqueurs ainsi que dans les masses qu'on connait trop méfiantes et trop peu portées envers les étrangers pour se prononcer sans d'autres luttes et transitions pour la candidature d'un Prince de sang non Espagnol. Je n'entend pas discuter ici sérieusement ces candidatures. J'ai attentivement observé et j'ai pu constater que le dernier passage du Roi de Portugal en Espagne et sa présence à Madrid, n'a donné lieu à aucune manifestation particulière. Quelques individualités du parti progressiste, à présent réfugiés à l'étranger, disaient patronner parmi leurs amis la candidature d'un de nos Princes, particulièrement avant son récent mariage. Aucune allusion à ce sujet m'a été faite dans ces moments ci, ni j'ai entendu en faire dans le public.

(l) -Non si pubblica. (2) -Al r. 89, non pubblicato.
200

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 517. Parigi, 2 settembre 1867 (per. il 6).

Il Marchese di La Valette m'ha dato oggi lettura della circolare del Governo francese diretta agli agenti diplomatici dalla Francia all'Estero relativamente al convegno di Salisburgo. Il contenuto di questa circolare è in sostanza il seguente.

Lo scopo del viaggio dell'Imperatore e dell'Imperatrice dei Francesi a Salisburgo si fu unicamente quello di esprimere alla Famiglia Imperiale d'Austria sentimenti ben naturali di condoglianza per la morte infelice dell'Arciduca Massimiliano. Era naturale che i due Sovrani d'Austr~a e di Francia non si trovassero per parecchi giorni insieme nei termini della più confidente intimità, senza che ne seguisse uno scambio d'idee e d'opinioni. Ma nessun progetto politico fu messo innanzi, nessun piano adottato. I due Governi di Francia e d'Austria, già prima del convegno di Salisburgo si trovavano di già d'accordo sulle principali questioni. Questo accordo non fece che confermarsi colla visita e colle conversazioni dei due Sovrani. La politica francese, avanti come dopo la visita di Salisburgo. rimane la stessa. Essa fu nettamente determinata dalla Circolare firmata nello scorso autunno dal Marchese di La Valette, nel discorso dell'Imperatore Napoleone pronunziato all'occasione dell'apertura del Corpo Legislativo, e in quelli pronunziati a varie riprese dal Ministro di Stato nel Parlamento francese.

La circolare è redatta in un senso interamente pacifico. Essa esprime l'opinione che il convegno di Salisburgo avrà per effetto di consolidare la pace dell'Europa.

L'incaricato d'Affari di Francia a Firenze deve dar lettura, se pur non l'ha già fatto, all'E. V. di questo documento, il quale eserciterà, non ne dubito, una azione rassicurante presso i varii Gabinetti (l).

P. S. Mi pregio di segnar ricevuta all'E. V. dei dispacci di Serie Politica

n. 277 e 278 in data del 25 agosto ultimo. e n. 279 e 280 in data del 30 dello stesso mese (2).

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 98. Fienna, 2 settembre 1867.

V. E. sait que les principaux Ministres hongrois ont pris une part considérable aux dernières négociations du Cabinet de Vienne avec la France. Leur influcnce a puissamment aidé le Baron de Beust à résister aux entrainements de l'ancien parti de Cour qui poussait à une politique d'action contre la Prusse.

Leur point de vue spécial dans la politique extérieure de l'Autriche est important à noter. Je n'irai certes pas jusqu'à dire, camme le Baron de Werther dans sa fameuse note divulguée, à ce qu'on assure, par un diplomate résidant à La Haye, que la Hongrie attend davantage, pour son avenir, de la Prusse que de l'Autriche; cela en tout cas ne serait pas exact des membres du Ministère Hongrois. Mais ceux-ci désirent vivement voir le Cabinet se décider à rapporter définitivement du còté orientai de la Monarchie sa base d'opérations politiques; ils répugnent à une rentrée de l'Autriche dans le cercle des intérèts allemands; et entre deux programmes qui consisteraient, l'un à porter le centre de l'Empire à Pest, l'autre à reconstituer l'ancienne prépondérance autrichienne en Allemagne, leur cholx en faveur du premier ne serait naturellement pas douteux. Aussi est-ce surtout la question Orientale qu'ils tàchent de faire prédominer dans les conseils du Gouvernement, leurs intérèts opposés à ceux des Slaves, leurs souvenirs douloureux de l'intervention russe e n Hongrie en 1849, les portent à regarder la Russie camme le vrai, pour ne pas dire le seul ennemi de l'Autriche nouvelle, telle qu'ils la comprennent. Adversaires par conséquent du projet d'une alliance agressive de l'Autriche avec la France contre la Prusse, ils ne désirent rien tant qu'une alliance défensive des deux Empires contre la Russie.

Je dis une alliance défensive, car, mème à l'égard de l'Orient, leurs tendances sont conservatives. Il existe sans doute des Magnats qui rèvent la restauration complète de la Couronne de St. Etienne et la réunion au Royaume de Hongrie des pays slaves actuellement soumis à la Porte; mais il ne parait pas que les Ministres hongrois, au moins pour la période actuelle où ils ont besoin de consolider le rétablissement de leurs institutions, désirent la réunion de la Bosnie et de l'Herzégovine; car c es provinces apporteraient de nouvelles forces à cette résistance slave qui déjà leur cause tant d'embarras en Croatle.

Ce serait aUer trop loin que de conclure de ce qui précède que les Mini.>tres hongrois ont fait exclure de l'entente austro-française le projet d'une restauration de la Puissance allemande de l'Autriche et celui de l'extension de ses territoires à l'Est de l'Adriatique; il parait certain qu'au contraire le Gouvernement autrichien, dans les entretiens de Salzbourg, s'est ouvert des portes sur l'une et l'autre de ces deux perspectives; mais en se les ouvrant en prévision des éventualités que j'ai signalées à V. E , il s'est abstenu de prendre des engagements définitifs pour l'action et c'est en quoi, malgré une certaine différence de point de vue, l'intérèt hongrois a secondé la perspicacité germanique de M. de Beust.

(l) -De La Villestreux informò Campello del contenuto della circolare francese lo stesso 2 settembre (cfr. cl. 282 a Nigra del 3 settembre. non pubblicato). (2) -Non pubblicati.
202

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

D. 60. Firenze, 3 settembre 1867.

Le accuso ricevuta del dispaccio n. 96 della Serie Politica, in data 29 agosto, ultimo passato (l).

La ringrazio dello zelo col quale Ella raccoglie le notizie e gl'indizi che mi possono essere utili per tenermi sempre al corrente della situazione. Le debbo esprimere la soddisfazione che il Ministero ha provato nell'essere da Lei minutamente ragguagliato circa il convegno degli Imperatori in Salisburgo. Le cose ch'Ella mi ha telegrafato e scritto, vanno ora poco a poco confermandosi dalle notizie ch'ebbi da varie parti. Sino dal 15 agosto io ho potuto trasmettere in

v:a riservata e per occasione sicura alle R. Legazioni in Parigi, Londra, Berlino e Pietroburgo interessanti ragguagli desunti, culle volute cautele, dai rapporti ch'Ella mi avea fatto.

Le trasmetto oggi n. 12 documenti diplomatici. In essi si contengono molte importanti notizie, sulle quali chiamo la di Lei speciale attenzione. Nel documento segnato col n. 240 troverà accennati i punti principali della circolare francese sul convegno di Salisburgo. Gradirei anche di conoscere il senso, se non il testo, della circolare austriaca sullo stesso argomento.

(l) Cfr. n. 191.

203

IL CONSOLE A SERAJEVO, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 8. Firenze, 3 settembre 1867 (per. il 9).

Avendomi l'E. V. permesso di sottoporle alcuni appunti sullo stato delle cose nei paesi Sloveni e sul movimento Slavo del Sud in generale, mi pregio qui unite presentarle due brevi memorie sovra questi argomenti (1).

ALLEGATO

Nei miei rapporti anteriori ebbi l'onore di esporre in breve il rapido successivo svolgersi del principio di nazionalità fra gli Slavi meridionali.

Esposi essersi formati in Croazia tre partiti, il nazionale il governativo ed il maggiaro; in Dalmazia l'autonomo che è pur detto impropriamente anche l'Italiano, ed il Nazionale: ne ho spiegate le individue aspirazioni.

Esposi che per differenza di religione Croati e Serhi altrt> volte vicendevolmente si respingevano; cia.scuno sforzavasi di farsi centro del movimento affine di averne la direzione e padroneggiare. Esposi infine che i Bosnesi e gli Erzegoviani non potevansi contare siccome parte attiva del movimento, nel mentre che per contro i Montenegrini formerebbero l avanguardia di qualsiasi insurrezione, pronti alle mani ad ogni giorno e per qualsiasi motivo contro il turco.

Ma ad ingrossare il numero di tutte queste popolazioni che sotto altra forma e per motivi diversi e dissonanti tendono pure ad un comune lavoro, sopraggiunsero recentemente pure gli 810\·eni. Né sarà fuori di luogo ch'io brevemente esponga qual popolo viene designato sotto questo nome dalle altre genti della famiglia Slava. Chian,ansi modernamente Sloveni quelle popolazioni di razza Slava che abitano la Carniola la Carinzia la Stiria meridionale e parte dell'Istria. Sloveni puri sono gli abitanti della Carniola e della Carinzia, nel mentre in Stiria sono frammisti con tedeschi ed in Istria con Italiani.

Non è qui il luogo che io mi estenda in ricerche storiche sul nome degli Sloveni, né del loro insediamento nelle terre che occupano. Il certo è che eglino Slavi per origine o per affinità divenuti tali, ora formano un ramo della famiglia slava del mezzodì di Europa.

Il risveglio della loro nazionalità. se così posso esprimermi, cominciò ad esplicarsi nella stessa guisa che presso i Croati. Il cominciamento fu letterario, fu nella riforma della Lingua. Il linguaggio Sloveno era non ha guarì un dialetto che aveva radici Slave ma misto di voci italiane e germaniche. Ora ben poco si differenzia dalla lingua Slava. La medesimezza del linguaggio è per certo uno dei più possenti conduttori dell'idea nazionale. Avvenne quindi che ben presto sorse un partito che non volendo essere assorbito dai tedeschi di Vienna, e nella previsione dello sconquasso dell'edifizio Austriaco, volendo accostarsi ad una nazionalità che per comunanza d'origine e d'interessi fosse conveniente agli Sloveni bandì per suo principio la fusione coi Croati, e in opposizione ai partigiani dell'Austria si chiamò partito nazionale. Nel settembre del 1866 ebbevi in Lubiana un congresso del partito. lvi si giudicò necessario un programma, fu redatto e si stabilì in massima di chiedere al Governo dell'Impero:

1 • -Che si restituisca alla nazione Slovena l'integrità e l'autonomia territoriale.

2" -Che alla nazione Slovena si riconosca il diritto derivante dal manifesto del 20 settembre 1865: che si conceda alla propria Dieta d'intendersi per l'unione co' suoi fratelli meridionali e di trattare colla Dieta Croata sni rapporti della riunione Slovena per riguardo al Triregno.

In questo secondo paragrafo si domanda, l'unione coi fratelli meridionali, i quali sono ora divisi amministrativamente ed hanno Diete tra di loro separate.

Stando al letterale esposto del 2" paragrafo del programma non si domanderebbe che una federazione coi Jugo Slavi; ma lo Slovenoc, giornale di Lubiana, ha commentato quel paragrafo nel modo che segue. «Il secondo articolo del programma è grandemente significativo ed importante per noi Sloveni e per i Jugo Slavi in generale. Noi dobbiamo far convergere le nostre forze a dargli vita poiché ora non solo il momento è assai opportuno ma abbiamo anche la facilità di arrivare a questa meta così essenziale per noi dappoiché fu recentemente rimosso quell'ostacolo che prima ne impediva il conseguimento. A Dio mercè la Confederazione Germanica è sepolta; la nazione Slovena ritornò padrona di sé e libera di accostarsi a quella nazionalità dell'impero austriaco che le sarà più cara».

Questo articolo del giornale di Lubiana venne riprodotto nel Pozor del 10 ottobre 1866. E le idee del partito nazionale di Lubiana si allargano dippoi potentemente fra gli Sloveni. Nello scorso Giugno tra gli abitanti di Lubiana e quelli di Zagabria si scambiarono visite patriottiche, malgrado che il Governo Austriaco si adoperasse ad impedirle. Le autorità imperiali scesero quasi a puerilità: proibirono, ad esempio, alla società ferroviaria di concedere convogli speciali, vollero che Croati e Sloveni fossero trasportati in vetture separate, ma non si poté impedire il convegno che fu numeroso ed entusiasta.

Il movimento degli Sloveni del quale sin qui poco si occupò l'Europa è però degno

per molti riguardi di tutta l'attenzione degli uomini politici.

(l) Si pubblica solo il primo degli allegati.

204

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (l). Belgrado, 4 settembre 1867 (per. 1'11).

J'ai vu hier pour la prem1ere fois depuis so n retour Garachanine; il m'a dit que l'affaire de Roustchouk et les affaires du Monténégro menacent d'em

pirer singulièrement la situation déjà mauvaise. Un télégraphe qu'il a reçu hier du Princc Nicolas I annonce que la conspiration n'a pas été une chose sérieuse, il y a eu des proclamations, quelques bruits et rien autre, on n'a exécuté personne, ce qu'il y a de sérieux, dit-il, est la situation politique.

On dit que les petites peuplades qui se trouvent placées entre la Turquie et le Monténégro Cles Banniani), se sont déclarées pour le Monténégro il y a eu aussi une émigration de Musulmans de Nizitch (Herzégovine) qui se sont réfugiés au Monténégro. Un d'eux a été fait Sénateur; somme tout le Prince écrit que les rélations entre lui et la Turquie sont mauvaises et la marche d'Osman Pacha avec ses troupes vers la frontière du Monténégro empire encore la situation. Il a dit que si les choses marchent de la sorte, il croit que bientòt il se trouvera aux prises avcc les Tures.

Depuis le commencement de l'année j'ai toujours assuré V. E. que sauf des événements imprévus la paix ne serait pas troublée entre la Turquie et la Serbie. Maintenant que les affaires du Monténégro et de Roustchouk, que personne ne pouvait pas prévoir, sont arrivées. je dis que si la dangereuse situation que ces deux événements ont faite ne s'améliore pas, il se pourrait qu'avant la fin de l'année, ou au eommeneement de l'autre, il y ait une collis:on quelque part qui serait l'avant eoureur d'une guerre.

Je crois devoir soumettre à V. E. le résumé de l'opinion émise devant le Prince et Garachanine par M. Andrassy à Iranka propriété de Son Altesse. Garachanine me l'a eonfité:e en me reeommandant le sécret le plus absolu. L'intéret de la Hongrie, dit M. Andrassy, exige que la Serbie soit forte, l'Herzégovine et la Bosnie et tous les peuples Slaves de la Turquie doivent se grouper autour de la Serbie et ne former qu'un seul état pour servir de barrière à la Russie. Une fois que ce colasse se serait emparé de la Moldavie et de la Valachie et aurait mis le pied dans la péninsule des Balkans il absorberait les pays slaves de la Turquie et la Hongrie deviendrait aussi sa proie. Le royaume Jugo-Slave de la Turquie ne peut etre qu'un allié sùr pour la Hongrie. Il a dit que la Hongrie ne convoite pas la conquete de la Bosnie et de l'Herzégovine; il a comparé !a Hongrie à une barque surchargée que le moindre poids ferait couler. C'est

M. de Beust, a-t-il dit, qui désire la Serbie faible, mais je ne partage pas son opinion, car je pense que cette politique est détestable.

Garachanine m'a dit aussi que le Prince a attendu trois jours avant d'etre reçu par l'Empereur des Français. L'Empereur lui aurait recommandé de se tenir en paix avee la Turquie, De Moustier lui a fait la meme recommandation et le plus grand éloge des Tures; enfin le Prince d'après ce que j'ai pu comprendre n'a pas été politiquement trop satisfait ni de l'Empereur ni de Moustier.

Aujourd'hui le bruit s'est répandu qu'une grosse bande était entrée par la frontière Serbe en Btùgarie commandée par des officiers Serbes et que le jour de l'arrivée du Prince deux Courriers russes lui avaient apporté des dépeches. Par suite de ces dépeches le Conseil des Ministres se serait déuni deux fois et on aurait déterminé de déclarer la guerre à la Turquie. Garachanine m'a assuré qu'il n'y a pas un mot de vrai, et je puis assurer V. E. qu'aucune bande n'a pénetré jusqu'à aujourd'hui en Bulgarie par la frontière Serbe. Cependant je le signale à V. E. pour qu'Elle puisse se tenir en garde contre de pareilles nouveHes, car si elles arriveront à l'oreille de quelques uns de mes collègues ils les transmettront à leurs Gouvernements comme des nouvelles certaines. En Serbie il n'y a plus d'officiers russes que le capitaine d'artillerie Snezareff. Un major de l'armée Grecque est arrivé dernièrement à Belgrade; je ne lui connais encore d'autre mission que celle de s'enquérir de l'état de l'armée et des armements de la Principauté. On m'a dit secrètement qu'il est probable que le Général Turr vienne à Belgrade, que vient-il faire? je n'en sais encore rien. S'enquérir de la situation ou bien flaire-t-il quelque mouvement et veut apporter le contingent de ses connaissances, de son courage et de quelques chemises rouges à la cause Jugo-Slave contre les Tures? Mais la situation n'est malgré tout pas encore désespérée. Sont arrivés il y a peu près deux mois 72 canons et quelques milliers de fusils en Serbie sans trop d'obstacles de la part de l'Autriche.

(l) Al r. 25, non pubblicato.

205

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI

T. 314. Firenze, 5 settembre 1867, ore 6.

Quantunque altamente benemerito della patria il generale Garibaldi non può essere considerato da noi a Ginevra che come un semplice privato; il che esclude le dimostrazioni ufficiali per parte della nostra rappresentanza locale (1).

206

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 315. Firenze, 5 settembre 1867, ore 17,20.

Courrier est arrivé porteur de la note (2) que nous regardons comme entièrement satisfaisante. Veuillez témoigner au Gouvernement impérial toute la satisfaction que nous éprouvons en voyant termi:ner de cette manière un incldent désagréable. Recevez mes félicitations particulières pour la part que vous y avez prise.

207

IL MINISTRO A CARLSRUHE, GIANOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 103. Baden, 5 settembre 1867 (per. il 9).

Oggi alle 11,30 del mattino, dopo un servizio divino nella Cappella del Palazzo Granducale, al quale intervenivano S.A.R. il Granduca, il Principe Gu

<< Se si festeggia Il generale devo sventolare bandiera nazionale e far visita in modo officiale? ».

18 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

glielmo, il Corpo Diplomatico, i Ministri del Gabinetto, le Cariche di Corte, ed in gran numero i membri delle due Camere, ebbe luogo la solenne cerimonia dell'Apertura della sessione legislativa del 1867-68.

Il Granduca, accolto al suo ingresso nell'aula parlamentare da clamorosi evviva, lesse, in questa circostanza, il discorso che ho l'onore di trasmettere qui unito, in originale (1), persuaso che contemporaneamente col mezzo de' giornali francesi perverranne a mani dell'E. V. la traduzione più accurata di quanto avrei campo di farla io stesso in sì breve tempo.

La voce dell'Altezza Sovrana fu ascoltata dai membri delle due Camere col più religioso silenzio, e rispettosa attenzione. Nessuna interruzione motivata da applausi od altro incidente venne a turbare la solennità della Reale arringa. Cessato il dire del Principe, e prestato dai nuovi deputati il giuramento si fecero al patriottico Sovrano, all'atto in cui si dipartiva dall'Aula, nuovi e ripetuti evviva.

Nella tribuna diplomatica assistevano alla Reale Seduta, oltre i Capi missione accreditati presso questa Corte Granducale (ad eccezione del Ministro di Baviera assente, credo, per indisposizione, l'Incaricato d'Austria perché destinato a Berna, già prese congedo dal Granduca, e l'Inglese trattenuto a Baden dalla presenza del Principe di Galles) il Generale Beyer Plenipotenziario Militare Prussiano, e S. E. il Signor Consigliere Privato di Valouieff Ministro dell'Interno in Russia, costi di passaggio, ed il Console degli Stati Uniti d'America.

Sarebbe opera temeraria quella mia con cui mi accingessi a giudicare della portata delle cose dette in questa occasione dal Granduca, o della impressione avutane dai miei colleghi e dal pubblico.

Naturalmente il discorso Reale non poteva contenere nulla di nuovo per chi conosce questa Corte e lo spirito da cui essa è dominata, e frequenta gli uomini che si trovano nel Granducato alla direzione degli affari.

Ognuno si aspettava udire il Sovrano parlare del suo vivo desiderio di giungere ad un nazionale accordo colla Confederazione del Nord, e della sua disposizione a sostenere i sacrifici indispensabili a tal fine. A tutti era nota l'alleanza offensiva e difensiva contratta colla Russia nell'agosto 66, la Convenzione militare di Stoccarda dello scorso febbrajo, e la ricostituzione dello Zolverein. Era ovvio che l'adozione dell'organizzazione militare in vigore nel Nord, e le modificazioni introdotte dal nuovo Zollverein importassero nuovi e gravi pesi alle popolazioni, nelle quali un certo qual senso di mal umore per tal causa, già da qualche tempo si manifesta.

Tutte queste cose erano, dico, conosciute o pressentite dal pubblico, né potevano ,perciò, perché dette nel discorso della Corona, recare stupore o meraviglia.

Il periodo che attrasse specialmente l'attenzione dei colleghi, e che probabilmente produrrà qualche rumore nella stampa francese è quello nel quale Sua Altezza Reale saluta nel Parlamento doganale, ancorché ne sia l'azione limitata, una regolare rappresentanza di tutto il popolo tedesco.

Il Granduca ripromette la presentazione al Parlamento delle Leggi sospese l'anno passato a causa degli avvenimenti, relative alla responsabilità Ministe

riale, alla stampa, alle riunioni, alle scuole, ad un ulteriore progetto di Legge per la protezione della libertà dì parola in parlamento, e sulla soppressione del censo passivo elettorale.

Questi sono i punti più salienti del discorso reale, sui quali mi limito per ora a richiamare l'attenzione dell'E. V., rìservandomì d'ìnformarla sul giudlzlo che ne verrà portato dalla stampa badese e tedesca, principalmente dagli organi dell'opposizione.

Il Barone Freydorf mi disse recentemente a proposito della communicazione fattagli dall'Incaricato d'Austria (di cui nell'ultimo mio rapporto) che ancorché egli non vi annettesse grande importanza perché aveva motivo di dubitare della sincerità del Signor Beust in tal materia, pure ne teneva conto siccome d'una communicazione fatta spontaneamente e possibilmente utile in tempo più

o meno prossimo.

Lunedi 9 corrente, ricorrendo l'anniversario della nascita del Granduca vi sarà al Ministero Esteri pranzo di gala.

(l) Risponde al t. 550 inviato da Gambinl il 4 settembre:

(2) Cfr. Origines diplomatiques, vol. XVIII, pp. 253-254.

(l) Non si pubblica.

208

IL MINISTRO A COPENAGHEN, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. l. Copenaghen, 6 settembre 1867 (per. l'11).

Mi affretto ad annunciare a V. E. che stamane, poco dopo il mio arrivo in questa città, ho presentato al Signor Wedell, Segretario Generale, facente funzione di Ministro degli Esteri, la copia d'uso delle credenziali recatemi dal corriere Villa a Parigi. Il Signor Wedell mi disse che la morte del Langravio d'Assia, padre della Regina, ritarderà forse di qualche giorno la cerimonia della presentazione delle credenziali stesse.

Nel mio breve soggiorno a Berlino ebbi la fortuna di poter conferire col Conte de Launay, il quale era sulle mosse per andare in congedo. Ottenni pure un'udienza dal Conte di Bismarck.

Accludo un annesso in cifra. . ..

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

J'ai dit à Bismarck que le Gouvernement du Roi serait heureux de contribuer à affermir la paix générale. Il me remercia et me dit qu'il y a un peu moins d'irritation à présent entre la Prusse et le Danemarck, on cherche à établir des bases pour des négociations à ouvrir à Berlin au sujet de garantie que le Danemarck devrait donner aux habitants Allemands des discritcs qui lui seraient rétrocédés. Plusieurs lignes, dit-il, ont été mises en avant mais il serait impossible proposer au Roi de Prusse de rendre Diippel et Alsen. Je lui ai demandé si d'un còté et de l'autre il n'y a pas arrière pen<;ée de laisser la question ouverte pour des événements ultérieurs: il m'a dit que quant à lui il ne voudrait pas du Jutland méme en cadeau, mais que Diippel et Alsen épargneraient à la Prusse cent mille hommes en cas de guerre avec la France. Parlant de la situation actuelle des choses il a dit qu'il n'est pas inquiet sur la portée de l'entrevue de Saltzbourg, que l'Autriche ne peut pas faire la guerre à la Prusse, que ni la Hongrie, ni les populations Allemandes ne la suivraient dans cette voie. Cependant il était fàcheux que cette entrevue contribue à fourvoyer l'opinion publique en Europa

et surtout en France. :M. Thiers, a dit Bismarck, s'est trompé lorsqu'il a dit qu'il n'y a pas une seule faute à commettre. Plusieurs fautes ont été commises par l'Empereur après Sadowa: du reste la Prusse n'a pas intérèt de hàter annexion dEl l'Allemagne du sud. De ce còté l'Empereur peut ètre tranquille nous ne ferons pas l'erreur de déplacer notre centre de gravité politique. Il a discuté ensuite les chances de la guerre avec la France et ne s'en montre pas affrayé. Dans tout l'entretien qui a été fort long Bismarck a été très-aimable et animé de la meilleure disposition envers nous.

209

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 134. Pietroburgo, 6 settembre 1867 (per. il 14).

Il Direttore del Dipartimento Asiatico al Ministero degli Affari Esteri mi informava l'altro giorno che dai rapporti delle Autorità Consolari russe in Egitto, risulta essere intenzione di quel Vice Re di chiedere alle varie potenze Europee di rinunziare a quelli accordi che danno loro il diritto di avere tribunali consolari, e far cosi rientrare i sudditi esteri nella legislazione comune ai nazionali, poiché adesso, al dire del Governo Egiziano, i tribunali ordinari indigeni nulla lasciano a desiderare circa la loro organizzazione ed il modo con cui funzionano.

Il Governo Imperiale è in principio disposto a rinunziare ai capitolati ed ai tribunali consolari che vengono in certo modo ad intralciare l'esercizio delle autorità giudiziarie ed amministrative, formando quasi uno Stato nello Stato: ma a ciò non si deciderebbe che solamente quando le garanzie che si offrono per la tutela dei propri connazionali, fossero reali ed em.caci. Al dire del Signor Stremoukow, questo non sarebbe ancora il caso per l'Egitto dove è bensì vero che un certo progresso si è fatto sotto questo rapporto, ma non tale da permettere per ora, senza inconveniente, di rinunziare a quelle stipulazioni che guarentiscono i sudditi esteri residenti colà.

Ho creduto mio dovere di informare l'E. V. di quanto sopra, affinché qualora tale dimanda venisse fatta dal Governo Egiziano, possa conoscere quale accoglienza è da presumersi essa troverà presso il Governo Russo.

210

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 135. Pietroburgo, 6 settembre 1867 (per. il 14).

Il Principe Gortchacow che ebbi l'onore di vedere ieri l'altro mi diede speciale incarico di porgere al Governo di Sua Maestà ed alla E. V. in particolare, i suoi più sinceri ringraziamenti per l'attitudine che l'Italia continua a tenere nelle faccende di Candia, attitudine tanto conforme al rango di grande potenza che essa occupa, ed in un tempo tanto utile per lo scopo cui devono mirare tutti gli sforzi dell'Europa, cioè il miglioramento della sorte di quell'infelici Cretesi, togliendo così di mezzo una delle cause che potrebbero turbare la pace dell'Europa. Il Cancelliere era oltremodo lieto delle assicurazioni che l'E. V. aveva dato al Conte di Osten Sacken, essere cioè intenzione del Governo di S. M. il Re di continuare nell'opera umanitaria intrapresa trasportando le famiglie candiate in Grecia e mi aggiungeva essere tanto più necessario in questo momento di mostrare alla Turchia che nessuna divergenza esiste fra le Potenze che fino da principio si adoperarono a favore di Candia giacché Fuad Pascià ha promesso a Livadia all'Imperatore Alessandro di usare di tutta la sua influenza presso la Porta, amne di ottenere qualche concessione. Ove l'accordo fra le Potenze si mantenesse perfetto, ed al tempo stesso la loro azione comune non venisse a cessare, sarebbe questo l'unico mezzo capace di cambiare le buone promesse di Fuad pascià in fatti compiuti, se pure ciò è possibile.

Si era temuto un momento che da Parigi si fosse dato ordine all'Ammiraglio Simon di cessare qualunque operazione sulle coste di Candia, e tornare al Pireo: una tale decisione del Governo francese che da taluni si voleva considerare come una conseguenza del convegno di Salisburgo, aveva fatto qui non buona impressione. Notizie giunte da Berlino ieri l'altro fanno credere, mi diceva il Cancelliere, che si sia bensì dato ordine all'Ammiraglio di rientrare al Pireo ma lasciando però due legni a Candia per continuare l'intrapreso salvataggio. Nessuna risposta era però ancora giunta al telegramma inviato da qui a Parigi per esprimere il desiderio che la bandiera francese non abbandonasse tale caritatevole impresa, e neppure si aveva risposta all'analogo telegramma inviato a Berlino, di modo che, mi faceva osservare il principe, con molta soddisfazione constato che il Gabinetto di Firenze, sebbene il più lontano, è quello che pel primo mi ha fatto pervenire la sua risposta.

Risposi al Principe che non avrei mancato di riferire all'E. V. quanto Egli mi aveva fatto conoscere circa la politica seguita dal Governo del Re in Oriente aggiungendo che dal canto mio non avevo mai dubitato fino dal sorgere della questione che in questo senso si sarebbe esercitata la nostra azione la quale ci è dettata oltre che dal desiderio di conservare la pace in Europa, dagli interessi nostri veri e reali in ispecie da quelli commerciali molteplici e potenti che noi abbiamo in quei paesi, ed e·ro lieto di vedere che le istruzioni state date a più riprese al Rappresentante del Re a Costantinopoli erano sempre tali da non farmi dubitare un solo istante che l'Italia e la Russia continuerebbero con reciproco vantaggio a camminare d'accordo nella fase attuale della questione d'Oriente. Chiesi poi al Principe se nutrisse speranza di veder sortire un qualche buon risultato dalla missione di Fuad pascià a Livadia, ed Egli mi rispose che il linguaggio fermo e pieno di convincimento tenutogli dallo Tzar aveva prodotto molto effetto sull'inviato Turco, il quale aveva fatto ogni sorta di promesse dicendo che il Generale Ignatieff che deve in breve tornare a Livadia avrebbe portato all'Imperatore notizie consolanti circa le determinazioni prese dalla Porta. Il Principe non sembra annettere soverchia importanza a tali dichiarazioni, ma pure crede che forse il Sultano potrà indursi ad una sospensione delle ostilità in Candia ed a qualche concessione a favore di quelli abitanti senza però naturalmente andare fino a quella misura radicale che sola terminerebbe definitivamente tale vertenza, allontanando i pericoli di nuove complicazioni, la rinuncia cioè alla possessione dell'isola. In questo modo il male non sarà guarito, e potrà forse divenire peggiore giacché le speranze concepite in Candia ed in Grecia possono cagionare, se deluse, seri imbarazzi ed al Governo del Re Giorgio ed in conseguenza a tutta l'Europa. «Certo non sarà colpa nostra, mi diceva infine il mio interlocutore, se tutto non finirà nel modo migliore, ed i nostri due Governi non hanno certo da rimproverarsi di aver tralasciato nessun mezzo per giungere ad una soluzione definitiva conforme ai desideri dei Candioti ed all'interesse dell'Europa>>.

211

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 102. Atene, 7 settembre 1867 (per. il 12).

Jeri ebbi occasione d'intrattenermi lungamente col Presidente del Consiglio e ne approfittai per insistere vieppiù presso di lui sulla necessità e sulla convenienza di mantenersi in una politica savia e prudente anziché avventurarsi in imprese disperate e dannose. Credetti bene di avvalorare le mie parole col dargli lettura di alcuni squarci dei dispacci che V. E. mi aveva diretto su tale argomento facendo rilevare che i consigli di moderazione dati dal Governo Italiano erano dettati da quel vivo interesse che questi aveva finora mostrato, e che non cessava di avere per la causa Cretese.

Il signor Coumoundouros si mostrò grato per quanto io gli communicai, e mi dpeté ciò che varie volte mi disse, che la Grecia aveva nel Governo Italiano, ed in non pochi uomini di Stato in Italia veri amici e protettori della sua causa.

Debbo anzi tutto osservare che nel colloquio d'jeri mi parve di trovare nel Presidente del Consiglio maggior calma nei sentimenti bellicosi che altre volte mi aveva espresso.

Ogni determinazione, a quanto mi disse, è rimessa al ritorno del Re, il quale non potrà giungere in Atene prima della fine di Ottobre od ai primi di Novembre.

Io chiesi al signor Coumoundouros cosa vi fosse di vero su quanto i giornali avevano detto intorno ad un memorandum o manifesto spedito al Re Giorgio dal suo Ministero in senso bellicoso. Egli mi negò il fatto; bensì mi disse che nelle varie lettere scritte al Re gli erano state esposte le difficoltà gravissime in cui il Governo si trovava, non celandogli d'altronde quale fosse il pensiero de' suoi Ministri per superarle. Se le informazioni che mi vengono fornite da un altro lato su quest'incidente fossero vere parrebbe che il giovine Monarca meglio instruito sulle vere intenzioni dei Gabinetti Europei, e forse calcolando meglio i propri interessi non avrebbe punto approvato le idee bellicose degli attuali suoi Ministri.

A proposito del Re io domandai al Presidente del Consiglio s'egli dividesse l'opinione di coloro che danno come impossibile l'esistenza della Mona,rchia ove la soluzione della questione Cretese non fosse l'annessione. Il signor Coumoundouros mi rispose non essere di quell'avviso. Certamente il Re non sarebbe ricevuto con quell'entusiasmo che vi sarebbe se l'annessione fosse effettuata o quanto meno recasse la speranza di tale soluzione; ma fra un ricevimento poco entusiasta, ed una rivoluzione antimonarchica vi era una tale distanza da non fargli punto temere questo pericolo. Anzi mi soggiunse che le voci di una possibile rivoluzione in senso ultrademocratico e repubblicano erano sparse ad arte per calunniare il Ministero. Però non mi nascose che le difiicoltà interne e sopratutto quelle finanziarie sarebbero gravissime, ed in vero non saprebbe egli come si potrebbe porvi rimedio.

Da quella lunga conversazione mi parve poter dedurre che i progetti bellicosi sono se non abbandonati, certamente differiti. Non saprei dire se ciò provenga da più savii consigli, oppure dalla convinzione d'insu!Iicienza di mezzi, dalla persuasione che non vale gran cosa la pretesa d'intimorire l'Europa con verbali minacce di guerra, dal dubbio di avere l'ajuto delle altre razze cristiane, od infine dalla resistenza del Sovrano a gettarsi in consimili imprese.

Non è neppure agevole l'assicurare che consigli di moderazione continuino a prevalere, poiché nulla osta a che fra non molto tempo le cose ritornino allo stato di or son pochi giorni.

In ogni modo a me parve abbastanza interessante l'accennare a V. E. l'impressione che mi lasciò il colloquio d'jeri.

Il Ministero fra breve dovrà esporsi a veder giudicata la sua condotta, e far palesi gl'intendimenti suoi per l'avvenire. La Camera è convocata pel 25 settembre/? ottobre. Sebbene non si ponga in dubbio che non mancherà al Ministero una gran parte di quella maggioranza che lo appoggiò nella passata Sessione, tuttavia questa convocazione in momenti cosi difiicili non lascia di destare grave preoccupazione. Il Ministero oltre al voler fare atto di coraggio nell'affrontare le questioni politiche fa sentire che l'accelerare l'apertura della Camera anche prima del ritorno del Sovrano è necessario per definire d'urgenza la questione agrada di Corfù lasciata sospesa nella passata sessione.

212

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, SUSINNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (1). Bucarest, 7 settembre 1867 (per. il 14).

Ministre des Affaires Etrangères vient de me dire que le Gouvernement Serbe désire conclure alliance immédiatement avec Roumanie. Gouvernement

<< Frattanto sembra che una insurrezione generale in Bulgaria aiutata da Agenti Russi e dalla Serbia sia prossima a scoppiare, o che almeno tutto vi si prepari a questo intento. La Turchia debbe averne sentore, perché le truppe radunate in Bulgaria sommano ormai a 30 mila uomini, ed oltre a questi si noverano un dieci o venti mila armati fra gli emigrati Circassi che dalla Porta vi furono stabiliti.

Mi si accerta che gli emissari! ed i partigiani del Principe cuza nuovamente lavorano con vigoria per rimettere sul Trono l'antico Principe.

Quanto a certe tendenze dell'Ungheria e dell'Austria mi si dice che un 3 o 4 mesi fa sembrava veramente che l'Austria volesse occupare i Principati per proprio conto e che giàfossero designati il corpo d'esercito, il comandante ed i Commissarli civili che ne avrebbero preso possesso. Che mantenendosi la pace l'Austria rinunziava a tale disegno; ma in caso scoppiasse la guerra contro la Russia vi è luogo a presumere che occuperebbe d'accordo colla Francia per custodirne la neutralità, che si costringerebbe il Principe Carlo di cui le due Potenze non si fiderebbero, a !asciarli e che o verrebbe nuovamente chiamato il Principe Cuza, o che si darebbe la Rumenia all'Austria in un generale assestamento. Queste supposizioni o questi timori esistono nelle sfere officiali ma non potrei indicarne il fondamento».

Roumain pe.rplexe parce que les Serbes pa.raissent unis avec la Russie, il craint fausse position en cas de guerre de France et Autriche contre Prusse et Russie. On me demande conseil avec empressement (1).

(l) Allegato al r. 47 del quale si pubblica il seguente brano:

213

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. 33. Firenze, 8 settembre 1867.

I dispacci che codesta R. Legazione mi indirizzava, coi nn. 62 sino a 65 inclusivamente (2) mi giunsero regolarmente ed i ragguagli in essi contenuti mi riuscirono molto interessanti.

Nelle buone disposizioni che il Gabinetto di Berlino continua a dimostrare verso l'Italia noi possiamo essere lieti di trovare un primo frutto della politica che ci siamo proposti di seguire in conformità delle vere esigenze della nostra situazione. Nulla per ora saprebbe farci deviare da un cammino che ci è egualmente tracciato dall'interesse politico e dal voto della pubblica opinione. Epperò vedendo rientrare a poco a poco la calma negli animi, per ciò che concerne le difficoltà che si temevano fra le grandi nazioni d'Occidente, noi ci lusinghiamo di vedere divenire sempre più facile il compito che ci siamo proposti.

Ben più gravi sono le notizie che ci giungono dall'Oriente.

*Il Ministro del Re a Costantinopoli mi ha annunziato di aver avuto dal Gran-Vizir una comunicazione del tenore seguente: «Il Divano riunito il 4 corrente per prendere una decisione circa le cose di Candia ha deliberato di rifiutare l'armistizio, di mantenere il blocco marittimo e di accordare invece un'amnistia concedendo un mese di tempo ai volontari esteri ed a tutti coloro che volessero accompagnarli per abbandonare l'isola. Per ciò che concerne l'inchiesta, la Sublime Porta pe,rsiste nella decisione presa e già fatta conoscere alle Potenze* (3).

Ho notato che, sebbene la Prussia si sia associata recentemente alla dimostrazione fatta dalla Francia, dalla Russia e da noi coll'ordinare alle navi da guerra di imbarcare i profughi di Creta, ciò non di meno il suo rappresentante a Costantinopoli non si è unito alla nuova insistente domanda che il R. Ministro, l'Ambasciatore di Russia e l'Incaricato d'Affari di Francia ebbero ordine dai loro Governi rispettivi di fare.

La politica della Porta Ottomana consistendo essenzialmente nel trarre partito dagli screzi che si presentano nella condotta de' vari Gabinetti, sarebbe cosa spiacevole ch'essa potesse supporre essere venuta meno quell'uniformità di vedute e di propositi che ha sin qui dato peso e valore all'azione diplomatica dei quattro Gabinetti che si sono interessati a far cessare l'eccidio di Creta.

*Le nostre informazioni particolari rappresentano un insieme di cose che lascia temere pella quiete delle provincie continentali della Turchia. Il lavorio interno delle nazionalità slave del Mezzogiorno è grande e serio, e costituisce

urrna1 un elemento col quale bisogna contare. Il Barone di Beust se ne mostra preoccupato. Le eccessive pretese degli Elleni non hanno reso possibile il loro accordo cogli Slavi, ma ciò non toglie che i due popoli possano far conto di avvantaggiarsi l'un l'altro operando reciprocamente un'utile diversione.

I Ministri di Grecia tengono un linguaggio che accenna ad un progetto deliberato di muovere guerra alla Turchia. Pare vorrebbero tentare le ostilità sul mare, e che facciano assegnamento sovra certi armamenti che loro verrebbero dagli Stati Uniti.

Ove siffatti progetti dovessero tradursi in atto egli è certo che gli interessi diversi delle Potenze si troverel:;>bero ben tosto seriamente impegnati in un conflitto del quale non è facile prevedere l'esito. Per questa ragione principalissima desidereremmo che una soluzione soddisfacente e radicale venisse prontamente a togliere di mezzo le difficoltà della vertenza cretese.

Valendosi delle considerazioni sovra esposte con quella prudenza e riserva che si addice a così delicato ,argomento, la S. V. non lascerà sfuggire alcuna occasione che Le si presenti per dimostrare al Gabinetto di Berlino quanto sia urgente il provvedere alla quiete dell'Oriente dando al Regno Ellenico una giusta soddisfazione nella questione di Creta*.

P. S. Unisco 7 documenti diplomatici.

(l) -Per la risposta cfr. n. 230. (2) -Cfr. nn. 197 e 198; gli altri rapporti non sono pubblicati. (3) -I brani fra asterischi furono inviati anche a Parigi e Pietroburgo con dispacci del 7 settembre.
214

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, SUSINNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 49. Bucarest, 8 settembre 1867 (per. il 16).

Col mio rapporto N. 16 Affari Politici in data 17 Maggio (l) ebbi l'onore d'informare l'E. V., che il Governo Austriaco, pendente la missione straordinaria compiuta a Vienna dal Principe Stirbey, già Ministro degli Affari Esteri, aveva mostrato disposizione a stipulare col Governo Rumeno accordi diretti o convenzioni riflettenti le relazioni commerciali e le questioni di giurisdizione fra i due stati.

Ieri il Presidente del Consiglio mi consegnò privatamente autorizzandomi a trame copia la nota in quell'occasione indirizzata dal Signor de Beust al Principe Stirbey.

I negoziati rimasero sospesi pel cambiamento del Ministero avvenuto in marzo scorso e S. A. il Principe presso cui rimaneva la nota s'era dimenticato sino a questi ultimi giorni di consegnarla ai nuovi Ministri. Ora però il Ministero è deciso a ripigliare le trattative con Vienna ed il Presidente del Consiglio mi soggiunse che l'Agente d'Austria lo ha di questi giorni assicurato che il Governo Imperiale persevera nelle stesse buone disposizioni ed è pronto sempre a trattare.

Vedrà l'E. V. dalla copia qui unita (l) quali siano i punti sui quali i due Governi desiderano di intendersi. Per uno di questi punti, la congiunzione di ferrovie, naturalmente noi non avremo nulla da trattare. Ma per gli altri credo

sarebbe assai grato al Governo Rumeno che anche l'Italia fosse disposta a stipulare accordi diretti. È vero che, secondo gli atti coi quali fu dalla Porta e dalle Potenze riconosciuto il Principe Carlo ed il nuovo ordine di cose, la Rumenia non potrebbe stipulare vere convenzioni che cogli Stati limitrofi. Ml:>. dato pure che il Governo del Re reputasse dover ancora strettamente rispettare quella restrizione non mi sembra potrebbe risultare da ciò grave difficoltà all'intenderei perché in ogni caso si potrebbe dare agli accordi una fo,rma che non fosse quella di solenni convenzioni diplomatiche, che certamente sarebbero preferibili; ma per esempio di protocolli, di scambi di note.

Il Presidente del Consiglio mi disse che non aveva documenti dai quali risultassero le basi proposte dal Principe Stirbey eccettoché per il cartello di estradizione del quale mi comunicherebbe senza ritardo il progetto esistente. Ma io ritengo che nella sostanza in materia di giurisdizione le basi di cui si era parlato a Vienna secondo quanto mi disse nel maggio scorso il Principe Stirbey che ora è assente, sono quelle indicate nel sovracitato mio rapporto. In ogni caso poi, se il Governo del Re fosse disposto ad iniziar trattative io pregherei il Ministro Rumeno a darmi copia delle basi che si manderebbero a Vienna e mi affretterei a spedirle all'E. V. con quelle osservazioni di cui io fossi capace acciò Ella potesse indicare le modificazioni che per parte nostra si bramerebbero. Oppure si potrebbe manifestare per ora semplicemente l'intenzione di trattare, salvo a formolar poi le nostre proposte quando fossero stipulate le convenzioni con Vienna.

P. S. Il nuovo Ministro degli Esteri che ho visto oggi stesso mi assicura che egli sarebbe lietissimo di entrare in negoziati col Governo d'Italia.

(l) Non pubblicato.

215

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

D. 61. Firenze, 9 settembre 1867.

Mi sono regolarmente pervenuti i rapporti che V. S. mi diresse in data 31 agosto e 2 settembre segnandoli coi nn. 97, 98 e 99 della serie politica (1).

Il Generale Robilant mi scrive (2) che la Sotto Commissione incaricata della constatazione del tracciato del confine, per quella parte ove non v'era contestazione, ha compiuto quasi totalmente i suoi lavori, e che egli avrebbe pertanto deliberato di riconvocare l'intera Commissione pel 28 corrente. Sarebbe desiderabile che a quell'epoca fosse risoluta la quistione relativa al tratto di confine compreso tra Pradizzuolo ed il mare verso Porto Buso. Non avendo il Barone Ktibeck peranco riscontrato alla Nota che io gli diressi in proposito fin dal 23 luglio scorso e della quale era annessa copia al dispaccio ch'io spedii al Conte di Barrai il 27 dello stesso mese (n. 51 politico) (3), La prego, Signor Cavaliere, di volersi adoprare presso S. E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri affinché la vertenza di cui si tratta sia prontamente definita.

TrasmettendoLe, qui uniti n. 10 documenti diplomatici ...

(l) -Cfr. nn. 195 e 201; il r. 99 non è pubblicato. (2) -R. 94/38 del 7 settembre. non pubblicato. (3) -Cfr. n. 97.
216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

D. 62. Firenze, 9 settembre 1867.

Il Ministro del Re a Costantinopoli mi ha annunziato essergli stata fatta dal Gran Vizir una comunicazione del tenore seguente: «Il Divano riunito Il 4 corrente per prendere una decisione circa le cose di Candia, ha deliberato di rifiutare l'armistizio, di mantenere il blocco marittimo e di accordare invece un'amnistia, concedendo un mese di tempo per abbandonare l'isola ai volontari esteri ed a tutti coloro che volessero accompagnarli. Per ciò che concerne l'inchiesta, la Sublime Porta persiste nella decisione presa e già fatta conoscere alle Potenze).

In presenza di siffatta deliberazione la quale rende per lo meno difficile una pronta soluzione della quistione Cretese, la situazione delle provincie continentali della Turchia potrebbe farsi assai grave. All'infuori del movimento che si va sempre più sviluppando tra le popolazioni slave, è evidente che la disperata lotta sostenuta dai Candioti, gli immensi saerlftzii fatti dagli Elleni del Regno per sopperire alle esigenze della insurrezione Cretese, la presenza, infine, in Grecia, di oltre 30 mila profughi dall'isola, sono circostanze le quali potrebbero indurre il Governo d'Atene ad inconsulti oropositi. Io stimai anzi opportuno che la nostra voce suonasse moderazione e prudenza presso quel Gabinetto, e diressi al Conte della Minerva, a tal riguardo, un dispaccio in data del 6 corrente (l) ch'Ella troverà al N. 249 tra i documenti diplomatici che oggi Le invio (2).

TrasmettendoLe, qui unito, un annesso cifra, ...

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Votre dépeche du 31 Aout (3) est fort intéressante; peut-etre aurait-il été préférable de l'envoyer par un Courrier étranger en lui faisant faire le détour par Paris. Vous avez raison de croire que les Hellènes ont voulu se garder toutes les portes ouvertes. Leurs prétentions exagérées ont rendu impossible leur accord avec les Slaves.

M. de Beust a grandement de quoi etre préoccupé de l'agitation qui règne dans les provinces turques limitrophes de l'Autriche. La politique du dualisme, en enlevant aux Croates tout espoir de faire de l'Autriche le centre d'un grand Etat slave, les a entièrement tournés vers les Serbes avec lesquels l'entente a fait depuis quelque temps de très grands progrès. Il parait qu'à Vienne on avait trop compté sur les antipathies religieuses entre catholiques et orthodoxes et que le Gouvernement Impérial se trouve presque désarmé contre les tendances d'un pays qui en Autriche a seul joui jusqu'ici d'une autonomie administrative presque complète. Ces quelques renseignements qui m'ont été donnés par une personne qui a été dernièrement à Agram pourront vous mettre sur le chemin pour me tenir au courant d'une situation dont on ne peut point dissimuler la gravité.

(l) -Non pubblicato. (2) -Analogo dispaccio venne Inviato in pari data a Londra. (3) -Cfr. n. 195.
217

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 36. Berna, 9 settembre 1867 (per. il 12).

Non appena ebbi ricevuto col pregiato dispaccio N. 9 delli 9 Agosto (l) andato l'autorizzazione di pormi privatamente in corrispondenza col signor Presidente del Governo di Zurigo, ch'io gli rivolsi una lettera per chiedergli di verifica:re se alla fabbrica Escher e Compagni erasi data dal Conte di Trani (2) una commissione di fucili.

Il Signor Treichler mi rispose adesso che crede menzognera quella notizia, imperocché la Casa Eschler ha numerose relazioni coll'Italia né vorrebbe macchiare la sua riputazione. Le indagini, poi, da lui praticate non hanno potuto se non confermarlo in questa sua convinzione.

Il Presidente suddetto termina la sua lettera colle parole seguenti: « Soyez persuadé, mon cher Chevalier, que je ne manquerai pas d'avoir un oeil ouvert sur la conduite de M. Trani, car je déteste comme Vous de tout mon coeur tout attentat contre la liberté du peuple Italien ».

Il R. Console a Ginevra mi scrisse tempo fa chiedendomi quale contegno doveva assumere alla venuta del Generale Garibaldi in quella città. Io gli risposi che il Generale Garibaldi non avendo alcun carattere otlìciale, il Console di Sua Maestà non doveva agire per lui altrimenti che per ogni altro cittaddno del Regno di passaggio per Ginevra; chiedesse pertanto istruzioni al R. Governo (3).

Sebbene non abbia avuto l'agio di conversarne ancora col Presidente della Confederazione, pure mi vien affermato che il Congresso di Pace non è veduto di buon occhio dal Consiglio Federale, per essere specialmente una dimostrazione contro il Governo Imperiale. V. Hugo e Louis Blanc sono in Ginevra.

Ho invitato il signor Console Gambini di tenere l'E. V. direttamente informata nel modo più preciso e dettagliato su di questo Congresso.

Il fratello del Talcoun ed un seguito numeroso sono giunti a Berna or sono alcuni giorni. Nel suo discorso al Presidente della Confederazione ed al consiglio Federale ha detto essere inviato da suo fratello per visitare i paesi che hanno Trattati col Giappone, e per stringere vieppiù i legami di amicizia già esistenti.

L'Ambasciata Giapponese è partita per Ginevra, ma sarà di ritorno martedì prossimo. Mi recherò allora dal Plenipotenziario del Tai:coun il quale ha visitato tutti i Capi di Missione.

P. S. Ho l'onore di accusarLe ricevuta del pregiato Dispaccio Politico N. 11 delli 29 Agosto (l), e La prego gradire i miei ringraziamenti per l'invio del vaglia postale di franchi sessanta.

(-3) Cfr. n. 205.
(l) -Non pubblicato. (2) -Luigi Maria di Borbone conte di Trani.
218

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 29. Costantinopoli, 9 settembre 1867 (per. il 17).

Ebbi tre giorni or sono un lungo colloquio col Generale Ignatiew, di cui mi affretto a render conto a V. E., lasc·iandoLe la cura di vedere se desso abbia avuto per iscopo di continuare ad associarmi a quell'azione che, d'accordo con la Francia, abbiamo intrapreso riguardo a Creta, oppure abbia avuto in mira di mettermi in prima linea e farmi tirar, come si dice, les marrons du teu. Ecco le sue parole:

« Stamane ebbi à déjeuner meco tutti i Ministri Turchi e non lasciai lor tregua onde aver qualche soluzione sulla questione Cretese, e tale da soddisfare il mio Sovrano. Parto stasera alla volta di Crimea, ed in 30 ore sarò di nuovo in presenza dell'Imperatore. Abbiam guadagnato un primo punto; le ostilità saranno sospese sino al 1° Novembre (non dite ancora questo agli altri colleghi). I Bachi-Bouzouck saranno congedati, e cosi saranno 15 mila volontari di meno ed i più feroci, i quali non potranno più essere adoperati contro i Cretesi. Durante quest'intervallo, il Governo non rimarrà ozioso, e darà tale organizzazione all'isola da soddisfare ai voti degli abitanti. Cosi almeno dice Fuad-Pacha. Il progetto ventilato in Consiglio a quest'uopo è fondato sul principio elettivo. Se i Greci non faranno i guastamestieri anzi tempo, non sarà difficile l'autonomia dell'isola, e quindi l'annessione a tempo opportuno. Ad ogni modo, noi dobbiamo accettare la condizione di cose che ci si propone come una cosa provvisoria, e non desistere dal chiamar di più, facendo vedere gli inconvenienti che sono virtualmente implicati in questa stessa condizione di cose. Che arriverà ove gl'insorti continuino dal canto loro le ostilità? Ci vorrà almeno una linea di demarcazione oltre la quale le ostilità non possano aver luogo. Durante la mia assenza da questa capitale vi esorto di parlare in questo senso. So che avete istruzioni tali da poter camminare di pari passo con noi, ed anche da pigliare, ove d'uopo, l'iniziativa, ove tuttavia non si tratti di misure coercitive. Vi dò confidenzialmente comunicazione del piano di riforma da me comunicato a Fuad Pacha, dal quale sto giornalmente aspettando le avvertenze in proposito dal canto suo».

Entrando quindi a discorrere delle varie fasi della questione Cretese, ed a pronunziare, secondo il suo punto di vista, la probabile soluzione della medesima, il mio interlocutore, dimenticando apparentemente la prima parte del suo discorso, seguitò a dire:

« Ci vorrà coazione, od almeno una dimostrazione imponente e di tal indole da farla credere possibile ed effettiva da un momento all'altro, se si vuole che la Porta ceda. I Ministri Turchi mi hanno lasciato intravedere che sarebbero lieti di troncare il collo a questa faccenda di Creta; che essi s'acconcieranno alle .conseguenze d'una dimostrazione comminatoria cui sia impossibile il resistere con successo; ma altrimenti non potranno cedere. Il Sultano non potrebbe più presentarsi alle Moschee qualora cedesse ad altre condizioni; ed i suoi Ministri, poco sicuri l'un dell'altro, non osano proporre in comune quel che per altro mi lasciarono intendere quando favellarono meco ·isolatamente, e fidando nella mia discretezza».

«Chi darà opera a questa pressione sui generis, o piuttosto a queste misure coercitive, supposto che si debbano tosto o tardi adoperare? » gli chiesi io.

A ciò il mio Collega rispose: «La prima a proporre siffatte misure fu la Francia stessa; noi non vi aderimmo naturalmente hic et nunc, perché volevamo veder ben chiaro nel fondo della faccenda. Voi ben conoscete che se è facile attirare la Francia ad un'impresa, e farla entrare in un certo ordine di fatti, non è poi tanto facile il farnela uscire quando vi è entrata».

« Comprendo, aggiunsi io, che la baia della Suda può solluccherare l'appetito di più d'una Potenza».

Il Generale fece un sor·riso alquanto ironico d'adesione alla mia avvertenza, !asciandomi vedere che avevo colpito nel segno, e finì col dirmi: «Noi abbiamo proposto l'Italia per incaricarla di queste misure; ma il Governo Francese non volle udir parlare di tal combinazione per alcun conto. A proposito, continuò il Generale Ignatiew, sapete che cosa fanno 1 vostri stazionarii? Continuano essi ad imbarcare famiglie Cretesi? È vero che l'Ammiraglio Riboty deve recarsi nelle acque di Candia con qualche fregata?>>.

Risposi che ignoravo affatto quest'ultima notizia, e che in ordine all'« Authion » ed alla «Sirena», io avevo ragion di supporre che gli ordini ulteriori da darsi ai Comandanti dei medesimi sarebbero emanati direttamente dal Ministero della Marina.

Tornando sulla pressione da esercitarsi sul Divano rispetto a Candia durante la sua assenza, l'Ambasciatore Russo mi suggerì varii modi onde renderla più efficace, e, fra gli altri, quello di appoggiarmi sui Protocolli, in virtù dei quali le Potenze già si sono pronunciate riguardo all'isola, prima del 1830. Siccome questo modus standi potrebbe per avventura farmi opporre gli argomenti già allegati dalla Porta a nostro riguardo, quando si ventilò la questione del Libano, io credetti di non entrare col mio Collega in quest'ordine d'idee; anzi lo scartai recisamente, perché preferisco attenermi al Trattato che ci dà il diritto d'inge.renza in giornata, ed al fatto che desso non è per verun modo contestato, senza entrare in discussioni retrospettive fuor di bisogno.

L'impressione in me prodotta dalla conversazione avuta col mio Collega, mi fa sospettare o che egli illude se stesso, supponendo poter ottenere dal Divano quanto né io, né il mio Collega di Francia crediamo probabile che si ottenga allo stato attuale delle cose; 1Jppure che esso divide bensì la nostra opinione in proposito, ma che tenta di spingerei avanti quanto più può per poscia acquistare al ragguaglio il merito della moderazione per se medesimo.

Checché ne sia, è opinione di qualcuno che sta spiando molto da vicino l'attuale agitarsi del Generale Ignatiew, il suo andare e venire da Stamboul alla Crimea, che desso intenda isolare la Turchia dalle Potenze Garanti, e quindi addurla ad una entente directe colla Russia. Dò questo cenno per quel che vale; ma non potrei tuttavia non darlo, dal momento che esiste in questo paese un partito assai notevole il quale non sarebbe lontano dall'intendersela, senz'altro, collo Tzar, (advienne que pourra) per isvincolarsi intanto da un

Protettorato collettivo onde sente il peso ad ogni occorrenza, e che finisce per rendere cronica una malattia altrimenti suscettiva di guarigione.

Quanto a me, non sarei neppure alieno dal supporre che, sul timore che la visita di Napoleone III a Salisburgo possa modificare eventualmente le sue viste rispetto alla questione d'Oriente, e che quindi la Russia, segregata, debba far parte per se stessa, come direbbe Dante, 11 mio Collega m'abbia parlato nel senso che sto riferendo all'E. V., onde io perseveri nella linea di condotta e d'azione che fin qui abbiamo tenuta ed esercitata in comune.

P. S. -La notizia che una nave turca abbia inalberata la bandiera francese, e quindi accolte colla mitraglia le famiglie cretesi che si avvicinarono alla medesima per quindi pigliare imbarco, è considerata come molto sospetta dal Signor Outrey, ed improbabile dall'Ammiraglio Simon, che aspetta più sicure informazioni prima di pronunciarsi in proposito.

Le ostilità saranno sospese per un mese e mezzo. I Bachi-Bouzouck saranno congedati. Tale è l'ultima parola detta da Aali Pacha al Generale Ignatiew, e ripetuta jeri al Signor Outrey.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 99. Vienna, 9 settembre 1867.

La Circulaire française sur l'entrevue de Salzbourg, peut avoir une portée comme expression de sentiments pacifiques, et sous ce rapport elle a été bien accueillie de l'opinion publique en Autriche, où la grande majorité des populations, comme j'ai eu l'honneur de le dire à V. E., désire la paix. Mais on a peu goll.té la phraséologie qui remplace, dans cette pièce, l'affirmation absente des principes quels qu'ils soient sur lesquels doit reposer cette entente austro-française, que l'on a si hautement annoncée. Le silence complet de la Circulaire sur les affaires d'Orient, à l'égard de,squelles on dit tout haut ici qu'il y a péril en la demeure, ne parait pas avoir produit un bon effet sur les hommes politiques autrichiens et hongrois.

Si la France évite de se compromettre avec l'Autriche dans les questions Orientales, l'Autrkhe ne met pas moins de soin à se dégager de toute solidariété ouverte avec les tendances plus ou moins directes du Gouvernement français à réagir contre l'unité allemande. Ce Cabinet ne s'est pas borné à démentir qu'il ell.t été question, à Salzbourg, de mettre l'Autriche à la tète d'une Confédération du Sud; il est allé jusqu'à déclarer dans un télégramme circulaire à la plupart de ses Agents à l'étranger, que le Gouvernement de l'Empereur François-Joseph n'est entré dans aucune espèce de négociations concernant les Etats du Sud de l'Allemagne; chose d'autant plus notable que l'an connait les tentatives de l'Empereur Napoléon pour amener les Etats du Sud à former une Confédération distincte.

Le langage du Baron de Beust dans ces conjonctures est que le Gouvernement autrichien ne juge pas nécessaire d'expliquer par une circulaire spéciale sa politique, où rien n'est changé: que qui s'exsuse s'accuse; et que plus que jamais l'Autriche a besoin de se replier sur ses affaires intérieures dont la marche, le Chancelier de l'Empire le reconnaìt, est loin d'étre aisée.

Tout cela confirme de plus en plus que malgré l'importance de l'échange de vues qui a eu lieu à Salzbourg, le Gouvernement français n'a rpas obtenu de l'Autriche les engagements qu'il désirait, à ce qu'on assure ici en bon lieu, relativement aux affaires de l'Allemagne, et que le Gouvernement autrichien n'a pas reçu de la France les garanties formelles qu'il avait surtout en vue de s'assurer vis-à-vis des complications possibles en Orient.

Je dois ajouter que, selon des informations de bonne source, les deux Gouvernements se seraient réservés de compléter et de raffermir leurs accords à l'occasion du voyage que l'Empereur François-Joseph doit faire à Paris à la fin du mais prochain.

M. Rouher, à son passage à Vienne, n'a pas vu M. de Beust. On dit seulement qu'il a eu un entretien avec le Ministre Impérial des Finances et qu'il aurait été question entre eux d'opérations financières que l'an faciliterait en France pour le compte du Gouvernement autrichien.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 102. Vienna, 9 settembre 1867.

J'ai l'honneur d'accuser réception à V. E. de sa dépéche politique n. 60 {l). Je prie V. E. d'accueillir mes respectueux remerciements pour l'appréciation bienveillante qu'Elle a accordée au peu que j'ai pu faire.

A l'égard des importants documents qui étaient joints à cette dépéche (au nombre de 12) j'y ai puisé des éléments précieux pour la règle de mon langage.

La démarche faite de nouveau par l'Italie, la France et la Russie à Constantinople pour l'acceptation de l'enquéte et pour la cessation des hostilités est jugée ici camme une démonstration visant à rassurer les chrétiens d'Orient sur les suites de l'entreuve de Salzbourg, plutòt que camme une tentative conçue dans un but pratique. On croit en effet que les trois Puissances en présence du non possumus de la Porte, n'ont plus d'autre alternative que d'interposer plus ou moins directement leurs forces pour empécher la continuation des hostilités en imposant en méme temps l'enquéte pure et simple, ou d'accorder à la Porte que l'enquète aura pour résultat une autonomie plus ou moins étendue sous sa suzeraineté.

Ce dernier parti est celui que le Gouvernement autrichien croit le plus sage. Il croit qu'il suffirait d'accorder à Candie un Gouverneur chrétien avec les mèmes pouvoirs à peu près que ceux du Gouverneur du Liban; mais il est très probable que l'Autriche et la Porte elle-méme iraient jusqu'à consentir à une

autonomie à peu près semblable à celle des Principautés danubiennes. D'après les récentes nouvelles de Constantinople, ce Cabinet semble ne pas croire impossible que la Russie ne parvenant à une entente avcc les autres Puissances sur l'emploi des moyens coercitifs, finisse par se résoudre à négocier sur la base de l'autonomie, solution en définitive assez satisfaisante. Du moins l'an sait ici que l'Empereur Alexandre s'est montré plein de dispositions conciliantes en recevant Fuad Pacha, qui a été content de san audience et qui a trouvé que l'Empereur était de meilleure composition que ses Agents.

Mais ici se pose une question; la Russie dans la question de Candie, n'a-t-elle pas pour but de mainten:r en Orient une agitation dont puissent profiter les Slaves quand le moment sera venu pour eux d'agir? Je ne dois pas cacher à

V. E. que ce n'est pas un soupçon de fantaisie, mais une crainte assez répandue, à ce que prouvent des lettres reçues ici, dans certains centres de populations helléniques de la Turquie d'Europe. J'ai eu dernièrement connaissance, et je l'ai fait savoir à V. E., que des Agents serbes avaient cherché, mais en vain, à pousser la Thessalie et l'Epire à se soulever; d'autres renseignements m'apprennent maintenant que beaucoup d'Hellènes craignent que M. Tricoupis et sa diplomatie ne se laissent jouer par la Russie qui voudrait leur faire tirer les marrons du feu peut-étre pour la Bulgarie, tout camme elle a déjà tiré profit il y a quelque temps de l'insurrection de Crète pour mener à bien l'évacuation des forteresses serbes.

P. S. Un télégramme reçu hier ici annonce la continuation des hostilités à Candie.

(l) Cfr. n. 202.

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IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 2. Ginevra, 9 settembre 1867 (per. il 12).

J'ai reçu la dépéche Divisione Polit:ca n. 16 Svizzera que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 5 de ce mais (l).

Effectivement mon intention était de demander d'une manière confidentielle des instructions sur la conduite que je devais tenir pendant le séjour du Général Garibaldi. Dans ce but je m'étais adressé par lettre à la Légation à Berne, demandant un conseil officieux; il me fut répondu que je devais interroger télégraphiquement le Ministère, télégramme que Berne aurait pu envoyer, plus discrètement que mai, au moyen de sa correspondance chiffrée, ce que j'avais un peu espéré en faisant la demande; cela aurait ainsi évité cette demi publicité que V. E. regrette (2). Dans tous les cas je crois pouvoir assurer que mon ab

l~ -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

stention a été généralement approuvée notamment par le Présldent de la Con

fédératlon qui se trouvait à Genève et par le Président du Conseil d'Etat de ce

Canton.

Le Général est arrivé hler, sa réputation européenne, son caractère désintéressé, le beau temps, le jour du repos et par dessous tout les deux partis poitiques qui se divisent Genève, tout a concouru à faire au Général une ovation des plus imposantes. Déjà tout le long de la ligne Suisse il a été acclamé dans les gares où les populations étaient accourues en foule, arrivé à Genève au milieu d'une immense population dans laquelle les femmes et les enfants étaient en grand nombre, il a été reçu par un imposant cortège, composé de toutes les sociétés du Canton, précédé des tambours et de trois corps de musique militaire. Il est monté dans une voiture à 4 chevaux fournie par le Comte Csaki, ayant à còté de lui le Président du Congrès M. le Professeur Barni. Arrivé au logement qui lui avait été préparé, il s'est montré au balcon et là M. Fazy comme ancien Magistrat du Canton l'a complimenté le premier; il semblerait que le Général lui aurait fait un froid accueil. M. Wessel membre du Grand Conseil et faisant partie de la fraction politique opposée à M. Fazy lui a parlé ensuite et aurait été accueilli plus chaleureusement.

M. Wessel est l'auteur de la proclamation que j'ai l'honneur d'adresser inclus à V. E. (1).

Bien que le Clergé alt invité les Cathollques à s'abstenir d'aUer à la manifestation, il y avait, pour Genève, une foule énorme qu'on s'accorde à évaluer a environ 30/m personnes.

Du haut de son balcon le Général a fait un discours à cette multitude, discours qui vient d'étre imprimé et que j'ai l'hoaneur d'envoyer à V. E.

Aujourd'hui lundi le congrès s'est ouvert à 2 heures. L'autorité locale en surveillera la tenue, on m'a assuré que le Président aurait été prévenu d'avoir à modérer la fougue des Orateurs, attendu qu'ils seraient arrétés et expulseés du Canton s'lls ne respectaient pas les formes des Gouvernements et les Autorités qui gouvernent les pays dont la Suisse est entourée.

Je suis intervenu pour faire cesser une inconvenance de quelque inférieur, employé par le Comité du Congrès. On avait arboré un immense drapeau Italien, sur la demeure du Général, mais sur le champ blanc du milieu, on avait cousu une serviette pour masquer les armes de la maison de Savoie, j'en ai fait prévenir indirectement le Général et immédiatement les serviettes ont été enlevées.

Si quelque fait saillant venait à se produire au Congrès, j'aurai l'honneur d'en prévenir V. E.

P. S. La lère Séance s'est passée convenablement quoique bien agitée; en voici un compte rendu sommaire qui rend assez bien l'impression générale -les propositions de Garibaldi s'y trouvent textuellement (2).

dlt-on en Italle ».

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. il s~gucnie brano del d. 13 inviato a Berna il 12 settemb;·e: «Approvo il tenore delle istruzioni ch'ella impartì ai R. Console in Ginevra in ordine al contegno che quel R. Agente avrebbe avuto ad oss~rvare in occasione clella venuta del Generale Garibaldi al Congresso della pace. Avrei però preferito che V.S. si fosse astenuta dall'invitare il signor Gambini a rivolgersi in propositc per più precise istruzioni al Ministero. Imperciocché il signor Gambini, non avendo cifra per corrispondere meco ed urgendo d'altra parte la cosa, mi interpellò con telegramma in tutte lettere, ,,bbligando cosi il Ministero a pronunciarsi in forma quasi pubbìica, in a,-gomento delicatissimo, nel quale, del resto, era evidente non potersi prescrivere altre norme all'infuori di quelle che V.S. avea già tracciato». (l) -Non si pubblicano gli allegati. (2) -Cfr. Il seguente t. 556 di De Martino dell'll settembre: «Le Consul Oamblnl me chargede vous télégraphler que Oarlbaldl a qultté Oenève par le traln sulsse de neuf heures: Il retourne,
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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 137. Pietroburgo, 11 settembre 1867 (per. il 18).

Mentre fino ad ora il Governo Russo aveva sostenuto energicamente l'annessione di Creta al regno di Grecia essere l'unica soluzione possibile del conflitto attuale, da alcuni giorni in qua si mostra molto meno fermo in tale proponimento e sembra quasi che si sia dimessa ogni speranza di giungere ad un simile risultato. Il linguaggio del Principe Gortchacow va giornalmente modirlcandosi e sembra ora, che, messa da banda ogni altra idea, ogni suo sforzo tenda ad ottenere una sollecita cessazione delle ostilità affine di discutere le riforme che la Porta sa·rebbe disposta di accordare ai Cretesi le quali andrebbero forse fino all'autonomia sotto un Principe Cristiano. So che in questo senso il Cancelliere parlò or sono tre giorni all'Inviato del Regno Ellenico dimostrandogli l'impossibilità nella quale si trova la Russia di ottenere dalla Porta la rinuncia alla possessione di Candia senza imporgliela le armi alla mano, il che non si vuole, né si può fare, e cercando di persuaderlo ad accontentarsi di quello èhe solo sembra si potrà ottenere cioè un miglioramento della sorte degli abitanti di Candia. Il Ministro di Grecia rispose non esservi per lui altra soluzione possibile che l'annessione, e non poter prendere nemmeno in considerazione alcuna proposizione del genere di quella fattagli dal Principe.

Nella conversazione che ebbi questa mattina col Cancelliere dell'Impero Egli si espresse meco come colui che non ispera quasi più nella realizzazione della soluzione che sola assicurerebbe la pace in Candia. Anco le speranze che si erano fondate sui risultati del linguaggio energico tenuto dall'Imperatore Alessandro a Fuad pascià sembrano dileguarsi a poco a poco, e tutto quello a cui si ridurranno le promesse fatte a Livadia dal Ministro Turco sarà, a quanto pare la cessazione delle ostilità e l'autonomia per Candia con un Principe Cristiano vassallo della Porta. Il Generale Ignatieff era giunto ieri da Costantinopoli in Crimea ma non si aveva ancora al Ministero notizie su quanto aveva riportato 11 che, mi faceva osservare il Principe Gortchacow, non mi fa sperare gran cosa di buono.

In modo analogo si espresse il Principe con altri miei Colleghi, e debbo dire che questo cambiamento nell'attitudine del Governo Imperiale ha vivamente sorpreso molto più pel momento nel quale si effettuò cioè subito dopo il convegno di Salisburgo. Le ragioni che se ne danno dalle persone officiali sono l'impossibijità d'ottenere di più dalla Turchia senza ricorrere al cannone e la necessità di porre fine allo spargimento di sangue 11 quale riuscirebbe completamente inutile una volta che la Turchia si rifiuta a cedere l'isola, e che gli insorti, sebbene anco di recente un'altra volta vittoriosi, mancano di mezzi per cacciare i Turchi dalle fortezze. In altro rapporto di oggi (l) facevo allusione alla causa che da taluni si attribuisce ad un tale mutamento, e la quale non è priva di ogni verosimiglianza.

Qualunque sia la cagione è un fatto che cambiamento vi fu nelle idee della Russia sulla quistione Candiotta, e perché si sia essa decisa ad abbandonare la soluzione la quale poteva· alquanto consolidare il trono futuro di una delle sue granduchesse, fa di mestiere o che sia intimamente persuasa dell'inutilità di ogni suo sforzo ulteriore o che potenti ragioni la consiglino a non urtare di troppo certe potenze.

La posizione della Grecia, fallita l'annessione di Candia diviene infatti delle più gravi, e lo stesso Re Giorgio se ne mostra seriamente preoccupato, poiché nel caso possibile in cui l'opinione pubblica in quel paese, non scoraggiata dall'insuccesso delle pratiche fatte dalle potenze europee, si dichiarasse per una lotta ad oltranza contro la Turchia, il Governo Ellenico non potrebbe a meno che seguire una tale direzione giacché il volere resistervi sarebbe lo stesso che segnare la propria sentenza di morte, esporre il paese all'anarchia, e l'Europa a complicazioni gravi forse più dell'attuali. Ecco quale purtroppo è da temersi sarà la conseguenza della mancanza di accordo tra tutte le grandi Potenze europee nel linguaggio che si è tenuto a Costantinopoli a proposito di Candia.

Il Cancelliere mi diceva che il salvataggio delle famiglie degli insorti continua e continuerà giacché appunto se si conosce essere impossibile di realizzare completamente i desideri di quelli infelici, è necessario dimostrare alla Turchia ·che l'Europa non li abbandona e così ottenere loro concessioni maggiori. Un legno francese o due sono pure restati in quelle acque affine di continuare la missione umanitaria intrapresa.

(l) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AF'FARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 560. Vienna, 13 settembre 1867, ore 11,10 (per. ore 14).

Ayant reçu vos dépeches après conversation avec Beust, mon impression est que l'Autriche et la Turquie ont gain de cause pour le moment dans la quest!on de Candie.

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IL MINISTHO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

D. 35. Firenze, 13 settembre 1867.

Approfitto di un'occasione sicura per trasmetterLe qualche ragguaglio confidenziale sulla situazione generale degli affari d'Oriente, affinché, sempre meglio informato della vera condizione delle cose Ella possa continuare come ha fatto sin qui a tenermi al corrente di tutto quanto accade d'importante in Grecia.

Ed anzi tutto io La ringrazio, signor Conte, della sollecitudine e preclSlone colla quale Ella ha sempre saputo interpretare le istruzioni che Le diressi ed a seguito delle quali Ella era naturalmente chiamata a fare speciali comunicazioni ai Ministri di Sua Maestà Ellenica.

Mi riuscì non poco gradito di sapere da Lei che questi, rendendo giustizia alla nostra politica, si dichiarano convinti della sincerità delle simpatie che l'Italia professa pella causa nazionale della Grecia. Se il Gabinetto di Atene ci parve, nelle varie fasi degli ultimi rivolgimenti, non sempre all'altezza del compito che gli incombe, si fu certamente per non aver calcolato abbastanza che le grandi cause popolari s'impongono da per se stesse alle simpatie nazionali senza bisogno di artifizi e di complicazioni che spesse volte anzi riescono nocivi a coloro che se ne valgono.

Ella avrà forse saputo come, or sono parecchi mesi, si cercasse di stabilire un accordo fra Slavi e Greci e che un convegno ebbe anzì luogo a questo fine in Giurgevo al quale intervennero i Delegati delle varie nazionalità. Gli EHeni, sempre attaccati alle vanità storiche dell'Impero Bizantino, resero impossibile l'accordo che avrebbe dovuto aver invece per base la ricostituzione delle varie nazionalità della Turchia Europea. Il non esser giunti ad intendersi fu cagione di seminar diffidenze fra coloro che s'erano riuniti per proporre le basi di una stretta alleanza. Una mutua assistenza ed un reciproco eventuale soccorso potranno ancora prestarsi forse tra di loro i popoli di razza Slava e quelli di razza Ellenica se si troveranno per caso impegna,ti contemporaneamente in una lotta colla Turchia, ma una precisa intelligenza non sembra per ora probabile, se prima i Greci non rinunzieranno alle pretese diggià emesse.

Questa situazione spiega iJi gran parte le esitanze e rincertezza che accom~ pagnarono lo sviluppo degli ultimi avvenimenti in Oriente. Mentre infatti gli Slavi non fanno ormai alcun conto di ciò che avviene in Grecia, e si preparano ad un uovimento tendente unicamente a stabilire una forte unità Serbo Croata capace di vita propria ed indipendente, la politica Ellena si adopera qua e là nelle varie Corti, né sempre utilmente, a cercare appoggi, e forse anche si discosta da quella linea retta che sola potrebbe condurla al fine che si propone.

Se infatti le mie informazioni sono esatte, sembrerebbe persino che il Gabinetto di Atene, non volendo chiudersi la via ad un eventuale accomodamento coll'Austria, cerca di tenersi tutte le vie aperte, tanto per un'intelligenza possi,bile con Vienna, quanto per cogliere un'occasione propizia di aggredire l'Im'\>ero turco, ove quest'ultimo si trovasse alle prese coi Serbi.

Non istà a noi di apprezzare il valore pratico di una tale politica che per

.~lersi attagliare a tutte le combinazioni prevedibili, potrebbe riuscire a risultamenti opposti a quelli che i Greci stessi si prefiggono di ottenere. Ma noi non possiamo a meno di vedere con dispiacere che il Governo di una nazione la quale vuole ricostituirsi, si lusinghi trovare per se medesimo le condizioni indispensabili di una vita sicura in avvenimenti che sarebbero la negazione dell'altrui indipendenza. Nessuno ormai ignora che fra i progetti della politica del Barone di Beust sta appunto l'annessione all'Austria della Bosnia, dell'Erzegovina e di

altri distretti Slavi che ora appartengono alla Sublime Porta. Appena è mestieri che io Le dica, signor Conte, come siffatto progetto sia avversato ugualmente e dalle popolazioni stesse che si vorrebbero annettere, e dalla Russia ed anche da noi che certamente non possiamo avere alcun interesse a che l'Austria trovi modo di rinforzare quella stretta linea di territorio che ora formano le sue provincie del litorale Adriatico.

L'Italia aspira, come Ella ben sa, ad avere per sé la forza che nasce da una politica logica, riflessiva e calma. Non potremmo quindi noi in alcun caso niegare le nostre simpatie all'applicazione in altre contrade di quei principii che formarono la base del nostro risorgimento nazionale. Ma appunto perciò noi desideriamo che dallo svolgersi degli avvenimenti delle altre parti d'Europa, quei principii abbiano ad ottenere nuova vigoria ed impulso.

In questo senso ed entro i limiti degli speciali interessi dell'Italia, noi pretendiamo quindi spiegare la nostra attività politica, ed è bene che anche la S. V. conosca in modo preciso questa nostra maniera di vedere, perché in ogni circostanza possa trarne facilmente norme sicure pella condotta da seguire.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 28. Firenze, 13 settembre 1867.

Ho ·letto con speciale interesse, tra i rapporti giuntimi oggi da codesta R. Legazione, quelli segnati co' nn. 26 e 28 della Serie Politica (1).

Mentre sono di fatto sospese le ostilità nell'isola di Creta, ove sembrano ugualmente stanche della lotta le due parti contendenti, ia quistione cretese è entrata, al punto di vista diplomatico in una nuova fase, di cui non è meno difficile discernere gli elementi che prevedere i risultati probabili. Perdura infatti l'aspettazione del partito cui saranno per appigli~rsi le Potenze a fronte del rifiuto opposto dal1.a Porta alle domande ripetutamente fatte dall'Italia, dalla Francia e dalla Russia, associandovisi in varia misura la Prussia e l'Austria. ~ evidente d'altra parte che le deliberazioni prese recentemente dal Divano non furono che una conferma della situazione di fatto già esistente sul teatro della lotta; né a chi conosca la condizione giuridica degli stranieri in Turchia può sembrar lieve la condizione cui Ia Sublime Porta subordina la facoltà di emigrare dal territorio ottomano, poiché la privazione della cittadinanza turca implica, come necessaria conseguenza, la confisca dei beni.

In tale stato di cose, H Governo del Re non può che confermarle le precedenti istruzioni, riserbandosi d'impartirle, accorrendone il caso, più precise direzioni.

(l) Non pubblicati.

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IL MINISTRO A CARLSRUHE, GIANOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 104. Baden, 13 settembre 1867 (per. il 16).

Quando nell'ultimo mio rapporto (1), re1ativo all'apertura delle Camere Badesi, io esprimeva la riserva d'informare successivamente l'E. V. dell'impressione prodotta sul pubblico dal discorso Reale, mi lusingava che tutta la stampa badese, sia favorevole sia ostile al Granducale Governo, avrebbe sottoposto a disamina e giudizio queHa concione che era di non comune portata sia per i concetti ch'essa racchiudeva sia ancora pel modo franco ed ardito in cui essi venivano espressi.

La mia aspettazione, almeno ~er quanto si riferisce alla stampa tedesca, è stata quasi completamente delusa.-I giornali principali ispirati da caldo patriottismo e dal desiderio dell'unione, tanto nel Sud quanto nel Nord della Germania, non ebbero in generale che parole di encomio per quel discorso inaugurale, di cui approvarono ogni singolo periodo e sentenza: gli organi del particolarismo ed i giornali clericali si limitarono a riprodurne il testo senza farvi su né commenti né critiche. Di cotal silenzio cercasi ravvisare il motivo nel fatto, già nell'altro mio rapporto menzionato, che il discorso del Sovrano Badese non isvelava alcuna circostanza od aspirazione che già prima non fosse nota e palese pell'indirizzo e condotta del Governo Granducale. Tale per lo meno è l'opinione de' miei colleghi i quali non meno di me ansiosi di conoscere l'impressione fatta nel pubblico da quell'arringa, restarono al par di me sorpresi dal silenzio serbato in proposito dalla stampa, soprattutto da quella clericale.

Il sospetto penetrato né circoli diplomatici che il discorso pronunziato dal Granduca il 5 fosse stato, se non redatto, almeno esaminato, ed approvato dal Gabinetto di Berlino, si cambiò quasi in certezza alla lettura dell'altro discorso pronun:lliato il 10 corrente all'apertura del Reichstag dal Re di Prussia. Questi due discorsi sono considerati come due parti d'un sol tutto, e la menzione che solo si fa nel secondo del nuovo Zollverein, e della legge sui passaporti siccome destinata a gettare le fondamenta di un'unione, conforme all'interesse nazionale, tra la Confederazione del Nord e gli Stati del Sud, lascia travedere che se il Re di Prussia, alla riapertura del Reichstag ha giudicato conveniente di occuparsi unicamente delle cose interne della Confederazione, si è perché al Granduca di Baden era stata affidata la cura d'esprimere i voti degli Stati al di qua del Meno nei modi, limiti e misure consentiti dalla Prussia.

In appoggio di quest'apprezzazione debbo ·rif.erire qui una risposta fattami jeri sera dal Conte Flemming, Ministro di Prussia, al quale io manifestava la soddisfazione e sorpresa destata in me dalla riserva serbata dal Suo Sovrano in quel suo discorso. «Mon Roi, mi disse egli, n'avait plus besoin de dire ce que le Grand-Due avait dit quelques jours avant ~.

La Prima Camera Badese ha dopo breve discussione votato all'unanimità, meno uno, l'indirizzo, in risposta al discorso Reale, la cui redazione era stata affidata al Signor Bluntschli.

In esso si esprime: «il felice accordo della Camera colle cose dette in quel discorso; la decisa determinazione di Sua Altezza Reale di dirigere i suoi sforzi ad ottenere l'unione nazionale incontra lo spontaneo e pieno appoggio della Camera, la quale è pronta a fare i sacrifizi richiesti nell'interesse di quest'Unione. La pace all'estero e la calma all'interno appariscono solo allora assicurate quando l'unione Nazionale col Nord sia ristabilita. L'alleanza offensiva e difensiva contratta è un passo fatto verso questa meta. La riforma dell'armata sul piede dell'obbligo generale di servizio militare è indispensabile all'armamento della Patria. Essa impone certamente agl'individui ed alle sostanze grandi sagrifizii e gravi pesi. Ma qualsiasi altra politica del Governo imporrebbe sacrifizii uguali senz'assicurare gli stessi felici risultati. L'unione militare trarrà dietro sé l'unione politica, la quale mediante H nuovo trattato per lo Zollverein ha già acquistato vigore sul terreno economico. Alla maggior possibile unità su questo terreno deve corrispondere la conservazione dell'indipendenza e della libertà nell'amministrazione interna, nella coltura, e nell'educaZiione così che si possa evitare una sterile e non conforme all'indole tedesca ( und deutsch) uniformità, ed un'esagerata centralizzazione. Saluta con riconoscenza la ripresa dei lavori di riforma interna dello Stato. Invoca la benedizione del Cielo su Sua Altezza Reale, sul paese, e sulla grande patria tedesca».

In occasione della discussione di quest'indirizzo, il Ministro degli Affad Esteri ha dichiarato, rispondendo ad alcuni appunti del Barone di Gemmingen (quel desso che ha votato contro l'indirizzo) che: «né nell'indirizzo, né nel discorso Reale non è questione di un'annessione alla Prussia od alla Confederazione del Nord, ma solo di trovar il mezzo di g:ungere ad un accordo nazionale colla Confederazione del Nord nella misura data dalla Pace di Praga. L'alleanza offensiva e difensiva non è stata forzatamente imposta siccome condizione di pace, bensì, siccome Egli può affermarlo in virtù della parte avuta in quei negoziati, affatto liberamente conchiusa dopo fatta la pace. Né in allora né poi fuvvi pressione da parte della Prussia. La Prussia si è svestita de' suoi migliori mezzi coercitivi, particolarmente della facoltà di far dipendere il rinnovamento dello Zollverein da un accordo politico preliminare. Quella Potenza osserva i trattati del 1866, ma tiene aperte le braccia ai popoli e Governi del Sud allorché questi vogliano con lei conchiudere la nazionale alleanza».

La seconda Camera occupata a costituirsi non ha ancora potuto consacrarsi alla discussione dell'indirizzo. Si crede ch'esso abbia a riescire anche più accentuato che non quello della prima, nel senso di aspirazione verso il Nord.

Il Barone Freydorf mi disse in occasione del pranzo di gala dato per l'anniversario del Granduca, ch'egli avea motivo di credere che alla prossima apertura del Parlamento Wtirtemberghese il Re Carlo I avrebbe tenuto un discorso non meno esplicito d1 quello del Granduca quanto al fondo, benché forse meno colorito nelle frasi.

Fra ·pochi giorni deve arrivare qui S. M. il Re di Prussia di passaggio verso Hohenzolle·rn. Pare che l'augusto viaggiatore non abbia a trattenersi qui lungo tempo. Le voci scorse di arrivo contemporaneo dei Sovrani di Baviera e di Wiirtemberg in Baden non sembrano acquistare consistenza.

Nell'accusare all'E. V. ricevuta del Dispaccio n. 14, Serie Politica (1), giuntomi 1'11 corrente per occasione particolare, Le offro l'omaggio della mia riconoscenza per gl'interessanti documenti in esso acchiusi ...

(l) Cfr. n. 207.

227

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 106. Vienna, 13 settembre 1867.

Le Baron de Beust m'a confirmé formellement, dans une conversation que j'ai eue avec lui aujourd'hui, qu'il n'a été aucunement question de l'Italie à Salzbourg.

J'ai eu l'occasion d'exprimer amicalement au Baron de Beust les vues constantes du Gouvernement du Roi sur l'application rigoureuse du principe de non-intervention, condition indispensable pour que l'Autorité Royale continue à exercer l'influence pacificatrice qu'un pouvoir national peut seul déployer utilement dans les affaires de Rome. M. de Beust m'a dit qu'il croyait que la France tenait toujours au maintien du statu qua; il a ajouté qu'en tout cas ce ne seraient pas certes des soldats autrichiens qui interviendraient à Rome.

228

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 107. Vienna, 13 settembre 1867 (2).

Je résume ci-après !es points principaux d'une conversation très longue que j'ai eue hier avec M. de Beust, en omettant la part que j'y ai prise et en notant seulement ce qu'il m'a dit d':mportant. M. de Beust s'est exprimé dans ce sens: « Nos dispositions sont entièrement pacifiques, et camme nous ne sommes pas en état de jaire la guerre, notre bonne entente avec la France est pour l'Europe un gage de paix. Le discours du Grand-Due de Bade n'est que la continuation d'une t<:ndance qui suit son cours; nous n'avons rien à y redire. A l'égard de l'Orient, ma pold.tique a été dès le commencement de tirer l'Autriche des inconvénients graves que présentait la politique ultraturque suivie jusque là par elle. Au commencement de cette année j'ai pro

(2l Il rapporto reca questa clata ma fu spedito il 17 settembre (cfr. poscritto clel n. 238).

posé, sans succès, le moyen qui selon moi devait permettre de piacer la Turquie sous une tutelle salutaire pour elle et bienfaisante pour les populations chrétiennes; c'était l'institution d'une conférence ad hoc. Pour décider la Russie à y entrer honorablement, on aurait supprimé la restriction mise à ses forces navales dans la mer Noire, restriction réellement humiliante pour elle, et qui pouvait raisonnablement etre supprimée comme inutile par les Puissances occidentales, puisque si la Russie avait de l'argent à consacrer à Ja construction de ~trands vaisseaux de guerre dans la mer d'Azoti, personne n'entreprendrait de l'en empecher. Mais la France et l'Angleterre y mirent malheureusement, je ne sais quel amour-propre, et mes propositions en restèrent là. Aujourd'hui je n'ai pas changé, et le Gouvernement Impérial est autant que quiconque désireux d'améliorer le sort des populations ohrétiennes, de manière à déV'elopper leurs éléments de vie propre, en restant dans les termes du Traité de Parls de 1856. Vous dites que ce traité n'a pas eu pratiquement pour effet de donner aux chrétiens d'Orient les garanties stipulées pour eux; mais d'où vient cela, si non de ·ce que d'un còté, on s'est laissé entraìner à consacrer des infractions à ce traité, pendant que de l'autre, on laissait la Porte s'eudormir sur l'application des mesures réparatrices convenues pour les chrétiens dans ce traité mème?... Nous jouons à l'égard de l'Orient le meme jeu que la Russie, mais elle le joue avec de bien meilleures cartes que nous. La Serbie et la Bulgarie sont travaillées activement; les envois d'armes continuent sans relàche, sans proportion avec un armement norma! de ces populations; un événement peut arriver d'un jour à l'autre (1). C'est là et non ailleurs que sont les points noirs qui assombrissent les perspectives de l'Europe, et tous doivent y penser sérieusement. En attendant la Porte .a montré dans ses récentes résolutions sur les aft'aires de Candie une fiexibilité qui prouve qu'on peut quelquefois s'entendre utilement avec elle. L'accord établi en conséquence entre l' Autriche et la France pour dift'érer à plus tard les négociations sur les conditions à assurer à la Crète, est un fait heureux qui améliore la sltuat1on ».

Ayant demandé à M. de Beust si la Russie avait émis une opinion sur cette phase nouvelle de la question de Candie, il me répondit: << pas encore, mais dernièrement le Czar a témoigné à Fuad Pacha des intentions satisfaisantes ». Le Chargé d'Aft'aires de Russie dit n'avoir depuis dix jours ni instructions, ni nouveUes de Pétersbourg. M. de Beust lui a dit nettement il y a quelques jours, que la France ne partageait pas en tout les vues de la Russie sur les aft'aires d'Orient.

En confrontant le langage que m'a tenu M. de Beust avec mes autres informations, s'il m'est permis d'exprimer une optnion sur les vues actuelles du Chancelier de l'Empire, c'est que sa crainte principale est de voir les Slaves de la Turquie se soulever sans intervention apparente de la Russie; éventualité qui placerait l'Autriche dans l'alternative ou de subir les conséquences d'un désordre qui gagnerait ses propres possessions, ou d'intervenir d'une maniére fàcheuse contre la nationalité slave en provoquant ainsi une immixtion inévi

table de la Russie et peut-etre de la Prusse. Je crois auss1 que sans avoir encore formé de projets décisifs vis-à-vis d'éventualités, auxquelles il compte parer en temps et lieu avec les ressources de son esprit, H cherche pour le moment à temporiser en décourageant Ies Slaves de la Turquie et en diminuant, avec l'aide de la France autant que possible, leur confiance dans l'efficacité de l'appui que la Russie veut ou peut leur preter. C'est à ce point de vue surtout que l'échec éprouvé par la politique russe, au sujet de l'annexion de Candie, est constaté avec plaisir par le Gouvernement autrichien (1).

(l) Non pubbiknto.

(l) M. de Meysenbug me disait il y a deux jours: «!es Provinces slaves de la Turquie sont un tonneau de poudre auqucl la prem!ère éti.ncelle mettra le feu, et la chute du Prlnce Charles est prochaine » [nota del documento].

229

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 561. Vienna, 14 settembre 1867, ore 0,50 (per. ore 1,40).

Le général Tiirr dont les journaux annoncent la « mission économique » a été reçu à Pest par des démonstrations de la gauche extrème; il adresse des communications signées aux organes du parti Kossuth, et il doit aller voir Strossmayer à Agram. J'ai parlé au baron de Beust et au comte Andrassy de manière à détruire la mauvaise impression autant que possible; mes déclarations conformes à mes instructions ont été bien accueillies; mais deux ministres hongrois m'ont laissé voir amicalement qu'ils regrettent que Tilrr puisse se prévaloir dans son voyage, surtout dans les circonstances actuelles, de relat:ons positives avec le Gouvernement du Roi. Je prierai confidentiellement Tilrr de se conduire avec la rése,rve que comporte la lettre dont il est porteur.

230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, SUSINNO

T. 320. Firenze, 14 settembre 1867, ore 15,30.

Nous aimerions nous abstenir de donner à la Roumanie des conseils, qui surtout dans les circonstances actuelles ne pourraient etre que des conseils de sagesse et de modération. Dans tous les cas nous désirerions savoir quel serait le but, la portée et la base juridique de l'alliance projetée (2).

exprimer une oplnlon "·

(1) SI pubblica qui un brano del r. 104 di Blanc dello stesso 13 settembre: « Sans doute J'excitation des esprit,; Hl G"ècP et la présence de trente mille Candlotcs dans l€' Royaume peutétre présentée ccmme un ctanger qu'll seralt sage d'atténuer en résolvant complètement la questlon Crétolse dans le scns national; mais l'on crolt ici que ia très-grande probabilitè dc l'lnsuccès refroldlra beaucoup !es Grecs et !es Slaves sur des coups de maln ultérleurs, la prudence ne manquant pas à ces deux races malgré certalnes apparences. Dans tous !es cas, et quant à présent, entre la Russle, qui pourralt difficilement demander l'autonomie si peu de t•,mps après avoir Insistè pour l'annexion, et la France qui semble s'arrèter complètement après l'insuccès de ses négociollons dans le sens annexionniste, l'Italle ne pourrait-elle, au grand bénéflce de la cause Hellénlqw•, prendre, avec !es prècautions préalables qui sera!ent nécessalres, l'lnltlatlve de proposer avec ou sans enquete, l'autonomie sous la suzeralneté de la Porte? C'est une questlon sur laquelle !l faudrait des éléments plus complets que ceux que Je possède pour

(2) Cfr. n. 212.

231

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 70. Berlino, 14 settembre 1867 (per. il 18).

Il signor di Quaade, Rappresentante del Re di Danimarca presso questa Corte, è incaricato dal suo Governo di ricercare e discutere con la persona che verrà a tal fine delegata dal Conte di Bismarck, onde far le sue veci, quali garanzie la Danimarca potrebbe accordare a,i tedeschi residenti in quella parte dello Schleswig Settentrionale che potrebbe eventualmente V'enire dalla Prussia retrocessa alla Danimarca. Allorquando un accordo sarà intervenuto su tal punto, si apriranno fra i due Governi delle conferenze per sciogliere la questione secondo il Trattato di Praga, ed a quanto pare esse avranno luogo a Berlino.

Qui si sostiene essere tali garanzie indispensabili; sebbene H Governo danese abbia le migliori intenzioilli verso i Tedeschi dello Schleswig del Nord, converrebbe prendere delle precauzioni contro la parte danese della popolazione: in alcuni distretti i tedeschi non contano che tre su cento, ma in altri sommano fino a 48 per cento e costituiscono la parte agiata della popolazione, i proprietarj delle terre.

Il Signor di Quaade, dal canto suo, esprime l'avviso che il suo Governo deve concedere qualsiasi garanzia, benché le leggi danesi le rendano superflue, purché la Prussia retroceda tutta quella parte dello Schleswig di cui la Danimarca abbisogna, onde costituirsi una frontiera nazionale, non esistendovene una militare.

Siccome questo Presidente del ConsigHo ebbe già a dire in una sua conversazione che la Danimarca doveva assolutamente rinunziare al pensiero di riaver Duppel ed Alsen e che la Prussia sosterrebbe una guerra piuttosto che retrocederle, l'E. V. vede che il campo della discussione è ancor piuttosto largo. Giova peraltro sperare che, non sembrando più imminente un conflitto europeo del quale ognuna delle parti poteva trar profitto, le idee di conciliazione prevarranno nei due Gabinetti.

232

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 71. Berlino, 14 settembre 1867 (per. il 18).

Mi fu dato di recente conversare con una persona, il Conte d'Usedom, cui la posizione politica ed un soggiorno prolungato a Berlino diedero agio di farsi della situazione attuale un'idea, che credo esatta e che corrisponde ad altre impressioni da me raccolte.

Il Gabinetto di Berlino è convinto che a Saltzburgo tutte le questioni politiche del giorno devono essere state discusse, quella della Germania sovratutto: che si deve aver ~proposto ,all'Austria di consl:derare come un casus belli la violazione del trattato di Praga: che l'Austria non deve aver vincolato la sua azione, qualunque possano essere del resto i suoi disegni: che deve essersi constatata la identità del modo di vedere dei due Sovrani circa tale questione.

Se si convenne di far rispettare H trattato di Praga, ciò non turberà i sonni del Conte di Bismarck dl qurule, all'incontro di un numeroso partito, respinge la fusione del Sud col Nord della Germania: egli è tranquillo nel veder riunite tutte le forze militari dell'Allemagna pel caso in cui scoppiasse una guerra coll'estero, ma per ora non vuole andar più oltre, giacché sa che i Deputati del Sud recherebbero nel Parlamento federale un forte contingente alle frazioni cattolica e liberale, difficili a dominarsi. Lo stato delle cose potrebbe però ad ogni istante diventare nuovamente minaccioso per la pace europea. Il Governo Prussiano non prenderà veruna iniziativa contraria alle clausole del Trattato di Praga, ma nei limiti del medesimo intende sviluppare l'unità germanica, quindi le convenzioni militari, quella dello Zollverein, il Parlamento doganale; se un Potentato estero volesse interporsi in questa via, ne nascerebbero gravi conflitti. Chi sarebbe allora più forte, fra l'uomo di Stato che vuol camminare di un passo .tento e sicuro, ed il partito che vuol rovesciare ogni diga? Non mancano coloro i quali chiedono fin d'ora d'irrompere e compiere l'unità germanica, sia con il Conte di Bismarck, sia contro di lui.

Se mi è lecito il fare induzioni, conchiuderò che, riferendomi all'importante dispaccio, n. 20, Serie politica, diretto dall'E. V. al Conte di Launay li 25 agosto ult:mo (1), che n Gabinetto di Berlino non crede sia risultato dal convegno di Saltzburg un formale trattato, ma che non dimostra una si grande tranquillità, se non per i motivi che ho avuto l'onore di indicare nel mio dispaccio n. 67, Serie Politica delli 9 corrente (2), giacché apprezza del resto la gravità dell'avvenimento in vista delle future combinazioni politiche.

233

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 787/304. Londra, 14 settembre 1867 (per. il 18).

Al ricevere del di Lei dispaccio riservato N. 50 (3) col quale Ella mi trasmetteva la nota comunicata confidenzia1lmente al Commendator Artom da Nubar Pascià durante il suo soggiorno a Parigi, circa le riforme giudiziarie da introdursi in Egitto, non mancai di cercare ad informarmi intorno all'accoglienza fatta da questo Governo ad un simile •progetto.

Lord Stanley come Ella sa non era a Londra, e vidi il secondo Sotto Segretario del Foreign Office, signor Hammond. Dalle prime sue parole m'accorsi · ch'egli era alquanto imbarazzato a rispondermi: mi disse che la nota di Nubar Pascià non era ancora stata presentata al Governo Ing'lese quantunque certamente non potesse tardare ad esserlo, e che quanto al modo in cui essa sarebbe stata contemplata, non era in suo potere d'esprimere un giudizio. Capli immediatamente che il signor Hammond aveva piena cognizione della proposta

in parola, ma che non voleva pronunciarsi in assenza del suo capo. Per cui non insistendo più a lungo con delle domande, gli d1edi lettura dei punti più importanti della nota del Primo Ministro del Viceré, e discutendone il contenuto cercava di scandagliare il suo pensiero, non ignorando che in materia simile il parere del signor Hammond possa anco avere un certo peso sulle risoluzioni di lord Stanley. Sebbene le sue parole fossero avvolte nella più grande circospezione e che protestasse di non saperne nulla ei non mi parve ostile alle divisate riforme e conchiuse dicendomi che qualora l'Inghilterra ricevesse delle sutnclenti guarentigie non sarebbe in massima opposta all'idea di veder scomparire ogni traccia di giurisdizione extraterritoriale, la quale nel fondo era fonte continua di inconvenienti e malcontento.

Questo linguaggio, conoscendo quanto qui sieno ritrosi ad accettare ogni nuova idea, mi stupì non poco, sapendo massime, come senza dubbio V. E. non ignorerà, che in circostanze non affatto dissimHì l'Inghilterra al par della Francia ha finora ricusato di accettare l'alterazione introdotta nelle leggi ottomane sul diritto degli stranieri di possedere degli immobili nell'Impero, e non ha firmato il protocollo che Fuad Pascià le proponeva a tale scopo. Tanta arrendevolezza per l'Egitto mi sembrava se non altro alquanto strana, quando mi parve di trovarne facile spiegazione nella campagna che la Gran Bretagna sta ora allestendo contro l'Abissinia.

In quest'impresa l'Inghilterra ha talmente bisogno dell'Egitto che non è necessario di andare più in là per cercare la rag;one della sua condiscendenza. Il territorio che la spedizione dovrà traversare dal littorale fino alla frontiera dei barbari dominj del Re Teodoro è Egiziano, e si è dal Governo Viceregale che gli Inglesi ora dipendono per la provvista del bestiame da trasporto e dell'immensa turba di gente che dovrà accompagnare l'armata di operazione per vettovagliarla ed assisterla nella sua marcia attraverso le trecento miglia di soffocanti e malsani deserti che dividono il mare dal confine Abiss:no.

Questa campagna tra le più ditncili che mai abbia intrapreso la nazione Inglese minaccia fin d'ora d'essere disastrosa per l'erario e l'esercito, e sterile ad un tempo di soddisfacenti risultati.

Molti sono d'avviso che la Gran Bretagna avrebbe dovuto allearsi all'Egitto ed abbandonar a quest'ultimo la conquista di quelle parti finitime del territorio Abissino per cui già anticamente i due paesi furono a lungo in guerra. Anzi mi viene affermato che esiste un antichissimo trattato, il quale fino a questi ultimi tempi giacque sepolto e dimenticato negli archivi del Foreign Otnce, a termine di cui l'Inghilterra altre volte s'impegnò di difendere l'Abissinia dalle invasioni degl'Egiziani. La posizione essendo ora cambiata, havvi chi pretende che il Governo del Viceré quando fosse stato attirato dal prospetto della possessione di un tratto più o meno vasto di quella fertilissima contrada, non avrebbe chiesto meglio che di sobbarcarsi ad una tal guerra la quale da Kassala, ove mantiene un ragguardevole deposito d'armi e d'armati, esso avrebbe potuto spingere con vigore e comparativamente con agevolezza. In tal caso un migliajo di soldati Inglesi sarebbe stato sutncìente a fianco degli Egizj, e l'ingente spedizione che si sta ora preparando, e da cui si poco s'attende, sarebbe stata evitata.

Ma un avviso contrario prevalse e l'Inghilterra sola si accinge all'ardua, a detta di taluni quasi impossibtle, impresa d'investire l'Abissinia dal lato pestilenzialissimo di Massowah e dei suoi aridissimi deserti. Non v'ha campo di dubitare dell'energia colla quale s'intende procedere, a giudicarne dall'attività spiegata nei presenti preparativi. Invece di due soli reggimenti europei come era da prima deciso, il corpo di operazione pare ne conterà otto, oltre a molta artiglieria.

È probabile che colla pertinacia e le risorse immense che possiede, questa potente nazione giunga a superare ogni ostacolo a forza di sacrlftzj; ma quando questo scopo sarà raggiunto si terrà dessa paga di aver posto in libertà quei pochi prigionieri fatti da un capo di tribù selvagge, o di vendicare la loro morte con qualche rappresaglia, se non giunge a trovarli vivi?

Ecco ciò che fin d'ora ognuno comincia a domandarsi. Infatti, quantunque nulla sia trapelato dalle sfere umciali (non dimenticando altresi quanto sarebbe vano nell'incertezza presente di formare un plano definitivo), tuttavia pare impossibile che dopo tanti sacriftzj, ed a fronte del grido unanime del paese sulla sterilità dell'impresa, sebbene essa venga riconosciuta inevitabile, non si cerchi a trarne un vantaggio o compenso qualunque.

L'altopiano Abissino è fra le più fertili e salubri regioni che si conoscano; gl'Inglesi vi potrebbero stabilire una prospera colonia. Si va già ripetendo che da quel paese si ricaverebbe tanto cotone quanto ne abbisognano le manifatture del Regno Unito. Tanto per la parte pratica ed utilitaria.

Per la parte politica non manca poi chi è d'avviso che una colonia Inglese si vicino all'Egitto formerebbe un salutar contrapposto alla ognor crescente influenza della Francia in quel viceregnato. Massowah, punto da cui non sarebbe dimclle all'Inghilterra di stabilire una strada ferrata per le sue comunicazioni coll'interno, potrebbe venire dall'Egitto ceduta, scambdata o venduta. Situata rimpetto ad Aden, col suo possesso la Gran Bretagna avrebbe un doppio baluardo per la tutela del passaggio al suo grande impero Indiano.

La Francia da un lato accrebbe le sue relazioni in Egitto. La Russia da un altro s'avvicina ogni giorno ai possedimenti asiatici dell'Inghilterra. Non coglierà quest'ultima il destro che adesso le offre una spedizione a cui è spinta per rivendicare la sua influenza oltraggiata e posta in non cale in un paese, in cui per la vicinanza deLle sue colonie, essa è forzata da un vitale interesse a mantenerlo in tutta la sua pienezza? Il tempo solo potrà risolvere tale quesito, ma non pare certamente probabile che si tralasci di ottenere un qualche vantaggio materiale da una campagna si piena di pericoli e che a seconda degli eventi potrà anche nella prossima sessione parlamentare rendere assai precaria la posizione del Gabinetto che ne fu iJl fauto.re.

Ecco le considerazioni che a questo riguardo mi veniva svolgendo Sir Samuel Baker, il celebre esploratore dell'Abissinia, il quale in questo momento è frequentemente consultato dal Primo Segretario per gli Affari Esteri.

Siccome vedo dal dispaccio N. 55 di V. E. (1), di cui qui mi pregio segnarle ricevuta, che il Ministro del,la Guerra bramerebbe di far rappresentare da due umciali l'esercito Italiano presso il corpo di spedi~ione in parola, ho pen

sato che i sovra esposti cenni potessero essere letti con qualche interesse, e mi pregio intanto informarla che non ho mancato di partecipare al Foreign Office il precitato desiderio dell'Onorevole suo Collega (l).

Nel vedere lord Stanley gli feci menzione del progetto di Nubar Pascià come se non avessi parlato col signor Hammond, e vidi che infatti non mi ero ingannato nel supporre che desso fosse pure stato presentato al Governo Inglese.

S. S. mi disse di non trovarsi ancora in grado di darmi una r:sposta a questo riguardo.

Esposi quindi quali fossero le vedute del Governo del Re e come assennatamente giudicasse che tutte le nazioni aventi interessi in Egitto dovessero unirs'i per considerare maturamente la portata delle proposte riforme giudiziarie prima di sanzionarle col 1oro consenso. Deggio far noto alfE. V. che H Primo Segretario di Stato concorse pienamente nelle stesse idee, credo però, secondo il parere che ho avuto più sopra l'onore di esporre, che non vi sarebbe a maravigliarsi se attualmente l'Inghilterra si mostrasse in varie quest:oni assai pieghevole ai desiderj del Viceré.

(l) -Cfr. n. 175. not n l. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 167, nota 2, p. 169.

(l) Non pubblicato.

234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 321. Firenze, 15 settembre 1867, ore 14,15.

Veuillez déclarer bien nettement au Gouvernement impérial que le général Tiirr n'a aucune mission, ni relation officielle ou olficieuse avec le Gouvernement du .Roi. Vous n'ignorez pas que la lettre dont il est porteur est une recommandation de pure formalité que le Ministère délivre à tout individu tant soit peu connu, qui se rend à l'étranger, Dites que nous regrettons sincèrement la conduite du général Tiirr, et assurez MM. de Beust et Andrassy que, dans tout ce qu'il fait, il agit pour son propre compte, ainsi que sous son entière responsabilité.

235

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. R. 789/305. Londra, 15 settembre 1867 (per. il 20).

Il Signor Marchese d'Azeglio mi ha annunziato il suo ritorno per domani, e prima di por termine a questa brevissima reggenza sento esser mio dovere di ringraziarla per la bontà colla quale Ella si è degnata accogliere i miei rapporti.

Ma siccome tutto quanto era relativo a quest'impresa dipendeva dal Ministero delle Indie, egli desiderava che gliene scrivessi officialmente onde potesse consultare il suo collega sulla risposta definitiva ».

Per l'assenza di quasi tutto il mondo politico da questa capitale, mi sono trovato spesso circondato da molte difficoJtà nel cercar di trasmettere qualche ragguaglio a V. E., e se non ho sempre riuscito a farlo colla celerità che avrei desiderato, spero che vorrà tener conto delle circostanze speciali in cui era posto.

Un fatto importantissimo ebbe luogo nella politica Europea, sul quale tanti e sì contraddittori rumori furono e sono tuttora in circolaz,ione. Avrei tenuto per quanto sta in me di far subito conoscere a V. E. qual fosse l'opinione del Governo Inglese circa questo abboccamento dei due Imperatori, ma non ho potuto farlo immediatamente per la causa che più sopra ho già accennata.

Malgrado l'indifferenza di lord Stanley, dopo aver e.gH ammesso, come ebbi l'onore di rassegnare a V. E., che la questione orientale sia stata trattata dai due Monarchi a Salisburgo, e che siena ·addivenuti a quel risultato che ho accennato nel mio rapporto n. 303 (l), sarebbe assurdo di pensare che anche questo Ministro degl'Affari Esteri non apprezzi la portata di quel Convegno.

Dalle sue parole uno sarebbe quasi indotto a credere che, nella sua preconcetta idea che la pace del continente non può e non deve essere turbata, egli abbia considerato fin da principio il predetto incontro imperiale come privo di quell'importanza che anche ora si rifiuta apparentemente ad accordargli.

Siccome ho stimato mio debito nel corso di questa corta gestione di comunicare a V. E. alcune riflessioni sulle opinioni personali di Lord Stanley, in quest'ultimo rapporto che oggi ho l'onore di rivolgerle mi permetto di riferirle una osservazione che mi venne fatta non più tardi di jeri sera dal Conte Apponyi, ambasciatore d'Austria, la quale riassume tutto ciò che scrissi su questo punto.

Egli ritornava dal castello del Marchese di Salisbury, notissimo capo della frazione la più esclusiva del partito aristocratico-conservatore. Fra gl'invitati che colà aveva incontrato eravi pure il Primo Segretario degl'Esteri. Nel parlare di lui il Conte Apponyi mi disse: « Lord Stanley est un homme d'état qui croit fermement que tout l'avenir de l'Angleterre est dans les colonies et dans ses relations avec l'Amérique. Otez-le de là, il ne voit plus rien. Son idée prédominante est que la Grande Bretagne doit s'abstenir de toute intervention dans les affaires du Continent, et il s'exprlme méme à cet égard avec une espèce de cynisme qui est vraiment ·remarquable ~

Ho creduto di riportare queste parole all'E. V. prima, perché mi pare importante che si conosca a fondo il pensiero intimo di chi si trova ora alla direzione delle cose estere deU'Inghilterra, massime quando si consideri che egli ebbe finora una troppo breve carr~era politica perché da tutti si sappia da quali idee è animato. In secondo luogo, per provar a V. E. che l'opinione che ho avuto l'onore di emettere sopra di lui è pure divisa da coloro che per la loro posizione ed esperienza hanno maggiori mezzi di me di esprimersi con autorità.

Del resto sonvi due esempi che dimostmno la verità di quanto ho asserito sulle tendenze politiche di lord Stanley. La sua condotta co~ Governo Americano, e il desiderio che trapela dalla sua corrispondenza col Gabinetto di

2Ll ~ Dueumenti ùiplamatiei -Serle I -Vul. IX

Washlngton per venirne ad un accomodo della controversia Insorta per l'Alabama malgrado rifiuti coi quali H Signor Seward sembra accogliere ogni sua proposta.

La spedb:ione quindi contro l'Abissinia, che costerà tanti sagrificii d'oro e di sangue, e che è mossa per mantenere il prestigio Inglese nelle sue colonie orientali.

Ove si paragonino questi due fatti coll'attitudine indifferente dell'Inghilterra nelle ultime gran questioni Europee, se ne scorgerà facilmente il contrasto.

Qualora se ne abbisognasse una prova basterebbe di rammentare la riluttanza colla quale lord Stanley accondiscese a:lla guarentigia collettiva data dalle potenze nella questione del Lussemburgo, riluttanza che per un momento compromise seriamente i buoni risultati della conferenza. Aggiungerò anzi a questo riguardo un incidente assai caratteristico. Quando il Gabinetto Inglese radunato a consiglio decise finalmente di non opporsi più a lungo a tale concessione, Mylord ne diede l'annunzio ad una persona di sua confidenza, soggiungendo: «Sapete però quanto ciò valga» «Suppongo zero», risposte l'altro, «L'avete detto».

Queste parole ricevettero poi ampia conferma dai discorsi pronunciati da lord Derby e da suo figlio in Parlamento quando furono interpellati su questo soggetto. Per cui se ne può trarre la conclusione che, se in future complicazioni Europee l'Inghilterra sarà trascinata a prendervi una parte qualunque, potrà esserlo forse dalla forza dell'opinione pubblica, ma non già da quella di lord Stanley.

Ultima ragione poi perché mi sono permesso di così ritornare su questo particolare, si è che, nelle sfere Governative stesse, molte persone non credono improbabile una modificazione ministeriale prima della riunione del Parlamento. Lord Derby è talmente male in salute che a stento ha potuto attendere alle esigenze della sua posizione durante l'ultima sessione. Ora che il Gran bill di riforma passò, pretendesi che intenda ritirarsi daUa vita politica.

L'attuale Segretario di Stato per gl'Esteri è additato per l'alta sua capacità dalla voce pubblica come uno degl'uomini che avranno più infiuenza sul futuro di questo paese, e nel caso del ritiro di suo padre non havvi nessuno nel presente Gabinetto che potrebbe aver più di lui probabilità di succedergli come primo Ministro.

Questo m'indusse a rassegnare i cenni che precedono all'E. V., onde completare le informazioni atte ad agevolare un giusto criterio che già sono a lei pervenute.

All'Ambasciata di Francia ho inteso parlare del probabile cambiamento del Ministro Imperiale degl'Affari Esteri. Fra i successori del signor de Moustier citasi H Principe Latour d'Auvergne, attuale ambasciatore di Francia a questa Corte. Egli sarebbe in tal caso surrogato dal signor La Valette, se pur non sarà quest'ultimo che diventerà Ministro degl'Esteri.

Nell'accusarle ricevuta del dispaccio N. 56 (l) e dei documenti diplomatici ad esso allegati, ...

(l) Cfr. il seguente brano del r. 701/306 di Azeglio del 17 settembre: « ln quanto al deslderic espresso dal Ministero della Guerra che due ufficiali eli Stato Maggiore accompagnino la spedizione In Abissinia, lord Stanlev m: ri:lpo"e che per conto suo non vedeva ubbiezionl.

(l) Non pubblicato.

(l) No n pub bilea t o.

236

IL DIRETTORE SUPERIORE DEGLI AFFARI POLITICI, ULISSE BARBOLANI,

AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

D. 37. Firenze, 16 settembre 1867.

Il Ministro di Grecia mi ha dato comunicazione di un dispaccio ch'egli avea ricevuto dal suo Governo nel quale si esponeva quanto le decisioni prese recentemente dal Divano fossero lungi dal soddisfare alle dimande ripetutamente presentate a Costantinopoili dai rappresentanti d'Italia, d'Austria, Francia, Prussia e Russia e quanto la Grecia avrebbe a soffl'ire ove non si trovasse modo di far prevalere, pella soluzione della vertenza di Candia, un pa·rtito favorevole alla causa nazionale combattuta in quell'isola. Il signor Coundouriotis soggiungevami che il Governo Elleno sperava che l'Ita;lia non si scosterebbe dalla sua Unea di condotta piena di simpatia verso la Grecia e che però non si sarebbe d:chiarata soddisfatta delle deliberazioni prese dalla Porta Ottomana.

Risposi al signor Coundouriotis che certamente i nostri sentimenti non mutavano, che la causa di Candia avea avuto e conservava tuttora le nostre simpatie, ma che difficilmente io avrei potuto esprimermi in modo positivo e preciso sul valore che si doveva annettere alle decisioni prese dal Governo Ottomano Telativamente alla quistione Cretese se prima non avessi ricevuto 1e ragguagliate relaz:oni dei rappresentanti del Re all'estero sulla nuova fase in cui era entrata quella vertenza.

Ebbi dippoi infatti vari rapporti che mi misero in grado di apprezzare meglio la situazione presente di quello che non si poteva fare dopo aver ricevuto le prime notizie recate da'l telegrafo. Oggidì non vi ha dubbio che in Creta è cominciata una esperienza di cui bisogna aspettare 1il risultamento. Se gli insorti ed i volontari ritirandosi dall'isola mostreranno di abbandonare la lotta ineguale, la Porta rientrata neHa p1ena signoria e nemintero possesso dell'isola, potrà essere sollecitata dalle Potenze a prendere quei 'Provvedimenti legislativi ed amministrativi che sono indispensabili perché non s'abbiano a rinnovare i casi presenti; ma se invece le ostilità dovessero continuare per parte degli insorti o subito o trascorso che sia il termine stabilito di sospensione d'armi, io crederei che la vertenza CTetese si troverebbe di non aver fatto che una breve pausa senza che ne siano sostanzialmente mutate le condizioni.

Ella vedrà dalle corrispondenze che le trasmetto in copia che questo stesso sembra dover essere il contegno che serberanno anche le alte potenze di fronte alla situazione creata dalle decisioni recenti del Governo del Sultano.

237

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELW

R. CONFIDENZIALE 523. Parigi, 16 settembre 1867 (per. il 19).

Ebbi jeri con S. E. il Marchese di La Valette una lunga conversazione, la quale benché non rivesta carattere ufficiale merita tuttavia ch'io la riferisca in sunto all'E. V. Il Marchese di La Valette si mostrò inquieto deHe notizie che gli erano pervenute intorno alle intenzioni a-pertamente confessate da Garibaldi di fare un tentativo di invasione e di insurrezione negli Stati pontificdd. Egli mi ricordò che nel caso d'insurrezione provocata in Roma o negli Stati Pontlficii [a Francia s'era riservata la sua libertà d'azione e mi disse che a seconda delle circostanze che avrebbero determinato o accompagnato un movimento sul territorio pontificio la I<,rancia avrebbe potuto usare di questa libertà d'azione facendo una nuova spedizione a Roma.

Io dissi al Marchese di La Valette che una nuova spedizione francese a Roma, quali che potessero essere le circostanze che l'av!l"ebbero determinata, avrebbe creato in Italia tale un movimento d'opinione, che avrebbe potuto nascerne una complicazione gravissima e forse anche la guerra fra l'Italia e la Francia; che una tale guerra sarebbe stata il più deplorabile evento che potesse accadere pei due paesi; che bisognava evitarla ad ogni costo, e pre

vedere e giudicare fin d'ora con calma le eventua[ità future, affinché i due Governi non si lasciassero sorprendere da fatti irrimediabili. «Io non ho r~cevuto, soggiunsi, nessuna recente notizia che mi faccia credere ad un peggioramento della situazione sulla frontiera pontificia. Ganibaldi continua a dire che vuol fare un :movimento sulla frontiera; ma questa frontiera è ben guardata, ed ho la ferma convinzione che il Governo del Re è perfettamente in misura di respingere ogni tentativo d'invasione. Posso dare a questo riguardo le assicurazioni le più assolute. Tuttavia, per quanto la f.rontiera sia sorvegliata, nessun cordone militare può iiil(pedire che un uomo, una diecina, una ventina d'uomini possano penetrare in uno o in altro punto del confine. Ogni possibile precauzione sarà presa onde impedire anche ciò. Ma infine può accadere che Garibaldi, solo o con pochi individui passi la frontiera e vi sia accolto ed accompagnato da insorti sul territorio pontificio. Può ancora accadere uno

o più villaggi o città del territorio pontificio si sollevino a questa occasione. Se ciò accade, che cosa si deve fare? Una seconda spedizione francese? L'Italia non può ammetterla, e vi si opporrebbe. L'intervento delle truppe italiane per reprimere ['insurrezione e H disordine? Sarebbe pur questa la miglior soluzione. Ma voi mi dite che il Nunzio pontificio ebbe ordine di protestare fin d'ora contro ogni intervento per parte dell'Italia, e che la Francia non ammetterebbe un mezzo che il Papa respinge colla più grande energia e con una risoluzione invincibile. Lasciare il Papa solo, alle prese con Garibaldi e colla rivoluzione? H Governo francese dice che il Papa non ha forze sufficienti da mandare nei varii punti del territorio pontificio, e che ne ha solamente tante quante bastino a tener la città d~ Roma al coperto da un assalto improvviso. Se adunque l'eventualità, a cui accenna si verificasse, la situazione sarebbe oltremodo grave e difficile. Io non ho speciali istruzioni per questa o per altra determinata eventualità. Ma non ho bisogno d'istruzioni speciaU per dichiarare fin d'ora che il Governo del Re non può ammettere una seconda spedizione francese a Roma, come non ammetterebbe una spedizione di altri Stati cattolici o non cattoiici, separata o collettiva. In tale stato di cose, quello che io domando per ora si è appunto quanto ho già domandato altre volte ai Governo francese, cioè che l'Imperatore, in caso di nuovi eventi, prima di prendere risoluzioni improvvise che potrebbero dar luogo a gravi complicazioni, veda d'intendersi col Governo del Re sul modo di parare a questi stessi eventi».

Tali sono le osservazioni che esposi al Marchese di La Valette in questa conversazione che ha e deve conservare un carattere affatto confidenziale.

238

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. R. 108. Vienna, 16 settembre 1867.

Alcuni discorsi tenuti a Pest dal Generale Ttlrr e quailche communicazione da lui diretta sotto i[ pr01prlo nome a giornali della estrema sinistra, -in cui non era fatta menzione dell'attuale Govemo ungherese né del Sovrano, ma si accennava invece ad antichi piani di Confederazlone Danubiana ideata dal Signor Kossuth, fecero qui non favorevole impressione, tanto più che il Generale Ttlrr manifestava il disegno di recarsi ad Agram presso l'irrequieto Vescovo Strossmayer, e che lo si sapeva nel pubblico, munito di commendatizie de'l Governo Italiano e del Principe Napoleone.

Avendo parlato nel modo più espUcito al Barone di Beust e al Conte Andrassy conformemente alle istruzioni di V. E., essi accolsero con aggradimento le mie dichiarazioni, ed accennarono di intendere esattamente il carattere delle semplici commendatizie rilasciate ai Generale Ttlrr. Solo mi fu espresso amichevolmente, da due membri del Gabinetto ungherese il rincrescimento che l'esistenza di quelle 1lettere potesse eventualmente infondere nelle popolazioni orientali che saranno visitate dal Generale, l'i:dea di relazioni positive esistenti fra lui ed M Governo del Re.

Posteriormente H Generale che non aveva visto, nel suo passaggio a Vienna, nessuna autorità ungherese, ebbe conftdenzia'le suggerimento di recarsi da Pest a Vienna per avere col Conte Andrassy un colloquio privato.

Il risultato di quellla conversazione fu che il Generale, conformemente anche ai consigli datigli da varie parti, rinunziò lealmente al suo viaggio ad A:g,ram, almeno per ora, dimostrò buone intenzioni e si espresse di poi pubbUcamente in termini che cancellarono l'impressione prodotta dalle sue precedenti dimostrazioni.

Avendo ricevuto iersera il telegramma che V. E. mi fece l'onore di dirigermi (1), io nella stessa se,ra ebbi occasione di confermare e di chiarire nel modo più categorico che il Generale non ha né missione né relazione ufficiale od ufficiosa col R. Governo, che egli è assolutamente ed esclusivamente responsabile della propria condotta, e che il Governo del Re non potrebbe se non deplorare sinceramente che il Generale desse argomenti di malcontento a

questo Imperiale e Reale Governo. Mi si esternò una vera soddisfazione per tali ripetute dichiarazioni.

P. S. Spedirò domani il mio n. 107 (l) a V. E. col Corriere inglese (Via Parigi).

(l) Cfr. n. 234.

239

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (2) Belgrado, 16 settembre 1867 (per. il 24).

M. Marinovitch qui a accompagné le Prince à Paris m'a dit en toute confidence qu'au diner de l'Empereur Sa Majesté s'est entretenue longtemps avec lui. M. Marinovitch s'est efforcé de démontrer à l'Empereur que l'Autriche ne saurait étre un fort allié pour aucune puissance, et le persuader à ne pas s'engager à favuriser Ies aspirations de M. de Beust sur ll'Herzègovine et la Bosnie. L'Empereur lui a recommandé de ne pas troubler la paix, que l'Autriche s'opposerait probablement à ce que la Serbie s'annexe ces deux provinces. M. Marinovitch lui a répondu: «Nous sommes des gens sages, ce ne sera pas nous qui prendront la Bosnie et l'Herzégovine, mais ce seront elles qui viendront à nous. Nous demandons à Votre Majesté sa haute protection pour que les principes qui ont prrévalu en Italie prévalent aussi en Orient; que les peuples des provinces Slaves de la Turquie puissent se prononcer; ,que le plébiscite, Iorsque le moment sera venu, décide de leur sort. Nous ne donnerons pas d'embarras à l'Europe en brusquant les choses, nous ne sommes pas pressés, nous attendrons et il se peut que lorsque notre temps arrivera l'Autl"iche ne pourra pas empécher que les Slaves de la Turquie réalisent leurs aspirations, elle est une Puissance qui est aussi malade que 'la Turqu;e ».

L'Empereur a dit à M. Marinovitch: «la Russie vous est arnie, elle vous protège beaucoup » «Oui, Sire, il a répondu, mais nous ne voudrions pas devoir tout à la Russie, nous voudrions devoir beaucoup à la France».

«Je crois, m'a-t-H dit, que mes paroles ont fait un certain sens sur l'Empereur. Du reste, ajouta M. Marinovitch, d'après ce que nous savons sur l'entrevue de Salzbourg l'Empereur des Français se serait esquivé de prendre des engagements vis-à-vis de l'Autriche pour la Bosnie et l'Herzégovine. M. Marinovitch m'a dit aussi que l'Empereur des França;is semble pour :J.e moment vouloir effectivement la paix; il se tient en bonnes relations avec toutes les Puissances et surtout avec l'Angleterre donc il évite avec soin tout ce qui pourrait l'alarmer ou déplaire et ne s'engage avec aucun; on dirait qu'il veut se tenir libre pour se menager dans la solution des grandes questions qui pourraient surgir en Europe, le grand ròle, le ròle décisif. «J'ai remarqué, m'a-t-il dit, qu'à Par,is on a évité avec un soin extrème de faire au Prince la plus petite démonstration, la

moindre courtoisie, de lui donner la moindre marque d'attention en public, tandis qu'en privé, lors de la visite et du diner, l'Empereur et l'Impératrice ont été pour lui et pour moi d'une amabHité, d'une prévenance, d'une affabilité vraiment extraordinaires. Le Marrquis de Moustier nous a fait réloge des Tures et il nous a dit qu'il avait la conviction que les réformes régénéreront les Tures et satisfairont les chrétiens. Quant à M. Bourée, dit-H, je l'ai trouvé Austro-Turc entèté, ce qu'il n'a jamais été auparavant. Tous ces Messieurs paraissent craindre I'influence Russe$.

Le Prince et M. Marinovitch ont vu aussi le Prtnce Humbert et le Prince Napoléon. Le Prince Humbert leur a dit, que s'il y avait une guerre entre la France et la Prusse il est d'avis que les Prussiens seraient battus par les Français; que la France voudrait obtenir de l'Italie un corps d'armée de 50/m à 60/m hommes, mais que l'Italie resterait neutre, et se ferait payer bien cher sa neutralité.

J'ai reçu Ia dépèche réservée de V. E. du 30 Aout dernier concernant le Général Ti.irr (1). J'ai reçu hier une lettre de lui qui me dit, qu'étant chargé d'une mission politique et commerciale de la part du Gouvernement du Roi il viendrait bientòt à Belgrade après avoir été à Pest et Agram, et qui s'installerait chez moi avec sa femme. Comme V. E. le voit, il se dit chargé par le Gouvernement d'une mission politique et commerciale, mais moi je me tiendrai strictement au contenu de rla dépèche et j'en parlerai, s'il sera nécessaire, à Garachanine car M. Marinovitch m'a dit hier au soir: «Le Général Ti.irr va venir à Belgrade, connaissez vous le but de son voyage? » « Je crois, lui dis-je, qu'il veut étudier le commerce de ce pays, mais ce que je puis vous assurer d'une manière positive, c'est qu'il n'est chargé par le Gouvernement d'aucune mission politique ». «C'est heureux, me dit-il, car après les betises qu'il a faites l'année dernière, il serait regrettable qu'on lui confiìì.t une autre mission ». En effet l'année passée il a été un peu gauche et beaucoup imprudent.

Dans la note que rle Gouvernement Serbe a envoyé à la Sublime Porte sur la regrettable affaire de Roustchouk, Garachanine pose la question ainsi: il constate l'agression de la part des Tures et se borne à exprimer l'espoir que la Sublime Porte voudra accorder à la Serbie la réparation à laquelle elle a dro i t.

Je sais que lorsque le Consul Anglais a demandè à Garachanine si le Gènèral Tchernajeff est venu en Serb!e, il lui a répondu: « Moi je ne l'ai pas vu et je ne le crois pas ». Mon Collègue n'a été qu'à moitié satisfait de cette réponse, et ceci ajouté à ce que le Ministre des Affaires Etrangères de Russie a répondu à l'Ambassadeur d'Angleterre, lorsqu'il a fait la mème question, contribue à maintenir le Consul Anglais et peut ètre aussi les Ambassadeurs à Pétersbourg et à Constantinople, dans l'erronée conviction que le Général Tchernajeff a vraiment été en Serbie. Le Ministre Russe n'a jamais voulu dire à l'Ambassadeur d'Angleterre d'une manière positive que le Général Tchernajeff n'a pas été ici, et pour ce qui regarde le Colone! Leard, il lui avait répondu qu'ayant obtenu du Ministre de la Guerre un congé pour voyager à cette occasion, il ne trouvait

rien d'extraordinaire qu'il voyageat en Serbie, et il ajouta: «du reste nous n'avons jamais demandé des explications au Gouvernement Britannique sur tous les Officiers Anglais qui ne voyagent pas mais qui sont employés dans toutes les branches du service militaire qui instruissent les armées de terre et de mer de la Turquie. Lorsque j'ai demandé à Garachanine, et à Marinovitch et au Ministre de la Guerre si le Général Tchernajeff avait été ou était encore en Serbie, ils m'ont tous donné 1es plus positives assurances du contraire ».

Il y a toujours un peu de mécontentement dans la Ville; le parti libéral n'est décidément pas content et la cama,rilla fait tout son possible pour augmenter ·le mécontentement. Le Gouvernement, d'après ce que je puis en juger, il est plus que jamais éloigné de faire des concessions, au surpiJ.us le parti n'est pas encore redoutab1e, H est vrai qu'il s'augmente tous les jours mais il se passera encore des années avant qu'il devienne puissant.

Le Ministère est fort. On est de plus en plus contents du Ministre des Affaires Etrangères, et mécontents du Ministre de l'Intédeur, et l'attitude prise par le Gouvernement dans raffaire de Roustchouk a rencontré l'approbation générale de la population: somme tout il me parait que les nuages se dissipent et je crois que si le Monténégro sera sage et prudent, si rien n'arrivera d'imprévu, la tranquillité ne sera pas de sitot troublée dans ce ;pays.

Le Consul d'Autriche est parti pour Vienne.

Les relations entre la . Serbie et l'Herzégovine sont excellentes, mais Garachanine a dit à l'Agent Roumain à peu près ceci: «Vous le voyez nous sommes tous favorables aux Roumains, non seulement nous reconnaissons depuis [ongtemps la nécessité de nous unir dans une a;lliance offensive et défensive, nous la désirons de tous nos voeux mais avec qui pouvons nous tralter? Le Prince Charles n'a ;pas de voJonté, n'a ;pas d'initiative et laisse tout faire à ses Ministres, mais les Ministères sont ephémères, ils se succèdent avec une rapidité déplorable. Votre Gouvernement n'est pas solide>>.

(l) -Cfr. n. 228. (2) -Al. r. 28, non pubbllcat.o.

(l) Non rinvenuto.

240

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 34. Bilyilk-déré, 17 settemlJre 1867 (per. il 24).

Il Generale Ignatiew è arrivato ieri mattina di ritorno dalla Crimea. Io non ho potuto ancora vedevlo, ma da ciò che mi disse un Collega che fu a vlsitar.lo, devo argomentare che il Governo Russo non è punto soddisfatto delle ultime concessioni della Porta ai Cretesi.

Appena giunto, il Generale avrebbe fatto dire, col mezzo del suo Primo Interprete, a Fuad-Pacha ch'egli non chiedeva un'udienza dal Sultano perché non aveva nessuna buona notizia da comunicargli. Questa attitudine dell'Ambasciatore del Czar fa un singolare contrasto colla voce sparsa qui da alcuni giorni, e confermatami ieri da S. A. il Ministro degli Affari Esteri, che la politica Francese negli affari d'Oriente sia entrata in quest'ultimo tempo in un periodo di sosta. L'opinione qui generalmente accreditata è che il Governo delle Tuileries è sul punto di mutare la sua condotta riguardo alla questione Cretese. Ciò che venne a dar maggior forza a questa voce è un dispaccio giunto da Londra, con cui si annunciava aver Lord Stanley dichiarato al Rappresentante Ottomano, che il Governo Inglese userebbe tutta ~a sua influenza per determinare i1 Gabinetto di Parigi a non spingere più oltre le sue pratiche in favore dei Cretesi.

Intanto sembra positivo che il Re Giorgio di Grecia ricusa di ritornare nei suoi Stati. Al suo Ministero che gli avrebbe proposto di muovere contro la Tessaglia e l'Epiro, allo scopo di dare una soddisfazione agli animi esacerbati dall'insuccesso di Candia, egli avrebbe risposto: «Se credete aver mezzi sufficienti per tentare quest'impresa, fatelo; in caso contrario, io sono deciso a non rimettere più i piedi in Grecia».

Quest'indecisione dei varii Gabinetti dell'Europa, o più che tutto il nuovo atteggiamento che si suppone preso dalla Francia, hanno, come può ben credere J'E. V., rialzato di molto il morale degli uomini di Stato Ottomani. Il linguaggio dei Ministri della Sublime Porta si risente già della fidanza che genera in loro l'irresolutezza delle Grandi Potenze. Fuad-Pacha, da lungo tempo tenuto in freno dallo spauracchio di un intervento della Francia e della Russia, ora che vede sul punto di spezzarsi l'accordo esistente tra questi due Governi, s'abbandona, con quella facilità di parola che lo caratterizza, a de'Ile osservazioni retrospettive sulla politica delle Grandi Potenze nelle varie fasi della questione Orientale, e, come di ragione, la parte della Russia non è quella che brilli di miglior luce.

241

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

L. P. Parigi, 17 settembre 1867.

La vostra gentile del 13 mi ha fatto un piacere infinito. L'amicizia ha le sue esigenze e se qualche volta è indiscreta, scusatela, pensando che fra noi dura da anni e che è per parte mia inalterabHe.

Avrete ricevuto l'ultimo mio telegramma (2), forse nulla v'apprese di nuovo, ma vedendo tanta alterazione in La Valette e Rouher ho stimato opportuno prevenirvi come si giudicano 'le influenze che da Berlino sono dirette a Garibaldi. Quanto vi sia di fondato nei rapporti giunti qui lo igno.ro, ma anche da diretta fonte garibaldina è ripetuta la stessa voce, colla differenza che la versione di questi s'accosterebbe più all'opinione di Benedetti il quale pretende essere Bismarck estraneo alle mene che partirebbero invece direttamente dal Re Guglielmo -in ogni modo sta che il Governo Imperiale diffida della Prussia e sorveglia l'influenza che questa cerca esercitare presso il partito avanzato come il più atto a staccare l'Italia dall'alleanza francese (3).

Prima che l'Imperatore partisse per Biarritz, vennero fra Lui e Rouher esaminate le questioni pendenti provvedendo alle diverse eventualità. Venendo

(11 Da ACR.

alla questione Romana, non fu menomamente messa in dubbio la lealtà del Governo Italiano ed è unanime anche l'opinione che alla evenienza, il Ministero da Voi presieduto saprà conservarsi all'altezza deHa situaz!one. S'andò però molt'oltre colle ipotesi, venne preveduto il caso che Garibaldi recandosi negli stati del Papa, organizzasse nell'interno di questi le sue bande per minacciar Roma, o che vi si portasse direttamente contando su d'un movimento nella capitale, movimento al quale il Governo Pontificio, a detta dei Garibaldini non potrebbe opporre che i soli Zuavi. Malgrado che di queste due difficHi ma possibili eventualità, non si potrebbe accagionarne il Governo del Re, pure Rouher e La Valette mi assicurarono esse•r presa la decisione di non riguardare come un movimento interno delle popolazioni Romane quello che fosse fomentato dalla presenza di Garibaldi in Roma o nella provincia.

I suddetti Ministri che compendiano tutta l'influenza politica del Gabinetto delle Tuileries, assicurano che la decisione sarebbe presa d'inviare da Tolone e da Marsiglia 15 mila francesi, per l'imbarco dei quali tutto sarebbe già disposto. Questa intervenzione inammissibile, non dovrebbe durare che il tempo necessario per battere Garibaldi.

Questi ragguagli avevo il giorno 13, ne informava il Ministro Nigra che è persuaso come lo sono io dell'impossibilità che un nuovo intervento francese possa ammettersi dal Gabinetto di Firenze.

Fremendomi mantenermi al corrente per potervi informare onde preveniate i fatti, cercai di scandagliare l'opinione tanto di Rouher che di La Valette per il caso che l'Italia volendo prevenire una intervenz:one inammissibile, che riguarderebbe in ogni modo carne nemica, decidesse di far inseguire dalle sue truppe Garibaldi anche fino al•le porte del Vaticano, per difende.rvi 11 Papato. Rouher si mostrò più ostile a questa idea che non La Valette in vista del momento difficile per la Francia dopo gli insuccessi nel Messico ed in Germania. Ambedue però osservarono che stando all'esposto, la Francia verrebbe ad abbandonare il Papato per riprendere la politica dei tempi del Conte di Cavour, però accorgendomi che le negazioni dei due Ministri molto rassomigliavano a queHe degli antichi tempi, prevenni Nigra perché andasse a dare alla conversazione che io aveva fatta, come ballon d'essai, un carattere più ufficiale, ciò che fece avantieri (l) nulla però ottenendo di preciso sull'ipotesi emessa, che il vantaggio di avere gittato il seme di una utilissima combinazione politica che speriamo porterà i suoi frutti. La Valette promise che avrebbe scritto all'Imperatore perché nessuna determinazione venisse presa ab irato che potesse rinnovare un'intervenzione francese, che l'Italia riguarderebbe come nemica.

Nigra non dubito vi avrà scritto in proposito, ignoro se parlò di me, quanto vi scrivo è autentico ed in proposito mi permetto di esprimere il mio modo di vedere. Se Garibaldi riesce a passar solo o con ·pochi la frontiera si dovrebbe inseguirlo, batterlo e sedare la rivoluzione che avrebbe fomentata. Agendo rosi il Governo del Re avrà salvato il capo della Chiesa ed estinto H potere temporale quand'anche dovesse abbandonare di nuovo gli Stati Romani.

Non so più nulla di Sua Maestà, parmi però che dovrebbe essere nell'ordine d'idee espresse. Malaret non può darsi ,Pace e fa intrigare a Biarritz.

Vi è qui tutta la Consorteria, ne viddi molti da Cugia, il loro linguaggio è moderato e dicono far voti per la riuscita dei vostro piano, essi lo credono una specie di Dumonceau dégulsé in cui sia del Castellani la cooperazione del bravo Capriolo però fa buonissimo effetto.

Il Principe vede molto gli Italiani che son qui, si fa amare e realmente il ~uo soggiorno a Parigi gli è profittevole. So dei due progetti di matrimonio ma io mi tengo del tutto all'infuori. I matrimonii in generale richiedono per quelli che se ne immischiano una responsabilità di troppo lunga durata.

P. S. -Rimetto la presente a mio nipote Incisa perché l'imposti alla frontiera Italiana.

(2) -Non rinvenuto. (3) -Cfr. n. 134.

(l) Cf1·. n. 237.

242

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 109. Vienna, 19 settembre 1867.

Deux documents dignes de l'attention de V. E. sont publiés ce matin par les journaux de Vienne. Le premier est un discours prononcé à Re:chenberg par

M. de Beust sur la polibique de 'l'Empire, discours qu'on a signalé ici dans les '>Phères offkielles comme un véritable programme d'une haute portée; j'y reviendrai. Le second est la circulaire par laquel!Je M. de Bismarck exprime ses vues sur !es communications qui lui ont été faites au sujet de l'entrevue de Salzbourg.

Le Comte de Bismarck se montre décidé à tirer au clair ,Ja situation et à affirmer non plus comme ,l'an dernier le droit de conquete de la Prusse, mais l'inviolabilité du droit qu'a la Nation aHemande de se constituer comme il lui plait. Il devance a:insi, en choisissant habilement son terrain, toute discussion diplomatique qu'on pouvait projeter, à Paris, d'engager en temps et Heu sur l'exécution du Traité de Prague (l).

c,ucllf~ del partito unitar~o t,edesco. Il Governo Prussiano. ne ho la convinzione, non intende

precipitare il movimer.to che tende fatalmente all'unificazione della Germania. Il Conte di Bismarck ripete spesso, e lo credo sincero in questi suoi sentimenti, che egli non crede essere Interesse della PrussiF> lo "postare il suo centro di gravità politico; rna soggiunge che le

civetterie df'lla Francia coll'Austria possono creare in Allemagna una situazione pericolosa e

mettere la Prussia nell'impossibilità di resistere al movimento unitario tedesco. Se quindi la Francia desidera allontanare il pericolo della completa unificazione dell'Allemagna, dovrebbe astenersi da ogni atto chP rivPsta Il carattere d'un'ingerenza nelle cose tedesche. Ma l'ImperatoreNapoleone, nello stato attuale degli animi in Francia, può egli condannarsi a questa assoluta astensione nelle cose germflniche'! Può egli lasciar credere che la Pruss1a può impunemente passare il Meno. dopo aver lesclnto ripetutamcnte comprendere che la Francia non potrebbe permettere che la bandiera ?r·Jsslana sv.mtoli sul ponte di Kehl? D'altro lato è chiaro che un tal veto, imposto dalla F>·ancia, provocherebbe in tutta l'Allemagna una violenta opposizione e il vivo desiderio di fare appunto quello che la Francia vorrebbe vietare. Veramente il più savio pa.rtito mi parrebbe che il Governo francese lasciasse oramai l'Allemagna aggiustarsi di per sè entro i suoi limiti, e cercasse nello s•:iluppo della sua costituzione Interna quella forza e quella soddisfazione d'amor propriu. che è pericoloso il cercare nelle complicazioni della politica estera, Certo è che la situazione generale è lontana dal migliorarsi. Io assisto con vivo rammarico a questo stato d'inquietudine, r\'incertezza, di malcontento. Eppure vi è ancora in questo Governo una molla potente, ed elementi tali da dare nuovo vigore all'impero. La grande personalità dell'Imperatore ha tutt&via un'azione irresi.>tibile ed incontestata.

Che cosa uscirà da questa condizione di cose, non è possibile di prevedere. Il menomo degli avvenimenti, un f"tto che in altro tempo non avrebbe avuto nessuna conseguenza, può ora da un istante all'altro, avere risultati gravissimi. All'Italia, interessata più cl'ogni altro Stato al mantenimento della pace in Europa, conviene l'esercitare tutta la sua influenza a questo fine. Non occorre ch'lo dica all'E. V. che le mie parole, per quanto possano v"ler qui, tendono a questo scopo».

V. E. salt qu'à Paris on dit s'étre entendu avec ·l'Autriche pour ne reconnaitre aux traités existants entre la Confédération du Nord et les Etats du Sud qu'un caractère international, et pour ne regarder 1es liens établis entre le Nord et le Sud que comme des Uens internationaux. Cette formule est empruntée à une stipulation de l'Art. 4 du Traité de Prague selon laqueHe l'association des Etats du Sud aura une existence internationale indépendante, stipulation qui ne se trouvait pas dans les préliminaires de Nikolsbourg. Un diplomate prussien qui avait connaissance de cette formule, me disait il y a quelques jours qu'elle peut fournir un thème contre la Prusse si celle-ci franchit de son chef ,la Ugne du Mein, si elle prend l'initiative de mesures tendantes à englober les Etats du Sud dans la Confédération du Nord, si elle donne Ueu enfin de l'accuser d'attenter à l'indépendance des Etats du Sud; mais que quant à l'usage que feront les Etats du Sud de Ieur indépendance en s'unissant spontanément par des liens plus étroits au Nord, aucune Puissance étrangère ne peut demander compte du ca-ractère internationaìl ou national de ces H.ens nouveaux sans attenter à cette indépendance meme. La Circulaire du Comte de Bismarck me paratt conflrmer que c'est bien là en effet la thèse fondamentale du Crubinet de Berlin vis-à-vis de celle de France. Je me réserve de fa1re connaitre à V. E. l'impression que ce document aura produit ici.

Le parti qui voudrait l'alliance offensive et défensive avec la France assure que si M. de Bismarck a trouvé à Bade un point d'appui favorable, il rencontrera au contraire des résistances de 'la part de la Bavière et du Wurtemberg. A l'Ambassade de France on partage ces suppositions. Mais au Ministère des Affaires Etrangères on est moins confiant à cet égard.

(l) Cfr. il seguente brano del r. confidenziale 524 di Ni~ra del 24 settembre: «La circolare clel Governo Prussiano. rPlatiY~> al colloquio dei Sovrani d'Austria e di Francia a Sallsburgo, non plncque, com'era naturule, al Governo francese. Era però evidente che un fatto così Importante come fu il convegnc• di Sf\llsburgo, provocasse le suscettibilità della Prussia, e soprattutto

243

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 112. Vienna, 20 settembre 1867.

A ce que m'a dit le Sous-Secrétaire d'Etat pour les Affaires Etrangères, les derniers rapports parvenus au Gouvernement Impérl.al sur les dispositions des Serbes et des Bosniaques ne donnent pas lieu de craindre une explosion très prochaine; mais une catastrophe est au contraire imminente dans les Principautés Unies, et M. de Meysenbug est allé jusqu'à me dire qu'il ne s'étonnerait pas qu'un télégramme apportàt d'un moment à l'autre la nouvelle de la chute du Prince Charles.

Les excès qui viennent d'etre commis à Jassy par des officiers sur la personne d'un journaliste très populaire ont, à ce que m'a dit le Sous-Secrétaire d'Etat, répandu de nouvelles excitations dans le parti séparatiste assez fort dans cette Principauté, et le Gouvernement de Bukarest se montre complètement impuissant à donner des garanties de sécurl.té publique et d'ordre.

M'étant permis de demander au Baron de Meysenbug s'il y avait lieu de prévoir qu'il put étre question à l'é-gard soit des Principautés, soit méme des pays slaves, d'interventions éventuelles de Puissances voisines, le Baron de Meysenbug m'a dit que le Gouvernement autrichien ne désirait absolument qu'une chose, c'est que les faits à venir s'é1oignassent le moins possible du statu quo actuel et permissent à l'Autriche de demeurer dans le repos qui est pour elle «une question de v·le ou de mort ».

244

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 113. Vienna, 20 settembre 1867 (per. il 24).

Après l'échec de la politique d'annexion de Candie à la Grèce, qui étalt particulièrement l'oeuvre de la Russie, cette Puissance pouvait ètre réduite à un ròle assez effacé dans les négociations ultérieures qui auraient pu étre poursuivies sur la question Candiate. Si, par exemple, l'Autriche, profitant de la circonstance, eut pris hautement et publiquement en main la cause de l'autonomie, qui était celle des Hellènes modérés, elle eiìt ajouté l'auréole d'une popularité d'assez bon alai au succès que constituait pour elle la défaite de l'élément Hellén:que radica!.

Mais il semble étre dans la destinée de il'Autriche de ne savoir saisir aucune occasion de se poser camme une protectrlce conservatrice des Grecs et des Slaves. Des hommes sages appartenant à l'une et à l'autre nationalité assurent que le Gouvernement Autrichien pourrait tout en Ies retenant sur la pente des entrainements inconsidérés, acquérir auprès de ces deux races, en tenant raisonnablement compte de leurs aspirations, le prestige d'un défenseur éventuel de leur autonomie contre les absorptions Russes.

Mais le fait est, pour en revenir à la questlon de Candie, qu'après le revirement nouveau exécuté par ;la France dans le sens Turc, la Russie, trouvant le terrain net de négociations ultérieures de la part d'autres puissances, sau! l'Italie, sur Candie, a pu se donner l'avantage de continuer seule et vis-à-vis de Ia Porte directement à tra:iter pour les Candiotes.

C'est du moins l'effet que produisent >ici l'entrevue de l'Empereur Alexandre avec Fuad Pacha et surtout les démarches actives auxquelles s'est livré tout récemment le Général Ignatieff. J'ai trouvé avec un vif intérét dans ·les Documents que V. E. m'a fait l'honneur de m'envoyer, qu'à la date du 13 V. E. confirmait ses instructions précédentes au Ministre du Roi à Costantinople (l); il est dane à prévoir que l'Ita·l'ie aura pu agir parallèlement à la Russie et avoir sa part d'infiuence sur la détermination que la Porte a prise d'accorder l'autonomie à l'ile de Candie et sur l'extension à donner à cette autonomie.

Les rapports actuels de ,Ja Russie et de la Porte, donnent lieu ici à quelques hommes politiques de supposer quel l'Empereur Alexandre lui-mème, et conséquemment le Général Ignatieff, ne se sont pas bornés à man1fester, camme

M. de Meysenbug Iui-mème me l'a dit, un esprit de conservation envers la

Turquie, mais qu'ils ont encore essayé d'amener la Porte à s'entendre directement avec le Gouvernement de Pétersbourg sur tonte difficultè qui pourrait !'embarrasser vis-à-vis des Chrétiens ses sujets, et à s'engager, en échange de promesses bienveillantes de la Russie, à demeurer neutre en cas de complications Européennes. La Neue Freie Presse publie meme ce matin un mémoire sur l'entrevue de L~vadia qu'elle dit tenir de source authentique et d'après lequel des propositions auraient été faites à Fuad Pacha dans ce sens.

Quoique ce ne soient là que de pures hypothèses, j'ai cru utile, ·en gardant toute la réserve d'expression que comporte un objet si délicat, de demander à

M. de Meysenbug s'il croyait improbable l'éventualité où la Russie et la Porte se soustrairaient, au moins pour quelques arrangements spéciaux, au concert stipulé par le tra:ité de Paris, et quel:le serait la manière de voir du Cabinet de Vienne en présence d'un pareil tete-à-tete.

M. de Meysenbug m'a répondu qu'il est trés sur que la Porte connait assez !es dangers dont Elle est menacée de la part de la Russie pour ne pas s'engager dans une vaie si aventurée, ma.is il ne m'a ni confirmé, ni nié, que la Russie exerçat una action auprèo; de la Porte dans ce sens (1).

(l) Cfr. n. 225.

245

IL GENERALE DURANDO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (2)

L. P. Napoli, 21 settembre 1867.

Qui abbiamo indizi di prossima operazione garibaldina sul pontificio; si raccolgono fondi; venuti alcuni uffiziali garibaldini provvisti dei loro uniformi; gente non arruolata, ma avvertita. Pare adunque che a-nche da questo lato qualche cosa si disponga. Si parla d'un deposito d'armi, e sono sulle tracce per scoprirlo.

Non ho elementi sufficienti per dar un giudizio sulla crisi che si prepara. Penso però che se a Garibaldi riesce di concentrare alcune centinaja di uomini a poche miglia di Roma, il Governo pontificio probabilmente si sfascerà da se stesso. Allora, siccome egli si è dovuto fiancheggiare del partito radicale. e mazziniano, perché contrastato da molti de' più vecchi amici, proclamerà in Roma un Governo provvisorio, e una costituente. Credo che in questa eventualità noi non dobbiamo esitare, e occupare senz'altro Viterbo, Frosinone, e Velletri per essere in grado di dominar la situazione, e far fare un plebiscito. Se la Francia sbarca a Civita Vecchia truppe, noi dobbiamo allora occupar Roma, succeda quel che deve succedere.

Ad ogni modo, tutto è giuoco di fortuna. Lo scioglimento della questione di Roma dovrebbe differirsi alla morte del Papa. Allora quasi tutte le difficoltà

scompajono. I Romani de facto padroni di sé; la convenzione virtualmente cessa. Se essi insorgono. noi occupiamo Roma proclamando a tutti i venti, che v'andiamo per proteggere 'la libertà dell'elezione del Papa. Il resto andrebbe da sé.

Ti dico queste cose così un po' ,in aria, perché non conosco bene tutti gli antecedenti, e gl'imbrogli di questa matassa; è un criterio generale come lo posso fare senza aver piena cognizione delle disposizioni intiere della Francia, e della nostra situazione interna e di Corte. Fanne l'apprezzamento che credi.

(l) -Cfr. quanto scriveva Blanc in un r.s.n. del 23 settembre: "Les suppositions contenues dans mon n. 113, sur une tentative de la Russie pour une entente particulière avec la Porte. sont conrirmées par la langai(e confident;el de l'Ambassadeur ottoman qu1 dtt que ces avanc~s ont été repoussées par la Turquie >>. (2) -Da ACR.
246

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 571. Parigi, 23 settembre 1867, ore 20,55 (per. ore 21,30).

Le consul de France à Civitavecchia a télégraphié au Gouvernement français que Garibaldi et ses omciers se son présentés cette nuit sur le Mugnone et s'avancent vers Corneto (1).

247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 286. Firenze, 23 settembre 1867.

Ho ricevuto il dispaccio confidenziale del 16 andante (2) col quale mi ha riferito l'importante colloquio ch'Ella ha avuto col Marchese di La Valette in vista dei moti insurrezionali che potrebbero da un momento all'altro scoppiare nel territorio della Santa Sede.

Approvo interamente il Hnguaggio da Lei tenuto in questa occasione, sopratutto quando ha dichiarato francamente al suo interlocutore che il Governo del Re non potrebbe ammettere una seconda spedizione francese a Roma come non ammetterebbe neppure qualsiasi altra spedizione di estere Potenze separata o collettiva.

Il Governo del Re è deciso a compiere religiosamente i suoi obblighi e ad eseguire lealmente i patti che ha sottoscritti, ma esso spera che anche la Francia, dal canto suo, vorrà mantenersi fedele al principio di non intervento e non recare offese ai nostri diritti e alle nostre suscettibilità nazionali. Egli è bene che ciò si sappia e che la S. V. non lasci sussistere alcun dubbio, alcuna illusione sul nostro modo di vedere su tale argomento.

Noi vorremmo di buon grado venire ad accordo col Governo Imper·~ale pella scopo di prevenire le gravi complicazioni che potrebbero sorgere da nuovi ed imprevisti avvenimenti nello stato pontificio, ed Ella ha pur saggiamente adoperato, significando questo nostro desider:o al Marchese di La Valette.

Noi temiamo però che i tempi non siano per ciò maturi, e che i vicendevoli sforzi che verrebbero fatti a tale riguardo non porterebbero alcun frutto. Noi non possiamo infatti sperare che la Francia, nella cond~zione attuale delle cose, consenta a che si arrechi alcuna modificazione alla Convenzione di Settembre, la cui esecuzione impone in questo momento all'Italia sì gravi e penosi sagrifizi.

(l) -Melegari rispose alle 23,30 con Il seguente t.u. 325: «Garibaldi se trouvalt aujourd'hui a trois heures du soir à Arezzo, d'où il est parti pour Sinalunga. Il ne pouvait donc pas etre la nult dernlère sur le Mugnone, ni ~·avancer vers Corneto ». (2) -Cfr. n. 237.
248

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 327. Firenze, 24 settembre 1867, ore 12.

Garibaldi a été arrété à Sinalunga. Il sera enfermé dans la citadelle d'Alexandrìe. Faites de sorte que cette nouvelle reste réservée jusqu'à ce qu'elle arrive d'Italie par la télégraphie privée.

249

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 573. Parigi, 24 settembre 1867, ore 15,45 (per. ore 17,30).

J'al communiqué en vaie réservée •au marquis de Moustier et au prince Humbert nouvelle de l'arrestation du général Garibaldi (l); mais on vient de me dire que le bruìt en a déjà couru aujourd'hui à Paris. Vous avez rendu un grand service au Roi et au pays (2).

250

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI. MELEGARI, AL MINISTRO A

PARIGI, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E

A VIENN A, BLANC

T. 330. Firenze, 24 settembre 1867, ore 23.

Ce soir quelques démonstrations garibaldiennes au palais vieux, au ministère de l'intérieur, à la maison Rattazzi. Un magasin d'armes pillé, quelques

blessés, rassemblements entièrement dispersés par des patrouilles de la garnisan. Ailleurs tranquillité pas troublée. (Per Berlino) Veuillez reproduire cette dépéche à Saint Pétersbourg. (Per Parigi) Veuillez reproduire cette dépéche à Londres.

(l) -Cfr. n. 248. (2) -Cfr. il seguente brano del r. 525 di Nigra del 25 settembre: «Il Governo francese applaude vivamente e sinceramente all'importante atto politico che il Governo de\ Re ebbe il coraggio e l'abilità di fare. Tutte lP persone che ho vedute ieri ed oggi, e sono molte, italiani, francesi, quelli che più amano il nostro paese in Francia, fecero anch'essi plauso all'attitudine del Governo del Re, il quale seppe far rispettare, in circostanze difficilissime e doloros2, la parola italiana, l'autorità della legge e quella del Re».
251

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 574. Parigi, 25 settembre 1867, ore 0,05 (per. ore 2).

Marquis de Moustier m'annonce que ma communication (l) lui est arrivée trop tard. Il avait déjà reçu la nouvelle par le chargé d'affaires de France et l'avait communiquée au Moniteur du soir qui la .publiait vers 4 heures.

252

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A VIENNA, BLANC

T. 331. Firenze, 25 settembre 1867, ore 24.

La nuit dernière on ·a arrété certain nombre d'individus compromis dans les démonstrations d'hier. La tranquillité n'a plus été troublée à Florence. Il en est de meme de toute la peninsule où la nouvelle de l'arrestation du général Garibaldi a été reçue presque sans surprise. Tout fait espérer qu'on n'aura plus à déplorer de nouveaux désordres.

(Per Parigi) Veuillez transmettre cette dépéche à la légation du Roi à Londres.

(Per Berlino) Veuillez transmettre cette dépéche à la légation du Roi à Saint Pétersbourg.

253

IL MINISTRO A COPENAGHEN, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 5. Copenaghen, 25 settembre 1867 (per. il 2 ottobre).

Ebbi jeri una conversazione con S. E. il Conte Frijs, Ministro degli Affari Esteri. Il discorso essendo caduto sulla questione dello Schleswig, ebbi occasione di esprimermi in modo conforme alle istruzioni datemi dall'E. V. (2). Dissi al Ministro Danese che l'Italia, tutta rivolta ai pensieri dell'interna organizzaslone di esprimermi in modo conforme alle istruzioni datemi dall'E. V. (2). Dissi verno del Re sarebbe Heto di veder rimossa al Nord come al Sud ogni causa d'inquietudini e di future complicazioni. La notizia dei negoziati fra la Prussia

.~1 ~-Ducilmet~ti diplomatici -Serle I -Vol. IX

e la Danimarca era stata quindi accolta con piacere in Italia, ove non si pone in dubbio l'intenzione sincera d'entrambe le parti di venire a partiti concilianti. Che se la parola d'un Governo, di cui l'imparzialità non è sospetta e che vuole mantenere ottimi rapporti cosi colla Danimarca come colla Prussia, potesse essere utile a scemare le di!II.coltà ed agevolare una transazione, il Governo italiano si adoprerebbe volontieri ad un tale scopo. Terminai col dire che non avevo incarico di dar consigli, e non mi arrogavo di esprimere personalmente alcun avviso: parermi però che la Danimarca potrebbe compromettere gravemente il suo avvenire, lasciando sospettare ch'essa voglia provocare complicazioni. in seguito aUe qual!!. essa si troverebbe esposta per lunghi anni ai rancori ostinati ed inesorabili delle popolazioni germaniche.

S. E. il Conte Frijs mi ringraziò dei sentimenti benevoli da me espressi a nome del Governo del Re, e mi disse che farebbe appello, all'uopo, all'amicizia dell'Italia. Convenne meco che il vero interesse della Danimarca non è di lasciar sospesa la questione in vista di complicazioni future, le quali potrebbero trar seco più pericoli che vantaggi reali. Soggiunse che il Governo Danese ha dato prova della sua buona volontà nominando il Signor Quaade, uomo assai conciliante, a suo negoziatore. Questi aveva avuto con S. E. il Conte di Bismarck una prima conferenza, nel<la quale però non era stata ancor formulata né da un canto né dall'altro alcuna proposta. Il Conte Frijs aggiunse che la domanda di guarentigie fatta dalla Prussia era riescita affatto nuova, giacché nel trattato di Praga non s'era fatta alcuna menzione di ciò. È vero, osservò S. E., che la Prussia ci contesta il diritto di prevalerci di codesto trattato, del quale noi avevamo fatto menzione soltanto perché l'articolo quinto di esso ci era stato ufficialmente comunicato dallo stesso Governo Prussiano. Noi non abbiamo potuto dare al nostro Ministro a Berlino alcuna istruzione formale, né saremo in grado di farlo finché il Governo Prussiano non avrà specificate le guarentigie che reclama pei tedeschi dimoranti nei territori da cedersi a noi. Se queste guarentigie fossero inconciliabili colla indipendenza del Governo Danese, noi dovremmo rifiuta·re delle condizioni che sarebbero in realtà una diminuzione della sovranità del Re. Quanto alla linea di confine noi non ne abbiamo proposta alcuna, ma abbiamo soltanto fatto allusione a quella che trovasi tracciata naturalmente dal voto che le popolazioni dello Schleswig hanno emesso nelle due elezioni testè avvenute pel parlamento della Confederazione del Nord. Risulta da queste che l'isola d'Alsen, e tutto il territorio a Nord di Flensburg è popolato in grande magg:oranza dalla razza danese. Ora la Prussia si appoggia sul diritto di conquista per non retrocedere questi territori, i quali sono strategicamente più necessari ad un piccolo paese come la Danimarca che ad una grande nazione, qual è la Prussia. Dobbiamo tener conto è vero della unanimità con cui le popolazioni germaniche manifestano il loro sentimento: ma dobbiamo altresì tener calcolo dell'opinione pubblica in Danimarca, la quale si manifesta nella questione dello Schleswig con altrettanto ardore ed eguale unanimità. Questi negoziati sono adunque oltremodo di!II.cili e procederanno necessariamente con molta lentezza. Noi ignoriamo del resto ancora quale sarà il personaggio prussiano che sarà incaricato

di trattare col Conte Quaade.

Ho credut<> dover riferire a V. E. il mio colloquio con S. E. il Ministro Danese degli Affari Esteri, perché le parole del Conte Frijs descrivono esattamente lo stato presente della questione dello Schleswig. Da altre informazioni mi risulterebbe non esser vera la notizia data da un giornale di Vìenna che la Francia abbia per mezzo del suo Ministro a Copenaghen, esortata la Danimarca ad intendersi colla Prussia. In questi ult:mi tempi, il Governo Francese si sarebbe astenuto con gran cura del pronunciarsi così nell'uno come nell'altro senso. Quanto all'Austria essa non dissimula la sua intenzione di rimanere estranea alla fase attuale della questione. La Russia invece vedrebbe volontieri che i negoziati procedessero speditamente a buon termine: e credo che tale sia pure il desiderio del Governo Inglese, il quale però evita di mescolarsi troppo in simili faccende.

S. M. il Re degli Elleni partì il 21 corrente per Pietroburgo. Appena celebrato il matrimonio, ritornerà ad Atene, ove conta recarsi verso la metà del mese venturo.

(l) -Cfr. n. 249. (2) -Cfr. n. 157.
254

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 798/308. Londra, 25 settembre 1867 (per. il 29).

Le notizie dell'arresto di Garibaldi furono conosciute a Londra ieri sul tardi. Questa mattina i giornali, che si possono considerare come .riflessi dell'opinione pubblica sono unan:mi per approvare l'energia mostrata dal Governo in quest'occasione, che può salvare lo Stato da gran pericoli e risparmiare l'effusione del sangue.

Ho veduto lord Stanley questa mane il quale egli pure diede a questa misura intiera approvazione guardandola come dolorosa ma necessaria.

Gli ho fatto vedere la circolare stampata, che da un amico ho ricevuto e che fu spedita a chiunque potesse sospettarsi aver idee garibaldine. Questa circolare viene a corroborare quanto si disse che danaro in somma non minima fu spedito da Glasgow per questo movimento.

255

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 140. Pietroburgo, 25 settembre 1867 (per. il 2 ottobre).

Facendo seguito al precedente m:o dispaccio N. 139 (l) aggiungo quei maggiori particolari che potei raccogHere sullo stato delle cose per rispetto all'Oriente.

È ormai indubitato che il Generale Ignatieff credendo trovare in alcune persone del Governo a Costantinopoli una certa tendenza ad un riavvicina

mento colla Russia si è adoperato in questo senso proponendo quale punto di partenza per le nuove trattative l'Ratti Humayoun non disperando di giungere a po.co a poco ad ottenere dalla Porta una serie di riforme reali ed efficaci per tutti i Cristiani d'Oriente ed in ispecie per i Candiotti pei quali non credeva neppure impossibile di ottenere l'annessione alla Grecia. Fallì però questo suo intento sia perché basato sul falso sia perché la Porta, rendendosi perfettamente conto della vera ragione che aveva motivato questo mutamento nel linguaggio della Russia, cioè la difficoltà di uscire dalla posizione imbarazzata nella quale si trovava e scorgendo che questa nuova attitud:ne indicava che si disperava di ottenere la sospirata annessione, molto scaltramente fece finta di accettare la discussione sulle nuove basi proposte dal Generale Ignatiefi, e poi, quando si entrò nel vivo della questione, propose concessioni di cosi poca entità da non potersi neppure prendere in considerazione e quindi ogni trattativa fu rotta. Come già dissi, tutto questo si passava quasi a totale insaputa del Principe Gortchacow, il quale, informatone poscia, facendo vedere i pericoli ai quali s'andava incontro battendo questa via, contribuì a troncare ogni discussione di tal genere.

Ripresa così dal Cancelliere la direzione della politica Russa nella faccenda di Candia, direzione che per un momento eragli sfuggita mentre dirigeva allo Czar la lettera alla quale facevo allusione nel precitato dispaccio N. 139, ne dirigeva altra assai risentita al Generale Ignatiefi, ed in pari tempo affine di non lasciar credere alla Porta che la Russia volesse separare la sua azione da quella delle altre potenze le quali tennero la medes:ma linea di condotta nella fase attuale della questione Orientale ingiungeva all'Ambasciatore di Russia di dichiarare al Sultano che si persisteva qui a voler procedere d'accordo colla Francia e colle altre potenze le quali riconoscono l'annessione di Candia alla Grecia essere l'unica soluzione possibile. Si facevano al tempo stesso nuovi passi a Parigi per cercare un nuovo modo per conseguire questo fine e cercare una via da seguirsi in comune dichiarandosi pronti ad accettare qualunque proposta si credesse dal Gabinetto delle Tuileries atta a raggiungere lo scopo.

Da qualche giorno in qua si sente adunque di nuovo manifestare la speranza di riuscire ad ottenere la cessione di Creta, ma quando si domanda con quali mezzi si spera arrivare ad un tale risultato non si risponde che confusamente, proprio come chi non ne ha la più lontana idea. Ritengo per fermo che nessuno in realtà crede più possibile un tale evento, ed è puramente per debito di coscienza o per fare un ultimo sforzo in favore del consolidamento del trono Ellenico che ancora si ricerca se non vi è per caso modo di sormontare la resistenza della Turchia. Da Parigi non si ebbe ancora risposta, ma non credo vi sia da errare dicendo che se qui poco p:ù si spera, là ancora meno si tiene all'annessione che mai si prnpugnò così caldamente come qui: tutto si limiterà probabilmente a trattative che non avranno conclusione alcuna .se non il definitivo abbandono di una tale soluzione.

Quanto alla attitudine che prenderà la Russia nulla si saprà probabilmente fino al ritorno dello Tzar, come già lo dicevo, e fino là si passerà il tempo studiando se non vi è per caso qualche via non ancora tentata che possa condurre all'ambito risultato per poter dire che nulla fu tralasciato.

(l) Non pubblicato.

256

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. R. lG. Alessandria, 25 settembre 1867.

Reduce da Costantinopoli il giorno 13 corrente giunse S. A. il Viceré. Il di lui arrivo fu salutato con entusiasmo perché la posizione finanziaria del Governo, e perciò del paese tutto, è così disastrosa, che da lui solo si sperano possibili provvedimenti tali da combattere una bancarotta generale.

Dopo tre giorni di consuete illuminazioni e feste, molto meschine in questa occasione, partì per Cairo, ove feste ed illuminazioni si •ripeterono; e la mattina del 19 si lesse con pubblica solennità il Firmano ottenuto da Nubar in Costantinopoli. Benché si conoscessero in massima le concessioni ottenute, la redazione del Firmano così concisa e stentata ha prodotta una Impressione assai sfavorevole sulla popolazione indigena, che si attendeva molto di più.

Sia al ricev,imento otnciale qui in Alessandria che in Cairo, trovandomi il decano dei Consoli Generali, ho dirette a Sua Altezza brevi parole di congratulazione sulla circostanza, e Sua Altezza si è mostrata molto gentile e cortese, benché in Cairo non potesse nascondere una grande preoccupazione, e direi tristezza, forse per il poco entusiasmo a favore del Firmano Imperiale, forse per tristi e tardive riflessioni sulle Finanze dello Stato.

Come succede sempre in questi paesi che il malumore dei Principi per i propri fatti debbono scontarli i propri Agenti, appena il Viceré giunse al Cairo decretò un cambiamento di amministrazione. Scerif Pascià, Presidente del Consigl!io, Ministro dell'Interno, e Hafous Pascià, Ministro delle Finanze, dimessi e caduti in completa disgrazia. L'onnipotente Ismail Pascià Muffetich, Ispettore generale delle Province veduto d'occhio bieco, non caduto ancora per protezione della Principessa Madre, ma pericolante molto. Ragheb Pascià, ritornato a pieno favore. Presidente del Cons:g~io, Ministro dell'Interno e delle Finanze, è l'uomo del momento. È entrato anche in favore Latif Pascià Ministro della Marina, capo del partito fanatico turco. Zulficar Pascià, uomo nullo ed inetto, Governatore di Alessandria, è stato nominato, invece di Ragheb Pascià, Ministro degli Esteri ad interim, durante l'assenza di Nubar Pascià.

Il favore di Ragheb Pascià è stato accolto con immenso piacere da tutta la popolazione, e indigena e straniera. E realmente se è possibile ritrovare un assesto alle Finanze, e riordinare l'interna amministrazione, Ragheb Pascià è il solo uomo che es:sta dn Egitto capace di farlo. L'impresa sarà difficile, ma se la fiducia del paese può essere un mezzo efficace a facilitare l'opera di un Ministro, Ragheb la possiede senza limiti.

Io mi auguro molto del potere di Ragheb per le nostre relazioni con questo Governo. Non avendolo mai dimenticato nel tempo della sua disgrazia, egli ha molta amicizia per me, e molta simpatia per l'Italia. In passati colloqui amichevoli ho potuto scorgere ch'Egli riconosce l'influenza, più o meno lontana, che l'Italia dovrà un giorno esercitare in Oriente, e Ragheb non è uomo da pen

sare solo al presente, come fanno tutti 1 Turchi che abbandonano l'avvenire

alla Provvidenza. Non bisogna però dimenticare ch'Egli serve un assoluto Pa

drone, e che benché sia in auge, ha sempre nemici, mai aperti, ma che pur

troppo saprebbero prevalersi delle conseguenze dell'assolutismo.

Presso il Viceré il rappresentante di Russia è in questo momento il più

ben accetto, perché non avendo né colonia, né interessi nazionali, accetta tutte

le innovazioni legislamve e giudiziarie quali sono proposte dal Governo Egi

ziano, e perché apertamente incoraggia le idee di indipendenza e di sovranità.

È ben probabile che il Signor Dehen agisca non per il vero interesse dell'Egitto,

ma con lo scopo forse di creare imbarazzi alla Sublime Porta, e complicazioni

alla questione d'Oriente.

Se l'Egitto venisse ad emanciparsi, io credo che questo fatto anzi che contribuire alla rovina, tanto pronosticata, dell'Impero Ottomano, sarebbe una ragione di consolidamento e di centralizzazione di quelle forze vitali che ancora possiede.

Se la Sublime Porta spera con riforme anche savie, ma uniformi per tutto l'Impero, facilitare la soluzione della quistione d'Oriente, io credo che versi in grave errore. A parer mio l'unico mezzo di rafforzarsi si è di disgiungere le diverse razze della propria popolazione, separarle, e governarle ognuna con le proprie leggi ed istituzioni. È assurdo pretendere che leggi fatte pei Turchi, anche consentanee all'epoca nostra, passino essere assolutamente disgiunte dai precetti e dalle prescrizioni, anche generali, del Corano. E per questo fatto divengono impossibili per la razza Cristiana. Sia dunque la razza turca chiamata nella propria Turchia, e vi sarà attirata quando avrà l'C sue leggi proprie, che allontaneranno la razza cristiana. La razza cristiana nella Siria, eretta a vicereame, governata da leggi fatte per Cristiani, che ve li chia,meranno e respingeranno i Musulmani. N1ell'Egitto, con l'Arabia ed il Hedgiaz, è giÌà centralizzata la razza Araba, che aspira già alla propria autonomia, ed è già capace di attenerla.

Se dunque la politica Russa riescisse a spingere il VIÌceré ad un passo ardito, lo credo che otterrebbe un risultato opposto alle sue Vledute.

L'Egitto si può dire indipendente di fatto, perché oggi non gli resta verso la Porta Ottomana altro legame di reale sottomissione che il pagamento d'insignificante tributo. L'aspirazione di tutta la popolazione è la indipendenza. E per la Porta Ottomana un vassallo di nome è un continuo pericolo, una confessione patente di debolezza e di decadimento. Congregate invece le sue forze ove potrebbe realmente mantenerle e dir'gerle, acquisterebbe nuova vita. Il Vicereame di Siria per mezzo secolo ancora avrebbe a restare sotto il dominio della Porta, e se retto da leggi consentanee e civilizzatrici, tranquillo preparerebbe il suo avvenire. e cesserebbero quelle quistioni che minacciano continuamente la pace d'Europa. Il vero regno turco penserebbe intanto a consolidarsi.

Per l'Europa tutta poi l'indipendenza dell'Egitto toglierebbe da un lato una certa parte importante della famosa quistione d'Oriente, e dall'altro giusti timori ed apprensioni se le sorti dell'Egitto dovessero seguire in un avvenire, più o meno lontano, quelle dell'Impero Ottomano.

Prego l'E. V. di volermi scusa:re se mi sono permesso dar sfogo ad alcune idee su di una quistione che non è di mia competenza, fatto anche in modo da accennarle appena.

257

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

L. P. Parigi, 25 settembre 1867.

L'arresto d[ Garibaldi è un grande atto politico che onora altamente chi ha avuto il coraggio d'ordinario e d'assumerne le responsabilità. Le mando i miei più sinceri complimenti. Quest'atto d'autorità dall'un Iato e dall'altro lato la vendita dei beni ecclesiastici fanno a Lei una stupenda situazione fra gli uomini di Stato d'Europa. Ogni uomo, amante del proprio paese in Italia, dovrà oramai dare un franco e valido appoggio al Ministero. Tutte le persone che qui ho veduto da jeri in poi, i Ministri pei .primi, applaudono all'attitudine presa dal Governo del Re. Ella ha reso al Re ed al i)aese un eminente servizio. Certo è che l'arresto di Garibaldi fa maturare la questione romana molto più che tutte le spedizioni dei volontari!. In ogni caso poi esso rende, a mio giudizio, per sempre impossibile una seconda spedizione francese a Roma.

Qui continua la medesima situazione piena d'incertezza e d'inquietudine. L'Imperatore e i suoi Ministri desiderano la pace, e preparano la guerra. Gli armamenti continuano alacremente.

Quasi la metà del nostro Parlamento si trova in Parigi. La quantità degli Italiani che affluiscono aiia Legazione e che bisogna ricevere è tale in questo momento, che m'assorbe 4 o 5 ore al giorno almeno. Ferrara m'ha rimesso la sua lettera prima di partire per Londra. Al suo ritorno mi metterò a sua disposizione per ogni caso che occorra. Ho accompagnato Mancini presso i Ministri Moustier, Rouher, La Valette e Baroche. Abbiamo fatto le aperture necessarie per un accordo su varii punti di diritto internazionale privato. Inizierò le pratiche ufficialmente e ne scriverò 'Colla corrispondenza ordinaria. Correnti fu pure da me presentato a Rouher a cui espose le domande di Giovanola. Ha dovuto partire jeri sera pel congresso di Statistica e lasciò quindi la pratica interrotta. Io le continuerò qui e terrò il Governo informato dell'esito.

Nulla è ancora deciso intorno alla nomina del nuovo Ministro di Francia a Firenze. Ho fatto notare a La Valette gl'inconvenienti che porterebbe seco la nomina di Cadore. Credo poterle assicurare che questa scelta è esclusa. Mi Ei parlò, un pò in aria, deiia possibilità deiia nomina di Daru, che arrivò pur ora dal Messico. Questa scelta sarebbe perfettamente incolore. A me non parrebbe cattiva. Mi dica che cosa Ella ne pensa, affinché io sappia se devo incoraggiarla o no. All'infuori di Daru, non vedo che Boudin, dal momento che per Benedetti osta la sua qualità di Ambasciatore.

(l) Da ACE

258

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A VIENNA, BLANC

T. 333. Firenze, 27 settembre 1867, ore 17,.>0.

Le général Garibaldi ayant manifesté le désir qui était conforme aux instructions données par le Gouvernement au préfet d'Alexandrie de se retirer à Caprera, on a disposé pour qu'11 y soit transporté par un navire de la marine royale sur lequel il est parti ce matin de Génes. Ce navire est chargé de veiller à ce que le général ne puisse quitter son ile aussi longtemps que Jes circonstances présentes l'exigeront.

(Per Parigi e Berlino) Veuillez répéter cette dépéche à la légation du Roi à Londres (Saint Pétersbourg).

259

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 118. Vienna, 27 settembre 1867.

Stamane i giornali di Vienna pubblicarono le prime notizie di dimostrazioni succedute in varie città del Regno. Inoltre un telegramma di Cormons giunto iersera annunziò che un moto di gente armata in Udine avrebbe indotto molti abitanti di quella città a cercar rifugio sul territorio austriaco. Malgrado l'evidente esagerazione di questa ultima notizia essa fece una certa impressione. Gli organi di questo Ministero esprimono stamane la speranza che non prevarranno tentativi di agitazione dai quali non può derivare alcun bene all'Italia Mi giovo naturalmente di quanto mi fu telegrafato da V. E. (1) per rettificare le impressioni non giustificate dalla verità dei fatti.

260

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 577. Costantinopoli, 28 settembre 1867, ore 17,10 (per. ore 10,32 del 29).

Grand vizir accompagné de hauts fonctionnaires, dont trois grecs et un musulman, part pour Crète mercredi ou jeudi. Sa mission a pour but de présider à la mise en exécution de la nouvelle organisation des provinces, mise en rapport spécial avec les conditions que l'ile exige.

(l) Cfr. nn. 250 e 252.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA. BLANC

D. 63. Firenze, 28 settembre 1867.

Ho aspettato sino ad oggi ad accusarLe ricevuta de' vari dispa.cci ch'Ella mi diresse, perché voleva prima essere in possesso anche del di Lei rapporto

n. 107 che mi giunse con grande ritardo. I fogli segnati col nn. 99 sino a 102 mi pervennero regolarmente. Dopo questi ricevetti un dispaccio senza numero del 16 corrente e quindi i nn. 104 sino a 114 inclusivamente, e per ultimo un altro foglio interamente cifrato senza numerazione e colla data del 23 di questo mese (l).

Se il dispaccio del giorno 16 di settembre deve prendere il n. 103 tutta la di Lei corr~spondenza mi sarebbe giunta regolarmente, ma in caso diverso La pregherei di verificare se fu errore di registrazione ovvero altra causa quella che ha dato luogo a questa lacuna nella serie interessante de' di Lei dispacci.

Le invio oggi n. 14 documenti diplomatici litografati dai quali Ella potrà vedere chiaramente quale è la situazione .presente delle cose, tanto per ciò che riguarda la questione Orientale, quanto per ciò che più particolarmente riflette la posizione recipro:ca delle n az· oni occidentali fra di loro.

Approvo il linguaggio ch'Ella tenne co' Ministri austriaci ed ungheresi circa il viaggio del Generale Tiirr uniformandosi in ciò pienamente alle mie precedenti istruzioni. Lo stesso contegno ho prescritto agl'i Agenti del Re in Belgrado e Bukarest. In momenti tanto diflìcili non conviene che si possa credere che l'Italia voglia esercitare un'iniziativa politica che certamente eccederebbe le sue forze. Anche il nostro interesse bene inteso ci prescrive una linea di condotta assai circospetta per non creare a noi stessi imbarazzi. Ella osserverà quindi come sia nostro studio di adoperarci in quei migliori modi che possiamo per calmare le agitazioni intempestive e per impedire conflitti che al nostro punto di vista sarebbero certamente prematuri.

Ci sp'acque di sapere che le condizioni interne dei Principati Danubiani siano giudicate in modo tanto severo a Vienna. I rapporti che noi riceviamo ja quel paese dimostrano come il Governo del Principe Carlo si adoperi per riordinare quel paese che le amministrazioni precedenti hanno gravemente compromesso nelle basi stesse della vita civile. Noi temiamo che da alcune Potenze ;:;i esageri quella situazione e non si tenga abbastanza conto degli sforzi sinceri che fa il Pr:ncipe di Rumenia per rialzare quella piccola nazione al grado che le conviene. Cosi, ad esempio. il fatto, per sé spiacevolissimo, occorso in Jassi, dove il redattore capo del Giornale Moldava fu malconcio e ferito da alcuni ufficiali, per avere scritto articoli ingiur'osi ·contro il Principe, non sembrerebbe tale da potersi citare, come il Signor di Meysenbug, quale prova di uno stato di cose pericoloso. Quegli uflìziali furono sottoposti a regolare procedimento e per darLe un argomento che valga a dimostrare qual fosse il perso

naggio contro il quale vennero usate quelle violenze. Le invio un estratto di un articolo che il Moldava pubblicava non è molto tempo in cui si parla dell'Italia e del nostro Sovrano. Certamente quando il Signor di Meysenbug Le ha parlato di questo incidente, non conosceva di quali stolte calunnie il redattore del Moldava era capace.

Comunque si debba ora apprezzare la fase ultima della vertenza Cretese, io rit~ngo che ad avvicinare anche momentaneamente la Russia e la Turchia avrebbero certamente potuto contribuire gli atti poco riflessivi della diplomazia Ellena che troppo dimostrava chiaramente d'essere pronta a qualunque partito, purché intanto giungesse all'annessione di Candia alla Grecia. Ella vedrà però dalle corrispondenze che Le trasmetto che nelle sfere utnciali del Governo russo si nega assolutamente che il Principe Gortchakoff abbia inclinato verso una politica di ravvicinamento colla Turchia.

Una seria preoccupazione ha creato ovunque lo stato attuale de' paesi slavi del Sud, e certamente l'attenzione delle varie Potenze è distratta in questo momento da Candia per fissarsi più particolarmente sovra quelle provincie, dove le complicazioni che potrebbero prodursi, acqu:sterebbero subito una gravità incontestabile.

Il Montenegro trovasi in condizioni assai ditnci~i. Il Governatore generale dei Vilayet di Bosnia e d'Erzegovina avendo voluto costruire un blockhaus sulla via più diretta che congiunge il 'territorio montenegnno alla Serbia, ha fatto operare una dimostrazione armata verso un altro punto del confine per attirarvi tutte le forze disponibili del Montenegro. Sembra anzi che il Pascià, incaricato di fare questa dimostrazione armata, invadesse anche alcuni territori del Montenegro ed aprisse così le ostilità contro H Principato. D'altra parte il GovernatQre di Scutari ricusa assolutamente di lasciare esportare grani verso il Montenegro prendendo per pretesto la deficienza del raccolto di quest'anno nelle provincie Albanesi. È questa una tale situazione che potrebbe condurre inevitabilmente ad una lotta, ed ove il fuoco divampasse non saprebbesi forse come !imitarne l'estensione ed i danni.

In mezzo a tutti questi rumori di guerra ed a tutte queste agitazioni la nostra voce non manca di unirsi a quella di coloro che consigliano a1 popoli della Turehia la moderazione e la prudenza, persuasi che le cause nazionali non vogliano essere compromesse con moti precoci, prima di aver avuto una soluzione nell'unanime favorevole apprezzamento della pubblica opinione d'Europa.

P. S. Essendomi pervenuto testè il di Lei n. 116 (l) suppongo che al foglio cifrato del 23 corrente (l) sia da aggiungersi il n. 115 che altrimenti sarebbe mancante.

Qui unito un annesso in cifra.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Je pense qu'il peut vous etre utile de savoir ce que le Comte d'Andrassy a dit au Prince de Serbie en son chàteau d'Iranka.

Le Président du Conseil Hongrois, contrairement à l'opinion de M. de Beust, aurait exprimé l'avis que la Hongrie ne doit pas convoiter la conquete des provinces Slaves de la Turquie. n serait allé jusqu'à dire que le Royaume Jugo-Slave de la Turquie, groupé autour de la Serhie, ne pourrait etre qu'un allié naturel de la Hongrie.

(l) Cfr. nn. 21D, 220, 227. 228, 238, 242, 243 e 244; gli altrl rapporti non sono pubblicati.

(l) Non pubblicato.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, SUSINNO

D. 14. Firenze, 28 settembre 1867.

I rapporti di codesto Consolato Generale in data 8, 11 e 18 corrente mese, coi nn. 49, 50, 51 e 52 (l) mi sono regolarmente pervenuti.

La ringrazio vivamente de' ragguagl'i in essi contenuti. Le notizie che noi riceviamo da molte parti non accennano ancora a veri pericoli imminenti pel Governo dei Principati Rumeni, ma sarebbe inutile il voler nascondere l'opinione generale che domina in Europa per ciò che concerne la poca stabilità del Governo dei Principe Carlo. Noi che abbiamo sempre mostrato di avere sincere e disinteressate simpatie per codesto paese non possiamo che assistere con ve·ro rammarlco allo svolgersi d'una s1tuazione che potrebbe in breve divenire molto grave. È pur forza ricono&cere che, senza decidersi ad alcun partito risoluto, (né per verità sembra esserne il caso) il Governo Rumeno con una serie di atti, forse poco ponderati, si è da alcun tempo mostrato ostile alle Potenze che sono più in grado tanto di nuocergli che di prestargli soccorso. Circondata da paesi molto più forti di quello che non potrà mai esserlo essa stessa, la Rumenia deve provvedere anzitutto alle esigenze di una situazione che non le permette certamente una politica di assoluto isolamento. Irritata la Russia, malcontenta l'Austria, diffidenti i Serbi, noi non vediamo sovra chi possa far un sicuro assegno il Governo principesco ove si dovessero produrre per lui momenti difficiU. Egli è certo che, senza ricorrere ai mezzi violenti di un'intervenzione, le Potenze che sono maggiormente interessate nella questione, potrebbero studiarsi di sost:tuire al Governo attuale un altro reggimento più conforme alle loro particolari vedute. più facile ad accettare le loro influenze esclusive.

Considerando quindi al punto di v1sta dell'opportunità politica le varie vertenze sorte fra il Gabinetto di Bukarest e le rappresentanze consolari estere circa alla applicazione de' trattati e delle capitolazioni in vd:gore noi siamo d'opinione che i Ministri rumeni farebbero prova di molto senno nel mostrarsi arrendevoli e conciliativi per modo da impedire qualsiasi conflitto fra il Governo Principesco ed i finitimi imperi.

La situazione generale dell'Europa è tale che ai piccioli Stati impone di osservare la massima prudenza nei loro atti politici e di appigliarsi soltanto a partiti sicuri dopo ponderate risoluzioni. Io non potrei quindi che rinnovarLe,

per ogni qualsiasi cosa prevedibile, quelle medesime istruzioni generali che Le diedi quando Ella parti dall'Italia per recarsi alla sua nuova residenza (1), ed ove noi dovessimo essere chiamati a consigliare codesto Governo, le nostre parole non potrebbero essere ispirate che da sensi di moderazione e di prudenza.

(l) Cfr. n. 214, gli altri rapporti no11 S(Jno pubblicati.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 11. Firenze, 28 settembre 1867.

I dispacci ch'Ella mi ha diretto coi nn. 13, 14 e 15 della serie politica (2) mi sono giunti regolarmente.

Ho disposto perché la questione relativa alle riforme da introdursi nell'ordinamento giudiziario venga studiata attentamente e sotto il suo punto di vista giuridico, riservando intanto ogni giudizio sull'opportunità e la convenienza di aderirvi o non.

Mi spiace di doverLa informare che durante il soggiorno che Ismail Pacha fece recentemente in Costantinopoli. l'Inviato del Re in quella Capitale ha tentato inutilmente di avere dal Vice Re una promessa di dare una giusta soddisfazione ai richiami che contro il Governo egiziano muovono gli italiani residenti in Egitto.

Il Cavaliere Bertinatti chiese un'apposita udienza al Vice Re e gli manifestò la ferma persuasione del Governo del Re, che Sua Altezza manterrebbe le promesse diggià fatte e non mancherebbe di soddisfare nel modo più sollecito ai crediti dei RR. Sudditi.

Ismall Pacha rinnovò le querimonie sull'abuso che si è fatto della sua generosità, e volgendo il discorso ad altri argomenti, mostrò chiaramente di non voler assumere impegni. È però da notare che conversando col Cavaliere Bertinatti Sua Altezza sembrò fare assegnamento speciale sulla efficacia della riforma delle istituzioni :giudiziarie come sovra il principale rimed:o agli abusi che crea la cupidigia del danaro. Ella potrà lasciare intendere, ove l'occas:ione se ne presenti, che il Governo italiano non potrebbe certamente favorire lo stabilimento di una nuova ,giurisdizione sovra i suoi sudditi stabiliti in Egitto, se prima le quistoni sorte sotto r:mpero di altre leggi e di altri usi non siano compiutamente risolute.

Il Ministero della guerra è deciso di inviare suoi ufficiali di stato mag

giore alla spedizione di Abissinia, ove questi siano ammessi dal quartiere gene

rale inglese. Le do questa informazione per rispondere alla dimanda ch'Ella

mi fece nel suo rapporto n. 14, ma la prego di non tenerne per ora discorso

con alcuno.

(l) -Cfr. serie I, vol. VIII, n. 206. (2) -Non pubblicato.
264

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 76. Berlino, 28 settembre 1867 (per. il 2 ottobre).

Siccome lo avevo fatto per i due precedenti telegrammi (1), ho tosto trasmesso alla R. Legazione a Pietroburgo quello che l'E. V. mi ha fatto l'onore di dirigermi jeri (2).

L'opinione pubblica in Prussia segue col più vivo interesse gli eventi che si vanno svolgendo in Italia. L'articolo del Moniteur e la soddisfazione che esprimono i fogli ufficiosi di Francia trovano un contraccolpo in questa stampa, la quale pare dominata dal timore che, eliminato ogni dissapore colla Francia, l'Italia non rimanga con essa in stretto ac~ordo per ogni futuro evento. Credo opportuno di trasmettere qui alla E. V. la traduzione di un articolo pubblicato stamane nella Nord Deutsche Allgemeine Zeitung, foglio in cui vuolsi generalmente vengano riprodotte le opinioni del Conte di Bismarck.

ALLEGATO

Le simpatie delle classi inferiori del popolo italiano, per l'agitatore testè arrestato. si sono manifestate in alcuni assembramenti su varii punti del Regno, senza che sia stato d'uopo di una singolnr pena per ricondurre dovunque la calma: solamente a Milano, la cui popolazione era già spinta all'agitazione, si è dovuto impiegare la truppa. Più grave è il colpo portato dal Governo all'opinione pubblica nelle sfere più colte della società. lvi lo si considera generalmente, a quanto pare, siccome una concessione fatta alla pressione della Francia, e quindi si fa di nuovo sentire più viva l'opposizione gelosa contro l'influenza che la Convenzione di settembre attribuisce alla Francia sulle sorti dell'Italia. Se la Francia, così si ragiona, ha con tale Convenzione acquistato il diritto, ad ogni attacco del territorio pontificio, di far sbarcare entro due giorni una divisione a Civitavecchia, allora l'occupazione di Roma per parte delle truppe francesi dura di fatto. In sostanza avrebbe avuto luogo solamente una dislocazione di truppe, perchè è affatto equivalente per la :Francia, onde reprimere ogni moto nazionale, il tenere in pronto le sue forze mlitari a Romn, stessa, o come avvenne nel caso presente a Tolone. un tal ragionamento è ingenuo, in quanto che lo si vorrebbe fare valere contro la Convenzione conchiusa fra le due Potenze. Tutte le rimostranze contro l'intervento francese nascondono il disegno di rompere il trattato, poiché questo non conferisce alla Francia, più che alle altre Potenze strette da trattati coll'Italia, il diritto di occupare un territorio italiano. Altra è la cosa, qualora si ricerchi se U trattato stesso, vale a dire l'assoluto mantenimento del potere temporale del Papa, sia compatibile sovratutto coll'interesse nazionale. Ma ciò riguarda quelli che strinsero il patto, non il signor Rattazzi, il quale è costretto di subire le conseguenze di un trattato conchiuso da loro.

Un modo di vedere ancora più ingenuo, se è possibile, sulla posizione della Francia in presenza della Convenzione, ce lo fornisce il Temps, il quale si abbandona alla spl'ranza che il Governo fmncese sarà disposto a fare delle concessioni in seguito alla energia di cui fece prova il Signor Rattazzi nel caso attuale. Così basterebbe la frequente riproduzione di tentativi <Putschversuches) contro Roma, per ridurre successivamente a nulla l'intera convenzione.

Molto più esplicit:unente è giudicata la situazione dal Diritto, il quale da qualche tempo in una serie di articoli svolge il tema che, la sola possibilità per l'Italia di giungere con la Francia ad una conclusione riguardo a Roma, sia l'ultima ratio dei cannoni, e che a tal fine l'Italia deve trarre profitto di ogni alleanza che le si presenti contro la Francia. Questa politica è sincera (aufrichtig); se dessa sia poi nell'interesse dell'Italia, abbandoniamo al partito del DiTitto il ponderarlo maturamente.

(l) -Cfr. nn. 250 e 252. (2) -Cfr. n. 258.
265

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 119. Vienna, 28 settembre 1867.

Ho l'onore di qui unito trasmettere a V. E. un documento in cifra.

AI.LEGATO

ANNESSO CIFRATO

Baron de Beust vient de me ciire que pour la tranquillité dont on a besoin partout il est excellent que le Gouvernement ait arrèté Garibaldi et maintenu ordre public. Il a ajouté qu'il savait que le Gouvernement français dont la position est difficile à plusieurs égards, était décidé à intervention armée si Garibaldi avait réussi à envahir Rome. J'ai fait observer que dans ce cas Gouvernement du Roi se serait trouvé délié des engagements pris dans la Convention du 15 Septembre. Je lui ai ensuite demandé si le Gouvernement français était autorisé ou disposé à se considérer en cette circonstance comme le mandataire d'autres Puissances catholiques. Il me répondit que la France se serait fondée seulement sur inobservation volontaire ou non de la Convention du 15 Septembre par l'Italie, Baron de Beust m'a paru ne pas avoir prévisions arrètées sur l'issue de la crise actuelle de la question Romaine. Le Cabinet autrichien, selon toute apparence, est bien aise de laisser, sans partager la responsabilité. cette épineuse affaire au Cabinet des Tuileries.

266

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 288. Firenze, 29 settembre 1867.

Par mes dépèches précédentes vous aurez appris que le Gouvernement du Roi pour remplir les obligations que lui impose la Convention du 15 Septembre 1864 a éloigné de la frontière pontificale les volontaires au moment où ils allaient la franchir et a arrèté à Sinalunga le Général Garibaldi qui a été ensuite conduit à Caprera. L'Italie s'étant engagée à ne pas attaquer le territoire actuel du Saint Siège et à empecher toute attaque venant de l'extérieur contre ce territoire, le Gouvernement du Roi n'écoutant que la voix de l'honneur n'a po1nt hésité à remplir cette obligation.

Vous devez cependant, M. le Ministre, faire remarquer combien l'accompllssement de ce devoir à d1l nous e1Jre pénible et quelle a été ensuite l'agitation des esprits dans le pays. Les aspira,tions de l'Italie à cet égard ne sont pas douteuses: le jour où el'les ont trouvé leur expTession dans un vote du Parlement est un jour à jamais mémorable dans l'histoire de notre régénération. C'est dans ces sentiments, de jour en jour plus vifs dans le coeur des Italiens, que puisent et puiseront leur force ~es hommes qui tentent d'entrainer le pays hors du terrain légal, et qui viennent de rendre nécessaire l'intervention du Gouvernement. Cet état des esprits ne saurait changer, car ,la con~S~Cience des italiens, quelle que soit leur manière de voir sur les moyens à employer, apprécie les causes de cette agitation et approuve le but qu'on veut atteindre.

Si l'effervescence populaire n'a pas donné lieu à des désordres graves et si l'action du Gouvernement n'a pas été entravée, on doit en chercher la raison dans la conviction qu'a le pays que si le Gouvernement est décidé à matntenir l'inviolabilité des engagements internationaux, U est également résolu à défendre tous les droits qui en découlent. Dans l'action du Gouvernement qui a su circonscrire la fougue populaire dans le cercle de la Convention de septembre l'opinion publique a vu l'assurance que d'aucun còté on n'en franchirait les limites.

*L'Italie a fourni la preuve de l'empire qu'a conquis, de nos jours, le droit sur lequel se fonde l'indépendance des peuples. Oe qui vient de se passer ici n'a fai t que conHrmer. à ses yeux le principe de non-intervention dans les affaires intérieures des nations. *

La Convention de septembre n'a point résolu la questiun Romaine, qui ne cesse d'etre pour nous une cause de perturbations et de dangers; mais cette Convention a cependant clairement établi que les rapports entre le Gouvernement et la population de Rome doivent etre exempts de toute immixtion étrangère. C'est pourquoi si par un fait quelconque, auquel nous demeurons étrangers, l'état actuel des provinces Romaines venait à changer, les droits du peuple Romain ne pourraient pas etre méconnus et les raisoiliS pour lesquelles l'Italie a accepté la Convention de septembre ne cessaraient point d'exister. L'Italie et son Gouvernement doivent en défendre les principes et en vouloir les conséquences en réglant leur conduite d'après leurs véritables intérets qui s'identlfient avec ceux de tous les peuples libres.

Quels que soient les changements qui peuvent avoir lieu dans le terrltoire

pontificai l'Italie a donné à l'Europe des preuves de sa modération et de sa

prudence. Préoccupée surtout de son organisation intérieure et animée du désir

de s'associer le plus tòt et dans une plus large mesure à l'oeuvre commune

des naUons civHisées, elle donne l'aSISurance qu'aucun des grands intérets de

la Société ne pourra jamais etre en danger.

Je vous autor1se, M. le Ministre à donner ·Iecture de cette dépéche à S. E. le Marquis de Moustier (1).

(l) Ed. in Origines diplo:na~iques, vol. XVIII, pp. 410-412. e, ad eccezione del brano fra asterischi, in BASTGEN, \'01. II, pp. 536-537.

(l) Nella busta 204 del carteggio confidenziale e riservato è conservata la minuta in ital!ano di questo dispaccio di cui è autore il ministro Coppino. Il dispaccio fu comunicato da Nigra a Moustier il 10 ottobre, al ritorno da Biarrttz (r. 534, non pubblicato).

267

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI

IJ. 91. Firenze, 29 settembre 1867.

Ella sarà certamente a quest'ora in possesso de' dispacci nn. 89 e 90 (l)

ch'io Le indirizzai sino da' 7 Settembre per mezzo d'un Corriere della Legazione

Russa. Da quel tempo in poi ho ricevuto i rapporti di V. S. in data de' 6, 11 e

19 corrente compresi fra i nn. 132 e 139 Politici (2).

Debbo esprimerle la mia soddisfazione pel modo veramente distinto col

quale Ella mi ha informato di tutto ciò che poteva avere interesse pel Governo

del Re.

Importantissimi sono i ragguagli contenuti nel suo rapporto n. 139, e siccome può esserle utile conoscere realmente quale sia stata la condotta dell'Ambasciatore Russo in Costantinopoli, prima del suo secondo viaggio a Livadia, così reputo opportuno trasmetterle confidenzialmente un estratto della conversazione ch'egli ebbe col cavalier Bert·natti, appunto in quel giorno. Il Generale Ignatieff ha presentato un programma di riforme intitolato << Projet de r6formes à demander à la Porte sur les bases du Hatt-Humayoun ». Questo programma differisce essenzialmente da quello contenuto nel Memora:ndum del Gabinetto di Pietroburgo, comunicatoci, or sono alcuni mesi. Stando ai rapporti ch'ebbi da Costantinopoli, sembra che al suo ritorno dal primo viaggio, fatto a Livadia, l'Ambasciatore Russo si recasse dal Sultano e che nel collo-quio avuto con Abdul Aziz, esponesse appunto tutto un piano di riforme da illltrodursi nell'Impero, per dare soddisfazione alle razze cristiane. Non saprei valutare sino :t qual punto il Generale Ignatieff potesse credersi autor~zzato a modificare le prime proposte fatte dal suo Governo, intorno a questo argomento; ma io non credo che sia questa materia sulla quale convenga mostrarsi soverchiamente facili a mutar di propositi.

Ella potrebbe forse prendere argomento da tutto ciò per provocare dal Principe Gortchakoff una spiegazione che ci metta in grado di conoscere quale de' due programmi sia quello che il Gabinetto di Pietroburgo desidererebbe vedere applicato.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

La situation des affaires Slaves a beaucoup marché depuis le mois d'avril. Vous aurez remarqué que l'Autriche ne parait plus vouloir brusquer les affaires dans les pays slaves de la Turquie. Elle espère mieux réussir en établissant un accord intime entre la Hongrie et la Croatie. Cet accord ne pourra se faire qu'au moyen d'une confédération d'Etats réunis sous les sceptre des Habsbourg.

Si la Croatie venait à jouir d'une autonomie complète, elle pourrait bien avoir asse<. de force pour devenir le centre du mouvement annexionniste des Slaves du Sud. Cette hypothèse doit Rvoir été examinée à Saint Pétersbourg.

La situation qui résulterait de l'union personnelle des Slaves Autrichiens aux autres parties de l'Empire n'aurait-elle point aux yeux de la Russie le mème importance politique qu'elle paraissait attachE:r, il y a quelque mois, à une occupation éventuelle et temporaire des provinces slaves de la Turquie par l'Autriche?

N'abordez ce sujet dans vos entretiens qu'avec beaucoup ò.e prudence.

(l) -Non pubblic>C;ti. (2) -Cfr. nn. 209. 210 ,. 222: !Oli nìtri rapporti non sono pubblicati.
268

IL MINISTRO DELLA MARINA, PESCETTO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

N. R. S. N. Firenze, 29 settembre 1867.

Il Generale Garibaldi sbarcando dall'« Esploratore», consegnava al Comandante del medesimo il seguente telegramma per essere spedito al Ministro della Mar:na onde fosse dato al Deputato Crispi.

Il sottoscritto si pregia darne copia all'E. V.

«Caro Crispi Dopo convertito maturo esame geografico situaz1one, io vedo un solo modo di rimediare a soddisfazione della Nazione e del Governo. Invadere Roma coll'esercito italiano e subito. Non creda H Governo di contentare Italia in altro modo elastico. Perdonerò le sue miserie ma non la sua degradazione, ed oggi non solo la nazione italiana >Si sente oltraggiata ma si sente oltraggiato l'esercito, e se in Alessandria io avessi detto una ;paroJa che suonasse lavacro delle vergogne italiane, mi avrebbero seguito ovunque. Pesi tale considerazione il Governo e si persuada che con pochi giorni di energia, esso tutto accomoda, si concilia la nazione intera, e dove vi fosse minaccia esterna di volere inceppare, noi solleveremo fino alle donne, fanciulli e certo il mondo vedrà :r:voluzione di popolazione c·ome forse non ha egli veduto ancora. Rispondere subito. Vostro Garibaldi. Maddalena 28 settembre 1867 ».

269

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 337. Firenze, 30 settembre 1867, ore 13.

Les nouvelles qui nous arrivent de Rome sont très graves et peuvent changer entièrement la position du Gouvernement. Il parait certain, que dans peu de jours éclatera à Rome une révolution, et que malgré tous les efforts il est désormais impossible de l'empécher. Nous avons pu résister au mouvement, qui se faisait dans l'intérieur en respectant, et faisant respecter la convention

22 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

méme au risque de froisser le sentiment national. Nous en agirons de méme, si les forces du Pape suffisent pour maitriser le mouvement, mais il nous serait absolument impossible d'assister les armes au bras à l'établissement à Rome d'une forme de Gouvernement, qui puisse étre un danger pour l'Italie, et pour la monarchie. Dans ce cas, qui n'est pas prévu par la convention nous serions nécessairement forcés d'intervenir pour sauver l'ordre public et pour sauvegarder nos institut:ons. Le Roi, au nom duquel particulièrement je vous écris, vous ordonne d'aller immédiatement à Biarritz chez l'Empereur, et de lui représenter sérieusement cet état de choses, en prévenant à tout prix une occupation française qui pourrait causer les plus grands malheurs, car il ne faut pas se cacher que ~e sentiment national est tetlement exalté qu'il n'y aurait pas moyen de le réprimer dans un cas d'intervention étrangère (1).

Aussitòt que vous aurez vu l'Empereur téiégraphiez-nous sa manière de penser à cet égard, et le Roi verra s'il doit lui écrire directement. Ne perdez pas un instant je vous en prie. C'est bien entendu que vous ne devez pas lire à l'Empereur cette dépéche, mai:s tout en le mettant à jour de la chose vous régler dans la manière qui nous paraitra plus convenable pour atteindre le but.

(l) Da ACR, ed. in LuziO, pp. 359-360.

270

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELW, AL CONSOLE A TOLONE, BASSO

T. 338. Firenze, 30 settembre 1867, ore 14,25.

Si la flotte quitte Toulon avec troupes télégraphiez-moi en chiffre et en méme temps envoyez la méme dépéche au premier bureau télégraphique italien par un courrier spécial. Accusez réception de cette dépéche (2).

271

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO

T. 341. Firenze, 1° ottobre 1867, ore 18.

On nous dit que plusieurs garibaldiens des provinces vénitiennes veulent venir à Trieste pour tacher ensuite de passer sur le territoire pontificai au moyen de passeports visés par le consulat du roi.

Tenez-vous en garde contre de pareiUes demandes et refusez le visa pour les Etats du Pape à tous ceux qui vous paraitront suspects.

(l) -Fin qui edito in italiano in LV 13, pp. 19-20. (2) -Con t. 339 pari data i consoli ad Algeri e Marsiglia vennero Invitati a dare notizie di una eventuale partenza da quel pc·rti di navi francesi con a bordo truppe.
272

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

D. 64. Firenze, 1° ottobre 1867.

Mi affretto accusarLe ricevuta dei Lei dispacci nn. 117, 118 e 119 (1).

Dagli annessi del mio precedente dispacC'io di questa Serie (2) Ella ha potuto vedere qual valore si debba attribuire alle voci che correvano intorno alle conseguenze del colloquio di Livadia fra lo Tzar e Fuad Pascià. Non mi fa meraviglia di sapere che a Vienna si desse grande pubblicità a quelle voc1 che certamente debbono aver per iscopo principale di staccare gli Slavi dalle loro simpatie verso la Russia mostrando questa Potenza disposta ad unirsi atla Turchia. La ringraZ'io di aver !smentito nelle di Lei conversazioni le notizie esagerate recate a Vienna da telegrammi privati sulle dimostrazioni accadute in Italia. Fu appunto in previsione di simili esagerazioni che ho voluto ch'Ella fosse avvisata per telegrafo del vero grado d''importanza di ciò che era avvenuto.

Le trasmetto qui unito un annesso in cifra e n. 3 documenti diplomatici i quali sono per di Lei riservata e personale informazione.

ALLEGA"l1l

ANNESSO CIFRATO

Je vous remercie de votre dépeche chiffrée du 28 septembre. J'ai remarqué que la déclaration que M. de Beust vous a fa.ite autrefois et que vous m'avez mandée par vor.re dépeche du 13 Septembre (3) était beaucoup plus explicite et en méme temps plus favorable pour nos intéréts à Rome. Je pense donc que pour le moment il ne nous convient pas d'insister auprès du Baron de Beust pour savoir quelle attitude prendrait l'AutrichE> dans les affaires de Rome car cela pourrait nous amener à des déclarations que nous voudrions éviter de faire.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, A BIARRITZ

T. 342. Firenze, 2 ottobre 1867, ore 0,05.

Arrestation de Garibaldi en òtant son chef au mouvement en a.--affaibì.i'Te force. Mouvement insurrectionnel cependant a écìaté dans quelques localités; on a lieu de craindre qu'il ne s'étende dans les provinces. Rome jusqu'ici parait tranquille.

(-3) Cfr. n. 228.
(1) -Cfr. nn. 259 e 265; il r. ll7 non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 261.
274

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MELEGARI, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, E A PARIGI, NIGRA, A BIARRITZ, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, E ALLA LEGAZIONE A PARIGl

T. 343. Firenze, 2 ottobre 1867, ore 20.

La nouvelle donnée par le journal de Rome sur le passage des bandes garibaldiennes dans le territoire pontifica! est complètement dénouée de fondement. Quelques individus sans armes ont pu passer isolément. Il a été impossible aux autorités locales et à l'armée, malgré la plus grande surveillance, de les en empeeher. Vous pouvez dire que le mouvement tend à s'arrèter. Le peu d'individus qui s'étaient avancés dans la province de Viterbo jusqu'à Acquapendente ont pris le parti, :faute de direction et de moyens de revenir sur leurs pas et se sont présentés aux commandants de nos troupes à Saint Casciano en demandant de pouvoir rentrer dans leurs foyers.

(Per Parigi). VeuN.lez transmettre cette dépèche à la légation du Roi à Londres elle a été déjà communiquée au chevalier Nigra. (Per Berlino). Veuillez répéter dépèche à Saint Pétersbourg.

275

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (1). Vienna, 2 ottobre 1867.

Ici on croit que question Romaine touche à une phase décisive et que France et Italie négocient occupation éven1Juel1e du territoire pontif1cai par troupes royales. Quoique le bruit s'est répandu que le Baron de Beust a adressé à la France et à l'Espagne office sur Rome, je crois, d'après mes renseignements, que, comme il me l'a dit lui-mème, il se tient réeilement sur la ·réserve. Dans le public on commente ces éventualités au point de vue des combinaisons de la France, ma':s on ne se préoccupe presque pas du S. Père ni de l'ég'lise, tellement on regarde cette question comme étant mure. La moitié orientale de l'Empire y est indifférente. En Autriche le parti c:lérical féodal pourra tout au plus pour ainsi dire trouver un sujet de nouvelle intrigue contre Baron de Beust, et les libéraux vont jusqu'à désirer que nous nous soustraions entièrement à l'influence française dans la question Romaine. Due de Gramont m'à parlé avec beaucoup de convenance de l'arrestation du Généra'l Garibaldi comme un fait d'ordre intérieur accompli spontanément; il ne pardonne pas à Moustier sa circulaire, dit-il, qui a bien mérité l'ironie du Comte de Bismarck. Il valait mieux, m'a-t-il dit, ne pas aller négocier à Salzbourg que de s'excuser d'y avoir été.

(l) Al r. 120. che non si pubblica.

276

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 588. Biarritz, 3 ottobre 1867, ore 10,10 (per. ore 13,25).

Empereur ne m'a pas encore répondu. Il m'a dit que l'éventualité indiquée dans votre télégramme (l) éta'it de la dernière gravité; qu'i:l était extrémement embarrassé et très préoccupé de ce que je lui avais exposé. Je pense que j'aurai une réponse demain ou après demain.

277

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 590. Vienna, 3 ottobre 1867, ore 14,55 (per. ore 17,15).

Baron de Beust est très satisfait des nouve'l'les que je lui ai données d'après votre télégramme (2), il en fait usage dans les journaux pour combattre les manoeuvres alarmistes du parti clérical; il désire avoir de moi, à l'occasion, des communicat'ions analogues. L'opinion du due de Gramont que je viens de voir aussi est que nous allons tenir garnison dans tout le territoire pontificai. Le baron de Beust, sans se prononcer ouvertement, ne parait par étre d'un autre avis. Corps diplomatique entier est très préoccupé de la gravité croissante de l'état de choses entre France et Prusse.

278

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 78. Berlino, 3 ottobre 1867 (per. il 7).

Mi è pervenuto la notte scorsa il telegramma in cifra (2) che l'E. V. mi ha fatto l'onore di dirigermi jeri, e lo ho comunicato senza ritardo al Marchese Incontri. """~l\1:11 ;

Il Conte di Bismarck essendo partito stamane per la Pomerania dove passerà alcuni giorni, mi sono recato dal Signor de Thi~e, cui ho chiesto se dalla Legazione Prussiana a Roma fosse giunta qualche comunicazione ufficiale in conferma dei telegrammi che jeri questi giornali pubblicavano, e che erano stati

accolti con una certa emozione, secondo i quali un moto rivoluzionario era scoppiato a Roma ed il Papa si era ritirato a Civitavecchia. Il Signor de Thile mi rispose che tali notizie non meritavano fede, giacché di fatto così importante avrebbe certamente dato avviso l'Incaricato d'Affari a Roma: che questo Gabinetto non aveva ricevuto altri telegrammi all'infuori di que'l.li concernenti alcuni successi riportati dagli insorti ad Acquapendente. Al qual proposito ho aggiunto, da parte mia, che ero in grado di dichiarare priva di ogni fondamento l'asserzione del Giornale di Roma, secondo la quale dei'le bande armate avevano passato il confine, ed ho rettificato tale asserzione nel senso del telegramma dell'E. V., facendo osservare quanto importava che, in affare tanto delicato, non venisse alterato il vero stato de1le cose in faccia agli esteri Governi. Il Signor de Thiie ha aggiunto: voi sapete la simpatia che qui si ha per il vostro Paese; noi seguitiamo con il più vivo interesse lo svolgimento degli eventi in presenza dei quali si trova il Vostro Governo.

Non ho ricevuto che da pochi giorni l'importante dispaccio riservato, n. 33 della Serie Politica, che porta la data delli 8 settembre u. (l) esso mi venne trasmesso da questa Legazione Russa: ringrazio l'E. V. dei sette documenti diplomatici che lo accompagnavano...

(l) -Cfr. n. 269. (2) -Cfr. n. 274.
279

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 803/910. Londra, 3 ottobre 1867 (per. il 7)

Ieri sera si tenne da quella Demagogica Società della Ri'forma, che aveva tempo fa eletto Garibaldi presidente d'onore, una riunione per protestare contro al suo arresto.

Farò grazia a V. E. delle sguaiataggini e menzognere affermazioni che formaron la parte essenziale della seduta. Vi prese parte anche il Ricciotti Garibaldi il quale venuto per questo pare abbia il dono dell'ubiquità, ed il quale disse quelle enormità che poteansi aspettare da quel demagogo. V.E. ne troverà il sunto nel rendiconto che unL'>co a questo rapporto (2).

Nessuno presta attenzione a queste solennità dei Rossi. L'opinione pubblica è stata unanime per approvare la condotta tenuta dal Governo e condannare l'avventatezza del Generale, che poteva tutto compromettere. Penso dunque meglio il lasciar cadere nell'oscurità e nell'obblivione queste scempiaggini e non dar loro, occupa:ndomene, una importanza che non hanno.

I giornali che ne parlarono (parlo dei giornali rispettabili) furono unanimi nel protestare contro questo abuso della libertà di discuss'ione. E fu come il banchetto riformista al Palazzo di Cristallo due giorni fa un fiasco completo che dimostrò per parte di quei signori quanto cerchino far parlare di sé e quanto poco abbiano le pubbliche simpatie.

(l) -Cfr. n. 213. (2) -Non rinvenuto.
280

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 121. Vienna, 3 ottobre 1867 (per. il 6).

Fu intercettato un convogUo d'armi di provenienza prussiana che sotto la condotta di un Ufficiale russo si cercava d'introdurre per le Bocche di Cattaro a destinazione della Bosnia e della Serbia.

Questo Governo Imperiale ha sicura notizia che il Generale Ignatieff affermò poco fa al Conte Brassier de Saint Simon l'esistenza di un accordo formale fra la Francia e l'Austria intorno alla futura occupazione dei Principati Danubiani per parte di quest'ultima _!'otenza. H Conte Brassier segnalò questo fatto a<l suo Governo. Qui H Barone di Beust ed il Duca di Gramont asseriscono che nessun accordo simile esiste fra i due Governi Imperiali.

281

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R.CONFIDENZIALE 123. Vienna, 3 ottobre 1867 (per. il 6).

Le Due de Gramont, avec qui je viens de causer longuement, voit tout en noir. « Les fils se tendent, m'a-t-il dit, de tout còté en Europe. La baisse extraordinaire des fonds français et italiens ne s'explique pas pa·r ce qui se passe en Italie. L'état de choses en France m'inquiète. Les esprits s'échauffent. L'Empereur, habitué à voir l'opinion publique le suivre dans les initiatives qu'H prend, a maintenant une tàche nouvelle et plus difficile, celle de retenir la France dans son mouvement vers le Rhin. La Russie est très irritée au fond d'avoir dù reculer dans 'l'affaire de Candie, et son entente active avec la Prusse n'est pas douteuse. La Prusse travaille, je le sais, à nous créer des embarras à Rome et à vous tourner contre la France. Je ne sai:s si l'an négocie entre Biarritz et Florence pour modifier la Convention de Septembre; je crois qu'une modification cxpresse de la Convention ne ferait que créer des embarras aux deux Gouvernements ».

Sans me prononcer sur des matières délicates, touchant lesquelles je n'ai pas d'instructions spéciales, je fis observer au Due de Gramont qu'en tout cas il me paraissait avantageux pour tout 'le monde, pour la France particulièrement, de s'en tenir décidément au principe de la non-.intervention des Puissances étrangères dans les affaires de Rome, principe conforme au droit des gens et qui dégage toutes les responsabilités.

A quoi le Due de Gramont me répondit: qu'après la mort du Pape actuel tout deviendrait plus facile, mais que, jusque là, la France devait persister à déclarer que si le Pape est forcé par la Révolution de quitter Rome, des troupes françaises viendraient le rétablir.

Je remarquai à cet égard que c'est donner à la Cour de Rome le pouvoir d'engager quand il lui plaira la politique frança:se dans de graves dif!icultés, en organisant une fuite sous des prétextes plus ou moins sérieux; que c'est, en outre, se jeter de soi-meme dans les embarras où le Due lui-meme soupçonnait la Prusse de vouloir entrainer le Gouvernement français à Rome.

L'Ambassadeur de France me dit alors que le Pape n'avait, malgré tout, aucun penchant à fuir, meme devant le danger: que d'ailleurs le Gouvernement du Roi pouvait l'en empecher à l'aide de b:en des moyens; et que quant aux embarras d'une réoccupation fr:_ançaise, cette fois la France ne ferait pas la sottise d'intervenir seule, mais avec nous, de manière que !es troupes italiennes et les françaises se trouvassent ensemble à Rome. Je lui demandai si l'occupation à deux lui paraissa·it chose moins compliquée que l'occupation d'un seul; et il finit par me dire qu'ìl n'y a qu'un moyen de sortir de tout ce gàchis, c'est que les troupes italiennes aillent tenir garnison dans toute l'étendue du territoire pontificai pour maintenir l'ordre.

282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

T. 344. Firenze, 4 ottobre 1867, ore 13,40.

Ministre de la marine vous prie d'appeler au Pyrée « Authion '> et «Sirena» et de les autoriser en son nom à se mettre d'accord avec les autorités hélléniques pour l'embarquement de vivres destlnés aux candiotes si les batiments russes ou français en font autant. Dites aux commandants que dans l'accomplissement de cet ordre de mon collègue de la marine ils doivent se conduire de manière à conserver à cet acte son caractère exclusivement philantropique, évitant coilision avec croiseurs ottomans.

283

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 591. Vienna, 4 ottobre 1867, ore 14 (per. ore 18).

Reçu votre dépeche du premier (1). Rien n'a affaibli. Que pensez-vous de ce que Beust m'a assuré le 13 septembre? (2). S'H a été moins explicite le 28 (3), c'est que cette fois il ne s'agissait que de l'éventualité d'une participation morale de la Cour de Vienne dans la politlque de la France en tant que catholique.

Or ce qu'il m'a dit exclut mème que la France ait mandat tacite de l'Autriche dans la question romaine. Aujourd'hui ministre des affaires étrangères va jusqu'à faire déméntir par la Wiener Zeitung qu'il ait adressé une note au Cabinet des Tuileries pour le maintien du pouvoir temporel; je puis vous assurer que je ne commettrai pas la faute de provoquer des déclarations qui obligent le Gouvernement de Sa Majesté à en faire de son còté. Quand je me suis avancé, c'est à bon escient et sans imprudence.

(l) -Cfr. n. 272. (2) -Cfr. n. 227. (3) -Cfr. n. 265.
284

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 592. Biarritz, 4 ottobre 1867, ore 15,40 (per. ore 20,25).

Empereur m'a fait aujourd'hui réponse à ma communication. Il m'a dit que la question de savoir ce qu'il y avait à faire dans l'éventualité d'une révolution républicaine à Rome ne pouvait pas etre résolue a priori indépendamment des circonstances qui l'auraient provoquée et accompagnée. La conduite à tenir par les deux Gouvernements, a-t-il ajouté, dépendra en grande partie de ces circonstances ainsi que de l'opinion publique. Pour le mo.ment danger immédiat parait disparu. En cet état de choses l'Empereur croit devoir se borner à promettre qu'en cas de nouveaux événements il s'abstiendra de prendre des résolutions ou mesures avant de s'etre mis en ra:pport avec le Gouvernement du Roi et d'avoir tenté de se mettre d'accord avec lui. Empereur compte que le Gouvernement du Roi en fera autant pour sa part (l). L'Empereur m'a engagé à rester ici quelques jours afin que mon voyage à Biarritz ne présente pas le caractère d'une course exprès pour cause politique. J'écris aujourd'hui par c·ourrier (2).

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO. ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 347. Firenze, 4 ottobre 1867, ore 18.

L'ingénieur Carbonazzi a été arrèté à Pieve de Tessino le 30 septembre et amené à Trente. Il se livrait, camme c'est son habitude, à des études topogra

phiques, ce qui aura pu éveiller les soupçons des autorités autrichiennes. Veuillez obtenir sa mise en Uberté. Ne niez pas sa qualité d'officier dans l'armée, si vous voyez qu'on la connalt (1).

Garibaldi a tenté de s'évader de Caprera, mais il a été ramené par un des navires de guerre qui croisent dans l'Be (2).

(l) -Fin qui edito in italiano in LV 13, p. 20. (2) -Cfr. r. conflc\enziale s. 11., Biarrltz, 4 ottobre 1867, per. il 9 di cui si pubblica il brano seguente: «L'Imperatore mi domandò se io avessi una soluzione a suggerire. Io gli dissi che la miglior soluzione, a mio avviso, sarebbe che il Papa in caso di pericolo chiamasse egli stesso le truppe italiane ne' suo! Stai!, e che la Francia lasciasse oramai alla responsabll!tà morale del Re e del suo Governo la tutela della sicurezza del Sommo Pontefice. A ciò l'Imperatore osservò che se la questione non fosse pregiudicata da! pre~edenti, la soluzione ne sarebbe assai meno difficile; ma, d!ss'egli, ! precedPnti la rendono sommamente complicata. Fra i precedenti indicò la sciagurata spedizione del Messico. Jr. non posso, disse l'Imperatore, dopo essere stato forzato a partire dal Messico ed n !asciarvi l'Arciduca Massimiliano in mezzo all'insurrezione che lo vinse e l'uccise, !o non posso ora lasci&re i: Papa "enza soccorso ed avere l'apparenza d'averlo in certo modo consegnato a' Euoi nem!~i ». •
286

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 31. Firenze, 4 ottobre 1867.

La ringrazio particolarmente pei rrupporti ch'Ella mi ha indirizzato sotto i numeri 38 e 41 della Serie Politica (3). Vi ho trovato la conferma dell'opinone che noi ci eravamo fatti della situazione presente delle cose di Candia.

Non abbiamo mai annesso grande importanza aHe voci che andavano intorno sulle proposte d'alleanza Russo-Ottomana, le quali ci parvero anzi esagerate a talento per uno scopo non difficile a scoprire. In ogni caso e checché ne sia dell'iniziativa diplomatica che per un istante il Generale Ignatieff av·rebbe voluto prendere onde gil!I_lgere rud un componimento col'la Turchia dopo la conversazione che l'Ambasèiatore Russo ebbe colla S. V. allorché egli stava per recarsi la seconda volta a Livadia, noi esiteremmo a credere che l'Ambasciatore dello Tzar abbia cercato di isolare l'azione del suo Governo da quella che sinora la Russia ha esercitato d'accordo coll'Italia.

Per verità noi non possiamo comprendere come gli uomini di Stato della Turchia possano rallegrarsi sinceramente di tutto cdò che tende ad affievolire il vincolo esistente ,fra le Potenze per la comune guarentigia del territorio Ottomano. Egli è vero che questa guarentigia non ebbe lo scopo puro e semplice di assicurare alla Porta la perpetua conservazione del suo intero dominio, qualunque poi dovesse essere il suo sistema di Governo. Ma nella dichiarazione di integrità del territorio Ottomano si contiene un vincolo che assicura l'Europa e la Turchia contro qualsiasi precipitosa soluzione contraria all'interesse comune. E perciò le stipulazion1 fra le Potenze non impedirono che qua e là s'introducessero alcune modificazioni le quali richieste dal necessario sviluppo delle condiz:oni interne del paese vennero accettate di comune accordo. Soltanto la continuazione di questo s·istema potrebbe dare alla Turchia il tempo necessario per trasformarsi e per introdurre le indispensabili riforme nelle sue leggi e nella sua amministrazione.

I Ministri Ottomani anziché andar Heti di veder sciolta od inceppata queHa unità di azione che le Potenze hanno esercitato in questi ultimi anni. avrebbero dovuto mostrarsi arrendevoli per quanto stava in loro per conso

lldarla dappoiché la Turchia senza di essa potrebbe certamente trovarsi esposta ai più gravi pericoli. I nostri sforzi per mantenere in presenza delle varie questioni orientali, il buon accordo tra gli stati garanti furono certamente opera conforme all'·interesse ben inteso dell'Impero Ottomano, il quale col non aderire ai nostri consigli dimostrò, a nostro avviso, di illudersi sul valore pratico della condotta politica di quei Governi che astenendosi daH'associarsi alla maggioranza delle Potenze hanno di molto scemato a danno della Sublime Porta istessa l'autor:tà e la forza della loro azione collettiva .

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

J'appelle toute votre attention sur le document diplomatique N. 291 que Vous trouverez dans mon expédition d'aujourd'hui. Parmi les réfugiés polonais qui ont pris service dans l'armée Ottomane il y en a qui ont eu autrefois des relations assez intimes avec la Légation Italienne à Constantinople. Maintenant les circonstances ont beaucoup changé et nous devons tenir à leur égard une conduite correcte mais très réservée, car nous n'avons aucun intérét à les encourager dans leurs entreprises.

Il est du rest fort probable que les émigrés polonais cherchent un point de ralliement à l'Ambassade d'Autriche et que cela étant ils évitent de nous mèler dans leurs affaires Il me sera toujours fort utile de recevoir de Vous quelques informations sur ce sujet.

(l) -Il maggiore curbonazzl era stato incaricato insieme ad altri ufficiali di studiare la linea dl frontiera verso l'Impero Austriaco (N. 234 pari data del Ministero della Guerra, non pubbllcata). (2) -Quest'ultima notizia era stata comunicata a Nigra con t. 346 pari data, ore 14,50. (3) -Non pubblicati.
287

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 43. Costantinopoli, 4 ottobre 1867 (per. l'11).

La partenza di Aali Pacha per la Creta fa dire ai Russi che il Gran Vezir giuoca l'ultima carta, giacché non può oramai schermirsi dalle urgenti domande delle Potenze Garanti per un'inchiesta internazionale allegando l'assenza del suo Sovrano da Costantinopoli e la sua visita alle varie corti d'Europa. Ora verrà il turno di Fuad-Pacha il quale dirà: «Aspettiamo il risultato della missione di Aali ~. Ma che arriverà se questa missione va a monte? e chi può aspettarsi un buon successo della medesima quando si pensa che il Gran Vezir si propone di pacificare una popolazione tutt'ora in armi, e che non vuol deporle fuorché a patto di diventar autonoma, e quindi libera, e di rimaner tale, o di annettersi al reame Ellenico? Che Aali Pacha possa personalmente giocar l'ultima posta per conto proprio, e perda il grado, poco monta per sé, giacché trattasi al postutto di Aali Gran Vezir, esponga, mercè un insuccesso quasi certo, la dignità del suo Sovrano, e le dia poco meno che il tracollo, questo è un fatto inesplicabile. Tale è sotto sopra, in questo momento il linguaggio di chi parteggia per la politica nordica, volge l'occhio inquieto verso l'Orsa, e ne caldeggia le ben note aspirazioni.

Chi crede, all'incontro, che la ,Turchia ha tuttavia H potere di rinsanguinarsi coll'adottare di corto opportune ri-forme e senza il taglio immediato delle parti più o meno gangrenate che sono aderenti al suo corpo, dà al viaggio di Aali in Creta lo scopo precipuo di propiziarsi la Francia, e di separare intanto

ia sua azione da quella della Russia, il che, se fa guadagnar tempo da una parte, dà, dall'a'ltra, l'opportunità di provar col fatto che la rivoluzione Cretese non ha profonde radici, e che, mercè le misure già prese e quelle che si stanno per prendere fra breve, si può riparare il male reale, e provvedere all'incolumità dell'Impero senza disintegrazione.

Se doV'essi esprimere la mia opinione in proposito io direi che la missione di Aali diventò una necessità od un spediente inevitabi:le, se si vuoi così chiamare, dacché il Generale Ignatiew si m'se in relazione diretta con il Sultano, e volle trattare con lui medesimo la quist1one d'inchiesta e di sospensione delle ostilità. Abd-ul-Aziz si spiegò recisamente in proposito, emise categoricamente il suo parere, e fece capire che un cangiamento Ministeriale qualunque non sarebbe bastante, ad ogni occorrenza, onde indurlo a mutar reg·istro, se dapprima H capo stesso dell'Impero non viene cangiato. Il Sultano non voHe che si avesse il menomo dubbio sulle sue 1forma,U intenzioni. Così stando le cose e dovendosi, per altra parte, dar qualche soddisfazione ai Gabinetti europei, che caldeggiano con più o meno insistenza la causa .cretese, si adottò il mezzo termine della missione di Aali qua•le alter ego, il quale potrà fare sul luogo, ed in vista delle circostanze locali, tali concessioni e riforme che non potrebbe altrimenti fare ed adottare qua1orla si trovasse nell'abituale sua residenza di Stamboul, ed in mez21o a relazioni, ora contraddittorie, ora parziali, ed in tutti i casi non sempre disinteressate da qualunque Iato esse provengono. «Farò io stesso l'inchiesta, disse .Aali, ed accorderò tutto meno l'inchiesta, e l'annessione».

Queste parole che io riferisco all'E. V. mi vennero ripetute da chi mi assicurò averle udite dalla bocca stessa del Gran Vezir.

Nella speranza di chiarir ben presto a che riesca quest'importante missione di Aali, e di vedere il risultato delle ,riforme che si tratta d'introdurre presso i Cretesi, e di cui unisco il testo giuntomi in questo stesso punto, ...

288

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

L. P. Parigi, 4 ottobre 1867.

Se non ho seguito l'impulso del mio cuore scrivendovi subito dopo l'arresto di Garibaldi così abilmente operato, si fu per non prendere un minuto alle vostre gravi occupazioni, però potete ben immaginare quanto io, uno dei più sinceri ed affettuosi amici vostri, abbia applaudito al bel modo col quale salvaste il paese e lo stesso Garibaldi.

AHa soddisfazione che provo per gli elogi che vi sono diretti da tutte le

parti, s'aggiunge poi .quella di avervi sempre giudicato il so-Io che potesse

svolgersi in mezzo alle immense difficoltà che ci circondano e di vedere ora

costretti a darmi ragione anche i più ostili.

Quando giunse la notizia dell'arresto di GaribaLdi, il Governo Imperiale sentì tutta l'importanza del servizio resogli, i membri più influenti del Gabinetto non nascondevano il sentimento di rl(!onoscenza dovuto aU'Itaiia per averli salvati coll'energia ,mostrata, dal più grave degli imbarazzi che aggiunto agli altri tanti sarebbe venuto a peggiorare la situazione che minaccia di farsi gravissima.

Senza farmi eco delle tante esagerazioni, dovute in parte alla mobilità del carattere francese, non posso disconosc·ere il •generale malcontento, il disaccordo fra le persone sulle quali il Governo deLl'Imperatore avrebbe diritto di fare assegnamento e soprattutto la mancanza assoluta d'indirizzo politico, che è causa principale dell'incertezza e del'lo scoraggiamento.

Gli errori commessi in questi due anni sono giornalmente commentati da una stampa resa assolutamente libera, pericolosissima per un Governo personrule ed in un paese di tutto sentire e di poca riflessione politica, gli effetti della stampa sarebbero meno dannosi se il si:stema tutto fosse coordinato costituzionalmente o per il meno gli attacchi non .andrebbero si direttamente al trono che si cerca demolire col cinico pretesto qu'il a fait san temps.

H sentimento chauvinisme .spi:nto, accresce il malcontento, si travede l'abbassamento della Francia, si esagerano le intenzioni della Prussia e nei militari francesi si dichiara la guerra indispensabile a ripristinare il prestigio Napoleonico, gli armamenti che proseguono danno consistenza al generale al

~arme.

In questo stato di cose e per il momento l'Imperatore può assai poco per sé, ridotto ad uno stato passivo accetterà quanto le circostanze verranno ad imporgli, tenendo conto però del sentimento della NaZJione che potrebbe segnare un lìmite alle concessioni chiamandole umiliazioni od alle volontà personali dichiarandole incapaci ed inconsiderate.

È indubitato che dal punto di vista ItaUano agite saggiamente chiedendo una revisione od un addizionale accordo sull'interpretazione della Convenzione 15 settembre. In questi ultimi giorni ,J'ltJalia ha esperimentati i pericoli ed i difetti di questa. Se Garibaldi fosse riuscito a pa.ssare la frontiera, la Francia aveva deciso intervenire, Essa adunque è mora•lmente a Roma se non vi è di fatto, colla differenza che rimanendovi aveva per sé il fatto compiuto rltor.landovi minaccia distruggere tutto quanto operò in favore dell'Italia gettandola nelle braocia della Prussia.

Ogni persona ragionevole il cui senno non sia traviato da passioni clericali o da fini secondarii, divide quC~ste idee non scorgendo difflcoJtà che nella pericolosa situazione in cui travasi H Governo Imperiale, situazione che vi ho tracciata più sopra stando anche al dissotto del vero.

Il Ministero La Marmora commise errore gravissimo impegnandosi colla Prussia senza spingere anche la Francia nella coaliz•ione poiché era da prevedersi che si sarebbero sollevate le suscettibilità nazionali e su di noi sarebbe caduto tutto l'odio della m:nacciata unità Germanica, alla quale consentì e cooperò l'Imperatore in un pensiero più Italiano che francese e nella speranza che le vicende della guerra gli avrebbero dato tempo di provvedere agli interessi francesi.

Quando Nigra ricevette le istruzioni del Governo io mi trovava in vHlegg:atura con Rouher, venendo però con Lui ogni giorno a Parigi, ho cercato, per quanto mi fu possibile, di preparare il terreno alla riuscita della missione di Nigra a Biarritz, combinai che v'andasse il giorno stesso che v'andò Rouher, non vi nascondo che il Ministro di Stato è preoccupattssimo delle nostre esigenze, senza però disconoscerne la giustezza, tutto per Lui è questione di opportunità per le ragioni già accennate applicabili tutte alla situazione dell'Impero.

Il telegrafo a quest'ora vi avrà detto come si sono passate le cose e la

presente perde ogni sua importanza.

Il Principe Napoleone giunto avant'ieri e in un momento di favore e d'entusiasmo per Voi, parmi che mi abbia detto aver avuto una vostra lettera. Egli approva pienamente le vostre reclamazioni, vi proclama abilissimo, all'opposto di Rouher trova opportuno il vostro operato. Va poi troppo oltre nei suoi giudizi sulla situazione del Governo Imperiale. Trattando voi le cose in via diretta ed ufficiale, la mia cooperazione non può essere che secondaria voi <.,apete però che potete fare assegnamento su di me ...

P. S. Correnti ebbe un colloquio con Rouher, fu confuso in parole, come nella lasciata memoria pel Cenisio.

Mancini ebbe conferenze pure col Ministro di Stato e Baro.che, le sue teorie su di un nuovo diritto internazionale privato sono diffuse e deboli come la tesi scolaresca.

L'Imperatore ebbe in questi giorni un attacco alla vesc:ca che allarmò.

Scrivetemi se avete un minuto.

Il Principe Umberto parte Lunedì invitato. Forse si ha torto di non deci

dersi per la Principessa d'Hannover. Quanto alla d'Este credo che sieno vaghe illusioni.

(l) Da ACR.

289

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

'r. 348. Firenze, 5 ottobre 1867, ore 18.

* Je vous remerete pour tout ce que vous avez fait, et* je vous prie de remercier l'Empereur des sentiments de bienveillance qu'il vous a manifesté à notre égard. Vous pouvez l'assurer, que si le cas se présentera d'une révo~ution dans Rome, nous ne désirons rien de mieux, que de nous mettre en rapport avec lui, et tàcher de nous entendre, autant que les événements, qui sont quelques fois plus puissants que notre volonté, pourront nous permettre d'ajourner une délibération, qui dans tous les cas sera déterm:née par la nécessité de maintenir l'ordre, empécher des massacres, et rendre impossible l'établissement

d'une forme de Gouvernement qui pourrait etre une menace, et un danger pour tous. * Vous pouvez rester à Biarritz autant que vous le croyez convenable"' (1).

(l) Ed. in italiano e ad eccezione dei brani fra asterischi, In L V 13, pp. 20-21. In LUZIO, pp. 405-406 Il t. è edito dalla rr.lnuta del Rattazzi con qualche leggera variante.

290

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 349. Firenze, 6 ottobre 1867, ore 24.

Un autre ofllcier de notre Etat-major, le ca;pitaine Lamberti qui se trouvait en Tyrol dans les memes conditions que l'ingénieur Carbonazzi vient également d'etre arreté à Trente par la .police autrich1enne. Faites pour lui ce que je vous ai prescrit en faveur de M. Carbonazzi par mon télégramme du quatre de ce mois (2).

291

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOV ASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 33. Belgrado, 7 ottobre 1867 (per. il 12).

Segno ricevuta del venerato dispaccio di V. E. delli 28 settembre ultimo n. 12 serie politica (3).

Ho partecipato al Presidente del Gabinetto il timore in cui é l'E. V. che la pace non venga turbata nelle provincie slave della Turchia sia a causa del1e ostilità che sarebbero incominciate dalle truppe ottomane contro il territorio Montenegr:no, sia per le perturba~ioni che potrebbero derivare dalla minacciata proibizione dell'esportazione dei grani dall'.A!lbanta pel Montenegro, e lo pregai in nome del R. Governo a valel'lsi di tutta la sua influenza presso i Montenegrini e gli Erzegovini per impedire che la guerra sorga da questo stato di cose, e gli raccomandai caldamente, com'Ella mi prescrisse, moderati propositi e ben ponderate risoluzioni.

Il signor Garachanine mi riJSpose: «Da qualche tempo non ho più notizie dal Montenegro, ma se sono i turchi che hanno incomindate le ostilità come lo posso persuadere ai Montenegrini a tenersi tranquilli? La mia posizione è ben difficile, e l'influenza del Governo serbo sopra questi popoli se ne risente. Io faccio quanto è possibile di fare perché la pace non venga turbata. Cosa

non feci per far cadere la rivoluzione in Bulgaria? Questa rivoluzione aveva tutte le simpatie dei serbi, e.ppure i~, a costo deNa popolarità e delrinfluenza del Governo del Principe, l'ho avversata, ed ho impedito alle due colonne di volontari che si formarono in questo Principato di raggiungere gl'insorti in Bulgaria. Voi conoscete la ricompensa che ne ho ricevuta? Da un lato le lagnanze, le reclamazioni, le accuse della Sublime Porta, e quando le mie spiegazioni calmarono e 'soddisfecero la medesima, il Governo britannico ci attaccò a sua volta assai duramente. Dall'altro ci siamo attirate le imprecazioni e l'odio d'una parte dei Bulgari i quali credono che abbiamo contrariato il loro movimento con biasimevoli fini. Ai Governi, che mi raccomandano d'adoperare la nostra influenza per pacificare il paese, quando i turchi fanno qu~l che possono per turbarlo, io loro domando cosa farebbero se si trovassero in laogo del Governo serbo? Questa politica di pacificazione e di affrenamento che esercito da tanto tempo mailgrado le colpe della Turchia finirà per inutJLlizzare la Servia. Io non credo che nessun Governo può darci il consiglio di associare la Servia al destino della Turchia. Cosa fa la Turchia per rimediare a questa situazione? promette deHe riforme che non dà mai, provoca i Montenegrini, ci accusa di slealtà, inquieta i serbi del Principato che viaggiano in Turchia, cambiando loro il regolare passaporto che ricevono dal loro Governo

con un teskeré turco, obbligandoli a pagare 9 piastre per teskeré e 5 piastre per porto d'armi, perché non è possib~le viaggiare in Turchia senz'armi, e molestandoli continuamente ora sotto un pretesto ora sotto un altro di modo che tutti gridano contro questo arbitrario procedere deUe autorità turche, l negozianti abbandonano i loro affarl piuttosto che esporsi a queste vessazioni, per cui il nostro commercio ne risente danno gravissimo, e queste cose si fanno in isfregio degU Hatti-sceriff che prescrivono che i serbi del Princ'iJpato potranno viaggiare liberamente in Turchia col passaporto speditogli dal loro Governo, il quale non potrà essergli ritirato né cambiato dalle autorità turche, né saranno sottoposti al pagamento di tassa alcuna né per il porto d'armi né per la vidimazione del passaporto.

Noi, prosegui il Signor Garachanine, non cambiamo mai il passaporto al turchi che viaggt,ano in Servia. Le autorità serbe vidimano quello di cui sono muniti mediante il pagamento di mezza piastra quando entrano nello stato e mezza piastra quando ne escono. Non contente di queste vessazioni le autorità turche, quelle che sono reputate le più distinte per civilizzazione e sapere, fanno ingiustamente trucidare a bordo di bastimonti esteri i nostri concittadini».

Io gli dimostrai che la cond:zione degli affari d'Europa era tale che richiedeva una grande moderazione ed una grande prudenza anche per parte del Governo serbo, l'Europa anatematizzerebbe colui che provocasse la guerra. La guerra fra la Servia e la Turchia potrebbe divenire guerra europea. Che la Servia doveva continuare a meritarsi l'appoggio delle simpatie deUe altre nazioni col suo contegno fermo e prudente.

Le rassegno un annesso in cifra (1).

(l) -Il 7 ottobre Nigra ttlegrafò (t. 594): « J'al lu à l'Empereur votre télégramme. Je parsdemaln et j'arrlverai à Parls après demain. L'Empereur rentrera à Paris le 15 ». (2) -Cfr. n. 285. Con dispaccio del 7 ottobre Campello comunicò al Ministero della Guerra di aver dato Istruzioni alla legazione a Vienna di adoperarsi in favore del Lambertl. Il dispaccioçermlna cosi: «Chi scrive reputa dover J'ar osservare all'Onorevole suo Collega nella Guerra di quanta conYenlenza sareb<1e che codesto Ministero provvedesse prontamente ìn modo che altri fatti consimili non s'abbiano a verificare ». (3) -Non pubblicato.

(l) Non si pubblica.

292

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 597. Vienna, 9 ottobre 1867, ore 17,45 (per. ore 21).

Je suis allé insister aujourd'hui sur ma demande du quatre pour la libération d es italiens arretés dans le Tywl (l). D'après des rapports reçus par le ministère des affaires étrangères les officiers i1JaHens arretés dans le Tyrol sont quatre. Hs ont été trouvés porteurs de plans et de notes constituant un ensemble d'études pour une campagne contre l'Autriche. J'ai exprimé la conviction personnelle que ce devait etre une entrepr:se privée de ces officiers inoccupés. Du reste quand meme on aurait ici la preuve, comme on veut en avoir l'air, qu'Hs avaient une mLssion, je suis persuadé qu'on n'attacherait pas au ministère des affaires étrangères beaucoup de gravité au fait que l'état major ait voulu compléter ses cartes. Cependant le baron de Beust, qui d'ailleurs n'exprime aucun doute sur les bonnes intentions du Gouvernement du Roi, vient de me dire que le tribuna! du Trentin s'é1Jant saisi de la chose tout de suite et l'Empereur en ayant été informé, il n'a pas pu étouffer l'affaire et devra en parler demain dans la journée à l'Empereur et au conseil des ministres. Je lui ai fait observer qu'il y a un intéret commun à ne pas laisser prendre une importance à cet incident qui n'en a aucune et je lui ai demandé d'user de son infiuence pour que le ministre de la justice termine sans bruit les poursuites et relàche les officiers. Le baron de Beust m'a promis de faire son possible dans ce sens.

293

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 87. Monaco, 9 ottobre 1867 (per. il 12).

Jeri questo Ministero avendo sottomesso all'approvazione di questa Camera dei Deputati il trattato di accessione deRa Baviera al nuovo Zollverein, il Principe Hohenlohe, siccome già ebbi l'onore di annunziarlo a V. E., colse tale circostanza per fare una dichiarazione sulla politica che intende seguitare.

Sua .Mtezza cominciò col protestare di volere mantenere fermo il suo programma del 23 gennajo, cioè di unione nazionale colla Prussia salvo i diritti d'indipendenza della Corona di Baviera.

Togliendo ad esaminare il modo in cui si potrebbe effettuare questa unione nazionale, osservò che l'entrata nella Confederazione del Nord non è possibile, avendo questa una organizzazione· troppo centralizzata e d'altronde i preliminari della pace di Praga suscitando a quest'entrata difficoltà tali che un uomo politico deve tenerne conto. Una Confederazione del Sud è impossibile, non venendo essa accettata dagli altri Stati meridionali della Germania perché

23 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

creerebbe un antagonismo tra il Sud ed il Nord. Non resta adunque, continuò il Principe, che un'unione di tutti i s1ngoli stati colla Prussia sotto la forma di una Confederazione di Stati, non volendo noi né accettare una supr·emazia austriaca, né fare una politica da grande Potenza; ma in quest'unione non deve solo entrare la Baviera ma tutti gli Stati del Sud. Per questa specie d'unione, alla quale non s'oppone il trattato di Praga, essersi già prima d'ora iniziati negoziati tra i singoli Stati del Sud, che. ripresi, formeranno base di ulteriori trattative.

In ogni caso, terminò quel Ministro degli Affari Esteri, spero che la Camera non vorrà rompere l'unione degli interessi materiali colla Confederazione del Nord ed accetterà quindi il trattato risguardante lo Zollverein.

Questo discorso che riassume le basi della polLtica del Principe Hohenlohe, quale già ebbi l'onore di farla conoscere a V. E. fu accolto silenziosamente dalla Camera, e non diede luogo a nessun incidente (l).

(l) Cfr. nn. 285 e 290.

294

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 142. Pietroburgo, 9 ottobre 1867 (per. il 16).

Mi pervennero regolarmente per mezzo di questo Ministero degli Affari Esteri i dispacci di V. E. nn. 88, 89, 90 (2) della serie politica insieme ai tredici documenti diplomatici annessi al primo di essi, ed ai cinque menzionati nel secondo. Ricevei pure esattamente per la posta il dispaccio della seri.e politica

n. 91 (Gabinetto) (3) non che i ventotto documenti diplomatici e i due annessi, uno in cifra l'altro in parole, ad esso uniti. Ringrazio l'E. V. delle importanti comunilcazioni che mi fece per tal mezzo e che mi sono riuscite di somma utilità.

Ho avuto l'onore di vedere ieri mattina S. E. il Cancelliere e seconde quanto mi veniva prescritto nel dispaccio n. 91 precitato ho posto la conversazione sulle ultime proposizioni che il Generale Ignatieff ha creduto di fare a Costantinopoli accennando quanto potesse essere riuscito dannoso aìla causa che l'Italia e la Russia hanno fino qui difeso in Oriente l'avere in certo modo lasciato intravedere alla Porta che il Gabinetto di Pietroburgo

Se a Vienna non piacquero per le loro tendenze prussiane, non pare soddisfacessero Ber!lno a causa appunto del r:10do assai ;·ago con cui si vorrebbe effettuare dal Principe di Hohenlohe un'unione più intima del Sud al Nord della Germania: in quanto alla Francia, da conversazioni avute con questo Suo rappr~s:ntante, ouelle dichiarazioni fecero sfavorevole impressione sul Gabinetto di Parigi.

Uguale fu l'effetto prodotto clalle medesime all'interno. Da informazioni attinte alle fonti le più autorevoli mi risulta iL fatti che nessuno ne rimase completamente soddisfatto. Troppo conservatrici per il partito progressista, troppo liberali per gli ultramontani furono trovate di una riserva troppo tim1da d;tl partito nazionale liberale sul quale il Governo Sl lusingava trovare il suo appoggio. Ai particolaristi poi che vogliono anzi tutto l'autonomia completa della Baviera il Principe Hohenl'll<e !or venne. dopo quelle d!ch!arazioni, sempre più sospetto ed i fanatici gridano già al traciune:1to >>.

era forse disposto a mutare di proposito ed in certo modo a spostare la questione giacché la memoria rimessa dal Generale Ignatiefl' a Fuad Pascià introduceva come base della discussione un atto al quale fin ora non si era mai fatto allusione e che di più si era dalla Russ'ia sempre dichiarato tale da non meritare di essere preso in cons1derazione.

Il Principe allora interrompendo con molta vivacità mi disse: «In quanto a me ~o dichiaro di non accettrure in nessun modo la patern'ità del progetto che il Generale Ignatiefl' ha creduto di rimettere, in modo, è vero, tutto particolare, a Fuad Pacha: non riconosco come l'espressione delle idee del Governo Imperiale per ciò che concerne il miglioramento delle sorti dei Cristiani sudditi del Sultano altro documento che 'l memorandum comunicato a1le grandi potenze alcuni mesi or sono. Fino da due o tre mesi fa, dopo che fu redatto ll memorandum che inviai anche a Firenze, il Generale Ignatiefl' mi spedì un progetto di riforme da lui ideato e che prendevano come punto di partenza l'Hatti-Humayoum, io gli risposi che non consentivo seco lui in tal modo di vedere e che non potevo approvare in nulla le idee da lui esposte. Per sventura egli vedendo che fin ora a nulla avevano riuscito i consigli dati alla Turchia, ha creduto potere ottenere miglior·e risultato dando corso al suo progetto; l'insuccesso fu però completo ed egli stesso ha potuto constatarlo. Sono certo adunque che l'unità di direzione nella politica della Russia in Oriente non verrà più a mancare, ma, il dico in confidenza, ove ciò si ripetesse, sono risoluto ad agire energicamente per mantenerla intatta e conservare la nostra politica per rispetto alla Turchia in queUa via che abbiamo fino qui battuta, e nella quale l'Italia con tanta perseveranza e lealtà cd ha tenuto compagnia. Lo ripeto anco una volta, non riconosco altro progetto di riforme che quello da me comunicato or sono tre mesi etrca e d~sidero che il Gabinetto di Firenze ne sia informato».

Ringraziai il Principe Gm:tchakow di tale franca dichiarazione la quale ero certo che sarebbe favorevolmente accolta dal Governo dei Re il quale non aveva veduto senza certa inqu:etudine gli ultimi passi fatti presso la Porta dall'Ambasciatore di Russia come quel'li che poco erano conformi alla linea di condotta fino q<.ri tenuta. Continuai chiedendo al P1rinc'ipe se aveva risposta da S. M. l'Lmperatore alla lettera indirizz[l)tagli e della qualoe feci menzione all'E. V. nel mio dispaccio n. 139 (1).

Il mio interlocutore mi disse: «L'Imperatore mi ha risposto che accetta la proposizione da me fattagli di dichiarare alla Turchia che, dopo avere ad essa dati i più amichevoli consigli e quali ce li dettava il desiderio di conciliare i suoi interessi con quelli dei Cristiani d'Oriente e visto che tutti i nostri tentativci sono rimasti vani, e che il più ostinato rifiuto si è sempre opposto a tutto quanto chiedevamo, noi decliniamo qualunque responsabilità su quello che può accadere, ed in nessun caso potrà la Sublime Porta contare su di un intervento né morale né molto meno materiale da parte nostra in suo favore qualunque cosa sia per avvenire. Ho spedito ieri l'altro a Parigi un progetto di dichiarazione concepito presso a poco in questi termini chiedendo alla Francia di volersi associare a noi, e siccome ciò non è che la proclamazione

di un principio da essa più volte ammesso, quello cioè del ;non intervento, ed in fondo è conforme a quanto essa più volte si dichiarò pronta a fare, spero che l'Imperatore Napoleone non avrà difficoltà ad accettare la nostra proposta almeno in principio, salvo forse alcune modificazioni nella redazione le quali saranno da discutersi. Se poi però la Framcia rifiutasse di unirsi a noi, la nostra dichl!araziorue avrebbe cionondimeno il suo corso e spero che l'Italia ia quale ci è stata finora una così fedele compagna, ;non rifiuterà il suo concorso ad una misura la quale non mancherà di produrre un grande effetto a Costantinopoli, ed avrà per risultato forse di condurre la Porta a sentimenti più ragionevoli».

Interpellato, quando contasse conosoere l'accoglienza che questa proposta aveva trovato a Parigi, il Principe mi rispose che sperava averne un cenno fra due o tre giorni, ed aveva ragione di credere che sarebbe stato favorevole.

Da altre persone del Ministero ebbi altri ragguagl:i sulla proposta fatta a Parigi che ritengo altrettanto sicuri come se li av1essi uditi dal Principe Gortchakow. Nell'inviare il progetto di dichiara2lione sovramenz:onato si dà incarico al Barone di Budberg di insistere perché il Governo francese vi dia il suo consenso, ed in caso affermativo la Russia lascia alla Francta il decidere quale di loro due dovrà comunicare l'adottato progetto di dichiarazione alle potenze che finora ad esse si unirono sebbene in diversa misura nelle rimostranze fatte a Cost,amtinopoli; la Russia si d:chiara per parte sua prontissima a fare una tale comunicazione all'Italia ed alla Prussia, ma declina l'incarico per ciò che coneerne l'Austria lasciando però piena libertà alla Francia di farlo essa ove lo creda. Ebbi pure la conferma essere intenzione del Principe Gortchakow di fare una tale dichiarazione alla Turchia anche se la Jt'rancia non volesse associarvisi, caso che si ritJeneva poco probabile; in ogni modo però, prima di fare un tal passo, il Gabinetto di San Pietroburgo ne informerebbe quelli di Firenze e di Berlino colla speranza di avere il loro concorso.

Ho interrogato il Cancelliiere e le persone che lo circondano sulle ultime misure prese dalla Porta a riguardo della infelice Candia, ed unanimemente mi fu risposto che non vi si annetteva la minima importanza: nulla si spera dall'inchiesta che Aalì-Pacha sta facendo, e meno ancora dane così dette riforme che la Porta sembra disposta ad accordare e le qua:l<i si limiteranno tutto al plù a mettere l'isola in una posizione analoga a quella in cui si trovano le popolazioni del Libano, ossia un vilayet dotato 'di una autonomia un poco maggiore. Si convtene anche qui che la magglior parte dei volontari Greci stanno lasciando l'isola scoraggiati e tornano in Grecia cosa che fa nascere seri timo11i per la tranquillità di quel paese pel quale con rincrescimento per nulla celato neppure nelle più alte sfere, si vede prepararsi a partire fra pochi giorni una Granduchessa di Russia. Se vi fosse modo possibile di ritirare la promessa data, mi diceva il Pri:ncipe Gortchakow, certo la Famigl:a Imperiale e tutto il Governo sarebbero lieti di sottrar11e una così giovane princJpessa se non a pericoli immediati, almeno ad un avvenire pieno di incertezza e che si presenta sotto il più nero aspetto. Credo che il Governo Imperia~e non mancherà, se ciò non fu già fatto, di dichiarare francamente al Re Giorgio

che per quanto grande sia la simpatia che la sua causa e quella del suo paese possano ispir:are alla Russia non deve però contare che la parentela possa fruttargli più che un appoggio puramente morale.

Quanto agli insor1Ji. indigeni di Candia si va dicendo ' qui essere essi più che mai decisi a tutto rifiutare dalla Turchia, ed a continuare la lotta sperando di ottenere con ciò condizioni migliori, quali forse sono quelle accordate dalla Turchi1a rui Pvincipat'i Moldo Vrulaachi, e da ciò poter facilmente passare alla annessione al Regno Ellenico.

(l) Cfr. quanto cornunLcò Centurione col r. 90 del 21 ottobre: «Le dichiarazioni politiche cl1e Il Principe Hohenlohe f~ee alla Camera dei Deputati in occasione della. presentazione del trattato concernent0 lo Zoll·:erein. delle quali ebbi l'onore d'inviare un sunto a V. E. col mio rapporto Politico del 9 ottobre, sembrano ben !ungi dall'aver riscosso l'universale applauso.

(2) -Non pubblicati. (3) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

295

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 144. Pietroburgo, 9 ottobre 1867 (per. il 16).

La notizia degli ultimi fatti avvenuti sull:a frontiera romana ed i moti parziali chie tuttora continuano sul terl'itorio Pontificio non hanno prodotto qui quella impressione che non avranno mancato di produrre in altri paesi. Nessun interesse né religioso né politico fa della Russia un amico della sovranità temporale del Sommo Pontefice, col quale non è in relaz-ione alcuna; d'altro canto la condotta che il Governo Pontificio ha tenuto sempre negli affari di Polonia, le simpatie che l'Italia ha sempre trovato qui, dove si vede con piacere costituita nel Mediterraneo una potenza capac,e di contendere alla Francia il primato su quel ma!'e, fanno sì che qualunque avvenimento possa accadere a Roma, la Russia vi assisterà spettatrice indifferente se non benevola.

I principali organi della stampa russa si mostrano però pieni di encomio per la condotta tenuta dal Governo del Re che seppe far rispettare la legge, ma fanno al tempo stesso voti perché una modificaZJione avvenga allo stato delle cose, né più il Governo si trovi costretto a proteggere con tanto suo dispendio chi a lui impreca, e ad arrestare chi cerca con mezz-i è vero non consentiti, di raggiunge,re uno scopo che pure è uno dei desideri più vlivi della grande maggioranza in Italia. Tale linguaggio dei giornali può con verità dirsi essere in tale circostanza la espressione del modo d-i V'edere del paese.

296

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A MADRID, CORTI

D. 3. Firenze, 11 ottobre 1867.

Le accuso ricevuta dei due rapporti ch'Ellta mi ha indirizzato in data 2 e 5 corrente segnandoli coi nn. 4 e 5 di questa serie (1), l'ultimo de' quali mi

pervenne per mezzo dell'utlìcio postale di Torino. La ringrazio delle interessanti informazioni da Lei fornitemi sullo stato dell'opinione pubblica in !spagna di fronte agli ultimi avv,enimenti d'Italia.

Stimo opportuno inviarLe qui uniti alcuni estratti cifrati di dispacci pervenuti da diverse Legazioni concernenti cose di Spagna, e nel trasmetterLe, in ultimo, un annesso cifrato che fa seguito al presente dispaccio...

ALLEGATO I

ANNESSO CIFRATO

Je vous remercie de vos dépéches dans lesquelles j'ai trouvé quelques intéressants détails sur l'opinion des différents partis de l'Espagne dans les affaires de Rome.

Je comprends la réserve que le Gouvernement observe à ce sujet avec Vous. Mais nous ne sommes pas également stirs qu'il s'impose la méme conduite envers la France ou quelque autre puissance catholique. Voici le point sur lequel vous devez tenir les yeux ouverts et ne manquez pas de me renseigner si vous venez à apprendre quelque chose de positif. Inutile de dire qu'en présence des complications présentes, l'initiative des négociation éventuelles entre Madrid et Paris pourrait venir du Ministère Espagnol aussi bien que du Cabinet des Tuileries.

La politique du Gouvernement du Roi est toujours celle Q'..le je Vous ai tracée dans mes instructions; nous n'admettons aucune intervention soit isolée soit collective.

ALLEGATO II

ANNESSO CIFRATO

Prince Napoléon et Princesse Clotilde sont at.tendus à. Lisbonne pour y rester deux mois On craint ici que le séjour du Prince Napoléon en Portugal puisse occasionner mesintelligence avec le Gouvernement Espagnol car on prétend que la visite de Son Altesse Impériale pourrait avoir un but concernant l'Espagne.

Une dépéche de la Légation du Roi à Bruxelles annonce que le Gouvernement Beige est décidé à ne plus permettre le séjour de Prim dans le royaume. Il parait que ce général se fixera à Genève.

(l) Non pubblicati.

297

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 605. Vienna, 12 ottobre 1867, ore 16,50 (per. ore 19,35).

A la suite d'une conférence du baron de Beust avec l'Empereur ordre a été

donné aujourd'hui de mise en liberté des ital!Lens arrétés dans le Tyrol. ,J'ai

remercié le président du conseil.

Il m'1a dit qu'il n'est p,as question et qu'il ne prévoit pas des négociations relatives à une garantie collective <m autres ingérences morales des puissamces catholiques autre que France; ce que ministre d'Espagne me dit aussi de son còté. H y a quinz;e jours que le nonce n'a pas été reçu par le ministre des affaires ét11angères et celui-ci me dit que la Cdur de Rome n'a point essayé de méler la question du pouvoir temporel à celle du concordat. Ma conviction est que druns la positJion déiicate où est personnellement le baron de Beust nous ne pouvons espérer mieux que les tendances dècidées qu'il manifeste pour la non intervention meme morale. Il est évi:demment impossible que I'Autriche, qui a tant besoin de la France, nous promette dès à présent de ne s'associer dans l'avenir à aucune négociation en faveur du pouvoir temporel si l'Empereur Napoléon III venait à le demander à l'Empereur François Joseph.

298

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. u. 608. Parigi, 12 ottobre 1867, ore 22,55 (per. ore 1,30 del 13J.

Moustier m'a fait venir ce soir chez lui pour me dire que l'Empereur étatt très impressionnés des nouvelles d'Italie, d'après lesquelles nouvelles bandes garibaldiennes, entre autres une de 1000 hommes, avaient pénétré dans les Etats pontificaux dont la population demeure tranquille. Empereur avait écrit :i. Moustier qu'il reconnait s·ncérité des efforts du GO'uvernement du Roi, mais que puisque les troupes royales seules ne pouvaient pas empecher invas.ion, il deva:it vous faire savoir ·que le temps était venu pour que la France avise de son còté et qu'H devai:t vous prévenir conformément à sa promesse de ne rien faire avant de s'etre mis en commumication avec le Gouvernement du Roi. Marquis Moustier n'•a pas voulu en écrire à Florence po'ur ne pas donner l'importance d'un acte à cet avis, mais il m'a prié de vous en télégraphier. d'appeler sur cette impression de l'Empereur toute votre attention et de vous engager à redoubler d'efforts pour ne pas compromettre fruit de la conduite loyale et énergique tenue jusqu'ic1i par le Gouvevnement du Roi.

299

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (2)

T. 353. Firenze, 13 ottobre 1867, ore 16.

Ce sont des volontaires isolés, non des bandes garibaldiennes qui pénètrent dans le territoire pontifica!: le mouvement de c es volontaires est si grand, la frontière est tellement longue, et formée de telle façon qu'il serait impossi.b~e à une armée de 200/m hommes d'en empecher entièrement le passage. ,, Je ne sais pas ce que le Gouvernement impé11ial pourrait faire pour atteindre ce but *. Du reste précisément parce qu'on surveille efficacement, et avec énergie les volontaires qui passent isolément, et se forment ensuite en petites

bandes, sont sans armes, sans direction, et ne peuvent rien falire de ser,leux, et si la populatton romaine reste tranquille oela est dù untquement à l'attitude du Gouvernement du Roli, qui s'oppose à toute invasion pour faire insurger. Il suffirait d'étre moi:ns sévère sur ce point, :et l'on verrait certainement ces populations surgd.r. Faire davantage, malgré toute bonne volonté, serait impossible. Je dirai de plus, que cet état de choses ne peut durer longtemps: nos troupes sont épuisées de fatigue; l'administration en souffre gravement, et l'autorité du Gouvernement perd de son prestige. Il faut y songer et pourvoir en quelque façon le plus tòt poss:ble. Si vous le c,royez convenable vou~ pouvez en prévenir le Gouvernement de l'Empereur pour seconder le désir, qu'il vous avait exprimé d'étre mis en communioa1li.on avec nous avant qu'on ne fit rien de notre part. Je crois que les choses sont à un point, où il est ditficile d'en sortir sans une occupation par nos troupes du territoire pontificai. C'est le seui moyen d'en finir. Je me fie à votre prudence pour mettre en avant cette idée ci, et lorsque il vous paraitra convenable. Toutefois il faudra absolument faire entendre au Gouvernement français, qu'une intervention française serait la déUbération la plus funeste, qui pourrait avoir Iieu, et qu'elle nous mettrait dans la nécessité de prendre les partis 1es plus dangereux pour

nous soustraire à ses conséquences.

(l) -Ed. in istaliano in T. V 13. p. 21. (2) -Ed. in italiano e ad eccezione della frase tra asterischi, in L V 13, pp. 21-22.
300

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 141. Vienna, 13 ottobre 1867.

Je n'ai qu'à confirmer, en y ajoutant des informations nouvelles, ce que j'ai eu I'honneur de faire connaitre précédemment à V. E. sur les dispositions de ce Cabinet Impértal à l'égavd des affaires de Rome.

V. E. voudm bien se souvenir peut-etre que le 13 Septembre (l) j'ai eu l'occasion d'exprimer amiaa1ement au Baron de Beust les vues constantes du Gouvernement du Roi sur l'application rigoureuse du principe de non-intervention, condition indispensable pour que l'autorité Royale exerce l'influence pacificatrice qu'un pouvoir national peut seu:l déployer utilement dans les affaires de Rome. S. E. le Chanceller de l'Empire me répondit qu'il croyait que la France tenait toujours au ma'intien du statu qua, et ajouta qu'en tout cas ce ne seraient certes pas des soldat.s autrichiens qui interviendraient à Rome. Hier, dans une conversation dont le8 autres traits principaux viendront à leur piace dans la suite de cette dépéche, Ile Baron de Beust m'a tenu le méme langage disant en propos fermes que l'Autriche n'a ni le pouvoir ni le désir d'intervenir dans la question Romaine.

Lorsque le Baron de Hiibner vint en congé à Vienne pour y prendre Ies instructions du Gouvernement Impérial sur la question du Concordat, j'exprimai au Baron de Meysenbug, en l'absence du Baron de Beust, la supposition que

la Cour de Rome pourrruit, en laissant espérer des conc.essions de sa part en matière ecclésiastique, essayer d'en obtenir de l'Autriche touchant les conditions d'exiRtence de l'Etat romain. M. de Meysenbug m'assura que le Gouvernement Impérial considérait les questions politiques relatives à la situation du SaintPère comme devant demeurer entièrement séparées des négociations à suivre pour la révision du Concordat, négociations dans le succès desquelles on n'avait du 11este que ·très peu d'espoir. Le Baron de Htibner vient main.tenant de repartir et les instructions dont il est porteur sont d'après mes renseignements, comme je l'ai rapporté à V. E. dans une précédente dépikhe (1), d'exposer à la Cour de Rome la nécessité où est l'Autriche de s'écarter des dispos:tions du Conco11dat, d'obtenir à cet égard sinon 'le consentement explicite du motns la tolérance tacite du Saint-Siège, de témo.igner enf'in 1la symp,athie et l'intérét les plus marqués au Saint-Père sans engager en rien la politique du Gouvemement Impérial. Hier le Baron de Beust m'a encore c:Kt que la Cour de Rome n'avait méme pas essayé de meler Ies questions politiques à 1a question ecclésiastique, et qu'elle n'avait jamais laissé entrevoir que des conditions relatives au pouvoir temporel pussent la faire céder sur 1c Concordat. Ayant demandé au Baron de Beust sur un ton de demi-plaisanterie que la conversation comportait à ce moment, s'il regrettait qu'il en eiì.t été ainsi, il me répliqua qu'il n'y avait lieu d'étre ni contrarcié ni

satisfait à cet égard cette éventuaHté n'ayant jamais été en vue.

Dès le début de la phase actuelle des affruires de Rome, quand le Gouvemement du Roi fit arréter le Général Garibaldi et prouva par les faits avec quelle vigueur et quelle eff'icadté l'envahissement du territoire pontifica! était empeché dans toute la mesure du possible, non seu1ement le langage tenu ici au Ministére des Affa1ires Etrangères témoigna des impresscons les plus favorables, mais on s'attendait dès 'lors dans le public, mème parmi les amis personne1ls du Chancelier de l'Empire qu'un pas décisif aUatt ètre fait par l'Italie vers la solution de la question Romaine dans le sens national, et on reconnut généralement dans les centres politiques et militaires les plus dignes de considération que s'il est un Puissanc'e catholique qui pourra et devra cintervenir dans 'les affaires de Rome pour la sécurité du Saint-Siége de manière à ne pas provoquer des résistances dangereuses de ·1a part des popuiations, c'est le Gouvernement italien. Dans le parti clérical mème, on prévit avec plus ou moins de résignation que telle serait l'·issue des événements actuels.

Toutefois le Baron de Beust, comme protestant et comme étant le point de mire de toutes •les intrigues des cléricaux et des féodaux auprès de l'Empereur, intrigues auxqueUes il fit publiquement aUusion dans son discours à Reichenberg, le Baron de Beust, dis-je, ayant vis-à-vis des affaires de Rome une situation personnelle très-dél'cate laissait complètement au Gouvemerment français la charge et les responsabilités de cette question et répondait aux sollicitations qui lui étaient faites en faveur du Saint-Siège en répétant les déclarations que faisait le Due de Gramont: ces déclarations étaient que si le Pape était chassé de Rome par la révolution, un corps de troupes jrançaises viendrait le ramener au Vatican.

C'est dans cette situation que je crus utile d'avoir avec le Baron de Beust et avec le Due de Gramont les entretiens dont je rendis compte à V. E. dans ma dépeche chiffrée n. 119 (1), et dans mon rapport n. 122 (2). Tout en évitant soigneusement de provoquer par mon langage des déclarations qui eussent obligé le Gouvernement du Roi à en faire d'autres de son còté, il me .parut nécessaire d<:> pouvoir faire connaitre à V. E. si, en se retranchant ainsi derrière le Gouvernement français, M. de Beust ne faisa.it que choisir comme il en avait le droit le moyen le plus commode de ne pas se meler des affaires de Rome, ou si, chose bien moins rassurante pour nous, le Gouvernement français avait été mis à meme, soit dans l'entrevue de Salzbourg, soit autrement, de se poser en mandataire exprès ou tacite de I'Autriche comme Puissance catholique dans les affaire~ de Rome, et si à défaut d'une intervention matérielle, exclue déjà par M. de Beust. l'Autr.iche était liée par une solidarité morale à la politique d'intervention pius ou moins sérieusement affichée par le Due de Gramont.

V. E. connalt le résultat auquel cette double investigation, qui deva;it etre contenue dans les limites de la plus stricte prudence, put me conduire.

Le Baron de Beust se montra trés soulagé de voir que l'éclat d'une invasion du territoire romain, embarrassant pour ll;a tranquillité de tout le monde, eut été prévenu par le Gouvernement du Ro'i; et écartant la supposition que la France pflt se fonder dans ses menaces d'intervention, sur une sorte de politique catholique engageant solidairement d'autres Puissances, il me dit qu'il croyait que l'Empereur Napoléon III se prévaudrait uniquement de l'inexécution volontaire ou forcée des clauses de la Convention de Septembre de la part de l'Italie.

Le langage que me tint d'autre part le Due de Gramont, et que j'ai rapporté très exadement à V. E. dans mon n. 122 du 3 Octobre, me laisse l'impress~on, que jc présume avoir été partagée par V. E., que la France rattachait en somme ses menaces d'intervention à des éventuaUtés excessives et peu probables, et que le Gouvernement français n'était pas très éloigné d'admettre l'occupation des Provinces au moins de l'Etat pontificai par les troupes régales. J'ignorais seulement si la France ne mettrait pas à cette occupation quelque condition grave comme par exemple la reconnaissance du pouvoir temporel du Pape.

Quoi qu'il en fut de ce dernier point, je venais d'acquérir dans ces deux entretiens la certitude, autant qu'il était possible de le faire sans excéder les limites tracées par les instructions de V. E., que le Cabinet de Vienne conservait dans la question Romaine une attitude aussi réservée que nous pouvions relativement le désirer. La vive satisfaction que me montra M. de Beust, lorsque je le mis à meme, en lui communiquant en substance les nouveUes de notre frontière, de réfuter les accusations du parti clérical, et surtout l'empressement qu'il mit à faire démentir le prétendu envoi d'une communication officieuse au Gouvernement français en faveur du pouvoir temporeì du Pape, me confirmèrent encore dans les appréciations que j'avais cru pouvoir soumettre en toute sùreté à V. E.

Avant-hier 01) les choses en étaient là, et M. de Meysenbug disait au Corps diplomatique que l'on n'avait pas encore de nouvelles sur I'issue des

négociations que l'an savait étre engagées entre l'Italie et la France sur la ques1Jion Romaine.

Mais hier (12) le Ministre de Russie me fit savoir confidentidlement que le Baron de Beust venait de recevoir la nouvelle, vraie ou fausse, que l'Empereur Napoléon ne consentait pas à I'entrée des troupes ita'liennes sur le territoire pontificai et que l'an supposait que le Gouvernement itaEen serait amené, par mouvements qui se produiraient dans l'intérieur du Royaume à dégarnir la frontière pontificale.

J'avais un rendez-vous avec le Baron de Beust pour apprendre de lui la décision qui aurait été prise à la suite de mes récilamat:ons pour les o.fficiers italiens arrétés dans le Trentin. Je sa'isis l'occasion pour amener d'une manière toute privée 1la conversation sur les affair·es de Rome, chose qui devait paraitre d'autant plus naturelle de ma part, que je ne cachais pas à M. de Beust que je n'avais aucune information nouvelle à cet égard, du Gouvernement du Roi.

M. de Beust voulut bien m'instruire du fait qu'ìl n'a été question jusqu'ici d'aucune négoc'iation relative à une garantie coUective à donner au pouvoir temporel du Pape ni d'aucun autre genre d'immixtion de Puissances cathoEques autres que la France dans 'les affaires de Rome; et qu'il ne prévoyait pas qu'il dut en étre question à l'avenir. L'impression très nette que j'ai eue de la suite de ma conversation avec M. de Beust est que malgré sa précaution à éviter de faire des promesses décisives, 1il n'est aucunement porté en principe à s'immiscer. méme par des déclarations purement théoriques, dans les affaires de Rome.

Le Ministre d'Espagne de san còté, me tint exactement un langage conforme dans la journée d'hier, ainsi que j'en réfère en détail à V. E. dans ma dépéche ci-jointe n. 139 (1).

Aujourd'hui enfin un homme d'Etat hongrois, qui a une grande inf:luence dans les conseils de la Couronne, m'a dit très confLdentiellement, en sortant d'une audience de l'Empereur, étr·e convaincu que dans les dispositions où est ce souverain actuellement, il n'accucillerait pas favorablement une proposition éventuelle de garantie du pouvoir temporel; et je ·puis affirmer en tout cas à

V. E. que la parti:cipation inévitable du Gouvernement hongrois à toute décision importante dans la poutique extérieure de l'Autriche sera à l'occasion un obstaC'le à l'adoption de procédés désagréables pour nous de la part de l'Autriche dans la question Romaine. Je m'exprime avec plus de Uberté sur ce sujet très réservé dans une lettre particulière que je me permets d'adresser à V. E. (2).

Cet ensemble de données ne constitue pas, je m'empresse de le reconnaitre, une garantie absolue pour l'avenir; ma'is c'en est assez, peut-étre, pour partager l'avis d'un diplomate d'opinion cléricale résidant ici, et qui avouait récemment

qu'à ne considérer que nos relations avec l'Empire d'Autriche, le moment actuel nous serait favorable pour résoudre la question Romaine. Ce n'est pas ici que sont les obstaC'les, je puis le certi:fLer en conscience à V. E.

Je ne me dissimule du reste en aucune façon que les dispositions de l'Autriche à l'abstention ne sont pas tell:ement arretées qu'elles ne puissent etre modifiées dans une certaine mesure si l'Empereur Napoléon exerçait une press:on dans ce sens, ou si des événements imprévus changeaient considérablement la situation.

Mais en premier lieu, aucune pression dans le sens que je viens de dire ne s'est annoncée jusqu'à présent de la part de l'Empereur Napoléon. J'ai reçu aujourd'hui encore d'une source que j'indique à V. E. dans ma lettre particulière, la certitude complète qu'à Salzbourg les deux Empereurs n'ont absolument rien concerté pour la garantie du pouvoir temporel du Pape, et que le langage qu'y a tenu l'Empereur Napoléon était tel que nous pouvions le désirer. Mème en supposant que Ies menaces verbales du Due de Gramont et les bruits d'insuccès prétendu de nos négociations à Biarritz aient réellement un fondement sérieux, du moins l'Empereur François-Joseph d'après ce qui me revient de la meme <:ource n'a reçu jusqu'au jour où j'écris aucune suggestion à faire des démarches de nature à nous inquiéter.

En second lieu, à l'égard des événements imprévus qui pourraient changer les dispositions de l'Autriche, ce ne sera pas ce qui se passera sur le territoire pontificai qui saurait avoir cet effet. Dans les conversations que j'ai eues et auxquelles j'ai assisté à Vienne ce dont on parle le moins, ce dont on ne se préoccupe méme presque pas, c'est le Saint-Siège. Il est admis que nous serons évidemment pour le Pape d'aussi bons protecteurs que peut l'ètre le Gouvernement français ou tel autre. La question à cet égard e1st mùre ic,i, ce n'est plus. à en juger du moins par l'Autriche, la conscience des catholiques qui nous barre le chemin de Rome, Personne à Vienne, pas meme les cléricaux, qui ne croient pas à la bonne foi de l'Empereur des Français dans les affaires de Rome. personne, dis-je, n'envLsage cette question telle qu'elle se pose aujourd'hui, autrement que comme matière à comb~naisons diplomatiques. Les instincts publics rencontrent juste en cela pour ce qui regarde du moins ce Cabinet; car s'il sortait, ce que rien ne fait prévoir, de sa réserve sur la question Romalne. ce ne serait point par faveur systématique pour le pouvoir temporel, mais par suite de tout autres intérèts, relatifs soit à l'aHiance de la France, dont on a besoin, soit à notre politique vis-à-vis de l'Allemagne et de l'Orient. Ces intérets autrichiens viendront-ils à etre tournés contre nous par le cours imprévu des événements? C'est de la réponse à cette interrogation que dépend l'avenir de la poli1Jique autrichienne à >l'égard de Rome, avenir qui aujourd'hui, je le répète, n'offre rien d'inquiétant.

J'envoie un homme sùr mettre à la poste à Udine la présente dépeche, ainsi qu'une lettre particulière pour V. E., plus deux rapports politiques nn. 13!) et 140 (1).

(l) Cfr. n. 227.

(l) R. 127 del 6 ot lohre, non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 265. (2) -Non pubblicato. (l) -Se ne pubblica il brano seguente: ~M. de la Tour d'Ayl!on m'assura à ce sujet que nous pouvions compter n'a\·oir affaire en tout ceci qu'à la France qui exclut meme avec une ccrtaine jalousie !es autres G:"Juvern~ments cathollques de ses négociatlons sur la question Romaine. Cette question, poursuivit-il, étant pour Napoléon III un objet de comblnaisons pour sa polltique en Europe et un moyen de peser sur !es rel2.tions extérieures de l'Italie, il tlent à y demeurer seui melé, J'al la ferme conviction qu'il ne sera qucstion ni ici, ni à Madrid, de gara.ntles à donner à la Cour de Rome ni d'autres démarches tendantes à une immixtion; je puis vous afflrmer, en tout cas, qu'il n'en est nullement question jusqu'à ce jour. Je comprends qu'à votre point de vue pour vous aic\er à réprlmer la révolution il faut que nous ne nous en mèlions pas, mème en apparence et que nous ne donnions pas dans ces démostratlons sans portée pratique qui s'addressent à la galerie. C'est exactement la disposition où l'an est en effet à Madrid et ici». (2) -Cfr. n. 308.

(l) Non pubblicato.

301

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 357. Firenze, 14 ottobre 1867, ore 0,30.

Par une dépèche adressée au Roi l'Empereur, supposant que la convention du 15 septembre soit éludée fait comprendre son intention d'envoyer un corps d'armée à Rome (1). Ce fait serait le plus funeste qui pùt arriver -ce serait d'ailleurs la violation la plus flagrante de cette mème convention, car elle fut faite pour mettre fin à toute intervention étrangère. Nous l'avons respectée et nous la respectons avec les plus grands sacrifices et dangers: nous ne pouvons permettre qu'elle soit violée par la France. Si donc les troupes françaises seront envoyées vers Rome nous sommes forcés d'intervenir aussi, et nous occuperons sans faute le territoire pont:fical. C'est une nécessité absolue pour empècher la guerre civile, pour sauver nos institutions (2), et la dynastie, qui ne pourrait en aucune manière se mettre en opposition du sentiment national si vivement manifesté, et tolérer une intervention étrangère. Je vous prie de demander des explications à cet égard au Ministère français, et lui représenter dans les termes qui vous paraitront plus opportuns la gravité de la délibération qu'on voudrait prendre, en lui faisant aussi pressentir toutes les conséquences déplorables qui pourraient en suivre. Je vous prie aussi de me prévenir aussi, et plus tòt que vous pourrez, des intentions du Gouvernement français.

302

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 611. Parigi, 14 ottobre 1867, ore 15,15 (per. ore 17,15).

Reçu vos deux télégrammes (3) * je vais de nouveau appeler l'attention du Gouvernement français sur les conséquences désastreuses d'une nouvelle expédition à Rome(4) * J'espére pouvoir l'empècher. Malheureusement Empereur n'arrivera que après demain soir. En tout cas il faut prévoir mème la pire des éventualités et s'y préparer. Agissez auprès des Cabinets des grandes puissances.

* Je ferai tous les efforts pour faire prévaloir l'idée de l'occupation par nos troupes. J'excluerai d'une mani:ère absolue projet d'occupatJ:on étrangère quelconque. * Engagez le Roi à répondre à l'Empereur dans le sens de vos télégrammes dont le contenu ne pourra à moins de faire impression profonde sur l'esprit de l'Empereur. * Je vous télégraphierai aussitòt que je pourrai, mais les ministres ne pourront rien me dire avant l'arrivée de l'Empereur. *

(-4) I brani fra asterischi sono editi in L V 13, p. 26.
(l) -Cfr. Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 1223-1224. (2) -Fin qui edito in italiano in L V 13, p. 22, ove però il telegramma inizia con le parole <<Il Governo franc~se » invece che con quelle << Par une dépeche adressée au Roi l'Empereur ». (3) -Cfr. nn. 299 e 301.
303

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 614. Parigi, 14 ottobre 1867, ore 16,55 (per. ore 20,30).

On m'assure que la nouvelle a été donnée à l'agence Havas par le Gouverne

ment imper,ial:

« On nous écrit de Londres que l'administration de la compagnie péninsu1aire et orientale a consenti à faire approcher de la còte orientale de la Sardaigne le steamer qui part de Southampton pour le levant et promis de recevoir à san bard le général Garibaldi dont le départ aurait lieu sur une petite barque. Ce serait dans la nuit du 18 que le vapeur anglais devrait se trouver à la hauteur d'Alghero où l'embarquement aurait lieu ».

304

IL VICE CONSOLE A TOLONE, BOJANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 615. Tolone, 14 ottobre 1867, ore 17,15 (per. ore 21,45).

L'escadre a reçu l'ordre de se tenir préte à partir et l'ordre d'armer trois autres bàtiments pour transport de troupes. Le consul encore absent. Je me règle selon vas deux dépéches (l). Soyez siìr de ma vigilance.

305

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 616. Parigi, 14 ottobre 1867, ore 18,50 (per. ore 21,45).

J'ai dit à Moustier dans la forme la plus amicale, mais sans rien cacher, tout ce que vous m'avez télégraphié. En outre je lui ai adressé une lettre particulière dans le sens de votre télégramme (2). Cette lettre sera placée sous les yeux de l'Empereur. J'en espère un bon résultat. On se pla'nt ici non pas de la sincérité de nos efforts, mais du manque de zèle de la part de ceux qui doivent exécuter les ordres.

(l) -Cfr. n. 270 e t. 355 del 14 ottobre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 301.
306

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 360. Firenze, 14 ottobre 1867, ore 23,55.

J'ai déjà parlé dans le sens indiqué par vous (2) aux ministres d'Autriche, d'Angleterre et Prusse. J'insisterai davantage; on parlera aussi à celui de Russie. Le Roi a répondu à l'Empereur (3), et il répondit avec des termes plus énergiques, et plus prononcés des miens; il lui a dit que si une intervention était nécessaire, le seul moyen d'arranger tout eiìt été d'envoyer les troupes italiennes à Rome, et i:l ajouta, que pour la question politique on pourrait facilement s'entendre après. Je vous remercie de ce que vous faites, et j'espère que l'Empereur se persuadera du danger d'une intervention de sa part. Assurez le marquis de Moustier, qu'il n'y a pas faute de zèle de la part des agents du Gouvernement, la difficulté est toute dans l'étendue, et la topographie très accidentée de la frontière, et cette difficulté est plus grave en face de l'esprit des populations, qui cherchent tous les moyens pour aider les volontaires, et éluder la vigilance des troupes.

307

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 536. Parigi, 14 ottobre 1867 (per. il 17).

Ho ricevuti a suo tempo i due dispacci di serie politica concernenti il memoriale di S. E. Nubar Pacha sulla progettata rego,larizzazione dei rapporti giudiziari tra Indigeni e stranieri nell'Egitto che l'E. V. mi fece l'onore d'indirizzarmi coi numeri 275 e 276 in data del 22 agosto ultimo (4), ed ho scritto sino dal 30 dello stesso mese al Ministro imperiale degii affari esteri per pregar,lo di farmi conoscere conHdenzialmente raccogLenza che H Governo francese intenderebbe fare al progetto esposto nel memoriale.

Ringraziando in pari tempo Nubar Pacha, secondo il desiderio dell'E. V., per la comunicazione fattaci, l'ho ufficiosamente informato del contenuto del primo dei citati dispacci e gli ho accennato che a parer nostro una materia di tale .importanza non potrebbe divenire l'oggetto d'una discussione pratica prima che le Potenze le quali vi sono maggiormente interessate non si siano messe d'accordo per entrare in negoziati ufficiaU col Governo del Viceré.

Finora il Marchese di Moustier non ha risposto alla mia domanda confidenziale. Il Governo .francese ha incaricato una commissione speciale di studiare questa questione e di emettere un parere •in ordine alla medesima. Io

credo che per parte nostra potremmo fare altrettanto chiedendo un'opinione a cotesto Consiglio del Contenzioso diplomatico ch'è senza dubbio di speciale competenza in siffatta materia.

(l) -Ed. in LUZIO, p. 407. (2) -Cfr. n. 302. (3) -Cfr. Lettere Vitto>·io Emanuele II, vol. II, p. 1223. (4) -Cfr. nn. 166 e 167.
308

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

L. P. Vienna, 14 ottobre 1867.

Je dois rendre compte à V. E. d'une conversation très réservée que j'ai eue avec le Comte Andràssy, et qui doit demeurer secrète, sur la recommandation qu'il m'en a faite.

V. E. me permettra d'observer d'abord que le Comte Andràssy, Président dn Conseil hongrois, étant tout autant que le Baron de Beust le confident des vues de l'Empereur, qui a pour lui des sympathies personnelles, j'ai eu soin d'établir avec lui, dès mon arrivée ici, des relations particulières. Le Comte Andràssy ne peut aucunement étre l'organe méme officieux de la polltique extérieure de ce Cabinet auprès des diplomates, et il doit apporter dans ses relations avec eux beaucoup de mesure; mais il n'en revendique et n'en exerce pas moins très efficacement le droit de déliberation sur tout acte important de la politique extérieure. Ce droit, l'Empereur et le Baron de Beust le lui reconnaissent pleinement: le Baron Andràssy a été informé de toutes les conférecences secrètes à Salzbourg et jouira des mémes privilèges en accompagnant prochainement son Souverain à Paris. Camme, d'ailleurs, il accueille volontiers les communications qui lui sont faites avec la discrétion convenable sur la politique extérieure, et que je le savais ami sincère de l'Italie et libéral éprouvé, je lui avais plusieurs fois dit que sa présence dans les Conseils de ce Gouvernement, dont je reconnaissais du reste hautement la bienveillance, était et devait ètre un gage pour le respect des pDincipes de non-intervention absolue, pour l'abstention complète de toute démarche diplomatique, contraire aux droits ou aux intérèts de l'ItaUe dans la question Romaine. Je lui raprésentais qu'il était noble, de la part du Gouvernement national que possède heureusement la Hongrie, d'exercer une action favorable à une nation arnie, l'Italie. Je rappelais notre politique modérée et conc1iliante, remarquant combien il serait funeste au catholicisme et au libéralisme à la fois, sans compter les complications internationales possibles, de venir irriter, par des démarches intempestives, des suscoptibilités nationales dont la chevaleresque Hongrie peut mieux que quiconque apprécier la légitimité. Ce langage que je lui tenais avec toute la liberté d'entretiens privés et avec l'accent de mes convictions personnelles, rencontrait en lui des échos favorables. et il m'exprimait pour l'Italie les sentiments les plus élevés.

Dimanche, sachant qu'il était à Vienne, pour la journée, et qu'il repartirait ensuite pour la Hongrie, je le fis prévenir par un ami commun que j'irais le voir après l'audience de l'Empereur, et que j'espérais avoir de lui de bonnes nouvelles sur les dispositions du Souverain en ce qui nous regarde.

Je vis en effet le Comte Andràssy peu après l'audience Impérla'le. Sans me faire des déclarations, que je ne lui demandais pas, il me confia, sous le sceau de la plus grande réserve, que I'Empereur lui avait témoigné qu'il n'était point disposé en principe à se meler en aucune façon de 'la question Romaine, ni en accueillant des demandes ou des propoSiitions de garantie du pouvoir temporel, ni autrement. A Salzbourg, continua le Comte Andràssy, les deux Empereurs n'ont absolument rien concrété ,pour la garantie éventue'l.le du pouvoir temporel, et aucune ouverture n'a été faite depuis lors à l'Empereur FrançoisJoseph pour une immixtion mème purement diplomatique dans la question Romaine. Le Comte Andràssy ne prévoit pas qu'on en fasse non plus à l'avenir, l'Autriche s'étant totalement désintéressée des questions relatives à l'Italie.

Je remerciai le Comte Andràssy en lui promettant une grande discrétion sur les indications confidentieUes; et je [ui exprimai franchement la confiance que toute son influence personnelle s'exercerait dans le sens que je voyais ètre celui de ses propres convtktions. Sa réponse m'a convaincu qu'il en est et qu'il en sera ainsi; je di,rais mème qu'H s'y est engagé, s'il n'était entendu que le Comte Andràssy ne peut prendre d'engagements, ni faire de 'promesses envers un diplomate étranger.

P. S. Je présente toutes mes excuses à V. E. pour ,la hàte où j'ai du écrire cette lettre, que je n'ai plus le temps de recopier.

309

IL VICE CONSOLE A TOLONE, BOJANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 618. Tolone, 15 ottobre 1867, ore 10,45 (per. ore 14,25).

Si l'escadre part eHe n'embarquera pas de troupes mais elle ira seulement avec ses onze cent soldats de marine. Les troupes s'embarqueront après sur les trois navires transports. On ,peut évaiuer tout compris à 5/m. Il faudra tmis jours pour que elles Cles troupes) arrivent ici ,et s'embarquent. Si l'escadre part seule j'ajouterai en italien à votre conventionnelle dépèche le mot moitié.

310

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A VIENNA, BLANC

T. 361. Firenze, 15 ottobre 1867, ore 14,30.

Déchiffrez vous-meme.

Le Gouvernement français prétend que nous éludons la convention du 15 septembre, ce qui n'est pas exact, et nous fait ,entrevoir la probabUité d'une seconde expédition à Rome. Nous ne tlui avons pas caché qu'une teHe mesure serait des plus désastreuses et serait la cause des plus graves complications. Nous faisons de notre mieux pour remplir nos engagements et nous sommes en droit d'exiger que la France exécute aussi les siens. Le moment est grave et

24 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

~olennel pour l'Italie, Veuillez dire à lord Stanley (M. de B:smarck, M. le prince Gortchakoff, M. de Beust) que nous comptons en cette occasion (per Londra, Berlino, Pietroburgo) sur la beinveillance bien éprouvée du

Cabinet de Londres, (Berlin, Saint Pétersbourg)

(per Vienna) sur la bienveillance que nous témoigne le Cabinet de Vienne

(per tutti) et nous espérons qu'il voudra agir sans perte de temps auprès du

Gouvernement françw:s pour le dissuader de tout projet de nouvelle intervention e n !talie (l).

311

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (2)

'l'. 620. Parigi, 15 ottobre 1867, ore 15 (per. ore 18).

Demain aura lieu conseil des ministres; on y discutera la question de l'expédition française à Rome. J'ai exposé toute la gravité d'une pareille mesure. Mes observations ont produ:t un certain effet, mais je ne suis pas encore tranquille. Dans cet état des choses je crois ,que vous devriez proposer ce qui suit: les troupes royales occuperaient les Etats pontificaux pour y ramener l'ordre. Une fois l'ordre rétabli elles reprendraient leurs positions sur la frontière. En attendant l'Italie proposerait d'accord avec ,la France un congrès à Florence des Puissances, * y compris l'Angleterre, la Prusse et la Russie * pour resoudre définitivement la question romaine (3). '' Peut-ètre cette proposition serait acceptée ici. Je vous prie de me télégraphier de suite * (4).

312

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

D. l. Firenze, 15 ottobre 1867.

I dispacci di codesta Legazione segr..::>ti coi nn. 140 e 141 (5) mi giunsero regolarmente. Entrambi hanno tratto ad argomenti importantissimi sui quali gradirò molto di avere posteriori notizie.

Dalla lettura dei documenti diplomatici ch'Ella troverà qui uniti le sarà facile conoscere l'azione diplomatica da noi esercitata in questi ultimi tempi in Oriente. Di questa questione meritatamente si preoccupa ~a Russia dacché la situazione presente non è durevo'le e richiede profonde radicali mutazioni. Ella vedrà che in Creta, o forse dirò meglio presso gli Elleni, ebbero sfavorevole accoglimento le concessioni fatte dalla Porta e recate dallo stesso Gran Vizir

in Candia. È questa però una esperienza che deve compiersi prima che le Potenze siano autorizzate a chiedere al Governo del Sultano altri provvedimenti. La nostra s:tuazione interna è ora talmente grave da impedirci di spiegare al di fuori un'azione più attiva, ma però noi non manchiamo di dimostrare in ogni miglior maniera che i nostri voti sono costantemente favorevoli alla causa delle nazionalità orientali. (l)

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Il peut Vous ètre utile de savoir qu'à son retour à Vienne le Comte de Stackelberg a dit au Chargé d'affaires de Sa Majesté que si un mouvement venait à éclater dans !es provinces S!aves de la Turquie, la Russie se verrait probablement dans la nécessité de concentrer des troupes sur la frontière de l'Autriche pour empècher que cette dernière puissance n'occupe la Bosnie et l'Herzégovine. L'Envoyé Russe laissait entendre que nous aurions du prendre la mème attitude du c6té du Tyrol. Je crois qu'il n'y a en tout ceci qu'une opinion personnelle du Comte de Stackelberg et je Vous la fais connaitre sous toute réserve.

Le mouvement, dont la Serbie est le centre, parait inevitable. Sous le s~eau du plus grand secret je puis Vous dire qu'un traité sera bient6t signé entre la Serbie et la Roumanie. Nous voyons avec plaisir que le Gouvernement Roumain ne reste pas dans l'isolement. Il est essentiel que cette petite nationalité subsiste et qu'elle puisse se consolider. Pour le moment il parait que la Russie est sincère dans ses intentions. Elle laisse la direction du mouvement aux Serbes. Si elle est décidée également à permettre la réconstitution des autonomies nationales en Orient sans chercher à intervenir en vue de ses propres intérèts exclusifs nous ne pouvons qu'applaudir à sa conduite.

Vous savez déjà que le principe de non intervention est une des bases de notre système politique.

(1) -Per le rispostf' cfr nn. 319, 321, 323, 324. (2) -Ed. in italiano e ad eccezione del brani fra asterischi ln L V 13, p. 23. (3) -In L V 13, il telegramma termina cosi: «Mi asterrò naturalmente da ogni proposta al riguardo finché non mi 'iano giunte col telegrafo le istruzioni di V. E.». (4) -Per la risposta cfr. n. 314. (5) -Cfr. n. 255; !l r. 141 non " pubblicato.
313

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, SUSINNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (2) Bucarest, 15 ottobre 1867 (per. il 22).

L'Agent de Roumanie porte à Belgrade les bases d'un traité avec la Serbie. D'après ce qu'on m'a dit on se bornerait pour le moment à une alliance pure et simple pour garantir les droits et la sécurité des deux pays.

Les mots offensive et déjensive seraient meme laissés de còté afin de ne pas éveiller des préoccupations intempestives en Europe. Il serait entendu, mais sans le stipuler, dès à présent que la Roumanie laisse à la Serbie liberté d'action à l'égard de la Bulgarie.

(l) -Cfr. il seguente brano del r. 131 di Blanc del 9 ottobre: « Dans une conversation avec le Comte Stackdberg rcvenu de congé il m'a tenu langage très accentué pour une entente activa de I'Italio et de la Russie. "Vous devriez, m'a-t-il dlt, prendre vis-à-vis de l'Autriche l'attitude que celle-ci a prise vis-à-vis de nous pendant la guerre de Crimée, et cela en concentrant des troupes d'observation clevant le 'frentin et en réunissant votre flotte dans l'Adrlatique pendant que nous nous masserons du còté de la Gallicle. Nos forces ne sortiront pas de nos frontières. Les Sca\?S du Sue! ne veulent 4u'une chose, la non-intervention. Nous veillerons seulement i ce que cl't>utres n'interviennent pas contre eux. L'Autriche est votre rivale dans l'Adriat!que; son accroissement en Bosnie et en Herzégovine est contraire à vos intérèts tanc!is que l'établissement d'un ou plusieurs Etats slaves sur l'Adriatlque ne peut vous causer ombrage ». (2) -Al r. 66, non pubblicato.
314

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO. RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

'I'. 362. Firenze, 16 ottobre 1867.

*Je regrette de ne pouvoir répondre que sous réserve à votre dépeche (2), n'ayant pu prendre les ordres de S. M. le Roi qui ne reviendra que demain. * Je me borne à vous exprimer ma pensée personnelle. Il nous serait impossible nous engager de reprendre les positions sur la frontière après l'occupation; notre position dans ce cas serait pire qu'avant. Plutòt vous pourriez proposer comme de vous que notre occupation devra s'entendre faite sans préjuger aucunement à la question politique de la souveraineté, et sauf à se mettre d'accord avec la France pour assurer l'indépendance du Pape. Si la France voudra proposer après un congrès avec des autres Puissances pour résoudre définitevement la question romaine, probablement l'Italie n'aura pas de difficultés à opposer: mais il ne me parait pas convenable d'en prendre l'initiative, meme pour un certain égard envers l'Empereur. Du reste l'état actuel devient de jour en jour plus menaçant et dangereux, l'insurrection prend pied, et si on devait retarder encore l'occupation par nos troupes, je crains pour l'ordre public, et je prévois des conséquences déplorables, qu'il faut à tout prix prévenir.

315

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI. AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (3)

T. 363. Firenze, 16 ottobre 1867, ore 10,25.

Le Roi approuve ma réponse ( 4): seulement il désirerait éviter, si c'est posslble, le congrès, qu'il ne croit pas pouvoir nous donner des résultats favorables. En outre il observe, que là où je parle de se mettre d'accord avec la France pour assurer l'indépendance du Pape, il faudrait expliquer qu'il s'agit de l'indépendance spirituelle. Le Roi vous recommande de faire tous les efforts

pour empecher une occupation française. Retenez du reste, que dans tous cas nous avons décidé qu'au premier moment que l'escadre française partira de Toulon, nos troupes franchiront la frontière, et marcheront sur Rome. Le Conseil des ministres est parfaitement d'accord sur tous les points.

(l) -Ed. ad eccezione del brani fra asterischi, in italiano in L V 13, p. 24 e in tedesco in BASTGEN, VOl. II, p. 538. (2) -Cfr. n. 311. (3) -Ed. in italiano in L V 13, p. 24 e in tedesco in BASTGEN, vol. II, p. 539. In tali pubblicazioni però non viene fatto il nome del Re ma si parla solo di Governo. (4) -Cfr. n. 314.
316

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 621. Parigi, 16 ottobre 1867, ore 11,15 (per. ore 13,25).

Rouher est pour une double occupation italienne et française. Je crains que cette résolution sera celle qui prévaudra aujourd'hui au conseil des ministres.

317

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 364. Firenze, 16 ottobre 1867, ore 12,50.

Le Roi voulant confier la légation de Vienne à S. E. le général d'armée Cialdini, vous voudrez bien demander si cette nomination serait agréée par le Gouvernement impérial.

Pour votre règle ce choix, dicté uniquement par des considérations d'ordre intérieur, ne doit pas etre interprété comme un changement à la politique que le comte de Barrai représentait avec tant de succès.

318

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. DI CAMPELLO

T. 625. Vienna, 16 ottobre 1867, ore 17,45 (per. ore 21,35).

Baron de Beust est souffrant; il m'a remercié de la preuve de confiance que le Gouvernement du Roi lui donne (1). Il n'a rien contesté de tout ce que je lui ai fait observer sur les conséquences désastreuses qu'une intervention de la France aurait pour l'Europe et pour la Papauté elle meme. Il m'a assuré que le Gouvernement autrichien n'a pas dit et ne dirait pas un mot pour encourager le moins du monde le Gouvernement français à une intervention. Mais il a ajouté:

«Des insinuations confidentielles de notre part auprès du Gouvernement français pour déconseiller politique d'intervention n'auraient pas d'efficacité

reelle. Quant à une démarche formelle nous avons refuse naguere à una autre Puissance d'en faire à Paris en faveur du pouvoir temporel et nous ne pouvons pas davantage.

Nous sommes heureux de n'avoir aucune part de responsabilité à cet égard et nous devons laisser Napoléon se tirer, comme il le pourra sans doute. rle celle qui lui appartient.

Nous ne sommes pas juges des nécessités d'ordre intérieur de la France. Nous ne pouvons pas permettre à l'Empereur Napoléon par notre immixtion méme... {l) de dire que l'Autriche meme ayant conseillé de ne pas intervenir il est préjugé à cause de nous. J'ai demain matin à soutenir lutte redoutable contre parti clérical sur le concordat et je dois éviter d'en accroitre les difficultés. Les malheurs de l' Autriche doivent au moins lui servir à garder dans d es questions aussi désagréables une abstention absolue. Du reste l'Empereur et moi nous venons de donner une preuve d'amitié envers l'Italie par la mise en liberté de vos officiers et franchement aussi par l'agrément télégraphié hier au baron de Ki.ibeck nous venons d'épargner embarras au Gouvernement du Roi touchant la destination de Cialdini. Nous n'avons pas pris non plus ombrage de vos lenteurs dans la solution des questions relatives au traité de paix d'octobre 1866. Je dis ceci sans arrière pensée, je suis très satisfait des relations excellentes de Kiibeck avec le président du conseil et le ministre des affaires étrangères, et des miennes avec le comte Barrai et avec vous; nous sommes sincèrement vos amis, mais nous ne pouvons aUer plus loin en faveur de l'Italie dans la question romaine que de nous abstenir entièrement. J'ai terminé cet entretien en disant que le Gouvernement du Roi comprend la réserve que les circonstances lui imposent et que nous comptons sur son libéralisme, sur sa haute raison d'homme d'Etat et sur l'influence personnelle qui lui appartient actuellement dans la politique de la France. Mon impression est toujours la meme sur les dispositions au fond favorables du baron de Beust. J'agirai encore très confidentiellement auprès du président du conseil hongrois avant le départ de l'Empereur FrançoisJoseph pour Paris.

(l) Cfr. n. 310.

319

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 622. Parigi, 16 ottobre 1867, ore 18 (2).

Les ministres ne sont pas encore rentrés du conseil. Avant le conseil les opinions étaient partagées, mais je crains que le parti de l'expédition ne l'emporte .J'ai bien exposé au Gouvernement impérial les conséquences funestes d'une telle résolution. Je vous télégraphierai aussitòt que j'aurai vu le marquis de Moustier.

(l) Gruppo indecifrato.

(2) I !telegramma reca sul registro l'annotazione: « reçu en retard ». Nella copia conservata nella busta 204 del carteggio C"onftcien~iale e riservato risulta arrivato alle 22,30.

320

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTR.O DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. 624. Parigi, 16 ottobre 1867, ore 19,25 (per. ore 2122).

Rouher me fait dire confidentiellement que l'intervention française est décidée en principe. Demain à onze heures il y aura nouveau conseil des ministres. C'est dans ce conseil que ron prendra una résolution définitive. Si vous avez d'ici là quelque mesure de conciliation à proposer, Rouher dit qu'il l'appuiera (2).

321

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPEI.JLO

r. 626. Londra, 16 ottobre 1867, ore ... (per. ore 22).

Lord Stanley m'a dit que quoique les sympathies anglaises soient indubitablement avec nous, il ne peut pas officiellement donner un avis non demandé d'autant plus qu'il ignore les circonstances qui porteraient l'Empereur Napoléon à prendre un parti qu'il doute fort etre dans son inclination personnelle, mais que s'il entrevoyait une occasion favorable, sans mettre le Gouvernement dans une fausse position, de nous rendre service, il le ferait volontiers.

Lord Stanley sera absent jusqu'à samedi. J'ai lieu de croire que le Times

aura demain un article favorable.

322

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (3)

T. 627. Parigi, 16 ottobre 1867, ore 22,20 (per. il 17).

*Occupation française a été décidée en princtpe dans le Conseil d'aujord'hui. Dans le Conseil des ministres de demain on prendra résolution définitive. * L'expédition sera composée de six mille hommes seulement.

Les troupes pourront arriver devant Civitavecchia en trente heures après leur départ de Toulon. On est allé aux voix au sein du Conseil. La majorité s'est prononcée pour l'expédition. Elle s'est composée de Rouher, Forcade, Niel. Rigauld de Genouilly. La minorité de La Valette, Duruy, Baroche. Les autres hésitaient. L'Impératrice contre l'expédition.

(l) -Ed. in LUZIO, p. 408. (2) -In A C R è conservato il seguente t. di Vimercati a Rattazzi del 17 ottobre, ore 1,50 ed. in Luzxo, pp. 420-421: «Confirme dépeche Ministre Italie intervent!on française dec!dée dema!n matin. Faites quelques proposit!ons dans une voie conciliante, proposez, si vous le croyez convcne.ble intervention en commun, tiìchez de gagner du temps, répondez à Nigra, ou à [moi] dema!n avant dix heures matin ». fil (3) -Ed. con data 17 ottobre, in LuziO, p. 409. Il brano fra asterischi è edito in ital!ano in l-V 13, p. 25 e in tedesco in BASTGEN, vol. II, p. 539.
323

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 629. Pietroburgo, 16 ottobre 1867, ore ... (per. ore 3 del 17J.

J'ai présenté hier mes lettres de créance à l'Empereur. J'ai fait aujourd'hui au prince Gortchakow la communication contenue dans la dépéche de V. E. (1). Il m'a dit que malgré tout son bon vouloir pour l'Italie sa position exceptionnelle vis-à-vis du Saint Père lui empéchait d'intervenir en cette circonstance. Je lui ai demandé si le Gouvernement russe ne pourrait pas agir sur la France. Le prince Gortchakow m'a répondu que la Russie ne croyait pas devoir prendre une part directe dans la solution de la question romaine ne regardant pas le maintien du pouvoir temporel camme nécessaire à l'équilibre européen; mais il a ajouté que, d'après ses informations, l'intervention française ne serait pas E'ncore décidée. Il a fini par me promettre qu'il me communiquerait confidentiellement tout ce qu'il parviendrait à connaitre des intentions du Gouvernement français à cet égard.

324

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 83. Berlino, 16 ottobre 1867 (per. il 20).

J'ai reçu hier dans la soirée le télégramme que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser le méme jour (1), et j'ai aussitòt demandé une audience à S. E. M. le Comte de Bismarck, qui a eu l'obligeance de me recevoir aujourd'hui. J'ai répondu par le télégraphe à la question essentielle qui formait l'objet de la communication que j'ai faite au Cabinet Prussien de la part du Gouvernement du Roi, et j'expédierai demain matin le Baron Visconti à Florence avec cette dépéche, dont le contenu ne me parait pas de nature à devoir étre confié à la poste.

La situation du Gouvernement Prussien, en présence de la phase actuelle de la question romaine, est envisagée par le Comte de Bismarck à un double point de vue. Il ne redoute pas trop le mécontentement que les conseils de non intervention rencontreraient de la part du Cabinet des Tuileries, car une mésintelligence avec la France ne pourrait étre considérée par lui comme une éventualité bien effrayante, quoique assurément fàcheuse: la popularité et le prestige de la Prusse auraient tout à gagner d'un pareil événement. La chose est toute autre, si l'an doit calculer les conséquences d'une attitude hostile au Saint-Siège, et en Allemagne, c'est là l'effet que produraient les démarches de la Prusse, si elle exerçait à Paris une pression pour empécher l'intervention dont on a fait entrevoir la probabilité à Florence. Sans parler des catholiques du Sud, dont les sympathies allemandes ont leur importance, la Confédération du Nord compte

huit millions de catholiques: ce seraient 80 députés qui au Parlement voteraient contre le Gouvernement, le jour où ils verraient le Roi Guillaume manifester une politique ouvertement hostile au Pape: le Comte de Bismarck compromettrait le fruit de bien de labeurs, s'il n'évitait pas un écueil aussi dangereux. C'est là l'obstacie qui l'empéche de n'écouter que ses sympathies pour l'Italie, et d'adopter une attitude hostile à une protection du territoire du Pape.

D'après les informations toutefois, la France ne serait pas si près d'entreprendre une nouvelle expédition, dont l'effet désastreux et les graves conséquences sautent aux yeux. Le Chargé d'Affaires de Prusse à Rome a, de son còté, l'instruction d'exercer toute son influence pour persuader le Saint-Père à ne pas abandonner sa résidence quoi qu'il arrive, à se retirer tout au plus à Civitavecchia s'il croit se personne menacée, et à s'entendre enfin avec le Gouvernement italien. J'ai demandé au Comte de Bismarck si le diplomate Prussien devait aussi insister auprès du Pape pour qu'il n'appel:lt point les français à Rome, car la circulaire récente du Cardinal Antonelli résumée dans les journaux, si elle était véridique, pouvait étre interprétée comme un appel de cette nature.

S. E. m'a répondu qu'une telle instruction pourrait étre donnée au Chargé d'affaires, mais qu'Elle avait lieu de croire que le Pape n'était pas le plus chaud partisan de l'intervention française, qu'il n'avait pas complètement dépouillé l'homme de 1847, et qu'on ne devait pas desespérer d'une entente avec l'Italie. J'ai encore demandé à S. E. si les catholiques allemands du Nord et du Sud n'étaient pas tout aussi contraires à une nouvelle expédition de la France qu'à une attitude hostile du Roi Guillaume. « Oui, ma répondit-elle, certainement, mais ils ne voudraient ni l'une ni l'aut.rP. >>.

Passant ensuite à un autre ordre d'idées, le Président du Conseil m'a dit que toutes ces considérations ne devaient s'appliquer qu'à l'éventualité d'une expédition française pour défendre le Saint-Siège, dans ses possessions actuelles. contre l'insurrection. La question prendrait un tout autre aspect, s'il s'agissait d'une attaque de la France contre le Royaume d'Italie, tel qu'il a été reconnu par la Prusse: « Les Puissances européennes: l'Angleterre, la Russie, l'Autriche, devraient se demander, comme nous, si l'on pourrait tolérer que, en cas de victoire, la domination et l'influence française en vinssent à prendre en Italie la place que l'Autriche occupait, lorsque son poids se faisait sentir mème à Turin. Il serait utile que notre Gouvernement sondat à cet égard les dispositions des autres Cabinets. Quant à nous, si une Italie indépendante n'existait pas, nous aurions du l'inventer. Elle est notre allié naturel en Europe. Nous avons les mémes tendances, les mémes intéréts. L'Autriche elle-méme doit se dire qu'elle peut trouver au besoin un allié dans l'Italie. Ses tendances actuelles se portent vers l'Orient, et il ne parait pas qu'une politique de rancune et de revendication vers la Prusse, et en seconde ligne vers l'Italie, puisse les primer dans ses conseils. Tàchez, m'a encore dit S. E., de résumer ma conversation de façon à ce que la franchise et la loyauté de mes paroles ne produisent pas à Florence un effet facheux, mais bien qu'on y reconnaisse les sentiments de sympathie et d'amitié qui nous animent pour l'Italie ».

Plus tard dans la journée, le Comte de Bismarck a eu la bonté de me faire donner lecture, par son neveu, d'une lettre de Paris, non officielle mais de

bonne source m'a-t-il dit, dans laquelle on mandait les impressions recueillies à Biarritz sur la question romaine. Les esprits seraient partagés dans les conseils de l'Empereur: d'un còté on pousse à l'intervention, en montrant les funestes effets d'une politique qui abandonnerait le Saint-Siège à lui-meme: d'autre part on représente qu'une nouvelle expédition entrainerait l'Empereur dans une vaie dc réaction encore plus funeste, et on soutient d'ailleurs qu'on viendra facilement à bout de l'agitation du parti catholique. L'auteur de la lettre rapporte l'impression que l'Empereur Napoléon laissera les événements suivre leur cours en Italie, sans en venir à une seconde expédition.

Le bruit a couru que le Roi Guillaume et l'Empereur d'Autriche se rencontreraient prochainement à Baden. J'ai demandé au Président du Conseil ce qu'il y avait de vrai dans cette nouvelle. II m'a répondu qu'il n'avait reçu aucune information à cet égard. La chose doit dane étre mise en doute, quoiqu'il me revienne que S. M. la Reine travaille activement pour amener cette entrevue. Mais on prétend que son influence n'est pas grande.

P. S. Ci-joint une lettre particulière pour V. E.

(l) Cfr. n. 310.

325

R.ELAZIONE DEL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE DI PORTOGALLO A ROMA, DA COSTA DE SOUZA-MAZEDO (l)

RISERVATA. Roma, 16 ottobre 1867 (2).

L'impronta dominante la situazione in Roma e, secondo mi viene riferito, anche nelle Provincie, è uno scontento generale in tutte le classi della popolazione senza distinzione di partiti. Liberali, clericali, negozianti, impiegati, artisti. poeti, gente del popolo, e quello ch'è più grave, officiali e soldati dell'esercito indigeno, tutti desiderano veder finito questo stato provvisorio incerto e ruinoso. Domandano una soluzione pronta e definitiva, un rimedio energico ed immediato a tanti mali, senza però indicare i mezzi e la natura di questa soluzione: che si esca immediatamente da questa situazione, tal'è il desiderio generale. Non è la caduta del potere temporale, né il rovescio possibile dei tentativi garibaldini che spaventano i differenti partiti, sibbene l'aggiornamento di una siffatta situazione, la consacrazione del provvisorio, la dilatazione in luogo dello sfacelo del circolo vizioso intorno al quale si gira da tanto tempo. Quando una simile disposizione si generalizza e si fortifica in tutti gli animi senza distinzione alcuna di classi o di opinioni, indica sufficientemente che sono abbastanza maturi per una crisi.

Quello che spiega l'attitudine generalmente irresoluta e passiva degli abitanti del Patrimonio di S. Pietro verso le bande garibaldine è la contradizione, il dualismo che si è manifestato tra le tendenze del Governo e quelle della maggioranza dei liberali italiani, tra una politica d'arret e la gravitazione incessante delle masse verso Roma. L'arresto di Garibaldi ha persuaso gli animi i più increduli che il Governo italiano declinava una soluzione violenta della questione romana, che condannava realmente questa impresa. Gli è per questo

i l) Ecl. in Mnw. vol. I np 278-281.

motivo che una spedizione di contrabbando, sprovveduta di tutte le garanzie di successo, disapprovata, senza avvenire, ha prodotto più timore che entusiasmo. Le prime bande garibaldine commisero l'errore imperdonabile di non issare alla vista delle popolazioni la bandiera monarchica-costituzionale, di ferire il sentimento religioso delle popolazioni stesse, lasciando credere che il potere spirituale non sarebbe risparmiato dagli attacchi ch'esse dirigevano al temporale dei Papi, e qualche misura di rigore da loro presa contro alcun membro del clero contribuì a rafforzare questo dubbio. L'impotenza delle prime bande contro un esercito regolare sia pur piccolo, il timore di rappresaglia per parte del Governo pontificio, senza speranza d'appoggio per parte del Governo itaLiano, aumentarono senza dubbio l'esitazione delle popolazioni e particolarmente di coloro che avevano proprietà e posizioni da compromettere. Frattanto l'astensione delle popolazioni di cui il Governo pontificio tanto trionfantemente vuol prevalersi e che considera come un fenomeno provvidenziale, non è sec'Ondo la mia maniera di vedere che un sintomo passeggero. Non è possibile negare che il movimento prolungandosi guadagnerà più terreno, che gli spiriti ardenti, gli esseri vagabondi, le genti senza interesse fisso sono ogni giorno più trascinate, e che se la massa delle popolazioni persiste nel suo stato d'inerzia è sopratutto perché dei tre colori nazionali il rosso solo si offre alla loro vista issato da quelle bande. L'esercito pontificio del quale una gran parte esiterebbe al certo di marciare contro l'italiano, è oggi al contrario molto irritato contro le camicie rosse, e fa il suo dovere. Il Governo del Papa incoraggiato dalla condotta passiva delle popolazioni sopra delle quali conta di troppo, e dalla fedeltà dell'esercito che ritiene a tutta prova, si prepara ad una resistenza disperata e si lusinga che solo in presenza dell'invasione, può vincerla completamente. Mentre da un lato mette in campo tutte le sue forze e consuma tutte le sue risorse militari, dall'altro, secondo mi dicono, cerca con tutti i mezzi diplomatici la cooperazione, l'appoggio di una potenza qualunque. Una nota del Cardinale Antonelli, che mi si afferma essere stata diretta alle Potenze Cattoliche, è delle più palpitanti e supplichevoli. Intanto questo tentativo diplomatico sembra non avere, fino ad ora, prodotto altro risultato che di mettere in evidenza l'isolamento ogni giorno più pronunziato del Governo pontificio. Nello stesso tempo sintomi poco rassicuranti si manifestano fra il clero ed i prelati romani, e la disapprovazione, che tosto può mutare in riprovazione manifesta di una difesa senza speranza di riuscita, di una lotta senza certezza di successo, cresce. Già v'hanno Ecclesiastici dignitarj della Chiesa romana che dicono, che il Papa come Capo della Cattolicità e Vicario di Gesù Cristo non deve far spargere invano un sangue generoso, e che anzi ha il sacrosanto dovere di risparmiarlo. Pio IX la di cui delicatezza di coscienza e scrupoli sono conosciuti, sentimenti che il Suo Segretario di Stato reputa sovente pregiudizj, è. secondo mi dicono, preoccupato a motivo del conflitto tra i suoi doveri religiosi e quelli monarchici, e potrebbe, aggiungono, da un momento all'altro, stante la prolungazione indefinita della lotta, decidersi ad adottare impreviste risoluzioni e dare uno di quei colpi di stato sacerdotale, che esquilibrano completamente il Cardinal Antonelli, e dei quali il Papa già ha dato un esempio in una lettera scritta improvvisamente al Re Vittorio Emanuele e che determinò la missione del Commendator Vegezzi.

Questa iniziativa scoraggiante per un politico razionale e terrestre, queste ispirazioni spontanee che il Papa dice raccogliere ai piedi del Suo Crocifisso e che non è sempre dato al Cardinale stesso di paralizzare senza ferire il principio religioso, può darsi che siano chiamate a rappresentare una parte nelle attuali circostanze ed a sorprendere l'Europa. D'altra parte, continuano sempre le mie informazioni, bisogna non dissimularsi che un partito decisivo adottato oggi dal Governo italiano di contro all'invasione garibaldina e all'aspetto antimonarchico che pajono prendere gli avvenimenti nello Stato pontificio, darebbe per risultato, fortificare il Santo Padre nei suoi sentimenti di resistenza ad una conciliazione, trionfare de' suoi scrupoli in senso negativo, e nello stesso tempo che porrebbe termine al conflitto militare, sollevare contro il Governo italiano l'indignazione del potere spirituale e metterlo in presenza di un serio antagonismo religioso. Questo è uno dei pericoli della situazione attuale che mi è stato segnalato da persone del Clero, d'accanto ai vantaggi di ordine e di sicurezza che sembra loro presentare in questo momento un intervento italiano risolutamente deciso, e credono, non so se di buona fede, che il Gabinetto di Firenze accettando francamente l'eredità del movimento, incaricandosi di regolarlo e moderarlo, entrando, benché a nome dell'ordine e degl'interessi monarchici, per la porta che gli lascia aperta la rivoluzione, com'è accaduto in Sicili~t, rischia di urtarsi contro una minacciante opposizione religiosa fortificata dall'agitazione della Cattolicità, di violentare le risoluzioni del Papa, e di ritardare

o distruggere per sempre la possibilità di una riconciliazione.

Queste osservazioni sarebbero giustissime e sicuramente nessuno più capace di apprezzarle e considerarle che il Commendator Rattazzi. Ma il tempo, gli avvenimenti provano che i popoli di tutta Italia sono stanchi d'aspettare e che il Papa non è risoluto per ora a transigere.

Fino qui mi sono limitato a riferire l'opinione di persone che sono in relazione colla società romana e che conoscono a fondo il terreno, ed ho abbozzato l'impressione che ho ricevuto in questi pochi giorni di mia residenza a Roma. Passo ora a dire quello che ho raccolto nelle visite fatte al Cardinal Antonelli ed a qualche membro del corpo diplomatico. Antonelli era preoccupato. Nel momento in cui io entrai riceveva la nuova di uno scontro a Falvaterra presso Ceprano tra i cacciatori pontifici e garibaldini. Questi ultimi perdettero trentotto uomini tra morti e prigionieri. Il Cardinale si lagnò del Governo italiano e sostenne ch'era connivente cogli insorti, perché questi passavano la frontiera ed ingrossavano le bande a dismisura. Diceva che battendosi le truppe cogli invasori a poca distanza dalla frontiera ed alla barba dei soldati italiani, questi lasciavano fare; che la truppa pontificia si conduceva ottimamente, e che fino a quel momento le popolazioni non avevano simpatizzato col movimento. Sua Eminenza si teneva in riserva, e come non convenisse nella mia posizione interrogarlo di troppo, mi accomiatai domandandogli nuove del Santo Padre, aggiungendo che come era naturale Sua Santità avrebbe conservato tutta la sua calma e tranquillità; al che il Cardinale Antonelli rispose: «Le Saint Père va très bien, et camme il est de raison il est jort tranquille, car l'iniquité ne vient pas d'ici, vient de là». Ho veduto poi l'incaricato d'affari di Francia il Signor Armand: l'ho trovato di una grande semplicità, parendomi non capire o credere che io non capissi le difficoltà e gl'imbarazzi della situazione. Vedeva tutto color di rosa: secondo lui, le forze delle quali può disporre la Santa Sede senza sguarnir Roma sono più che sufficienti per distruggere i Garibaldini e ristabilire l'ordine nelle provincie; non c'è timore, egli dice, che si muovano le popolazioni. «L'esercito italiano, soggiunge l'incaricato, non deve, non può entrare sotto nessun pretesto: sarebbe violare la Convenzione di Settembre e la Francia nol può consentire perché sa signature est encore trop fraiche au bas de ce traité ». Osservai che essendo possibile che fallissero le sue previsioni, che le popolazioni delle provincie vedendo crescere il numero dei Garibaldini perfettamente guidati e comandati, vedendoli seguitare un piano regolare di campagna; se si pronunziassero in favore del movimento, se allora l'esercito italiano sconfinasse, se anco allo sconfino di quest'esercito il popolo a Roma, sentendosi forte di quell'appoggio, facesse ugualmente il suo pronunciamento e autorizzasse le truppe italiane ad entrare, io domandava ciò che farebbe la l!,rancia. Mi rispose ignorarlo. Il momento è grave e la mia visita a Roma benché breve non mi lascia nessun dubbio dell'imminenza di una manifestazione popolare in favore del movimento non solo nelle provincie pontificie ma anche in Roma. Il movimento può essere simultaneo, è questa l'opinione di persone per solito bene informate. Il partito nazionale è persuaso della necessità di dare un pretesto al passaggio delle truppe italiane. Dice che il generale Durando ha ricevuto in Napoli l'istruzione per marciare sopra Roma ed entrare nella città eterna appena gli arrivi la notizia d'essere divampata l'insurrezione, che dalla frontiera di Corese le truppe ivi stanziate la passeranno, e che il Generale Menabrea sarebbe rivestito dei poteri necessarj per governare Roma in nome del Re d'Italia.

Questo partito pare trovarsi di nuovo riorganizzato ed avere ricevuto soccorsi in armi e denaro. Conta sul successo del movimento, sulla defezione dell'esercito indigeno e sul concorso delle truppe regolari poche ore dopo scoppiato il movimento.

Le opinioni sono differenti, gli avvisi diversi relativamente al partito che adotterà il Santo Padre in caso di una interna sollevazione: se si ritirerà a Civitavecchia, o lascerà i suoi stati. Se li lascia, dove andrà il Santo Padre? Non certamente in Francia: l'ultimo disaccordo con l'Austria fa credere che non isceglierà colà la sua residenza. Andrà dunque in !spagna? Altra volta questa Potenza offrì al Santo Padre le Isole Baleari, e oggi il Cardinal Segretario di Stato si trova in attivissima corrispondenza telegrafica col Maresciallo Narvaez.

(2) Rnnessa brevi manu ~al Ministero il 23 ottobre 1867.

326

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 365. Firenze, 17 ottobre 1867, ore 0,45.

*Je ne puis que me rapporter à mes dernières dépéches quant aux propositions qu'on pourrait faire au Gouvernement français. ':' L'intervention française c'est la mesure la plus fàcheuse qu'on puisse prendre: si le Gouvernement de

p. -25 e in tedesco in BASTGEN, vol. Il, p. 539.

l'Empereur l'adopte il nous reste rien d'è'.Utre à faire que d'intervenir nous aussl. Puisque nous n'avons aucune difficulté de laisser intacte la question de la souveraineté, et de nous mettre d'accord pour donner les garanties nécessaires à l'indépendance du Pape, l'intervention française n'a aucun but si ce n'est qu'elle signifie des soupçons à notre égard. Ici nous ne pouvons nous mettre en opposition contre le sentiment national sans compromettre tout et nous exposer à des conséquences plus graves que celles d'une intervention. Le Gouvernement français devrait le comprendre, et au lieu de nous mettre dans une position impossible tacher de s'entendre avec nous.

(l) -Ed. in Luzro, pp. 408-409, e. ad eccezione del brano fra asterischi, in italiano in L V 13,
327

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. 631. Parigi, 17 ottobre 1867, ore 11,55 (per. ore 15).

Je vais communiquer à Rouher votre dernier télégramme (2), mais je n'ai plus d'espoir; intervention est décidée. Le parti de l'intervention s'est appuyé surtout sur ce que le Gouvernement du Roi se montre impuissant à empécher l'invasion et s'il intervenait ne pourrait pas prendre engagement d'évacuer Etats Pontificaux après y avoir rétabli ordre; d'autre part le Pape avait déclaré qu'il quittait Rome si l'Italie interviendrait et il invoque appui de la France et des Puissances catholiques. J'ai déjà déclaré que si la France intervenait nous étions forcés d'intervenir aussi. Je vais répéter cette déclaration. Rouher du reste voudrait une double intervention faite d'accord, mais il ne prendra pas initiative d'une telle proposition, et il est probable que l'expédition sera faite purement et simplement. * C'est la division du général Dumont qui est destinée à partir. *

328

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO. RATTAZZI (3)

T. 632. Parigi, 17 ottobre 1867, ore 13,45 (per ore 15,23).

J'ai vu Rouher avant son départ pour Saint Cloud. * J'ai obtenu qu'il demande à l'Empereur un sursis de 48 heures à tout ordre d'expédition. * Si vous pouviez m'autoriser à déclarer que moyennant un redoublement d'efforts vous réussiriez à empécher l'invasion sans occuper les Etats Pontificaux, je réussirai peut étre encore à empécher expédition française. Si vous ne pouvez pas m'envoyer cette autorisation l'expédition française aura lieu. Dans ce cas, comme nous

avons déclaré que nous interviendrions aussi, Rouher propose que la double intervention soit réglée de commun accord et qu'elle ait lieu en meme temps, faute de quoi une collision et la guerre pourrait s'en suivre. Rouher s'engagerait en outre, une fois l'ordre rétabli à provoquer soit par le Congrès, soit autrement une solution équitable de la question romaine. Je vous supplie de réfléchir sérieusement à ces propositions et de m'envoyer r0ponse favorable (1). Les nouvelles d'Italie portent que le Gouvernement du Roi laisse passer les volontaires. D'après une dépeche d'aujourd'hui 800 volontaires seraient partis hier au soir de Florence avec des officiers en uniforme; ce sont ces nouvelles qui ont décidé l'expédition (2).

(l) -Ed. in Luzro, pp. 409-410 e, in italiano e ad eccezione del brano fra asterischi, in L V 13, pp. ~5-L:6. (2) -Cfr. n. 326. (3) -Ed. in Luzro, p. 410 e, in italiano e ad eccezione del brano fra asterischi in L V 13, p. 26.
329

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL VICE CONSOLE A TOLONE, BOJANI

T. 367. Firenze, 17 ottobre 1867, ore 15,15.

Redoublez de vigilance. Soyez prét à télégraphier à toute heure en chiffre et en clair camme il a été convenu. Envoyez votre télégramme au premier bureau télégraphique italien de la frontière car il est possible qu'on ne donne pas cours à vos dépeches. Signalez réception de cette dépeche répondant en chiffre.

330

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (3)

T. 635. Parigi, 17 ottobre 1867, ore 20,22 (per. ore 23).

Monnier m'annonce que l'Empereur a consenti à suspendre tout ordre d'expédition, mais il demande assurance que vous redoublerez efforts pour comprimer mouvement des volontaires. Je vous prie instamment de me donner cette assurance. J'ai fait tout pour empecher l'expédition et j'ai réussi à cette condition. * Si nos troupes passaient la frontière ou si vous ne comprimez pas le mouvement, ce serait l'expédition non seulement mais la guerre. J'en ai la certitude *.

3?"'

(l) -In L V 13: «di spedirmi sollecite istruzioni>>. (2) -Cfr. il seguente brano d~! r. 539, pari data, di Nigra: «Non devo celare all'E. V. che fu mossa accusa al Governo del Re di non usare tutta la sorveglianza che potrebbe, e furono messi innanzi dispacci provenienti dall'Italia nei quali si afferma che si tollerano arruolamenti di volontari!, che i volontari! non sono arrestati al luogo di loro pa;·tenza, e che quindi non si l:lsciano più troYate 11ellP stazioni delle strade ferrate ove la forza pubblica si presenta per arrestarli; che 1'8 corrente presso Nerola le bande si fermarono sulla frontiera per far fronte alle truppe pontificie, c che le truppe italiane assistettero impassibili; che i volontari! respinti sul territorio italiano dalle forze pontificie non vi sono arrestati, disarmati e trasportati in luogo sicuro; che si tollerano i comitati cosi detti di soccorso ai feriti, e le sottoscrizioni, aventi per iscopu eftettivo di incorE'.grdare e fornir di mezzi l'invasione; che ieri ancora una ntaS5R nu1nerosa di volontari!, se non erro, in numero di 800, partiva pubblicamente da Firenze con uomini portanti dlstintivi d'IJfficiali. Ma la ragioni" determinante, l'argomento più decisivo fu trovato nella necessità per l'IrYlp(•ratore di far rispel.:tare la sua parola. Non so se nel consiglio d~i Ministri si sia fatto parola e tenuto conto degli ufrizi fatti ultimamente dalla Santa Sede e anche, cri!dO, dal Governo spagnuolo ». (3) -Ed. in Luzw, pp. 410-411 e, in italiano e ad eccezione del brano fra asterischi, in L V 13, pp, 27-28.
331

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 369. Firenze, 17 ottobre 1867, ore 20,25.

* C'est absolument faux que 800 volontaires soient partis hier au soir, ou dans quelque jour que ce so i t de Florence: plus faux encore que des officiers en uniforme fussent avec eux. Camme je vous ai dit dans mes précédentes dépéches n'est pas possible empécher entièrement l'entrée de volontaires sans armes sur le territoire pontifica! et isolément: il faudrait arréter aveuglement des milliers de personnes. Ce matin encore j'ai donné les ordres les plus sévères, et vous pouvez assurer Rouher, qu'on fera tout le possible, en redoublant les efforts, pour mettre un terme à cela*. Quant à la double intervention vous comprenez qu'il serait impossible la régler d'avance de commun accord, car notre consentement soulèverait contre nous le sentiment national, et une telle indignation générale, devant laquelle il n'y aurait pas moyen de gouverner. Ce ne serait qu'après le débarquement des troupes françaises qu'on pourrait prendre dans tous cas des accords. Faites bien comprendre, que le seul moyen c'est d'aller nous, si la révolution éciate, à Rome, d'y rétablir l'ordre, et sauvegarder le Pape, en laissant intacte la question de souveraineté, sur laquelle on pourra, camme sur tout le reste s'entendre après. L'intervention française rendrait notre tàche impossible, et malgré tous nos efforts pour éviter des conflits, l'exaspération des esprits en Italie serait telle que personne ne pourrait répondre. * Il faut que le Gouvernement français se tienne en garde des nouvelles, qu'on lui envoie de Rome, car elles sont exagérées ou fausses pour l'exciter à une intervention *.

332

IL PHESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTHO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL CONTE VIMERCATI, (2)

T. Firenze, 17 ottobre 1867, ore 21,45.

J'ai indiqué à Nigra toutes concessions qu'on pouvait faire: méme je suis entré dans ses vues excepté de nous retirer sur frontières après occupation et de s'accorder sur double intervention. Au delà notre consentement compromettrait tout: il faut étre ici pour juger. Déplore intervention française qui sera funeste pour tous: seulement les ennemis des deux nations en fruiront. Si la France veut uniquement sauvegarder le Pape, et son indépéndance, empécher la révolution, et maintenir l'ordre n'a pas besoin d'intervenir: je crois que nous avons donné assez de gages pour prouver que nous sommes en position de le faire. Son intervention ne servira qu'à rendre notre tàche plus difficile, et peutétre impossible. Certes nous ferons tous efforts pour éloigner le moindre conflict, mais qui pourrait répondre? C'est là le danger plus grand que je crains, et que je voudrais à tout prix éviter.

(l) -Ed. in Luzro, p. 411, in italiano in L V 13, p. 27 e in tedesco in BASTGEN, vol. II, p. 5~4. I brani fra asterischi sono editi in Orzgines diplomatiques, vol. XIX, pp. 11-12. (l) -Dn ACR., ed. in LUZIO, p. 424.
333

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. 636. Parigi, 17 ottobre 1867, ore 22 (per. ore 21,10 del 18).

Ce n'est qu'avec la plus grande peine que nous avons obtenu de l'Empereur la révocation de l'ordre d'expédition à la condition que vous redoublerez efforts pour comprimer mouvement des volontaires et que nos troupes ne passeront pas frontière.

Je vous jure sur mon honneur que sans cela nous aurons l'expédition française et la guerre.

Je conjure le Roi de faire tout au monde pour comprimer le mouvement. Pourquoi ne ferait-il pas une proclamation? Une fois cdse passée la question romaine pourra etre examinée avec calme. Le Gouvernement impérial n'est pas opposé à l'idée d'un congrès.

334

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (2) Madrid, 17 ottobre 1867 (per. il 23).

L'opinion publique continue a etre très émue pour les affaires de Rome. Les organes libéraux invitent le Gouvernement français à faire exécuter la convention de septembre. Les néo-catholiques se plaignent vivement de l'abandon dans lequel la France laisse le Pape. Les ministériels se bornent à des voeux pour le salut de Sa Sainteté. Le noeud de la question est à Paris. J'ai des raisons pour croire que jusqu'à ce jour aucune négociation n'a été entamée entre les Gouvernements de France et d'Espagne à cet égard.

335

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (3)

L. P. Parigi, 17 ottobre 1867.

Appena giunto, martedì mattina, 15 corrente, mi recai da Nigra per rimettergli la Vostra lettera e rendergli conto dello stato delle cose a Firenze e come il Re e Voi apprezzate la situazione gravissima dell'Italia, della Dinastia, e del

25 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

Governo, ciò servì a completare la vostra lettera, della quale non mi è noto che in parte il contenuto.

Mentre Nigra mettevami al corrente di quanto erasi passato a Biarritz, non dissimulava come ogni giorno più, prenda piede qui l'idea di una nuova intervenzione negli Stati del Papa, reclamata più dalla pubblica opinione che nel fondo vagheggiata del Governo Imperiale che non disconosce la gravità delle conseguenze.

In questo momento entrò il Marchese di La Valette. Egli quantunque sui varii punti differisca dal nostro modo di vedere, pure nell'insieme e soprattutto nel giudicare le conseguenze di una nuova intervenzione francese, non si discosta molto dalle nostre apprezziazioni, conchiudeva che ad ogni costo è d'uopo mettersi d'accordo onde anche evitare d'accrescere la gravità della situazione dell'Impero.

Svolte tutte le possibili combinazioni, fresco in me il vostro modo di vedere. proposi l'occupazione degli Stati Pontificii per parte delle truppe Italiane, al solo scopo di ripristinarvi l'ordine pel momento, lasciando intatta la questione del poter temporale e ciò con apposito manifesto, a questa si provvederebbe di poi accordandosi col Governo Imperiale.

Il Marchese di La Valette quantunque sia fra i ministri dell'Imperatore quello che più s'accosta agli interessi Italiani pure rifiutassi recisamente di portare in consiglio la proposizione aggiungendo che Egli non avrebbe mai approvato un intervento esclusivamente Italiano se non alla condizione «che il Gabinetto di Firenze si impegnasse formalmente ad evacuare dagli Stati Pontifici dopo d'avervi ristabilito l'ordine riprendendo le sue posizioni, intanto che un congresso di tutte le potenze cattoliche o no, si riunirebbe, anche a Firenze onde decidere il modo di sistemare definitivamente questa grave questione».

Il Ministro di Stato andando più lungi che La Valette, non acconsentiva che ad un intervento misto Italiano e Francese, nella possibilità che il Governo del Re avesse accettata la proposizione La Valette. Quantunque io fossi appena giunto il mattino andai con Rouher alla sua campagna e riuscii a persuaderlo che se in Italia le idee del Marchese fossero adottate, egli vi avrebbe aderito senza però farne sua in Consiglio la proposizione. Ritornato ieri mattina, 16. da Cercay, trovai il vostro primo dispaccio a Nigra (l) che confermato dal secondo dopo d'aver visto il Re (2), non lasciava speranza che la proposta venisse accettata. Esistendo sempre una grande differenza dal luogo in cui travasi a portare un giudizio, io sono ben convinto che se il Re e voi foste qui, lamentereste come lo lamento io il rifiuto ad una proposizione che se presentava difficoltà gravi pel momento, portava nullameno in sé il germe della soluzione definitiva a breve scadenza.

Tutto ieri si passò ad attendere il risultato del consiglio dei Ministri tenuto a Saint Cloud che incominciato alle due finì alle sette ore. Nigra presentassi agli Esteri e seppe solo che il Consiglio si rinnoverebbe oggi non essendosi ancora presa una definitiva risoluzione. Io che attesi al Ministero di Stato M. Rouher, conferii con Lui, mi disse essere, in principio, decisa l'intervenzione

francese riservando al consiglio di questa mane lo stabilire. Dissemi di riferire a Nigra ch'Egli avrebbe accettato tutte le proposizioni conciliative che il Gabinetto di Firenze avrebbe messe innanzi a che questa mane alle 10,30 mi attendeva con Nigra aprendosi nuovamente il Consiglio alle ore 12.

L'intervenzione in comune sarebbe naturalmente accettata ed accettate anche le proposizioni tutte conciliative tenendo conto delle reciproche difficoltà.

A più tardi il resto.

Ore 12,30. Con Nigra mi sono recato da La Valette che Egli aveva veduto la sera. Questi dopo le opinioni emesse nel Consiglio di ieri trovasi, dice, nell'impossibilità di prendere il portafogli degli Affari Esteri come si era convenuto a Biarritz. Il rifiuto per parte dell'Italia d'entrare nelle sue viste, è la causa che lo allontana dagli affari. Nigra fece conoscere le intenzioni del Governo del Re inviategli questa mane in seguito alle quali poco vi è a sperare nella via conciliativa visto le esigenze di qui, non volendo però lasciar nulla d'intentato La Valette disse che a Saint Cloud avrebbe fatta oggi la seguente proposizione, se avesse la speranza che a Firenze se ne prenderebbe l'iniziativa. L'intervenzione negli Stati Pontifici essendo decisa ugualmente dai due Governi questa potrebbe essere regolata d'accordo preventivamente nel modo seguente. Le truppe Francesi occuperebbero Civitavecchia e le Italiane il rimanente del territorio, Roma eccettuata. Le due Potenze rimesso l'ordine si ritirerebbero dopo essersi intese per la riunione del congresso accordandosi per la direzione nel senso più lato da darsi al congresso medesimo. Nigra incaricossi di riferire dopo d'aver parlato con Rouher dal quale ci recammo immediatamente. Ci attendeva, ci raccontò del consiglio di ieri diviso in tre gruppi l'uno composto di tre indi

vidui, che non nominò ma fra i quali era Niel, partigiani di una forte spedi

zione disposti anche a spingere le cose all'estremo limite. Il secondo, capitanato

da La Valette, rigettava l'idea dell'intervento francese o quanto meno cercava

ogni mezzo per evitarlo. Il terzo al quale apparteneva Rouher era per l'inter

vento, non per mantenere il poter temporale di cui ha già fatto il sagrificio,

ma per soddisfare all'impegno preso dalla Francia colla convenzione, disposto

però ad accettare tutte le proposizioni tendenti ad evitare una rottura fra la

Francia e l'Italia.

Dopo molte osservazioni il Ministro di Stato fece, in via privata e confidenziale, le seguenti proposizioni -Prima: accordare all'Italia tre giorni di tempo durante i quali usando più attivamente della sua influenza procuri di far rientrare nell'ordine le bande che invasero il territorio papale. La seconda delle proposizioni sarebbe nel caso che la prima non riuscisse attuabile e sarebbe per una occupazione comune limitandola anche nel senso proposto da La Valette. Ritornato l'ordine negli Stati del Papa in seguito ad una di queste due eventualità Rouher impegnerebbesi di proporre il congresso nel senso che assicurata l'indipendenza del Papato, il risultato torni favorevole ai desiderj dell'Italia. In questo senso Nigra telegrafò (l) ed io venni in appoggio a quanto Egli inviava. Sono le ore quattro e nessuno dei Ministri è ancora ritornato da Saint Cloud, il Ministro di Stato promise farmi prevenire del suo arrivo. Vado stasera dalla Principessa Matilde, mi dicono che anche il suo Salon ci diventa ostile il che è utile evitare per l'influenza che esercita su di La Valette che si mantiene

sempre a noi favorevole. Vi prego comunicare la presente al Re, quantunque scritta di volo rende conto del successivo andamento dei fatti. Siamo con ansietà in attesa delle decisioni di Firenze.

(l) -Ed., con data 16 ottobre, in Luzro, p. 408. (2) -Al r. 9, non pubblicato. (3) -Da ACR., ed. in Luzxo, pp. 421-424. (l) -Cft'. n. 314. (2) -Cfr. n. 315.

(l) Cfr. n. 328.

336

IL VICE CONSOLE A TOLONE, BOJANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 639. Tolone, 18 ottobre 1867, ore 10,15 (per. ore 12,10).

Préfet maritime vient de recevoir ordre de tenir préts tous les bàtiments afin de partir ce soir avec l'escadre pour Italie. On dit une division de troupes en route de Lyon pour ici. J'ai à ma disposition employé de Marseille pour exécuter vos ordres.

337

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 370. Firenze, 18 ottobre 1867, ore 11.

Je vous remercie pour vos deux dernières dépeches (2) et pour le zèle, que vous avez déployé. * Vous pouvez assurer le Gouvernement français qu'on redoublera les efforts pour empecher le mouvement des volontaires *. Dites-lui que si dans ces derniers jours, un nombre plus considérable a pu passer la frontière, c'est que nos troupes ont été concentrées dans le but de se préparer à une occupation: malgré cela *un grand nombre a* toujours * été arrété par terre et par mer. Vous pouvez aussi l'assurer que nous n'avons aucun désir, si la France n'intervient pas de franchir la frontière et que nous entendons respecter la convention de septembre malgré les graves sacrifices qu'elle nous impose*. Je vous enverrai sous peu un autre télégramme (3).

338

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (4)

T. 645. Parigi, 18 ottobre 1867, ore 13,10 (per. ore 23,15).

* Gouvernement impérial n'admet en aucun cas intervention de nos troupes si une révolution éclatait à Rome car cette révolution serait considérée

ici comme le résultat de l'invasion * actuelle. J'attends avec impatience vos dépeches; je vous donne le conseil de dissoudre les comités de secours et de prendre une attitude aussi énergique que possible. Il faut à tout prix éviter une guerre avec la France.

(l) -Ed. !n Luzio, pp. 411-412. I brani fra asterischi sono editi !n Origines diplomatiques, vol. XIX, p. 17. (2) -Cfr. nn. 330 e 333. (3) -Cfr. n. 344. (4) -Ed. in LUZIO, p. 412. Il brano fra asterischi è edito, con data 17 ottobre, in italiano !n L V 13, p. 28 e in tedesco !n BASTGEN, vol. II, p. 544.
339

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDEN'l'E DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. Parigi, 18 ottobre 1867, ore 13,25 (per. ore 15,30).

Malgré les préparatifs de Toulon nous redoublons efforts pour [éviter] intervention. Nous réussirons si vous suivez indications envoyées par Nigra. Suppliez Roi redoubler effort pour etouffer un mouvement dont résultat ne peut etre que désastre. Cela fait, question sera posée nettement sur la céssation pouvoir temporel, et nous aurons Gouvernement français avec nous. Je vous en supplie, faites que vos efforts pour tranquillité soient promptes et hautement connus.

340

IL VICE CONSOLE A TOLONE, BOJANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 643. Tolone, 18 ottobre 1867, ore 14,40 (per. ore 17,26).

Après réclamation du préfet maritime sur impossibilité d'embarquer aujourd'hui vivres, charbon, chevaux et troupes, on a retardé le départ à demain soir. On attend positivement de Lyon chevaux et le dix mille hommes.

341

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 641. Madrid, 18 ottobre 1867, ore 15,50 (per. ore 19,40).

Jusqu'à présent il n'y a aucun arrangement entre Espagne et France sur la question de Rome, mais le ministre d'Espagne à Paris devait voir l'Empereur dès son arrivée pour connaitre ses intentions. Nul doute que si Gouvemement français se décide à intervenir celui-ci serait très disposé à aller à sa suite. Pour le moment on se bome à recueillir souscriptions en faveur de Sa Sainteté.

(l) Da ACR, ed. in Luzrn, p. 425.

342

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 371. Firenze, 18 ottobre 1867, ore 16,15.

Veuillez remercier lord Stanley des bonnes dispositions qu'il a montré (l). Yous devez lui faire remarquer que si la question romaine garde encore pour le moment un caractère purement local et religieux, elle peut assumer d'un instant à l'autre, par l'intervention française, les proportions d'une question d'équilibre européen. Nous voudrions que les Puissances se rendent bien compte de cet état des choses qui peut amener les plus graves complications et troubler la paix de l'Europe.

343

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

T. 372. Firenze, 18 ottobre 1867, ore 16,15.

Veuillez remercier au nom du Gouvernement du Roi le prince Gortchakow des témoignages de bienveillance et d'intérét qu'il vient de nous donner (2); vous lui direz que l'Italie n'oubliera jamais que la Russie a été la première à lui tendre la main dans des moments difficiles. Nous voudrions que les Puissances consentent à reconnaitre que sl la question romaine a, pour le moment, un caractère local et religieux, elle peut d'un instant à l'autre assumer les proportions d'une question d'équilibre européen, et qu'en vue d'une telle éventuaiité elles ont le droit de faire entendre leur voix auprès du Cabinet des Tuileries. Nous sommes heureux de constater que le Cabinet impérial de Russie envisage Ies choses à ce point de vue.

344

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 372 BIS. Firenze, 18 ottobre 1867, ore 16,35.

Ce matin je vous ai donné une réponse officielle (3). Maintenant je dois vous dire franchement mon opinion personnelle. Jamais à mon avis la position de l'Italie, et de la dynastie n'a couru un plus grand danger qu'au présent. Si nous restons les armes au bras, surtout le jour qu'une révolution éclatera à Rome, si nous nous mettons dans la voie de la réaction en comprimant tout

mouvement, et le sentiment national, qui se manifeste d'une façon dont c'est difficile se faire une idée, il faut absolument renverser par un coup d'état nos institutions, verser du sang, et se mettre en opposition avec la grande majorité du pays. Si nous allons à Rome, et notez qu'il ne s'agirait que d'y aUer pour rétablir l'ordre, empecher une forme de Gouvernement qui serait une menace et un danger pour tous, nous serions exposés à une guerre du còté de la France. Il faut donc choisir entre les deux désastres. Vous savez, que s'il y a un homme en Italie qui soit sincèrement, et loyalement dévoué à l'alliance française, et qui soit disposé en toutes circonstanccs lui donner des preuves de notre reconnaissance, c'est moi. Eh bien, moi, mis dans cette terrible alternative, si je dois donner un conseil au Roi, je le conseillerai à s'exposer à une guerre contre elle plutòt qu'à prendre l'autre parti. Je suis autant que personne, pénétré du très grave danger que l'Italie court dans cette lutte; je dis davantage, je suis convaincu qu'elle sera vaincue, parce qu'elle n'est pas prete à soutenir une guerre contre une Puissance telle que la France. Mais elle sera vaincue pour un sentiment d'honneur, et pour défendre son indépendance, et elle pourra surgir. La dynastie se conservera pure et fidèle à sa mission, elle acquérra un nouveau titre à l'affection des italiens, et elle se relèvera après plus consolidée, et avec des racines plus profondes dans le coeur de tous. Au contraire, meme en supposant que la réaction réagisse, et qu'on puisse par un coup d'état comprimer tout mouvement, et s'opposer au sentiment général -chose qui n'est pas bien sure -soyez certain que la dynastie sera à jamais perdue, l'unité italienne n'est pas encore bien cimentée; les différentes provinces ne se tiennent liées cnscmble que par l'idée de l'unité; comprimez ce sentiment, et tout tombera. Vous connaissez les provinces piémontaises; vous savez, combien elles étaient affectionnées au Roi; eh bien croyez-le moi, elles seraient les premières à s'en éloigner, et à tacher de se séparer du reste de l'Italie. Or jamais je ne pourrai me faire l'instrument d'une semblable politique. Je ne sais pas ce que le Roi voudra décider, car dans une question de telle nature c'est à lui personnellement de prendre un parti: moi je ne lui créerai certes des autres embarras, mais je ne lui dannerai jamais un conseil, que je crois le plus funeste pour lui, et pour sa dynastie. Je comprends que l'Empereur aussi est embarrassé, et qu'il a des ménagements à prendre vis-à-vis de la France: et ce n'est pas moi qui voudrais lui accroitr,e ses embarras; au contraire, je voudrais pouvoir contribuer à les diminuer que je le ferai avec le plus grand plaisir. Mais je ne crois pas qu'une guerre contre nous lui puisse etre utile et soit avantageuse à

la France. Quand il aura humiliée l'Italie, quand il aura ruiné ses finances qui sont déjà ébranlées, il n'aura fait qu'affaiblir une nation qui lui aurait été toujours arnie, il aura compromis méme de grands intéréts français, qui sont intimement liés avec l'intérét de nos finances. Et tout cela à quoi bon; non pour sauver le Pape, et la Papauté, que nous sommes les premiers là pour défendre, mais pour maintenir un pouvoir qui est en opposition avec tout progrès, et qui est l'ennemi le plus acharné de l'Empereur.

Pour moi je ne crois qu'une solution possible: il y a un mouvement révolutionnaire à Rome, il faut absolument que nous y marchions pour rétablir l'ordre. L'Empereur devrait se fier à nous, nous ne manquerons pas de suivre la conduite que je vous ai indiquée, et il ne devrait pas exiger de gages qui offensent notre dignité. Mais dans tous cas, s'il veut pour donner satisfaction à certains partis de la France, occuper Civitavecchia par ses troupes comme un gage, nous devrions protester, mais nous ne nous opposerons pas avec la force. Après on pourrait facilement s'entendre pour résoudre cette question romaine, qui doit étre à tout prix radicalement décidée dans l'intérét des deux nations. Hors de cela je ne vois que des catastrophes.

(l) -Cfr. n. 321. (2) -Cfr. n. 323. (3) -Cfr. n. 337.
345

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. 646. Parigi, 18 ottobre 1867, ore 17 (per. ore 23,10).

Reçu votre télégramme (2) et je l'ai communiqué de suite au marquis de Moustier. J'insiste sur une proclamation du Roi et quelque acte énergique qui mette hors de doute votre ferme intention d'arréter le mouvement.

Expédition est suspendue mais elle est prete à partir de Toulon au premier ordre de l'Empereur. Excusez mes insistances, mais si le danger est conjuré temporairement il n'a pas disparu.

346

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 373. Firenze, 18 ottobre 1867, ore 21,45.

Veuillez remercier M. de Beust au nom du Gouvernement du Roi des bonnes dispositions qu'il a montrées à notre éga.rd (3). Veuillez lui dire que nous apprécions hautement les raisons qui imposent au Gouvernement impérial la plus grande réserve dans la question romaine. Mais vous lui ferez remarquer que par suite d'une nouvelle intervention française à Rome, cette question assumerait bientòt les proportions d'une question d'équilibre européen vis-à-vis de laquelle l'Autriche ne pourrait pas demeurer insensible. C'est en vue de cette éventualité que le Cabinet impérial pourrait faire entendre sa voix auprès du Gouvernement français et le détourner de prendre des mesures qui compromettraient gravement la paix de l'Europe.

( 2) Cfr. n. 337.

(l) Ed. in Luzro, p. 412; In L V 13, p. 28 Il telegramma è edito modificato come segue: «La spedizione P. pronta a partire da Tolone al primo cenno dell'Imperatore. Credo necessario qualche atto energico, che escluda ogni dubbio circa la ferma Intenzione del Governo del Re dl reprimer" Il movimento ».

(3) Cfr. n. 318.

347

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. 649. Parigi, 19 ottobre 1867, ore 9,40 (per. ore 12,46).

Révolution à Rome serait considérée maintenant ici comme résultat du mouvement venu de dehors. Gouvernement impérial m'a déclaré qu'il ne saurait admettre qu'aucun point du territoire pontificai soit occupé par nos troupes. La proposition d'une occupation de Rome provoquerait, je le crains, ordre immédiat d' . . . (2). La résolution de l'Empereur est inébranlable. Les considérations que vous m'avez exposées (3) et dont je vous remercie, sont ... (2), mais aussi reftéchissez que la guerre pourrait avoir pour résultat abdication du Roi, renonciation à Rome exigée sur le champ de bataille, garantie collective, garnison étrangère. Vous aurez ainsi par une guerre désastreuse donné vie nouvelle à la Papauté qui se meurt pour peu que vous la laissiez vivre, tandis que comprimant mouvement vous pouvez traiter sur des bases favorables avec ou sans congrès. Ce n'est pas humiliation que de céder devant nécessité d'une guerre qui sera ruine du . . . (2). Que le Roi pense aux malheurs qu'il attirerait sur ses peuples et qu'il décide dans la droiture de son jugement. Il n'y a pas temps à perdre. C'est mon devoir de vous en prévenir. Général Failly désigné pour commander expédition.

348

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (4)

T. 375. Firenze, 19 ottobre 1867, ore 11.

Une adresse signée par 12/m romaJns a été présentée hier au sénateur de Rome, pour etre remise au Saint-Père, en le priant de s'interposer pour appeler à Rome les troupes italiennes, seul moyen de maintenir la tranquillité, et empecher une révolution intérieure imminente. Le municipe romaine fut immédiatement convoqué, et après sérieuse discussion on délibéra de présenter au Pape l'adresse, et elle fut effectivement hier consignée. Je ne puis que me rapporter à ma dépeche personnelle (3) pour répondre à vos deux dernières (5). J'ajouterai seulement que la position ici est toujours tendue davantage, et qu'il faut absolument prendre un parti dans un très court délai: sans cela on compromettra tout.

(-3) Cfr. n. 344.
(l) -Ed. In LVZIO, pp. 412-413. (2) -Gruppi lndeclfratl. (4) -Ed. In LUZIO, p. 413. (5) -Cfr. nn. 338 e 345.
349

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. 650. Parigi, 19 ottobre 1867, ore 11 (per. ore 13,20).

Si le Gouvernement du Roi ne fait pas quelque acte qui témoigne sa ferme intention de réprimer le mouvement des volontaires l'expédition française va partir. Vous pouvez l'empecher maintenant, demain peut etre sera trop tard. '' La Valette qui t te le Ministère *.

350

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 656. Vienna, 19 ottobre 1867, ore 15,55 (per. ore 23) (2).

Nouvelle de l'embarquement et départ des troupes à Toulon n'est pas confirmée jusqu'ici. Beust à qui je viens de parler longuement dans le sens prescrit par le dernier télégramme de V. E. (3) m'a promis de le soumettre immédiatement, selon notre désir à l'Empereur, mais sans me dissimuler qu'il regarde toujours difiiculté comme extreme. Je puis dire du reste à V. E. qu'un des obstacles à ce qu'on se décide ici à des démarches à Paris, dans le sens que nous désirons est que malgré tout ce que nous pouvons dire et malgré l'évidente gravité de la situation, l'on croit toujours que les choses n'en viendront pas aux dernières extrémités entre France et l'Italie.

351

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 657. Vienna, 19 ottobre 1867, ore 13 (per. ore 21,50).

Peu après ma visite au ministère des affaires étrangères où j'avais développé fortement les gravités de la situation pour la paix de l'Europe et l'impos~ibilité que l'Autriche se désintéresse des complications européennes devant résulter de l'intervention française, baron de Beust recevait télégramme de Paris par lequel Napoléon III exprime le désir que le Gouvernement autrichien use de l'influence qu'il a auprès de nous pour nous conseiller prudence, et en outre télégramme de Rome lui annonçant mouvement insurrectionnel très prochain à Rome meme, et informant que le représentant prussien avait dit au cardinal

Antonelli qu'une intervention italo-française va avoir lieu. Là dessus ministre des affaires étrangères all a chez l'Empereur et lui soumit notre désir. François-Joseph très content des remerciements que Sa Majesté a daigné faire au ministre d'Autriche pour l'agrément donné à destination du général Cialdini, était bien disposé pour nous, mais son avis est que son Gouvernement ne peut pas se méler au dernier moment de questions auxquelles il n'a pas pris part jusqu'à présent et dont la solution est peut étre déjà commencée dans le moment actuel, car malgré tout, l'opinion arrétée de l'Empereur, du baron de Beust et en général de la diplomatie ici est que France et Italie finiront par cn venir à quelque solution, non pas combinée d'avance mais prévue, et que complications redoutées ne se réaliseront pas. On veut surtout éviter que le Gouvernement français puisse compromettre publiquement l'Autriche dans sa politique romaine, ou l'état des esprits des populations à propos du concordat. Tout ce qui précède vient de m'étre dit par le ministre des affaires étrangères à l'instant. Il m'a assuré d'ailleurs de nouveau des sentiments amicaux du Gouvernement autrichien tellement qu'en me congédant j'ai été jusqu'à dire «malgré l'impossibilité où se montre V. E. de répondre favorablement à notre démarche je suis sl1r qu'elle ne démentira pas la ferme conviction que je tiens lui exprimer qu'à défaut de prendre l'initiative. V. E. saisira les occasions pour faire sentir soit dès à présent, soit pendant le voyage impérial à Paris que

V. E. n'est pas de ceux qui croyent que la force étrangère peut résoudre les questions de religion et de nationalité ». A quoi le baron de Beust m'a fait un signe non équivoque d'assentiment.

(l) -Ed., ad eccezione della frase fra asterischi, !n Luzro, p. 413. (2) -Si inserisce qui questo telegramma perché dal cont~sto appare redatto prima di quello pubblicato al n. 351. (3) -Cfr. n. 346.
352

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. Parigi, 19 ottobre 1867, ore 13,35 (per. ore 16,10).

Situation s'aggrave à tout instant. Conseil se réunit, dont conclusion probable sera départ troupes. Je vous supplie, je supplie le Roi vouloir conjurer immédiatement danger dont conséquences sont incalculables.

353

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 654. Parigi, 19 ottobre 1867, ore 16,45 (per. ore 21,45).

D'après votre télégramme d'hier (2) j'ai donné assurance au Gouvernement impérial que vous redoublerez efforts pour empécher mouvement et que

vous n'interviendrez pas si la France n'intervlent pas. Ici on nous accuse de vouloir seulement gagner du temps. Je vous prie si vous croyez de ne pouvoir pas tenir ces assurances, de me charger de le dire loyalement au Gouvernement impérial.

(l) -Da ACR, ed., in Lu?.In, p. 425. (2) -Cfr. n. 337.
354

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 652. Londra, 19 ottobre 1867, ore 17,15 (per. ore 19,45).

Lord Stanley à qui j'ai fait vos remerciements (l) m'a dit qu'il a ce matin mandé chargé d'affaires français et lui a dit, dans une conversation toute bienveillante, que tout en ne s'immisceant pas dans des questions qui ne regardent son pays, il ne pouvait pas à moins de lui exprimer amicalement l'opinion que l'évacuation de Rome ayant fait le meilleur effet, une répétition maintenant en produirait un déplorable. Il envoie une dépéche à Paris ce soir en ce sens.

355

IL VICE CONSOLE A TOLONE, BOJANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 655. Tolone, 19 ottobre 1867, ore 18,15 (per. ore 21,55).

Annoncée arrivée troupes pour demain matin cinq heures. Une brigade commandée par le général Dumont. 4000 hommes et 700 chevaux, s'embarqueront de suite pour partir le soir. Escadre cuirassée d'escorte. Chaque frégate porte trois cent soldats. On dispose pour former un camp de dix mille hommes.

356

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RA'ITAZZI (2)

T. u. 653. Parigi, 19 ottobre 1867, ore 18,29 (per. ore 20,40).

Expédition française partira demain de Toulon si vous ne pouvez pas donner l'assurance d'une mesure de répress1:on publique telle que proclamation du Gouvernement, dissolution des comités d'enròlement et de secours. Moustier vient de me le déclarer. Chargé d'affaires de France doit vous faire une communication dans ce sens, et vous demander une réponse avant demain matin. Je vous prie de me répondre dans la soirée (3).

(l) -Cfr. n. 342. (2) -Ed. In Italiano e con varie modifiche in L V 13, p. 33. (3) -Cfr. n. 360.
357

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 378. Firenze, 19 ottobre 1867, ore 18,45.

* J'ai lu au Roi vos deux dépeches d'aujourd'hui (2). Vous connaissez mon opinion à cet égard et je l'ai franchement exprimée au Roi. En méme temps pour le laisser parfaitement libre dans sa délibération, j'ai résigné, au nom du Ministère, dans ses mains les portefeuilles. Le Roi trouvant très grave la situation m'exprima le désir de réfiéchir en se réservant d'aviser, et de me faire connaitre ses intentions *.

Maintenant au nom du Roi, et par son ordre spécial, je vous prie de répondre aux interrogations suivantes:

l) le Gouvernement impérial prétend qu'on réprime plus elllcacement le. mouvement des volontaires; mais comment le faire? Pour réprimer il faudrait entrer dans le territoire pontificai, et on s'oppose à notre entrée. Dans l'intérieur le mouvement est repoussé aujourd'hui meme par les lnsurgés, parce que les volontaires sont désormais d'embarras. Que doit-on faire?

2) La France est-elle prete à non intervenir si nous n'intervenons pas, quelle que soit d'ailleurs la condition des provinces romaines?

3) Si elle intervient, pousse-t-elle la prétention au point de vouloir nous le défendre?

4) Quelles seraient les bases essentielles qu'elle proposerait pour définir la question?

Je vous prie de me donner le plus tòt possible sur tous ces points une réponse, que je m'empresserai de faire parvenir au Roi.

358

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 659. Parigi, 19 ottobre 1867, ore 23,45 (per. ore 2,10 del 20).

L'expédition française sera composée de 20 mille hommes qui auront ordre

d'attaquer nos troupes si elles entrent dans le territoire pontificai.

Quelques jours après on enverra 20 mille hommes de plus.

En cas de guerre le plan de campagne consiste à se porter vitement sur

Florence pour y traiter, à débarquer à Naples et à bloquer Gènes. Si les troupes royales n'interviennent pas sur le territoire pontificai les troupes impériales ne les attaqueront pas. La France ne considère pas son

intervention à Rome camme un cas de guerre. Mais en cas de guerre la F'rance compte négocier avec l'Autriche pour lui donner en Italie quelques compen· sations territoriales. Ces renseignements sont confidentiels. L'ordre d'expédition sera envoyé demain après midi.

(l) -Ed. In LuziO, p. 414, e In Origines diplomatiques, vol. XIX, p. 27. Il brano fra asterischi è edito In Italiano In L V 13, p. 33 e In tedesco in BASTGEN, vol. II, p. 546. (2) -Cfr. nn. 347 e 349.
359

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (l)

T. Firenze, 19 ottobre 1867, ore 24.

Je fais appel, Sire, à votre ancienne amitié pour moi et pour l'Italie en vous priant d'écouter ce qui suit. Je sais que Votre Majesté se trouve dans une position di!Ilcile en France dans les circonstances présentes, mais moi je me trouve dans une position bien plus tendue ici où l'opinion nationale est excitée au dernier point. Je serais bien peiné aujourd'hui si les liens d'amitié qui nous ont toujours unis devaient se rompre. Votre Majesté désire qu'on rétablisse l'ordre dans le territoire romain où la révolution fut causée par des aspirations nationales. Mon gouvernement et moi pour tenir la foi au traité de septembre, l'avons combattue de toutes nos forces au deçà des confins de cc mème territoire. Maintenant que d'accord mème avec les populations romaines elle menace la surèté du Saint Siège, je ne peux rien faire pour l'empècher ne pouvant pas passer les frontières. Si Votre Majesté croit d'envoyer des troupes à ce sujet à Civitavecchia ou à Rome, dans ce cas je devrais au mème temps franchir aussi la frontière et on mettrait bientòt fin de commun accord à cet état anormal des choses.

Je ferais en mème temps une proclamation dans laquelle je déclarerais n'avoir aucune idée hostile contre l'armée française d'occupation et je déclarerais formellement que c'est pour rétablir l'ordre violé malgré nous, que nous marchons.

Votre Majesté dans sa haute sagesse trouvera ensuite le moyen d'arranger les choses de manière que les intérèts des deux nations soient sauvegardés. Bien d'amitiés.

360

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 380. Firenze, 20 ottobre 1867, ore 1.

* Je reçois votre dépèche (2) au moment que le chargé d'affaires de France vient me faire la communication, que vous m'annoncez * (3). Je ne puis vous cacher ma surprise en m'apercevant que le contenu de votre dépèche n'est pas

d'accord avec la communication. Selon vous M. Moustier nous aurait menacés de l'expédition si je ne donnais pas l'assurance indiquée par vous. A cette menace je n'aurais eu qu'une réponse à faire; c'est-à-dire, que ministre du Roi d'Italie je n'étais pas disposé à prendre les ordres, ni à consentir sous une menace d'un ministre étranger; et il me parait que vous auriez diì. lui faire comprendre cette inconvenance. La communication au contraire ne fait aucune mention ni de menace, ni d'expédition française; *elle est très convenable: par conséquence je n'ai pas eu la moindre difficulté de répondre au chargé d'affaires avec la meme courtoise; je lui ai dit avant qu'ayant le Ministère résigné ses pouvoirs je n'étais pas en condition de prendre une délibération sur les propositions que M. Moustier me faisait * 0). J'ajoutai après par simple conversation, et [en] mon nom particulier, que la proclamation désirée me paraissait inutile, et n'aurait fait qu'aigrir sans but les esprits, que les comités d'enròlement n'existent pas, puisque le nombre des volontaires est si grand, et si spontané que les insurgés meme les repoussent, qu'enfin on ne pouvait pas défendre les comités de secours aux blessés, comités, que la France meme avait toléré pour les polonais, et pour les crétois, et que d'ailleurs il aurait fallu aussi dissoudre toutes les municipalités d'Italie qui ont voté aussi des secours, chose qui est impossible, et qui nous conduirait à une réaction, qui ne peut pas nous etre imposée par la convention de septembre, et à laquelle du reste je ne pourrai jamais me preter. Telle est la réponse faite au chargé d'affaires de France: je la fais aussi pour vous (2).

(l) -Da ACR, minuta autografa, ed. !n Lettere Vittorio Emanuele II, vol. Il, pp. 1228-1229 e !n Mmu, p. 229. (2) -Cfr. n. 356. (3) -1 brani fra asterischi sono editi !n italiano in L V 13, pp. 33-34.
361

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. u. 661. Pietroburgo, 20 ottobre 1867, ore 3,30 (per. ore 12,10).

Ministre de Prusse est venu chez mai pour me communiquer les nouvelles les plus graves de Paris concernant intervention à Rome. Il a fait auprès du prince Gortchakoff une démarche analogue à la mienne pour appeler san attention sur éventualité d'une guerre. Prince Gortchakoff ne parait pas croire encore cette éventualité. Ministre de Prusse m'a montré le désir d'agir d'intelligence avec mai et d'etre éclairé sur les intentions du Gouvernement du Roi pour tacher d'obtenir du Gouvernement russe une action favorable à l'Italie.

Du reste ~ous pouvez lui dire en mon nom particuller, que tant que je suis ministre du Roi d'Itn,lie je ne prends les ordrts d'aucun mlnistre étranger.

La proclamation du Rol n'auralt aucun but et ne servlralt que pour lrrlter davantage les esprits. Le mouvement des volontalres est si spontané et si grand que !es lnsurgés memes en sont embar:·assés et !es Comltés d'enròlement n'ont pas meme raison d'exisLer. Il n'y a que des C:omités àe secours aux blessés. La France !es a tolerés pour la Pologne, pour la Crète. Comment pourrons nous !es èéfendre pour des Itallens? D'allleurs il faudralt dlssoudre toutes !es Munlcipalltés d'Italie, qui ont voté des secours: il faudralt en autres termes entrer en p!eine réaction. Je ne crols pas que la Conwntlon de 7bre nous y force et je ne m'y prèteral pas. Je suis persuadé que vous ne donnerez pas ce conseil ».

(l) -In L V 13 il testo prosegue così: «Le considerazioni che Indi svolsi nel mio colloquio col rappresentante francese ebbero naturalmente un carattere puramente personale». (2) -In Luz1o, pp. 414-415 P. edita una prima minuta di questo telegramma probabilmenteredatta prima dell'ineontro con l'incaricato di affari di Francia: «Après ma àépèche d'aujourd'huije n'ai plus rien à répor,dre sur les prétentlons du Marquls Moustier, que vous me communiquez.
362

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. Parigi, 20 ottobre 1867, ore 5,15 (per. ore 8,20).

Je viens d'accompagner Ministre d'Etat au Conseil. Expédition sera suivant toute probabilité rétardée. Roi recevra dépeche prince Napoléon contenant réponse à énvoyée ici. Il faudrait y ajouter énérgique déclaration concernant nécessité solution du fond de la question. Prince Napoléon dit de la faire après crise. Comme je ne partage pas son avis, j'ai conseillé Nigra, suivant ma conviction, Ministre d'Etat et La Valette entrer dans mes vues politiques et crois aussi qu'il faut agir sous le coup du danger commun.

363

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 663. Parigi, 20 ottobre 1867, ore 10,45 (per. ore 13,40).

La communication du chargé d'affaires de F.rance (2) est un acte officiel, tandis que ce que le marquis de Moustier m'a dit n'était qu'une simple conservation faite sur le ton le plus amicai en présence du marquis de La Valette et dans la forme la plus courtoise. Soyez certain que j'ai la fibre assez délicate pour répondre à des inconvenances si l'on m'en faisait. Dans les télégrammes écrits d'urgence et en chiffre il est bien difficile de marquer toujours certaines nuances et d'éviter certaines aspérités de forme. Soyez indulgent pour la forme et ne regardez que le fond et les sentiments que vous connaissez.

364

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 664. Parigi, 20 ottobre 1867, ore 13,35 (per. ore 14,45).

J'ai demandé au marquis de Moustier de me mettre en mesure de répondre aux quatre points de votre télégramme d'hier au soir (3). Le marquis est allé chez l'Empereur et il les lui soumettra. Du reste l'Empereur a reçu un télégramme du Roi (4) et je crois que il va lui répondre directement (5).

f5l Cfr. n. 368.
(l) -Da ACR, ed. in Luzrn, p. 426. (2) -Cfr. n. 360. (3) -Cfr. n. 357. (4) -Cfr. n. 359.
365

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA. BLANC. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 666. Vienna, 20 ottobre 1867, ore 15,15 (per. ore 18,15).

Le président du conseil hongrois à qui j'ai exposé la gra.vité de la situation, n'a pas hésité, cette fois, à me dire que toute son influence sera employée dans notre sens. Il qualifie de déplorable la politique d'inter.vention française. Demain matin, lui, Beust et l'Empereur partent pour Paris, aussi bien disposés pour nous qu'on pouvait, je crois, l'espérer.

366

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 20 ottobre 1867, ore 16,30 (per. ore 20,55).

Je ne saurais dire à quel point vos dépéches m'affligent. Je prévois désastre pour la France et l'Italie, indécision de votre gouvernement vous perd. Il faut ou céder à la France ou s'exposer aux plus graves conséquences, tout terme moyen impossible et pueril. Il n'y a pas une minute à perdre; situation ici a été exposée longuement et franchement par Nigra, vous n'avez pas bien compris gravité. Expédition doit recevoir ordre de partir si vous n'acceptez pas ultimatum. On envoye à Rome vingt mille hommes, et dans huit jours vingt mille de plus. C'est la guerre à l'Italie avec conséquences effroyables et démembrement. Empereur se croyant joué est très decidé et ne veut pas de compromis. Dernière ressource consiste dans l'acceptation des propositions d'hier au soir, si vous acceptez, le Roi doit écrire dépéche suivante à Nigra avec ou sans son ministère: «J'accepte les trois propositions formulées dans la dépéche du gouvernement français du 19 (2) je vais les faire exécuter immédtatament, savoir premièrement proclamation pour arreter mouvement garibaldien, secondement fermeture des bureaux d'enròlement, enfin fermeture des bureaux de secours. Je suis persuadé que avant peu de jours insurrection tombera, ma ferme volonté est de rester allié de la France et d'exécuter Convention, mais gouvernement français ne doit pas nous enlever notre force, par une intervention, puisqu'il n'existe pour Rome ni pour le Pape aucun danger immédiat. Il faut nous montrer plus grande confiance si vous ne voulez pas que nous soyons débordés par la révolution ». Toute autre réponse contre proposition est inutile. Envisagez bien ce que vous avez à f.aire, c'est dernier moment. Je ne me permettrais pas d'écrire aussi positivement si je ne sava,is nettement tout ce qui se trame contre vous. Réaction furieuse, pl.an de campagne arrété contre l'Italie, on ira aux dernières extrémités. Les quelques amis que l'Italie a dans le conseil de l'Empereur sont venus chez moi pour me

26 -Documenti diplomat-ici -Serie I -Vol. IX

prévenir peri=:onnellement. Je i=:Uis i=:OUS véritable torture. Je ne vois pas Empereur. je suis considéré ici camme un dont on se défie. Vous ètes à un moment supreme, l'indécision est le pire des partis. Que Dieu vous inspire.

(l) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 1230-1231. (2) -Cfr. n. 356.
367

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI (l)

T. Parigi, 20 ottobre 1867 (2).

D'après les accords pris avec le prince Napoléon, La Valette part pour Saint Cloud afin d'obtenir un délai de 24 heures départ expédition. On y réussira malgré les instances de Niel, qui dit avoir reçu de Florence communication de l'ordre donné aux généraux Ricotti et Pralormo d'occuper Civitavecchia. L'Empereur aprés la dépéche du Roi (3), fit immédiatament appeler ministre d'Etat de sa campagne. Je lui recommanderai de conseiller suivant nos désirs. Autant j'ai été explicite pour conseiller la négation pubHque du mouvement actuel, autant je suis ferme pour que vous conseilliez au Roi de ne pas laisser terminer cette phase sans qu'il sorte une décision du fond de la question. C'est dans ce sens que j'ai insisté auprès du prince Napoléon et de La Valette. En présence d'une crise si menaçante, il est nécessaire que les conseillers de la couronne laissent la question de façon à ce qu'un tel état de choses ne puisse pas se renouveler.

Je vous en supplie, gardez le portefeuille. Si je vous ai écrit deux dépèches ularmantes (4). c'est que j'avaii=: conscience d'exposer la vérité.

368

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (5)

T. Saint Cloud, 20 ottobre 1867, ore 17,50 (per. ore 19,45).

Mon gouvernement a fait connaitre hier à celui de Vorte Majesté Ies mesures qui paraissent nécessaires pour arréter l'insurrection qui a envahi les états romains, et pour rendre à la convention toute son emcacité.

Je suis disposé à écouter mes sentiments d'amitié pour vous et pour l'Italie, mais je ne peux pas Ieur sacrifier des intéréts et des devoirs impérieux. Une occupation mixte ne ferait que compliquer la question pour les deux gouvernements. Je suis convaincu qu'en vous séparant par une résolution énergique de I'élément

(!) Da ACR, ecl. in Luzro, pp. 425-426.

(-4) Cfr. nn. 352 e 362.

r'évolutionnaire vous fortifiez votre pouvoir et resserrez les bonnes relations entre la France et l'Italie. aussi j'espère que vous saurez prendre toutes les mesures nècessaires pour rendre inutile une expédition française à Rome. Aussitòt l'insurrection dominée, je suis pret à rechercher avec vous les moyens propres à régler la questlon des romains.

(2) -Privo di arre di pHrtenza, si inseriscP qui tenendo conto ctel contenuto. (3) -Cfr. n. 359. (5) -Da ACR, ecl. in Lettere Vittorio Ema,wcle Il, vol. II, p. 1229.
369

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (l)

1'. Parigi, 20 ottobre 1867, ore 19,50 (per. ore 23.50).

Je suis certain que Ies troupes ont reçu ordre d'attendre jusqu'à demain à 'roulon avant de partir. Je prie donc le Roi de me répondre cette nuit meme. Je viens d'avoir nouvelles du Conseil de Saint Cloud. Je sais réponse de Empereur à Votre Majesté (2). Situation reste intacte jusqu'à demain. Je tiens à donner explications sur la proclamation que l'on vous demande, ou à votre gouvernement. Gouvernement français est naturellement bien loin vouloir dicter quoi que ce soit à Vorte Majesté. Il désire seulement que la volonté du gouvernement contre violation du territoire pontificai soit nettement formulée dans un acte otnciel. II me parit que gouvernement de Votre Majesté pourrait répéter dans un manifeste que le Roi seul a droit de paix ou de guerre et qu'aucun citoyen ne peut usurper ce droit de la Couronne, et que les lois doivent etre observées par tous. Votre Majesté ne trouvera pas mal que je suis si précis: événements graves ou nous sommes imposent grande précision que par le télégraphe on ne peut faire longuement. Le ministère ne peut donner sa démission dans cette crise, ce serait d'un égo1sme scandaleux. Du reste, avec ou sans ministère il faut que vous sortiez de crise actuelle. Il ne faut pas penser à intervention réciproque qui semblerait une complicité, et serait pire pour l'Itaile. Quelque soit votre décision ou d'accepter proposition du gouvernement français ou faire la guerre, je vous prie de me la faire connaitre avant tout acte irrévocable. Nous n'avons que jusqu'a demain matin pour empècher départs des troupes de Toulon.

370

IL CONSOLE GENERALE A TOLONE, BASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 667. Tolone, 20 ottobre 1867, ore 21,17 (per. ore 22,40).

Ordre parvenu à 6 heures suspendre départ escadre et des troupes. Celles embarquées restent à bord, les autres campées. Les troupes qui arriveront dans la nuit et demain seront campées.

(-2) Cfr. n. 368.
(1) -Da ACR, ed., con alcune varianti, In Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1231.
371

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III {l)

T. Firenze, 21 ottobre 1867, ore 3.

Je vous remercie de la bienveillance que vous me témoignez dans votre dépéche (2). Le ministère actuelle a donné sa démission. Le général Cialdini a accepté de se charger de la formation d'un nouveau ministère. Le général Cialdini et moi n'avons aucune difficulté à faire la proclamation indiquée par Votre Majesté et à empécher les enròlements et les comités de secours. En acceptant ces trois propositions faites par votre gouvernement, je crois donner un gage à Votre Majesté du désir d'exécuter fidèlement la convention et de consolider les liens d'alliance et d'amitié qui existent entre la France et l'Italie. On vient de me faire le rapport que Garnbaldi malgré toutes les précautions qui avaient été prises par la Marine s'est évadé profitant d'un grand brouillard. Jusqu'à présent on l'a cru malade et on n'a pas encore pu savoir où il s'est dirigé. Si cela est exact ça va nous donner de nouveaux embarras. Malgré ce nouvel incident qui pourrait aggraver la situation, j'ai confiance qu'on maitrisera la révolution et que nous pourrons ainsi nous mettre d'accord pour trouver les moyens propres à résoudre la question des romains. Bien des souhaits.

372

VITTORIO EMANUELE II AL PRINCIPE NAPOLEONE (3)

T. Firenze, 21 ottobre 1867, ore 4.

Merci de tes dépéches (4). J'ai écrit dépéche Empereur (5), accepté trois conditions. Ministère a donné démission. Je l'ai acceptée. Nommé Cialdini pour former nouveau ministère. Nous allons avoir guerre civile nous tacherons de nous tirer d'affaires. Je te préviens que pour comble de bonheur on m'a laissé évader Garibaldi. Écris moi si Empereur est content de ma dépéche, s'il contremande ordre à ses troupes et ce qu'il dit de Garibaldi évadé. Ceci ressemble à Ferrare. Adi:eu. Bonne Nuit.

373

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 674. Parigi, 21 ottobre 1867, ore 13,35 (per. ore 16).

Ensuite de la réponse du Roi (5), ordre a été donné à Toulon de faire opérer le débarquement des troupes et du matériel qui y étaient déjà embarqués. Il y aura demain un article au Moniteur.

(l) -Da ACR. minuta autografa. ed., con alcune varianti, in I.ettere Vittorio Emanuele TI, vol. n, p. 1233. (2) -Cfr. n. 368. (3) -Da ACR, minuta autografa, ed., in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 1233-1234. (4) -Cfr. nn. 366 e 369. (5) -Cfr. n. 371.
374

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

1'. 385. Firenze, 21 ottobre 1867, ore 14.05.

Pour faire chose agréable au Gouvernement impérial nous n'avons pas hésité un moment à ordonner au ministre du Roi à Constantinople (l) de s'associer à une démarche à faire auprés du Divan d'accord avec les représentants de Russie et de France (2); mais le texte de la note à présenter ne nous a pas été communiqué. Veuillez vous le procurer.

375

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (3)

1'. Firenze, 21 ottobre 1867, ore 15.

Je prie Votre Majesté de me dire si dans la proclamation je peux faire allusion à la dernière phrase de votre depéche (4) où Votre Majesté me dit « je suis prét à rechercher avec vous les moyens propres à régler la question des Romains, aussitòt l'insurrection dominée ... ». Aujourd'hui on travaille à former le nouveau ministère. Je ne puis dissimuler à Votre Majesté les sérieux embarras que ces nouvelles déterminations vont nous donner à l'intérieur, pour étre prét à tout événement j'ai appelé deux classes sous les armes, l'armée ayant été réduite dans des proportions considérables.

376

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (4)

T. Parigi, 21 ottobre 1867, ore 17,10 (per. ore 18,45).

Je suis heureux d'après l'énergi:e que vous avez montrée. Elle vous portera bonheur. Ne faites pas allusion au règlement définitJif de la question (5), ce serait en compromettre le succès et blesser les Puissances dont le concours nous est favorable.

(-4) Cfr. n. 368.
(l) -T. 377 del 19 ottobre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 294. (3) -Da ACR. minuta autografa, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. li, p. 1235. (5) -Cfr. n. 375.
377

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 678. Costantinopoli, 22 ottobre 1867, ore... (per. ore 17,50).

Démarche auprès de la Sublime Porte Cl) a été suspendue jusqu'à l'arrivée de nouvelles instructions que mes collègues de France et de Russie attendent de leurs Gouvernements.

378

IL MINISTRO A LONDRA. D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 822/314. Londra, 22 ottobre 1867 (per. il 26).

Lord Stanley che incontrai ieri sera si espresse con me in termini non solo categorici ma singolarmente energici su qualunque politica francese tendente a suscitare una guerra contro l'Italia. Disse che, mettendo la quistione di Roma da parte, una simile condotta sarebbe infame ed inqualificabile.

Egli mi informò del cambiamento di Ministero e m'invitò a venirlo a trovare stamane alle 12 onde darmi lettura dei varii telegrammi che riceveva da Firenze e Parigi.

Vi [sono] stato diffatti e dopo avermi letto le ultime notizie, egli mi ripeté che ove fossimo stati spinti ad una guerra le simpatie d'Europa sarebbero state per noi, ma che ad ogni modo l'opinione in generale esonererebbe Sua Maestà dal rimprovero d'averla fatta nascere.

Egli mi avea detto ieri sera che se egli avess potuto giovarci potevamo far capitale su di lui. Onde avendomi egli detto stamane che non sapeva dopo quello che aveva scritto cosa potesse ancora fare, gli espressi la mia gratitudine pell'operato e gli dissi ad ogni modo, che al caso conteressimo sul suo buon volere, ed egli stringendomi la mano nel congedarmi mi rispose: « you may » (Il potete).

Del resto gli ripetei, che per riguardo all'Inghilterra non eravi ora questione della quistione romana, ma di un ordine di cose con conseguenze tali da porre la quistlione se l'Italia sarà o non sarà. E come supponevo che l'Inghilterra considerava come di suo interesse che l'Italia sia, eragli dunque lecito il far sentire la sua voce in questa crisi.

Sentii del resto dal Sotto-Segretario di Stato che il dispaccio a Jane Incaricato Inglese a Parigi era molto rimarchevole e ben redatto. Lord Stanley non mi celò che aveva motivo di credere che la politica Prussiana fosse entrata in una linea assai pacifica e pareva voler per ora limitarsi alle quistioni interne.

(!) Cfr. n. 374, nota l.

379

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI CAMPELLO

R. CONFIDENZIALE 2. Pietroburgo, 23 ottobre 1867 (per. il 31).

Non ho molte particolarità da aggiungere a quanto ebbi l'onore di riferirle per telegrafo (l) sulle risposte datemi dal Cancelliere dell'Impero alle comunicazioni che io gli feci quanto alla eventualità di una nuova spedizione francese in Roma. Le parole riservate del Principe Gortchakov, comecché esprimessero molto buon volere rispetto all'Italia, erano principalmente ingenerate dal dubbio che l'intervento dovesse aver luogo davvero, e che, ponendo ancora avesse luogo, ne dovesse nascere però un conflitto minaccioso per la politica generale di Europa. Mi ripeté più di una volta: mon instinct me dit qu'il ne tera rien qu'il n'en sera rien. Promise peraltro d'informarmi di quanto perveniva a sua conoscenza degli intendimenti del Governo Imperiale di Francia, il che fece comunicandomi alcuni dei dispacci inviatigli dall'Ambasciatore di Russia a Parigi, dei quali già diedi contezza all'E. V.

Rividi jer l'altro il Principe Gortchakow, e gli resi grazie per parte del

R. Governo dell'interesse dimostrato, facendogli notare che noi prendevamo nella debita considerazione quel carattere religioso che avea la grave vertenza romana, carattere che dovea tenere in qualche riserbo la Russia, attesa la sua posizione speciale; ma ciò non pertanto un giorno forse verrebbe che così fatta vertenza implicherebbe gli interessi internazionali dei grandi potentati, e che il carattere religioso della questione sarebbe sopraffatto dalla sua importanza politica. Aggiunsi che quel giorno l'Italia conterebbe sull'amicizia del Governo di Russia che già le tese la mano soccorrevole in altre emergenze.

Mi rispose il Principe che l'Italia avea ragione, e che ove più serie contingenze nascessero, il Governo Imperiale di Pietroburgo farebbe in prò di una nazione amica tutto che fosse in poter suo. Mi die' poi lettura di un dispaccio dE'l Barone di Budberg giuntogli in questi giorni, in cui lo stato delle cose venia rappresentato con colori assai foschi; vi si accenna al deliberato volere di accorrere con le armi di Francia, deliberato volere, concetto a malgrado di avversi consigli, nell'animo istesso dell'Imperatore. Non rimarrebbe per questo che il dominio temporale della Sedia di Roma non fosse considerato anche in Francia dagli uomini gravi ed imparziali come già condannato a perire, avvegnaché l'impazienza degli Italiani (a detta del diplomatico russo) fosse per procacciargli un passeggero, e male invocato soccorso.

Il Principe Reuss, Ministro Prussiano, conferì anche Egli col Cancelliere dell'Impero sulle cose Italiane, mirando ad operar di concerto con esso in vista delle ardue congiunture che si apparecchiano. Ne ebbe, per quanto Egli stesso poi dissemi, risposta poco disforme da quella a me fatta. Anche al Ministro Prussiano parve non reso capace di tutta la gravità del caso presente, e non inchinevole a credere che ne dovesse uscire veramente la guerra. Il Principe Reuss

andava per parte sua in contraria opinione per le informazioni che da Berlino gli venivano, e si condusse da me spontaneo perché, al bisogno, si procedesse d'accordo nelle pratiche da fare presso la Corte di Pietroburgo.

Ignoro fino a quest'ora quali adoperamenti di ufficio abbia fatti l'Ambasciatore di Francia Barone di Talleyrand; riseppi solamente che il suo linguaggio, stato finora sobrio e rimesso rispetto alle condizioni d'Italia, era divenuto a questi giorni molto più vivo, e che Egli compiacevasi di asserire ad alta voce come la Francia avrebbe saputo con tutto il necessario vigore mantener salda la fede dei trattati e la potestà temporale dei Pontefici di Roma.

Il concetto che mi risulta dalle indagini fin ora possibilmente raccolte si è questo, Signor Ministro: che il Governo russo (non che per avventura quello di Berlino) è lieto del nuovo irrompere di questo conflitto perché spera di averne la Francia, cosi dedita con tutte le sue forze a troppo difficile impresa, più amichevole ai suoi fini sovra altri punti di Europa come in Germania e in Oriente; il quale intento ove fosse conseguito effettivamente sarebbe assai grosso guadagno per non dovere, almeno ora, starne contenti. Ma quando il dissidio trascendesse in vero moto di guerra sarebbe poi sperabile che le Potenze del Nord facessero causa comune con ogni mezzo, ad impedire che la Francia, abusando del suo titolo di potenza cattolica, si arrogasse sul Regno d'Italia quasi un protettorato che ne metterebbe a repentaglio la sovranità nazionale? Sarebbe sperabile, io credo, ma sarebbe a tal uopo mestieri che la lotta assumesse molto gravi proporzioni, di guisa c.he non paresse altrimenti possibile il tornare indietro.

(l) Cfr. nn. 323 e 361.

380

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 682. Parigi, 24 ottobre 1867, ore 13,40 (per. ore 15,30).

La déclaration de la Gazette ofticielle du royaume a produit une bonne impression ici. mais on est très inquiet de la prolongation de la crise ministérielle.

381

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

R. 89. Berlino, 24 ottobre 1867 (per. il 29).

In questi ultimi giorni si era sparsa la voce, alquanto vaga, che, fra i Gabinetti di Firenze e di Berlino, avessero avuto luogo dei negoziati allo scopo di procurare all'Italia l'appoggio della Prussia nelle attuali contingenze.

L'ultimo numero dello Staatsanzeiger, il giornale ufficiale prussiano, dice a tal riguardo quanto segue: <<Siccome rilevasi dalla Nattonalzeitung, si è sparsa nei fogli esteri la voce che il Gabinetto di Firenze ed il partito d'azione erano stati indotti da formali promesse della Prussia, questo ad intraprendere la spedizione contro Roma, quello a prepararsi a prendervi parte più tardi. Noi diamo qui la rettificazione che la Nationalzeitung desidera, dichiarando ufficialmente che il Governo italiano non ha mai espresso, né direttamente, né indirettamente, a quello di Prussia il desiderio di ottenere tali promesse, e che quindi un simile desiderio non ha potuto essere, né accolto, né respinto».

Spero che ciò metterà un termine alle supposizioni cui alludevano in questi giorni i discorsi tenutimi da più d'uno di questi diplomatici.

Più oltre lo Staatsanzeiger diniega il carattere ufficioso di cui vuolsi rivestita la Nord Deutsche Allgemeine Zeitung, asserendo che la medesima non riceve comunicazioni ufficiali di verun genere; del che punto non dubito.

382

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

ANNESSO CIFRATO (l) . Belgrado, 24 ottobre 1867 (per. il 31).

Jonesco, agent roumain, est retourné hier de Bukarest. Il pense que le ministère Golesco se modifiera radicalement, pour se fondre avec des hommes capables appartenants aux autres partis. Si cela aura lieu, les choses marcheront mieux. Il dit que le Prince parait vouloir s'occuper sérieusement de l'armée et de l'alliance avec la Serbie et le Monténégro. Selon M. Jonesco, le Prince Charles est trés favorable à cette alliance; il a écrit dans ce sens au Prince de Serbie, de manière que la conclusion, dit l'agent Roumain, ne dépend que du bon vouloir du Prince Miche!. M. Jonesco partira incessamment pour Kragujewatz, où .:;e trouvent encore le Prince et ses Ministres, pour lui remettre la lettre du Prince Charles et pour traiter sérieusement de cette alliance. Il se rendra ensuite au Monténégro dans le mème but. L'Agent roumain a été chargé aussi de remettre au Prince de Serbie et à celui du Monténégro la photographie du Prince Charles. Il serait temps que le Prince Charles, sortant de son apathie, surveillàt par lui-mème les affaires intérieures et extérieures du pays. Une personne bien informée m'a assuré qu'une révolution contre le Prince, ayant pour chefs des hommes éminents et très influents, était sur le point d'éclater dans le mois de septembre dernier; mais elle a été ajournée pour des raisons d'opportunité. Cette nouvelle me parait mériter confirmation.

Les pourparlers pour l'alliance seront poursuivis dans le plus grand secret; car on craint que méme la France pourrait avoir intérèt à les faire échouer.

(l) Al r. 40, r.on pubèlicato.

383

VITTORIO EMANUELE II AL PRINCIPE NAPOLEONE (l)

'l'. Firenze, 25 ottobre 1867, ore 8,25.

Le Ministère sera fait j'espère à midi. Dis à Pepoli qui arrive ce matin à Paris, qu'outre ce que je lui ai dit de dire à l'Empereur, il attende instructions nouveau ministère. Dis moi comment je dois diriger dépeches à Pepoli et falsmoi le plaisir de me dire s'il y a quelque chose de nouveau dans les idées Empereur. Ici tout est dans la meme situation, ce qui désirait Empereur sera fait.

384

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 685. Monaco, 25 ottobre 1867, ore 9 (per. ore 12,30).

Pepoli arriva hier au soir. Remis dépèche officielle E. Cialdini. Sous sécrétaire d'Etat M. de Thile écrit à un membre de la légation prussienne: «En cas de guerre entre l'Italie et la France, la Prusse ne veut pas aider l'Italie avec son armée, mais profiter de l'occasion pour pousser en avant unité allemande».

385

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 25 ottobre 1867, ore 12 (per. ore 14,50).

Pepoli pas encore arnve, j'ai envoyé partout, l'attendre avec impatience. Je crois urgent que Votre Majesté aie ministère qui expliquera franchement ce qu'il veut faire. Ici situation toujours la mème, crise ajournée, mais non surmontée. Troupes toujours à Toulon pretes à embarquer. Dès arrivée de Pepoli je vous préviendrai. Pour correspondre en chiffre avec lui Votre Majesté n'a que deux moyens, ou se servir du chiffre avec moi ou de celui de votre ambassade ici.

(l) -Da ACR, minuta autografa, ed., con alcune \·arianti, in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II. p. 1240. (2) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1242.
386

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Saint Cloud, 25 ottobre 1867, ore 12,55 (per. ore 14).

Je vois avec douleur que les promesses de Votre Majesté ne se réalisent pas. Ce retard me cause les plus vives préoccupations. L'augmentation du nombre des volontaires, l'évasion de Garibaldi prouve que Votre Majesté se laisse déborder par la révolution et s'expose à des complications qui pourraient troubler les rapports amicaux entre la France et l'Italie.

387

IL CONSOLE GENERALE A TOLONE, BASSO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 683. Tolone, 25 ottobre 1867, ore 15,05 (per. ore 17,28).

Escadre part avec précipitation. Tous les navires cuirassés ont pavillon de départ: on va allumer les feux; on va embarquer les troupes. Ordre arrivé il y a 20 minutes.

388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE

T. 386. Firenze, 25 ottobre 1867, ore 19.

Veuillez me télégraphier de qui viennent les appréciations que vous faites au sujet de l'attitude éventuelle de la Prusse (2).

389

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 25 ottobre 1867, ore 20,10 (per. ore 23,30).

J'apprends nouvelles les plus graves. Je crois que expédition va partir. Avoue ne pas comprendre ce qui se passe à Florence, Votre Majesté m'écrit depuis

trols jours des dépèches dilatoires, comme st c'est moi qui dois ètre calme. Je lui ai dit que mes rapports avec Empereur ne me permettent pas de traiter directement avec mon cousin. Je sais que l'Empereur vient de vous télégraphier (l) pour savoir si le Roi veut et peut tenir ce qu'il a promis à l'égard des trois points demandés. Depuis trois jours Empereur reçoit nouvelles les plus contradictoires et alarmantes pour lui de Florence, il ne voit rien de ce que vous lui avez promis. Il attendait Pepoli avec impatience, c'est la seule chose qu'il m'ait dit à l'arrivée de l'Empereur d'Autriche. Votre Majesté écrit le 23 que Pepoli est parti le 22 au soir, il aurait du arriver ce matin au plus tard. Il est 7 heures du soir et je n'ai aucune nouvelle de Empereur. J'ai lieu de croire que l'Empereur pense que vous vous prépariez en gagnant du temps, et ne pas faire ce que vous lui avez écrit. Le Roi comprend que dans cette occasion la crise finale s'approche. Je ne serais pas étonné que demain matin ordre soit envoyé à Toulon de faire partir expédition. Empereur peut le faire sans que nous en sachions rien, et il ne consultera plus personne, pas mème ses ministres. La seule chance qui nous reste d'empècher catastrophe c'est que réponse du Roi à Empereur soit favorable suivie d'effet et que encore y ajoute foi. Si vous voulez sérieusement empècher expédition avec confusion que vous savez, tout faux fuyant est inutile. n faut faire proclamation, l'envoyer per télégraphe directement à Empereur, trouver Ministère quelconque, ne fut ce que pour 24 heures pour la contresigner. Votre Majesté a tout au plus la nuit pour se décider. J'espère que le Roi comprendra le mouvant qui me fait agk Je ne me permets pas de vous donner des conseils, mais je vous dois la vérité nette et vous rappresenter à quelles catastrophes inévitables vous vous exposez.

(l) -Da ACR, ed., in Lettere Vittorio Emanuele II. vol. II, p. 1241. (2) -Cfr. n. 384. Centurione rispose con t. 693 del 26 che le informazioni gli erano state date da un amico dell'Italia di cui egli aveva promesso di non fare il nome. (3) -Da ACR, ed., con alcune varianti, in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1242.
390

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 686. Parigi, 25 ottobre 1867, ore 20,19 (per. ore 24).

'' Je crois prévenir le Gouvernement du Roi que les nouvelles de Florence concernant Garibaldi, les dépèches du chargé d'affaires français ainsi que le retard de la proclamation et de la formation du Cabinet ont produit sur l'Em

pereur une impression très facheuse * (2). L'Empereur a télégraphié ce matin au Roi (1). De la réponse du Roi (3) seule dépend désormais l'expédition. Dans le Conseil d'aujourd'hui on a décidé que l'Empereur donnerait l'ordre d'exécuter l'expédition sans consulter les ministres.

(-3) Cfr. n. 391.
(l) -Cfr. n. 386. (2) -Il brano fra asterischi è edito in italiano in L V 13, p. 35.
391

VITTORIO EMANUELE II A .NAPOLEONE III (l)

T. Firenze, 25 ottobre 1867, ore 22.

Cialdini éprouve des grandes difficultés dans la formation du Ministère. J'espère pourtant l'avoir dans la journée de demain. Garibaldi a été arrèté deux fois contre nos lois et il l'aurait été une troisième fois sans la crise ministérielle. Les volontaires au lieu de s'accroitre ont diminué par le grand nombre de ceux qui ont été internés. Il est complètement faux qu'on leur ait fourni des canons et des chevaux. Tout ceci je peux l'assurer d'une manière positive à Votre Majesté. Le Marquis Pepoli qui devrait ètre arrivé à Paris vous expliquera quelles sont les vues du nouveau Ministère. La situation est très grave et difficile ici, mais j'espère en venir à bout en conservant les bons rapports d'amitié qui nous lient, si aucune résolution précipitée ne me rend pas ma tàche plus difficile encore.

392

VITTORIO EMANUELE II AL PRINCIPE NAPOLEONE (2)

T. Firenze, 26 ottobre 1867, ore 1,45.

Pepoli est parti le mardi soir par Munich il doit etre ce soir à Paris. Je me trouve dans une position terrible et tu ne comprends pas qu'on ne fait pas un ministère en peu d'heures dans ce moment-clÌ. où tout éclate comme une bombe. On fera les trois choses aussitòt Ministère fait. Fais chercher Pepoli et envoye-le à l'Empereur.

393

IL CONSOLE GENERALE A TOLONE, BASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI CAMPELLO

T. 689. Tolone, 26 ottobre 1867, ore 8,20 (per. ore 11,20).

L'escadre des six cuirassées partie ce matin à six heures avec chasseurs à pied. Les transports avec troupes vont suivre. Arrivent de nouvelles troupes qui partiront aujourd'hui. Trois batteries et autres régiments d'infanterie sont en route.

(l) -Da ACR, minuta autografa. ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 1240-1241. (2) -Da ACR, minuta autografa, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1243.
394

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

1'. 690. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 8,50 (per. ore 12,30).

Moniteur d'aujourd'hui contient article suivant: << En prèsence des tentatives nouvelles faites par les bandes rèvolutionnaires pour envahir les Etats pontificaux l'Empereur a révoquè les ordres qu'il avait donnés de suspendre l'embarquement des troupes réunies à Toulon ».

395

IL MARCHESE PEPOLI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 11,55 (per. ore 15,50).

Visto Principe Napoleone e Ministro Interni. Qui non si vuole più trattar!' se non vi è un ministero responsabile poiché indugi frapposti mantenere promesse fatte direttamente da Vostra Maestà, fanno nascere diffidenze fortissime. Dicesi ordine partenza truppe francesi, dato. Però non posso darne assicurazione a Vostra Maestà. Ministro Interni non ha voluto dirmelo, in ogni caso non credo che truppe francesi varcheranno frontiera Regno italiano, se non incontrano resistenza. Vedrò più tardi Imperatore, ma credo urgente che Vostra Maestà formi immediatamente un Ministero e prenda una risoluzione. È indispensabile esca oggi stesso proclama di Vostra Maestà unico mezzo che forse possa essere ancora in tempo impedire intervenzione.

396

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II

T. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 12,50 (per. ore 15,30).

Reçu dépèche d'aujourd'hui (2). Pepoli arrivé ce matin à huit heures après promenade a Munich pour perdre son temps, il ne salt absolument rien et m'a demandé nouvelles. Il dit qu'il croyait trouver Ministère Cialdini formé et proclamation du Roi publiée. Quant au départ de la flotte de Toulon je ne sais rien de positif, mais Votre Majesté en sait plus que moi par son consul à Toulon, elle doit connaitre article du Moniteur de ce matin (3). Tout cela a apparence d'un imbroglio qu'il faut renoncer à comprendre. Rattazzi me semble avoir voulu jouer tout le monde. Cialdini d'une grande indécision, et Votre Majesté, ce qui me chagrine profondément, ayant pris engagement personnel

vis-a-vis de l'Empereur dans ses dépéches et ne le tenant pas, je crois que la vérité ratifie [sic] toujours ce qu'il y avaìt de mieux. et vous ne pouvez dissimuler que la conduitc de votre Gouvernement est très louche vis-a-vis Empereur depuis quelques jours. Dans la situation actuelle, de Votre Majesté seule dépend solution si ce n'est pas trop tard pour empecher expédition, vous l'ai ècrit hier au soir (1), tout dépend de votre réponse à Empereur. Affaire est entre vous et Napoléon, quant aux troupes françaises je suis persuadé elles occuperont tout l'Etat, chercheront à battre bande Gar.ibaldi, mals n'interviendront pas acte d'hostilité et ne protégéront pas les bandes. Je suis vraiment profondément affligé de voir que devant attitude si nette du Gouvernement français qui vous a été exposée depuis plusieurs jours, le Roi, Rattazzi, Cialdini me semblent avoir pris la plus déplorable de toutes les conduites c'est à dire de ne rien décider. Pepoli ne verra probablement pas Empereur aujourd'hui et dans tous les cas ne sais pas ce qu'il lui dira, tout dépend de ce que Votre Majesté a répondu directement.

(l) -Da A C R. (2) -Cfr. n. 392. (3) -Cfr. n. 394.
397

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 692. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 13,50 (per. ore 17).

''' L'expédition française a été décidée depuis le 16 courant. Elle a été suspendue * (2) par suite de la promesse faite par le Roi directement à l'Empereur de faire une proclamation et de dissoudre les comités d'enrl'llement et de secours.

Le retard dans la réalisation de ces mesures ainsi que (3) *la marche de Garibaldi sur les Etats pontificaux ont provoqué la révocation de l'ordre de suspension.

Je crois que l'escadre française part aujourd'hui *. Faites vous tenir au courant par le consul de Toulon car il connaitra le départ de l'expédition avant moi.

Pepoli est arrivé ce matin.

398

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (4)

T. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 14.

J'apprends surement à l'instant que l'Empereur a envoyé directement lui mème à sept heures ce matin contre ordre à la flotte à Toulon par le télé

(!) Cfr. n. 389.

graphe. On a rappelé batiments qui sont revenus au mouillage avec les troupes à bord et attendent. Peut-etre que ce contr'ordre vienne de réponse du Roi à Empereur (1}. Lcs ministres mèmes outre que ceux de la Guerre et de la Marine ne savent rien. 'I'roupes embarquées se montent à sept mille cinq cent hommes et cinq cent chevaux. Mes nouvelles sont très certaines. J'ai espoir que Pepoli verra Empereur à cinq heures aujourd'hui. Je vous écrirai dans la soirée.

(2) -I brani fra asterischi sono editi In italiano in L V 13, p. 35, (3) -In L V 13, prima di questo brano: «Oli ultimi avvenimenti P soprattutto"· (4) -DaACR.
399

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 15 {per. ore 17,45).

J'apprends positivement que la flotte cuirassée est partie de Toulon ce matin à six heures et demi et que les navires chargés des troupes suivent. Cela me prouve que votre réponse (l) a été considérée comme dilatoire et ne résolvant rien. Inutile donc de me l'envoyer comme je l'avais demandé. Intervention est fait accompli. Supplie le Roi de bien régler la conduite qu'U veut ten!i.r et d'envisager toutes éventualités et quand il aura pris un parti de le suivre nettement, loyalement et sans tergiversation. Les indécisions et les finesses ont déjà fait · assez de mal. Que votre Gouvemement ne continue plus s'il ne veut pas tout perdre.

400

VI'ITORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (3)

T. Firenze, 26 ottobre 1867, ore 17.

Le général Cialdini malgré tous ses efforts a échoué à former le ministère. Le général Menabrea aura ce soir un Ministère constitué qui exécutera demain les propositions de Votre Majesté déjà acceptées par le général Cialdini pourvu que Votre Majesté suspende son intervention militaire. Je prie Votre Majesté de me faire connaitre vos intentions.

Sans cela je serai forcé de prendre des autres résolutions.

401

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 19.

Nouveau détail certain. Empereur a bien envoyé directement contrordre à la flotte ce matin, mais une partie n'a pas pu etre rattrapée. On m'assure que

deux mille hommes sont en route, pourra-t-on les faire revenir? J'en doute beaucoup. Ministre de la Marine très hostile. S'ils arrivent isolés devant Civitavecchia que feront-ils? Je ne sais. Je n'ai jamais vu désordre et indécision semblable si ce n'est à Florence et à Smyrne.

(l) -Cfr. n. 391. (2) -Da ACR.

(3) Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1244.

402

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 20,25.

J'ai arreté jusqu'à présent sur votre demande le départ de la flotte, mais aucun cabinet n'est encore formé. Les révolutionnaires continuent à envahir les états pontificaux, Rome meme court des dangers. Je ne puis donc retarder plus longtemps l'occupation de Civitavecchia. Cette mesure n'a rien d'agressif contre l'Italie, nos deux pays sont également intéressés au triomphe de l'ordre et de la légalité. Les invasions révolutionnaires tentées contre Rome sont une violation du droit public et de traité. Mon intention n'est pas d'ailleurs de prolonger l'occupation, dès que l'ordre sera rétabli, je ferai tous mes efforts pour engager les puissances à régler une question qui intéresse à un si haut dégré l'Europe entière. Votre Majesté peut, si Elle le juge necessaire publier cette dépeche.

403

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (2)

T. Firenze, 26 ottobre 1867, ore 23,20.

J'ai dit à Votre Majesté que le Ministère Menabrea était fait ce soir si Votre Majesté empechait expédition militaire en mettant en exécution demain matin conditions que vous désirez. Le Cabinet est constitué comme je vous l'ai promis. Dites-moi je vous en prie si avec cela vous voulez faire occupation.

404

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, RATTAZZI

T. 703. Parigi, 26 ottobre 1867, ore 23,45 (per. ore 3,20 del 27).

L'expédition française est décidément partie aujourd'hui. L'Empereur l'a annoncé lui meme au Roi par un télégramme (3) qui explique le but et le

p. -1246. (-3) Cfr. n. 402.

Z? -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

caractère de l'expédition qui dans l'intention de l'Empereur ne doit pas ètre considérée, si nous n'intervenons pas, comme un acte d'hostilité envers l'Italie. Le télégramme ajoute que l'Empereur ne demande pas mieux que de faire appel à un congrès, une fois le calme rétabli, pour résoudre la questlon romaine. En présence de ce . . . (l) événement, que j'a·i fait tous les efforts pour empecher, il ne me reste que de prier le Roi de m'envoyer ses instructions.

(l) -Da A C R. ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. Il, p. 1246. (2) -Da A C R, minuta autografa, ed. con alcune varianti, in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II,
405

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (2)

T. Firenze, 27 ottobre 1867, ore 8,20.

Je prie Votre Majesté de me faire une réponse à ma dernière dépeche (3), car ministère Menabrea ne pourrait mème plus rester si vous interveniez.

406

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (4)

T. Firenze, 27 ottobre 1867, ore 16.

Du moment que Votre Majesté a cru devoir occuper, malgré mes observations Civitavecchia avec ses troupes, l'état des choses établi par la Convention l864, 15 septembre se trouve nécessairement changé et l'Italie a également le droit et le devoir de concourir au rétablissement de l'ordre et de la légalité comme Votre Majesté le reconnait Elle mème. En conséquence j'ai donné l'ordre à mes troupes qui se trouvent sur la frontière de s'avancer sur le territoire romain. Cette intervention n'à rien de hostile envers la France avec laquelle nous désirons toujours conserver les meilleures rélations, mais Votre Majesté comprendra facilement que c'est une question d'honneur national. Il est inutile de dire à Votre Majesté que mes troupes ont reçu l'ordre d'éviter tout confl.it avec les troupes françaises et j'ai pleine confiance que Votre Majesté voudra donner les memes instructions à son armée. Je désire vivement de me mettre d'accord avec Votre Majesté pour résoudre cette question qui est vitale pour l'Italie et à laquelle se relient tant d'autres intérets (5).

(-3) Cfr. n. 403.
(l) -Gruppo indeclfrato. (2) -Da A C R minuta autografa, ed. In Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1247. (4) -Da A C R, minuta autografa, ed. con alcune varianti, In Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1249-1250. In A C R esiste anche un'analoga minuta in italiano di pugno di Menabrea, ed. in MIKo, vol. Il, p. 283, e in DE CESARE, p. 64:). (5) -Napoleone III telegrafò a Vittorio Emanuele II alle ore 17: « Je regrette !es nouvelles dispositions que Votre Majesté semble vouloir prendre, car elles peuvent amener !es plus graves complications ».
407

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, A VITTORIO EMANUELE II

T. 706. Parigi, 27 ottobre 1867, ore 17,10 (per. ore 19,35).

Quand Votre Majesté recevra cette dépikhe, les troupes françaises auront débarqué à Civitavecchia.

Puisque l'expédition n'a pu etre empéchée, il faut au moins tàcher qu'elle ne dégénère pas en guerre entre la France et l'Italie. Votre Majesté peut empécher un conflit en ne permettant pas que nos troupes passent la frontière, et on se bornera à protester par la voie diplomatique contre l'intervention étrangère.

Cette conduite sage, digne, noblement fière, qui ne serait pas sans embarras pour la France, sauverait le pays d'une guerre désastreuse.

Je prends la liberté de supplier vivement le Roi de prendre en considération le conseil qui m'est dicté par la . . . (l) de mes devoirs envers Votre Majesté et par mon dévouement envers la Couronne et envers le pays. Je prie en méme temps le Roi de m'envoyer ses instructions.

408

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 388. Firenze, 27 ottobre 1867, ore 18,30.

* Ministère vient d'étre formé * (1): Menabrea, président du conseil et ministre des affaires étrangères; marquis Gualtiero, intérieur; général BertoléViale à la guerre; comte Cambray-Digny, comte Cantelli, Mari. *Le programme de la nouvelle administration est exposé dans la proclamation du Roi que vous recevrez par le télégraphe. Nous espérons toujours que l'expédition française n'aura pas lieu; mais si notre espoir était déçu, je dois vous avertir que si les troupes françaises débarquaient à Civitavecchia, nous serions dans la nécessité de donner l'ordre à nos troupes de franchir la frontière, dans le seul but de * concourir avec la France au * maintien de l'ordre et de la tranquillité dans les états pontificaux. Elles recevront donc les ordres les plus formels d'éviter toute rencontre avec les troupes françaises et pontificales * (2). D'ailleurs nos troupes sont en si petit nombre qu'il est évident qu'elles ne constituent pas un corps d'opération. Veuillez faire remarquer au Gouvernement impérial que dans l'état de surexcitation des esprits dans la péninsule, il nous serait impossible d'assister, l'arme au bras, à ce qui se passerait audélà de la frontière. Nous perdrions toute autorité et serions peut-étre impuissants à maintenir l'ordre. Nous aimons à compter encore sur la bienveillance et sur les sympathies du Gouvernement impérial, qui, certes, ne nous feront pas défaut dans la crise que nous traversons.

(l) -Gruppo indecifrato. probabilmente << conscience ». (2) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in L V 13, p. 35. Il t. è parzialmente edito anche in DE CESARE, p. 350 e in MIKO, p. 284.
409

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 389. Firenze, 27 ottobre 1867, ore 21.

Une députation de Ceprano s'est présentée au général Lombardini pour supplier qu'on envoie des troupes, car les garibaldiens ont ouvert les prisons et commettent toute espèce de désordres. Mème députation est arrivée d'Acquapendente. Veuillez dire au Gouvernement impérial qu'il ne nous serait pas permis de résister à cet appel.

410

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 390. Firenze, 27 ottobre 1867, ore 21.

* Nouveau Ministère vient d'ètre formé * (2): Menabrea, Gualterio, Bertolé-Viale, Cambray-Digny, Cantelli, Mari.* Il parait que, malgré toutes nos observations, l'expédition française aura lieu. En ce cas, *il nous serait impossible d'assister, l'arme au bras, à ce qui se p asse au delà de la f.rontière; nous ne pourrions résister à l'explosion du sentiment national surexcité au dernier point. * Nous allons donc donner l'ordre à nos troupes de franchir la frontière, dans le seul but de concourir au maintien de l'ordre et de la tranquillité dans le territoire pontificai, * nullement dans un but hostile. * Elles devront éviter soigneusement toute rencontre avec les troupes françaises et pontificales. Nous aimons à croire que la France ne verra pas en nous des ennemis *. Veuillez dire au Comte de Bismarck (au Prince Gortchakoff, à lord Stanley) que nous comptons sur les bons ofllces du Gouvernement prussien <russe anglais) auprès du Gouvernement français pour lui faire comprendre l'exigenc,e de notre position, et l'induire à éviter tout conftit, qui ne pourrait que nuire aux deux Puissances, et retarder la solution d'une question que nous désirons terminer d'un commun accord (3).

411

IL MARCHESE PEPOLI A VITTORIO EMANUELE II (4)

L. P. Parigi, 27 ottobre 1867.

Appena ricevuto ieri a sera alle ore 11 il dispaccio di Vostra Maestà (5), scrissi all'Imperatore la lettera di cui Le unisco copia e che confido alla personale prudenza di Vostra Maestà.

Ho veduto questa mattina Rouher, ed eccoLe il sunto del mio colloquio, Incominciai per dirgli che la Maestà Vostra mi aveva telegrafato che la situazione si aggravava e che vi era pericolo di guerra civile, e che io temeva che dopo la Nota del Monitore difflcilmente si sarebbe potuto evitare una rottura, e ch'io temeva tanto nell'interesse dell'Italia che della Francia dolorose e funeste complicazioni.

Rouher se ne mostrò molto dolente; ma dissemì che dopo dì aver appreso come Cialdini non fosse riuscito a formare un Ministero e dopo la invasione di Garibaldi non era stato possibile al Governo Francese di esitare più a lungo. Non è già, egli mi disse, questione del poter temporale, ma è quistione di dignità nazionale. La Francia non può lasciar lacerare la propria firma.

Egli mi lesse allora il telegramma jeri spedito dall'Imperatore a Vostra Maestà (l) e di cui una parte è riprodotta nel Monitore di questa mattina. Io allora non potei a meno di osservare che trovava il dispaccio troppo mite per poter in nessun modo migliorare la situazione e temperare gli sdegni in Italia; che il fatto dell'intervento era gravissimo non solamente per l'Italia ma anche per la Francia, non solo per la Dinastia di Savoja, ma ancora per la Dinastia Francese; che certamente era utile ed efficace per la tranquillità dell'Europa che l'Italia si sciogliesse dalle influenze anarchiche e dalle passioni rivoluzionarie; ma che era eziandio necessario, indispensabile che la Francia non avesse apparenza di subire in questa circostanza le influenze clericali; che così io aveva accennato all'Imperatore: che avrebbe prodotto ottimo effetto se Egli in una sua lettera a Vostra Maestà avesse nettamente dkhiarato esse.re giunto il tempo di esaminare la questione del poter temporale; ma che il dispaccio inviato mal rispondeva a mio avviso a questo concetto. Io avrei desiderato un programma liberale e nazionale, ed invece non mi pareva che il dispaccio fosse altro se non un atto di cortesia e di amicizia, certo non tale da controbilanciare l'irritazione che ecciterebbe in Italia il nuovo intervento.

Passai quindi a parlare del Congresso, e posi a M. Rouher nettamente la questione quale sarebbe l'attitudine della Fr·ancia. Egli mi rispose che non poteva esprimermi per il momento che una opinione personale, non umciale; che la sua opinione era che la Francia potesse chiedere:

l) Alto dominio di Papa;

2) Amministrazione comunale indipendente;

3) Unità di codici e di dogane;

4) Deputati romand al Parlamento Ital•iano;

5) Lista civile del Papa somministrata dalle Potenze Cattoliche.

Io non gli tacqui che queste condizioni non potevano essere sumcienti, e chiesi allora quali sarebbero le Potenze chiamate a Consiglio. Mi rispose le grandi Potenze certamente, le piccole si vedrebbe poi. Mi espresse il concetto che l'Inghilterra e la Prussia sarebbero favorevoli ad una soluzione radicale, soprattutto la Prussia per cattivarsi le simpatie ed il concorso italiano; che

l'Austria certamente non aveva più ragione per insistere sul dominio temporale. Però parevagli che sarebbe più savio che la domanda del Congresso venisse dall'Italia in faccia alla occupazione forestiera. Egli mi assicurò che una domanda di questa fatta sarebbe immediatamente accettata dalla Francia.

Chiesi se la sede del Congresso nel suo intendimento dovesse esser Parigi: mi rispose negativamente e pronunziò il nome di Londra. Al che io soggiunsi: «e perché no Firenze»? La risposta non fu recisamente negativa. La designazione del luogo, diss'egli, dipende dalle condizioni del momento e dagli avvenimenti politici. Ad ogni modo poi a Firenze esser preferibile una piccola città italiana verso la frontiera.

Ora in qual modo si può raggiungere questo scopo? Io espongo a Vostra Maestà la situazione, ma non mi permetto di formulare un giudizio.

Vostra Maestà non ha più bisogno di fare il Proclama promesso, né di sciogliere i Comitati di soccorso. Vostra Maestà prenderebbe atto invece che la Convenzione è rotta, ritirerebbe le truppe dalla frontiera e con una Nota chiederebbe alle Grandi Potenze di esaminare la situazione dell'Italia di fronte al potere temporale ed al Papato.

Nella Nota il Governo Italiano constaterebbe che se le bande garibaldine hanno varcato le frontiere, il Papa in ogni sua Enciclica, in ogni suo atto chiama usurpatore il Re ed incita contro di Esso le popolazioni sia dall'altare sia dal confessionale. Oh! se l'Italia ha delle bande che agiscono ed aggrediscono materialmente il Papato, il Papato ha delle coorti di preti che agiscono moralmente contro l'Italia e la aggrediscono e tengono il Paese in uno stato di agitazione incompatibile colla propria sicurezza.

Non offese alla Francia, non spavalderie, ma un linguaggio severo e misurato, dignitoso, liberale, unitario rivendicando i diritti della Nazione.

Se la Francia accetta, le altre Potenze accetteranno. Pur sarebbe necessario che Vostra Maestà si assicurasse dapprima del consenso della Prussia, dell'Inghilterra, della Russia, e pur anca dell'Austria. In questo modo è facile prevedere che la Corte di Roma rifiuterà di aderire al Congresso, e che l'Italia e la Francia rimarrebbero svincolate da qualunque impegno. Io non so se questo piano sia possibile nello stato attuale degli animi. Ho però la convinzione profonda che esso potrebbe salvare l'Italia ed appagare in ultima analisi le sue aspirazioni nazionali. Ma è egli possibile di evitare la guerra civile?

Io ho esposto a Vostra Maestà la verità della situazione: sta ora agli uomini chiamati dalla di Lei fiducia a reggere la pubblica cosa il decidere.

Io aspetto qui a Parigi gli ordini di Vostra Maestà. Nell'allontanarmi da Rouher gli ripetei le parole che dissi jeri all'Imperatore: «En blessant l'Italie et la Dynastie de Savoie, Vous blessez, Sire, la France et vostre Dynastie ». Credo che essi comprendano il pericolo, e credo perciò che non sarebbe difficile il condurli a delle concessioni radicali.

Nel colloquio che ebbi con S. M. l'Imperatore Egli si mostrò animato da sentimenti cordiali verso di noi; ma io lessi nell'animo suo un concitamento non ordinario. Mi disse che la spedizione era partita, ed infatti il Principe avrà spiegato a Vostra Maestà il fatale equivoco del Ministro della Marina.

Ora io debbo sottoporre alla Maestà Vostra alcune ultime considerazioni

non per gettare l'allarme nell'animo Suo poiché so che esso conserva anche

nei più duri momenti la serenità della ragione; ma per farLe conoscere il vero

stato delle cose.

Se un solo colpo di fucile fosse scambiato fra le truppe italiane e le francesi, se una goccia di sangue fosse versata, nessuno, nemmeno l'Imperatore né Vostra Maestà, potrebbe misurarne le conseguenze. L'odore della polvere inebria i più moderati, e le question1 di onore nazionale non si risolvono che col cannone.

Io credo che in ogni modo la guerra che l'Italia deve fare alla Francia debba essere una guerra morale più che materiale. Io sono sicuro che in una guerra morale tutti i vantaggi stanno dalla parte della Nazione che rappresenta le idee di libertà.

La Francia ha lasciata cadere la bandiera della libertà; sta a Vostra Maestà

il rilevarla. Che l'Italia cammini sotto la croce di Savoja alla testa delle Na

zioni civili.

Eviti però ad ogni costo un conflitto in cui l'Italia inevitabilmente soccomberebbe e sarebbe costretta a subire una pace vergognosa. Anche non facendo la guerra, anche non accettando la proposta di un Congresso, Vostra Maestà può fare una politica dignitosa ed efficace.

Io non esiterei intanto a sospendere il pagamento degli interessi del Debito Pontificio. Per ossequio al vero devo però dlirle che il Principe Napoleone non è favorevole all'idea del Congresso.

Io sarei, Sire, altero di poter dare la mia vita stessa pel mio Paese e per il mio Re.

ALLEGATO

PEPOLI A NAPOLEONE III

L. P. [27] ottobre 1867.

J'ai reçu hier soir après minuit une dépéche du Roi qui m'annonce que la situation s'aggrave d'heure en heure et que la guerre ciYile menace d'éclater. Gomme j'ai eu rhonneur de dire à Votre Majesté hier, je doute qu'un Ministère Menabrea suffise à la tàche, et je prévois de terribles complications.

Je supplie de mon coeur Votre Majesté d'arréter l'expédition à Civitavecchia et de revoquer l'ordre du débarquement.

J'ai raison de croire que si l'intervention militaire Française a lieu, le Roi sera forcé d'adopter une ligne de conduite ferme et résolue, méme au risque de compromettre sa couronne.

Du reste je ne puis que répéter ce que le Roi m'a dit avant mon départ: qu'il faut trouver une issue par laquelle il puisse passer sans baisser lP. front.

Pour Vous, Sire, je le sais, à l'heure qu'il est il n'r-:st pas question de Rome et du Pape, mais de la dignité de votre Pays; pour le Roi la question de vaincre !es mauvaises passions révolutionnaires est aussi reléguée au second pian. La question est de céder à une pression étrangère.

En dernière analyse, Sire, il faut trouver moyen pour !es deux Pays et !es deux Dynasties de sortir de cette impasse où !es ont acculées les mauvaises passions et une douloureuse fatalité.

Sire, Vous savez combien je Vous suis attaché, comme ma parole a été toujour~ franche et loyale: et bien, il ne suffit pas à l'heure qu'il est que l'Italie dégage seulement son drapeau du drapeau de l'anarchie; il faut que la France dégage nettement son drapeau aussi du drapeau de la réaction.

Eh bien Sire, j'ai entendu dire hier soir un mot cruel, terriblement cruel à Votre adresse. Si Vous n'étiez pour moi plus qu'un parent un ami bienveillant de mon pays, jc ne vous le répéterais pas. Mais pour moi le premier devoir d'un coeur reconnaissant c'est la vérité et la loyauté, et je n'hésite pas:

«La campagne de Rome a été en 1848 une expédition à l'extérieur contre la République, celle de 1867 sera una campagne à l'extérieur contre l'Empereur ». Je crains d'avoir passé les bornes de la convenance et du respect que je vous dois mais je le préfère plutòt que d'étre accusé un jour d'un coupable silence. Personne j'ose le dire ne vous portera jamais une affection aussi profonde que la mi enne.

(l) Ed. in Orìgines diplomaiiq'oLes, •;ol. XIX, p. 101.

(2) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in L V 13, p. 36. (3) -In pari data analogo telegramma (t. 391) venne inviato a Nigra perchè facesse presso Beust che si trovava a Parigi, lo stesso passo prescritto ai rappresentanti a Berlino, Londra e Pietroburgo.

(4)DaACR

(5) T. ore 19,35, non pubblicato: gravità della situazione, pericolo di guerra civile.

(l) Cfr. n. 402.

412

IL VICE CONSOLE A NIZZA, DE GOYZUETA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTR.O DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 710. Ventimiglia, 28 ottobre 1867, ore 2 (per. ore 2,45).

Giungo nel momento a Ventimiglia per segnalare che la flotta francese che era uscita da Tolone il 26 tenevasi sempre in vista dei sémaphores, e questa mattina, domenica, alle ore 9, era ancora in vista d'Hyères quando l'avviso « Passepartout » proveniente da Civitavecchia rimise all'ammiraglio un piego dietro il quale la flotta ha preso definitivamente il largo nella direzione di Civitavecchia. Il « Passepartout >> è attualmente a Villafranca. Questa sera molti fanali sono passati in vista di Nizza e credesi essere la flotta. Attendo da V. E. una risposta prima di ripartire per Nizza ore 7 pel caso in cui mi dovesse dare degli ordini.

413

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 392. Firenze, 28 ottobre 1867, ore 11.

Vu l'état d'excitation de l'opinion publique impossible de ne pas franchir la frontière pontificale, si troupes françaises débarquent à Civitavecchia. Nous n'occuperons pour le moment que les points près de la frontière, où il sera plus facile de recueillir les débris des bandes des insurgés, pour les faire rentrer et les désarmer. Les instructions données sont formelles pour que nos troupes évitent les points occupés par les pontificaux et par les français, afin de prévénir toute complication. Ordre de faire respecter les autorités pontificales. Notre intervention est réclamée par les populations qui sont maintenant à la merci d'hommes sinistres, échappés des prisons. Nous désirons que l'Empereur

propose lui-meme un moyen pour terminer la question romaine, afin d'accélérer une détermination. Dans ce but, le général La Marmora partira probablement ce soir pour Paris.

(l) Ed. in Ori{lines diplomatiques, vol. XIX, p. 113.

414

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (l)

T. Firenze, 28 ottobre 1867 (2).

Je pense que Votre Majesté aura déjà lu ma proclamation d'hier (3) dont f>ans doute Elle sera satisfaite. Dans l'état actuel de l'opinion en Italie il me serait impossible sans courir les plus grands dangers, de renoncer à entrer sur le territoire romain si les troupes de Votre Majesté débarquent à Civitavecchia. D'après les ordres que j'ai donné à mes troupes et pourvu que Votre Majesté le veuille bien les complications qu'Elle rédoute ne sont nullement à craindre. Je doute que Garibaldi puisse si facilement entrer à Rome. En tous cas, soit qu'on occupe ou qu'on n'occupe pas, tout pourrait bientòt s'arranger si Votre Majesté nous faisait une proposition pour régler l'affaire des romains.

415

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (4)

T. Saint Cloud, 28 ottobre 1867, ore 17.

La proclamation de Votre Majesté peut donner lieu à des fausses interprétations. Il n'y a que la réunion des puissances qui puisse aujourd'hui résoudre la questJion romaine. Je ne puis m'empecher d'insister auprès de Votre Majesté pour lui signaler les dangers d'une double intervention. Je pense comme vous qu'il faut éviter un conflit entre nos deux armées.

416

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

'T. 714. Parigi, 28 ottobre 1867, ore 17,30 (per. ore 21,35).

J'ai envoyé à Saint Cloud, où se trouve en ce moment marquis de Moustier. le contenu de votre télégramme de ce matin (5). Je vous confirme mon

p. -2e5 r In DE CESARE, p. 644.

télégramme de cette nuit (1). La composition de la nouvelle administration est jugée ici favorablement. La présence du général La Marmora à Paris sera. je l'espère, très-utile.

(l) -Da ACR, ed. in Lettere Vtttorio Emanuele Il, vol. Il, p. 1252 e in italiano in Mmo, p. 285 e In DE CESARE, p. 643. (2) -Privo d! ora di partenza; si Inserisce qui perché ad esso risponde il n. 415.

(3) Ed. nella. Gazzetta Ufficiale.

(4) -Da ACR, ed. In Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, pp. 1252-1253 e In Italiano In MrKo, (5) -Cìr. n. 413.
417

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 713. Londra, 28 ottobre 1867, ore ... (per. ore 20,25).

Lord Stanley qui m'a lu une longue dépéche chitrrée du ministre anglais à Florence, après avoir entendu ce que V. E. m'a télégraphié (2), m'a répondu qu'il craint qu'il ne soit trop tard pour empécher débarquement, mais que certainement il va s'employer de son mieux pour empécher que passage de nos troupes soit considéré comme casus belli, et pour amener le Gouvernement français à des dispositions conciliantes. Les hésitations de la semaine passée nous fait perdre beaucoup dans l'opinion publique (3).

418

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 717. Parigi, 28 ottobre 1867, ore ... (per. ore 2 del 29).

Proclamation du Roi a été généralement bien accueillie. Seulement Empereur m'a envoyé son secréta,ire particulier pour me faire .remarquer les phrases relatives au vote du Parlement et à l'Italie entière. J'ai répondu qu'il fallait faciliter tàche du nouveau Ministère qui devait inspirer une grande conftance, et qui avait fait et feralt tout ce qui était possible. Au conseil des

Non devo celare a V. E. che nella settimana ora scorsa noi abbiamo molto perso terreno nell'opinione pubblica. che regolata dalla stampa cl accusa di inerzia. di titubanza e peggio. Non si sa capire perché Garibaldi imprigionato e divenuto libero non slasi potuto fermare. E questo cercasi spiegare con ragioni varie. Qualunque decisione, purché indicante un sistema. se eseguita con fermezza .; prderibile ad un simile stato di cose».

ministres aujourd'hui oa a été très préoccupés de votre télégramme, dont j'ai envoyé le contenu au marquis de Moustier, annonçant que nos troupes auraient franchi la frontière (l). Je crois que l'Espagne s'est offerte d'intervenir elle aussi. J'ai annoncé l'arrivée du général La Marmora. Je suis bien aise de partager avec lui la lourde responsabilité de ces moments.

(l) -Cfr. n. 407, (2) -Cfr. n, 410. (3) -Si pubbllcano qui due brani del r. confidenziale 825/315, pari data di D"Azegllo: << Lord Stanley mi parve preoccuparRi rr.olto di questa crisi. Disse che quantunque fosse di parere.che la Francia non si sia regolata bene verso noi in questa circostanza. egli però doveva ammettere che la credeva sinceramente bramosa di non adottare idee estreme contro quell"Italla alla formazione della quale e~sa ~veva sì potentemente contribuito ...
419

VITTORIO EMANUELE II AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (2)

L. P. Firenze, 28 ottobre 1867.

Le mando qui compiegato il dispaccio dell'imperatore (3). Domani bisogna occupare territorio con ordini ben precisi dati alle nostre truppe poiché vedo che egli non rinunzia all'intervenzione.

Parla di riunione di tutte le Potenze, pare seccato che abbiamo parlato della Francia sola, ora mi ricordo che mi aveva scritto per telegrafo di non pubblicare sua frase sui Romani (4). L'ultima frase del dispaccio va bene. Ciò Le servirà per parlarne con La Marmora.

420

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE LA MARMORA

L. Firenze, 28 ottobre 1867.

La E. V. non ignora come in seguito all'ingresso delle bande Garibaldine nel territorio pontificio, fatto con violazione di patti internazionali e delle leggi dello Stato, l'Imperatore de' Francesi abbia dato ordine alle sue truppe di sbarcare a Civitavecchia, e all'uopo occupare Roma.

Per effetto di una tale determinazione le condizioni della Convenzione di Settembre 1864 vengono ad essere sostanzialmente mutate, e noi abbiamo ricuperato la stessa libertà d'azione che il Governo Francese per se medesimo reclama e si attribuisce.

(-4) Cfr. n. 376.

In conseguenza il Ministero ha deliberato che se lo sbarco delle truppe francesi avesse effettivamente luogo le nostre truppe debbano ugualmente v,a,rcare la frontiera. Questa misura ci vien dettata non solo dalle esigenze del sentimento nazionale oltremodo eccitato, e che, altrimenti noi facendo, si sentirebbe gravemente offeso, ma ancora dal desiderio di concorrere da parte nostra al ristabilimento dell'ordine e della quiete nelle finitime province pontificie.

Nel dar ordine alle RR. truppe di varcare la frontiera non siamo mossi da alcuna intenzione ostile né contro le truppe francesi né contro le pontificie. Le istruzioni che abbiamo date prescrivono formalmente che sia rispettata l'autorità del Governo pontificio e che sia in pari tempo evitato tutto ciò che possa dar luogo al menomo conflitto, sicché se istruzioni analoghe saranno dal Governo Imperiale impartite alle truppe francesi non è a temere che sorgano complicazioni di sorta dalla loro simultanea presenza nel territorio della Santa Sede.

Non pertanto noi siamo di avviso che una tale delicatissima situazione non debba essere a lungo protratta, e stimiamo necessario che qualche provvedimento venga preso dalle due potenze nello scopo di regolare definitivamente la quistione de' Romani. Epperciò sapendo come l'E. V. sia sempre pronta a prestarsi pel pubblico bene e com'Ella sia, meglio che ogni altro informata di tutte le particolarità che si riferiscono alla Convenzione di Settembre, invito l'E. V. a nome del Re e del Ministero a volere assumersi l'incarico di recarsi senza indugio a Parigi, per conferire in proposito con S. M. l'Imperatore, il quale ha avuto sempre una particolare deferenza verso di Lei, ed aggiusterà quindi piena fede a quanto Ella sarà per dirle da parte del Governo del Re.

Se, come mi lusingo, l'E. V. accetterà un simile incarico, potrà far valere presso la Maestà Sua le ragioni dianzi esposte che giustificano la nostra determinazione. ed insisterà ad un tempo perché si addivenga ad un definitivo componimento della quistione Romana.

Credo inutile dover entrare con V. E. in magg'iori spiegazioni sull'oggetto della sua missione. Bramo soltanto farle avvertire che noi preferiremmo trattare la quistione con la Francia sola; ma se ciò non fosse possibile ottenere noi non potremmo consentire che essa fosse sottoposta alla deliberazione di potenze puramente cattoliche. L'E. V. farà notare al Gabinetto Imperiale che la quistione Romana, va considerata sotto un aspetto più vasto e complicato, che essa è una quistione di ordine, di equilibrio europeo, e però non potrebbe essere risoluta in modo stabile e soddisfacente se non mediante il concorso delle Grandi Potenze. Noi potremmo quindi assentir solo alla riunione di una Conferenza analoga a quelle che si tennero altre volte fra i rappresentanti delle Grandi Potenze per deliberare sopra quistioni di generale interesse. Le ripeto però che noi desidereremmo che la quistione Romana venisse trattata semplicemente fra noi e la Francia.

Ad ogni modo ripongo nell'E. V. piena ed intiera fiducia ed aspetterò che Ella mi faccia conoscere il risultato de' primi passi che sarà per fare.

(l) -Cfr. n. 413. (2) -Da ACR. (3) -Cfr. n. 415.
421

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 549. Parigi, 28 ottobre 1867 (per. il 31).

Jeri sera tardi ho ricevuto il telegramma (l) con cui l'E. V. m'annunzia la formazione del nuovo Gabinetto, e m'avverte nel tempo stesso che se le truppe Francesi sbarcano a Civitavecchia, il Governo del Re sarebbe nella necessità di dare l'ordine alle RR. truppe d'oltrepassare la frontiera nel solo scopo di mantenervi l'ordine e la tranquillità. L'E. V. aggiungeva nel telegramma che le RR. truppe riceverebbero in questo caso gli ordini i più formali di evitare ogni collisione colle truppe Francesi e colle Pontificie. Secondo le istruzioni contenute in questo telegramma, ed attesa l'urgenza degli eventi, mi recai nella sera stessa a Saint Cloud, dove sapeva che si trovavano i Ministri riuniti in Consiglio sotto la presidenza dell'Imperatore. Informato del mio arrivo, l'Imperatore mi ricevette subito ed io esposi a Sua Maestà il contenuto del telegramma di V. E.

Sua Maestà l'Imperatore mi rispose che non poteva darmi l'assicurazione che l'entrata delle truppe Italiane sul territorio pontificio non darebbe occasione ad un conflitto e non provocherebbe tosto o tardi un casus belli.

Ho però saputo in via confidenziale che il Generale De Failly aveva avuto l'istruzione secreta di evitare una collisione colle RR. truppe se queste non si trovassero sulla strada che devono percorrere le truppe Imperiali, le quali devono sbarcare a Civitavecchia e di là dirigersi verso Roma.

L'Imperatore si è mostrato molto preoccupato del pericolo di una collisione che potrebbe nascere per accidenti imprevisti fra le truppe italiane e francesi, o fra le truppe pontificie e italiane se queste varcando la frontiera si trovino condotte verso località occupate o frequentate da truppe francesi o pontificie. lo osservai che sarebbe forse stato il caso di indicare alcuni punti da occuparsi dalle truppe italiane. Ma l'Imperatore non consentì ad entrare in quest'ordine di idee, perché vuole evitare ogni compromesso che possa far supporre che egli ha consentito ad un'occupazione mista alla quale il Papa protestò sempre e protesta di non poter consentire.

Al mio ritorno da Saint Cloud mi aft'rettai a far conoscere all'E. V. la risposta dell'Imperatore con un telegramma spedito nella notte (2).

Oggi poi ho spedito al Marchese di Moustier a Saint Cloud ove era di nuovo riunito il Consiglio dei Ministri, il contenuto dell'altro telegramma che ho ricevuto oggi verso il tocco (3) e con cui l'E. V. m'informava che in presenza della eccitazione dell'opinione pubblica in Italia era impossibile che le truppe italiane non oltrepassassero la frontiera pontificia se le truppe francesi sbarcavano a Civitavecchia; che le truppe italiane occuperebbero per ora solamente i punti vicini alla frontiera dove sarebbe più facile di raccogliere gli avanzi delle bande insorte per farle rientrare sul territorio italiano e disarmarle; che sarebbero dati alle nostre truppe ordini formali, affinché evitassero i punti occupati dai soldati fran

cesi e dai pontificii, nello scopo d'impedire ogni collisione; ed affinché facessero rispettare le Autorità pontificie; che l'intervento delle nostre truppe era reclamato dalle popolazioni minacciate dalla presenza d'uomini pericolosi; che finalmente il Governo del Re desiderava che l'Imperatore stesso proponesse un mezzo di risolvere la questione Romana, e che per accelerare una risoluzione in questo scopo, il Governo del Re inviava in missione speciale l'onorevole Generale La Marmora.

A questa comunicazione non mi fu data finora alcuna risposta.

Nel rispondere ai telegrammi di V. E., e scrivendo anche direttamente a S. M. il Re, io presi la libertà di esporre il mio modo di vedere sulla condotta che a me sarebbe parsa la migliore in questa grave circostanza. A mio avviso, gtacché l'occupazione francese non si è evitata il Governo del Re avrebbe potuto protestare contro la violazione del principio del non intervento, pigld.are atto della rottura del1a Convenzione del 15 Settembre, astenersi dall'intervenire sul territorio Pontificio, ed aspettare con calma che gli eventi forniscano all'Italia un'opportunità sicura di risolvere la questione Romana nel senso delle sue aspirazioni e colla certezza di poterlo fare senza andare incontro ad una guerra rovinosa. Io ho la convinzione che quest'opportunità verrà immancabilmente e non si farà lungamente aspettare. Ora io temo due pericoli, cioè un conflitto disuguale fra l'Italia e la Francia; ed una soluzione della questione Romana incompleta, non accetta a nessuno, non soddisfacente ai voti dell'Italia, dettata sotto l'impero di circostanze sfavorevoli a noi, sotto l'influenza di una opinione Europea ostile ai principii di libertà e di nazionalità. Questi pericoli esistono ora entrambi. Il conflitto colla Francia può nascere dallo scontro fortuito od anche non fortuito di due pattuglie. So positivamente che il Governo Francese quando prese la determinazione della spedizione, previde il caso di guerra e prese misure e deliberazioni in proposito. Non è impossibile, da quanto ho potuto raccogliere che il Governo Francese si sia assicurato il concorso della Spagna, che sarebbe pronta, dicesi, in caso di guerra a fare una spedizione di 40 mila uomini sulle coste Pontificie o Napoletane. Non è nemmeno improbabile che in questo momento si tenti l'animo dell'Imperatore d'Austria pel caso in cui la guerra si estendesse alla Germania. Il risultato di una tal guerra potrebbe essere funesto alla Francia, ma sarebbe in questo momento senza dubbio esiziale per noi. Quanto al pericolo di una cattiva soluzione della questione Romana esso mi pare egualmente evidente, se si fa in questo momento. Le vie rivoluzionarie tentate da Garibaldi sono troppo detestate dalle monarchie Europee perché in un Congresso non si pensi piuttosto a frenare la rivoluzione, e rinforzare il principio di autorità, che non a soddisfare le aspirazioni della nazione Italiana. Aspettando prudentemente che lo stato attuale dell'opinione Europea si modifichi e che si muti la bilancia delle forze dei varii Stati, attendendo opportunità ed eventi inevitabili questi due pericoli svanirebbero, o almeno diminuirebbero d'assai. La soluzione della questione Romana s'otterrebbe più completa e la guerra non ci sarebbe, o avrebbe probabilità di riuscita a noi più favorevole.

Sottometto queste osservazioni all'esame ed all'assennato giudizio dell'E. V., che trovandosi più vicina che io non sia agli eventi ed in presenza di difficoltà che io di qui non posso apprezzare in tutta la loro estensione, può sola giudicare fino a qual punto possano esse venir prese in considerazione.

Non chiuderò questo dispaccio senza notare come la notizia della composizione del nuovo Gabinetto e la proclamazione di S.M. il Re siano state qui generalmente accolte con plauso e con soddisfazione.

(l) -Cfr. n. 408. (2) -T. 712. r.on JJUbblicato (3) -Cfr. n. 413.
422

L'ONOREVOLE VISCONTI VENOSTA AL FRATELLO GIOVANNI (l)

L. P. Firenze, 28 ottobre 1867.

Respiro! Fui chiamato per essere consultato sulla situazione. Pareri sin che ne vogliono: scrivendoti due righe stasera non ho il tempo di narrarti tutti i pasticci e gli indegni imbrogli della politica rattazziana agli ultimi tempi. Ora c'è un Governo costituito, benché alquanto debolmente in vista della situazione parlamentare. Ecco quello che si propongono di fare. Sbarcati i francesi le nostre truppe entreranno come una dimostrazione d'equilibrio, una riserva di diritto, dal momento che l'intervento francese muta le condizioni previste dalla Convenzione. Ma in che imbarazzi potremo trovarci una volta dentro fra i Francesi e i Garibaldini te Io lascio immaginare. Anzi è difficile immaginarlo tanti sono i casi diversi che in pratica si possono presentare. Però confesso che, allo stato delle cose, è difficile non entrare. Ma è una parata, è la politica dell'intervento misto praticata, per colpa delle condizioni a cui fummo ridotti, senza autorità, per tolleranza e senza una influenza sull'andamento delle cose. Nel tempo stesso Menabrea vuoi aprire negoziati per una soluzione della Quistione Romana. Qui non sono punto d'accordo. Trattare in peggiori circostanze delle presenti è impossibile, impegnarsi volontariamente in una negoziazione è la rinuncia a Roma. Credo invece che l'obbiettivo della politica italiana debba essere il ritorno puro e semplice alla Convenzione e che il nostro sforzo debba essere di mandare a monte la Conferenza progettata. Ho detto chiaramente il mio avviso. La Marmora parte stasera per Parigi per regolare la faccenda della nostra entrata. All'interno si vuole governare con energia, con disciplina, rialzare il Governo. In ciò sono a pieno d'accordo. Vigore contro il disordine. Il Governo autorevole e padrone della situazione, non transazioni colla piazza, ma non reazione né pei principii, né pel programma nazionale. Ecco, a mio avviso, il programma.

Ma a che mal punto siamo stati condotti! Si parlava di guerra alla Francia, e l'esercito non si era nulla preparato, né armi né cosa alcuna. Io par1lirò domani o domani l'altro (2).

Preparare il terrene con una politica conciliante, senza sacrificio delle idee llberali, porreal coperto la responsf,bllltà c\ei Governo italiano e assistere la inevitabile e graduale decomposizione del Governo temporale, questa era la politica della Convenzione. S'è voluto invece adoperare l soli mezzi che non potevano riuscire, s'è voluto creare precisamente quella situazione che, è d'uopo confessarlo, a Napoleone doveva parere più incompatibile».

(l) -Da AVV. (2) -Il 24 ottobre in una lettera a Mlnghettl (BCB, Carte Mlnghettl). Visconti Venosta aveva scritto: «Puoi immaginarti con che cuore ho seguito la politica italiana In questo tempo, tanto più che sino dal primi giorni mi fu Impossibile presagire nulla di bene dalla iniziativa garibaldina. Quando il proprio paese fa la triste figura eh eora ha fatto, Il rammarico che; se ne prova è superiore a qualunque considerazione di partito e, al pal'i di me, avrai sentito nell'animo l'otl'esa e l'mgiurla dell'attitudine presa verso noi dalla Francia. Ma quello che avvenne che cosa prova? Prova nuovamente la inefficacia e Il danno della politica radicale, delle politica di sinistra nella qulstlone romana.
423

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A MADRID, CORTI

T. 395. Firenze, 29 ottobre 1867, ore 15,40.

Le ministre du Roi à Paris m'a télégraphié qu'il croit que l'Espagne s'est offerte d'intervenir elle aussi à Rome (1). Veuillez me renseigner exactement et tachez de savoir si l'on fait quelques armements dans les ports espagnols (2).

424

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 722. Pietroburgo, 29 ottobre 1867, ore 16,15 (per. ore 21,35).

Gortchakow me charge de faire savoir à V. E. que malgré les efforts du baron de Beust pour détourner l'Empereur Napoléon de s'associer à la déclaration des Puissances concernant les affaires de Grèce, la France maintient sa première acc·eptation à laquelle nous avons adhéré a1insi que la Prusse. Le Gouvernement autrichien présentera probablement document en quelque partie différent de la déclaration russe modifiée d'accord avec la France dans le but caché de se séparer de l'action combinée des quatre Puissances.

425

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 826/316. Londra, 29 ottobre 1867 (per. il 2 novembre).

*Sono stato da Lord Stanley siccome ne eravamo convenuti, ed egli mi disse aver ricevuto notizie da Parigi portanti che il Cavalier Nigra avendo fatto palese all'Imperatore l'intenzione in cui eravamo di far passare alle nostre truppe il confine Pontificio additandone i motivi, non aveva sembrato opporvisi, limitandosi ad esprimere la speranza che non fossero per succedere incontri fra le nostre truppe e le truppe francesi.

Inoltre il linguaggio del Marchese di Moustier sarebbe stato analogo *(3) a quanto stampossi dai giornali Ministeriali di Parigi, ed *alla Circolare Ministeriale, manifestando per parte del Governo Francese l'essersi ordinata la spedizione a malincuore, e puramente per evitare inconvenienti maggiori, ma

(ll Cfr. n. 418.

non con intenzioni ostili al Governo i':.nJiano *. Alludendo anzi al ritiraì:si dei Francesi quando le cose si fossero sistemate nello stato Pontificio.

Lord Stanley mi disse che al postutto non era ben certo se non aveva modificato le prime viste espressemi, e se non fosse miglior partito che i Francesi occupassero Roma per il momento. Egli non mi celò l'opinione (non dirò speranza) che fossimo per ritenere in modo permanente quanto ora occuperessimo

pro tempore.

Ed io ampliai il tema, quanta ragione avesse Sua Maestà nel mostrarsi sempre fedele al dividere col suo popolo le aspirazioni nazionali, e desideroso fino all'estremo di compiere quell'opera alla quale aveva dedicato il suo regno, non potendosi supporre visto l'esiguità del territorio da acquistarsi, che fosse ambizione altra che patriottica che lo movesse.

Lord Stanley al quale posi direttamente la questione, mi disse che aveva dato per istruzioni a Lord Lyons d'interporsi ove le cose fossero andate a male. Ma che non si facesse ad entoncer delle porte aperte, e pare che i due dispacci si siano incrociati per istrada.

(2) -Cfr. n. 430. (3) -1 brani fra asterischi sono editi, con data 29 ottobre, in LV 13, p. 42.
426

VITTORIO EMANUELE II AL MARCHESE PEPOLI (l)

T. [Firenze], 30 ottobre 1867, ore 3,45.

Ricevetti il suo rapporto (2). La ringrazio. Il Governo desiderando di far conoscere all'imperatore dei Francesi nuova posizione del paese che è allarmante, fa partire generale La Marmora.

Ella vada dall'imperatore oggi o domani. Gli dica sulla mia parola che, se i Francesi sbarcano, noi occupando parte del territorio pontificio, questa occupazione non sarà che occupazione politica e che gli do parola che nessuna complicazione e sconcerto potrà accadere tra i Francesi e noi in seguito agli ordini che ho dati e che io sono nella impossibilità fare altrimenti per la gran concitazione animi. Torino già insorge, Napoli minaccia (3); chiamo truppe sotto le armi perché Parlamento ce le aveva tolte e non si poteva reprimere. Oggi saranno sciolti comitati. Preghi imperatore credere alla mia buona fede ed amicizia per lui, ma che ponderi mia posizione. Gli dica che se le bande di Garibaldini sono respinte, noi le disarmeremo. Imperatore mi dica subito come si deve fare combinare congresso. Mi pare che città Savona sarebbe conveniente per congresso e che più presto si farà, sarà meglio per tutti e due. Lei mi scriva qualche cosa per telegrafo e poi parta per venirmi a trovare con ultime notizie. Ho bisogno averla qua, ove sua presenza necessaria in questi momenti difficili.

<< con rninacce >>.

]~ --Doc-umenti cUplomatici -Serle I -Vol. lX

(l) -Da ACR, minuta, ed. in Lettere Vittorio Emanuele 11, vol. II, pp. 1253-1254 e in MASSARI, Vita di Vittorio Emanuele Il, p. 309. (2) -Cfi·. n. 411. (3) -La minuta ccnservata in ACR termina qui; al posto d! «Napoli minaccia, si legge
427

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 396. Firenze, 30 ottobre 1867, ore 16,30.

Ensuite * de la déclaration du M oniteur et ''' de la nouvelle de l'arrivée d'un corps expéditionnaire français à Civitavecchia le Gouvernement du Roi vient de donner l'ordre à ses troupes de franchir la frontière. Le ministre de la guerre envoie un otncier d'état-major à Civitavecchia auprès du général en chef français avec mission de lui communiquer les instructions données à nos troupes pour éviter toute complication et se concerter, au besoin, avec lui dans ce but. Nous espérons que nos déclarations y trouveront l'accueil que nous désirons dans l'intérét des deux pays. Vous savez déjà que nos troupes doivent se borner à occuper * actuellement * les points près de la frontière pour concourir au maintien de l'ordre et de la tranquillité. Elles ont reçu les instructions les plus formelles de respecter partout les autorités pontificales, et en leur absence les municlpalités telles qu'elles sont constituées.

428

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 397. Firenze, 30 ottobre 1867, ore 16,30.

(Comme à Paris n. 396 (2), jusqu'au mot «frontière ~).

Veuillez remercier le prince de Gortchakoff (le comte de Bismarck, lord Stanley) des démarches qu'il a faites à Paris, et lui dire que nous espérons qu'elles réussiront à empécher que de la présence simultanée des troupes françaises et italiennes sur le territoire pontificai il en résulte des complications compromettantes pour la paix de l'Europe.

429

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 727. Parigi, 30 ottobre 1867, ore 20,45 (per. ore 22,25).

J'ai déjà prévenu Empereur et son Gouvernement de l'entrée de nos troupes dans le territoire pontificai. Gouvernement impérial est très préoccupé d'une

p. -551.

protestation inévitable du Pape et du danger d'un conflit avec les troupes impériales. Je vous répète que je sais que le général Failly a reçu instruction secrète d'éviter collision avec les troupes royales. Je communiquerai demain matin pour toute bonne fin votre télégramme (l) à Rouher.

(l) -Ed.. ad eccezione delle parole fra asterischi, in Livre jaune n. 10, p. 103, in Origines diplomatiques. vol. XIX. pp. 131-1:'2; In italiano In LV 13, p. 36 e in tedesco in BASTGEN, vol. II. (2) -Cfr. n. 427.
430

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 398. Firenze, 30 ottobre 1867, ore 22,15.

Le général La Marmora part ce soir pour Paris en passant par Munich où il s'arrètera quelques heures. Le comte Corti me télégraphie (2) que l'Espagne avait fait à la France, pour la protection du Saint-Père, des offres de coopération qui ont été refusées. On assure qu'il n'y a pas d'armement dans les ports espagnols. Je désire qu'il en soit ainsi, car l'intervention dans les Etats pontiftcaux d'une Puissance autre que la France devrait ètre considérée par nous camme un casus belli

431

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO (3)

CIRCOLARE 49. Firenze, 30 ottobre 1867.

La Convenzione conchiusa fra il Governo del Re e quello di S. M. l'Imperatore dei Francesi il 15 Settembre 1864, da un lato stipulava lo sgombro delle truppe francesi dal territorio pontificio, ma imponeva dall'altro all'Italia obblighi oltremodo gravi e di difflcil1ssima esecuzione. Noi ne assumemmo non pertanto il carico col proposito sincero e deliberato di fare tutti i nostri sforzi per mantenerne la osservanza.

Se in dispregio delle leggi e malgrado le ripetute dichiarazioni del Governo del Re, parecchie schiere di volontari riuscirono a penetrare nelle vicine provincie pontificie, schivando la sorveglianza delle RR. milizie poste a guardia del confine, ognuno che conosce la pastura del terreno, il grande sviluppo dei limiti da sorvegliare e tenga conto del diritto che ad ognuno spetta di muoversi e viaggiare a suo talento, si renderà ragione della impossibilità assoluta in cui era il Corpo di osservazione preposto alla vigilanza della frontiera di impedire con efflcacia fatti di simigliante natura.

Queste difflcoltà, Signor ..... , non !sfuggirono certamente alla penetrazione

ed all'accorgimento delle alte parti contraenti allorché esse sottoscrissero la

(11 Cfr. n. 427.

(-2) T. 724, pari data, non pubblicato.

Convenzione di Settembre. Ognuno ricorda infatti come il termine prefisso alla

esecuzione di tale Convenzione fosse stato appunto stabilito nella speranza che

si potesse nel frattempo operare una conciliazione fra la Santa Sede ed il Regno

d'Italia, o almeno che si fosse potuto giungere, fra i due Governi limitrofi, ad

un modus vivendi che rendesse compatibili i loro vicendevoli rapporti. Questa

speranza, fa d'uopo ormai confessarlo, è riuscita vana. Non è già che il Governo

del Re non siasi adoperato a fare dal canto suo quanto era in lui, per rag

giungere siffatto scopo; ma esso incontrò sempre nella Santa Sede, resistenza

e persino acerbe censure per aver promulgato leggi che già sono da lungo

tempo applicate in altri paesi cattolici.

Non può quindi recar meraviglia che una crisi, che noi deploriamo, dovesse

prodursi.

Il Governo di S. M. l'Imperatore dei Francesi, in un documento pubblicato

dal Moniteur, ha dichiarato per bocca del Ministro Imperiale degli Affari

Esteri che l'intervento delle truppe francesi nel territorio della Santa Sede

non aveva alcuno scopo ostile verso l'Italia, e che esso non intendeva in

verun modo rinnovare una occupazione di cui si misurava tutta la gravità.

Mentre il Governo del Re apprezza altamente la importanza di cosifatte

dichiarazioni, non giunge però a persuadersi che le circostanze presenti richie

dessero un tale atto.

Il Governo Imperiale non può non riconoscere come la Convenzione del 15 settembre 1864 fosse conchiusa nello scopo pr;incipalissimo di riporre lo Stato della Santa Sede nelle condiz,ioni comuni a tutti gli altri Principati che debbono da per loro stessi provvedere alla propria sicurezza. Potrebbesi invero mettere in dubbio che non sempre sia stato su questo riguardo osservato lo spirito della Convenzione, ma, checché ne sia, le truppe assoldate dal Governo Pontificio mostrarono di bastare a difendere la loro bandiera e di corrispondere quindi allo scopo che loro era stato assegnato.

Il Governo Imperiale di Francia, malgrado le nostre osservazioni in contrario e malgrado le nostre ripetute proteste, ha pensato altrimenti ed ha deciso d'intervenire.

Le nostre recenti e formali dichiara2lioni di voler adoperarci ad impedire, per quanto era in noi, la invasione di bande di volontari nel vicino territorio della Santa Sede, dichiarazioni che abbiamo mandato ad effetto, non sono valse disgraziatamente a rimuoverlo da un passo di tanta gravità. È inutile che io le dica, Signor ..... che noi ne siamo sinceramente addolorati.

Un simile atto ha profondamente commosso la pubblica opinione e se le popolazioni non trascorsero a gravi fatti, egli è perché la maggioranza assennata della Nazione è usa a fidare nel Governo di un Re leale che ha saputo e saprà tutelare il suo onore a costo di qualsiasi sacrificio. Nell'intento di provvedervi e consultando soltanto la propria dignità ed i propri interessi il Governo del Re ha dovuto quindi assumere la grande responsabilità di ordinare alle RR. truppe di varcare il confine pontificio.

Questa determinazione non può essere in verun modo considerata dalla Francia come un atto ostile. Occupando alcuni punti di quel territorio le RR. truppe hanno formale istruzione di adoperarsi a rassicurare gli animi ed a ricondurre la calma nelle

commosse popolazioni, che da ogni lato si rivolgono al Governo per chiedere la sua protezione. Esse hanno ordine di rispettare dovunque le autorità ed i Municipi costituiti e di condursi in guisa da evitare un conflitto che possa far nascere ulteriori complicazioni.

Pel fatto dell'intervento delle truppe imperiali di Francia essendosi alterate le condizioni della Convenzione di Settembre, il Governo del Re era in obbligo di tutelare il suo diritto ponendosi in eguale condizione dell'altra pa.rte contraente per poter imprendere, in pari situazione, nuovi negoziati.

Noi facciamo dal canto nostro voti sinceri perché essi riescano ad una soluzione definitiva, che dando legittima soddisfazione alle aspirazioni nazionali, garantisca nel tempo stesso il decoro e !\indipendenza necessaria al Sommo Gerarca per l'esercizio della sua Divina missione.

(3) -Ed. in LV 13, pp. 37-38 e in francese in Livre jaune n. 10, pp. 105-107 e !n BASTGEN, \'01. li. pp. 549-551.
432

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

R. COXFIDENZIALE 93. Berlino, 30 ottobre 1867 (per. il 6 novembre).

Il telegramma che l'E. V. mi aveva fatto l'onore di indirizzarmi il 27 corrente (2) mi pervenne l'altro jeri, ed il giorno medesimo il Conte di Bismarck ebbe la bontà di ricevermi.

Dopo avere annunciato a S. E. la formazione del nuovo Gabinetto, esposi la situazione nella quale si trovava il Governo del Re, in presenza della prossima spedizione francese e del sentimento nazionale italiano sì vivamente eccitato, la sua risoluzione di far passare la frontiera alle forze regie, lo scopo che si proponeva nel prendere tale decisione e gli ordini che in conseguenza riceverebbero le truppe; terminai facendo appello ai buoni ufficii del Gabinetto Prussiano, onde ottenere che consigli di prudenza prevalessero presso l'Imperatore Napoleone, ed un conflitto funesto alle due Potenze non venisse a ritardare la soluzione della questione Romana, che sta nei voti del Governo del Re.

Dopo avermi ripetuto in parte quanto io aveva già riferito nel mio dispaccio della Serie politica, n. 83 (3), circa i riguardi che questo Governo ha un grande interesse di usare verso la numerosa popolazione cattolica soggetta al Re Guglielmo, il Conte di Bismarck mi fece osservare che i suoi buoni umcii, praticati direttamente a Parigi, benché pienamente disinteressati, avrebbero forse nociuto ai nostri interessi, tanta è la suscettibilità che regna fra i due Governi, e questo Gabinetto avendo da parte sua sì chiaramente dimostrato di non volere ammettere veruna ingerenza estera nelle cose di Germania.

Egli però aggiungeva che ben'altra era la cosa, qualora nello svolgersi degli eventi la quistione cessasse di essere per così dire un affare di confessionale, per entrare nel campo politico europeo. «Qualora la guerra venisse portata nel vostro Stato, le altre Potenze dovranno esaminare se convenga loro di ammet

tere che la Francia stabilisca in certa guisa il suo dominio al di là delle Alpi. Questa eventualità è prevista nelle istruzioni che ho impartite agli Agenti prussiani a Firenze, Parigi, Londra e San Pietroburgo. Il Governo inglese ha fatto esprimere chiaramente a Parigi che vedeva con rincrescimento un nuovo intervento francese a Roma. Io stimo che la Francia eviterà un conflitto, del quale essa medesima non può misurare le conseguenze». «Ma, soggiunsi, affinché questa attitudine della Prussia contribuisca a prevenire gravi complicazioni e giovi al mantenimento della pace, converrebbe che il Governo francese la conoscesse in guisa da non serbare dubbio in proposito». «Quanto a ciò, rispose S. E., vi dirò che l'Imperatore Napoleone personalmente conosce questa parte delle istruzioni del Conte d'Usedom, e quindi sa che cii.etro i consigli dell'Inghilterra sta la Prussia. Io spero in una soluzione pacifica. Credo, non per informazioni avute ma direi quasi per intuizione, che le truppe francesi ed italiane occuperanno una parte del territorio romano, e che allora si riconoscerà che il solo modo pratico di evitare gravi pericoli, si è quello dei negoziati. La Francia non può mandare in Italia tanta forza quanta raccontano i giornali: essa non vuole indebolire le sue vedette sul Reno. E quale alleato troverebbe nella sua impresa? L'Imperatore d'Austria ed il suo Governo, condotti dal Barone di Beust, sono entrati in una via sicura, che sarebbe pericoloso per loro l'abbandonare in favore della Santa Sede. Non parliamo dell'Inghilterra e della Russia, la quale è già

tutt'altro che d'accordo colla Francia in Oriente. Ripeto che l'insieme della situazione mi pare dia luogo a sperare che non avremo a deplorare un conflitto'>.

Ringraziai delle sue parole il Conte di Bismarck il quale aggiunse: <<Non ho l'onore di conoscere l'uomo di Stato cui il Vostro Sovrano ha affidato la dlrezione del Governo in momenti cosi gravi e solenni per l'Italia, ma d1te vi prego al Generale Menabrea che da parte mia nutro la fiducia che i nostri rapporti saranno amichevoli e che i due Gabinetti manterranno un buon accordo fra loro».

Dopo aver telegrafato il sunto della mia conversazione all'E. V. (1), avrei voluto avere una occasione sicura per trasmettere questo dispaccio a Firenze. Tale occasione non presentandosi, lo metto alla posta, indicando sull'indirizzo la via di Svizzera e Magadino, onde evitar il territorio austriaco e francese.

(l) -In LV 13 è edito un estratk di questo rapporto profondamente modificato. (2) -Cfr. n. 410. (3) -Cfr. n. 324.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 54. Costantinopoli, 30 ottobre 1867 (per. il 7 novembre).

A tenore delle istruzioni datemi col telegramma del 19 corrente (2), cui risposi con quello del 21 (3), feci ieri la comunicazione alla Sublime Porta, qual fu concertata tra la Francia e la Russia, cui si collegò pure la Prussia, dietro

quanto m'aveva precedentemente detto il Conte Brassier de Saint Simon in seguito ad ordini ricevuti in proposito.

Il dì prima io aveva veduto il Signor Bourée, giunto appunto il giorno antecedente a Costantinopoli, cui parlai senz'altro su questa faccenda. Egli mi disse che aveva benissimo per istruzione di fare la comunicazione sovraccennata alla Sublime Porta, ma che credeva che il testo della medesima sarebbe probabilmente modificato, onde avere altresì il concorso dell'Austria nel passo che si doveva fare in comune.

Non è senza sorpresa che l'indomani, cioè ieri, venni avvertito dall'Ambasciata di Francia che ordini perentorii giunti da Parigi per telegrafo nella mattina stessa prescrivevano al Signor Bourée di fare la dichiarazione a tenore del testo di cui mi diede copia, avvertendomi nello stesso tempo che ognuno di noi doveva trasmettere separatamente la dichiarazione in discorso a S.A. Fuad Pacha, mercé una semplice lettera di accompagnamento che mi fu pure comunicata.

Mi uniformai senza indugio all'invito fattomi dal mio Collega di Francia, e feci pervenire alla Sublime Porta la dichiarazione e la lettera di accompagnamento che ho l'onore di inviare per copia qui undte all'E. V. (1).

(l) -T. 716, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 374, nota l. (3) -Cfr. n. 377.
434

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 827/317. Londra, 30 ottobre 1867 (per. il 3 novembre).

Torno dal Foreign Office; lord Stanley mi disse d'essere senza notizie dirette da Parigi e Firenze (2). * Il Barone Baude, Incaricato d'Affari di Francia, era venuto a dargli olllcialmente lettura della circolare del Marchese di Moustier. Da quanto v:idi aveva probabilmente fatto qualche allusione ad un Congresso o Conferenza sulla Questione romana, poiché lord Stanley fece un'osservazione sulla frase della circolare a quel riguardo.

Io mi credetti autorizzato, interpretando i sentimenti del Governo, ad assicurarlo che, ove realmente una tal Conferenza fosse per adunarsi (3), le potenze protestanti non si crederebbero dover starne assenti, poiché il loro parere poteva giovarci assaissimo. Ed al postutto non v'era mancanza di decoro se anche non si riescisse a giungere ad una conclusione. Ma l'averlo provato farebbe almeno questo di bene, che si capirebbe non essere quello il mezzo di arrivare ad una soluzione. Del resto lord Stanley parve d'opinione che le potenze non potrebbero adunarsi a questo oggetto se prima non si fossero prestabiliti basi

o punti accettati da tutti. * E questa necessità farebbe vedere l'inanità di simili tentativi, parendogli difficile che s'arrivasse ad un probabile accordo.

( !) Non sl pubblicano.

(2) -l brani tra asterischi smw editi con ùata 30 ottobre, in LV 13, p. 43, preceduti dalla frase seguente: «MI reca! ieri al Foreign Otfice ove mi abboccai con Lord Stanley "· (3) -In LV 13 qui aggiunto: «L'Inghilterra non dovesse rimanersene in disparte».
435

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 550. Parigi, 30 ottobre 1867 (per. il 2 novembre).

*Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri ha diretto agli Agenti Diplomatici della Francia all'estero una circolare che è riportata nel Moniteur di ieri* (1). Lo scopo di questa Circolare si è di ben determinare il carattere della nuova spedizione Francese negli Stati Pontificii. I punti di questa circolare che conviene segnalare più specialmente sono i seguenti: l'intervenzione ha per causa, secondo la circolare, l'inesecuzione della Convenzione del 15 settembre. L'intervento è una questione d'onore per la Francia, secondo i termini usati dal Marchese di Moustier. Si può indurre da queste espressioni come dal complesso dell'intiero documento che la questione di merito, quella che si riferisce all'essenza ed ai limiti del potere temporale rimane riservata. Il Governo Francese dichiara espressamente che non vuole rinnovare un'occupazione di cui conosce tutta la gravità; che quest'occupazione non è dettata da un pensiero ostile verso l'Italia; che la Francia si ritirerà appena la sicurezza sarà ristabilita sul territorio Pontificio. La Francia chiama fin d'ora l'attenzione delle Potenze sulla situazione reciproca dell'Italia e della Santa Sede, e spera che le Potenze non esiteranno ad occuparsi delle questioni che implicano gli interessi morali e religiosi d'una gran parte dei loro sudditi rispettivi.

Il linguaggio tenuto in questa circolare è del tutto conforme a quello che mi fu tenuto in questi ultimi giorni dall'Imperatore stesso e dai suoi Ministri. È evidente la preoccupazione del Governo Imperiale di svincolare la responsabilità esclusiva della Francia in questa grave questione per farla dividere dalle altre Potenze. L'idea di una Conferenza si annette a questa preoccupazione. Il Governo Francese ha dichiarato che non è alieno d'accettare una Conferenza delle Potenze a questo scopo, ma non si è ancora pronunziato né sull'iniziativa della proposta, né sulla composizione della Conferenza stessa, né sulle basi su cui essa dovrebbe riunirsi. Io spero che all'arrivo del Generale La Marmora tutti questi punti potranno subito discutersi col Governo Imperiale, se nel frat· tempo gli eventi non venissero sventuratamente a complicarsi sul territorio Pontificio. So a questo proposito che il Governo Francese si mostra molto inquieto di un conflitto che potrebbe sorgere in seguito all'intervento delle nostre truppe. Si teme sovrattutto che il Papa protesti contro il nostro intervento e che ne sorga una collisione tra i soldati Italiani e i Pontificii. Io però ho avuto cura di far ben comprendere all'Imperatore ed al Marchese di Moustier, a cui ho comunicato il contenuto dei telegrammi dell'E. V., che i soldati Italiani avevano l'ordine espresso di non occupare i punti dove si trovassero truppe Francesi o truppe Pontificie e di evitare ogni collisione.

(l) Il Lrano fra astNi&chi è edito in LV 13. p. 39 seguito dalle parole: « Bssa è pubblicata nel l'r/Ioniteur di ieri cd io ne trastnettu 2opia a V. E.>> e con allegata la circolare francese del 25 ottobre.

436

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. u. 730. Londra, 31 ottobre 1867, ore 14,20 (per. ore 17,45).

Les instructions données par lord Stanley à l'ambassadeur d'Angleterre à Paris étaient d'interposer ses bons offices seulement dans le cas où l'Empereur aurait considéré l'entrée de nos troupes camme un casus belli. Le contraire étant arrivé, l'ambassadeur n'a pas eu besoin d'agir. Stanley, que j'ai vu ce matin, ne parait pas très disposé à une conférence, mais il prendra l'avis de ses collègues quand la proposition en sera faite formellement.

437

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

1'. 733. Parigi, 31 ottobre 1867, ore 22,10 (per. ore 23.55).

La Patrie de ce soir contient un article faisant croire que l'entrée de nos troupes dans les états pontificaux est une déclaration de guerre à la France. Cet article produit beaucoup d'impression. J'espère que le Gouvernement français le fera démentir.

438

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDE:-TZIALE 94. Berlino, 31 ottobre 1867 (per. il 5 novembre).

Ho avuto l'onore di rispondere oggi per mezzo del telegrafo (l) al dispaccio in cifra direttomi jeri dalla E. V. (2). Credo però opportuno di rendere conto più in disteso della conversazione che in tale occasione ho avuta con questo Presidente del Consiglio.

Il Conte di Bismarck, al primo annunzio dell'ordine spedito da Firenze alle RR. truppe di passare la frontiera pontificia, ha tosto rinnovato ai Rappresentanti prussiani presso le grandi Potenze le istruzioni, cui ho già accennato in altro mio dispaccio, circa il nuovo aspetto che potrebbe eventualmente rivestire la quistione Romana e circa la convenienza di evitare maggiori complicazioni. E però, nel mentre mi ripeteva i motivi che lo dissuadono dal fare direttamente ufficii a Parigi, aggiunse che sperava non sarebbe per verificarsi un

conflitto, purché le truppe italiane dal canto loro facessero prova della più grande prudenza. Al che risposi che gli ordini del Governo del Re, quali avevo avuto l'onore di farglieli conoscere dietro le comunicazioni dell'E. V., e la disciplina dell'Armata italiana, stavano garanti della attitudine ferma e prudente che le nostre truppe saprebbero conservare.

Passando poi a discorrere delle complicazioni cui l'Italia pareva dovesse andare incontro, il Conte di Bismarck mi narrò di due comunicazioni confidenziali che un diplomatico prussiano gli aveva riferite. Secondo l'una, il Governo francese avrebbe potuto attaccare l'Italia con 300 mila uomini, e, secondo l'altra, il Governo del Re sarebbe stato minacciato da una alleanza austro-francese. Egli considerava le due asserzioni siccome insussistenti. Se la Francia spedisse 300 mila uomini in Italia, non gliene rimarrebbero che poco più di 200 mila, comprese le guarnigioni ed i depositi, e quel Governo non si deciderebbe al certo di lasciare così allo scoverto le altre sue frontiere. Quanto alla alleanza austrofrancese, io la credo una vera utopia. Il Governo dell'Imperatore Francesco Giuseppe deve considerare sotto tre aspetti l'avvendre del Paese d'altr'Alpi: una Italia soggetta, come un tempo lo fu, quasi per intero alla sua influenza, un'Italia indipendente od un'Italia soggetta all'influenza francese. Quanto alla prima ipotesi, lo stato attuale dell'Austria, la forza dell'Italia e l'esperienza del passato, non permettono di credere che essa ci pensi. L'indipendenza piena ed assoluta della sua vicina le presenta invece troppi vantaggi perché essa non la desideri. Quanto ad una alleanza che avrebbe per risultato di stabilire in Italia l'influenza francese, sarebbe tale un errore che, al giorno d'oggi, non é possibile un Governo sia capace di commetterlo. Secondo me, in una guerra C'ontro l'Italia, il Governo francese dovrebbe già stimarsi fortunato se non trovasse nel campo nemico un'armata austriaca». Toccai a questo proposito delle proteste di amicizia scambiate di recente a Parigi fra i due Sovrani, e riferite dal Moniteur, onde conoscere quale ne fosse qui l'impressione. Ma il mio interlocutore non volle ammettere che avessero grande importanza.

Ho chiesto a S. E. se il rappresentante francese gli aveva già comunicata la circolare del Marchese di Moustier. Mi rispose che stamane l'Incaricato d'Affari di Francia gli aveva chiesto un'udienza a tale scopo, ma che, non avendone avuto il tempo oggi lo avrebbe ricevuto domani. «Stando al sunto della circolare recato dai giornali, proseguii, il Governo francese viene ora a chiamare l'attenzione delle altre Potenze sulla quistione romana; l'E. V. avrà dunque agio di esprimere il suo avviso, senza risvegliare veruna suscettibilità». Il Conte di Bismarck mi disse che non intendeva entrare in tal via. Avendo io insistito indirettamente per conoscere l'accoglimento che riceverebbe qui la circolare francese, aggiunse che, da parte sua, non potrebbe fare altra risposta, se non che egli prenderebbe gli ordini del Re, il quale pel momento non è a Berlino. «Le idee di garanzie a casa altrui mi sorridono poco: le cose di Germania ci danno abbastanza da fare».

Nel corso della conversazione, il Conte di Bismarck riceveva l'annunzio telegrafico che la Camera Alta di Monaco, aveva accettato senza condizioni il Trattato doganale, con soli tredici voti contrari. La difficoltà relativa al liberum veto è adunque appianata. Del quale risultato del viaggio del Principe di Hohenlohe a Berlino, il Conte di Bismarck si dimostrava oltremodo soddisfatto.

(l) -T. 732. no1, pt;bblicn',.o. (2) -Cfr. n. 428.
439

IL MINISTRO A MADRID, CORTI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 12. Madrid, 31 ottobre 1867 (per. l'8 novembre).

Approfitto d'una occasione per far tenere all'E. V. alcune osservazioni confidenziali sulla politica di questo Governo relativamente alla questione Romana.

Già ebbi l'onore di esporre nella mia corrispondenza come in questi ultimi tempi l'opinione pubblica e la stampa di Spagna fossero pressoché esclusivamente preoccupate dalla questione che erasi di nuovo sollevata nel centro d'Italia. I giornali sedicenti liberali biasimavano, i ministeriali deploravano, i neo-cattolici buttavano fuoco e fiamme. Che faceva il Governo in mezzo a questa agitazione? Non v'ha dubbio che l'avviso dei presenti consiglieri della Corona, ed oso aggiungere di tutte le persone intelligenti e ragionevoli, sarebbe stato di non ingerirsi in una controversia che non concerneva direttamente gl'interessi del paese. La Spagna è stanca d'avventure, e tutti sentono come le finanze dello Stato, le industrie, il commercio e l'agricoltura avrebbero bisogno d'alcuni anni di tranquillità e di economie, per rilevarsi dalle tristi condizioni in cui si trovano. Ma frattanto le vicende occorse negli Stati pontifici avevano profondamente commosso l'animo di S. M. la Regina. L'E. V. conosce come già nell'estate scorsa Sua Maestà voleva ad ogni costo recarsi a Parigi onde perorarvi in fa\'ore della Santa Sede, e poscia a Roma onde deporre ai piedi di quel trono un'offerta degna della Corona di Spagna. Quel viaggio fu non senza pena impedito dal Ministero, e Sua Maestà rassegnassi pel momento. Però quando le bande di Garibaldi incominciarono a minacciare gli Stati pontificj, Essa rinnovò le sue istanze presso i suoi Ministri onde qualcosa si facesse in difesa della Santa Sede, ed ottenne infine che si mandasse a Parigi il Marchese di Villavieja, uomo di corte assai beneviso a Sua Maestà affine di sollecitare dall'Imperatore Napoleone pronte misure per la protezione del Santo Padre, ed offrirgli il concorso di tutte le risorse di Spagna.

Il Marchese di Villavieja si recò infatti a Parigi onde compire la sua missione, i cui termini erano stati alquanto attenuati dalle istruzioni Ministeriali. L'Imperatore rispose, la questione agitarsi fra la Francia e l'Italia, né essere il caso pel momento d'ammettere l'intervenzione di altre potenze. Questa risposta credo abbia pienamente soddisfatto i Ministri, meno Sua Maestà, ed il Governo rinunziò pertanto ad ogni idea d'intervenzione. Debbo tuttavia aggiungere che, per quanto mi vien riferito, in tutte queste trattative nulla vi sarebbe stato d'officiale, e tutto sarebbe seguito in modo privato ed officioso, e piuttosto come concessione alle vive istanze della Corona.

Del resto, siccome V. E. comprenderà di leggieri, durante i recenti avvenimenti io m'astenni di toccare a questi argomenti sembrandomi che siffatte discussioni non avrebbero potuto portare alcun frutto, ed essere miglior consiglio di limitarmi a mantenere le migliori relazioni personali che per me si potesse, onde ben disporre gli animi dei Ministri ed agevolare così l'aggiustamento delle difficoltà che potessero per avventura nascere. E debbo confessare che questi Ministri, quantunque ammettessero che ci trovavamo in queste questioni «en

campos contrarios », non cessarono tuttavia mai di trattarmi colla massima cortesia, a prova di che mi basterà citare il fatto che il Ministero degli Affari Esteri aveva dato ordini che si comunicassero i telegrammi che venivano di Roma e di Firenze al Nunzio, ed al Ministro d'Italia.

Ieri si ricevette a Madrid l'annunzio della Circolare Francese la quale chiama l'attenzione delle potenze per deliberare sulla questione di Roma. Si può facilmente prevedere l'accoglienza che il Governo Spagnuolo farebbe a siffatta proposta qualora venisse formulata. Havvi gran tempo che la stampa eziandio liberale, di questo paese sostiene la tesi che la questione Romana non deve essere lasoiata risolvere dall'Italia, ma devesi sottomettere al giudizio delle Potenze Cattoliche. L'intervenzione materiale non sarebbe stata molto popolare perché avrebbe costato dei sagrifizj. Ma non v'ha dubbio che la proposta di una intervenzione diplomatica sarebbe accettata con entusiasmo, né ho bisogno d'osservare con quanta sollecitudine e quanto calore il rappresentante di Spagna in siffatta conferenza vi sosterrebbe il principio del potere temporale del Papa, ponendo in non cale quanto riguardi la dignità e l'indipendenza della Nazione Italiana, il che è bene sia noto all'E. V.

440

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

1'. 735. Parigi, 1° novembre 1867, ore 16,40 (per. ore 18,30).

Constitutionnel de ce matin blàme articie de la Patrie d'hier soir (l). Le langage de Moustier est que l'entrée de nos troupes, bien qu'elle ait eu lieu en dehors de tout accord avec la France, n'est pas considérée, jusqu'à présent, camme un casus belli, mais qu'elle pourrait le devenir. L'agence Havas donne la nouvelle du plébiscite de Frosinone. Je crains que ce fait ne précipite les événements. Je vous prie de me faire savoir si ce fait est exacte (2). J'espère que le Gouvernement impérial obtiendra que les troupes pontificales aient ordre d'éviter collision avec troupes royales.

441

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 736. Parigi, 1° novembre 1867, ore 17,30 (per. ore 20,20).

Pepoli vous prie faire parvenir à Sa Majesté télégramme suivant: «Au Roi: j'ai vu Empereur. Il a promis que les troupes pontificales n'auraient pas attaqué les notres, mais il m'a dit de la manière la plus précise que, si aux syndics on

laisse faire des plébiscites, il aurait considéré cela comme casus belli. Il est nécessaire que Votre Majesté et son Gouvernement sachent cela de suite. Je télégraphierai plus tard » (1).

(l) -Cfr. n. 437. (2) -Per la risposta cfr. nn. 442 e 443.
442

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 400. Firenze, 1° novembre 1867, ore 23,20.

Les plébiscites dont se plaint l'Empereur (2) ont lieu spontanément en dehors de toute action du Gouvernement qui jusqu'ici s'est refusé à les accepter. Les instructions précises données aux commandants des troupes sont de ne faire aucune adhésion ni de provoquer aucune manifestation de ce genre malgré l'entrainement des populations. Par conséquent nous déclinons toute responsabilité pour ces faits qui néanmoins ont une signification dont il faut tenir compte puisqu'ils se répètent sur presque tous les points du territoire pontificai où nos troupes n'ont jamais pénétré. Les comités d'insurrection ont été dissous dans tout le Royaume sans qu'on alt rencontré d'opposition; il n'y a eu que quelques protestations.

Aujourd'hui on a surpris un comité bourbonien à Palerme, un comité révolutionnaire à Naples. Des arrestations importantes ont été faites dans ces villes ainsi qu'à Florence. Les démonstrations qui agitaient les principales villes du Hoyaume perdent de leur intensité. Elles n'ont d'aii.lleurs jama!i.s été aussi sérieuses que les journaux ont voulu le faire croire. Indiquez les télégrammes dont le Gouvernement impérial se plaint du retard afin qu'on puisse procéder à une enquete.

Je termine en vous répétant que nous marchons avec franchise, courage et fermeté pour rétablir l'ordre ébranlé en Italie et nous regrettons que les organes du Gouvernement français semblent mettre en doute notre loyauté.

443

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (3)

T. 401. Firenze, 1° novembre 1867, ore 23,30.

Voici la réponse que nous faisons à tous ces municipes qui demandent acceptation de leurs plébiscites: «Consiglio assai dispiacente di non potere accogliere domanda municipio per non compromettere gravi interessi diplomatici e militari».

~c-~cgramma.

(l) In ACR è conservata la lettera con cui Pepoli inviò a Nigra il testo in italiano di questo

(2) -Cfr. n. 441. (3) -Ed. In LV 13, p. 40.
444

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 403. Firenze, 2 novembre 1867, ore 11,40.

Sa Majesté connait télégramme Pepoli (l) et désire que vous communiquiez au plus tòt le mien (2) au Gouvernement impérial afin d'avoir réponse aujourd'hui si possible sur impression produite. La junte de Velletri dont nous n'avons pas accepté demande, m'envoie télégramme menaçant dans lequel on accuse le Ministère de trahir pays. Vous voyez par là combien soupçons de l'Empereur sont injustes. Nous ne sommes pas hommes à manquer de parole; nous faisons possible pour éviter complications; il faut nous tenir compte des difficultés qui nous entourent. Nouvelles instructions données aux commandants des troupes pour ne provoquer et n'accepter aucun plébiscite. Frosinone est, je crois, le seul pays occupé par troupes royales où plébiscite ait eu lieu, mais avant leur entrée, et pendant occupation par bande Nicotera.

Retenez bien que système intimidation que, d'après télégramme Pepoli, on voudrait employer à notre égard ne mènera à rien d'utile pas meme pour la F'rance. Qu'on ait confiance en nous et qu'on nous aide pour ramener le calme et la raison et hiitons la solution satisfaisante de la grande question qui agite en ce moment.

445

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 740. Parigi, 2 novembre 1867, ore 12,35 (per. ore 13,20).

Conseil des ministres est réuni en ce moment chez l'Empereur. J'ai communiqué avant le conseil à Moustier et à La Valette télégramme par lequel vous m'annoncez refus du Gouvernement du Roi d'accepter plébiscites (3). J'espère que le télégramme va calmer les ministres qui étaient hier soir très irrités. Soyez assuré que je ferai tout le possible pour empecher rupture et pour ramener confiance très ébranlée entre les deux Gouvernements. Je crois que v otre circulaire (4) produira bo n effe t.

446

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 742. Londra, 2 novembre 1867, ore 15,10 (per ore 18,05).

Lord Stanley qui a vu le baron de Beust. m'a laissé comprendre qu'il n'était pas plus que lui meme favorable à une conférence. Lord Stanley croit entente

( 4) Cfr. n. 431.

lmpossible. Ambassadeur d'Angleterre à Paris écrit que tout en faisant objection, on ne fera pas d'intervention casus belli; et Stanley me répète souvent qu'il serait trop tard maintenant. Au total il espère que l'affaire s'arrange.

(l) -Cfr. n. 441. (2) -Cfr. n. 442. (3) -Cfr. n. 443.
447

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 744. Parigi, 2 novembre 1867, ore 17 (per. ore 19,20).

Dans le conseil des ministres d'aujourd'hui l'impression produite par la nouvelle du plébiscite a été atténuée par celle du refus de son acceptation par lé Gouvernement du Roi; aucune détermination n'a été prise. L'Empereur part demain pour Compiègne. Je vous prie de surveiller les télégrammes expédiés par l'agence Stefani; nouvelle plébiscite envoyée ici sans explication a produit ici effet désastreux.

448

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 745. Parigi, 2 novembre 1867, ore 20,45 (per. ore 22,30).

Je crains quelque mauvais article dans le Moniteur, en réponse à circulaire (l). Je crains aussi d'un instant à l'autre quelque résolution ab irato de la part du Gouvernement impérial. Les troupes françaises continuent à partir pour Civitavecchia.

449

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

1'. 405. Firenze, 2 novembre 1867, ore 22,15.

Nos troupes ont trouvé établis à Ceprano et Frosinone Gouvernements provisoires, qu'elles n'ont pas reconnus. Le plébiscite a été fait à Frosinone un jour avant notre occupation, et à Ceprano un jour avant l'entrée des troupes dans le territoire pontificai. Sur 40 communes de la province, non occupées par nos troupes, 28 ont fait plébiscite. Du còté de l'Ombrie le plébiscite n'a été fait ni à Civitacastellana, ni à Borghetto, où troupes royales sont entrées. Il n'a pas été fait non plus à Orte, qui n'est pas encore occupé. Ces trois communes sont

(ll Cfr. n. 431.

administrées par autorités municipales: tranquillité parfaite. Je vous transmets

ces détails qui nous sont mandés par les généraux commandants les corps d'oc

cupation, comme confirmation de mes télégrammes précédents.

450

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

R. 13. Madrid, 2 novembre 1867 (per. l'B).

Il signor Ministro degli Affari Esteri mi disse oggi desiderare d'intrattenermi dell'invio fatto per parte di questo Governo della fregata la << Città di Madrid» a Civitavecchia. Questa nave, diss'egli, si reca nelle acque Italiane senza alcuna ombra d'intenzione ostile verso il Governo d'Italia, essa non ha a bordo un solo uomo di sbarco, ed il suo invio non ha altro scopo che di mettersi a disposizione del Santo Padre pel caso che gli piacesse di lasciare i suoi Stati ed imbarcarsi sopra una nave Spagnuola, nella quale eventualità essa dovrebbe recarsi in quel luogo che Sua Santità sarebbe per indicare, sia esso Malta, Francia, Spagna, o qualunque altro. Il Governo Italiano, proseguiva il signor Arrazola, non può quindi adombrarsi menomamente della presenza in quelle acque dl una nave Spagnuola, la quale non ha altro scopo che di offrire al Papa un ::tsilo nel caso che circostanze maggiori lo obbligassero a ritirarsi da' suoi Stati. Che del resto il Governo di S. M. Cattolica certamente desiderava quanto ogni altro che Sua Santità rimanesse in Roma. Sperava quindi che l'invio della nave in discorso non avrebbe in effetto che il significato di una dimostrazione di rispetto verso il Capo della Religione Cattolica.

Mi limitai a rispondere riferirei senza indugio il suo discorso all'E. V., alla quale ne diedi pronto avviso telegrafico (2).

L'opportunità di questa dichiarazione fu evidentemente suggerita dall'opinione emessa da certi giornali d'Italia che se per avventura navi Spagnuole fossero per presentarsi ne' porti Italiani, esse dovessero essere trattate come appartenenti a potenza nemica. Chè, avendo S. E. fatto allusione a questa voce nel corso della conversazione, io respinsi energicamente l'idea pregandolo a • non dare importanza ad articoli di giornali che non potevano avere autorità di sorta. In ogni modo è impossibile di non scorgere nella presente dichiarazione fatta spontaneamente una prova del desiderio di questo Governo di continuare a mantenere le buone relazioni che esistono fra i due Governi.

S. E. mi disse poi che tre giorni sono. il signor Mercier era venuto a proporgli di prender parte ad un Congresso che avrebbe per scopo di assicurare la pace di Europa, e di regolare la posizione del Capo dei Cattolici, cui S. E. aveva risposto che il Governo della Regina prendendo un vivo interesse a quelle due importanti questioni, sarebbe felice di rendersi all'invito di Francia. S. E. crede che oltre le potenze cattoliche, saranno pure invitate quelle che hanno sudditi cattolici, val a dire, l'Inghilterra, la Prussia e la Russia. Ma di questo l'E. V. avrà notizie più esatte d'altra parte.

(l) -Ed. in LV 13, pp. 46-47 e in tedesco in B:\STGF.N, vol. II. pp. 553-5éi4. (2) -Con t. 741, pari dnta, ncn pubblicato.
451

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANNESSO CIFRATO (l). Belgrado, 2 novembre 1867 (per. il 7J.

Je suis informé d'une manière la plus positive et secrète que M. Rosen, le nouveau Consul Prussien, a eu un entretien avec le Colone! Orescovitch. Je ne connais pas mot à mot cette conversation mais j'en résume le sens tel qu'il m'a été rapporté. M. Rosen a dit à Orescovitch: « on peut regarder camme à peu près inévitable une guerre de la Prusse contre la France, et mon Gouvernement s'y prépare. Il est plus que probable que l'Autriche dans cette guerre sera avec la France; nous le désirons car c'est bien de cette manière que nous pourrions définitivement achever l'oeuvre de l'unité allemande. La Prusse, m~me avec la Russie, contre la France et l'Autriche, n'étant pas st1re de ce qui fera l'Italie, aurait été trop faible; il fallai t avoir pour nous l'Italie, c'était difficile de la détàcher de la France, mais maintenant nous sommes st1rs qu'elle sera avec nous. J'ai une lettre de M. de Bismarck pour le Prdnce, dans laquelle il est dit que je suis chargé, en prévision de cette guerre, de conclure l'entente entre mon Gouvernement et le Gouve.rnement se.rbe dont l'année passée nous avions entamé les négociations. Mais il faut que mon Gouvernement soit bien convaincu que tous les Jugo-Slaves de la frontière militaire, y comprds les Croates, suivront le Prince Michel. Il faut donc emp€cher les Croates de s'arranger avec les Hongrois. L'Allemagn:e urne ne peut vouloir la conservation de l'Empire Turc et encore moins de l'Empire AutrichLen actuel. Lorsqu'il sera temps d'agLr il faudra que l'élément italien soit représenté au moins par une centaine d'individus du parti d'action dans les bandes des volontaires qui entreront dans les provinces Slaves de la Turquie.

M. Orescovitch m'a dit: « Général Tiirr a été chargé de faire des propositions pour un accord entre les Croates et les Hongrois; les propositions étaient acceptables, mais j'ai averti immédiatement l'avocat... (2) (un des Chefs du p:>.rti national Croate) qui devait avoir une entrevue avec le Général Tiirr à Agram, de tacher de connaitre à fond les intentions du Gouvernement Hongrois et de ne rien conclure ».

L'Autriche intrigue en Bosnie et en Herzégovine. Des officiers du génie autrichien parcourent ces deux provinces en tout sens, élèvent des plans, examinent les chemins, etc.

L'Autriche a envoyé aussi des Agents secrets dans ces deux provinces. On dit qu'ils ont la mission de persuader ces populations à demander à la Sublime Porte l'autonomie administrative sous un chef chrétien: ce chef serait le Prince Karagiorgievitch. Et pour mieux atteindre ce but, pour forcer plus facilement la main à la Sublime Porte, on ne reculerait pas devant la nécessité d'insurrec

29 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

tionner ces deux provinces. On prétend que l'attaché militaire à l'Ambassade de France à Vienne travaille avec activité d'accord avec les Autrichiens à ce projet.

Je ne puis nullement garantir à V. E. ces nouvelles, je me borne à Ies lui soumettre. V. E. aura les moyens de connaitre la vérité. En attendant le Gouvernement Serbe a envoyé des agents secrets en Bosnie, et il en enverra encore, avec instructJions de surveiller les agents Autrichiens, de demander meme à faire cause commune avec eux dans le but de bien connaitre leur pian définitif et en profiter.

On m'assure que des Bosniaques (Slaves-Musulmans) très influents dans Ieur pays, on été recus secrètement par le Prince Miche!. Il parait que quelqu'un de ces anciens... (l) désirent émigrer en Serbie et le Gouvernement est disposé à Ieur faire bàtir ou reparer une Mosquée, car celles abandonnées par les Tures sont déjà presque toutes ruinées; d'avoir pour eux les plus grands égards et à les considérer comme des citoyen.> Serbes les admettant à tous les emplois, dignités etc.

Orescovitch m'a dit que si les choses sont dans les termes que M. Rosen le dit, il faudra qu'il se mette en communica1Jion directe avec M. M. Crispi, Mordini ou quelqu'autre chef, et qu'il devra envoyer en Italie une personne de toute sa confiance et de celle de Garachanine pour s'entendre avec le parti d'action. J,e lui ai répondu: dans ce cas je recommanderai agent à quelqu'un de ces Messieurs. J'ai offert ma recommandation dans le but de connaitre le nom de la personne qui sera chargée de cette mission.

L'agent Roumain retourné de Kragujevatz, attend réponse du Prince Michel à la Iettre du Prince Charles.

P. S. C'est Orescovitch qui m'a confié sous le plus grand secret son entretien avec le Consul de Prusse (2).

(l) -Al r. 42, non pubblicato. (2) -Gruppo lndeclfrato.
452

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 406. Firenze, 3 novembre 1867, ore 15.

Vous aurez reçu mes dépeches relatives aux plébiscites (3) et vous serez convaincu que le Gouvernement du Roi n'y a pris aucune part. Les informations venues des commandants des troupes nous prouvent que la consigne est rigoureusement exécutée. Reçu ce matin lettre du marquis de Moustier au

Siccome noi abbiamo ragione di credere che tali siano pure in proposiLo gli intendimenti del Gabinetto di Berlino, stimo che sia di retiproco interesse il constatare l'uniformità delle vedute del due Governi a tal riguardo».

chargé d'affaires de France (1), nous nous y attendions. Je ne me dissimule pas la gravité de la position. Mais comparant les termes de cette dépeche avec résultat des pourparlers du général Failly avec un de nos officiers, nous pensons que pour le moment il n'y a pas de danger imminent; loin de là on aurait adopté une espèce de délimitation entre les deux armées sur le territoire pontificai pour éviter tout équivoque. A Paris l'on n'a pas idée des difficultés que nous avons à vaincre. La proclamation du Roi par sa fermeté nécessaire avait suscité de l'émotion. L'entrée de nos troupes sur le territoire pontificai, ma circulaire aux légations (2) ont òté aux agitateurs des prétextes de trouble et ramené au Ministère les hommes qui peu confiants en nous avaient pu croire à des projets anticonstitutionnels. On se persuade maintenant que nous ne voulons que l'ordre et le respect de la loi et les deux ac1Jes dont la France se plaint sont ceux qui nous donneront la force pour gouverner. On fait des démarches actives auprès de Garibaldi pour l'engager à se retirer. Crispi est parti hier dans ce but car il prévoit une catastrophe pour le célèbre condottiere. Les insurgés rentrent en faule et sont désarmés à mesure qu'ils se présentent. Je pense qu'Acerbi et Nicotera se retireront; si l'on parvient à débarrasser le territoire pontificai des garibaldiens la position sera bien simplifiée. L'entrée de nos troupes n'a pas été inutile pour la sécurité des populations; il eut été à désirer que l'occupation eut pu etre plus étendue. Je reçois avis de Madrid que l'Espagne a accueilli avec empressement la proposition d'un congrès pour régler la question romaine. Mais je vois avec regret que les grandes Puissances et spécialement l'Angleterre ne sont pas pressées d'y adhérer. Le Gouvernement du Roi ne consentirait pas à traiter avec les Puissances purement catholiques. La question romaine est une question d'ordre européen; elle intéresse par conséquent toutes les grandes Puissances soit sous le rapport politique soit sous celui religieux à cause des nombreux catholiques qui appartiennent aux divers pays. Aussi je vous prie d'appuyer le général La Marmora qui a pour instruction de tenter d'abord un accord avec la France et à défaut d'accepter une conférence des grandes Puissances, et d'exclure d'une manière absolue une conférence restreinte des Puissances catholiques. Vous ferez également sentir la nécessité dans l'intéret meme du Souverain Pontife de faire

Parigi, 1" novembre. -Proclamando il rispetto dovuto da tutti l cittadini ai patti internazionali e dichiarandosi fl"onto a reprimere 11 disordine e a mantenere l'autor!Là del governo e l'inviolabilità delle leggi, il Re Vittorio Emanuele cl diede a sperare che 11 nuovo ministero, C<:\mminando d'un pPsso iermo nella via ~he gli era tracciata, saprebbe con misure efficaci scoraggiare tutte le mene rivoluzionarie e ristabilice sopra le sue basi l'ordine morale e materiale. Questa politica rne:s~a in pratica senza esitazione e senza concessioni alle imprudenti passioni di un partito, che si è presa la missione di combattere, doveva condurre alla pacificazione della crisi terribù• che l'Italia ora attl·aversa, porci in faccia d'essa in una situazione conforme ai nostri intimi sentimenti e facilitare così il compito reciproco del due governi. Non è adunque senza u11a penosa sorpnsa che veniamo a conoscere la risoluzione del ministero italiano di occupare alcuni runti del territorio pontificio. Non vogliamo oggi discutere le ragioni per le quali si cerca di motivare un atto cosi contrario al diritto delle genti, ma desideriamo di manifestare se11za ritardo l'impressione che la determinazlonP del gabinetto di Firenze ci ha fatto provare. Per quanto possa essere limitato l'intervento italiano negli stati della Santa Sede, e quali che siano la prontezza colla quale lo si fara cessare e i riguardi con cui si cercherà di circondarlo, il governo francese, che l'ha sempre biasimato e sconsigliato, non saprebbe in alcun modo coprirlo col suo consenso. Se il governo del Re crede poter aspettarsi da noi anche un'adesione tacita, è questa un'illusione che non dobbiamo esitare a dissipare, e voi dichiarerete con qual vivo e sincero rincrescimento lo vediamo allontanarsi da una linea di condotta che, secondo noi, è la sola conforme agl'interessi d'talia >>.

disparaitre les causes d'irritation qui ont subsistè jusqu'au présent entre le Gouvernement pontificai et le Gouvernement d'Italie. Le Pape ne peut exercer son pouvoir spirituel qu'en restant auprès des tombeaux des apòtres il a donc besoin de l'Italie. Une correspondance particulière de Munich m'apprend que dans le cas d'une collision entre la France et l'Italie, la Prusse en profiterait pour s'étendre du còté du Sud. En Bavière on prépare les esprits à cette éventualité. Le Gouvernement espagnol nous prévient qu'il envoie à Civitavecchia une frégate à disposition du Saint-Père, sans aucune intention de débarquer des troupes (1). Nous tenons bi:en à ce que l'on sache que l'immixtion armée de tierces Pui:ssances dans l'affaire de Rome serait probablement le signa! d'une confiagration. Nous avons appelé deux classes sous les armes, peut-ètre en appelera-t-on une troisième. L'on forme en mème temps cinq à six divisions mobilisées, placées momentanément sous les ordres du général Cialdini. Ces dispositions ne sont point faites dans un but hostile, mais simplement pour reconstituer l'armée qui a été désorganisée et pour avoir occasion de rappeler sous les drapeaux les nombreux officiers en expectative dont l'esprit militaire s'altère et qui peuvent devenir un danger pour le pays. Je vous le répète par les deux actes de l'entrée de nos troupes et de notre circulaire, le Ministère a acquis de la force et il s'en servira pour le bien de l'ordre et de la paix.

Je regrette que la France se soit adressée à l'Espagne pour la première afin de prendre part au règlement de la question romaine. Vous pourriez faire remarquer qu'il eut été plus nature! de commencer par les parties les plus intéressées dans la question, c'est-à-dire à l'Italie qui est la première en cause.

Je pense qu'à cette heure le général La Marmora est à Paris. Veuillez lui donner communication de cette dépèche et me tenir, camme vous l'avez fait jusqu'au présent, au courant des incidents qui se développent dans les circonstances actuelles.

(l) -Gruppo lndeclfrato. (2) -Copia di questo rapporto fu comunicata a Launay con d. 38 dell'8 novembre con le seguenti istruzioni: «Benché non si abbia ad annettere soverch!a importanza a quel colloquio, stimo nondimeno opport:.tno che V. S. ne sia informata, affinché Ella possa, accorrendone il caso, rettiftce.re meno e"attl apprezzamenti della nostra politica in Oriente. È bene sopratutto ch'Ella faccia comprendere al signor di Bismarck che appunto perché il R. Governo è favorevole allo sviluppo delle nazionalità egli vedrebbe con dispiacere che queste cerchino l'appoggio di un partito che ha fatto recentemente così triste prova d'impotenza in Italia.

(3) Cfr. nn. 442, 443, 444 e 449.

(l) Cfr. il seguPnte comunicato dell'agenzia Stefani del 3 novembre: « Leggesl nel Moniteur: n ministro degli affari esteri ha diretto al barone di Villestreux, incaricato d'affari della Francia a Fin·nze, il sqmente dispaccio:

(2) Cfr. n. 431.

453

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 748. Parigi, 3 novembre 1867, ore 16,50 (per. ore 18,50).

Arrivé ce matin, je n'ai pu voir l'Empereur qui est parti pour Compiègne. J'ai été avec Nigra chez Moustier et La Valette, avec qui j'ai eu deux longs entretiens. Je les ai trouvés très impressionnés de la gravité de la situation. Il Ieur a déplu surtout que nos troupes aient franchi la frontière. Je n'ai pas manqué de Ieur dire que moi aussi, au point ou en étaient les choses chez nous et en présence du débarquement des troupes impériales, j'avais cru indispensable occupation de notre part de quelques points du territoire pontificai. J'avoue que je ne croyais pas que ce fait ait produit une impression aussi fàcheuse sur le Gouvernement et surtout sur l'opinion publique en France, car les deux ministres m'ont fait comprendre séparément que, dans Ieur conviction, si nous ne trouvions pas moyen de faire revenir nos troupes à la frontière, il restait

peu de chance d'évdter une guerre qu'ils déplorent profondément. Je prie instamment Ministère de me télégraphier dans la journée de demain quelle réponse je dois faire à l'Empereur que je verrai dans deux jours, dans le cas très probable où Sa Majesté me tienne le meme langage que ses ministres.

(l) Cfr. n. 450.

454

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 407. Firenze, 3 novembre 1867, ore 22,40.

Je reçois avis de Madrid que l'Espagne a accueilli avec empressement la proposition que la France lui a faite d'un congrès pour régler la question romaine. Nous regrettons que la France alt fait cette démarche. Il aurait été plus naturel que l'Italie et la France eussent commencé par chercher à s'entendre sur quelques points préliminaires indispensables. Le général La Marmora est parti pour Paris avec une mission dans ce sens. Nous nous fiattons de l'espoir de réussir ainsi à épargner aux Puissances les embarras d'un congrès. Veuillez demander à lord Stanley (au prince Gortschakoff -au comte de Bismarck) si le Gouvernement français a également adressé une invitation formelle à l'Angleterre (la Russie -la Prusse). Le Gouvernement du Roi ne consentirait pas à traiter avec les Puissances purement catholiques. Vous devez faire comprendre au ministre des affaires étrangères que la question romaine est une question d'ordre européen; car le ròle que l'Italie est appelée à jouer dans la politique de l'Europe dépend en grande partie de la solution que cette question pourra recevoir. Le règlement de nos dimcultés actuelles avec la France et avec le Saint-Siège intéresse par conséquent à un haut podnt toutes les grandes Puissances, soit sous le rapport politique, soit sous le rapport religieux, à cause de leurs nombreux sujets catholiques. Agissez promptement et faitesmoi connaitre la réponse que vous recevrez (l).

455

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 408. Firenze, 3 novembre 1867, ore 22,40.

Je viens d'adresser aux représentants du Roi auprès des grandes Puissances un télégramme de la teneur suivante: << Voir dépéche n. 407 (2), jusqu'à la fin». Tachez de vous procurer des entretiens confidentiels avec le baron de Beust et le comte d'Andrassy afin d'obtenir qu'ils aient à envisager la question à notre point de vue. Le comte d'Andrassy nous est très favorable, mais sa posi

tion lui impose quelques ménagements vis-a-vis du premier ministre autrichien qui doit figurer seui dans les rapports avec l'étranger. Evitez dane soigneuse;:nent Ies écue1ls de cette situation; mais agissez le plus tòt possible, et faites mai connaitre les réponses que vous recevrez (1).

(1) -Per le rispost~ cfr. nn. 461, 464 e ·168. (2) -Cfr. n. 454.
456

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 409. Firenze, 3 novembre 1867, ore 23,40.

Le général La Marmora à Paris a vu ministres Moustter et La Valette, qui ont paru craindre guerre certaine par suite de l'occupation du territoire pontificai par nos troupes, quoiqu'entrées sans intention hos1Jile et quoique ayant refusé de reconnaitre Ies nombreux plébiscites en faveur du Royaume d'Italie. Veuillez entretenir ministre des affaires étrangères de cette nouvelle phase, afin que la raison triomphe, en tenant compte des difficultés que nous avons à surmonter. Il est possible que demain territoire pontificai soit évacué par volontaires qui seront également désarmés. Question sera ainsi simplifiée. Dans cette circonstance médiation d'une Puissance arnie pourrait mettre fin au différend.

457

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE LA MARMORA, A PARIGI (2)

T. 410. Firenze, 3 novembre 1867, ore 23,40.

Reçu votre télégramme (3); demain répondrai après conseil des rninistres. En attendant je vous envoie un télégramme arrivé de Naples, qui prouve que notre intervention n'a pas été inutile pour dispersion volontaires: <<Nicotera arrivé à Naples avec san état-major et volontaires. Il dit qu'après l'arrivée des français et notre intervention et par suite de la politique adoptée par le Cabinet italien, les volontaires ne peuvent plus se soutenir ». Nous pensons que demain il n'y aura presque plus de volontaires sur le territoire pontificai. Alors la question sera grandement simplHiée. Je viens d'informer les légations de Sa Majesté à Londres, à Berlin et à St. Pétersbourg de cette nouvelle phase et de leur exprimer mon opinion, que dans ces nouvelles circostances la médiation d'une Puissance arnie pourrait mettre fin au différend (4). Veuillez vous exprimer dans ce sens avec le baron de Beust.

(-4) Cfr. n. 456.
(l) -Nigra rispose con t. 751 del 4 novemb;·e: '' Beust est à Londres et le comte Andràssy est parti de Paris ». (2) -Il telegramma venne inviato tramite la legazione a Parigi. (3) -Cfr. n. 453.
458

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 411. Firenze, 4 novembre 1867, ore 9,30.

Je vous communique télégmmme parvenu cette nuit de Terni. «Ga.ribaldi est sauf, grand massacre; tout est détruit. Ici nous aurons grande affluence. Nécessaire expédier trains pour transporter blessés et débandés ». Je vous dannerai d'autres détails, aussitòt qu'il arriveront (l). Ce matin nous prendrons délibération. Le territoire pontifica! étant évacué par volontaires, intervention n'a plus I'liason d'etre. Communiquez au général La Marmora.

459

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE LA MARMORA, A PARIGI

T. 412. Firenze, 4 novembre 1867, ore 10,45.

Garibaldi s'est présenté à Passo Corese, où 5 mille volontaires ont été désarmés. Garibaldi parti ce matin pour Florence, où 1l doit arriver dans l'aprèsrnidi. Ordre de l'arreter et de le conduire au fort de la Palmaria, golfe de la Spezia. Territoire pontificai évacué par les volontaires. Vous ferez valoir les nouvelles circonstances auprès de l'Empereur pour suspendre toute décision qui puisse compromettre Gouvernement et diminuer sa force. Le conseil des ministres discute en ce moment: qu'on attende résultat de ses délibérations. Nous ne désirons rien tant que d'éviter tout conflit.

460

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 749. Londra, 4 novembre 1867, ore 11 (per. ore 14,15).

Lord Stanley trouve votre circulaire diplomatique (2) dnspirée par un sentiment de dignité. Elle est venue par télégraphe hier matin. Pourtant il recommande toutes les concessions compatibles avec la dignité. Il m'a dit ce soir à plusieurs reprises que, quoiqu'il ne puisse juger de la dernière circulaire du ministre des affaires étrangères que par résumé, il la trouvait excellente. On

1;ait que cela prouve qu'ils se contenteront de gros mots, sans agir. Il m'a assuré qu'il travaillait dans notre sens à Paris. Il m'a demandé s'il est possible que nous nous soyons adressés à Autriche pour sa co·opération en cas de guerre avec la France 0).

(l) -Garibaldi aveva ocC'upatc Monterotondo il 26 ottobre quindi era avanzato verso Roma spingendosi fino a Castel Giubileo. L'in~rzla delle popolazioni e la notizia dello sbarco delle truppe francesi a Cl\·itavecchia lo indussero a ripiegare. Durante la ritirata l garibaldini furono assaliti e sconfitti il 2 novembre a Mentana dalle truppe pontificie guidate dal generale Kanzler. (2) -Cfr. n. 431.
461

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 753. Berlino, 4 novembre 1867, ore 16,05 (per. ore 21,10).

Cabinet prussien n'a reçu aucune ouverture pour un congrès. Lorsque le chargé d'affaires de France a communiqué ici circulaire du Gouvernement français, il a appelé l'attention du comte de Bismarck sur la dernière phrase, en lui demandant si, dans son opinion, il n'y trouvait pas une ouverture pour congrès. Bismarck a éludé le piège et il a répondu qu'il n'avait pas d'avis à émettre sur le sens d'une phrase, dont le chargé d'affaires devait connaitre la portée. Ce dernier ayant insistè, Bismarck a nettement refusé de se prononcer. Bismarck pense que par cette... (2) Moustier voulait donner occasion à tous les Cabinets de se prononcer. Il pense que c'est ainsi qu'on a pris la chose à Madrid. Gortchakoff a accepté congrès en principe, mais d'une manière équivalente en fait à un refus. Prusse et Angleterre sont convenues d'avoir en tout état de choses la meme attitude. Bismarck continue à ne pas croire au conflit. Les Puissances purement catholiques sont libres de conférer, et elles seront facilement d'accord; mais si elles voulaient imposer leur décision, elles ne le pourraient pas. Quant au congrès général, Bismarck ne croit pas que les Puissances puissent se convainche d'un résultat pratique.

462

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE LA MARMORA, A PARIGI

T. 413. Firenze, 4 novembre 1867, ore 16,45.

Depuis que Garibaldi a évacué le territoire pontificai et que les volontaires l'abandonnent de toute part notre position est changée et simplifiée.

Nous sommes entrés sur le territoire romain en premier lieu pour protester par le fait en faveur de notre droit, en second lieu pour protéger les populations, enft.n pour faci1iter aux gard.baldiens le moyen de se retirer et d'etre désarmés. Maintenant la protestation a eu lieu et les deux derniers motifs n'existent plus, et comme nous désirons éviter toute complication, nous ne serions pas éloignés

d'ordonner de faire immédiatement évacuer le territoin: pontificai par nos troupes. Mais pour que cet acte ne puisse etre considéré comme fait sous la pression française, il serait nécessaire que de son còté la France déclare que motif intervention n'existant plus elle cessera bientòt de sa part. Nous ne pourrions céder à une injonction; l'Empereur comprendra que le Gouvernement du Roi a besoin d'etre fort et pour etre fort il doit etre respecté. Cela est néces~aire aussi bien pour France que pour nous, et la détermination que nous avons prise d'arreter Garibaldi doit prouver que nous voulons fermement faire respecter la loi.

Pour faciliter ces (l) dispositions à nos troupes qui son t à Civitacastellana l'ordre de se retirer dès ce soir à Borghetto sur la frontière et à celles de Frosinone de se replier sur Ceprano. J'espère que votre intervention nous obtiendra cette assurance de l'Empereur qui rendra notre tache plus facile. En tous cas empechez toute intimation avant que nous soyons prévenus, puisque nous sommes décidés à nous retirer, afin d'éviter tout conflit.

Exprimez-moi au plus tòt votre opinion sur cette déHbération du conseil des ministres (2).

(l) -Menabrea rispose con t. 425 deli'B novembre: <• Je vous autorise à dire à lord Stanleyqu'll est absolument faux que nous nous soyons adressés à l"Autriche pour en avoir le concours en cas de guerre de l'Italle contre la France». (2) -Gruppo indecifrato.
463

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 4 novembre 1867, ore 18,15.

Reçu dépeche de Votre Majesté de cette nuit, remise à Général La Marmora signée Menabrea que le Roi m'a envoyé. Rien de nouveau. Empereur absent à Compiègne jusqu'après demain six. Situation ici tellement grave que je crois guerre décidée si vos troupes continuent à occuper état pontificai, et que l'on n'écoutera aucune autre proposition de vous. Nous marchons inévitablement à la guerre, on attend ici d'avoir plus de troupes à Rome pour vous poser ultimatum d'évacuation, je ne vous dis Sire que la vérité. C'est à votre Gouvernement de décider, mais ne vous faites pas illusion. Nouvelle de la défaite des garibaldiens détendra un peu situation. mais quel effet produira-t-elle chez vous?

464

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. u. 755. Londra, 4 novembre 1867, ore 20,10 (per. ore 21,40).

Lord Stanley n'a point reçu demande officielle de prendre part à un congrès. Ayant été sondé, il a répondu que cette réunion dépend d'accord

il) Sic, ma evideniE·mente manca qualche parola.

préalable difficile à établir. Il n'a pas caché qu'il ne le voyait pas favorablement O>. Il ne ferme pas les yeux à ses conséquences pour nous, mais il di t qu'entre deux idées contraires Angleterre aurait un ròle rempli de difficultés.

(2) -Cfr. n. 467. (3) -Da ACR.
465

IL MINISTRO A LONDRA. D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 756. Londra, 4 novembre 1867, ore 20,10 (per. ore 22,50J.

Les instructions données à l'ambassadeur d'Angleterre à Paris ont été de condamner hautement guerre de la part de la France. On va lui télégraphier de continuer avec énergie ses efforts dans ce sens. Quant à médiation (2). j'ai vu qu'il fallait donner à lord Stanley temps pour y refléchir. Il s'est borné à la trouver prématurée, et à déclarer qu'il faudrait que des deux còtés on en exprime le désir étant également animés d'idées pacifiques. Je ne serais pas sans espoir de la lui persuader. le cas écheant.

466

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE LA MARMORA. A PARIGI

T. 414. Firenze, 4 novembre 1867, ore 23,15.

Le Roi me communique en ce moment dépéche alarmante du prince Napoléon (3). Sachez me dire si, en absence de l'Empereur et avant que vous l'ayez vu, on aurait l'intention de nous donner un ultimatum. Je vous ai dit notre intention d'abandonner territoire pontificai, où nous avons motif de ne plus rester, depuis retraite de Garibaldi. C'est une opération que nous devons faire ou immédiatement avant aucun avis, ou bien, ne faire qu'après promesse de l'Empereur de retirer également ses troupes. Je prie Nigra et vous de donner votre avis (4).

467

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 757. Parigi, 4 novembre 1867, ore 24 (per. ore 1,30 del 5).

Je viens d'avoir un long entretien avec le général Niel. Il a insisté plus vivement que les autres ministres sur la probabilité d'une guerre, si nous ne

(-4) Cfr. n. 469.

trouvions pas moyen de rétirer nos troupes. Mais après èchange d'observations sur les intéréts réciproques d'éviter toute espèce de conflit, nous sommes tombés d'accord que le seul moyen d'en sortir ce serait de faire chacun un pas en arrière. Sur ma proposition que, si nous retirons nos troupes des états pontifl.caux, les français devraient se réduire à Civitavecchia, le maréchal m'a promis de faire son possible pour faire accepter cette proposition. Pensez-y sérieusement, car il en vaut la peine. Je reçois à l'instant votre télégramme de ce soir (l), et je vois avec satisfaction que le conseil des ministres entre dans ce méme ordre d'idées qui seui peut sauver la situation. Nigra est parfaitement d'accord avec moi.

(l) -Cfr. il seguenti' brano t.ratto da un r. s. n., pari data. di D'Azeglio: «Quelio aggiunseLord Stanley che non ho detto al Barone Baude ma che dico a voi si è che è opinione mia che 1n qu'.'sta come !n altre rose :'Imperatore non ha idee prestabllite ma agisce a caso. O per lo meno non ha altro !n vista che di e&onnarsi da questa qulstione mettenC:ola in spalla al resto d'Europa». (2) -Cfr. n. 456. (3) -Cfr. n. 463.
468

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 759. Pietroburgo, 5 novembre 1867, ore 2,55 (per. ore 12,35).

Gortchakow m'a dit que l'ambassadeur de France lui a donné communication de la circulaire de son Gouvernement mais ne lui a pas encore fait proposition formelle de congrès. Le prince l'a prévenu, qu'avant de se prononcer, il lui faudra, le cas échéant, savoir quelles en seraient les bases. Je n'ai pas manqué de lui faire connaitre notre point de vue, d'après les !instructions du dernier télégramme de V. E. (2) Gortchakow espère encore solution amiable, après les mesures d'ordre public que le Gouvernement du Roi est décidé à prendre dans le pays occupé. Il ne repousse pas, en principe, l'éventualité d'une médiation de la Russie, mais il voudrait connaitre préalablement à quelles combinaisons nous penserions devoir arriver. Détails par poste (3).

469

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. MENABREA

T. 758. Parigi, 5 novembre 1867, ore 10,15 (per. ore 12,10).

Le général La Marmora a déjà répondu par anticipation au télégramme de cette nuit (4) par son télégramme d'hier au soir (5); il vena l'Empereur aujourd'hui à cinq heures; nous croyons que le danger d'un ultimatum s'il n'est pas complètement écarté, il est du moins temporairement éloigné. J'espère qu'on pourra l'éviter par suite de ce que vous télégraphiez hier au soir et des nouveaux événements d'Italie.

O) Cfr. n. 4~2.

(-4) Cfr. n. 466.
(2) -Cfr. n. 456. (3) -R. confidenziale 4 clel 6 novembre, non pubblicato. (5) -Cfr. n. 467.
470

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 415. Firenze, 5 novembre 1867, ore 15.

Par suite de la dispersion et du désarmement du corps des volontaires et de la rentrée de Garibaldi, le conseil des ministres, dans sa séance d'hier soir, après expédition de mon télégramme (l), a délibéré le rappel de nos troupes qui occupent le territoire pontificai. Cctte occupation a vai t été déterminée par des raisons dont les principales ont cessé d'exister. Ainsi la position est simplifiée; et comme nous nous retirons. la France ne peut avoir de motifs pour continuer son occupation, puisque tout danger a disparu pour l'Etat pontificai. Vous connaissez les plébiscites qui ont eu lieu malgré nous; veuillez faire des démarches afin que les personnes compromises ne soient pas victimes de la réaction. Communiquez au général La Marmora et veuillez agir en ce sens.

471

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 761. Parigi, 5 novembre 1867, ore 19,40 (per. ore 21,15).

Je viens de voir l'Empereur. En lui annonçant le rappel de nos troupes des états pontificaux, je l'ai prié d'en faire autant. L'Empereur a témoigné vive satisfaction de cette détermination du Gouvernement du Roi qui tranche difficulté du moment. Il a répété qu'à peine l'ordre retabli, il rappellerait ses troupes, et qu'en attendant il pourrait suspendre immédiatement départ de Toulon de la troisième division. Empereur a évité de parler de la conférence bien que j'aie taché plutòt d'amener la conversation sur ce point; ce qui me fait supposer qu'il n'a pas encore d'idées assez arrètées là dessus. Il est bon que vous sachiez que l'Empereur lui mème tient beaucoup à ce que le Gouvernement italien, dans le rappel des troupes, agisse de manière à faire bien comprendre qu'il n'y a pas eu de pression de la part de la France. Nous ferons des démarches pour que Jes compromis par les plébiscites ne soient pas victimes de la réaction.

472

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 416. Firenze, 5 novembre 1867, ore 23.

Par suite de défaite Garibaldi et rentrée de nos troupes position étant simplifiée, France devrait maintenir sa promesse de cesser intervention et com

mencer dès à présent à l'exécuter, au moins en partie. C'est dans ce sens qu'il faut agir. Correspondance personne bien informée assure que Empereur, pour en finir avec question romaine serait disposé à consentir restriction pouvoir temporel à la ville Léonine, mais il veut proposition venir de la part d'autre Puissance dans un congrès. Cela étant, Angleterre serait celle qui pourrait agir plus emcacement en ce sens pourvu qu'elle consente congrès dont elle devrait prendre initiative. Il faudrait donc tenter cette voie. Je prie général La Marmora de dire s'il serait disposé de se rendre à Londres dans ce but, après avoir toutefois taché de connaitre vraies intentions Gouvernement français (l). Etre discret sur ce point. Arrestation Garibaldi jusqu'à présent produit peu d'efiet, prestige en grande partie disparu. Il est établi à Varignano, puisque Palmaria occupée. La tenue de nos troupes sur territoLre pontificai parfad:te. Mérite louages et sympatrie des populations. On n'en peut pas dire autant des volontaires. J'ai envoyé aujourd'hui colone! Campo au général de Failly pour recommander populations pontificales compromises.

(l) Cfr. n. 466

473

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC (2)

T. 417. Firenze, 5 novembre 1867, ore 23.

Les garibaldiens ayant évacué territoire pontifl.cal, notre position était simplifl.ée. Nous étions entrés dans le territoire pontifl.cal en premier lieu pour protester par le fait en faveur de notre droit, en second lieu pour protég,er population, enfin pour faciliter aux garibaldiens moyen de se retirer et d'étre désarmés. La protestation avait eu lieu et les deux autres motifs n'existaient plus; et camme nous désirons éviter toute complication, le Gouvernement du Roi a ordonné évacuation immédiate du territoire pontificai par nos troupes.

474

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T.419. Firenze, 6 novembre 1867, ore 9,30.

D'après télégramme La Marmora (3) Empereur renouvelle assurance de bientòt évacuer territoire pontifl.cal. Pour première preuve de cette intention, il devrait suspendre immédiatement envoi troupes à Civitavecchia, ainsi qu'il

(ll Per la risposta cfr. n. 493.

l'a promis à La Marmora. Insistez pour que cet ordre soit donne au plus tòt. Vous aurez lu communiqué Gazette Officielle; dites-moi impression produite sur ministres français.

(2) -Ed. in italiano in LV 13, p. 44 e in tedesco in BASTGEN, vol. Il, pp. 551-552, seguitodalla frase seguente: «Noi speriamo che, dal canto suo, la Francia non tarderà a far cessare l'occupazione per parte delle truppe imperlali». (3) -Cfr. n. 471.
475

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 420. Firenze, 6 novembre 1867, ore 10.

Insistez pour avoir réponse immédiate sur précédent télégramme (l). Il l'aut que l'Empereur fasse acte que nous puissions sans retard annoncer afin d'agir sur opinion publique, qui s'alarmerait si nouvelles troupes débarquaient à Civitavecchia.

476

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 762. Parigi, 6 novembre 1867, ore 11,15 (per. ore 13,30).

J'ai fait les démarches les plus pressantes auprés du Gouvernement impérial en faveur des sujets pontiftcaux compromis dans les plébiscites. J'espère que le Gouv·ernement impérial insistera auprés du Pape pour une amnisti:e (2). Je suis convaincu que l'Empereur accepterait toute solution de la question romaine, de la cité léonine, comme toute autre pourvu qu'elle soit acceptée par les Puissances. Son but est de faire partager aux Puissances la tache que la France s'était attribuée jusqu'ici exclusivement de protéger la Papauté. La ditnculté est l" de réunir une conférence; 2" de faire sanctionner par la conférence une solution qui nous soit favorable, ce qui me parait extrèmement difficile.

477

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 765. Parigi, 6 novembre 1867, ore 16,50 (per. ore 19,05).

Le ministre de la guerre vient de me confirmer que les ordres ont été donnés pour suspendre le départ des troupes qui étaient pretes à partir de Toulon et de l'Algérie pour Rome; il parait certain qu'à Rome il y a encore une grande irritation et on a tiré sur le général Polhes, ce qui me fait craindre qu'on ne retarde le départ des troupes de Rome.

(1) -Cfr. n. 474. (2) -Con t. 766, pari data, ore 18,25 Nigra comunicò: << Gouvernement français a télégraphiéà Rome pour que le Gouvernement pontificai empèche toute représaille sur !es personnes comprom!ses dans Ies votations rt~s plébiscites ».
478

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

T. 421. Firenze, 6 novembre 1867, ore 23,45.

(Per Londra) Remerciez lord Stanley des bons offices qu'il promet de faire à Paris pour obtenir départ des français.

(Per Pietroburgo) Remerciez prince Gortchakoff des démarches qu'il a faites à Paris.

(Per tutti) Les troupes du Roi s'étant retirées du territoire pontificai et tout danger ayant disparu par suite de défaite Garibaldi, l'intervention française n'a plus lieu de continuer.

(Per Berlino) Faites en sorte que le Gouvernement prussien agisse (Per Londra) Priez lord Stanley d'insister

(Per Pietroburgo) Priez le prince Gortchakoff d'agir

(Per tutti) auprès du Gouvernement français pour qu'il retire ses troupes au plus tòt. Cela est indispensable pour donner force au Ministère afin de rétablir ordre (l).

479

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, E AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE. BRUNO

T. 422. Firenze, 6 novembre 1867, ore 23,45.

On parle de concentration troupes autrichiennes sur frontière italienne vers l'Isonzo. Renseignez-nous à ce sujet (2).

480

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 841/323. Londra, 6 novembre 1867 (per. l'll).

La notizia del ritirarsi delle nostre truppe dagli Stati Pontifici essendo pervenuta al Governo ed ai giornali nel medesimo tempo che a me, trovai lord Stanley preparato a quanto avevo a comunicargli. Egli mi disse che comprendeva quanto avesse dovuto costare al Governo del Re di decidersi a quanto aveva fatto. Ma appunto per questo gli si doveva tener gran conto dell'operato.

Secondo lui si poteva senza compromettere la dignità cedere alla violenza e coazione che si usava da Parigi ed al Governo Francese e non al nostro l'opinione pubblica farebbe dovuti rimproveri. Si rallegrò che Garibaldi non fosse rimasto sul campo di battaglia né prigioniero, locché avrebbe aggiunto inutili complicazioni. Infine espresse i sentimenti più simpatici per noi, che poteansi usare in queste circostanze.

Egli mi disse che le notizie che aveva da Parigi nelle ultime 48 ore indica\'ano grande concitazione negli animi, ed irritazione nelle regioni governative, e non v'era dubbio che da un momento all'altro una rottura poteva aver luogo. Ora, invece così levavasi per parte nostra ogni pretesto alla continuazione della occupazione francese, e se ne dovrebbe tener conto a Parigi. Anzi egli parlò come se credesse che la Convenzione di Settembre fosse considerata dai due Governi come abrogata. Ma gli risposi che poteva esserlo di fatto ma temevo che il Governo Francese invece mantenesse che tutto quanto aveva fatto era al contrario per conformarsi al prescritto della Convenzione, mentre noi pure avevamo asserito il diritto di farne altrettanto per la stessa cagione.

Gli osservai allora che nelle circostanze attuali poteva il Governo Inglese impiegarsi con etllcacia onde persuadere alla Francia di attenersi a quanto aveva dichiarato voler fare, cioè non ricominciare una seconda occupazione. Ma inoltre cercare di fargli capire che un negoziato con noi potrebbe riuscir meglio di un Congresso.

Lord Stanley mi fece notare che a più riprese egli m'aveva manifestate le sue idee su di un Congresso, sulle ditllcoltà di concertarne le basi e di far realmente qualcosa di utile. Egli mi disse poi che per quanto gli risultava anche la Prussia era di quel parere. Mi domandò che proposta per parte nostra avrebbe probabilità di riuscita. Citai per esempio quella che desse ai Romani facoltà di sedere in Parlamento, e di lasciar al Papa la città Leonina e Civita Vecchia. Siccome però egli mi disse di non aver la menoma idea della topografia di Roma, gli promisi di mandargliene un piano.

In quanto ai buoni ufficii egli mi disse di star sicuro che avrebbesi adoperato come meglio potea a nostro riguardo. Non già officialmente, ma questo gli dissi che non ero incaricato domandarglielo.

Mi è finalmente arrivata jeri sera la circolare di V. E. (l). Ma in questi tempi le cose vanno così presto che era inutile leggergli una cosa, che conosceva da un pezzo; e del resto avevo già fatto conoscere a V. E. il giudizio ch'Egli ne portava.

(l) -PH le risposte cfr. nn. 483, 485 e 520. (2) -Per le risposte cfr. nn. 482 e 484.
481

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 770. Parigi, 7 novembre 1867, ore 10,30 (per. ore 12,45).

Tout danger de conflit avec la France ayant disparu, je me permets de vous conseiller de ne pas continuer les armements, car la question des finan

ces va se présenter avec toute son effrayante gravité. A mon avis, je me bornerais à tenir sous les drapeaux classe de 1842, et je ferais nouvelle I~vée, pour ne pas altérer mécanisme de notre organisation militaire. Quant aux chevaux, je n'en acheterais pas, pour ne pas etre forcé à les revendre ensuite à vil prix.

(l) Cfr. n. 431.

482

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 771. Trieste, 7 novembre 1867, ore 13 (per. ore 14).

Je n'ai aucun renseignement sur concentration troupes sur l'Isonzo (l). Je sais seulement que la garnison de Trieste a été augmentée et qu'une quantité de troupes a été envoyée en Dalmatie sous prétexte changement de garnison.

483

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 774. Londra, 7 novembre 1867, ore 15 (per. ore 19).

Je suis allé au Foreign Office. Chargé d'affaires de France sortait de chez Stanley, qui m'a dit lui avoir vivement recommandé ce qui précisément formait l'objet de votre dernier télégramme (2), et que réponse avait été que tout fait prévoir évacuation de Rome, si non de Civitavecchia. Je n'ai donc eu qu'à le remercier d'avoir tenu parole.

484

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

'I'. 772. Vienna, 7 novembre 1867, ore 16 (per. ore 17,15).

Les officiers russes et prussiens qui observaient avec attention les mouvements militaires en Autriche, n'ont pas signalé, jusqu'à présent, mouvements de troupes sur nos frontières (1). Aucun [par. ill.] n'a été convoqué. Il s'agit probablement de quelque patrouille, ce qui peut etre motivé par le désir témoigné par moi en septembre d'après les instructions du Gouvernement, pour que les autorités locales empèchent les agressions que des sujets autrichiens se sont permises contre nos nationaux vers le Iudrio. En tout cas, j'ai pris avec prudence les mesures possibles pour informer V. E. de mon mieux. J'espère avoir demain l'état de dislocation de l'arrondissement militaire de Gratz.

30 --Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

(l) -Cfr. n. 479. (2) -Cfr. n. 478.
485

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 773. Berlino, 7 novembre 1867, ore 16,20 (per. ore 19).

Bismarck en réponse à la circulaire en date du 25 octobre de Moustier ne laissant prévoir qu'occupation temporaire, a déjà exprimé avis que retraite des troupes françaises faciliterait arrangement. Les légations de Prusse ont été instruites en ce sens. Mais une démarche de sa part telle que nous la désirerions nuirait plutòt qu'elle ne servirait à notre cause, vu les rapports délicats entre la France et la Prusse. S. E. m'a tenu le méme langage qu'au chevalier Tosi, quand celui-ci avait été chargé de l'interpeller dans les phases précédentes de la situation.

486

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

T. 423. Firenze, 7 novembre 1867, ore 22,45.

Il parait que l'Empereur Napoléon ne serait pas éloigné d'accueillir la proposition de fixer la Cité Léonine comme dépendance absolue du Pape tandis que Rome serait réunie au Royaume d'Italie, idée déjà développée dans l'opuscule de M. de Lagueronniève. Mais il faut que cette proposition lui vienne d'une autre Puissance. J'ai donc prié M. de Kisseleff d'écrire au prince Gortchakow pour savoir s'il voudrait prendre l'initiative d'une ouverture officieuse en ce sens auprès de Napoléon. Veuillez de votre còté agir en ce sens, mais tenez surtout à ce que à Paris on ne soupçonne pas que nous avons suggéré cette ouverture (l) .

487

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 776. Parigi, 7 novembre 1867, ore 24 (per. ore 5 dell'B).

L'Empereur a été très satisfait de la dépéche dans laquelle chargé d'affaires de France rend compte d'une conversation qu'il a eue avec vous. Retraite des troupes impériales de Rome à Civitavecchia parait décidée en principe, mais le jour n'a pas encore été fixé.

(l) Per la risposta cft•. n. 40~.

488

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 294. Firenze, 7 novembre 1867.

I motivi che indussero il Governo del Re a fare occupare dalle sue truppe alcuni punti del territorio pontificio, al momento stesso in cui un corpo di spedizione francese sbarcava a Civitavecchia, furono diggià svolti nella Circolare ch'io indirizzava il 30 ottobre ai Rappresentanti diplomatici di Sua Maestà all'estero (2). Non sarà dunque mestieri qui ricordare le ragioni che ci mossero a quel passo. A noi basta che lo scopo propostoci sia stato raggiunto.

Ovunque le RR. truppe si presentarono vennero accolte con riconoscenza dagli abitanti, poiché con esse ritornava l'ordine e la sicurezza pei cittadini, il rispetto e la protezione pelle Autorità che trovavansi costituite. Ella sa, Signor Ministro, che in moltissime località non occupate dalle nostre milizie le popolazioni fecero solenni plebisciti di annessione al Regno d'Italia, ma il Governo del Re che avea sconsigliato quelle manifestazioni che la sua influenza non bastò ad impedire, ricusò di accettarne i risultati, fermo nella parola data che la sua determinazione di varcare il confine pontificio non condurrebbe ad alcun atto di ostilità.

L'invito fatto col proclama reaìe aUe bande dei volontari di rti.tirarsi dietro le file dell'esercito italiano non fu ascoltato da Garibaldi. Mentre questi, tentando di mettere ad esecuzione altro divisamento, volgeva le sue colonne verso Tivoli, le truppe franco-pontificie lo attaccarono e sconfissero presso Mentana.

I volontari rti.entrarono allora numerosi nel tenitorti.o dello stato ove vennero disarmati, e Garibaldi che, presentatosi a Passo Corese, accennava di voler recarsi per Livorno a Caprera, veniva invece trattenuto e custodito al Varignano nel golfo della Spezia. Tale provvedimento ci era dettato dalla necessità di rinfrancare l'autorità della legge, e dall'urgenza di allontanare ogni rischio di nuove perturbazioni.

Ristabilita così la pace pubblica, i pericoli che minacciavano lo stato pontificio sono cessati. Mutate per tal modo le condizioni delle cose, venivano meno 1 motivi che aveano reso necessario il nostro intervento: epperò dal canto suo il Governo del Re richiamava entro i confini dello Stato le sue milizie.

Anche il Governo francese colla Circolare del 25 ottobre ha preso un solenne impegno di considerare come adempiuto il compito suo e di voler ritirarsi dal suolo pontificio tostoché questo fosse libero degli aggressori e la sicurezza vi fosse ristabilita. Siffatte condizioni si sono ormaà avverate. Col ritirarci d~etro le nostre frontiere abbiamo tolto di mezzo qualsiasi motivo di dilazione, ed ora, fidenti nella parola della Francia aspettiamo che il Governo Imperiale a sua volta faccia cessare un'intervenzione che noi giudicammo non necessaria, che fu per l'Italia un fatto doloroso, e che, ove si protraesse, 11iuscirebbe di ostacolo ad uno stabile accomodamento.

Se però il contegno del R. Governo ed i fermi suoi propositi fanno sicurtà a tutti che i fatti accaduti non potranno più rinnovarsi, dalle cose occorse ognuno è tratto necessariamente a conchiudere che lo scopo della Convenzione del 15 settembre 1864, stipulata nella fiducia di un pronto ravvicinamento fra la Santa Sede e l'Italia, andò interamente fallito. Nulla infatti poté sin qui temperare l'atteggiamento ostile assunto dal Governo Pontificio contro quello del Re. Roma offre oggidì il singolare spettacolo di un Governo che per reggersi stipendia un esercito composto di gente raccolta in ogni paese, sproporzionato affatto alla popolazione ed ai mezzi finanziari dello Stato, e che pur crede d'essere costretto a ricorrere ad interventi stranieri. Un sincero accordo coll'Italia toglierebbe invece ogni sospetto di pericolo per la Santa Sede, permetterebbe di rivolgere a beneficio della religione i tesori profus:i in superflui armamenti ed assicurando la Penisola contro il rinnovarsi di deplorevoli spargrimenti di sangue, sarebbe pegno sicuro di quella pace che è ugualmente necessaria al Pontefice ed al Regno Italriano.

Il nostro paese ha, quanto qualsiasi altro, vivo e profondo il sentimento religioso, ma più d'ogni altro sente le difficoltà e gli screzii che nascono dalla unione di un potere il quale, retto da norme immutabili, si esercita nelle supreme regioni della fede, colle cure dirette di un governo terrestre soggetto alle influenze delle passioni politiche e destinato a modificarsi col volgere dei tempi ed a seconda dei progressi della civiltà.

Il suolo che rinchiude la tomba degli Apostoli ed ove serbasi il deposito delle tradizioni della f.ede cattolica è la sede più sicura del Pontificato. L'Italia saprà difenderlo e circondarlo di tutta la venerazione e lo splendore che gli sono dovuti e farne rispettare l'indipendenza e la libertà.

Tale è il più vivo desiderio degli Italiani. Ma perché siffatto intento possa essere raggiunto, Ella comprende, Signor Ministro, che sono indispensabili accomodamenti i quali pongano in accordo gli interessi della Santa Sede con quelli del Regno. La causa della religione e quella stessa dell'ordine europeo vi sono ugualmente impegnate. Se l'Italia costituita è destinata ad essere un grande elemento d'ordine e di progresso, è però necessario, onde possa esercitare questa nobile sua missione, che sia tolta dal suo seno la cagione che ora la mantiene in lstato di permanente agitazione.

Collo esporre le considera:ilioni ch'io venni sin qui svolgendo, Ella saprà certamente, Signor Ministro, far nascere il convincimento che è di tutta urgenza risolvere senza indugio la quistione romana.

(l) -Ed. in LV 13, pp. 47-49 e In tedesco in BASTGEN, vol. II, pp. 554-537. (2) -Cfr. n. 431.
489

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

D. 3. Firenze, 7 novembre 1867.

Da un dispaccio del R. Inviato a Costantinopoli, dispaccio di cui qui unisco copia, (l) Ella vedrà che la dichiarazione annessa al rapporto di codesta R. Lega

zione segnato col n. 3 della serie politica (1), venne diggià trasmessa alla Sublime Porta.

I termini di quella dichiarazione non lasciano per verità alcun dubbio che le Potenze, le quali l'hanno sottoscritta, si siano impegnate ad osservare verso il Governo ottomano un contegno riservato ed a mantenersi nei più stretti limiti del non intervento in tutte le difficoltà che potrebbero sorgere pella Turchia dalle tristissime sue condizioni interne.

Le Potenze però che come noi accettarono i termini del documento testé presentato alla Porta sono desse d'accordo sull'estensione che si dovrà dare col seguito alla riserva contenuta nell'ultimo capoverso della citata dichiarazione?

«Dès lors », dice il testo di quello scritto, «sans renoncer à la mission généreuse que leur conscience leur impose, il ne leur restre plus qu'à dégager leur responsabilité » etc.

Or fra le Potenze che tengono siffatto linguaggio alla Turchia, v'hanno la Russia e la Francia, le quali entrambe, non sono molti mesi, proponevano, come Ella sa, al Governo del Sultano certi loro piani di riforme da introdursi in tutto l'Impero. Lo scopo che quelle proposte si prefiggevano, era non solo quello di rinvigorire l'Impero ottomano e di preservarlo dalla rovina, che gli sovrasta, ma nel tempo stesso quello di adoperarsi in modo pronto ed efficace in favore delle popolazioni Cristiane della Turchia.

Dopo la dichiarazione fatta di non voler più prestare alcun appoggio morale al Governo Turco non potrebbesi oggidì con certezza sapere se quei progetti di riforma siano o non ancora raccomandati ed appoggiati a Costantinopoli dai Gabinetti che li hanno presentati. Epperò io desidererei che la S. V. portasse il discorso sovra questo argomento nel conversare col Principe Gortchakow onde esplorarne le intenzioni, non solamente per quanto concerne quei progetti, ma eziandio per tutti gli altri casi in cui le Potenze potessero venire interpellate intorno a mutamenti da farsi a quello stato di cose che le medesime hanno contribuito a stabilire nei paesi di dominio ottomano.

(l) Cfr. n. 433.

490

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 98. Berlino, 7 novembre 1867 (per. il 14).

Dans l'entretien que j'ai eu aujourd'hui avec le Comte de Bismarck, il ne semblait pas se rendre compte des motifs qui nous avaient induits à évacuer le territoire pontificai. Il ne croyait pas que, en y restant, nous nous fussions attiré une guerre avec la France. Nous aurions pu dire que le fait meme de l'occupation d'un territoire très restreint prouvait que nous n'avions aucune pensée d'annexion, que nos troupes, comme ceHes de la France, veilleraient à la tranquillité publique, jusqu'à ce que nous fussions tombés d'accord sur un arrangement, ou provisoire ou définitif. En attendant, nous eussions gardé ent.re les

mains un gage prec1eux de négociations. En y renonçant, nous avions perdu une bonne position, au risque de froisser l'amour-propre du pays, qui y verrait peut-etre un acte de condescendance envers la France. Nos alliés ne sauraient le voir de très bon oeil, etc. etc.

Je me suis empressé de répondre que, plus il devait nous en coiìter d'abandonner, quoique spontanément, une position prise par nos troupes avec autant de droit que la France dans son occupation, plus l'Europe, et la Prusse en première ligne, devraient nous savoir gré d'avoir porté ce pénible sac!·ifice a notre désir d'éviter un conflit sur une question où, de l'aveu meme dn C'mnte de Bismarck, il ne conviendrait pas à la Prusse, ensuite de ses ~onditions toutes spéciales, d'engager une lutte à nos còtés. Quant à des condescendances vis-à-vis de la France, on paraissait complètement perdre de vue à l'étranger que nos Ministres sont Italiens avant tout, et nommément le Général Menabrea qui, je le savais, avait décliné les offres de la France de passer à son service, lors de la cession de la Savoie. Et d'ailleurs, depuis les derniers événements, depuis le départ de l'expédition de Toulon malgré la proclamation du Roi et de son Ministère, les partìs se trouveraient d'accord plus que jamais pour repousser une ingérence quelconque qui porterait atteinte à notre dignité et à nos intérets bien entendus.

Le Comte de Bismarck comptait bien que nous étions convaincus des bons sentiments de la Prusse à notre égard, et que surtout nous savions établir la différence qui passe entre des alliés naturels et des alliés factices.

P. S. Ci-joint une Jettrc particulière à l'adresse de V. E.

(l) Non pubblicato.

491

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 424. Firenze, 8 novembre 1867, ore 11,30.

Tàchez de connaitre opmwn du Gouvernement... au sujet de probabilité de guerre en Europe, et dites-moi quel est votre avis à ce sujet (1).

492

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 781. Pietroburgo, 8 novembre 1867, ore 16,40 (per. ore 23).

Prince Gortchakoff vient de me dire qu'il pourra dans un congrès, s'il aura Heu, appuyer proposition de la vme léonine ou telle autre que l'Italie juge fa

vorable. Mais il ne peut pas, à cause de sa position spéciale vers Rome prendre une initiative d'un projet qui sanctionnerait le pouvoir temporel. Il ne refuse pas du reste, sous une forme qui lui soit possible, d'aider les intérets de l'Italie.

(l) Per le risposte cfr. nn. 503, 511 c 518.

493

IL GENERALE LA MARMORA. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

'l'. 779. Parigi, 8 novembre 1867, ore 17,55 (per. ore 20,10).

J'ai vu aujourd'hui lord Lyons. Ainsi qu'il m'avait promis, il a insistè auprès Gouvernement français pour que les troupes impériales se retirent au moins à Civitavecchia, observant que ce serait meilleur moyen de donner force au Gouvernement italien. Nous nous étions servis des mémes arguments auprès Moustier. Quant à conférence, Gouvernement français en pousse réunion auprès de tous les Cabinets. Gramont part ce soir pour Vienne; sa mission est d'accélérer acceptation de l'Autriche. Pour Angleterre, langage de Lyons ne me laisse pas d'espoir qu'elle consente à accepter. Dans cet état de choses, ma course à Londres serait inutile et pourrait meme faire mauvaise impression ici.

494

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 778. Vienna, 8 novembre 1867, ore 18,25 (per. ore 19,40).

Beust vient de me dire en propres termes. «Napoléon III était, je crois, obligé d'accepter la partie contre la révolution en Italie, pour ne pas avoir à la jouer le lendemain en France, et je comprends qu'il ait du intervenir, quoique, d'après ce que je vous ava.is promis, nous ne l'avons point encouragé. Mais je ne me suis point expliqué la participation des troupes impériales à l'affaire de Tivoli, ni la retraite de vos troupes. J'ai cru. je l'avoue, à une occupation mixte; et mardi matin revenant de Londres j'a.i trouvé Napoléon III et Moustier disposés à vous laisser où vous étiez. Le méme soir à ma grande surprise télégraphe annonce votre évacuation. Je n'ai pas vu Nigra. Quant au projet de solution, sur lequel nous avons été en accord d'idées, c'est une constitution municipale du territoire pontificai plus ou moins restreint, avec l'admission des romains aux fonctions civiles et militaires en Italie. Il n'y a eu, du reste, jusqu'à présent, que des pourparlers peu concluants pour réundon de conférence sur la question romaine. Soit que l'on veuille ou non y traiter aussi question d'orient, nous y adhérons; mais nous ne prendrons à cet égard aucune initiative. Nous avons besoin de paix et notre entente avec la France n'est pas une alliance. L'analyse de ma circulaire publiée par les journaux est à peu près exacte ~. Ministre de Prusse ayant reçu de nouveaux renseignements et ayant vu baron de Beust, parait tout-à-fait rassuré sur ses tendances pacifiques. Stackelberg seui demeure inquiet et irrité, prévoyant intrigue en Pologne, et laissant prévoir mouvement de la Serbie. J'enverrai demain à V. E. dislocation annoncée et ma réponse à votre télégramme. Je crois pouvoir confirmer que concentration sur Isonzo n'existe pas.

495

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 8 novembre 1867, ore 18,30 (per. ore 22,40).

Je n'écris à Votre Majesté que quand j'ai quelque chose d'important. Votre Majesté a dtl voir que ce que lui écrivais se réalisait. Danger imminent est passé, mais position toujours grave. Je vous engage à vous tenir dans attitude très réservée vis-à-vis Empereur, ne lui faites plus rien dire, abstenez vous tout à fait pour la conférence, ne répondez pas, ce qu'elle pourrait décider serait dangereux, ne faites rien pour la faire réussir. Tenez vous à l'écart et attendez. Ne provoquez aucune solution pour Rome aujourd'lmi. Jour viendra plus tard. Silence aujourd'hui seule bonne politique. N'acceptez pas conférence, tachez de la faire échouer. Faites constater offddellement que le traité du 15 septembre est déchiré, qu'il ne vous engage plus. Laissez France à Rome et ne traitez plus pour rien, ne cherchez pas entente, un rapprochement impossible, qui vous compromettrait. Votre réserve fera plus d'effet que ·ce que pourriez faire. Ce que je vous écris est conseil mtlrement réflechi. Obtenez de vos ministres qu'ils ne fassent et n'écoutent rien sur la question romaine avec la France actuellement et qu'ils n'acceptent pas congrès.

496

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 39. Firenze, 8 novembre 1867.

Il rapido sviluppo degli avvenimenti e segnatamente la crisi ministeriale sopravvenuta impedirono al R. Governo di riscontrare con quella regolarità e con quella prontezza che avrebbe desiderato alle comunicazioni che in questi ultimi tempi gli vennero da Berlino.

Fra esse fu soprattutto notevole quella riferita nel Rapporto che il Cavalier Tosi mi diresse in data 16 ottobre p.p. n. 83 politico-confidenziale (2).

Il Conte Usedom diede pure lettura al mio predecessore d'un dispaccio direttogli dal Conte di Bismarck sullo stesso argomento, ed io La prego di voler ringraziare S. E. il Ministro di Stato per quella importante comunicazione fatta, d'ordine suo, dal Rappresentante di Prussia in Firenze.

Il Gabinetto di Berlino al primo affacciarsi delle difficoltà insorte riduceva l'espcressione del proprio concetto alle due seguenti dichiara~ioni: che la Prussia non avrebbe potuto prestare il suo appoggio all'Italia per uno scopo aggressivo contro la Santa Sede, che però ci avrebbe efficacemente assistito nel caso in cui fosse violato il territorio del Regno.

I fatti hanno provato ormai in modo incontestabile quali fossero i nostri veri intendimenti, e come fosse del tutto estraneo al nostro pensiero qualsiasl disegno di aggressione. È certo poi che il Governo del Re ha attinto gran parte della forza che gli era necessaria per mantenere un contegno moderato, ma fermo, nella certezza che la causa della nazionalità italiana avrebbe avuto solidale quella delle altre nazionalità.

Il Conte di Bismarck aveva pure espresso l'avviso che fosse nell'interesse stesso dell'Italia di usare ogni riguardo verso la persona del Sommo Pontefice. Atti ufficiali e solenni hanno ormai chiarito in modo non dubbio quanta deferenza porti il Governo del Re al Capo della religione cattolica, e come sia nostra vivissima brama ch'egli rimanga là dove le tradizioni fissarono la sua sede.

Gli avvenimenti di questi ultimi giorni sembrano aver chiuso il primo stadio della questione che attualmente si dibatte. Lo sgombro del territorio pontificio per parte dei volontarii e l'essere le truppe regie rientrate entro i confini dello Stato, aprendone ormai una nuova fase, è mio desiderio che V. S. si faccia interprete presso il Conte di Bismarck, della riconoscenza del R. Governo pel contegno serbato dalla Prussia nel periodo precorso. Benché il Cavalier Tosi abbia avuto già ripetutamente incarico di ringraziare in mio nome il Primo Ministro del Re Guglielmo, bramo tuttavia che V. S. dichiari espressamente a S. E. che il Governo del Re ha giustamente apprezzato l'azione diplomatica della Prussia nelle contingenze presenti. L'i.ndole delicata dei rapporti che corrono attualmente tra i Gabinetti di Parigi e Berlino escludeva la convenienza di ufficii diretti. Siccome osservò con ragione il Conte di Bismarck officii di simil natura avrebbero piuttosto nociuto che giovato all'Italia. Però, manifestando apertamente per bocca dei suoi Ministri all'estero la sua opinione intorno alla vertenza, il Gabinetto di Berlino contribui a crescere efficacia a quella forza morale, cui è in buona parte dovuto se furono eliminate le probabilità di un deplorevole conflitto.

Il Governo del Re fu lieto di constatare cosi come sia vivo e sincero l'interesse che la Prussia prende per la causa italiana e fa largo assegnamento sulla sua cooperazione laddove si avesse a trattare col suo concorso per un componimento definitivo che soddisfaccia a tutte le esigenze della situazione.

Prego V. S. di volersi procurare sollecita occasione per esprimersi con S. E. il Conte di Bismarck nel senso del presente dispaccio.

Non voglrio chiudere senza manifestare per mezzo di Lei, a S. E. il Conte di Bismarck la compiacenza che io provo nel trovarmi in occasione di mantenere con un così eminente uomo di Stato quei buoni rapporti che già esistono tra i due paesi.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 324.
497

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

D. 65. Firenze, 8 novembre 1867.

L'assenza da codesta capitale dell'Imperatore e dei suoi principali Consiglieri fu cagione di qualche lacuna nel earteggio del Ministero colla S. V. Illustrissima. Il rapido sviluppo della crisi attuale, e l'avvicendarsi degli incidenti successivi, hanno necessariamente impresso un carattere speciale di urgenza alle comunicazioni che il Governo del Re ebbe a rivolgere alle Potenze amiche, e si fu, per conseguenza, il R. Ministro a Parigi che ebbe incarico di adoprarsi presso il Barone di Beust ed il Conte d'Andrassy nel senso che comportavano le esigenze della nostra politica.

Il Cavalier Nigra ebbe probabilmente agio di adempire l'incarico avuto. Ad ogni modo bramerei che il Barone di Beust avesse da Lei la conferma che il R. Governo non omise mai di dirigersi costantemente anche all'Austria per averne l'appoggio nella trattazione delle insorte difficoltà.

Noi abbiamo ragione di credere che l'azione diplomatica dell'Austria fu, nelle contingenze presenti, quale dovevamo aspettarci da un Governo che fa professione aperta di intendimenti pacifici e liberali, e quale ne porgevano fiducia le dichiarazioni fattele, alla vigUia della partenza, così dal Cancelliere dell'Impero, come dal Capo del Ministero ungherese. La prego, Signor Cavaliere, di volere esprimere in proposito a quei personaggi, in quella forma che Le parrà più opportuna, tutta la nostra soddisfazione, soggiungendo che il Governo del Re non casserebbe d!i fare assegnamento sull'amicizia dell'Austria, quando si trattasse di venire a qualche componimento definitivo... (l) tuttora pendente tra l'Italia e la Francia e che urge ormai di risolvere.

Intanto per informazione particolare di Lei, mi pregio di trasmetterLe, qui uniti in copia i telegrammi ch'io diressi al R. Ministro in Parigi (vedi telegrammi nn. 390, 391, 407, 408) (2) affinché questi ne facesse argomento di comunicazione ai Ministri dell'Imperatore Francesco Giuseppe.

498

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 844/326. Londra, 8 novembre 1867 (per. il 12).

Lord Stanley non contento di aver fatto conoscere al Governo Francese il suo modo di vedere a nostro riguardo per mezzo del Barone Baude siccome ebbi l'onore informare V. E. ha jeri sera spedito a Parigi un corriere speciale a lord Lyons onde recargli istruzioni nel medesimo senso.

Egli aveva in principio del mese scritto a lord Loftus un dispaccio onde chiamare l'attenzione del Governo Prussiano su quanto minacciava l'Italia ed esprimergli l'opinione che ambedue i Governi Inglese e Prussiano avevano interessi uguali al mantenersi l'Italia uno Stato indipendente nei suoi limiti attuali; onde conveniva intendersi per allontanare i pericoli che potevano sovrastare.

Il Conte Bismarck pare abbia accolto favorevolmente queste proposte, disse che le viste della Prussia erano identiche con quelle della Gran Bretagna; e quanto al congresso egli era di parere pure che prima d'impegnarsi conveniva saperne molto di più.

Questi ragguagli li ebbi per mezzo delle Legazioni Tedesche a Londra. E non ho visto ancora lord Stanley per cercare di saperne di più; ma però da qualche autorità del Foreign Oflìce mi vennero confermate.

E l'Incaricato Prussiano al quale rivolsi interrogazioni stamane mi disse che questo concordava colla corrispondenza Ministeriale ricevuta da Berlino; e che sia a lui che al Barone Brunnow, parlando della conferenza, gli era stato detto, che tre punti conveniva chiarire prima di tutto: se le due parti interessate accetterebbero d'esser rappresentate, quindi quale sarebbe il programma, ed infine se i due avversari accetterebbero d'i sottomette.rsi alla decisione.

(l) -Sic. ma evidentemente manca qualche parola. (2) -Cfr. nn. 410, 410 nota 3. 454 e 455.
499

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE LA MARMORA, A PARIGI

T. 428. Firenze, 9 novembre 1867, ore 12,45.

Il parait que Empereur voudrait réunir congrés non point avec intentions bienveillantes pour Italie, mais pour lui imposer plus dures conditions. Il est donc inutile insister sur réunion congrès, sans connaitre bases propositions France. Il vaut mieux s'abstenir pour le moment et insister au contraire pour cessation de la part de France d'occupation Rome et Civitavecchia, que rien désormais ne pourrait justifier et dont le fait nous rend entière liberté. Unissezvous à Nigra pour atteindre ce but. Après tentatdve, je pense que vous feriez mieux de revenir. Vu le parti que prend l'Angleterre de ne pas se meler de cette affaire, je crois inutile que vous alliez à Londres.

500

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA. AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 429. Firenze, 9 novembre 1867, ore 12,45.

Dernières nouvelles reçues nous font penser que France ait des intentions peu bienveillantes envers nous. Il est donc plus convenable de ne faire pour le rnoment auprès d'elle aucune démarche dans le sens du congrès.

(Per Londra e Pietroburgo) Remerciez lord Stanley (le prince de Gortchakoti) de l'appui qu'il veut bien nous donner.

(Per Vienna) Remerciez Beust des bonnes dispositions qu'il a pour nous et dont nous réclamerons l'etiet lorsque moment sera venu. En présence de prolongation intervention française à Rome, nous devons prendre une position réservée.

501

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 785. Parigi, 9 novembre 1867, ore 13,40 (per. ore 15,20).

Je vous prie d'examiner miìrement les ditiérentes solutions qui pourraient etre données à la question romaine à la mort du Pape, et de me dire quelles seraient celles que le conseil des ministres pourrait accepter dans cette éventualité (l).

502

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 789. Pietroburgo, 9 novembre 1867, ore 15,10 (per. ore 21,35).

Gortchakoff vient de recevoir nouvelle par le comte de Budberg que l'invitation au congrès a été envoyée aux Puissances ayant sujets catholiques. Siège de la réunion devrait etre Rome. Gortchakoti a prévenu ambassadeur de France ce matin que désigner Rome comme ville du congrès, c'était en exempter Russie d'avance.

503

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 788. Londra, 9 novembre 1867, ore 15,30 (per. ore 18,40).

Stanley m'a dit qu'il ne voyait pas de danger de guerre et je suis du meme avis. J'écris.

(l) Per la risposta cfr. n. 506.

504

IL GENERALE LA MARMORA

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 792. Parigi, 9 novembre 1867, ore 17,15 (per. ore 24).

Reçu votre télégramme Cl). Parfaitement d'accord avec vous. Aussitòt que j'aurai pu obtenir quelque promesse formelle sur évacuation, il vaut mieux que je retourne à Florence.

505

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 790. Parigi, 9 novembre 1867, ore 19,50 (per. ore 21,45).

* Mous1Jier m'a lu aujourd'hui une dépéche adressée à Florence, dans laquelle il est dit que tout porte à croire que les troupes pontificales suffiront bientòt à maintenir tranquillité à Rome, et que Gouvernement français considérera comme un jour heureux celui où le rappel de ses troupes pourra avoir lieu * (2). Il m'a dit que l'Empereur pour donner preuve évidente de bons rapports avec l'Italie, avait donné ordre à M. de Malaret de se rendre immédiatement à son poste. *Les invitations à la conférence sont parties * (3). Elles sont adressées aux grandes Puissances, aux Etats allemands, à la Belgique, à la Hollande, à l'Espagne et au Portugal. *Elles seront communiquées aux Gouvernements d'Italie et de Rome. Gouvernement français repousse un congrès composé uniquement de Puissances catho1iques. * Moust~er m'a dit que l'Angleterre n'a jusqu'ici ni accepté ni refusé. Il croit que la Russie accepte. Il espère que la Prusse voudra adhérer également. Aucun programme n'a été indiqué aux Puissanc.es, qui sont invitées à examiner et à résoudre question romaine dans la mesure des intérets généraux et particuliers qui affectent chacune d'elles. Siège de la conférence n'a pas été indiqué non plus. Gouvernement prussien exclut Paris et il voit utilité dans le choix de Rome. Mais il est disposé à prendre en considération toute autre proposition. Beust a déclaré que l'Autriche interviendrait à la conférence, si elle était générale et non pas composée des seules Puissances catholiques.

506

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 434. Firenze, 9 novembre 1867, ore 21,45.

Le télégramme que vous m'avez adressé relativement à l'éventualité de la mort du Pape (4) est assez sérieux pour que je vous prie de me dire d'après

quelle donnée vous avez cru devoir mc faire cette communication. La chose est assez grave pour que nous ne devions porter notre attention que sur des questions d'une solution pratique.

(l) -Cfr. n. 499. (2) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in LV 13, pp. 49-50. (3) -In LV 13 qui aggiunto: «Esso è diretto alla maggior parte delle potenze europee». 14) Cfr. n. 501.
507

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 791. Parigi, 9 novembre 1867, ore 22,45 (per. ore 24).

J'ai insistè aujourd'hui auprès de Moustier pour le rappel immédiat et complet des troupes impériales. Moustier m'a répondu que le Gouvernement impérial désirait vivement pouvoir exécuter bientòt cette mesure; mais il a ajouté que l'Empereur n'avait pas encore de rapports sur l'état de Rome, depuis les derniers événements, et que d'ailleurs la présence des troupes impérlales dans les Etats pontificaux dans ce moment pouvait etre utile pour l'apaisement des esprits en Italie. Il m'a en outre laissé comprendre que le Gouvernement français ne voulait pas s'exposer à recommencer pour le cas où Ministère actuel qui inspire toute confiance, flit renversé. J'ai combattu ces objections, en tachant de démontrer que l'occupation prolongée pourrait avoir pour effet précisément de démolir le Ministère qu'il importe à tous de fortifter. Je reviendrai à la charge et La Marmora en fera autant.

508

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 40. Firenze, 9 novembre 1867.

Nell'occasione in cui il Cavalier Visconti d'Ornavasso ritorna a Berlino, Le trasmetto oggi una mia Circolare (l) , nella quale Ella troverà esposte le varie vicende dei negoziati occorsi intorno alla questione romana, dacché questa prese uno speciale carattere di gravità ed urgenza.

Quell'esposizione termina colla decisione presa ed eseguita dal Governo del Re, di richiamare le sue milizie entro i confini del Regno.

Ella troverà inoltre nella spedizione che Le invio oggi un dispaccio da me indirizzato al Signor Cavaliere Nigra (2) per bene stabilire la nostra situazione diplomatica nella fase presente.

Per completare queste notizie delle quali Ella certamente saprà vantaggiarsi con quel tatto e quella prudenza che La distinguono, credo ora opportuno aggiungere alcuni altri ragguagli, che sempre meglio la metteranno in grado di apprezzare le esigenze della situazione.

Ebbimo in questi giorni ragione di supporre che S. M. l'Imperatore Napoleone sarebbe stato disposto ad accettare, come definitiva soluzione, una pro

(2J Cfr. n. 488.

posta che tendesse a dichiarare che la Città Leonina rimarrebbe in assoluta dipendenza del Sommo Pontefice mentre n rimanente di Roma verrebbe annesso al Regno d'Italia. Epperò siccome nel tempo stesso ci si accennava che questa proposta avrebbe dovuto essere recata innanzi da qualche terza Potenza, noi rivolgemmo appositi ufficii, tanto a Londra che a Pietroburgo per esplorarvi le intenzioni di quei Governi, onde sapere se volessero prendere la iniziativa di una proposta officiosa nel senso sovraindicato.

Il Gabinetto di Londra pur dimostrando le migliori intenzioni a nostro riguardo, non avrebbe, per particolari sue considerazioni, assunto volentieri una iniziativa in simile affare. E dal Principe Gortchakoff ebbimo uguali dimostrazioni di simpatie e promesse di appoggio, ma soltanto nel caso in cui da altre Potenze si mettesse innanzi n progetto attorno al quale una Conferenza dovrebbe deliberare.

Dall'insieme delle risposte avute risulta che i Gabinetti delle principali Potenze temono di prestarsi ad alcuna cosa che possa motivare o rendere possibile la riunione di una Conferenza dalla quale la Francia sola trarrebbe profitto, facendo dividere ad altri Stati n peso che è per Lei attualmente la questione Romana.

Per verità noi crediamo che ove il progetto sovraesposto avesse potuto essere suggerito all'Imperatore Napoleone da un altro Governo amico, e quegli lo avesse accettato, si sarebbero potuti prendere, prima di entrare in una conferenza, preventivi accordi che avrebbero assicurato l'esito del convegno diplomatico. Ma purtroppo da certe disposizioni che si vanno tuttora prendendo per portare al completo l'effettivo delle due Divisioni del Corpo di spedizione francese in Roma, nonché da particolari informazioni essendo inclinato a credere che il Governo Imperiale sia in questo momento più di ogni altra cosa sollecito di ottenere dalle Potenze un'adesione incondizionata al Congresso, dal canto nostro abbiamo giudicato più conveniente rimanercene per ora nella situazione attuale, senza maggiormente insistere né direttamente né indirettamente, per una soluzione.

Avendo di già pubblicamente dichiarato che l'Italia aspetterebbe ora che la Francia soddisfaccia all'impegno preso di evacuare il territorio pontificio appena questo fosse sgombro e la sicurezza ristabilita, il Governo del Re ove questa promessa non dovesse essere mantenuta sarebbe nella necessità di assumere, rispetto al Governo Imperiale, un contegno di assoluta riserva (1).

(l) Non pubbllcata.

509

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 436. Firenze, 10 novembre 1867, ore 0,45.

Je reçois à l'instant votre télégramme relatif au congrès (2). Veuillez m'expllquer cette phrase «invitations seront communiquées aux Gouvernements d'Italie

et de Rome :l>. Serons-nous ou bien ne serons-nous pas adnùs au congrès? (l) Je vous préviens que la ville de Rome a été indiquée en Russie camme siege du congrès; mais prince Gortchakoff ne l'accepte pas. Jusqu'ici nos rapports avec de Villestreux ont été excellents, je désire qu'il en soit de méme avec baron de Malaret.

(l) -Un dispaccio analogo venne inviato in pari clatn a Londra. (2) -Cfr. n. 505.
510

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 437. Firenze, 10 novembre 1867, ore 0,15.

Nous apprenons de Paris que invitations au congrès ont été adressées, sans programme défini, aux Puissances méme à celles de second ordre. Faites savoir au comte de Bismarck que nous ne tenons pas au congrès, et que nous ne pouvons pas l'accepter, que si l'Empereur présente programme bien défini; car les dernières nouvelles reçues nous font penser que France a des intentions peu bienveillantes envers nous (2).

511

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 793. Vienna, 10 novembre 1867, ore 3,10 (per. ore 5).

Roi de Hanovre demeure à Vienne avec sa famille. Autriche n'acceptera pas participation à conférence entre Puissances catholiques seulement sur question romaine. Quant aux probabilités de guerre, j'en écris à V. E. par la poste. Mais ce que je puis dire, ici, c'est que, camme ministre de Prusse n'a pas hésité à le garentir à Bismarck, en Autriche opinion générale sent vivement besoin de la paix et la désire sincèrement; c'est encore qu'elle vise surtout à se garantir des dangers d'insurrection slave, en assurant statu quo en Orient, ce qui cause un vif dépit à la Russie; que les esprits l es plus sérieux ne croient pas que la Russie excite mouvement slave, sauf que guerre de France et de Prusse n'offre occasion favorable; enfin que l'on espère que Prusse sera modérée dans sa politique envers l'Allemagne du midi, de manière à ne pas fournir à la France occasion de guerre. Ce dernier point est cependant plus douteux, et surtout on se défie généralement de la France, dont on qualifie sévèrement, méme parmi des amis de Beust, la conduite envers l'Italie, et que l'an croit poussée par ses difficultés intérieures à des expédients dangereux pour le repos de tout le monde. N'ayant, du reste, aucune occasion, si V. E. le désire, j'enverrai homme de confiance mettre mes dépéches à la poste à Udine, et y prendre celles que

V. E. voudra m'y expédier, poste restante pour mardi.

(1) -Cfr. n. 532. (2) -Analogo telegramma venne inviato in pari data a Londra. Pietroburgo c Vienna.
512

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 438. Firenze, 10 novembre 1867, ore 11,45.

D'après renseignements certains nous avons à nous plaindre hautement de

M. Herbette régent du consulat général de France à Naples qui pendant cette dernière crise s'est plu à répandre les nouvelles les plus hostiles au Gouvernement du Roi en annonçant le prochain démembrement du Royaume de Naples auquel aurait été appelé le prince Murat et à défaut l'ex-Roi de Naples lui-meme. Ces assertions malveillantes ont contribué à ébranler la confiance. Veuillez-en parler à M. de Moustier; nous ne pourrions tolérer la présence d'agents qui prennent ainsi le ròle de provocateurs.

513

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 439. Firenze, 10 novembre 1867, ore 11,55.

Veuillez faire sentir au Gouvernement français que la meilleure manière de calmer l'agitation en Italie et de consolider le Ministère actuel qui offre des garanties d'ordre, est de retirer les troupes françaises le plus promptement possible du territoire romain.

Si lorsque nous nous présenterons aux Chambres, ce qui aura lieu bient6t, les troupes n'ont pas encore évacué, il y aura des explosions regrettables et dont on ne peut calculer les conséquences. Aux considérations de mon dernier télégramme (l) j'ajoute que le choix de Rome, comme siège de la conférence, ne nous semble pas opportun.

514

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 796. Londra, 10 novembre 1867, ore 14,20 (per. ore 17,10).

Vous pouvez etre parfaitement tranquille, vos idées sur 1e congrès sont entièrement celles de Stanley, qui n'a cessé de me le répéter dès le commencement, ainsi que ma correspondance en fait foi. Il vient de me le confirmer encore à l'instant, et prévoit que le congrès n'a point de probabilité.

31 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

(l) Cfr. n. 509.

515

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 798. Vienna, 10 novembre 1867, ore ... (per. ore 19,05).

J'ai fait votre communication (l) à Beust m'a dit qu'il écrira à Paris et qu'il désirerait avoir aussi de moi indications plus précises sur le caractère des dispositions peu bienveillantes envers nous qu'aurait Gouvernement français. Il m'a exprimé ferme conviction que Napoléon III n'a aucune intention défavorable à l'unité italienne, et m'a déclaré qu'il est dans son programme, à lui Beust, de ne favoriser en aucune façon des divisions en Italie. Je lui dis que je ne crains rien pour notre unité, mais que prolongation de l'occupation française est à elle seule, surtout après ce qui vient de passer, un acte peu bienveillant, et qu'il ne parait pas avoir été expliqué par le Gouvernement français à

V. E. dans un sens assez rassurant pour que nous puissions accepter le congrès sans programme. Il m'a répliqué que l'Angleterre et autres Puissances poseront aussi condition du programme préalable, et que la réunion d'un congrès n'est pas chose aisée. Il n'a pas encore reçu invitation française au congrès, à l'égard duquel il affecte attitude tout à fait passive. Je sais que le Roi de Grèce dés1.re faire sans bruit et en strict incognito une courte visite de sympathie à Sa Majesté en traversant péninsule italienne. Princesse Marie Louise de Saxe Cobourg Gotha est à Vienne.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA. AL VICE CONSOLE DESTINATO A RUSTCHUCK, DE REGE

ISTRUZIONI. Firenze, 10 novembre 1867.

Al momento in cui la S. V. sta per assumere l'UIDcio consolare di l a categoria testè eretto in Roustchouck con giurisdizione sovra tutta la Bulgaria, reputo conveniente farle conoscere da quali considerazioni il Governo del Re sia stato mosso ad istituire quel Vice Consolato ed a destinarvi una persona, che, come la S. V. per le prove già fatte in altri delicati ed importanti servizi diplomatici dà fondato motivo di credere che saprà con distinzione occupare un posto reso difficile ed importante dalle circostanze presenti.

In Bulgaria, come in molte altre parti d'Oriente, s'agita oggidi l'elemento nazionale sin qui compresso dall'ignoranza e dall'inopia, in cui giacevano dalla conquista in poi le razze cristiane.

Benché presso i Bulgari lo sviluppo della vita civile e sociale sembra operarsi più lentamente che non presso altre popolazioni europee, soggette al do

(Il Cfr. n. 510, nota 2.

mmw ottomano, ciò nondimeno anche in Bulgaria sono vive le aspirazioni pel perseguimento di uno stato di cose, diverso da quello che sin qui ha prevalso, e le idee di un'autonomia religiosa vi acquistano vigoria non comune.

Ella avrà campo, Signor Cavaliere, di studliare durante il soggiorno, che farà in Roustchouck, le varie fasi, alle quali andò soggetta la quistione dell'indipendenza nazionale della Chiesa Bulgara. Ella troverà ancora recenti le tracce di quella propaganda cattolica, che si tentò di fare in quelle provincie sotto l'egida dell'influenza francese, profittando dell'antagonismo esistente fra l'elemento ortodosso ellenico e quello slavo. Ma ciò che importerà ch'Ella indaghi si è per quali ragioni quel movimento religioso che sembmva dover avere per iscopo di allentare i vincoli che esistono fra le popolazioni bulgare e gli altri popoli di razza slava, sia stato poscia dalla Francia abbandonato; perché in questo fatto potrebbesi per avventura trovare la conferma la più esplicita e la prova la più concludente per dimostrare l'inutilità degli sforzi, che si farebbero per !staccare gl'interessi nazionali della Bulgaria da quelli della grande famiglia degli slavi del Sud.

Troppo poco numerosi per formare essi stessi un centro di azione propria nel movimento generale dell'Oriente Europeo, i Bulgari eccitano [ne]i loro vicini Serbi e Rumeni desideri di future annessioni, che noi non sappiamo, se trovino adesione nel paese. Sonvi Comitati bulgari nei Principati Uniti del Danubio ed una propaganda si pretende facessero dal canto loro i patrioti serbiani; ma questa lotta d'·influenze contrarie anz,i che riuscir profittevole all'opera della ricostituzione nazionale della Bulgaria, sembra invece accrescere la difficoltà (già per se stessa grav,issima) di stabilire i termini precisi di un programma per le future combinazioni.

V'hanno infatti nell'Oriente Europeo alcuni popoli la nazionalità dei quali non sembra definita in modo abbastanza preciso per poter sin d'ora prevedere, se nello svolgersi delle vicende politiche e sociali di quelle contrade troveranno in loro stessi gli elementi di una vita autonoma, ovvero se saranno tratti dal natura! corso degli avvenimenti ad associare la loro esistenza a quella di unità più forti e più compatte. Tali sono le popolazioni bulgare, che disseminate in colonie numerose in quasi tutte le provincie europee dell'Impero ottomano, costituiscono però nella Bulgaria propriamente detta un popolo, che ascende a pochi milioni d'abitanti.

In siffatta condizione di cose egli è evidente che l'elemento, al quale più d'ogni altro si deve aver riguardo e che meglio può servir di criterio per giudicare della vera nazionalità di un popolo quello è che si riscontra nelle stesse sue aspirazioni quali si possono scoprire e studiare soltanto con una lunga dimora sui luoghi ed un'investigazione accurata e continua.

Se viva fu la gara sino a questi ultimi tempi fra la Serbia e la Rumenia per attirare a sé l'elemento bulgaro, onde attenerne accrescimento considerevole di forza e stabilire per tal guisa in modo permanente la preponderanza di uno di quei principati sovra dell'altro; ora invece sembra che, venuti ad accordo, i due Governi principeschi si siano decisi a lasciare in disparte la quistione bulgara.

Si disse, né sappiamo con qual fondamento di verità, che la Russia temendo di veder l'influenza Rumena riuscire prevalente a detrimento di quella Slava, rappresentata dai Serbi, molto si adoperasse per rinfrancare il partito panslavista e per !staccare i Bulgari dai Moldo-Valacchi. Intorno a queste voci che sempre si vanno spargendo, io debbo soltanto osservare come converrà che la

S. V. prima di accoglierle si adoperi con special cura ad appurarne il fondamento, perocché troppo spesso si ripetono senza poi che i fatti vengano a confermarle.

Grande e considerevole è certamente il movimento slavo non solo in Turchia, ma anche nelle vicine provincie austriache; ma la preponderanza della Serbia e della Croazia da una parte, le scarse forze di espansione dell'impero russo dall'altra, danno sicurtà che ove il moto nazionale sia mantenuto nelle vie di un regolare e progressivo sviluppo, senza che si corra ad intempestive e precipitose risoluzioni, l'opera di ricostituzione interna, alla quale lavorano i partiti slavi del Sud potrà soltanto compiersi a profitto delle singole autonomie nazionali dei popoli, che intorno ad essa si affaticano.

Al qual proposito non debbo qui tralasciare di chiamare tutta la speciale di Lei attenzione sovra un punto importantissimo delle quistioni, che si agitano nei paesi, dove Ella dovrà soggiornare. Voglio dire che la S. V. non tarderà a scorgere che anche nel movimento degli Slavi meridionali il partito nazionale si scinde in due frazioni ben distinte; quella cioè di coloro che più che ad assicurare il conseguimento del fine con mezzi seri ed efficaci, sembrano intenti a procacciare con qualsiasi mezzo l'agitazione, e quella invece che si adopera con prudenza e saviezza a preparare e favorire lo sviluppo degli elementi indispensabili alla vita civile dei popoli e che non vorrebbero certamente colla impazienza e colla precipitazione compromettere l'avvenire della causa, che promuovono e difendono.

Appena è necessario ch'io Le dica che gli uomini di quel primo partito mantengono diretti rapporti col centro di agitazione cosmopolita, che produce tanta inquietudine in tutta Europa e vi prepara fors'anche gravi sciagure. Gli uomini assennati, i quali non possono aver fede nelle imprese di tal fatta, fanno invece sicuro affidamento in quell'appoggio morale, che naturalmente loro deriverebbe dal mantenersi saldo e forte in Europa il principio del rispetto delle autonomie nazionali e dal prevalere che vi facesse ad ogni altra politica, quella di non intervenzione. E coloro i quali mostrano di aver fede nel trionfo dei principi, sui quali poggia l'edifizio della nostra ricostituzione, sanno che l'Italia indipendente è la migliore e più sicura amica del vero progresso civile dei popoli; perocché il seguire un'altra politica sarebbe pel nostro paese cosa contraria a quella logica che sola rende i Governi forti.

Lo aver qui parlato di moti e di agitazioni popolari mi trae a trattenerla su di un altro argomento, che vi ha pure stretta attinenza.

Ella non ignora che quando si organizzò nel 1862-63 la rivoluzione, che scoppiò nella Polonia russa, i preparativi dell'insurrezione e gli aiuti partirono in gran parte dalle provincie ottomane del Danubio. Profittando della circostanza che molti Polacchi sono al servizio della Sublime Porta e che il Governo locale ed una Potenza finitima non sono interessate a spiegare tutta quella energica sorveglianza, che in altri casi consimili seppero adoperare, non sarebbe cosa affatto improbabile, che ora si volessero riprendere quegli stessi progetti e ricominciare quei medesimi tentativi.

Ella sa che pur troppo, senza fondata ragione, in Oriente s:i volle.ro sempre attribuire ad ogni agitatore italiano, che colà si aggirava, segreti ed intimi rapporti col R. Governo. Questo falso apprezzamento della nostra politica ci ha creato digià seri imbarazzi, ed ove continuasse ad ottenere credito, potrebbe riuscire sommamente dannoso agl'interessi maggiori, che si collegano colle nostre relazioni all'Estero.

Io debbo dunque porre la S. V. in guardia contro ogni sorpresa, che si tentasse di farle e La esorto in particolar maniera a ritenere, che la vera politica del Governo italiano non può smarrirsi per vie tortuose, e che parola autorevole del Governo è soltanto quella, la quale direttamente emana da chi ha autorità di pronunziarla.

Ella verrà forse a sapere che anche recentemente un personaggio ungherese, che fu al servizio italiano, percorse i paesi del Danubio, si recò ad Agram ed in varie altre località, ove non risiedono Agenti italiani, e poté far credere di avere uno speciale e segreto mandato del R. Governo. È mestieri dunque che la S. V. conosca che il Governo italiano fu affatto estraneo a quanto quel personaggio può aver detto od operato durante il suo viaggio. Coll'aver dato una lettera di semplice raccomandazione a quel signore e coll'aver accettata la offerta fatta dal medesimo di riferire sulle condizioni economiche delle regioni danubiane il R. Governo non intese attribuire un carattere ufficiale od officioso a chi non ne rappresentava la politica. Rimanendosi all'infuori di queste cose,

V. S. non dovrà però mai omettere d'informarmi esattamente di tutto ciò che sarà per accadere nei paesi di sua giurisdizione procurando sovra ogni altra cosa di tenersi, nel riferire i fatti, a quell'esatto e circospetto apprezzamento dei medesimi, che ne conserva il vero carattere e ne dinota in modo preciso la importanza.

Ma può darsi anche lil caso, in cui la S. V. contro ogni nostra aspettazione riconosca come molto esagerate le apprensioni dell'Europa per ciò che succede in Oriente. In quest'altra ipotesi la di Lei presenza in Roustchouck potrà gQovare moltissimo al R. servizio col porci in condizione di conoscere in modo sicuro l'efficacia delle leggi organiche da poco applicate dalla Sublime Porta alle sue provincie bulgare, nonché di giudicare qual grado di probabilità vi possa essere ancora di ricondurre la tranquillità in quelle contrade, mercé l'applicazione di utili riforme amministrative.

Al qual proposito è pure cosa opportuna ch'io faccia conoscere alla S. V. che da un anno circa è in vigore nell'Eyalet del Danubio la legge organica provinciale, dalla quale il Governo Ottomano ripromettevasi di ottenere i più soddisfacenti risultamenti. Questa legge, che dapprincipio sembrava dover essere generale per tutto l'Impero, fu dipoi soltanto applicata, a quanto dicesi, nella provincia, di cui Roustchouck è il capoluogo. A tutti i progetti di utili riforme domandate od anche proposte da potenze amiche la Sublime Porta ha in questi ultimi tempi risposto essere la nuova legge degli Eyalet opera perfetta e in relazione colle esigenze del paese; si vedesse la buona prova che quella legge faceva nelle provincie bulgare. Onde poter apprezzare senza prevenzione di sorta e colla massima imparzialità il valore di una legislazione provinciale, di cui è facile scorgere i numerosi difetti teorici, conviene quindi che da noi si sappia, se realmente in pratica e di fronte alle particolari condizioni del paese, al quale è applicata, quella legge possa per avventura considerarsi come un'istituzione seria e proporzionata al grado di civiltà delle popolazioni.

Sovra questo argomento delle riforme interne della Turchia si operò fra vari Governi non è molto tempo uno scambio d'idee, che ha ben definito certi punti di quistione circa i quali potevasi prima d'ora dubitare. Fu riconosciuto ad esempio che l'applicazione dell'Ratti houmayoun è imperfettissima nella maggior parte dei paesi soggetti al dominio turco e che quell'unificazione centralizzatrice, che dalla pubblicazione dell'Ratti Imperiale del 1856 in poi, si tentò di estendere a tutto l'impero, è oramai condannata dall'esperienza.

Nell'ultimo periodo dei negoziati diplomatici relativi agli affari orientali varie potenze, fra le quali l'Italia, si accordarono per dichiarare alla Sublime Porta che, dappoichè i consigli dati e ripetuti dei Governi amici non valevano a rimuovere il Divano dalla politica, nella quale ha sin qui persistito, d'ora innanzi le Potenze intendevano sottrarsi alla responsabilità di quanto fosse per accadere in Turchia, ricusando il loro appoggio morale al Governo ottomano nelle sue difficoltà interne. Non potrei ancora dirle entro quali precisi limiti si dovrà restringere col tratto successivo la nostra azione politica in Oriente per effetto di quella dichiarazione, che noi abbiamo fatto di concerto colla Francia, la Prussia e la Russia; ma sin d'ora Ella può ritenere che le naturali conseguenze di siffatto atto diplomatico altre non possono essere fuorchè di mantenere! in un contegno riservato, il quale ci è al tempo stesso additato dalle esigenze della nostra attuale situazione.

517

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 99. Berlino, 10 novembre 1867 (per. il 16).

Aussitòt après avoir eu entre les mains le télégramme de V. E., en date d'aujourd'hui (l), j'ai sollicité d'une manière pressante une audience du Comte de Bismarck. Il allait précisément partir pour accompagner le Roi aux chasses de Letzlingen, et ne devait ètre de retour que le 13 Novembre. Je n'ai donc pu avoir qu'un entretien de quelques minutes.

Je lui ai communiqué notre manière de voir relativement au projet de congrès. Il m'a dit à ce sujet que, hier, en effet. sans présenter toutefods une invitation formelle, l'Ambassadeur de France était venu le pressentir sur les intentions du Gouvernement Prussien. « M. Benedetti a développé tous les arguments qui lui semblaient les plus propres à nous gagner à la cause qu'il était évidemment chargé de plaider. Je lui ai répondu que je me réservais de prendre les ordres de Sa Majesté et de m'enquérir des dispositions des autres Puissances. Nous devions ces ménagements nommément au Saint Siège et à l'Italie; nous ne voudl'ions nous exposer à déplaire peut-ètre à l'un et à l'autre, et cela en pure perte, du moment surtout où nous remarquons l'absence d'un

programme bien défini. Qu'arriverait-il en effet, si l'Aréopage européen devait discuter dans le vide? Quant au plénipotentiaire prussien, il ne pourrait que garder le silence, s'il lui résultait qu'on dut se réunir sans une base ftxe et nettement déterminée. Bref, si je n'ai pas donné un non positif à M. Benedetti, c'est par courtoisie vis-à-vis de la France, mais il aura du comprendre que ma réponse n'était pas un encouragement. Elle avait un caractère assez évasif. Maintenant que je connais votre point de vue, je ne vous cacherari pas que je tiens aussi peu que vous à la réunion de l'aréopage européen dans une question aussi épineuse; je crois méme que l'affaire en restera là. D'après nos renseignements, l' Angleterre nous aurait dévancés dans nos répugnances, et, si la Russie se déclare consentante en principe au Congrès, elle y met la condition d'un programme préalable ».

Je n'ai pas manqué de faire ressortir le fait d'une invitation qui aurait été transmise également aux autres Etats allemands. Il ne fallait pas une grande perspicacité pour se rendre compte que, dans la pensée du Gouvernement français, c'était une captatio benevolentiae à l'adresse des Gouvernements secondaires, pour relever leur importance battue en bréche par la Prusse. Celle-ci d'ailleurs, et avec raison, ne peut se préter à ce que les Etats Germaniques, endeçà comme au-delà de la ligne du Mein, soient induits à faire de la politique étrangère, dont le mot d'ordre serait peut-étre cherché ailleurs qu'à Berlin. Sous ce rapport, le Gouvernement français a fait fausse route, en convoquant le ban et l'arrière-ban des Puissances. Il a mis la Prusse sur le qui vive. Ce n'est pas à nous à nous en plaindre.

(l) Cfr. n. 510.

518

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 100. Berlino, 10 novembre 1867 (per. il 16).

V. E. m'a chargé de chercher à connaitre l'opinion du Gouvernement Prus

sien sur des probabilités de guerre en Europe (1).

A deux reprises j'ai amené la conversation sur ce sujet.

Une première fois, dès mon retour à Berlin, quand la situation semblait etre très tendue entre nous et la France. Le Comte de Bismarck ne croyait pas à un conflit sanglant, et méme il pensait, en faisant allusion à des simptòmes de mécontentement à Paris et dans les Prov.inces, que, grace à une diversion, la question romaine pourrait peut-étre se résoudrc dans une tout autre direction que celle où nous nous trouvions ensuite de l'expédition de Toulon.

Une seconde fois, pas plus tard qu'aujourd'hui, j'ai encore fait une allusion dans le méme sens. Le Président du Conseil m'a répondu que, pour le moment, il ne voyait nulle part à l'horizon de ces points noirs précurseurs en Europe d'une prochaine tempéte. M'a-t-il révélé le fond de sa pensée? J'en

doute presque, et, puisque V. E. me fait l'honneur de me demander également mon avis, je me permettrai quelques observations.

La déclaration que quatre grandes Puissances ont remise le 29 Octobre à Constantinople, et qui établit le principe de non-intervention, en laissant à la Sublime Porte l'entière responsabilité de ses actes, n'équivaut-elle pas à un encouragement donné aux populations chrétiennes? La France croit avoir maitrisé le Cabinet de Saint Pétersbourg en acceptant ses propositions; mais ce dernier y voit un triomphe de sa politique. Tout en se tenant désormais ostensiblement à l'écart, il dispose de moyens occultes d'influence, qu'll ne se fera pas défaut de mettre en oeuvre pour soutenir ses coréligionnaires. La déclaration précitée, dont il s'attribue l'initiative, va, dit-on, etre traduite pour etre répandue en nombreux exemplaires partout où la Russie a des intérets à sauvegarder. Ses frontières, si étendues vers la Turquie, facilitent ses menées qui échappent au contrale européen. Les Crétois, les Hellènes, les Serbes, les Monténégrins, les Bulgares, etc. etc. sauront qu'ils ont carte bianche et en profiteront. L'Autriche qui a voulu conserver les mains libres, en ne se joignant pas à la démarche des quatre Puissances, sera peut-etre tentée de faire acte de présence, sous le prétexte d'éteindre un incendie qui menacerait de gagner ses provinces limitrophes. La Russie sortira alors de sa réserve apparente. L'Angleterre serait probablement mise en demeure de donner signe de vie. L'Italie aurait à faire valoir ses convenances sur l'Adriiatique. Dans ces circonstances, Ies Etats européens se grouperaient selon leurs vues respectives. Les divergences ne tarderaient pas à prendre un caractère irritant, et je doute fort que, songeàt-on alors à un congrès, on parvint à détourner l'orage.

Si le danger menace vers l'Orient, il ne parait pas que la situation soit plus rassurante en Occident.

La journée de Koeniggraetz a considérablement modifié les conditions de équilibre en faveur de la Prusse. Devenue prépondérante en Allemagne par l'établissement de la Confédération du Nord, elle a franchi plus tard la ligne du Mein, au point de vue militaire et économique, par ses traités d'alliance offensive et défensive et par la reconstitution du Zollverein. En n'écoutant que les conseils de la raison, la France devrait se soumettre à l'irréparable, car l'Allemagne est faite vis-à-vis de l'étranger, quelles que soient l'òs diUicultés intérieures qui restent à surmonter et qu'elle est en train d'aplanir, avec un esprit pratique qui jusqu'ici lui avait fait défaut. Dès lors. un conflit ne serait pas à prévoir. Mais, pour tirer un horoscope, faut-il ne consulter que Ies préceptes de la raison, dont les solutions sont toujours pacifiques? Ne faut-il pas faire une large part aux passions, sans lesquelles il n'y aurait pl'ls d'histoke? Or, à ce point de vue et surtout en tenant compte de la politique traditionnelle de la France, du caractère vaniteux de cette nation qui méconnait toute supériorité chez ses voisins, il n'est pas à supposer qu'elle ait dit son dernier mot à la Prusse. Le Cabinet de Paris a déjà élevé des prétentions de rectification des frontières. Le refus qu'il a essuyé l'a blessé au vif, et, quand son ressentiment a éclaté Iors de l'affaire du Luxembourg, la paix n'a été maintenue que gràce à la médiation des autres Puissances. Est-il admissible qu'il ne guette pas une autre occasion pour faire naitre un nouveau prétexte de conflit? En ordonnant l'occupation des Etats Pontificaux et nous menaçant du meme coup, indépendamment de son désir de complaire au parti clérlcal, ne tendait-il pas un piège à la Prusse, avec l'arrière-pensée de l'attirer à nos còtés? M. de Bismarck en a émis le soupçon, en laissant comprendre, au Chevalier Tosi et à moi, que la question romaine n'était pas pour lui un terrain favorable, puisqu'il risquerait de s'aliéner les sympathies de bon nombre de catholiques, à l'étranger aussi bien qu'à l'intérieur. Le fait est, le Comte de Bismarck n'en conviendra pas par prudence, que la méfiance et une sourde irritation se maintiennent à Paris contre la Prusse. Là, comme ici, une guerre entre les deux nations serait la plus populaire des guerres. Pour mieux s'assurer de l'opinion publique, surtout dans le reste de l'Europe, on évitera de part et d'autre, aussi longtemps que possible de prendre le ròle d'agresseur. Mais, quand le feu couve sous la cendre, il n'est pas téméraire de prédire qu'il gagnera peu à peu des éléments aussi inflammables.

Je pousserai le raisonnement plus loin, en émettant l'opinion que, en pareille éventualité. la victoire restera à l'Allemagne, combattant pour une cause nationale, avec l'arrière-garde de la Russie. Les populations germaniques sont supérieures aujourd'hui à la nation française par une civilisation plus avancée. Chaque soldat a, pour ainsi dire, une valeur individuelle, et certes sous le rapport de l'armement, de l'instruction et de la discipline, de la rapidité des mouvements, les régiments prussiens ont fait leurs preuves. La France, il est vrai, pourrait invoquer l'aide de I'Espagne et de l'Autriche, mais ces Pays ne comptentils pas au nombre des agonisants? Je ne parle pas du concours de l'Italie; notre destinée, notamment après les derniers événements, ne saurait ètre rattachée à celle de la France, où il faut chercher nos partisans avec la lanterne de Diogène, tandis que nos adv~rsaires forment légion.

Ainsi, non seulement je crois à la probabilité d'une guerre, mais je ne la crois pas trop éloignée, ou en Orient, ou en Occident. Si elle éclate d'abord en Orient, elle servira peut-ètre de paratonnerre pour l'Occident, à moins que la trainée de poudre ne produise une conflagration dans les deux directions à la fots. Dans tous les cas, un grande ròle est réservé à la Prusse, disposant désormais des forces militaires de l'Allemagne. N'oublions pas que cette Puissance a hérité du ròle que l'Angleterre avait attribué à l'Autriche, d'ètre son contrefort sur le continent, et que la Russie préfère entre deux maux le moindre, c'est-à-dire une Allemagne puissante à ses portes, au lieu d'une France victorieuse qui ne manquerait pas de souffler la révolution en Pologne. L'avenir est pour la Prusse. Ne négligeons donc aucune occasion pour nous rapprocher de cette Puissance, qui en définitive aura gain de cause. Je ne dissimulerai pas que nous avons perdu en prestige ici, depuis les derniers événements. On espérait, quelque regrettables qu'en eussent été les débuts, qu'ils serviraient à nous dégager de la France. Sans étudier les causes qui nous ont décidé à retirer nos troupes des Etats Pontificaux quand le drapeau français continuait à y ètre arboré, on est enclin à nous reprocher encore trop de docilité envers le Cabinet des Tuileries. Si la presse officieuse observe des ménagements, les journaux libéraux ne nous épargnent pas les attaques.

Je ne puis juger la situation dans un ensemble assez complet, pour me permettre une appréciation conscienscieuse. Mon role est de me conformer strictement à vos instructions, M. le Ministre, mais je me demande si le moment ne

serait pas venu d'accentuer davantage notre politique vis-à-vis de la France. Je me demande si le prestige de la Couronne et l'avenir du Pays ne conseilleraient pas de nous piacer, dans nos relations avec cet Empire, da-ns une pos:ition analogue à celle de la Prusse, qui ne vise pas à attaquer son voisin d'outre-Rhin, mais qui lui donne clairement à entendre par son attitude qu'elle n'admet aucune ingérence de l'étranger. Ce que nous perdrions dans nos relations avec la France, nous serait compensé à usure par la Prusse, par la Russie et par l'Angleterre. Nos difficultés intérieures, la surexcitation des esprits perdraient alors de leur intensité. Dans cette position, nous serions mieux à méme d'attendre de pied ferme la solution des questions à l'ordre du jour. J'en ai signalé, plus haut les principales. Si nous ne sommes peut-étre pas encore en état de faire à nous seuls une grande guerre hors de notre territoire, nous ne sommes pas moins très forts pour une guerre défensive, d'autant plus que, dans cette éventualité, nous pourrions compter sur des alliés. Tachons de regagner le terrain que nous a fait perdre une crise si mal engagée, puisqu'elle nous conduisait tout droit à l'anarchie, s'il ne s'était pas trouvé des hommes de dévouement pour accepter le pouvodr dans des circonstances aussi épineuses. Je veux admettre que le Gouvernement français a été poussé malgré lui à devenir menaçant. à nous concher presque en joue. Mais il n'est pas moins vrai qu'il a blessé au vif notre sentiment national. Il n'y a pas jusqu'à ses éloges qui ne revétent un caractère blessant, en nous félicitant de notre attitude et de nos résolutions. Il veut bien nous délivrer un certificat de loyauté. A ce sujet, je répèterai ce qui transpire dans la presse allemande, quelque pénibles et peu mesurées que soient ces appréciations. Les Gouvernements, dit-on, devraient étre loyat!X observateurs de leur parole, des traités, mais dupes, jamais. Or, c'était quelque chose de plus que loyal, de se croire tenus à des considérations auxquelles les Français ne s'entendaient pas tenus envers l'Italie; de recevoir de leur part une mannaie qu'ils nous refusent ensuite, lorsque nous la leur offrons. C'est quelque chose

de plus que loyal, de se dégarnir les mains autrement qu'à charge de revanche, et de se dessaisir des moyens d'obtenir justice avant de l'avoir obtenue.

Ces allusions portent sur le retrait de nos troupes des Etats Pontificaux, quand l'occupation française se maintient, sans qu'on alt fixé une date d'échéance. Il y aurait à établir un parallèle plein d'enseignements entre l'occupation actuelle et celle d'Ancòne en 1832. Dans son ouvrage Rivolgimenti italiani, le Marquis Gualterio fournit des données très utiles à consulter. Ensuite de ce bardi coup de main, les sympathies populaires prirent alors un autre cours au détriment des Autrichiens. Cette impulsion s'évanouit lorsque, six ans plus tard, Ancòne fut évacuée sans garantie, sans condition. L'invasion de 1849 irrita encore plus les esprits, et il a fallu la campagne de 1859, pour ranimer des sentiments d'amitié envers les français, dans lesquels nous voyons des alliés et avec qui nous croyons nous trouver en communauté de voeux et d'opinions. La paix de Villafranca a été une forte désillusion, suivie de bien d'autres. Il a été impossible de s'y méprendre. On ne veut pas. à Parl.s, d'une Ital1ie indépendante. On n'a eu qu'un but: se substituer par voiE' d'influence, et de pression, à l'Autriche. Ce sont ces prétentions qu'il faut combattre, à armes courtol:ses d'abord, et s'il est nécessaire en montrant les dents. Nous aurons pour nous l'opinion publique de nos populations et l'assentiment de

l'Europe. Un autre Cavour n'est possible, qu'à la condition de retourner au besoin contre la France le drapeau que cet homme d'Etat avait arboré contre l'Autriche. Qu'on ne parle pas de reconnaissance. Il y a eu échange de services. Ce n'est pas à nous, enfants de la Savoie, se,rvant la Maison de Savoie, de nous laisser arreter par une semblable considération. Pour mon compte je n'oublierai jamais que, en 1814, mon père a fait partie d'un complot pour ramener la Savoie sous ses Souvemins légitimes, et qu'à cet effet il s'est rendu au camp des alliés. D'ailleurs le sentiment n'est pas de mise en politique. La meilleure politique est celle des égoYstes. L'arme la plus te,ITible contre les dynasties déchues dans la Péninsule, a été l'accusation, ou le stmple soupçon. de suivre la bannière de l'Autriche: cette méme accusation, ou ce méme soupçon, de pencher vers l'étranger, tuerait tout aussi bien notre Monarchie. On ne lui tiendrait plus compte des immenses services qu'elle a rendus à la cause nationale.

J'espère, M. le Comte, que vous voudrez bien m'excuser, si j'ai dépassé le but que vous m'aviez assigné en me demandant mon avis sur des probabilités de guerre. J'ai cru remplir un devoir de parler à coeur ouvert, surtout avec un homme d'Etat si profondément dévoué au service du Roi et de l'Italie. Il n'entre pas dans ma pensée de conseiller la témérité. Je sais que la bonne politique consiste à savoir proportionner les moyens au but et les sacrifices aux avantages. Ce n'est qu'à ces conditlons qu'on s'assure des chances raisonnables de succès. Je ne connais d'ailleurs que par les journaux la situation en Italie et en France, ainsi d'une manière trop insuffisante pour me prononcer sur le quid agendum. Mais, je le répète, il m'a paru que je devais entrer dans ces considérations, sauf à m'en remettre à votre discernement pour vouloir bien me faire connaitre où est la vérité, où est l'erreur.

Ci-joint, une lettre particulière à l'adresse de V. E.

(l) Cfr. n. 491.

519

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 442. Firenze, 11 novembre 1867, ore 13. Je vous remercie de l'activité efficace que vous déployez pour nous concilier le Gouvernement anglais. En parlant de la convention de 1864 faites observer que si elle n'est pas abrogée de fait, elle est singulièrement ébranlée et désormais inefficace. Quant à la Cité Léonine évitez de parler en méme temps de

Civitavecchia qui ne devrait y étre comprise, que comme pis aller. Du reste avant de prendre aucun parti il faut attendre proposition française.

520

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 803. Pietroburgo, 11 novembre 1867, ore 15,20 (per. ore 21,05).

Faite au prince Gortchakow communication préscrite par dépéche de V. E. du 9 courant Cl). Le baron de Budberg eroi t savoir que l'évacuation, quoique

pas encore décidée à Paris, aura lieu sans trop de retard, sauf quelque point du territoire pontificai. La Russie n'a pas encore reçu invitation formelle pour un congrès. Gortchakow m'a répété qu'il à déjà déclaré refuser Rome et garantie du pouvoir temporel qui seraient illusoires. En tout cas il demande toujours, ainsi que l'Angleterre, de connaitre préalablement les bases.

(l) Cfr. n. 50C.

521

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 804. Parigi, 11 novembre 1867, ore 19,20 (per. ore 21,05).

Empereur me fait dire à l'instant qu'il à envoyé ordre aux troupes françaises d'évacuer Rome et de se retirer à Civitavecchia. La nouvelle sera demain au Moniteur (1).

522

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 805. Parigi, 11 novembre 1867, ore 19,35 (per. ore 21,40).

Je me suis plaint auprès du marquis de Moustier de la conduite de M. Herbette (2). Moustier s'est montré très surpris de ce que je lui ai appris, et il m'a dit que dans la correspondance de cet agent consulaire rien ne pouvait faire supposer qu'il ait tenu le langage qu'on lui attribue et qui est contraire aux sentiments du Gouvernement français. Moustier m'a promis de vérifier si l'accusation est fondée et dans ce cas de proposer à l'Empereur le remplacement de cet agent. J'ai signalé à Moustier ce que vous m'avez télégraphié sur le départ dans cette occasion de nouvelles troupes de Toulon. Moustier ignare le fait et n assure que rien n'est changé dans les dispositions du Gouvernement impérial à l'égard de la suspension de l'envoi de troupes en Italie. Il pense qu'il s'agit peut-ètre de soldats isolés qui d'après les règlements français doivent rejoindre leur corps; il en parlcra au ministre de la guerre et m'en informera.

523

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 444. Firenze, 11 novembre 1867, ore 23,45.

Le ministère a soumis à la signature du Roi un décret pour ètre autorisé à disposer d'une somme de 50.000 francs pour venir en aide aux blessés et aux ré

fugiés. Par suite des derniers événements quelques personnes y ont vu une approbation tacite des tentatives de Garibaldi. Nous repoussons cette fausse interprétamon d'un acte qui n'a été dicté que par un pur sentiment d'humanité, et auquel la politique est étrangère. Il aura d'autre part pour résultat d'éviter que sous prétexte de secours on ne constitue de nouveaux comités qui pourraient tendre à un autre but.

(l) -Questo tel~gmmma fu rltrasmes,,o h Berlino. Londra, Pletroburgo e Vienna con t. 44G del 12 novembre, ore 11.55 N>n la segue11te aggiunt~: « Cette nouvelle change la posltlon et la slmplifle. Toutefols nous ne devons prendre aucun engagement relativement au congrès avant de savoir sur qc•<'llcs bases on voudra traiter ». (2) -Cfr. n. 512.
524

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 445. Firenze, 11 novembre 1867, ore 23,45.

Le conseil des ministres auquel je viens de communiquer votre dépeche, qui annonce l'évacuation de Rome (1), me charge de vous exprimer, ainsi qu'au général La Marmora. ses remerciements pour le succès de vos démarches.

525

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GUALTERIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

N. CONFIDENZIALE 90. Firenze, 11 novembre 1867 (per. il 13).

Mi reco a dovere di comunicarle l'unito telegramma che ricevo da Caserta sul numero stragrande di sudditi pontificii che abbandonano le Province di Velletri e Frosinone per sottrarsi alle persecuzioni degli agenti del Governo di Sua Santità.

Trecento emigrati sono a Caserta, duecento a Sora, e via via quelle Province di Terra di Lavoro e di Napoli si vanno riempiendo di emigrati.

È bene rammentare che quelle Province non insorsero, né furono sollevate dalle bande armate che invase,ro lo Stato Pontificio, ma invece abbandonate da tutte le Autorità civili, militari e giudiziarie che fuggirono in Roma nel loro interesse lasciando quelle popolazioni in balia di sé, senza neppure delegare le rispettive attribuzioni alle autorità municipali dei luoghi abbandonati.

Le popolazioni lasciate da un lato senza forze, e senza magistrati e minacciate dall'altro dalle bande, provvidero al mantenimento dell'ordine pubblico con organizzare dei Governi Municipali. Questi sono i fatti, e per questi oggi dagli agenti del Governo Pontificio s'inveisce contro innocenti popolazioni che sono costrette a rifugiarsi sul nostro Stato, domandando protezione e soccorso non senza recare grave imbarazzo alle nostre autorità provinciali e all'erario.

(l} Cfr. n. 521.

526

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, PATELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 86. Lisbona, 11 novembre 1867 (per. il 18).

L'opinione pubblica in Portogallo, mP-no la piccola frazione clericale-Miguelista, si è, quasi unanime, pronunziata in favore dell'Italia, nelle difficili e gravi circostanze, in cui si è trovata avviluppata. Il Re Don Luigi ha seguito, e segue, con la più viva ansietà gli avvenimenti, ed i rappresentanti porto~hesi in Parigi e Firenze, in seguito delle istruzioni ricevute, tengono sempre il loro Sovrano, per mezzo del telegrafo, al corrente di tutto quello, che riguarda la questione romana. Sua Maestà, che da qualche tempo si degna farmi chiamare quasi tutti i giorni, mi parla sempre delle cose nostre e del grande interesse che vi prende.

*Sa Majesté Portugaise, m'avait avisé que son aide-de camp, Major Folque partirruit aujourd'hui pour Paris et Florence, chargé de lettres particulières pour Napoléon III et Victor Emmanuel. Sa Majesté a daigné me les lire; but offre médiation. M. de Loulé et une partie du Ministère en a été informée: Sa Majesté n'en a pas parlé au Ministre deli Affaires Etrangères, le sachant parMsan du pouvoir temporel. Hier au soir Sa Majesté m'a dit que sans y renoncer, il est convenable de suspendre pour le moment démarches susdites, ayant été avertie que les invitations aux Puissances pour le Congrès sont déjà parties. Je crois que réalisation congrès ou bien médiation susenoncée amènera ici changement Ministre des Affaires Etrangères * (l).

527

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 12 novembre 1867, ore 2,30 (per. ore 8).

Je viens d'étre informé d'une manière certaine que l'Empereur envoie ordre aux troupes françaises de quitter Rome et de se concentrer à Civitavecchia. Journal offkLel annoncera dema.in, j'ai voulu vous en informer tout de suite directement. Gette mesure montre combien Empereur embarrassé de son intervention. Il craint opinion qui est mécontente ici, il le fait pour se donner apparence de modération. Votre Majesté voit que mes prévisions se réalisent, et que votre silence et votre abstention porte ses fruits. Je vous prie de ne rien dire absolument, écoutez tout, mais répondez rien ni pour le congrès ni pour un arrangement quelconque, que votre Gouvernement ne promette rien et ne s'engage pas. Je crois qu'il est utile constater par note ferme et modérée que la con

vention de septembre n'existe plus, et rien autre. La Marmora n'a plus rien du tout à faire. Il faut que Nigra écoute tout sans répondre. Je suis persuadé par votre attitude tout à fait expectante, obtiendrez plus que par des démarches quelconques, absence absolue de réponse de la part du Gouvernement italien sera la meilleure leçon pour l'Empereur.

(l) Il bruno fra a~tf:rischi lu inviato in cifra.

(2) Da ACR.

528

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 447. Firenze, 12 novembre 1867, ore 14.

Je dois expliquer mes précédents télégrammes qui peut-etre n'ont pas été assez explicites. Lord Stanley doit avoir écrit à Paris que nous ne voulions pas du congrès. Cela n'est pas exact. Il est vrai que nous n'y tenons pas, car c'est encore l':inconnu; nous préfé,rerions traiter avec la France parce que c'est plus pratique; mais nous nous réservons d'accepter la conférence quand les bases en seront connues, si c'est le seul moyen d'en finir. C'est pour cela que nous ne faisons aucune instance à ce sujet avant de connaitre les propositions du Gouvernement français, afin de ne pas nous engager dans une vo1e dont nous ne pourrions, dès aujourd'hui prévoir les résultats.

529

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 448. Firenze, 12 novembre 1867, ore 14.

Il parait qu'une équivoque a eu lieu a Londres entre le marquis d'Azeglio et lord Stanley. Ce dernier aurait écrit à Paris que nous refusions conférence. Ce n'est point exact, Voici la vérité: *Vu l'hésitation des Puissances et de l'Angleterre entre autres à accepter la conférence avant d'en connaitre les bases, nous avons conseillé à nos diverses légations de prendre une attitude de réserve et de ne pas insister pour réunion de la conférence avant de connaitre les propositions du Gouvernement français. Nous pensons que le moyen plus pratique serait de traiter directement avec la France. Mais nous nous réservons d'accepter la conférence quand les bases en seront connues à défaut d'autre moyen d'arriver à une solution, en excluant bien entendu une conférence restreinte aux Puissances catholiques * (1). Telle est notre opinion. Cela vous servira à expliquer le malentendu qu'a pu P'roduire la dépeche de lord Stanley.

(l) Il brano rrn r.sterischi è ec!'to in Oriqines diplomatiques, vol. XIX, p. 299 preceduto c\alle parole: « Voici l'explicatlon de l'équivoque ».

530

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 811. Londra, 12 novembre 1867, ore 17,55 (per. ore 21).

Lord Stanley prend vive part à bonne tournure affaire. Le chargé d'affaires de France lui a communiqué ce matin télégramme de Moustier qui lui annonce que nous étions favorables au congrès. J'ai modifié cela en répétant que nous ne le refusions pas si les bases étaient considérées par nous comme acceptables.

531

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 59. Costantinopoli, 12 novembre 1867 (per. il 22).

La Sublime Porta sta meditando e ventilando il tenore della risposta da farsi alla nostra dichiarazione del 29 prossimo passato. L'Ambasciatore Britannico che ha molta influenza in questa circostanza, come è facile conoscerlo, suggerisce al Gabinetto Ottomano di fare una risposta conciliante quanto più possibile e d'indole tale da evitare ogni controrisposta per parte delle Potenze che agirono di concerto nel formulare e trasmettere essa dichiarazione.

Il Generale Ignatiew mi disse che Fuad Pacha, come tosto prese cognizione della medesima, mostrò un viso annuvolato pel tratto di tre giorni, trascorsi i quali, fece vedere una notevole serenità quasi fosse affatto rassicurato sulle conseguenze che dessa prima facie, poteva trar dietro di sé. Dirò a mia vicenda, che pranzai con Fuad Pacha il giorno stesso in cui aveva ricevuto la nostra comunicazione, e che non mi venne dato di osservare il menomo cangiamento nel suo abituale contegno. Egli mi parlò anzi, e molto a dilungo, delle cose d'Italia facendo il più esplicito elogio della recentissima proclamazione del Re di cui conosceva quasi l'intiero testo dietro apposito telegramma speditogli da Rustem-Bey, e ne prese argomento per bene augurare del futuro rispetto alle cose nostrali.

L'Ambasciatore d'Austria col quale già ebbi varie occasioni di abboccarmi dacché giunse al suo posto col nuovo titolo onde fu insignito, non mi dissimulò la sua disapprovazione rispetto all'attitudine da noi presa verso la Turchia. Si spiegò senza reticenza sul conto della Russia e volle persuadermi che l'Italia cui augura in giornata tranquillità, ordine e pronto assetto delle sue finanze, trarrà sempre miglior profitto dall'intendersela con Vienna anziché con Pietroburga, per quanto concerne la quistione Orientale, nella quale non sa discernere differenza d'interesse tra i nostri due paesi, fulminò la politica Russa parlò con indignazione della propaganda Slava e del Congresso testé riunito a Mosca con apparente scopo letterario ed etnografico, ma con reale intenzione di farne stromento di agitazione immediata, togliendo intanto a prestanza degli altri popoli, che tanto il vagheggiano, il principio delle nazionalità onde applicarlo sopra vastissima scala per conto proprio, e così dar base pratica ad una nazionalità Slava, la quale, ove si potesse mandare ad effetto, sarà la rov!ina dell'altra Europa. Finì con dirmi: «Io sono vecchio ed appartengo al passato distrutto in gran parte dagli avvenimenti attuali. So benissimo che più non rappresento le idee moderne, ma so altresì che il passato ha sempre un addentellato col quale il presente deve connettersi perché non vi sia, come non vi può essere, totale discontinuità tra i due elementi. Parlo così a voi che credo capace di apprezzare le mie idee, dietro quanto udii sul vostro particolare dal nostro Collega di Francia».

So infatti da quest'ultimo ch'egli parlò appunto di me in questo senso col Barone di Prokesch-Osten, nello stesso modo con cui so che il nostro Collega di Russia si lagnò assai del Signor Bourée siccome quello che con i suoi commenti individuali, attenuò in parte l'impressione e gli effetti che erano sperati dalla dichiarazione collettiva da noi fatta alla Porta.

Debbo aggiungere che Fotiades-Bey, attuale Ministro di Turchia in Grecia, ora in congedo, e molto assiduo nelle sale del Divano, mi fece una visita assai lunga onde parlarmi della dichiarazione; né mi stupirebbe che questa visita fosse stata suggerita da Fuad-Pacha. Feci ben noto al mio collocutore che io avevo bensì avuto ordine di comunicare il documento in discorso, ma che non avevo per istruzioni di farne i commenti.

Il Fotiades-Bey credette o mostrò di credere che col medesimo si sia cominciato dallo scostarsi dallo spirito del Trattato di Parigi per poscia denunziarne la lettera quando si creda opportuno e si possa sperarne un risultato utile.

Il Gran Vezir dopo aver mutato stile, spera di ottenere un buon costrutto dalla sua missione in Creta.

Buon nerbo di truppe si sta avviando verso l'Isola perché possa dar efficace protezione a chi si aderisse alle riforme amministrative, che si sta inaugurando nella medesima.

532

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 554. Parigi, 12 novembre 1867 (per. il 15).

Il richiamo delle truppe italiane dal territorio pontificio, ordinato spontaneamente dal Governo del Re, fu atto molto abile ed opportuno. Esso sconcertò interamente i calcoli del partito ostile all'Italia in Francia, il quale contava sopra un conflitto inevitabile tra le due nazioni e sulle conseguenze disastrose che potevano nascere pel Regno d'Italia. Un primo effetto di questa misura si fu l'ordine immediatamente spedito a Tolone perché si sospendesse la partenza per Civitavecchia della terza divisione del Corpo di spedizione. Un altro effetto più importante si fu l'ordine spedito jeri alle truppe francesi di evacuar Roma e di concentrarsi a Civitavecchia. La sconfitta delle bande garibaldine a Mentana e la loro completa evacuazione dal territorio pontificio lasciano oramai

32 ~-Documenti diplomatici -Serle l -Vol. IX

senza scopo la permanenza delle truppe francesi in Italia. Le dichiarazioni del Marchese di Moustier e quella pubblicata oggi nel Moniteur danno luogo a credere che appena sarà ristabilito l'ordine negli Stati pontificj, le truppe francesi saranno interamente richiamate anche da Civitavecchia.

Il Governo francese ha spedito gli inviti alle Potenze per la Conferenza sulla questione romana. Questi inviti sono formulati in un dispaccio diretto ai rappresentanti della Francia presso i varj Gabinetti. Sono invitate tutte le Potenze europee, ad eccezione della Grecia e della Turchia, le quali sono considerate come disinteressate nella questione. Comunicazione, di questi invHii. sarà fatta all'Italia ed alla Santa Sede. La ragione per cui questi due Stati, invece di ricevere un invito diretto, riceveranno comunicazione dell'invito fatto alle Potenze si è, nel pensiero del Governo francese, una ragione di convenienza, essendo l'Italia e la Santa Sede parti principali e principalmente interessate. Ma questa differenza nella convocazione non implica, agli occhi del Governo francese, nessuna idea di differenza di trattamento. Perciò l'Italia e la Santa Sede sono convocate a titolo eguale a quello delle altre Potenze, anzi a titolo superiore. Negli inviti nessun programma è indicato. Le Potenze sono convocate ad esaminare la questione in quanto essa affetta gli interessi generali e gli interessi speciali di ciascuna di esse. Nemmeno la sede delle conferenze è indicata. Il Governo francese però desidera escludere la città di Parigi, nello scopo di ben marcare il carattere europeo, e non soltanto francese, della questione che la conferenza è chiamata ad esaminare. Il Marchese di Moustier mi ha dichiarato che è ben inteso che la Conferenza deve avere il carattere di Conferenza europea e non quello di Conferenza di Potenze cattoiiche. Anche il Gabinetto di Vienna ha dichiarato che l'Austria sarebbe intervenuta solamente se la Conferenza ha questo carattere europeo, giacché non saprebbe indursi a far parte d'una Conferenza che fosse composta soltanto di Potenze cattoliche. Il Governo francese ha ragione di credere che la Russia non rifiuterà l'invito. La Prussia non fece ancora conoscere le sue disposizioni. Quanto all'Inghilterra pare che finora non abbia né accettato né rifiutato. Però il Gabinetto delle Tuileries spera che quando il Governo inglese sarà persuaso che dalla conferenza può uscire un risultato utile alla Francia non meno che all'Italia e tendente ad allontanare i pericoii d'un turbamento della pace europea, finirà forse per decidersi ad accettare l'invito anch'esso.

Nell'invito formulato dalla Francia nessun programma, come accennai poc'anzi, è indicato. E per verità io son portato a credere che il Governo imperiale non ha un programma preconcetto ben definito. Le idee dell'Imperatore in ordine alla soluzione della questione romana furono più volte espresse in documenti memorabili, ma in modo molto generico. Soddisfare alle aspirazioni nazionali dell'Italia e dare al Sommo Pontefice guarentigie efficaci e reali d'indipendenza assoluta coll'esercizio d'una sovranità più o meno limitata, più o meno effettiva, lasciare il Papa in Roma con questa sovranità e nel tempo stesso accordare ai Romani la partecipazione alla vita nazionale dell'Italia, tali sono l concetti che a più riprese si presentarono alla considerazione dell'Imperatore Napoleone. La preoccupazione più grave dell'Imperatore in questo momento pare che sia quella di svincolare la Francia dalla responsabilità esclusiva che finora si assunse intorno alla tutela del potere temporale del Papa, e di rimettere al giudizio dell'Europa l'esame delle varie questioni implicate nella questione romana. Dal linguaggio tenuto dai Ministri dell'Imperatore si potrebbe argomentare che la Francia si accomoderà alla soluzione che sarebbe proposta ed adottata nella Conferenza per consenso delle Potenze, anche quando essa potesse scostarsi più o meno dalle viste del Governo francese.

Ma se la Conferenza non potesse riunirsi, o riunita non riuscJsse a convenire in una soluzione? Io ho fatto questa interrogazione incidentalmente al Signor Rouher. Il Ministro imperiale di Stato mi rispose che la sua opinione personale sarebbe in questo caso di provocare un accordo diretto e confidenziale tra l'Italia e la Francia, eseguibile nell'eventualità d'una vacanza della Santa Sede. Si è su questo dato che io domandai all'E. V. per telegrafo, alcuni giorni or sono (1), quale soluzione il Governo del Re crederebbe di accettare per questa eventualità.

Intanto conviene esaurire la fase della conferenza. Il Governo francese tiene molto alla riunione di essa, e fu molto inquieto d'un telegramma giunto jeri da Londra che annunziava che lord Stanley aveva detto che l'Italia respdngeva la conferenza. Ho segnalato la cosa all'E. V. per telegrafo, perché fosse in grado .1i dissipare il malinteso, se esiste. Infatti, se era utile che l'Italia non pigliasse nessuna iniziativa per convocare la conferenza, è poi indispensabile ch'essa, fidente nel suo buon diritto, non vi si opponga e non assuma sopra di sé la grave responsabilità d'averla impedita col suo rifiuto.

533

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 169. Vienna, 12 novembre 1867.

Des Ministres hongrois me confirment la sincérité des regrets qu'éprouve ce Gouvernement, dans l'intéret de sa propre politique, du refroidissement des relations entre France et nous. Cette situation était entièrement imprévue pour lui malgré nos sérieuses représentations car l'Ambassadeur de France le Ministre de Prusse et le Ministre de Russie ici disaient que l'occupation mixte était hors de contestation et en outre le Ministre de Prusse me dit que toute la diplomatie française, notamment à Berlin et à Pétersbourg comme ici, disait que tout cela finirait bientòt selon le voeu de l'ltalie. J'ignore la portée des démarches que le Baron de Beust m'a dit vouloir faire à Paris pour éclaircir situation actuelle des choses à cet égard, mais je prends la liberté de soumettre à V. E. la question de savoir si le moment n'est pas opportun pour faire quelque chose d'agréable à l'Autriche; par exemple quant à ces quesllions du traité de paix du 3 Octobre 1866, dont on regrette ici la suspension, soit pour répondre et donner encouragement à ses dispositions favorables, soit pour bien établir que nos rapports amicaux sont complètement indépendants des termes où la France peut etre vis-à-vis de l'Autrlche ou de nous.

(l) Cfr. n. 501.

534

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANNESSO CIFRATO (1). Belgrado, 12 novembre 1867 (per. il 19).

Garachanine m'a confirmé ce que m'avait dit Orescovitch sur le plan qu'on prete à l'Autriche (et on prétend en ceci qu'elle est d'accord avec la France) qui consisterait à donner l'autonomie administrative à la Bosnie et à l'Herzégovine sous le Prince Karagiorgievitch, qui serait vassal de la Sublime Porte (voir ma dépeche N. 42 Serie Politique) (2). Supposant que la Sublime Porte se prete à un pareil arrangement, ce qui me parait assez difficile, la réalisation de l'union de la Bosnie à l'Herzégovine et de la vieille Serbie a la Principauté Serbe, qui est le reve doré du Prince Michel, deviendrait, selon moi, alors bien plus difficile qu'elle ne l'est aujourd'hui car la division se ferait bien plus profonde. Mais en ceci je ne suis pas d'accord avec Garachanine et M. Marinovitch qui pensent que la Bosnie, ou la Bosnie et l'Herzégovine, ayant ses coudées franques, pourront mieux travailler et plus facilement s'entedre avec la Serbie pour réaliser leur union avec la Principauté. Ne voulant pas insister pour le moment sur mon opinion, je me borne à prier V. E. de vouloir bien tacher de connaitre si vraiment ce projet existe et si l'Ambassade de France à Vienne y est favorable. Garachanine de son còté fera aussi tout ce qu'il pourra pour connaitre la vérité.

Hier le Ministre de la Guerre, Milivoi, m'a répété en présence de Garachanine sous le plus grand secret une conversation qu'il a eue, il y a deux jours, avec le Consul de France. Celui-ci lui a dit: «Je suis d'avis que vous travaillez pour la Russie. Vous avez un grand espoir dans l'atide de cette Puissance, mais si une armée Russe viendra en Serbie vous serez à jamais perdus ». Milivoi lui a représenté: «il est vrai que nous pensons d'employer dans notre armée un ou plusieurs ofllciers Russes capables, mais de ceci il ne s'ensuit pas que nous travaillons pour la Russie. Si nous pouvions croire que nous aurons besoin, non d'une grande armée, mais de l'aide d'un seul Bataillon russe nous ne bougerons pas, nous préférerions mille fois de rester sous la domination Turque car la Turquie c'est le provisoire, tandis que si nous tombions sous la Russie nous ne pourrions plus nous en délivrer. Nous, chretiens de l'ODient, nous avons la certitude de chasser à nous seuls les Tures de nos pays, et nous ne demandons aux Puissances de l'Europe qu'une faveur, celle de s'abstenir de toute intervention lorsque le moment de la lutte viendra ». Le Consul lui répondit: «Mais vous ne devez pas chercher à précipiter les événements, vous devez etre prudents et attendre >> « Oui, repartit le Minist.re de la Guerre, nous serons prudents, nous attendrons, seulement nous nous armons bien, nous nous préparons pour pouvoir profiter de la première occasion favorable; ainsi, si une guerre éclate, le premier coup de canon retenti en Occident, vous pouvez etre bien siìr que le second coup nous le tirerons en Orient ». «Mais enfin quelles sont vos prétentions? », lui dit le

(!) Al r. 43, non pubblicato.

Consul de France. «Nos prétentions consistent, répondit le Mtnlstre, à réunir dans un seui Etat le peuple Serbe de la Turquie, réunir la Bosnie, l'Herzégovine et la vieme Serbie à la Pr~ncipauté ». « Je crois, répond~t le Consul, que vous pouvez obtenir tout cela sans guerre, vous pouvez traiter votre cause dans une Conférence des Puissances garantes, et je suis sur que vous réussirez ». M. Milivoi lui a dit «nous ne demandons pas mieux que de nous év[ter la guerre; si nous voulons faire la guerre c'est que nous croyons qu'il n'y a pas d'autre moyen pour obtenir ce que nous sommes en droot d'avoir ». Alors le Consul de France dit: « j,e me réserve d'en parler à Ga:rachanine ».

Garachanine, Milivoi et Marinovitch, qui m'ont à leur tour entretenu sur cette conversation, sont d'avis que la France veut leur tendre un piège; elle veut leur faire perdre l'occasion en les berçant de l'espoir d'arranger leurs affaires par la voie diplomatique; d'autant plus que tout récemment Garachanine a été informé que le Consul Français de Scutari a proposé au Prince du Monténégro que ·s'il voulait se détacher de l'alliance Serbe, la France lui ferait obtenir en recompense une partie de l'Herzégovine.

V. E. pourra connaitre si ce que le Consul de France a dit à M. Milivoi est sérieux ou non.

Ici dans les sphères du Gouvernement ainsi que dans toutes les classes de la population on blame sévèrement la France pour les affaires de Rome. Toutes les sympathies sont pour l'Italie. Mème les Consuls de Prusse et de Russie (on le comprend) se montrent avec moi favorables à l'Italie. On dit ici que la France fait le Don Quichotte lorsqu'elle est la plus forte; que dans l'affaire de Pologne, malgré ses notes hautaines, elle n'est pas intervenue; qu'à Maximilien elle avait promis de lui laisser pendant un certain nombre d'années ses troupes, mais ayant été menacée par les Etats Unis d' Amérique elle n'a pas gardé sa promesse. On dit aussi que personne ne peut plus avoir confiance dans l'Empereur des Français, que sa politique change chaque jour.

Garachanine m'a dit avant hier, relativement à l'alliance Roumaine: «Nous désirons plus que personne cette alliance, nous y sommes les plus intéressés, mais avec qui nous pouvons traiter? Le Prince Charles ne s'en soucie pas, le Gouvernement n'est pas solide, je ne vois pas, malheuresement, pour le moment la possibilité de traiter d'une chose aussi sérieuse avec la Roumanie ».

(2) Cfr. n. 451.

535

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE S. N. Trieste, 12 novembre 1867.

Come ho già avuto l'onore di informarne l'E. V. con apposito telegramma (l), ieri mattina si è trovata nell'atrio della casa, dove dimora il Barone Michaud, Console generale di Francia, una bomba di ferro, il cui lucignolo s'era spento prima che scoppiasse. Il Barone Michaud, che mi ha personalmente partecipato questo fatto, mi soggiunse che aveva mandato la bomba

alla Direzione di polizia. Egli ne incolpa come è naturale, il partito Garibaldino-Mazziniano, che purtroppo ha anche qui le sue radici.

Nuove informazioni giuntemi oggi hanno confermato l'esattezza di quanto ho riferito all'E. V. colla mia confidenziale di ieri (l) relativamente alle truppe che furono dal Governo austriaco recentemente distribuite sulla frontiera dell'Isonzo.

Mi ,risulta in modo non dubbio che da qualche tempo gli impiegati della Luogotenenza e della Direzione di polizia vanno blaterando che quanto prima l'Austria riprenderà la Venezia e la Lombardia. Sebbene chiacchiere di questa fatta non possano avere alcuna importanza, credo cionondimeno utile che l'E. V. ne sia informata.

Si dice qui che il Governo austriaco deve concentrare trenta mila uomini su questo litorale; non so però se questa voce abbia qualche fondamento e finora non mi risulta che si facciano preparativi che possano attribuirle qualche consistenza.

(l) Non pubblicato.

536

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 813. Parigi, 13 novembre 1867, ore 12,15 (per. ore 14,50).

Par votre télégramme du 9 courant (2) vous m'avez chargé d'appuyer le général La Marmora qui à défaut d'entente directe avec la France avait instruction d'accepter conférence des Puissances européennes sur la question romaine. J'ai naturellement parlé dans le sens de ce télégramme au marquis de Moustier. Maintenant le Gouvernement impérial a appris que les ministres du Roi à Berlin et à Londres tiennent un autre langage et il s'en inquiète. J'ai fait déjà comprendre au ma,rquis de Mousti:er qu'il y avait là un malentendu. Je vous signale le fait afin que vous puissiez y porter remède. Conduite de réserve que j'ai pris la liberté de vous indiquer dans mes premières dépeches était possible avant que la question fil.t préjugée; mais après la mission du général La Marmora, le Gouvernement du Roi ne peut pas avoir l'adr d'entraver la réunion d'un congrès, ou conférence générale; il faut que nos ministres à Londres et à Berlin le sachent.

537

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 450. Firenze, 13 novembre 1867, ore 13,30.

L'article du Moniteur n'est pas aussi explicite que vous I'annonciez. Il promet l'évacuation prochaine de Rome, mais il ne dit pas que l'ordre en ait

été donné. Je me borne à cette observation, sans vous engager à faire pour le moment aucune instance auprès du Gouvernement français. Le chargé d'affaires de France est venu, de la part de M. de Moustier, se plaindre de ce que nous ne réunissons pas nos efforts aux siens pour engager les Cours étrangères, surtout celles de Berlin et de Londres, à adhérer au congrès. Faites sentir que nous ne pouvons pas unir nos efforts pour une conférence qui ne nous a pas encore été officiellement annoncée, quoique partie intéressée, et dont nous ne connaissons pas les bases. Il est donc de notre devoir de nous tenir sur la réserve, afin de ne pas compromettre notre position, en nous engageant dans une voie inconnue. J'espère que votre langage aura toujours été conforme à ces idées que je vous ai plus d'une fois exprimées, et surtout dans mon télégramme d'hier O). Je vous le répète. Nous ne refusons pas la conférence; mais nous ne pouvons pas l'accepter inconditionnellement.

(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 452.
538

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 814 Londra, 13 novembre 1867, ore 14,35 (per. ore 18,40).

J'ai pris à tache de toujours exactement rendre compte à lord Stanley par rapport au congrès, qu'il me parait impossible qu'll ait dit que nous refusions absolument; il aura dit que nous l'envisagions d'une manière peu favorable: en tout cas je lui ai fait part de vos deux derniers télégrammes (2) et le verra-i plus tard. Dans l'entretien de ce matin avec le chargé d'affaires de France, j'ai tenu le méme langage (3).

539

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A BERNA, MELEGARI, A BRUXELLES, DORIA, A L'AJA, CARUTTI, A LISBONA, TALIACARNE, A LONDRA, D'AZEGLIO, A MADRID, CORTI, A MONACO DI BAVIERA. OLDOINI, A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, A STOCCARDA, GREPPI, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, GIANOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 451. Firenze, 13 novembre 1867, ore 15.

(Meno Berlino e Londra). Je tiens à vous faire connaitre d'une manière précise l'opinion du Gouv,ernement sur la conférence proposée par la France pour régler questi:on romaine. Nous n'acceptons, ni ne refusons la conférence, qui

nous sera peut-etre bientòt proposée. Mais nous gardons jusqu'ici entiére réserve, et avant de prendre un parti, nous voulons connaitre les bases sur lesquelles la conférence doit avok Lieu. Acc,epter dès à présent ce semit marcher à l'inconnu et compromettre notre position.

(Per tutti). Il faut également que vous connaissiez exactement le motif de la retraite de nos troupes du tel"'l1itoire pontificai. II n'y a eu de la part de la France ni injonction, ni invitation à nous retirer. Rien de tout cela. Nous savions meme que les troupes françaises ne nous auraient pas attaqués. Mais nous voulions òter prétexte à la France de prolonger son séjour. Nous voulions surtout éviter l'arrivée d'une troisième division, dont on avait signalé le prochain départ de Toulon. Par suite de notre résolution spontanée l'ordre à la troisième division a été contremandé, et la Fmnce elle-meme annonce maintenant la retraite de ses troupes sur Civitavecchia. Tous les faits relatifs à l'intervention ont eu lieu sans aucune entente préalable entre les deux Gouvernements, qui, chacun de son còté, ont agi avec une entière indépendance et d'après ses propres convenances.

(1) -Cfr. n. 529. (2) -Cfr. n. 528 e t. 446, non pubblicato. (3) -Con t. 817 pari data. ore 18. d'Azeglio telegrafò: «Lord Stanley nie d'avolr dlt que nous refusions congrès, mals seulement que nous préférlons qu'll 11'eùt pas lleu ».
540

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 815. Parigi, 13 novembre 1867, ore 16,55 (per. ore 20).

L'Angleterre ne désire pas participer à la conférence; mais elle hésite devant la responsabilité d'un refus; elle serait enchantée de la rejeter sur nous. Au point où en sont les choses, et d'après les instructions que vous avez données au général La Marmora, je crois qu'il serait habile de votre part d'accepter purement et simplement. Quant aux bases, si la conférence se réunit, chacun exposera les siennes, et vous exposerez les votres. Ce qu'il importe c'est que nous n'imitions pas l'exemple de l'Autriche, cette année dernière, qui par son refus de congrès, s'est mise opinion publique de l'Europe sur le dos.

541

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 452. Firenze, 13 novembre 1867, ore 17.

Je m'empresse de répondre à votre dernier télégramme (l) que j'ai reçu en ce moment. Le Gouvernement du Roi n'a jamais songé à entraver les intentions de l'Empereur au sujet de la conférence; mais il nous est bien permis de nous abstenir pour le moment de donner notre concours à une

confèrence dont nous ne connaissons ni le but, ni les bases, et qui ne nous a pas mème été notifiée officiellement. Les instructions du général La Marmora sont très claires. Il devait tàcher d'obtenir des négociations directes avec la France seule, camme moyen plus pratique; et dans le cas où il n'aurait pu les obtenir, ne pas s'opposer à la réunion d'une conférence générale des Puissances de l'Europe. Il n'était pas nécessaire d'expliquer au général La Marmora que, avant d'accepter définitivement une conférence, il fallait connaitre les conditions d'après lesque1les on traitait. Tel est aussi le sens des instructions envoyées. à Berlin, à Londres, à S. Pétersbourg et à Vienne; et s'il y a eu quelques malentendus ils devraient ètre rectifiés en ce moment. Il serait à désirer qu'ils finissent. Je viens d'avoir un long entretien avec

M. de Villestreux à ce sujet, et je lui ai tenu un langage semblable.

(l) Cfr. n. 536.

542

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 816. Parigi, 13 novembre 1867, ore 18,45 (per. ore 20,15).

Votre télégramme d'hier (l) à propos du malentendu de Londres a été communiqué par moi au marquis de Moustier par écrit. L'Empereur des français m'a fait dire bien positivement avant hier que l'ordre de concentration des troupes à ·Civitavecchia a été expédié.

543

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 453. Firenze, 13 novembre 1867, ore 23,30.

Je regrette de devoir insister pour maintenir la position que nous avons prise relativement à la conférence. Il est étonnant que l'an veuille dès à present avoir notre consentement à une conférence qui ne nous a pas mème encore été annoncée officiellement, tandis qu'elle l'a été à toutes les autres Puissances. Il serait d'autre part contraire aux règles les plus élémentaires de la prudence de s'engager avant de savoir sur quelles bases l'on veut traiter. Je vous le répète encore. Nous ne refusons pas. Mais je m'en rapporte à votre télégmmme du 6 novembre (2), dans lequel vous disiez: «la difficulté est lo de réunir une conférence; 2° de faire soutenir par la conférence une solution qui nous soit favorable ». Il me semble qu'il serait beaucoup plus nature! que la France nous indique elle-mème quel est son projet. Si une entente préalable avait lieu, nous pourrions agir dans son sens pour engager

les autres Puissances à accepter une conférence, devant laquelle elles hésitent à cause de l'incertitude méme de la solution. Veuillez d'ailleurs déclarer au besoin que nous déclinons toute responsabilité dans cette affaire. Je dois d'ailleurs vous prévenir que les conversations du marquis d'Azeglio et du comte Launay ont été inexactement rapportées à Paris.

(l) -Cfr. n. 529. (2) -Cfr. n. 476.
544

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. MENABREA

R. 102. Berlino, 13 novembre 1867 (per. il 19).

J'ai eu hier la visite de l'Ambassadeur de France. Il comptait sur mon concours auprès du Gouvernement Prussien, afin de faciliter le succès de ses démarches pour la réunion d'un congrès. Je lui ai répondu que je n'avais reçu aucun ordre dans ce sens: que, d'après l'interprétation que je donnais à mes instructions, nous attendions un programme bien défini avant de nous prononcer, et que j'avais été dans le cas de m'exprimer de la sorte vis-à-vis du Comte de Bismarck.

M. Benedetti s'est montré surpris de ma réponse, car il prétendait avoir reçu de Paris l'avis que, d'après des assurances émanées du Chevalier Nigra, je semis autorisé à lui préter appui.

J'ai cru qu'il était de mon devoir de communiquer aussitòt par le télégraphe cet incident à V. E. (1).

J'ai reçu postérieurement, dans la soirée du méme jour, son télégramme du 12 (1), et ce matin celui du 13 (2), ce dernier expliquant sa pensée au sujet de la proposition du congrès. Je me suis immédiatement rendu chez

M. de Thile, et je lui ai parlé dans le sens de ce télégramme. Comme le Comte de Bismarck avait pris acte des déclarations que je lui avais faites précédemment, (dépéche de la Série Politique, N. 99) (3) déclarations qui avaient corroboré ses répugnances à prendre part à des conférences sur la question romaine, il importait que, dès son retour, il est attendu ce soir, il ptit se rendre un compte exact de nos dispositions, au moment surtout où il aura à s'occuper de la réponse à faire aux instances de M. Benedetti. La situation, ainsi que je l'ai fait ressortir et que je constate ici. est donc bien celle que nous ne repoussons pas le Congrès, mais que nous ne prendrons aucun engagement avant de connaitre les bases sur lesquelles on doit traiter. Je comprends que la nouvelle des ordres expédiés pour l'évacuation de Rome et pour la concentration des troupes françaises à Civitavecchia, soit une preuve que le Cabinet de Paris commence à se départir de sentiments peu bienveillants à notre égard et que notre position soit ainsi simplifiée, quoique la question de principe reste intacte. Mais il ne saurait en résulter pour nous une obligation morale quelconque de sonner la diane de concert avec

la France, pour convoquer un aréopage appelé à s'immiscer dans les rapports entre nous et le Saint Siège. Aussi suis-je bien aise que les dernières instructions de V. E. ne modifient pas essentiellement notre point de vue, puisque nous réservons notre attitude, tant que nous ne saurons pas quelles seront les bases des négociations.

Durant ma mission précédente à Berlin, j'avais été autorisé par le Ministère à prendre un abonnement à l'agence télégraphique Wolff de cette capitale, qui distribue journellement le bulletin des nouvelles politiques. Le Comte de Barrai, parce qu'il ne connaissait pas la langue allemande, a laissé tomber cet abonnement, qui dès lors n'a plus figuré dans les frais extraordinaires de la Légation. Comme je le crois indispensable, surtout dans la crise que nous traversons, je prie V. E. de me permettre de me prévaloir de l'anc•lienne autonisation, qui avait déjà été acco·rdée à cette Légation. La plupart de mes collègues dans cette résidence jouissent de cette prérogative, et c'est gràce à elle que certains d'entre eux jouent le ròle de personnes bien informées.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 539. (3) -Cfr. n. 517.
545

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 818. Vienna, 14 novembre 1867, ore 18 (per. ore 19,10).

J'ai parlé au baron de Beust selon vos instructions écrites et télégraphiques. Il a très bien accueilli ces communications et il m'a confirmé qu'il continuera à agir pour concilier les vues de France avec nos intérets. Il m'a paru attribuer en partie à la dernière démarche qu'il m'avait dit vouloir faire à Paris l'attitude moins défavorable de la France, et la retraite des fran~ais :mr Civitavecchia. Il a reçu invitation à la confèrence, conçue en termes très vagues. L'Angleterre, m'a-t-il dit, ne l'accepte pas; la Prusse n'est pas encore décidée. La Russie s'oppose à ce qu'elle se tienne à Rome, et on parle maintenant de la tenir en Suisse.

546

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 820. Parigi, 14 novembre 1867, ore 18,10 (per. ore 21,10).

J'ai expliqué aujourd'hui à Moustier dans une longue conversation attitude du Gouvernement italien qui n'est pas refus de la conférence mais réserve pour en connaitre les bases. Moustier a accepté ces explications. mais il a demandé que l'Italie s'unisse à la France pour amener l' Angleterre et la Prusse à l'accepter. Il m'a dit que ... (l) directe entre la France et

l'Italie était impossible, parce que dans des négociations directes la France aurait pour ainsi dire ròle de tuteur de la papauté, ròle qui la forcerait à nous etre moins favorable que dans une conférence. En outre, arrangement directe n'aurait pas sanction; par contre dans une conférence la France est plus libre de nous appuyer. Quant aux bases, la France n'en propose pas, parce que si elle en proposait, elle ne pourrait pas, en présence du parti catholique, se dispenser de proposer celles de la conservation du pouvoir temporel plus ou moins Hmité. C'est le Pape qu1 doit demandeT des bases et non l'Italie. Moustier désire que vous ayez confiance en France qui au fond demande à se dégager et à s'en remettre aux Puissances, lorsque la conférence sera assurée. Moustier ne se refuse pas à un echange d'idées prélimina>i:re avec nous dans le dessein de marcher d'accord, mais à présent il n'a aucun projet préconçu. J'ai acquis conviction que le jour où la conférence sera certaine les troupes impériales quitteront Civitavecchia. Pensez y et veuillez me ·répondre par télégraphe. Vous comprenez que si an propose dès à présent pour base destruction du pouvoir temporel plusieurs Puissances refuseront la conférence et si an ne propose pas le maintien, plusieurs autres feront de meme. Du reste, les propositions plus ou moins radicales qui dans les conférences ne pourraient pas etre faites par la France pourront etre faites par nous ou par l'Angleterre, et je crois que la France ne s'en étonnera pas.

(l) Gruppo lndecifrato: négociation, entente?

547

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 296. Firenze, 14 novembre 1867.

Aujourd'hui que la France annonce vouloir mettre à exécution la promesse de retirer ses troupes de Rome il est nécessaire que je vous fasse connaitre les vues du Gouvernement du Roi relativement à la conférence que l'Empereur voudrait convoquer pour définir la situation réciproque du Saint-Siège et de l'Italie.

Vous savez, M. le Ministre, que le général La Marmora qui a bien voulu se charger d'une mission auprès du Gouvernement français pour aplanir de concert avec vous, les difficultés inhérentes à notre état actuel de crise, a eu entre autres mandats celui d'amener la France à des arrangements propres à résoudre définitivement la question Romaine.

Ayant pris en considération les moyens les plus pratiques pour arriver à un prompt résultat, il nous a paru qu'une entente directe avec le Gouvernement français était la manière la plus simple d'atteindre ce but. Dans le cas où il ne serait pas entré dans les vues de l'Empereur d'accepter ce système de négociations, H restait à recourir à une conférence des Puissances Européennes.

Nous n'avons repoussé d'une manière absolue qu'une conférence à laquelle n'interviendraient que d es Etats catholiques; mais si nos informations sant

exactes, il parait qu'un tel projet n'a meme pas été mis en avant. En conséquence j'avais déclaré que nous ne pourrions admettre qu'une conférence semblable à celles qui se tinrent plus d'une fois entre les représentants des grandes Puissances pour délibérer sur des questions d'intéret général.

Les trois hypothèses ci-dessus mentionnées ont été prévues dans mes précédentes communications, et vous avez été chargé d'appuyer les démarches que chacune de ces hypothèses, en venant à se réaliser, aurait rendu nécessaires.

D'après les informations qui nous sont parvenues presque toutes les Puissances de l'Europe auraient déjà reçu une invitation officielle pour un congrès, tandis que jusqu'ic·i rien de semblable n'a eu lieu pour l'Italie. *Je dois meme noter que dans l'entretien que S. E. le Général La Marmora a eu l'honneur d'avoir avec l'Empereur, Sa Majesté a évité de parler du projet de réunir un Congrès *.

Toutefois en me rapportant à vos dépeches, je dois croire que nous serons invités à la réunion des Puissances non seulement au méme titre que les autres Gouvernements mais aussi comme partie principalement intéressée.

D'autre part il nous revient que les Puissances interpellées à ce sujet hésitent toutes, à l'exception de l'Espagne, à accepter la Conférence avant de connaitre les bases sur lesquelles on devra traiter, et qu'avant de répondre d'une manière explicite, elles cherchent à connaitre les intentions de l'Empereur des Français.

Cet état de choses nous impose la plus grande réserve et nous ne pouvons prendre aucune initiative dans cette question avant d'avoir reçu une invitation officielle; nous ne pourrions non plus prendre dès à présent aucun engagement avant de connaitre quelles sont les propositions sur lesquelles on aura à traiter.

Plus que tout autre le Gouvernement Italien désire arriver à une prompte solution de la question romaine, mals il ne saurad.t en aucune façon concourir à des délibérations qui pourraient avoir comme conséquence l'établissement d'un état de choses qui rendrait la position de l'Italie vis-à-vis du Saint-Siège plus mauvaise qu'elle ne l'a été jusqu'ici.

L'attitude expectante que nous avons prise nous est dictée par les règles de la prudence la plus vulgaire et nous ne pourrions nous en écarter sans compromettre les graves intérets qui nous sont confiés.

C'est pourquoi les instructions que j'ai données aux représentants de Sa Majesté auprès des Gouvernements Etrangers ont toujours été conçues dans le sens de 1a plus grande réserve. Comme je l'ai dit plus haut, je leur ai bien fait remarquer que nous ne refusons point la conférence, mais que nous ne pouvons pas engager les autres Puissances à l'accepter avant d'y avoir été nous mémes officiellement invités, et avant de connaitre les bases sur lesquelles la Conférence sera appelée à délibérer.

Il me semble que si la France désirait que nous l'aidions dans la tàche qu'elle s'est imposée le moyen le plus simple pour elle serait de nous faire connaitre ses intentions et d'établir avant tout une entente avec l'Italie. Sans cela il nous serait impossible de nous engager dans une voie dont l'issue nous est inconnue.

J'ai tenu à vous exposer les motifs de l'attitude du Cabinet de Florence afin que Vous puissiez régler vos démarches en conséquence.

(l) Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 13, pp. 53-54.

548

IL MINISTRO A BRUXELLES, DORIA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CIFRATO 87. Bruxelles, 14 novembre 1867 (per. il 19).

La Belgique est aussi invitée à la Conférence. Vu l'absence momentanée du Ministre de France, la dépéche relative n'a pas encore été communiquée. Il me parait que l'on penche ici vers l'abstention. On observe qu'en sa qualité d'Etat perpetuellement neutre, la Belgique ne peut pas donner de garantie. L'exemple récent du traité du Luxembourg vient à l'·appui de cette observation, toutes Ies parties contractantes ayant garanti la neutralité du Grand Duché, à l'exception de la Belgique elle-méme. Le Ministre des Affaires Etrangères vient de me parler dans ce sens.

549

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 851/331. Londra, 14 novembre 1867 (per. il 18).

Rimando questa sera il Corriere di Gabinetto giunto a Londra ieri mattina non prevedendo che possa essere di grande utilità il trattenerlo mentre può esser più utile a Parigi.

Ora che la questione Romana tende a rimettersi in una fase meno violenta credo che diminuirà la facoltà per il Governo Inglese di renderei quei servizii che venivano indicati. da minacce e pericoli d'aggressioni.

Anche pel Congresso aumenta l'antipatia del Governo Inglese a mischiarsene; e sono portato a credere che nell'ultimo Consiglio di Gabinetto tenutosi martedì avant'ieri la conclusione sia stata in quel senso. Almeno jeri sera mi ripetè lord Stanley che essi si sentivano meno che mai disposti ad accettare.

Ho toccato di volo discorrendo con lui quanto V. E. m'indicava aver detto a Sir A. Paget riguardo alla Città Leonina. Lord Stanley parimenti mi disse che non intendevano prender iniziativa di sorta. Ma però lo feci, perché l'abituar le menti ad un'idea può più tardi contribuire a far accettare cose che non si sarebbe creduto prima.

Del resto V. E. ha troppo spirito d'osservazione per non ammettere che certe iniziative quando presentate da potenze protestanti peccherebbero nell'origine, e che appunto il poter dire d'essere state proposte da protestanti basterebbe per farle cadere a terra. Le potenze protestanti utilmente ci serviranno appoggiando proposizioni fatte da noi e credo in quel senso lo consideri il Governo Britannico.

Ho consegnato confidenzialmente a lord Stanley la copia del dispaccio diretto al Cavalier Nigra in data del 7 (l). Del resto il Morning Post stamane lo dà a lungo in Inglese.

Il Times parla sfavorevolmente del Congresso.

Ho visto jeri il Conte Bernstorff reduce da Berlino ed egli pure confermò l'intenzione del Governo Prussiano d'andar all'unisono con questo per riguardo al non accettare il Congresso senza veder chiaro nei componenti e nello scopo. La Russia ha fatto chiedere qua cosa si farebbe. Non pare dunque che vi sia grande alacrità a favore di questa combinazione.

Ho poi je11i Dingraziato una volta d.i più lord Stanley di quanto egli oprò per noi, secondo V. E. me ne dava l'incarico ed egli naturalmente vi corrispose con quelle frasi che potevamo aspettarci dalla sua simpatia per la nostra causa.

San tenutissimo a V. E. per quelle lodi che ben volle dare anche a me. E sicuramente mi san trovato di rado in circostanze così gravi per la patria nostra, la quale però in questi ultimi venti anni ha versato in tanti pericoli, ed eventi di tal magnitudine. Avevamo edificato e vi era pericolo di rovina. Ma certo mai parimenti ho sentito l'utilità dell'esperienza che non può a meno di dare l'abitudine di un paese e degli uomini dopo un lungo soggiorno. Ajutato dalla simpatia inglese per l'Italia ho potuto così anche io provare di faire de mon mieux e l'indulgenza dei miei superiori avrà fatto il resto.

Nell'accusar ricevuta a V. E. della circolare in data del 7 e del dispaccio politico n. 60 (9 novembre) (1).

(l) Cfr. n. 488.

550

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (2)

R. 854/334. Londra, 14 novembre 1867 (per. il 18).

Partendo il Corriere questa sera andai al Foreign Office *onde, veduto lord Stanley, sapere se avrei qualche cosa da aggiungere. Di fatti egli ben volle darmi a voce un sunto della risposta che stava per mandare a Parigi riguardo al Congresso. Naturalmente ricevutolo verbalmente devo chiedere l'indulgenza di V. E. per gli sbagli che cagionerebbe la mia memoria *.

Lord Stanley principiò col dire che l'Imperatore è meritevole di gran lode per aver pensato a sottomettere alle deliberazioni delle Potenze un soggetto di cui l'importanza è certamente pari a questa imperia! preoccupazione, e di cercarne con loro la soluzione.

Ma non possono dissimularsi le difficoltà che si affacciano, sia per parte dei fautori del potere temporale i quali pajono decisi a non transigere, sia per parte del Governo Italiano. Stante l'opinione pubblica nessun Ministero potrebbe accettare condizioni che andassero contro alle aspirazioni nazionali.

Una non riuscita della conferenza sarebbe aumentare le difficoltà attuali. Per conseguenza si esige di non riunire questo congresso senza aver prima fissatene le basi -Primo punto.

E secondo si possano sperare probabili concessioni per parte dei due interessati, e così si possa contare sul loro aderire a quanto sarebbe convenuto nel congresso.

L'Ambasciatore di Prussia che venne in questo momento a trovarmi mi ha detto che lord Stanley, nel felicitarsi dell'accordo che esisteva fra le due potenze, aveva fatto menzione di queste due condizioni. Egli mi confidò che per parte della Francia si farebbe di tutto perché fosse ammesso il principio che la maggioranza della conferenza bastasse a decidere. E quindi cercavasi di raccapezzare tutte le potenze cattoliche. Ma egli ci consigliò vivamente di ricusare un simile pericoloso precedente in qualunque conferenza: perché ricusandolo due voci a nostro favore, avrebbero bastato a impedire fatali conseguenze.

*P. S. Ho chiesto a lord Stanley quando faceva conto di mandare la risposta. Mi disse non prima di sabbato perché doveva farla vedere a lord Derby, attualmente in campagna *.

(l) -Non pubblicati. (2) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in MrKo, p, 310. In LV 13, pp. 56-57 e in BASTGEN, vol. II, pp. 558-559 è edito un rapporto dal contenuto analogo ma diverso nella forma.
551

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 101. Monaco, 14 novembre 1867 (per. il 19).

Qui unito ho l'onore di trasmettere un annesso cifrato.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

J'ai appris de très-bonne source que l'Empereur d'Autriche, à son passage ici, a r:1anifesté à son Ministre ici son méco.r,tentement pour avoir lais:;é presque anéantir influence autrichienne en Bavière. Il s'est plaint en mème temps auprès du Roi tendances prussiennes de son Gouvernement Dam: une conférence que le Baron de Beust a eue avec ce Ministre des Affaires Etrangères, il a dit que la paix d'Europe dépendrait de la résistance que les Etats Allemand::; non compris dans la confédération du Nord opposeraient aux attractions prussiennes, et qu'il aurait donné grand poids aux réponses de ces Gouvernements à l'invitation de la France sur la conférence pour régler question romaine.

Dans les régions gouvernementales on croit qu'une entente s'est établie entre Napoléon III et François Joseph, non seulement sur la question d'Orient, mais aussi sur les affaires Allemandes; et que dans le cas mème d'une guerre agressive de la France contre la Prusse, l'Autriche prendrait effectivement fait et cause pour la France. On craint que les ultramontains veuillent exploiter cette éventualité pour agir sur l'esprit du Roi en faveur de la conférence patronnée par la France, surtout depuis qu'on sait qu'à la conférence sont invitées toutes les Puissances sans distinction de religion.

552

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 456. Firenze, 15 novembre 1867, ore 15,30.

Adhérant au désir que vous m'exprimez de la part du marquis de Moustier (1), j'ai télégraphié à Londres et à Berlin (2) pour faire sentir que l'atti

\~) crr. n. 553.

tude de réserve que nous avons gardée jusqu'à présent ne doit point étre considérée comme ayant pour but d'induire les Cabinets anglais et prussien à repousser la conférence; leur adhésion serait au contraire un motif pour nous à y prendre part. Nous insistons néanmoins, conformément à l'assurance que vous m'en donnez pour que l'occupation française cesse entièrement avant l'ouverture méme de la conférence. Nous croyons également qu'elle serait superflue si elle n'avait pour but et pour résultat de faire cesser les causes de faiblesse et d'agitation en Italie, par une solution satisfaisante de la questdon romadJne. Nous désirons avoir des assurances à ce sujet et nous déclarons d'avance que nous ne pourrions accepter aucune décision contraire. Vous me dites dans une de vos précédentes dépéches que la France voudrait faire peser sur nous les conséquences de l'insuccès de ses tentatives de conférence, si celle-ci n'avait pas lieu. Une telle menace a lieu de m'étonner, d'autant plus que le Cabinet français ne doit pas ignorer que bien avant que vous nous eussiez fait part du projet officiel de conférence, les grandes Puissances, sans attendre notre avis, particulièrement la Prusse et l'Angleterre, interpellées à ce sujet, avaient déclaré ne vouloir prendre aucune détermination avant de connaitre les bases sur lesquelles traiter. S'il y a des difficultés elles proviennent de la nature méme des choses et nullement de nous. Je vous engage, en conséquence, à repousser hautement la responsabilité dont on voudrait nous charger dans cette circonstance.

Au moment où j'achève cette dépéche je reçois le télégramme suivant: «Des informations ultérieures et positives constatent l'occupation de Monterotondo et de l'hòtellerie Del Grillo par les troupes françaises. On dit qu'aujourd'hui elles occuperont l'hòtellerie pontificale de Passo Corese ».

Ceci ne ressemble guère à une concentration des troupes françaises sur Civitavecchia; vous pouvez en faire l"observation au marquis de Moustier. On nous assure également qu'on entoure Civitavecchia de nouvelles fortifications. Veuillez communiquer cette dépéche au général La Ma,rmom. Veuillez me diTe aussi si le congrès aura lieu, lors méme que le Pape n'accepterait pas de s'y faire représenter.

(l) Cfr. n. 546.

553

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, E A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 458. Firenze, 15 novembre 1867, ore 16.

Faites sentir au Cabinet de Berlin (Londres) que l'attitude de réserve que nous avons gardée jusqu'à présent ne doit point étre interprétée camme ayant pour but de l'induire à repousser la conférence et que son accession serait au contraire un encouragement pour nous à y prendre part. Je désire que le Cabinet de Berlin (Londres) òte à la France tout prétexte d'attribuer le peu d'empressement de la Prusse (l'Angleterre) à concourir à la conférence, à notre attitude expectante et de nous rendre responsables du non succès de son projet.

Toutefois *nous croyons que la réunion de la conférence ne saurait avoir lieu tant que les troupes françaises occupent le territoire romain et qu'elle

33 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

serait superflue si elle n'avait pour resultat de faire cesser les causes d'agitation et de faiblesse de l'Italie par une solution satisfaisante de la question romaine. En conséquence nous déclarons d'avance que nous ne pourrions accepter aucune décision contraire * (1).

554

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 821. Pietroburgo, 15 novembre 1867, ore 18,30 (per. ore 21,30).

Gortchakow m'a donné lecture de la note française remise par l'ambassadeur de France qu'il regarde comme invitation de conférence. Sa réponse a été que pour engager le Gouvernement italien à résister aux entrainements révolutlonnaires conférence n'était pas nécessaire et pour résoudre la question romaine la Russie ne [pouvait] pas accepter avant de connaltre bases. Prince Gortchakow ne para lt pas croire beaucoup à la réussite du projet.

555

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 41. Firenze, 15 novembre 1867.

I dispacci di codesta R. Legazione segnati coi nn. 96, 97 e 98 di questa serie (2) mi giunsero regolarmente, ed ebbero per me quell'interesse che meritavano le importanti cose in essi contenute. Siccome Ella mi ebbe ad osservare che il Conte di Bismarck non usciva, ne' suoi colloqui da quella stretta cerchia che si era prefisso sin dal principio e che sta rinchiusa fra i due punti pas de guerre au Pape e rispetto all'integrità dell'attuale territorio italiano, così io non posso che riferirmi oggi a quanto già le scrissi in questi ultimi giorni. Noi desidereremmo conoscere in qual maniera si separino nella mente del primo Ministro Prussiano le due questioni religiosa e politica che si comprendono nel problema di Roma, e come negli intendimenti suoi si possa trovare una soluzione alla vertenza che tiene in istato di debolezza l'Italia, senza che s'abbia a toccare a quegli interessi che altri vogliono considerare come attinenti all'ordine religioso.

Sovra questo argomento ella potrà conversare col Conte di Bismarck non però in modo da !asciargli credere che da noi si voglia suo malgrado, spingerlo

ad uscire da una riserva che Egli dice essere imposta alla Prussia da circostanze particolari del momento. TrasmettendoLe n. 9 documenti diplomatici sui quali chiamo la speciale di Lei attenzione, ...

(l) -Per le risposte di Azeglio e Launay, cfr. nn. 559 e 565. Con t. 460 pari data, ore 23,55, li brano fra asterischi fu trasmesso alle legazioni a Berna, Bruxelles, Carlsruhe, CopenaghenL'Aja, Lisbona, Madrid, Monaco di Baviera, Pietroburgo, Stoccarda, Stoccolma e Vienna, precedutodalle parole seguenti: <• Le Gouvernement français. ayant insistè pour connaitre nos déterminattons au sujet de la cùnférenc,, nous avons déclaré que ». (2) -Cfr. n. 490; gli altri rapporti non sono pubblicati.
556

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

D. 5. Firenze, 15 novembre 1867.

La ringrazio in particolar modo del dispaccio col quale in data del 6 corrente (n. 4) (l) Ella mi rendeva conto dei passi fatti presso il Principe Gortchakow a seguito di vari telegrammi ch'io le ho diretto. Mi riuscì assai interessante conoscere l'apprezzamento che la S. V. fa della politica seguita dalla Russia nelle varie questioni Europee. Egli è certamente degno d'osservazione come il Gabinetto di Pietroburgo sappia conservare tanta influenza pur mantenendosi sostanzialmente in una sfera di politica riservata.

Nella quistione Orientale però gli interessi della razza slava sono ormai siffattamente impegnati da lasciar credere che difficilmente possa riuscire allo stesso Principe Gortchakow di non oltrepassare i limiti di quell'azione misurata che sin qui la Russia ha esercitato nelle questioni orientali. Anche l'Austria che pur sembra sinceramente desiderare la pace potrebbe eventualmente essere tratta ad assumere altro contegno di f,ronte a complica21ioni che ognuno può prevedere nelle provincie slave del Sud. Da siffatta situazione nascono fra l'Austria e la Russia tali rapporti che danno fondata ragione di temere complicazioni future. Sovra questo argomento delle relazioni esistenti fra i due vicini Imperi io debbo chiamare la di lei speciale attenzione, perocché esso acquista anche maggiore importanza collegandosi strettamente colle altre quistioni che agitano l'Europa.

Trasmettendole n. 8 documenti diplomatici sui quali chiamo la di lei speciale attenzione,...

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IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANNESSO CIFRATO (2). Belgrado, 15 novembre 1867 (per. il 22).

La Prusse, ou prévoit une guerre prochaine, ou la désire: le fait est qu'elle travaille à Belgrade à se ménager ici et dans la frontière militaire autrichienne auxiliaires pour forte diversion en cas de guerre contre Autriche, et je crois qu'elle encourage meme mouvement Jugo-Slave. Un chef du parti national croate, qui est venu ici, d'après ce que j'ai pu comprendre, pour parler avec

Agent prussien, m'a dit que la Croatie ne peut plus rester dans l'état actuel:

elle est forcée de s'arranger pour le moment avec la Hongrie, mais lorsque la

question de nationalité Jugo-slave s'agitera, elle se détachera de nouveau, car

elle ne renonce pas à ses aspirations d'un Royaume Jugo-slave et regarde la

Principauté serbe comme son Piémont. Donc les tentatives de la Prusse pour

empecher cet arrangement n'aboutiront pas.

J'ai lieu de croire que c'est vraiment la Prusse qui a fait conseiller à Orescovitch de demander aide à notre parti d'action pour mouvement en Bosnie Herzégovine et vieille Serbie, car il parait que le plan est de commencer par l'insurrection de ces provinces. Garachanine et les Croates sont de plus en plus persuadés que l'élément serbe-musulman de la Bosnie fera cause commune non seulement avec les Serbes, mais avec quiconque entreprendrait une guerre contre la Turquie. Pour ma part j'en doute encore.

Général Turr qui était l'ami et le confident d'Orescovitch, n'inspire plus

aucune confiance; on se méfie de lui; on le croit agent du Gouvernement

français. Ici on n'aime pas la France, on la croit contraire à la nationalité

Jugoslave et par conséquent au mouvement contre la Turquie.

Orescovitch qui ne connait aucun chef du parti d'action et qui veut se

mettre en relation avec lui, m'a demandé une lettre d'introduction pour Crispi.

Le Colone! Orescovitch -le Ministère ne l'aura pas oublié -représente ici le parti national croate, est l'homme de confiance de Strossmayer, officier distingué, actuellement au service de la Serbie, et travaille à l'organisation dE l'armée. Il jouit de la confiance de Garachanine et il est très-estimé du Gouvernement Serbe et du Prince.

Il déside envoyer immédiatement personne de confiance à Crispi. Je crois qu'il serait peut-etre utile de distraire l'attention du parti d'action d'Italie pour la fixer en Orient. Dois-je conseiller à Orescovitch d'une manière tout-à-fait privée de demander que la Prusse engage elle-meme ce parti à entrer dans cette voie (à aider la nationalité Jugo-slave de la Turquie)? Car s'il soupçonne que l'encouragement lui venait de la part du Gouvernement du Roi, il pourrait croire Dieu sait quoi, tandis qu'il n'aura aucun soupçon, si la proposition ou les encouragements ou les sollicitations lui venaient de la part de la Prusse, pour laquelle je crois qu'il a de fortes sympathies. De cette manière le Gouvernement du Roi serait en toute éventualité à l'abri de toute responsabilii.té.

Dans le cas le plus favorable je pense qu'un mouvement dans ce pays-ci ne pourrait avoir lieu qu'au printemps prochain. J'attends instructions de V. E.

(l) -Non pubblicato. (2) -Al r. 44, non pubblicato.
558

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 829. Parigi, 16 novembre 1867, ore 11,40 (per. ore 13).

Le changement pa,rtiel du Ministère français n'a pas une signification hostile à l'Italie (1). La Valette depuis longtemps ne voulaU plus du ministère

de l'intérieur; il avait peut ètre désiré le ministère des affaires étrangères mais les événements de l'Italie ont rendu, pour le moment, impossible l'accomplissement de ce désir.

(l) Menabrea aveva richiesto con t. 457 del 15 novembre notizie cuca il significato nei confronti dell'Italia del mutamento parz1ale del Governo francese.

559

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

'I'. 833. Londra, 16 novembre 1867, ore 16,45 (per. ore 19,35).

Voici la réponse de lord Stanley. Pour qu'il y a.it plus de précision il a écrit devant moi. Il ne voit pas comment on rendra responsable le Gouvernement du Roi du non succès de la conférence (1). Pour ce qui regarde le Gouvernement britannique sa réponse est basée sur des considérations de politique générale appliquées à tous les cas pareils et d'où il n'aurait pu s'écarter quand mème le Gouvernement du Roi l'aurait pressé d'accéder à la conférence sans programme; heureux en tout cas si les deux Gouvernements se sont trouvés d'accord.

560

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 834. Parigi, 16 novembre 1867, ore 20,30 (per. ore 21,20).

J'ai communiqué à Moustier le contenu de votre télégramme d'h~er soir (2). Comme il est difficile de tout dire par télégraphe, je vous prie de vous en expliquer avec MalaTet après que vous aurez reçu mes dépèches et celles de La Marmora. En parlant du rappel des troupes impériales j'ai exprimé ma conviction, je n'ai donné aucune assurance.

561

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 835. Berna, 17 novembre 1867, ore 0,55 (per. ore 9,25).

Par ma dépèche d'hier (3) vous apprendrez manière de voir du président de la Confédération suisse sur invitation conférence. Ce matin ambassadeur de France s'est présenté de nouveau au président pour savoir si la Suisse interviendra. Il a répondu que la Confédération attend ètre mieux informée sur le but de la conférence avant de se prononcer. J'ai communiqué au président

contenu de votre dernière dépéche télégraphique (1), qu'il a approuvé, et a répété que si la Suisse intervenait nous serait, en raison de ses principes, favorable.

On dénonce partis de ntalie prétendus patriotes avec la mission d'attenter à la vie de l'Empereur. Individu nommé Romano serait déjà entré voie du Tessin. Veillez.

(l) -Cfr. n. 553. (2) -Cfr. n. 552. (3) -R. confidenziale 62 del 15 novembre, non pubblicato.
562

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 461. Firenze, 17 novembre 1867, ore 16.

M. de Malaret m'a lu aujourd'hui une note par laquelle son Gouvernement l'a chargé de me donner communication de la circulaire que M. de Moustier a adressée le 9 courant aux agents diplomatiques français auprès des Gouvernements invités aux conférences.

563

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 836. Monaco, 17 novembre 1867, ore 18 (per. ore 19,40).

Invitation française conférence remise hier. Prince Hohenlohe paraissait d'abord favorable. Lui ayant soumis considératlons développées dans vas dépéches d'après les dernières détcrminations du Gouvernement du Roi, ce ministre des affaires étrangères en a référé au conseil des ministres qui a décidé attendre connaitre réponse des autres Puissances avant de se prononcer (2).

564

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 103. Berlino, 17 novembre 1867 (per. il 20).

J'ai l'honneur d'accuser réception de l'expédition confiée au Baron Visconti, arrivé ici avant hier au soir.

Je sors de chez le Comte de Bismarck, auquel je m'étais empressé de demander une audience pour lui communiquer, entre autres, la dépeche Série Politique n. 39 (Cabinet) (3).

(-3) Cfr. n. 496.

Il s'est montré très sensible à nos sentiments de reconnaissance pour l'attitude du Gouvernement prussien vis-à-vis de l'Italie dans !es conjonctures présentes. Il a écouté avec beaucoup d'attention, notamment le passage de cette dépèche qui résumait ses propres déclarations. Non seulement il n'a fait aucune rectification, mais il notait avec satisfaction ce fait, qui résulte de la correspondance de M. le Chevalier Tosi, que, à deux reprises, il avait su devancer nos désirs dans ses démarches auprès des Cabinets de Londres et de Saint Pétersbourg. C'est là une nouvelle consécration de ses assurances antérieures en faveur de notre intégrité territoriale. Il m'a chargé à vous remercier, M. le Comte, de cette communication, et de la phrase qui la termine, phrase d'une courtoisie et d'une amabilité si parfaite à son endroit.

Je lui ai annoncé que j'avais télégraphié sans retard à Florence le passage le plus saillant dans le discours Royai d'ouverture des Chambres prussiennes (1). Il m'a dit à ce sujet que, lorsqu'il avait soumis au Roi le projet de ce discours. Sa Majesté lui avait demandé si on ne verrait pas, relativement aux titres de ses sujets catholiques à une protection pour la dignité et l'indépendance du Saint Siège, une arrière-pensée qui impliquerait une question territoriale. S. E. avait répondu que cette interprétation ne serait pas de mise. L'indépendance du Saint Père continue11ait à subsister si sa souveraineté n'embrassait que quelques arpents de terrain, en sorte que le Pape ne fut le sujet de personne.

Sa Majesté faisait une autre observation, sur le second membre de cette méme phrase, donnant satistaction d'un autre c6té aux devoirs qui résultent pour la Prusse de ses intérets politiques et des relations internationales de l'Allemagne. Sa Majesté n'en comprenait pas toute la portée, à moins que le rédacteur n'eut sciemment cherché à rester dans le vague. M. de Bismarck avait à son tour fait la remarque que, malgré la réserve prescrite dans un document public, personne ne se méprendrait sur la signification de ces mots, la Prusse, l'Allemagne et l'Italie ayant des intéréts communs, et ce d'autant moins que la seconde partie de la phrase servait en quelque sorte de contrepoids à la première.

Je dois encore noter que le Comte de Bismarck m'a fait des éloges de

M. le Chevalier Tosi, en qui il avait reconnu de l'intelligence, du tact, et des formes qui ne laissaient rien à désirer. V. E. verra par là combien j'avais raison d'insister pour qu'il me suivit dans cette Mission, et combien je me suis réjoui que le Ministère m'ait devancé dans la proposition de lui conférer un rang supérieur dans l'ordre de Saint Maurice.

(l) -Cfr. n. 553, nota l, p. 436. (2) -Il contenuto di questo telegramma è sviluppato nel R. confidenziale 102, pari data, non pubblicato.
565

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 104. Berlino, 17 novembre 1867 (per. il 20).

J'ai télégraphié hier à V. E. (2) le résumé de la réponse serbale faite avant-hier par le Comte de Bismarck à l'Ambassadeur de France relativement

à l'invitation pour le Congrès. Je tenais ces renseignements du Sous-Secrétaire d'Etat. Ensuite de mon entretien d'aujourd'hui avec M. le Comte de -Bismarck je suis à mème de les compléter.

J'avais dit au Président du Conseil que M. Benedetti m'avait exprimé luimème, après ses ouvertures préalables. qu'il n'avait pas eu lieu de perdre tout espoir d'un bon résultat, puisque, en somme, il ne lui avait été répondu ni oui ni non.

«M. Benedetti, me fit observer S. E., était peut-ètre dans son r6le en affichant ces lllusions. Cela me rappelle un propos que j'ai lu sur mon compte dans je ne sais plus quelle brochure ou journal français. On y prétendait que j'avais passé un contrat avec mon Souverain pour dire la vérité, mais qu'on me payerait les mensonges à part. Le fait est que l'Ambassadeur de France avait si bien pénétré le fond de ma pensée et la portée de mon langage dès nos premiers entretiens, qu'il m'interpella par ces mots: "vous rejusez dane". J'avais répliqué que je ne refusa,is pas, mais que je n'acceptais pas davantage, sans savorir sur quelle base on voulait traiter. Je lui laissais clairement entendre que cette proposition de conférence était une faute politique, puisqu'on s'exposa,it à un échec. Et d'ameurs. ou n s'ag,irait de maintenir le statu-quo, et alors la conférence devenait sans objet, ou il s'agissait de rétrécir encore la frontière pontificale, et la Prusse n'avait pas mission pour mettre le doigt entre l'arbre et l'écorce.

Je n'ai pas caché toute ma surprise à M. Benedetti, quand il est revenu à la charge, une invitation formelle à la main. Je lui ai fait comprendre qu'il eut été inutile de me pressentir, puisqu'on voulait insister malgré des répugnances dont certes je ne lui avais pas fait mystère. C'était vouloir nous créer des embarras, nous piacer dans l'alternative, ou de nous prononcer contre le Pape et de nous mettre à dos les catholiques du Nord et du Midi de l'Allemagne, ou de nous prononcer contre l'Italie, et nous attirer l'animadversion des libéraux et manquer aux égards que nous devons à une alliée. J'ai posé alors à l'Ambassadeur des questions auxquelles il n'a pas été à mème de répondre. J'avais pris d'avance les ordres du Roi. Quels sont les invités? Car nous tenons à connaitre dans quelle société nous délibérerons, et s'il est vrai que nous devons nous prèter à l'essai d'une convocation du ban et de l'arrière-ban des Etats Européens. Existet-il un accord ou des chances d'accord entre l'Italie et le Saint Siège? Nous ne voulons indisposer ni l'une ni l'autre. Je me souviens que mes ancètres ont perdu les trois-quarts de leur fortune pour avoir été excommuniés par le Pape. J'hésiterais à m'exposer à cette mauvaise chance. Dans tous les cas, l'aréopage européen encourerait les anathèmes de l'Eglise, s'il lui donnait une boule noire. Plaisanterie à part, il faudrait au moins un bout de programme. J'ai invité mon visiteur à le fournir. II avait les mains vides. Et cependant, chacun s'attend à ce que la France en présente un. Tant qu'elle n'aura pas son eureka, on se tiendra sur la rése,rve, pour ne pas courir le rrisque de délibérer sans bases, et de frapper un coup d'épée dans l'eau.

J'ai dit également à M. Benedetti qu'il faudrait une entente préalable entre les Puissances, s·i:non, non. Si vous voulez savoir ce que discnt la Russie et l'Angleterre, voici des télégrammes très récents. Lord Stanley a déjà répondu, par écrit, à l'Ambassadeur

Français qu'il fallait un programme. Nous savons que lord Stanley partage notre manière de voir et qu'il emboite le mème pas que nous. Le Prince Gortchacow a fait observer au Baron de Talleyrand qu'il cherchait vainement dans la dépèche du Marquis de Moustter quelles étaient les vues du Cabinet des Tuileries. Le Vice-Chancelier se range également à notre bard. Le Comte Usedom nous mande que vous mettez deux conditions à votre acceptation: évacuation du territoire pontificai par les troupes impèriales, et une certaine conviction qui devrait vous ètre acquise, qu'il ne sortira rien des conférences qui soit en opposition avec vos intérèts nationaux. M. d'Usedom ajoute qu'on lui a fait sentir que votre attitude ne doit point ètre interprétée camme ayant pour but de nous induire à repousser la conférence. Camme vous, nous ne refusons pas a priori, mais nous ne voulons pas nous engager dans une vaie où il règne encore une profonde obscurité ».

Tel a été, si non mot à mot, du moins le sens du langage du Président du Conseil. V. E. le voit, il a procédé vis-à-vis du représentant de la France à la mode irlandaise, de répondre à une demande en adressant des questions. C'est aussi la mode normande. Il ignorait à quoi on se déciderait maintenant à Paris, mais dans tous les cas il est évident qu'il ne peut plus y avoir aucun doute sur les dispositions très peu favorables de la Prusse à se rendre à une conférence convoquée si à la légère.

Le télégramme du Comte d'Usedom, dont j'ai parlé plus haut, m'a fournd une transition toute naturelle pour parler à mon tour dans le sens de la dépéche télégraphique chiffrée de V. E., du 15 courant (1). M. de Bismarck n'a fait aucune observation. C'est que je suis certain que, lors mème que ses sentiments bien marqués d'amitié pour l'Italie ne lui conseilleraient pas une autre attitude, le bon sens seul l'engagerait à suivre la conduite qu'il a adoptée, et dont il accepte sans nul doute l'entière responsabilité.

Je me suis également expliqué dans le sens du télégramme en chiffre de

V. E. du 13 novembre (2), sur les motifs de la retraite spontanée de nos troupes du territoire pontificai. Le Président du Conseil en a pris acte et m'a demandé ensuite quel effet avait produit la phrase «le jusil chassepot a jait merveille ». Je me suis borné à dire que ceux qui voient une tension persistante dans les rapports entre Paris et Berlin, prétendaient que c'était là une appréciation à l'adresse de la Prusse.

«Mais c'est qu'ils ne font pas merveille du tout, si je dois prèter foi aux renseignements parvenus à ce Ministère. Les Garibaldiens, quoique mal armés, se sont très bravement battus à Mentana. La victoire, indécise la veille, n'a été assurée que le lendemain, après la retraite de Garibaldi. Au feu du combat, des troupes composées de volontaires ont très bien résisté aux bataillons français. Si les chassepots, soutenus par les mitrailleuses, n'ont pas fait davantage, le fusil ne prendra pas encore rang parmi les grandes merveilles du monde ».

J'ai profité de l'occasion, pour sonder le Ministre des Affaires Etrangères sur la teneur de la dépéche de V. E. à M. le Chevalier Nigra, en date du 7 novembre (3).Le texte lui en avait déjà été apporté par les journaux. Il a évité

d'émettre un jugement. Il l'aura jugé superflu, puisque ses dispositions bienveillantes nous sont suffisamment connues. Et d'ailleurs, pour ce qui concerne le pouvoir temporel, son observation sur le discours d'ouverture des Chambres nous montre assez que la Prusse, placée à la téte d'une Nation appartenent dans sa grande majorité au culte protestant, sans parler du parti libéral, ne professe pas à cet endroit une tendresse particulière. Il est vrai, d'un autre còté, que son Gouvernement déclinerait de se mettre en opposition ouverte avec le Pape, pour ménager ses populations catholiques. Dans !es Provinces Rhénanes nommément, elles sont très ardentes pour la cause du Saint Siège. Je citerai à cet égard que, le 11 de ce mois, ensuite d'une réunion à Cologne où plusieurs orateurs ont parlé en faveur du maintien du pouvoir temporel du Pape. il a été décidé d'envoyer une adresse au Roi Guillaume. Il y [est] dit, entre autres, que le sentiment national prussien est blessé de ce que l'existence du Pape, comme Souverain temporel, soit sous la dépendance exclusive de la France, et que le patrimoine de Saint Pierre doit étre considéré comme le lieu de tous !es catholiques.

V. E. remarquera cette critique contre la France. C'est bien mettre le doigt sur la plaie. Lorsque la question romaine pourra étre dégagée de tout élément d'intervention de la part de cette Puissance, l'Italie et le Saint Siège seront peut-étre bien plus près de s'entendre. C'est le nom et !es actes de l'étranger qui lui donnent un caractère si irritÌmt.

Quoiqu'il en soit, la Prusse doit mettre des gants de velours quand elle est en présence d'une pareille question. La Chambre des Députés s'est renforcée de bon nombre de conservateurs. Certainement ils n'ont pas !es tendances de l'ancien parti féodal. mais cette nuance d'opinion est aussi représentée dans leurs rangs. Il faut en tenir compte, de méme que des tendances des députés catholiques. Il y a là une question de majorité pour le Gouvernement. En outre, pour expliquer aussi une certaine réserve du Cabinet de Berlin, c'est que, à tort ou à raison. on n'est peut-étre pas trop contrarié de laisser la France seule aux prises avec des difficultés et avec la responsabilité de sa politique.

Dans le discours du Tròne, plusieurs fois cité, il est parlé des relations d'étroite amitié de la Prusse avec la France et l'Italie. Pour la France c'est bien là une de ces phrases de position. C'est bien là aussi le cas de faire une juste distinction entre ce qu'on dit et ce qu'on pense. Il est évident qu'il faudrait une toute autre qualification de sentiment. L'entière sincérité de sentiments est pour l'Italie, qui !es partage entièrement. Sous ce rapport. je ne sau· rais trop dire combien je suis heureux que nous traversions cette crise sans qu'il y ait la moindre altération dans nos rapports avec ce Grand Pays, et que méme ces rapports aient gagné en intimité. Notre boussole doit étre sans cesse tournée vers l'Allemagne. Nos symphaties, nos intéréts permanents, l'exigent.

Je remercie vivement V. E. des nombreux détails que j'ai lus dans l'expédition qui m'a été consignée par le Baron Visconti, et dont j'userai au besoin avec la plus grande discrétion. Ils répandent beaucoup je clarté sur des circonstances qui m'étaient jusqu'alors inconnues, ignorance qui m'avait induit à écrire à V. E. mon rapport confidentiel n. 100, du 10 novembre courant (l).

Un courrier de Cabinet Prussien part aujourd'hui directement pour Florence et Rome, par la voie de Vienne. J'ai rédigé très à la hàte ce rapport pour profiter de cette occasion, plus sure que la poste.

(l) -T. 825, del 15 novembre, non pubblicato. (2) -T. 823, in realtà del 15 novembre, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 553.

(2) -Cfr. n. 539. (3) -Cfr. n. 488.

(l) Cfr. n. 518.

566

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANNESSO CIFRATO (1). Belgrado, 17 novembre 1867 (per. il 22).

N'ayant reçu de V. E. aucune réponse à ma dépèche télégraphique d'hier (2) et l'Agent secret d'Orescovitch devant partir ce soir, j'ai remis à Orescovitch la lettre d'introduction qu'il m'a demandée pour Crispi. Cette lettre se borne à faire connaitre M. Orescovitch du chef de la gauche et à le lui recommander camme un des chefs du parti national croate, camme champdon de la nationalité jugo-slave. L'Agent secret d'Orescovitch est M. Cooper, officier Prussien qu'on dit très connu à la Légation de Prusse à Florence et qui a servi sous les ordres de Garibaldi camme Lieutenant d'artillerie. Ce Monsieur a été envoyé à Belgrade par le Comte de Bismarck, avec la mission secrète de s'entendre avec Orescovitch pour former avec le concours des Croates et Serbes autrichiens un parti d'action en Serbie, ensuite à Florence pour s'entendre avec notre parti d'action.

Il parait qu'il a complètement réussi avec Orescovitch, car celui-ci m'a dit d'ètre tombé parfaitement d'accord avec M. Bismarck. L'agent s'arrètera quelques jours en Croatie pour mieux s'entendre avec Strossmayer et autres chefs du parti national, et de là il ira à Florence. Ici il a eu de longues entrevues secrètes avec le Consul Prussien qui s'est montré très empressé pour lui. Je crois mème que Orescovitch a assisté à plusieurs entrevues. Je vois que l'autre [sic] Consul prussien mène cette affaire avec beaucoup de circonspection et prudence pour que rien ne transpire et je suis persuadé qu'en dehors de moi et Garachanine personne ici n'a le moindre soupçon de ce qui se passe. Le dit agent a en outre plusieurs conférences avec le Docteur... (3) un des chefs du parti Croate qui, je crois, est venu ici tout exprès pour traiter avec l'agent de Bismarck que désormais serait convenable [sic] aussi l'Agent de M. Orescovitch auprès de notre parti d'action.

Je ne connais pas encore l'autre vrai but de ces précédents, mais je crois qu'il s'agit de mettre d'accord les Croates, les Serbes autrichiens et les Serbes de la Principauté avec le parti d'action italien pour faire au printemps prochain une révolution en Bosnie, en Herzégovine, dans la vieille Serbie, en Bulgarie etc. Mais la chose ne doit pas se restreindre à ébranler l'Orient car cela ferait plut6t l'affaire de la Russie. Si en dessous des cartes il n'y a pas la Russie et que M. Bismarck ne travaille que pour le compte de la Prusse, alors il faut croire qu'il veuille allumer l'incendie dans ce pays pour y provoquer une

guerre générale ou pour détruire l'Empire Ottoman. Deux choses que tant l'une camme l'autre seraient favorables à la Prusse. Il y aurait la guerre générale si l'Autriche intervenait en faveur de la Turquie ou pour son propre compte, et si la Russie était vmiment, camme ici on la croit, décidée à s'opposer à toute intervention, dans ce cas la Prusse ne pourrait plus facilement achever son oeuvre en Allemagne, et si l'Autriche n'intervenait pas la Prusse aiderait secrètement les Jugo-Slaves de la Turquie a secouer leur joug, parviendrait peutetre à former sur les ruines de l'Empire Ottoman et aux frontières de l'Autriche l'Etat Jugo-Slave tant redouté par l'Autriche et ardemment désiré par les Croates Serbes. Etat qui menacerait d'absorber la Croatie et les frontières militaires de l'Autriche, et que dans tous l es cas il serait un danger permanent pour elle et un auxiliaire pour la Prusse.

Il se peut que je me trompe dans ces appréciations, ce qui me parait hors de doute c'est ceci: que la Prusse veut la guerre et préparer dans ce pays le terrain camme avait commencé à le préparer l'Italie en prévoyance de la guerre contre l'Autriche pour la Vénétie, travail dont elle n'a pas profité, l'ayant abandonné lorsqu'il était presque achevé.

(l) -Al r. 46, non pubblicato. (2) -T. 824 del 15 novembre, non pubblicato. (3) -Il nome manca ma si tratta di Berllch (vedi n. 619).
567

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 838. Parigi, 18 novembre 1867, ore 16,05 (per. ore 18).

Paragraphe du discours impérial concernant affaires Italie est de la teneur suivante: « Cette paix que nous voulons tous conserver, a semblé un instant en péril. Des aglitations révolutionna.ires, préparées au grand jour, menaçaient les Etats pontificaux. La convention du 15 septembre n'étant pas exécutée, j'ai du envoyer de nouveau nos troupes à Rome et protéger le pouvoir du Saint Siège, en repoussant les envahisseurs. Notre conduite ne pouvait avoir rien d'hostile à l'unité et à l'indépendance de l'Italie; et cette nation, un instant surprise, n'a pas tardé à comprendre les dangers que ces manifestations révolutionnaires faisaient courir au principe monarchique et à l'ordre européen. Le calme est aujourd'hui presque rétabli dans les Etats du Pape, et nous pouvons calculer l'époque procha,ine du rapatriement de nos troupes. Pour nous la convention du 15 septembre existe, tant qu'elle n'est pas remplacée par un nouvel acte international. Les rapports de l'Italie avec le Saint Siège intéressent l'Eurape entière; et nous avons proposé aux Puissances de régler ces rapports dans une conférence et de prévenir ainsd de nouvelles complications » (1).

Ma la dichiarazione la più importante del discorso Imperiale si è che la Convenzione del 15 settembre esiste, secondo il punto di vista francese, fino a tanto che un nuovo atto internazionale non venga a rimplazzarla. Secondo il mio avviso questa dichiarazione fa presentire che in caso che la Conferenza Generale delle Potenze non abbia luogo, o non dia un risultato pratico,la Francia dovrà trattare direttamente coll'Italia per un nuovo accordo che riesca a far scompariregli inconvenienti a cui il primo ha dato luogo :>.

(l) Nel r. 562 del 19 novembre Nigra scriveva: <<Il paragrafo relativo agli affari d'Italia, che ho avuto l'onore di far pervenire ieri per telegrafo all'E. V., ha questo di rimarchevole, che vi si dichiara che le truppe frrmcesi non sono intervenute contro l'unità e indipendenza italiana. L'Imperatore parla del Potere della Santa SPde senza far menzione del potere te"nporale, omissione che non sarà certo accetta al partito clericale in Francia.

568

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 839. Vienna, 18 novembre 1867, ore 18,15 (per. ore 20).

Quelques Puissances de second rang ayant fait sonder Cabinet autrichien sur ses dispositions à l'égard de conférence sur affaires de Rome, Beust a répondu que l'acceptation en principe accordée par l'Autriche ne l'engage pas plus loin, ni autrement que toute autre Puissance. Il s'est abstenu donner consei! en quelque sens que ce soit. Il a dit aussi au chargé d'affaires belge: «Si conférence n'a pas lieu, chose très-possibile, échec serait uniquement pour France». Divers indices me confirment que Beust, sur instance de France, avait accepté congrès, pour que en meme temps que la question romaine, on y éut traité questlon d'Orient. Ses efforts à Londres dans ce dernier sens ayant échoué, il est devenu plus froid pour conférence, qui n'a plus pour objet que question romaine.

569

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 297. Firenze, 18 novembre 1867.

In seguito a concerti presi a Civitavecchia dal Colonnello Campo col Generale De Failly, erasi convenuto che sarebbe stato consegnato alla frontiera di Orbetello un numero di volontarii rimasti come prigionieri di guerra nello Stato pontificio.

Erasi perciò disposto che un Capitano dello Stato Maggiore italiano si recasse immediatamente alla stazione doganale del Chiarone per ricevere quei prigionieri.

Quell'ufficiale trovasi alla frontiera fin dall'8 corrente né finora potè entrare in comunicazione colle autorità militari dell'altra parte del confine.

Siffatto indugio, riesce difficile a spiegarsi a fronte dell'impegno assunto dal comandante del corpo spedizionario francese, tanto più che da più giorni furono rilasciati alla Snezia i soldati pontificii che vi si trovavano ancora.

Risulterebbe, d'altra parte, al Governo del Re che i volontarii caduti in potere dei pontificii siano poco bene trattati. Siffatta circostanza fu riferita al

R. Ministero della Guerra da persona degna di fede per quanto concerne i detenuti a Civitavecchia, e pel quel che riguarda quelli curati negli ospedali di Roma è confermata dalla lettera diretta al mio Collega dell'Interno che Le unisco per sua riservata informazione (l).

Già ho officiato in ordine all'uno ed all'altro argomento la Legazione Imperiale in Firenze. Gradirei non di meno che V. S. appoggiasse questi officii

(ll Non si pubblica.

presso il Marchese di Moustier, affinché dal Governo pontificio non si ponga ostacolo all'adempimento degli impegni assunti e siano, ad ogni modo, osservati i principii di umanità.

Segnandole ricevuta dei suoi RapporU di Serie politica nn. 554 e 555... 0).

570

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE MILITARE PER LA DELIMITAZIONE DELLA FRONTIERA FRA IL REGNO E L'IMPERO AUSTRIACO, DI ROBILANT

D. 639. Firenze, 18 novembre 1867.

Mi pervenne regolarmente la relazione che la S. V. Illustrissima mi trasmise il 2 novembre col'Tente n. 108/34 (2) in un col progetto di atto finale della commissione che qui unito mi pregio di restituirle. Sono lieto di poter attestare alla S. V. Illustrissima la completa soddisfazione che ha incontrato presso il Governo di Sua Maestà l'opera prestata da Lei Signor Conte, e dagli ufficiali chiamati a coadiuvarla.

Il Capitano Cavaliere de Charbonneau mi forni alcuni utili schiarimenti, e null'altro mi rimane che autorizzarla a firmare l'atto finale già parafato. Se il testo comunicatomi dovesse subire qualche leggera modificazione di forma e dicitura diretta a meglio chiarire il concetto, Ell:a è pure autorizzata ad accettarla senza riferirmene preventivamente.

La quistione relativa al tratto di confine che va lungo il fiume dell' Aussa dal suo incontro col Canale di Medadola sino alla sua foce nel Porto Buso, il Governo del Re ha giudicato opportuno di !asciarla indefinita per cui questo intendimento combina perfettamente con quanto venne stabilito dal relativo protocollo.

Nel pregarla, Signor Conte, di gradire e di far gradire ai Signori Commissari italiani i miei ringraziamenti pel concorso attivo ed intelligente prestato nei lavori e nelle adunanze della Commissione,...

571

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL CONSOLE A SERAJEVO, DURANDO

D. 4. Firenze, 18 novembre 1867.

Prima ch'Ella parta dall'Italia per recarsi di nuovo al suo posto in Serajevo ho desiderato leggere il pregevole rapporto che la S. V. ha indirizzato al mio predecessore sino dal 3 settembre ultimo scorso (3).

Fui lieto di scorgere con quanto studio Ella si sia applicata ad indagare le attuali condizioni dei paesi Slavi del mezzogiorno, e gli elementi di fatto da Lei esposti in quella rela:<~ione mi riuscirono di molta utilità per forma·rmi un concetto preciso dello stato presente di quella parte di Europa. La diligenza e lo zelo da Lei adoperati sin qui mi dispenserebbero pertanto dal raccomandarle d'invigilare attentamente sovra tutto quanto può accadere tanto in Bosnia ed in Erzegovina, quanto nei paesi finitimi, s'io non sapessi che confortandola a perseverare nella via sin qui seguita, Le do la miglior prova della mia soddisfazione pel modo distinto col quale Ella ha disimpegnato sinora l'ufficio affidatole.

Dalle cose che la S. V. ha esposte a questo Ministero risulterebbe che fra Serbi e Croati esiste un vincolo di futura alleanza. Bramerei ch'Ella col seguito mi favorisse notizie esatte sovra questo argomento per mezzo di comunicazioni in cifra. È probabile infatti che quegli accordi preliminari abbiano dippoi condotto ad alcunché di più concreto e positivo perocché, come si afferma, anche fra la Serbia e la Rumenia si sono aperti attivi negoziati segreti di alleanza i quali, stando all'ultime notizie, erano prossimi a conclusione.

Anima di tutto questo moto è il Governo principesco di Belgrado del quale però non è agevole distinguere i vari intendimenti né misurare la reale influenza presso le varie popolazioni Slave. Se per ritornare a Serajevo Ella fosse intenzionata di prendere la via del Danubio, Le si porgerà forse occasione di osservare al suo passaggio attraverso la Serbia qualche particolarità degna d'essermi riferita. In tal caso gradirei moltissimo ch'Ella ciò faccia riservatamente.

Non è forse ancora venuto per l'Italia il momento di stabilire in modo assoluto un suo programma deciso e definitivo nelle quistioni orientali. La nostra situazione interna colle sue continue complicazioni esige per parte nostra un contegno riservato e l'astensione da ogni iniziativa onde non dare appiglio ad altre Potenze di dolersi della linea di condotta da noi adottata. Conforme ai nostri principii e consentanea alle esigenze della nostra situazione è pertanto la dichiarazione·che unitamente alla Francia, alla Prussia ed alla Russia noi abbiamo recentemente presentato alla Sublime Porta. Per effetto di quella dichiarazione le quattro Potenze hanno stabilito che il Governo del Sultano non possa ormai più far assegno sul loro appoggio morale nelle sue difll.coltà interne. L'Inghilterra e l'Austria s'astennero dall'associarsi a questo passo, la prima, come ben s'intende, per proseguire nella politica di astensione sin qui seguita, la seconda per non compromettere imprudentemente ragguardevoli suoi interessi col circoscrivere fin d'ora la propria azione entro troppo angusti limiti.

Taluno opina infatti che ove un moto nazionale scoppiasse nei paesi Slavi di Turchia tendente ad unire la Bosnia e l'Erzegovina al principato Serbo, l'Austria non potrebbe rimanere spettatrice tranquilla degli eventi senza correre grave pericolo di vedersi abbandonata da varie sue provincie che sarebbero strascinate nell'orbita del movimento Slavo-Serbiano.

Ma per noi che abbiamo accettato di firmare quella dichiarazione attribuendole nessun altro significato che quello che risulta chiaramente dalle parole stesse in essa adoperate, un tale atto diplomatico può soltanto contenere una solenne conferma del principio di non intervenzione applicato anche alle quistioni interne della Turchia. Non vogliamo dire con ciò che l'Italia rinunzia ad occupare nei consigli delle Potenze, per quanto concerne la situazione dell'Impero Ottomano, quel posto che le compete. La tutela dei propri interessi e la stessa sua posizione fra le maggiori Potenze di Europa suggeriscono anzi al Governo del Re di mantenere ognora integri tutti i diritti che gli derivano anche da apposite stipulazioni internazionali. Ciò soltanto revesi ritenere, che a seguito degli ultimi passi fatti a Costantinopoli noi abbiamo riservato in modo assoluto la nostra azione esimendoci da qualunque impegno di appoggiare moralmente un governo il quale negli ultimi tempi ha chiaramente dimostrato di tener in nessun conto i consigli che gli venivano da varii Gabinetti di Europa.

Senza escire dunque per ora da una sfera di rigorosa riserva noi non dobbiamo tralasciare di prendere ad esaminare seriamente il grado di importanza relativa che potrebbe eventualmente avere per l'ItaUa il movimento degli Slavi del sud. Finché il centro di attrazione di questo movimento sarà in Serbia, non sembra che l'Italia possa avere interessi propri che la inducano a contrariare l'esito di quei rivolgimenti che avrebbero per conseguenza il trionfo de' principii medesimi sui quali è fondata la ricostituzione della nostra autonomia nazionale. Ma in caso diverso, quando C<ioè per effetto di moti mtempestivi, mal preparati o mal diretti, l'agitazione presente dei paesi Slavi dovesse riuscire ad accuescere 1a preponderanza Austriaca nell'Adriatico od a stabilire quella della Russia sovra tutte quelle vaste contrade che a quei moti prenderebbero parte, la tutela dei nostri propri interessi richiederebbe forse che anche da noi altrimenti si provveda.

L'Austria e la Russia s'accusano vicendevolmente di favorire segretamente l'agitazione nelle provincie settentrionali della Turchia; il vero è che l'una e l'altra sono gelosissime dell'influenza esclusiva che vorrebbero esercitare sovra quelle popolazioni.

Sarà dunque sempre importante tenere aperti gli occhi su quanto sarà per accadere non solo in Serbia, nel Montenegro e nelle provincie soggette alla dominazione immediata del Sultano, ma anche sovra quanto si prepara ad Agram e nei Confini militari austriaci. E per ciò che più particolarmente concerne quest'ultime provincie è necessario ch'Ella si tenga il meglio che potrà informata onde essere in grado di darmi avviso pronto e sicuro nel caso di una possibile riconciliazione del partito nazionale Croato Serbo coll'elemento Magiaro, perocché se tale conciliazione, alla quale non si cessò anche negli ultimi tempi di lavorare alacremente, dovesse alla fine aver luogo, la preponderanza Austriaca nei paesi Slavi avrebbe fatto un gran passo. Al qual riguardo è pur necessario ch'io qui aggiunga una speciale avvertenza che certamente non è sfuggita al di Lei savio criterio.

Durante la lotta dell'Italia coll'Austria ogni cosa che potesse suscitare imbarazzi all'Impero nostro nemico trovava naturalmente se non appoggio, almeno favore nel nostro paese. A più riprese, ed Ella non ignora con qual successo, si cercò di organizzare utili diversioni tanto in Croazia che in Ungheria e siccome si voleva anzi tutto riunire in una sola azione gli sforzi combinati di quei due paesi vi fu chi progettò allora di mettere le basi di un preliminare accordo per conservare un vincolo unitario fra i vari popoli soggetti altre volte alla Corona di Santo Stefano anche dopo che avessero scosso il giogo della dominazione austriaca. Ora alcuni di quegli emigrati che aveano meditato quei divisamenti sono rientrati in patria ed altri se non vi fissarono la loro permanente dimora, vi fecero però frequenti e lunghi viaggi. Dicesi anzi che taluno di essi vada patrocinando in favore del Governo Magiaro quelle stesse od altre consimili proposte di accordi. Sebbene a chiunque consideri la mutata situazione di cose, riesca evidente che attualmente il Governo Italiano non può avere alcun interesse ad assicurare il trionfo di tali idee, tuttavia, ove fosse necessario rettificare qualche falso giudizio o qualche meno esatto apprezzamento della nostra politica, io la esorto a dichiarare che il Governo del Re è rimasto e rimane interamente estraneo a queste pratiche.

Ella sa che in Oriente si vollero ognora attribuire segreti ed intimi rapporti col Governo del Re a qualunque agitatore che per quei paesi si aggiri. Un così falso apprezzamento delle nostre intenzioni ci ha creato diggià imbarazzi serii ed, ove continuasse ad ottener credito, potrebbe riuscire sommamente dannoso agli interessi maggiori che si collegano colle nostre relazioni coll'estero. Io debbo dunque porre la S. V. in guardia contro ogni sorpresa che si cercasse di farle e La esorto in particolar maniera a ritenere che la vera politica del Governo Italiano non può smarrirsi per vie tortuose e che parola autorevole del Governo è soltanto quella la quale direttamente emana da chi ha autonità di profer,irla. Ella verrà forse a sapere che anche recentemente un personaggio Ungarese (l) che fu al servizio italiano percorse i paesi del Danubio, si recò ad Agram ed in varie altre località ove non risiedono Agenti italiani e poté così far credere di avere uno speciale e segreto mandato del

R. Governo. È mestieri dunque ch'io Le dica che il Governo italiano fu affatto estraneo a quanto quel personaggio può aver detto od operato durante il suo viaggio. Coll'aver dato una lettera di semplice raccomandazione a quel Signore e coll'aver accettata l'offerta fatta dal medesimo di riferire sulle condizloni economiche delle regioni Danubiane, il R. Governo non intese attribuire un carattere ufficiale od officioso a chi non ne rappresentava la politica.

Noi siamo convinti che anzi tutto convenga toglier di mezzo ogni equivoco; ed è bene che in questo periodo di sosta che ci è imposto dalla nostra particolare situazione, si stabilisca almeno in modo non dubbio, quali sono i nostri veri sentimenti.

Converrà dunque che la S. V. non esiti mai in alcuna circostanza ad affermare che se l'Italia vede con piacere il risorgimento delle varie nazionalità quando questo sia mantenuto nelle vie di un progressivo e regolare sviluppo, per altra parte non potrebbe accordare le proprie simpatie ai rivolgimenti che si preparano nei paesi Slavi che quando vi siano serie guarentigie che non si vorrà correre ad imprese temerarie ed a risoluzioni intempestive e che l'opera di ricostituzione interna alla quale lavorano i patrioti Slavi si compirà soltanto a profitto delle singole autonomie nazionali di quelle contrade.

E qui non debbo omettere di chiamare tutta la speciale di Lei attenzione sovra un punto importantissimo delle quistioni che si agitano nei paesi dove Ella deve soggiornare. Voglio dire che anche fra gli Slavi meridionali il partito nazionale si scinde in due frazioni ben distinte; quella cioè di coloro che

34 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

più che ad assicurare il conseguimento del fine con mezzi serii ed efficaci, sembrano intenti a procacciare con qualsim;i mezzo l'agitazione, e quella che si adopera invece con prudenza e saviezza a preparare e favorire lo sviluppo degli elementi indispensabili alla vita civile de1 popoli e che non vorrebbero certamente per impazienza e precipitazione compromettere l'avvenire della causa che promuovono e difendono. Appena è necessario ch'io Le dica come gli uomini appartenenti a quel primo partito mantengono rapporti diretti coi centri di agitazione cosmopo1ita ·ai quali è purtroppo in gran parte dovuta l'inquietudine che regna in Europa. Gli uomini assennati i quali non possono aver fede nelle imprese di tal fatta fanno invece sicuro affidamento in quell'appoggio morale che loro dovrebbe necessariamente derivare dal mantenersi saldo e forte in Europa il principio del rispetto delle autonomie nazionali e dal preva

lere che vi facesse, ad ogni altra politica, quella di non intervenzione.

E coloro i quali mostrano di aver fede nell'applicazione dei principii sui quali poggia l'edifizio della nostra ricostituzione, sanno che l'Italia indipendente è la migliore e la più sicura amica del vero progresso civile de' popoli perocchè il seguire una politica diversa sarebbe per lei cosa contraria a quella logica che sola rende i Governi forti.

Mi astengo di parlarle di un'ipotesi che sembra ormai da tutti ripudiata. di quella cioè in cui potesse ancora ottenersi il riordinamento della cosa pubblica nelle provincie Slave della Turchia per sola forza di istituzioni interne e per effetto di vigoria insolita del potere Sovrano. Ella ha già a lungo riferito intorno alle leggi promulgate, ma quasi mai applicate in Bosnia, io gradirò però che la S. V. mi tenga continuamente informato di tutto quanto il Governo Ottomano farà nel senso di migliorare l'interno reggimento delle sue provincie. Aggiungerò solamente che sovra questo argomento delle riforme interne dell'Impero turco si operò non è molto tempo uno scambio di idee che ha posto fuor di quistione vari punti sui quali prima alcune Potenze sembravano dubitare. Fu riconosciuto ad esempio che l'applicazione dell'Hatt-houmayoum è imperfettissima anche per la impossibilità di metter in esecuzione una simile legislazione in un paese dove convivono due società che per indole e tendenze sono fra di loro disparatissime. Fu del pari riconosciuto che l'unificazione centralizzatrice che dalla pubblicazione dell'Hatt-imperiale del 1856 in poi si cercò di estendere a tutto l'Impero. è ormai condannata dall'esperienza.

Forse perché persuase dell'inutilità degli sforzi che si tenterebbero per rinfrancare l'autorità della Porta sulle provincie Slave, l'Austria e la Francia sembrano volersi appigliare a qualche partito medio che non sia né la continuazione dello stato attuale, né una assoluta indipendenza di quelle contrade. Le ultime notizie che ho ricevute accennerebbero ad un progetto maturato a Vienna per erigere la Bosnia e l'Erzegovina in principato autonomo sotto il Governo del principe Carageorgiewitc e sotto l'alta sovranità del Sultano.

È il Principe Carageorgiewitc quello stesso che dovette abbandonare il seggio principesco di Belgrado al vecchio Milosch padre del Principe Michele. Ritiratosi a Vienna visse colà pretendendo sempre al trono perduto ed appoggiandosi come meglio gli riusciva all'influenza austriaca per riconquistarlo. Se il progetto in discorso ha realmente qualche apparenza di fondamento bisognerebbe credere che l'Austria speri di preparare in questo modo un ostacolo all'annessione futura delle provincie Slave della Turchia al Principato Serbo. I<,orse :-;i nutre fiducia a Vienna che l'antagonismo fra i due principi possa essere una causa sufficiente di allontanare l'una dall'altra due popolazioni che tendono evidentemente a riunirsi. A noi non ispetta di apprezzare quali potranno essere i frutti di una simile politica di cui non ci sembra vedere un solido fondamento, ma io desidero che la S. V. al suo giungere alla sua residenza subito si adoperi a ricercare se realmente fu preparato il terreno per far aggradire a quelle popolazioni il progetto attribuito all'Austria, e se il medesimo ha qualche probabilità di riuscita. Egli è certo che tutto ciò che può aver per effetto di interrompere l'azione annessionista della Serbia costituisce un pericolo serio pel mantenimento della quiete e della pace in Oriente. Se il moderare quel movimento di cui Belgrado si faceva centro poteva essere opera di savia politica, il contrastare di fronte alle aspirazioni della Serbia può essere causa di spingere il popolo serbo ad estreme risoluzioni. Io desidero ch'Ella mi assicuri sovra lo stato presente delle cose o che mi indichi con precisione i pericoli della situazione.

(l) -Cfr. n. 532; il r. 555 non è pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 203.

(l) Si tratta di Stefano TUrr.

572

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 464. Firenze, 19 novembre 1867, ore 12,30.

Le conseil des ministres a délibéré d'adhérer en principe aux conférences; toutefois avant de prendre un engagement définitif à ce sujet nous désirons etre renseignés sur les points suivants:

l) Quelle position aura l'Italie dans la conférence?

2) De quelle nature seront les délibérations'?

3) Quelle e n sera la sanction?

4) Limites dans lesquelles devra se restreindre la conférence?

5) Quelles sont les Puissances invitées, quelles sont celles qui ont accepté?

6) Quel sera le siège des conférences?

7) Les français évacueront-ils le territoire romain avant la réunion des conférences?

Vous recevrez une dépéche dans laquelle toutes les questions sont plus complètement développées (l). Je tenais à vous mettre, dès aujourd'hui, au courant de nos délibérations; toutefois attendez une dépéche avant de faire des communications officielles (2).

(l) -Cfr. n. 577. (2) -Del contenuto di questo telegramma furono informate con t. 465, pari data, le legazioni a Berlino, Berna, Brm.elJP8, Curl•ruhe, Copenaghen, L'Aja, Lisbona, Londra, Madrid, Monaco, Pietroburgo, Stoccurda e \'lenna.
573

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 841. Pietroburgo, 19 novembre 1867, ore 15,15 (per. ore 17,10).

Gortchakoff reçoit aujourd'hui du comte Budberg télégramme qui lui annonce que l'Italie accepte conférence sans bases ni programme, seulement avec réserve générale. Il trouve contradiction entre cette communication et le télégramme que V. E. m'a adressé en date du 16 novembre (l) et que je lui ai lu et montré textuellement. Il prie V. E. de vouloir bien le plus tòt possible l'éclaircir sur cette divergence d'informations (2).

574

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 467. Firenze, 19 novembre 1867, ore 16,45.

Le malentendu dont se plaint le marquis de Moustier (3) vient de ce que les agents français ont demandé le concours des notres qui avaient pour instruction de rester sur la réserve; ce qui était tout nature!, puisque la communication oflìcielle du Gouvernement français ne nous a été faite qu'avanthier {4) et que nous n'en connaissions pas auparavant la teneur.

575

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ULISSE BARBOLANI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 468. Firenze, 19 novembre 1867, ore 16,45.

Le comte Della Croce est destiné à remplir une mission spéciale auprès du vice-roi pour l'arrangement des affaires pendantes. Il arrivera dans la première moitié du mois prochain. Vous attendrez son arrivée et vous suivrez les instructions dont il sera porteur.

(l) -Cfr. n. 553. nota l. p. 458. (2) -Con t. 477 del 22 Menabrea rispose: <• Je vous ai déjà télégraphié que l'Italie acceptait en principe la conférence mais qu'avant de prendre des engagements définitifs elle désirait avoir du Gouvernement français plurieus écla'crcissements indispensables sur ce sujet ». (3) -Con t. pari data Nigra aveva comunicato: « Moustier m'a dit, en se piaignant qu'il avait appris de Munich que notre ministre en Baviére s'était prononcé contre la conférence ». (4) -Cfr. n. 562.
576

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 842. Vienna, 19 novembre 1867, ore 18 (per. ore 18,40).

Beust m'a dit que discours du tròne de Napoléon III n'était que la paraphrase de sa circulaire, et qu'il ne peut par conséquence que le trouver bon. 1\I:Unistre de Prusse me fait connaitre que la diplomatie française à Berlin et à Londres a voulu faire croire à notre acceptation sans réserve de la conférence et surtout qu'elle supplie à genoux, dit-il, Stanley d'y adhérer; mais il croit que tous ses efforts seront inutiles. Bloomfield et Stackelberg ont informations analogues.

577

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 300. Firenze, 19 novembre 1867.

Ieri l'altro, al suo giungere in Firenze, il Barone di Malaret venne a leggermi un dispaccio del suo Governo che, a quanto mi disse, per un errore di trasmissione, gli era giunto con ritardo, e col quale il Signor Marchese di Moustier lo incaricava di darmi comunicazione di una Circolare che il Gabinetto delle Tuileries ha indirizzato addì 9 di questo mese ai suoi rappresentanti presso i vari Stati d'Europa allo scopo di proporre la riunione di una Conferenza, la quale abbia ad esaminare la situazione creata dai rapporti esistenti fra l'Italia e la Santa Sede. Pregai l'Invia,to di Francia di voler anzitutto ringraziare in nostro nome il Governo dell'Imperatore per le parole di simpatia da lui usate verso l'Italia nel dispaccio che accompagnava la comunicazione di quella Circolare, della quale gradii di ritenere copia, e prendendo atto dell'equivoco che aveva cagionato il ritardo della comunicazione, ch'egli mi faceva, mi riserbai di rispondere il più prontamente che per me si potrebbe dopo aver sentito il parere del Consiglio dei Ministri e preso gli ordini del Re.

Accenno a tutte queste particolarità, perché reputo conveniente che siano ben stabilite le cause, le quali costrinsero il Governo del Re a mantenersi infino ad ora entro i limiti di una prudente riserva di fronte ad una quistione tanto delicata e nella quale egli è parte principalissima.

Ciò premesso sono ora in grado. Signor Ministro, di chiaramente esporLe le nostre vedute intorno a così importante argomento.

Non debbo nasconderLe anzi tutto che la prima lettura di quella Circolare destò in noi una penosa impressione, poiché ci parve scorgere da essa che l'Italia e il suo Governo venissero additati come causa di permanente agita

zione e di pericolo per la pace Europea, per cui nascesse la necessità di fare appello al Tribunale delle Potenze.

Se tale fosse l'intendimento della Circolare del Signor Ministro Imperiale degli Affari Esteri, il Governo del Re dovrebbe protestare contro simile accusa e contro la portata che dal Governo dell'Imperatore sarebbesi voluto attribuire ai fatti recenti che indussero la Francia ad intervenire nel territorio pontificio, fatti che abbiamo ripudiati e severamente condannati. Noi dovremmo in tal caso respingere, in nome del diritto delle genti e del principio di non intervento che forma attualmente la base del diritto pubblico europeo, le conseguenze alle quali la Circolare condurrebbe.

Facendo appello ai sentimenti di giustizia della Francia e dell'Europa intera ci sarebbe stato agevole dimostrare come se l'agitazione esiste in Italia, le cause di essa consistono principalmente nell'atteggiamento ostile della Corte Pontificia verso il Governo del Re, e nella cospirazione reazionaria costituitasi in permanenza a Roma per avversare non solo il Regno d'Italia, ma tutti i progressi e le innovaZiioni che sonosi fatti da alcuni anni in Europa, cospirazione alimentata dai più fieri campioni del partito del regresso, e della quale ebbesi recentemente una prova manifesta, poiché fu visto un principe appartenente ad una dinastia caduta combattere a Mentana nelle file delle milizie pontificie.

Ma questa prima impressione fu dippo~ assai temperata dalle parole pronunziate da S. M. l'Imperatore dei Francesi, il quale nel discorso di apertura del Corpo legislativo, ristabilendo la questione sulle sue vere basi ha solennemente dichiarato che la Conferenza proposta avrebbe il solo scopo di regolare i rapporti fra l'Italia e la Santa Sede e che la Francia nulla può imprendere di ostile contro l'unità e l'indipendenza del Regno

Tolta così di mezzo ogni dubbiezza sugl'intendimenti del Governo Imperiale, nel suo desiderio di riunire una Conferenza che abbia ad esaminare la quistione romana e ricercare i mezzi di far cessare l'antagonismo esistente fra il Regno d'Italia e la Santa Sede, noi non sapremmo vedere cosa alcuna che sia contraria ai nostri veri interessi. Anche noi siamo impegnati grandemente a veder ristabHiti fra le due Potestà rapporti che facciano sparire ogni causa di agitazione nociva all'Italia, funesta alla Chiesa.

Se il Gabinetto di Parigi opina che un problema di tanta importanza non possa continuare ad essere argomento di trattative parziali e separate fra l'Italia e la Francia, come noi avremmo desiderato, e che invece sia giunto il momento di ricercare una soluzione definitiva in concorso colle altre Potenze, il Governo Italiano, pur riservando i diritti inalienabili dell'indipendenza e dell'unità del Regno. non esita ad accettare in mass·ima la Conferenza proposta, purché tutte le maggiori Potenze d'Europa siano decise a prendervi parte.

La questione che sola può essere sottoposta alle Potenze non è tale infatti da !asciarci temere la manifestazione di un loro voto a noi sfavorevole. Noi abbiamo fede nelle ragioni, che in appoggio alle nostre aspirazioni potremmo svolgere innanzi ai rappresentanti riuniti dell'Europa, appunto perché siamo convinti che in quelle aspirazioni nulla vi ha d'inconciliabile colla libertà necessaria per l'esercizio della suprema autorità della Chiesa, e che soltanto con

una definitiva soluzione delle dimcoltà presenti potremo ricondurre la pace negli animi ed assicurare ad un tempo la prosperità dell'Italia e lo sviluppo dei più puri sentimenti della religione.

In materia però di tanto rilievo il Governo del Re non potrebbe senza assumere sovra di sé troppo grave responsabilità, prendere sin d'ora un impegno definitivo e preciso, se prima non sarà illuminato sopra vari punti riflettenti l'indole della Conferenza che si vorrebbe riunire e le conseguenze che dalla medesima sarebbero per derivare.

Benché non vi sia per noi ragione di dubitare che le Potenze vogliano in questa occasione discostarsi da quelle regole, che furono sempre seguite in consimili casi e che assicurarono alle loro riunioni un risultato pratico, dando nel tempo stesso sicurtà pei diritti dei singoli Stati, ciò nondimeno noi crediamo necessario chiedere anticipatamente qualche schiarimento, che il Governo imperiale non vorrà certamente ricusarci.

Se Ella, Signor Ministro, si farà ad esaminare il modo col quale la con-: ferenza ci venne annunziata, scorgerà facilmente essere anzitutto indispensabile che venga determinato qual posizione voglia farsi all'Italia, se cioè s'intende che noi dobbiamo entrare nella Conferenza soltanto per esporvi le nostre ragioni, posizione che non potremmo accettare, ovvero per deliberare e per prendere in essa quel posto che si conviene ad un grande Stato, il quale sottopone un grave quesito all'apprezzamento di Governi amici.

Sarà anche mestieri ch'Ella chieda al Ministro Imperiale degli Affari Esteri, se le deliberazioni della Conferenza sarebbero la risultante delle discussioni che vi avrebbero luogo, ovvero se, nell'opinione del Governo Imperiale, si dovrebbe procedere a voti, ed in tal caso bisognerebbe anche conoscere quali siano le Potenze convocate, quali di esse accettino l'invito, e quale sia il numero dei voti a ciascuna attribuito.

E siccome l'opera di una Conferenza europea non può certamente essere assunta senza che prima sia definito il carattere delle sue decisioni, non sarà fuor di luogo ch'Ella domandi se queste dovranno avere soltanto il valore di autorevoli consigli, ovvero, se sia negl'intendimenti del Gabinetto francese di assicurar loro la sanzione.

Quindi appare sempre più evidente la necessità di fissare preventivamente l limiti entro i quali deve rimanere la discussione, onde sia, in ogni evenienza,

\

accertato che nessuno potrà rivenire sui fatti che hanno costituito il Regno d'Italia, e che le deliberazioni dovranno essere ristrette alla ricerca dei mezzi propri ad appianare le dimcoltà esistenti tra l'Italia e la Santa Sede. E dappoiché anche l'indicazione del luogo dove una conferenza si deve riunire è cosa di qualche importanza, io reputo necessario che sovra di ciò Ella interroghi il Governo Imperiale.

Desideriamo eziandio sapere con certezza se, in conformità delle assicurazioni date, il Governo Imperiale ritirerà le sue truppe dal territorio pontificio, ciò che ad ogni modo dovrebbe essere un fatto compiuto al momento dell'apertura della Conferenza.

Tali sono, Signor Ministro, i principali quesiti sui quali io La interesso vivamente a farmi avere dal Gabinetto Imperiale un'esplicita rsposta, amnché il Governo del Re possa con piena cognizione di causa prendere una decisiva deliberazione relativamente alla Conferenza, ed in vista sopratutto delle conseguenze a cui essa può dar luogo.

Per quanto sia vivissimo in noi il desiderio di assecondare la proposta del Governo imperiale, tuttavia, senza discostarci dalle norme prima d'ora generalmente adottate e dai dettami di una politica savia e prudente non possiamo dispensa,rc<i dal proporre tali quesiti, intorno ai quali è necessario togliere ogni dubbio onde a noi rimanga la certezza di non poter essere condotti in una via opposta a quella che già Le ho additata nelle precedenti comunicazioni.

(l) Ed. in LV 13, pp. 59-62 e in francese in Origines diplomatiques, vol. XIX, pp. 284-288.

578

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 177. Vienna, 19 novembre 1867.

Avant de quitter Vienne, S. M. le Roi des Hellènes a exprimé le regret que la visite de sympathie, qu'il avait le désir de faire avec la discrétion opportune et dans le plus strict incognito à Notre Auguste Souverain, n'ait pu s'effectuer.

Pendant son court séjour auprès de cette Cour Impériale, le Roi des Hellènes a produit une impression favorable. Il a parlé avec dignité des droits et de l'avenir de la Grèce, et s'est montré libre de toute 1nféoda1:Ji.on à quelque Puissance que ce soit. Pour en donner un exemple à V. E., il a dit, dans une conversation familière qu'il a eue avec un personnage, qui le connait depuis son enfance, que tòt ou tard la Grèce, qui ne peut se trouver en conflit avec les intérets russes dans ses tendances à s'incorporer l'Epire, la Thessalie, la Macédoine, trouvera au contraire, dans sa marche vers Constantinople, la Russie en travers de son chemin; et que c'est une puissante raison pour les Grecs de garder vis-à-vis de cette Puissance leur indépendance morale.

Le Due de Gramont lui ayant dit avec une sorte de fam!lliarité que s'il était à sa piace il abandonnerait les Candiotes à leur sort, le Roi répondit: « si vous étiez à ma piace et que l'on vint vous donner un pareil conseil je veux croire que vous répondriez: je ne peux pas et je ne veux pas ».

Le Roi a eu avec le Baron de Beust une conversation politique, qui lui a laissé l'impression que cet homme d'Etat ne prenait peut-etre pas très au sérieux ce que le Roi lui disait de nécessité de donner satisfaction aux aspirations helléniques. Le Roi eut un moment d'impatience contre le sourire spirituel qu'a parfois M. de Beust, et lui fit observer avec vivacité qu'il aimait à parler sérieusement de choses sérieuses. M. de Beust dit au Roi, dans cet entretien, qu'au point de vue à la fois conservateur et libéral où se piace l'Autriche, il ne voyait pas que les affaires de la Grèce, qui ne touchent pas de près les intérets du Gouvernement Impérial, dussent etre pour lui un sujet particulier de préoccupation; il ajouta du reste, comme preuve de la bienveillance efficace de l'Autriche pour les Chrétiens en général, le succès des conseils donnés par elle pour l'évacuation des forteresses serbes. Le Roi répliqua que la Porte avait évacué les forteresses parce que l'insurrection de Candie l'y avait forcé. Le Roi et M. de Beust se sont quittés assez froidement.

Ces détails sur le entretiens du Roi avec MM. de Beust et de Gramont ont été racontés par Sa Majesté elle-meme à la personne qui a bien voulu me Ies confier.

A propos des affaires d'Orient, ce n'est peut-etre pas empiéter sur les informations du Ministre de Sa Majesté à Londres, que de rapporter à V. E. que, d'après Ies dit-on du Corps Diplomatique, lord Stanley s'est tenu avec le Baron de Beust dans !es termes d'une entière abstention à cet égard, et lui a dit qu'il ne voyait pas d'inconvénient à ce que la Porte cédàt cette ile comme l'Angleterre a cédé les iles Ioniennes; que lui. Lord Stanley, ne donnerait de conseils ni pour ni contre ce t te cession; qu'il tenait du reste beaucoup au maintien de J',intégl1ité de l'Empire Ottoman, mais qu'H ne voyait pas l'utilité ni le but pratique de nouvelles négociations ou de nouveaux accords sur ce point, surtout en présence des oscillations que subit depuis dix ans la politique française dans les questions Orientales.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R.R. s. N. Tunisi, 19 novembre 1867 (per. il 22).

La penuria delle finanze tunisine è arrivata al punto che nella Goletta non ha avuto luogo durante due giorni della settimana scorsa la distribuzione del pane alla guarnigione ed ai condannati, e solo il terzo giorno vi si è potuto supplire con delle gallette stantie e muffite che si tolsero dalle provviste dei bastimenti di guerra. Lo stesso ancora assicurandomisi sia avvenuto in Tunisi, è facile a vedere come alla lunga questo stato di cose sia grandemente pericoloso per la sicurezza pubblica.

Se non che stando a certe confidenze fattemi dal Console inglese Signor Wood ritornato di recente a questo suo posto dopo sei mesi di congedo, l'Italia e la Francia si sarebbero intese d'inviare un ultimatum al Bey per chiedere 1° l'intiero ed immediato pagamento dei debiti contratti col commercio delle due nazioni -2° la promulgazione d'un patto fondamentale che garantisca la vita e i beni dal primo all'ultimo de' sudditi tunisini -3° l'impiantamento di un regolare sistema amministrativo, colla minaccia in caso di rifiuto dell'occupazione di una parte della Reggenza.

Io non saprei dire quanta e quale fede si meritino le parole del mio Collega d'Inghilterra; mi consta però che mentre ci si adopera per predisporre il Bey ad andare incontro a simili dimande, il Console di Francia ha frequenti e lunghe conferenze al Bardo con Sua Altezza e col Primo Ministro Si Mustafa Khasnadar.

Intanto essendo col vapore postale italiano delli 13 andante partito improvvisamente il Generale Si Roustem Ministro dell'Interno, lo stesso Signor Wood suppone che abbia ricevuto dal Bey la missione di dare soddisfacenti spiegazioni ai due Gabinetti di Firenze e di Parigi.

Comunque però siasi, nel riferire quanto sovra a V. E. non devo dissimulare come mi trovi imbarazzato in mancanza di precise superiori istruzioni. Il mio compito è stato sinora di accrescere la nostra legittima influenza. e di tutelare a un tempo gl'interessi italiani, i quali non sono certo in sofferenza più delli altri interessi europei. Non ho pure trasandato in ogni occorrenza d'insistere, come sempre insisto sulla necessità di pronte e radicali riforme nel sistema amministrativo; ma in questo momento per mantenere alla stessa altezza il prestigio della bandiera italiana, e per non !scapitare nella posizione che sono andato facendomi in faccia del Governo locale e di questi miei Colleghi sarebbe mestieri che io assumessi quind'innanzi un contegno più deciso.

In attenzione pertanto di quelle norme che nella di Lei saviezza stimerà conveniente d'impartirmi, ...

580

L'INCARICATO D'AFFARI A COPENAGHEN, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 844. Copenaghen, 20 novembre 1867, ore 11,10 (per. ore 14,35).

Danemark a été invité à la conférence. Il accepte selon toute appq.rence. Dispositions assez favorables pour nous. Détails par la poste (l).

581

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA. ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

'r. 471. Firenze, 20 novembre 1867, ore 16,50.

Il me revient de source assez certaine que la circulaire de M. de Beust relative à la conférence contient des phrases assez dures sinon entièrement hostiles à l'endroit de l'Italie. Tachez de vous la procurer (2).

(l) -Cfr. il seguente brano del r. 14 di Sonnaz del 28 novembre: "Il Signor Ved. el mi spiegò queste espressioni dicendomi che sarebbe stato sconoscere la posizione del Governo danese in Europa col volere pronunciarsi più esplicitamente in questa questione; ma che potevo esser convinto che il Gabinetto di Copenaghen era tutto disposto a favorire le nostre aspirazioni nazionali su Roma niente affatto inclinato a difendere il potHe temporale del Santo Padre; che il suo contegno alla conferenza sarebbe di spingere ad un assetto definitivo della questione romana affinché la nostra politica estera non fosse più soggetta a queste continue preoccupazioni interne che diminuiscono le nostre forze ed affinché le nostre relazioni colla F'rancia potessero ristabilirsi sull'antico piede di cordialità ed alleanza. Il Signor Vede! non mi nascose che questo ultimo scopo era il principale a raggiungere per la Danimarca nella Conferenza proposta». (l) -Per la risposta cfr. n . .sqg_
582

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 105. Berlino, 20 novembre 1867 (per. il. 25).

Je me suis empressé de parler au Sous-Secrétaire d'Etat des Aft'aires Etrangères dans le sens du télégramme de V. E. du 19 courant (1), relatif à notre adhésion en principe à la conférence, un engagement définitif de notre part restant subordonné à des éclaircissements sur plusieurs points que j'ai signalés. Il importait en eft'et que le Cabinet de Berlin continuàt à etre exactement renseigné sur notre attitude, car l'Ambassadeur de France n'a pas interrompu ses démarches pour la réunion d'une conférence.

Il y a cinq jours, ne se tenant pas pour battu malgré la réponse qu'il avait reçue du Comte de Bismarck, il en a appelé directement au jugement du Roi, en laissant entendre avec peu de mesure que la manière de voir de ce Souverain pourrait dift'érer de celle de son premier Ministre. M. Benedetti a fait une charge à fond. Il s'est eft'orcé de faire comprendre à son royal interlocuteur combien les raisonnements évasifs de ce Gouvernement nuisaient à la réalisation d'un projet, que chaque Puissance devrait accueillir favorablement, puisqu'il avait pour but de prévenir de nouvelles complications. Il donna meme à entendre que l'absence du concours de la Prusse serait interprétée par l'opinion publique comme un refus de se preter à une politique de conciliation. Sa Majesté s'est simplement référée au langage du Comte de Bismarck, qui néavait a~i que d'après ses ordres et qui jouissait de toute sa confiance.

Il faut qu'il ait eu des instructions bien formelles de Paris pour ne pas se sentir désarçonné par l'insuccès de cette tentative, car hier encore il a donné un nouvel assaut au Ministère des Aft'aires Etrangères. C'est M. de Thile qu'il a attaqué, par d'anciens et par de nouveaux arguments. Il a dit, entre autres, qu'il ne dépendait plus que de la Prusse, que l'aréopage se réunìt. M. de Thile objecta que la Russie et l' Angleterre faisaient aussl d es réserves. Le d~plomate française croyait à une condescendance finale du Cabinet de Saint Pétersbourg. Et, quant à l'Angleterre, o n était occupé à faire valoir auprés d'elle les memes arguments de persuasion qu'à Berlin. Le Sous-Secrétaire d'Etat ne pouvait, lui aussi, que se référer au langage de M. de Bismarck, qui se résume par ces mots: avant de donner une réponse définitive à l'invitation, la Prusse, sans dire non, désire et attend, camme nous, des explications sur les questions posées.

Il est difficile de se rendre compte de cette insistance du Cabinet des Tuileries, à moins qu'il ne cherche peut-etre à mettre la Prusse dans son tort, et à réjeter sur elle l'avortement de ses tentatives auprès de la plupart des Puissances européennes. Ou s'est-an peut-etre mépris à Paris sur la portée du dernier discours de la Couronne, à l'ouverture des Chambres de ce Pays? Le fait est que M. Benedetti en avait tiré des indications favorables à une adhésion du Cabinet de Berlin. J'ai mandé à V. E. quelle est l'interprétation du rédacteur de ce document. Elle aura également remarqué que tous les journaux

trançais, au lieu de parler des titres des populations catholiques à la sollicitude du Roi en faveur de la dignité et de l'indépendance du chef de leur Eglise, ont traduit le mot allemand anspriiche par celui, beaucoup plus accentué, de droits. Bref, se serait-on bercé d'illusions au point de supposer que les paroles mises dans la bouche du Roi signifiassent acceptation certaine, et fussent ainsi en contradiction avec les déclarations de son Ministère? Ce serait bien mal connaitre les exigences d'un Etat constitutionnel. Il est vrai que la politique des doubles courants est pratiquée à Paris, et d'ailleurs M. Benedetti, ayant fait ses premières armes en Orient, n'a pas encore su se dépouiller, dans le maniement des affaires, de certains procédés qui passent là pour de la finesse, et qui ailleurs prennent un autre nom.

Les journaux nous ont apporté le texte du discours par lequel l'Empereur Napoléon a ouvert la session législative. La presse officieuse en a relevé la portée pacifique. La presse indépendante, et partant n'ayant pas les mémes ménagements à garder, n'épargne pas ses critiques, nommément sur ce passage: «il faut accepter franchement les changements survenus de l'autre còté du Rhin, proclamer que, tant que nos intéréts et notre dignité ne seront pas menacés, etc. etc. ». Ce n'est pas là, dit-elle, un langage qui puisse satisfaire l'Allemagne. En quoi la dignité de la France pourrait-elle étre en jeu si ses voisins adoptent telle ou telle autre organisation? Où se trouve la ligne d es intérets français? etc. etc. La phrase « plus nous serons forts, plus la paix sera assurée » provoque aussi des répliques qui ne sont pas sans valeur. Au reste, le sentiment public ne peut qu'étre irrité de voir le Gouvernement français, tout en protestant contre une immixtion de sa part, s'obstiner à raisonner les affaires intérieures des autres Pays, tandis qu'on le laisse libre et maitre de gouverner chez lui comme bon lui semble.

Dans tous les cas, il est imposslble de ne pas s'apercevoir d'une certaine légèreté dans les allures de la diplomatie française. L'invitation adressée à la Saxe, pour participer au Congrès, avait causé ici quelque surprise. Impossible d'admettre qu'on ignorat à Paris la compétence du Président de la Confédération du Nord. Cette démarche pouvait donc éire expliquée par une arrièrepensée de relever, au détriment de la Prusse. le prestige des Etats secondaires. Un télégramme tout récent a chargé M. Benedetti de venir au devant de ces commentaires, par des raisons qui sembleraient presque des excuses, mais qui dénotent combien on se rendait un compte inexacte des changements survenus dans le Nord de l'Allemagne.

(l) Cfr. n. 572, nota 2.

583

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 857/336. Londra, 20 novembre 1867 (per. il 25).

Ho ricevuto il telegramma col quale Ella mi incarica di ringraziare lord Stanley su quanto egli avesse fatto pronunziare per bocca della Regina a favore d'Italia Cl l.

Già jeri sera aveva anticipati questi ringraziamenti che feci nel modo il più sentito che per me si potesse.

Difatti secondo le costumanze parlamentari Inglesi non si mette sul discorso Reale che allusioni al fatto o da farsi dal Governo; non mai di questioni incidentali. Questa affermazione era dunque tanto più gradita per non essere strettamente abituale anzi contraria agl'usi. Cosi la intesi e così mi espressi col Ministro degl'Affari Esteri dicendogli che riconoscevo in questo i suoi impulsi e mente generosa e le simpatie per noi. Egli parve soddisfatto di quanto gli dicevo.

In generale la discussione che ebbe luogo in Parlamento piacerà più a Firenze che altrove, e la conferenza non avrà visto aumentate le sue probabilità d'esistenza. Le tendenze nelle due Camere che mi vennero riferite da varii membri dopo la seduta, erano piuttosto anti-Francesi a segno che da molti, e persone anche d'alto bordo, venne il paragrafo relativo all'Italia trovato strisciante verso la Francia per questo solamente che non aveva biasimato ab ovo l'andata dei Francesi a Roma. A questo risposi che me ne contentavo perfettamente, e non so se altri ne avrebbero fatto altrettanto. Ricordandomi di lagnanze che ebbi a muovere per Missioni che si fecero in simil caso quando l'Italia agiva di conserva con Francia ed Inghilterra.

Sono stato a cercar Lord Stanley un momento fa, anzi avevamo una specie di appuntamento ma fui ritardato dal dovere andare nella city per la valigia delle Indie.

Fo conto di comunicargli quanto mi venne fatto di sapere, niente meno che dal Direttore di una delle Compagnie di costruzione di telegrafi che cioè il Governo Imperiale aveva fatte istanze acciò la costruzione di un telegrafo collegante le linee francesi direttamente con Civitavecchia, venisse da essa intrapresa, locché non indica progetti di sgombro.

(l) T. 470, pari data. non pubblicato.

584

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 6. Pietroburgo, 20 novembre 1867 (per. il 27).

Siccome io ebbi già l'onore di renderle noto, fin dalla comunicazione della prima circolare francese, fatta dal Barone di Talleyrand al Principe Gortchacow, il Cancelliere dell'Impero avea dichiarato che Egli non poteva in verun modo assumer l'impegno di accettare la proposta del congresso senza conoscere innanzi tutto quali ne sarebbero le basi. Avendogli poi annunziato l'Ambasciatore russo in Parigi che erasi quivi agitato nel consiglio del Governo il pensiero d'indicar Roma alle potenze come la sede eventuale del Congresso, il Principe Gortchacow non tardò di signiiìcargli, perch'ei ne desse conveniente participazione al Governo di Francia, qualmente una cosiffatta scelta importerebbe senza più e a tutta prima l'esclusione della Russia dai negoziati.

Venne poi la seconda Nota francese, e, conforme al primo accenno già fatto, fu la risposta del Ministro russo. Non istarò a descrivere all'E. V. gli

argomenti e la forma della Nota del Governo Imperiale poiché è da credere che un ugual documento LP sia :>ta.t.o già trasmes::;o dal rappresentante di Francia in Firenze nell'invitare il Governo del Re alla Conferenza. Sovra di esso il Cancelliere dell'Impero di Russia ebbe ad esprimersi d·icendo «che quanto ai consigli da dare all'Italia di non lasciarsi trarre per una via imprudente dagli eccitamenti rivoluzionari, non gli pareva che il Governo del Re avesse grandemente mestieri, poiché già i suoi atti sino dal principio del tentativo garibaldino su Roma e soprattutto dopo l'avvenimento dell'E. V. al potere, avevano assai mostrato come egli avesse a cuore di non dipartirsi da questo necessario indirizzo in cui egli doveva pure esser mantenuto dal suo proprio interesse. Né ad altra causa potersi attribuire il rifiuto dei plebisciti romani nonché il richiamo delle Reali truppe, il disarmo dei volontari, e la cattura del Garibaldi. Ad ogni modo un suggerimento di tal natura che appartiene alle nozioni più elementari, e più vaghe del diritto pubblico, non potea fornire una occasione bastevole alla riunione di un congresso internazionale: che il documento emanato dalla Cancelleria francese ben pareagli irreprensibile quanto alla forma letteraria, e ch'egli con piacere aveane intesa la lettura avvegnacché (soggiungeva poi confidenzialmente ad alcuno dei miei Colleghi) gli paresse concepito un po' troppo sull'andare delle comunicazioni diplomatiche usate un tempo dalla Santa Alleanza, ma che Egli non avrebbe potuto dare il suo assenso alla proposta, ove prima non gli venisse fatto conoscere con qualche precisione su quali basi, e con qual programma avrebbe dovuto la Conferenza aprirsi, secondo gli intendimenti della Francia».

Si fece poi ad interrogarmi su quel ch'io pensassi intorno alle risoluzioni del mio Governo rispetto a questa pratica. Risposi che mi risultava dalle comunicazioni ricevute come non fosse molto dissimile il modo in cui la E. V. la considerava, e anche a noi paresse, secondo che venivami indicato nel telegramma del 13 Novembre (1), che non si poteva accogliere la proposta di una conferenza sulle cose di Roma senza la indicazione di un programma che desse giusta soddisfazione al nostro diritto nazionale e che non avremmo consentito ad intraprendere dei negoziati a capo dei quali, non poteva scorgersi che l'ignoto. Il Cancelliere dell'Impero parvemi al fine, dal tutto insieme dei suoi discorsi, aver ben poca fiducia nel riuscimento della trattativa, ed esser poco desideroso, per parte sua, che il progetto si avverasse. E in effetti il Barone di Talleyrand ritornò poi dal Principe nel giorno seguente, dopo aver segnalato a Parigi la risposta avuta: non potrei dire quali nuovi argomenti, e quali nuove istruzioni gli abbia comunicate il diplomatico francese, ma certo vi andò per insistere sull'invito fatto dapprima, e per procacciarne più favorevole accoglienza, e posso accertare, per autorevole informazione, che non ne ottenne guarì più di quello che negli altri colloquii, in termini generali, vennegli già significato.

Posso aggiungerle altresì che la risposta infrascritta fu conseguenza di un accordo preso già fra i Gabinetti di Berlino e di Londra, e da quest'ultima segnatamente promossa, s1iccome all'E. V. è ben noto, ed a cui quel di Russia intende fin'ora di pienamente uniformarsi. Ho poi la soddisfazione di confer

(lJ Cf1·. n. 539.

marLe che questo Governo dimostra tutt'ora le migliori e più cordiali disposi;,;ioni a nostro rigllardo. l' non vuoi partecipare a nc>ssun atto internazionale. onde sia per uscire in un modo o in un altro il riconoscimento e la sanzione del dominio temporale del Papa, il quale si atteggia, dicevami il Principe Gortchacow, a nemico della Russia, e la fa segno delle sue ingiurie, qualora l'occasione glien'è offerta nelle sue dichiarazioni alle potenze Cattoliche. Il Ministro Russo facevami anzi notare come la parola trono ponti!icale, cercata con istudio visibile dal Marchese di Moustier, ed inserita nella sua scrittura non gli facesse molto bene arguire delle intenzioni in cui era il Gabinetto di Parigi e dei suoi fini ultimi nel merito della questione Romana. Riseppi poi ancora da fonte autorevole che il Barone di Budberg ha in questi giorni riferito al Ministero in Pietroburgo il sunto di un colloquio da lui avuto col Marchese di Moustier sulle presenti emergenze d'Italia, in cui quest'ultimo avrebbe procacciato a suo potere di trarre il Governo moscovita ad un'azione comune facendo intendere come una tal condiscendenza avrebbe avuto per effetto una scambievole conformità di vedute nelle cose d'Oriente, alla quale già l'Imperatore dei Francesi erasi mostrato inclinevole con l'assentire alla dichiarazione sugli eventi di Candia, a malgrado degli sforzi operati per distornelo dal Barone di Beust negli abboccamenti di Parigi. Non potrei veramente narrar per ordine quali sieno stati tutti i particolari di quel colloquio ma credo, con la debita riserva di potere informare l'E. V. che avendo tentato il diplomatico Russo di risapere da quel Ministro d'Affari Esteri quale fosse poi veramente il concetto della Francia nell'assetto da dare alle condizioni di Roma relativamente al Regno d'Italia. questi ebbe a dirgli: che per fermo la Francia non consentirebbe giammai a discutere in favore del Pontefice di Roma un mutamento dello statu qua, e la possibilità della restituzione di qualcuna delle provincie perdute dalla Chiesa negli ultimi rivolgimenti, ma che d'altra parte era voler suo di conservare i limiti del medesimo statu qua a fronte delle pretese nazionali proclamate dall'Italia. Mi affrettai di dar notizia al Cancelliere dell'Impero del contenuto nel pregiato dispaccio dell'E. V. del 16 corrente (1), al che m'indusse vieppiù il sapere come la diplomazia francese insinuasse che da noi principalmente si desiderava la riunione della Conferenza. Il Ministro Russo non prese nessuna meraviglia di questa mia nuova comunicazione che riuscì rispondente alle sue previs.ioni; egli mi ddsse: « J'ai toujours considéré ce projet camme un entant mort né; » ma non si rimase tuttavia dal deplorare la situazione della Francia non meno malagevole e intricata della nostra in presenza di questo conflitto che Ella stessa con la sua recente attitudine avea contribuito a creare. Se non che poi oggi stesso mi fece pervenire suo invito di condurmi al più presto al Ministero degli Affari Esteri, e mi die' lettura di un dispaccio del Barone di Budberg, di cui già porsi conoscenza per telegrafo all'E. V., il quale era in aperta contraddizione con quanto io gli espressi, e dovetti confermargli seduta stante ponendogli sott'occhio il telegramma giuntomi da Firenze. L'Ambasciatore in Parigi gli affermava in quel dispaccio che la conferenza veniva accettata dal Governo Italiano senza stabilimento di basi né di programma. Non era in poter mio di risolvere di presente il dubbio che doveva ingenerare una

tale disparità di informazioni, di cui solo alla E. V. può esser chiara la cagione. Mi giova sperare che tal dubbio sarà cessato nell'ora in cui riceverà questo mio rapporto dopo le spiegazioni che sulla richiesta del Principe Gortchakow mi è convenuto di sollec•itarne (1).

(l) Cfr. n. 533, nota l, p. 458.

585

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 176. Vienna, 20 novembre 1867.

Le Chancelier de l'Empire se montre de plus en plus satisfait de la conduite de la Porte Ottomane. Il m'a dit hier, dans une courte entrevue que j'ai eue avec lui, que les conseils de l'Autriche étaient parfaitement accueillis à Constantinople, et que la Porte se dispose à admettre que la question de Candie soit soumise à une enquete à effectuer avec le concert des Puissances garantes, les droits de souveraineté du Sultan étant naturellement réservés.

Ainsi, tandis que la Russie vient de clore, par des déclarations auxquelles elle attache un sens quelque peu comminatoire pour les intérets généraux de la Porte, la campagne diplomatique poursuivie sans succès par elle en faveur de la réunion de Candie à la Grèce, l'Autriche, dont le programme n'a pas cessé d'etre réalisable, s'apprete à recueillir le succès auquel elle a toujours visé, celui d'une amélioration convenable de la situation des Candiotes sans atteinte portée à l'intégrité de la Turquie.

Cette indication servira peut-etre en partie à V. E. de réponse indirecte à la question qu'Elle a posée au Ministre du Roi à Saint-Pétersbourg par Sa dépéche du 7 novembre courant (2) qu'Elle a bien voulu me faire connaitre.

Les nouvelles de Serbie excitent de nouveau ici quelque inquiétude. Le remplacement de M. Garachanine par un personnage encore plus dévoué que lui aux intérets russes et la raideur du Gouvernement de Belgrade vis-à-vis de la Porte, témoignent d'une action plus efficace et plus active que par le passé de la Russie sur la Serbie.

586

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 179. Vienna, 20 novembre 1867.

Il richiamo del Barone di Hiibner e la nomina del Conte Crivelli al posto d'Ambasciatore di questa Corte Imperiale in Roma (3), segnano un nuovo passo

nella politica liberale e prudente ad un tempo seguita all'interno ed all'estero dal Barone di Beust verso il partito clericale e la Corte di Roma, ed è nello stesso tempo una nuova prova della prevalenza definitivamente da Lui presa sul partito retrivo che sì lungamente dominò nei Consigli della Corona Imperiale.

Devoto alla Compagnia di Gesù, che lo spinse dalla più umile situazione ai posti de' primo ordine, il Barone Htibner era a Roma il rappresentante e l'istrumento non della politica del Gabinetto Beust-Andrassy, ma di quella che tende a rovesciare l'attuale ordine di cose nell'Impero ed a sostituirvi il sistema del Barone di Bach. Era naturale che egli non potesse compiere debitamente le istruzioni che gli erano commesse e che erano in contraddizione colle sue convinzioni.

Il Conte Crivelli, a quanto si assicura, non reca nelle sue nuove funzioni alcuna preoccupazione o pregiudizio personale, e sarà un fedele rappresentante delle tendenze di questo Gabinetto, delle quaU procuraJi d'informare successivamente V. E. nella mia corrispondenza.

(l) -Cfr. n. 573. (2) -Cfr. n. 489. (3) -Sul richiamo dell'Htibner da Roma cfr. S. JAciNI, Il tramonto del potere temporale nelle relazioni degli ambasciatori austriaci n Roma ( 1860-1870), Bari, 1931, pp. 235-236, F. ENGEL JANOSI. Der Freiherr von Hfibner, Innsbruck, 1933, pp. 188-189; E. Dr. NoLFO, Austria e Roma nel 1870, in «Rassegna storica del Risorgimento», 1971, n. 3, p. 413.
587

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, PATELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 850. Lisbona, 21 novembre 1867, ore 9,55 (per. ore 14,45).

Le Roi vient de me dire décision prise par son Gouvernement acceptation conférence en principe sans aucun engagement. Plénipotentiaire portugais probablement M. Loulé. Sa Majesté a ajouté qu'il vient de recevoir un télégramme de Paris portant que le Gouvernement frança!s est prét à donner au Gouvernement italien garantie qu'il a demandée.

588

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 852. Monaco, 21 novembre 1867, ore 15,15 (per. ore 17,35).

Ministre des affaires étrangères vient de me dire d'avoir communiqué aujourd'hui au chargé d'affaires de France adhésion en principe à la conférence dans le but d'atteindre solution pacifique. Indispensable présence Italie et Rome. Dans le cas de leur abstention, Bavière réserve sa décision finale. Le prince Hohenlohe m'a déclaré que l'abstention de l'Italie l'empécherait de prendre part à la conférence, mais non celle de Rome.

35 -Documenti cliplomatid -Serle I -Vol. IX

589

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 854. Vienna, 21 novembre 1867, ore 18 (per. ore 19,40).

Ayant eu l'occasion de voir aujourd'hui Beust, il m'a parlé de sa circulaire, et lui ayant dit que certaines informations mettaient en doute qu'elle réponde exactement aux sentiments de bLenveillance qu'il m'a plusieurs fo~s témoignés envers l'ltalie, il m'a franchement dit que le passage relatif aux affaires de Rome rédigé sous la pression de l'hospitalité, n'avait peut-etre pas, il le reconnaissait, été l'objet de sa part d'une attention suffisante; il se fit apporter cette pièce et me lut ce qui nous conceTne directement; elle ne dit rien du pouvoir temporel et ne préjuge pas solution de 1a question romaine; mais elle contient cette phrase: «nous avons la confiance que l'envoi des troupes françaises à Rome assurera le maintien de l'ordre dans la péninsule et rappellera l'Italie à l'exécution de la convention de septembre ». Beust me dit spontanément qu'il avoue que cette phrase n'aurait pas dù etre écrite et qu'il la regrette. Ce sont ses expressions, et il m'autornsruit à les répéter à V. E. Du reste, a-t-il ajouté, la circulaire ne sera pas publiée, la France trouvant que nous y révélons trop indiscrètement que sa dernière déclaration à la Porte n'a pour but que de se dégager de promesses ultérieures envers la Russie.

590

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 473. Firenze, 21 novembre 1867, ore 18,15.

Il nous parvient de diverses sources que le cardinal Antonelli accepte la conférence, mais à condition qu'on remette en question tout ce qui s'est fait en Italie depuis 1860.

Toutefois Antonelli prétend que l'Empereur désire que la conférence n'ait pas lieu. Les français ont 72 pièces de canon à Rome. Toulon en expédie toujours de nouveaux. Les français ont demanàé au Gouvernement pontifica! 200 mille francs pour fortifier la ville. Le Pape a dit à ce sujet que les gaulois le ruinent. Comme vous voyez nous sommes loin de l'évacuation de Rome qui a été promise et annoncée si souvent.

591

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

D. 43. Firenze, 21 novembre 1867.

I rapporti ch'Ella mi ha indirizzato coi n. 117 sino al n. 120 di questa serie (l) mi giunsero regolarmente.

Da quanto trovo riferito nelle relazioni del R. Vice Console alla Canea e dalle cose che V. S. mi scrive debbo conchiudere che se l'insurrezione cretese avrà vita che basta a tenere occupata una buona parte delle milizie disponibili dell'Impero Ottomano, non sembra però che l'interna sollevazione possa bastare a sostituire nell'isola alla dominazione turca quella di Grecia. Se cosi è non pare dubbio che le Potenze rinunzieranno a fare della vertenza cretese l'oggetto od il pretesto di più vasti disegni e politiche combinazioni alle quali nessuno sembra abbastanza preparato in Europa e noi meno ancora d'ogni altro.

Dai documenti diplomatici che Le ho spedito precedentemente Ella ha potuto scorgere qual sia stato il tenore della dichiarazione fatta dall'Italia, unitamente alla Francia, alla Prussia ed alla Russia a Costantinopoli.

Ora a quella dichiarazione si vanno facendo infiniti commenti, ma per noi altro non significa che ciò che indicano nel loro senso naturale le parole in essa adoperate. Dichiarando alla Porta che non assumiamo il compito d'intervenire moralmente in tutte le sue difficoltà interne, non escludiamo il diritto, che anzi vogliamo conservare, di esercitare nelle cose di Turchia quell'azione che ci è guarentita dalle stipulazioni internazionali e che è conforme alla nostra politica situazione in Europa.

Le ultime notizie che ho ricevuto dall'Albania accennano a rumori di prossimi conflitti fra Turchi e Montenegrini. Se il fuoco s'accendesse non potrebbesi forse limitare l'incendio.

Ho qualche ragione di credere che vi sia chi faccia conto sul concorso del partito d'azione italiano per appoggiare il movimento nelle provincie orientali. Benché non sia facile comprendere di quale appoggio tale partito possa essere capace dopo le ultime tristi prove da lui fatte in Italia, ciò non di meno è possibile che se ne ricerchi la cooperazione attiva per formare un nucleo di eventuale azione. Quanto avvenne lo scorso anno dei volontari italiani andati in Candia dovrebbe bastare certamente a distruggere qualsiasi illusione negli animi onesti, ma essendovi pur qualche motivo di temere che si vogliano rinnovare gli stessi errori, reputo necessario sin d'ora avvisare la S. V. affinché Ella abbia a mantenersi affatto all'infuori di quei maneggi attalché l'intera responsabilità ne abbia a ricadere sovra chi li avrà fatti. Pongo dunque sin d'ora la S. V. in guardia contro ogni sorpresa che si tentasse di farle e la esorto poi in particolare maniera a ritenere che la vera politica del Governo Regio non vuoi smarrirsi in vie tortuose e che parola autorevole del Governo è soltanto quella la quale direttamente emana da chi ha autorità di pronunziarla.

Forse se in Grecia non esiste un intero partito, vi saranno però individui collegati coi centri di azione cosmopolita che coll'impazienza e la precipitazione compromettono le migliori cause. Fissando la di Lei attenzione sovra quanto costoro cercheranno di fare Ella potrà venire in cognizione di non poche notizie che ci riusciranno assai utili per seguire in tutte le loro fasi e sotto tutti i loro aspetti i rivolgimenti che si preparano in Oriente.

Ella avrà veduto dai pubblici fogli le accoglienze fatte al Re ed alla Regina di Grecia in Venezia dove vennero ricevuti dalle LL. AA. il Principe e la Prin

cipessa d'Aosta. Ora le Loro Maestà sono partite pella via di Brindisi ed il R. Governo ha voluto che a titolo di onore una nave dello Stato scortasse sino nelle acque Elleniche la fregata Greca venuta in Brindisi per prendervi gli augusti viaggiatori.

(l) Non pubblicati.

592

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 43. Firenze, 21 novembre 1867.

Stimo utile di farle conoscere, in via riservata, alcune notizie più speciali intorno al contegno assunto dai Governi della Germania meridionale a fronte della proposta francese di una Conferenza, e per la definizione della quistione di Roma.

Il Ministro Badese degli affari esteri rispose all'Inviato Imperiale che egli si sarebbe recato a premura di sottomettere la proposta al Consiglio dei Ministri presieduto dallo stesso Granduca. Però il Barone di Freidorf dichiarò confidenzialmente al Cavalier Gianotti che Baden avrebbe seguito l'esempio degli Stati minor~. quali il Belg,io, l'Olanda, la Baviera ed il Wurtemberg, e che in ogni caso, non avrebbe consentito mai a prender parte ad una guarentigia qualsiasi del potere temporale.

Analoga risposta, secondoché mi riferisce il Conte Greppi, fu fatta al Ministro di Francia dal Barone di Varnbiihler, il quale, però, tuttoché prendesse tempo ad assumere un impegno definitivo, si dimostrò favorevole in principio al concetto della Conferenza.

Si fu a Monaco ove, nella presente circostanza, si esercitò più viva la pressione della diplomazia francese, coadjuvata dall'opera della diplomazia Austriaca: ed io richiamo più specialmente la sua attenzione sovra i particolari che in proposito mi sono trasmessi dal Marchese Centurione.

Già fin dall'epoca in cui l'Imperatore d'Austria reduce da Parigi fu di passaggio a Monaco il Barone di Beust, che lo accompagnava, ebbe un colloquio col Principe Hohenlohe, al quale avrebbe dichiarato che la pace d'Europa dipenderebbe dalla maggiore o minore resistenza opposta alla forza assorbente della Prussia, dagli Stati Germanici non compresi nella Confederazione del Nord, e che l'Austria avrebbe, appunto per ciò, attribuito un gran peso alla risposta di quegli Stati all'invito della Francia per una Conferenza sulla quistione romana.

Allorché il Ministro di Francia rimise al Gabinetto di Monaco la Circolare d'invito diramata dal Gabinetto imperiale, il Principe Hohenlohe, benché a quanto pare, si riservasse di dar più tardi una risposta ed annunciasse la sua intenzione di attendere le risoluzioni delle maggiori potenze, lasciò però chiaramente intravedere al diplomatico francese la sua propensione ad accettare l'invito.

Alla insistenza che, come a Stoccarda ed a Baden, così pure ed anzi principalmente spiegavasi a Monaco dalla diplomazia imperiale, aggiungevansi non pochi elementi atti ad agevolare l'accettazione. Da una parte durava tuttavla vivace l'dmpressione lasciata nell'animo del Princdpe dalle parole del Cancelliere dell'Impero Austriaco, dall'altra, il Primo Ministro del Re Luigi II, per sua stessa confessione, era non poco lusin2:ato dell'invito. che offriva alla Baviera l'occasione di prender parte ad un Congresso europeo e di dar soddisfazione ad un partito prevalente in paese facendo atto di indipendenza. Infine, in un ordine opposto di considerazioni, sembra non sia estraneo alla mente del Principe Hohenlohe il sospetto che, in caso di accordo diretto ed individuale tra la Francia e l'Italia, possa farsi più minaccioso ed imminente l'antagonismo che sordamente si agita dalle due parti del Reno, e dal quale la Baviera, come Regno autonomo, non può attendersi che danni, qualunque fosse per essere l'esito della lotta.

Codesti riflessi di varia natura, mentre indurranno molto probabilmente la Baviera ad aderire alla Conferenza, hanno per se stessi una rilevanza che certo non sfuggirà alla perspicacia di Lei.

Dalle cose esposte V. S. rileverà anche la necessità di far comprendere come l'Italia, finché non sia sciolta l'attuale vertenza colla Francia, si trovi in certo modo vincolata, in guisa da non esser libera di scegliere la via che può maggiormente convenire ai suoi interessi ed a quelli dei principii sui quali essa si è costituita.

P. S. Ricevo in questo momento un telegramma che mi annunzia che il Cardinale Antonelli ha accettato la Conferenza a condizione però che si metta di nuovo in quistione tutto ciò che si è compiuto in Italia dal 1860 in qua.

593

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 38. Firenze, 21 novembre 1867.

Il tenore del Rapporto che V. S. mi diresse in data 5 corrente n. 56 della serie politica (confidenziale) (l) ha fatto nascere in me il pensiero che non le sia per avventura sufficientemente chiarito il concetto, cui s'ispira, agli occhi nostri, la dichiarazione testé rimessa alla Sublime Porta in comune tra i Rappresentanti d'Italia, di Francia, di Prussia e di Russia.

Secondo il nostro avviso, ed anche secondo i nostri intendimenti la politica inaugurata coll'atto diplomatico anzi accennato è quella precisamente che risulta dal senso naturale della dichiarazione del 29 ottobre.

Noi non ignoriamo che da altri Gabinetti si darà forse altra e varia interpretazione all'officio testé compiutosi a Costantinopoli. Da più lati ci consta quanto V. S. riferisce nel precitato suo rapporto che cioè la Francia non ha punto rinunciato ad una immistione sistematica nelle cose interne della Turchia, prendendo parte diretta ed anche materiale nell'opera di riorganizzazione che si è inaugurata sotto i suoi auspici. Ci risulta. d'altra parte, che anche la Russia

non ha probabilmente smesso ogni pensiero d'immistione, sotto altra forma e con diverso indirizzo. Il Governo del Re ha invece accettato senza secondo fine e tradurrà francamente in atto la dichiarazione ch'Ella rimise in suo nome a

S. A. Fuad Pascià, e V. S. non avrà che a conformare il suo contegno al tenore in cui quella dichiarazione è concepita ed all'indole delle conseguenze pratiche che ne scaturiscono.

Tale essendo la nostra posizione a fronte degli avvenimenti che potrebbero svolgersi in Oriente, io non vedrei motivo per cui abbiamo a preoccupare! di soverchio delle intenzioni varie delle altre potenze o delle restrizioni colle quali si vorrebbe forse modificare la linea tracciata dai termini della dichiarazione.

Ad ogni modo, trattandosi di argomento d'indiscutibile gravità e nel quale

V. S. ha potuto procacciarsi utili nozioni, Le sarò grato s'Ella vorrà formare argomento di studio e di diffuso rapporto la ricerca dei vantaggi e degl'inconvenienti che a di Lei avviso, risulterebbero da ciascuno dei tre partiti seguenti, cui il R. Governo potrebbe appigliarsi:

1° Non prendere nessuna ingerenza nelle cose interne della Turchia.

2° Astenersi di ogni immistione diretta, favorendo nel tempo stesso coi suggerimenti e colle sollecitazioni lo stabilimento e lo sviluppo di istituzioni più conformi alle esigenze della moderna civiltà ed ai bisogni locali, onde consolidare l'Impero turco.

3° Continuare le nostre simpatie all'opera della ricostituzione delle varie nazionalità dell'Impero ottomano, in quella forma politica che gli avvenimenti fossero per rendere possibile.

Proponendole siffatto quesito, debbo farla avvertita che la risposta di Lei vorrà ad ogni modo essere coordinata alla doppia considerazione della situazione di diritto ch'è propria dell'Italia nelle cose d'Oriente, ed alla qualità nostra di potenza interessata ormai direttamente in ogni quistione importante che si dibatta in Europa.

(l) Non pubblicato.

594

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 107. Berlino, 21 novembre 1867 (per. il 25).

Dans ma dernière visite à M. de Thile, j'ai amené la conversation sur les affaires orientales, et j'ai posé, entre autres, la question si les Puissances signataires de la déclaration remise le 29 octobre à Constantinople se trouvaient d'accord dans la manière d'interpréter la réserve contenue dans la dernière partie de la déclaration précitée. J'ai conformé mon langage à la dép~che adressée par V. E. à la Légation du Roi à Saint Pétersbourg, le 7 novembre (1), et dont une copie m'a été transmise.

Le Sous-Secrétaire n'a pas été à meme de me donner une réponse positive. Certainement 1es quatre SlignatJaires, en dégageant leur responsabilité, n'ont pas «renoncé à la mission généreuse que leur conscience leur impose ), mais depuis lors le Gouvernement Prussien n'a plus reçu aucune communication de Paris, de Saint Pétersbourg, de Florence et meme de Constantinople. En attendant, les anciennes instructions envoyées au Comte Brassier de Saint Simon, relativement au transport des familles des insurgés Crétois par les navires de guerre, resteraient probablement en vigueur, aussi longtemps du moins que la saison assez avancée permettrait de procéder à ces embarquements. Quant à notre désir de savoir si les projets de réformes, présentés il y a quelques mois par la France et la Russie, sont encore ou non recommandés à Constantinople, je n'ai pu obtenir aucune autre indication à cet égard, sauf que sur ce point, comme sur toute éventualité qui pourrait se présenter, le Comte Brassier avait des instructions conçues dans des termes très généraux. Dans tous les cas il doit chercher à se concerter avec ses collègues.

Ainsi qu'il résulte de mes rapports précédents, la Prusse n'ayant pas en Orient des intérets aussi directs que les autres grandes Puissances, s'abstient, autant que faire se peut, de toute initiative. Elle cherche, si possible, à tenir la balance égale entre la Russie et la France, et son vote sert ordinairement d'appoint à la majorité. C'est ainsi que les choses se sont passées, lorsqu'il s'est agi de signer l'acte international qui détermine l'attitude que les Puissances entendent observer, à l'effet de décliner toute responsabilité dans le confl.it entre le Gouvernement ottoman et les dnsurgés de Orète. Elle s'y est associée quand elle a eu l'avis que nous nous rangions aux vues de la Russie et de la France.

Le Cabinet de Berlin n'est pas moins préoccupé des graves complications qui semblent se préparer en Orient, et qui pourraient exposer à une rude épreuve les rivalités existantes entre les Cabinets de Paris, de Vienne, de Londres et de Saint-Pétersbourg. Le rapport de notre Consul à Belgrade laisse déjà entrevoir combien la situation est tendue en Serbie. La Roumanie est toujours sur un volcan. Crète résiste. La Grèce ne sort pas d'une agitation, dont le contre-coup se fadt senttr dans l'Epire et la Thessalde. Que signifl.ent, dans ces conjonctures, les paroles pacifiques de trois Souverains, dans leurs discours d'ouverture des Chambres? C'est bien plus l'expression habile d'un désir de leur part, qu'une conviction bien arretée.

D'ailleurs, le système d'etre armé jusqu'aux dents, donne la mesure du degré de confl.ance qu'il faut accorder au maintien de la paix.

(l) Cfr. n. 489.

595

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 108. Berlino, 21 novembre 1867 (per. il 25).

J'ai eu l'occasion de parler confl.dentiellement au Ministère des Affaires Etrangères du contenu de la dépéche de V. E., du 8 courant, n. 38, Séde Politique, Cabinet (l). J'ai meme cru pouvoir accueillir le désir qui m'était exprimé par M. de Thile, de prendre lecture de ce document, afin d'etre mieux en état d'en rendre compte au Président du Conseil. Le Comte de Bismarck, en nous remerciant de cette communication, nous fait dire qu'il ne saurait entrer dans les vues du Cabinet de Berlin, pas plus que dans celles de notre Gouvernement, de chercher à favoriser les velléités de certain parti dans les Provinces Slaves de la Turquie. Le nouveau Consul de Prusse à Belgrade aurait étrangement manqué à ses devoirs, s'il avait tenu le langage que lui prete le Colone! Orescowitch. On procédera, avec prudence et discrétion, à des vérifications, et, dans le cas où M. Rosen se serait en effet écarté de cette ligne de stricte réserve qui lui est tracée par ses instructions, il sera rappelé à l'ordre (2). Il est bien entendu que le nom de M. Scovasso ne figurera pas dans cette enquete.

596

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CIFRATO 177 bis. Vienna, 21 novembre 1867 (per. il 23).

Postérieurement à mes dernriers renseignements (3), des rapports ont constaté que, à la date des avds que V. E. m'a signalé (4), d1 y a eu augmentation d'effectifs des deux régiments de garnison de Gorizia; ma.Qs tout s'est bo,mé là. Aucune autre augmentation de corps, ni aucun mouvement n'a eu lieu dans l'arrondissement de Gratz.

597

L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 855. Stoccolma, 22 novembre 1867, ore 9 (per. ore 16,50).

Hier le Gouvernement suèdois a répondu à l'invitation de Paris en acceptant purement et simplement la conférence.

598

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 475. Firenze, 22 novembre 1867, ore 13,15.

Le baron de Malaret qui, à ce qu'il parait, n'avait pas rendu exactement la conversation au sujet de l'acceptation de la conférence est venu me deman

(-4) Cfr. n. 479.

der des explications. Je lui ai fait connaitre succlntement les questions sur lesquelles nous désirions des éclaircissements de la part du Gouvernement français. Je lui ai néanmoins déclaré, qu'afin d'éviter de nouveaux équivoques, on eO.t la bonté à Paris d'attendre ma dépéche écrite (l) que vous recevrez demain.

(l) -Cfr. n. 451, nota 2, p. 394. (2) -Con r. 119 del 4 dicembre Launay comunicò: «Le Consul de Prusse à Belgrade ayant fait une course à Berlln, le Comte de Bismarck en a profité pour le soumettre à une interrogation. Il a. nié péremptoirement d'avoir tenu des propos ayant une analogie quelconque avec ceux qu'on lui !mpute de la maniére la plus gratuite». (3) -Cfr. n. 484.
599

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 856 bis. Parigi, 22 novembre 1867, ore 13,35 (per. ore 15,40).

Malgré ce que vous me signalez (2} je persiste à croire au rappel prochain des troupes impériales. Toutefois l'Empereur se préoccupe et se défie de nos armements maritimes. Goltz est venu dire au marquis de Moustier qu'on lui écrivait de Berlin que l'Italie mettait dix-huit conditions à son acceptation de la conférence. De Saint Pétersbourg on a écrit égalcment que nous mettons des conditions. J'ai dit à Moustier d'attendre l'arrivée de votre dépéche (l} que je lui ai annoncée pour demain.

600

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 856. Pietroburgo, 22 novembre 1867, ore 14,40 (per. ore 16,50).

Budberg confirme par télégraphe que l'Italie accepte définitivement conférence sans conditions et il mande que le langage du cardinal Antonelli a changé depuis l'arrivée du comte de Sartiges, la Cour de Rome adhérant à la conférence comme un échange d'idées sur !es affaires générales d'Italie et agréant Munich comme siège du congrès.

Ml.

601

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA. AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 478. Firenze, 22 novembre 1867, ore 18,15.

Je m'étonne des appréhensions de l'Empereur au sujet de nos armements macttimes (3), tandis qu'il devrait étre informé que, bien loin d'armer, notre

(-3) Cfr. n. 599.

Ministère a désarmé une partie de la flotte. Il ne reste plus maintenant qu'une escadre d'évolution de quatre ou cinq batiments cuirassés indispensable pour l'instruction des marins. Je l'ai dit et répété plusieurs fois au représentant de la France qui s'inquiétait meme des deux batiments que nous avons sur le chantier. Quand on a une marine il faut bien instruire les marins et conc;;truire de nouveaux batiments pour remplaçer ceux qui vieillissent.

On nous fait dire auprès de certaines Puissances que nous n'acceptons pas la conférence, et auprès d'autres que nous l'acceptons sans condition, tandis que nous avons expédié à toutes les legations un télégramme circulaire analogue à celui que vous avez reçu (1).

Il me semble qu'une telle confusion n'est pas propre à faire marcher les affaires.

(l) -Cfr. n. 577. (2) -Cfr. n. 590.
602

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 301. Firenze, 22 novembre 1867.

Al punto a cui sono giunte le trattative promosse dalla Francia per riunire una Conferenza che abbia ad occuparsi dell'anormale situazione dei rapporti esistenti fra il Regno d'Italia e la Santa Sede, credo venuto il momento di riassumere brevemente quale ci risulta potrà essere in codesta quistione il contegno dei var,i Governi, ai quali il Gabinetto di Parlgd ha indirizzato quella sua proposta.

Ella già conosce quale risposta fece il Cardinale Antonelli alle replicate istanze del Signor di Sartiges per un'accettazione pura e semplice della Conferenza. La Santa Sede col riservare espressamente che si abbiano a mettere in discussione tutti gli avvenimenti che condussero alla costituzione del Regno d'Italia, ha opposto alla riunione delle Potenze un ostacolo, che ci sembra insuperabile.

Non dovrò io qui ritornare sovra quanto già Le ho scritto circa l'accoglienza fatta alla Circolare del Marchese di Moustier in Inghilterra ed in Prussia. Lord Stanley e gli uomini più considerevoli del Parlamento britannico sembrano aver voluto nelle recenti discussioni escludere ogni possibile motivo di dubitare sul loro modo di vedere tanto per ciò che concerne il progetto in sé di convocare una Conferenza, quanto per ciò che riguarda il fondo stesso della controversia, che alla medesima verrebbe sottoposta. Né qui è luogo di tacerLe che appunto in questo istante mi perviene da Londra l'avviso telegrafico che le riserve delle quali la Santa Sede accompagna la sua adesione alla Conferenza fanno considerare dal Ministro degli Affari Esteri della Regina quel progetto come d'impossibile attuazione.

Anche le più recenti notizie che ho ricevuto da Berlino confermano ugualmente le cose da me già comunicateLe circa gl'intendimenti della Prussia. Aggiungerò soltanto come un ragguaglio di qualche peso che il Conte di Bi

smarck non esitò ad esprimere chiaramente all'Ambasciatore francese la sorpresa poco gradita che gli cagionava la formale proposta di una Conferenza dopo che la risposta fatta alla Francia in occasione delle sue prime entrature a Berlino era tale da non lasciar dubbio sull'impressione sfavorevole che gli produceva il progetto di una riunione dei rappresentanti di tutte le Potenze. Né sembra che il Primo Ministro di Prussia abbia taciuto al Signor Benedetti che lo aver convocato tutti gli Stati minori d'Europa apriva l'adito a previsioni che erano di natura a sconsigliare anzi che a suggerire alla Prussia l'adesione alla proposta francese.

Forse più moderata nella forma la Russia non si separa gran fatto nella sostanza dalla condotta che hanno sin qui seguito i Gabinetti di Londra e di Berlino. Non mi giunsero sinora particolareggiati rapporti da Pietroburgo; ma le notizie telegrafiche che ho avuto mi confermano nell'idea che il linguaggio del Principe Gortchakow non fu dissimile da quello di lord Stanley e del Conte di Bismarck. Verò è che l'Ambasciata di Francia cercava di far credere al Cancelliere russo che il Governo italiano desiderasse la riunione d'una conferenza, ma quegli rimase fermo nel rispondere che se trattavasi d'impegnare il Governo Regio a resistere al corrente rivoluzionario la Conferenza non appariva necessaria e che se invece volevasi risolvere la quistione romana era indispensabile, prima d'accettare, si conoscessero le basi del negoziato. Non so quale effetto producesse siffatta risposta al suo giungere al Gabinetto delle Tueleries, ma questo mi vien riferito che al Barone Budberg erasi lasciato credere ad una nostra accettazione pura e semplice della Conferenza senza basi senza programma, attalché quando l'Ambasciatore russo in Parigi scriveva al suo Governo queste notizie, le medesime erano contraddette dalle informa:lliond ch'io aveva speddto al Marchese Oaracciolo per norma del suo linguaggio.

Or qui sru-ebbe luogo ch'io Le parlassi, Signor Ministro, della condotta del Governo austriaco in questa fase degli affari nostri se prima a miglior intelligenza delle cose non convenisse ch'io Le esponessi invece il contegno assunto da alcuni dei Governi della Germania meridionale.

Spiacemi di non essere in grado dì avere alcuna notizia diretta da Dresda, né di sapere ancora 1n v:ia utnclale come sdasi pronunziata l'Assia.

II Ministro degli Affari Esteri di Baden rispose all'Inviato Imperiale, etc. etc. (Vedi dispaccio di pari data alla R. Legazione in Berlino (l) fino alle parole: «perspicacia di Lei , ) .

Ma ciò che più particolarmente accresce l'importanza delle cose sovra narrate si è il confronto che delle medesime si può fare colla linea di condotta seguita dal Gabinetto di Vienna rimpetto alle ditncoltà createci dalla quistione romana.

Ella ricorda certamente, Signor Cavaliere, come al principiar delle attuali complicaziond le ddsposiz!ioni dei Ministri austriaci cà fossero pienamente favorevoli; come anzi dal loro contegno riservato, reso necessario in gran parte dallo Stato della quistione vertente fra la Chiesa e l'Impero, cl fosse dato sperare che l'Austria non si sarebbe associata alla Francia in alcuna azione

che ci dovesse riuscire svantaggiosa. Non è qUri luogo di ricercare per quali ragioni poscia e durante il viaggio dell'Imperatore Francesco Giuseppe a Parigi, accadesse che il linguaggio tenuto dal Signor Beust alla rappresentanza austriaca all'Estero non riuscisse pienamente d'accordo con quelle prime dichiarazioni.

Nella Circolare aust11iaca spedita da Parigi leggesi infatti che l'Austria trovò motivo di soddisfazione nella fermezza colla quale la Francia difende la Santa Sede, che è sperabile che l'invio delle milizie imperiali a Roma basti a mantenere la Convenzione di Settembre e ad allontanare i pericoli che minacciano il Pontefice e la quiete d'Europa, che l'Austria si profferiva disposta a prender parte ad un concerto di Potenze che volesse deliberare sui modi d'impedire che simili fatti abbiano a riprodursi. Ma a scemare il valore di siffatte dichiarazioni basta a noi di sapere che oggi il Gabinetto di Vienna, persuaso oramai di non poter trarre dalla conferenza progettata alcun partito per se medesimo nella quistione orientale, desidererebbe forse non essersi dipartito dal suo primo linguaggio.

Dopo averLe pa:rlato de'i sentimenti che animano i maggiori Stati e quelli che colla politica di essi sono più strettamente collegati non può essere senza interesse per Lei ch'io Le esponga ugualmente le vedute di varti altri Governi ai quali fu già diretta la Circolare del Marchese di Moustier.

Fu sola la Spagna ad aderire a qualsiasi proposta che tendesse a frammischiarla nelle cose di Roma; il Ministero di Madrid non si mostrò mai disposto ad assecondare coloro che volevano far passi ufficiali che avrebbero potuto strascinare il Governo spagnuolo ad un'azione diretta contro l'Italia.

Stando alle prime apparenze accetterebbe l'invito, ma con disposizioni a noi bastantemente favorevoli la Danimarca; né molto dissimili sarebbero gl'intendimenti della Svezia. L'una e l'altra affatto disinteressate nella parte della quistione romana che concerne il problema religioso sembrano ubbidire in quest'occasione alla necessità di non separarsi dalla politica francese ognora prevalente presso i Governi scandinavi. Sembrava fermo il Portogallo nella decisione di non pronunziarsi prima che dalle maggiori Potenze si decidesse qual via tenere; ma avendo la Francia fatto sentire alla Corte di Lisbona d'essere disposta a dare all'Italia le guarentigie che questa le aveva chiesto, pare che il Gabinetto portoghese abbia risoluto dippoi di accettare in massima, ma senza assumere alcun impegno, di farsi rappresentare al convegno di tutte le nazioni.

E qui occorre un riflesso che certamente non !sfuggirebbe alla di Lei penetrazione quand'anche io non ne facessi parola. Voglio dire che mal si comprende di quali guarentigie abbia potuto parlare la diplomazia francese a Lisbona perocché alla comunicazione fattami dal Signor di Malaret il 17 di questo mese io rispondeva il 19 (l) e la mia risposta diretta a V. S. non poté partire che nel mattino di ieri.

Anche il Belgio accolse con lieto animo l'annunzio d'essere egli pure chiamato a sedere nel Congresso delle Potenze, ma se le mie informazioni sono sicure, prima di scegliere un definitivo partito il Signor Rogier aspetterà di

conoscere che le Potenze maggiori abbiano chiaramente espresso il loro voto sull'accettazione o non della proposta riunione. Ricorda del resto il Belgio come qualsiasi atto che implichi onere di guarentigia sia incompatibile colla sua politica costituzione nei rapporti cogli altri Stati, epperò noi possiamo star sicuri che quel paese non potrà mai esprimere un voto che lo impegni a frapporsi come un ostacolo sulla via che noi ci siamo prefissi di seguire.

Per identica necessità creatale dalle sue condizioni internazionali e per sentimenti a noi schiettamente favorevoli anche la Confederazione Elvetica intende in ogni caso astenersi dal prender parte a qualsiasi deliberazione d'indole a farla uscire eventualmente dal contegno che le è prescritto dalla stretta osservanza della sua neutralità. Ma se la Svizzera dovesse essere chiamata a pronunciare un voto sulla situazione dei rapporti del Regno italiano colla Santa Sede noi possiamo esser certi che più che da ogni altra considerazione il Governo federale s'inspirerà dal desiderio di assicurare il conseguimento delle aspirazioni del popolo romano. Per ora la Confederazione ricusa, malgrado le istanze della Francia, di deliberare in modo definitivo circa l'accettazione della Conferenza e sin d'ora reputa necessario formulare non poche riserve e restrizioni tanto per ciò che concerne la forza obbligatoria delle deliberazioni quanto sopra tutto per escludere ad ogni evenienza che s'abbiano a sanzionare massime contrarie all'applicazione del principio di non-intervento.

Fermi nei principi d'una politica prudente anche i Paesi Bassi come fecero poco lieta accoglienza al primo cenno fatto loro da Parigi pella convocazione d'un generale Congresso di tutti gli Stati d'Europa, così dimostrano oggi assai apertamente il loro malcontento per esser tratti di mezzo in una quistione spinosa che poco li interessa. Con quel pratico criterio che distingue il Gabinetto dell'Aia il Ministro degli Affari Esteri d'Olanda mentre dichiara che il suo paese non è interessato nella parte della vertenza che tocca alla religione, esprime abbastanza chiaramente che non desidera creargli difficoltà interne ed esterriord. col pronunzia,re un voto, di cui non vede la pratica utilità per il buon andamento delle cose politiche dell'Olanda.

Sebbene quindi alla data delle ultime nostre notizie non fosse ancora giunta all'Aia la Ci,rcolare del Marchese di Moustier, sembrava diggià deciso il partito di un assoluto rifiuto d'intervenire alla Conferenza per parte del Governo neerlandese.

(l) Cfr. n. 572.

(l) Cfr. n. 592.

(l) Cfr. n. 577.

603

IL PRINCIPE NAPOLEONE A VITTORIO EMANUELE II (l)

L. P. Parigi, 22 novembre 1867.

Je remercie Votre Majesté de la dépèche du 18 -10 heures du soir, dans la crise où nous sommes les témoignages de bonté que me donne Votre Majesté me sont d'un grand soutien, car ici je suis en but à des mauvais procédés et à une malveillance marquée de la part de l'Impératrice et mème de mon Cousin. Je me décide à aller passer quelques jours à ma campagne de Prangins en

Suisse, ma femme reste avec les enfants à Meudon où je reviendrai bientòt, voulant éviter de nous trouver à Paris. De loin comme de près je suis toujours à la disposition de Votre Majesté si je puis lui ètre d'une utilité quelconque.

Je tiens à témoigner un vif désir au Roi en lui faisant une recommandation en faveur de son Ministre M. Nigra, cet agent vous a bien servi, avec dévouement et intelligence, mais il trouve que sa position ici devient difficile et ne croyait plus y pouvoir rendre de grands services à Votre Majesté il m'a dit qu'il avait écrit à Votre président du Conseìl pour demander son changement de Paris. Le poste de Londres sera vacant le ler Janvier par la démission du Marquis D'Azeglio et je me permets d'appuyer auprès de Votre Majesté le désir de M. Nigra d'étre nommé à Londres. Si comme je le crois, la politique de l'Italie vis-à-vis de la France, doit étre réservée et expectante, Paris va devenir plutòt un poste d'observation que d'action, un agent intelligent mais un peu effacé, modeste, n'appelant pas l'attention sutlìra pendant quel~ que temps je crois, et M. Nigra peut y étre remplacé sans grand inconvénient

(l) Da ACR.

604

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 857. Parigi, 23 novembre 1867, ore 17,10 (per. ore 20,55).

Après demain division française qui occupe Rome se repliera sur Civitavecchia. Il ne restera plus qu'une division à Civitavecchia. J'ai reçu votre dépéche sur la conférence (l) et j'en ai communiqué le contenu au marquis de Moustier qui y répondra par une dépéche adressée au baron de Malaret. Je vous prie de prendre en considération demande contenue dans dernière partie de ma lettre particulière.

605

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 39. Firenze, 23 novembre 1867.

Il Ministro di Turchia presso questa R. Corte venne in questi ultimi giorni ad annunziarmi che il termine stabilito dalla Sublime Porta per ottenere coi mezzi di conciliazione la sommissione dell'isola di Creta ed il ritorno alle loro case di coloro che le hanno abbandonate essendo trascorso, il Governo del Sultano ha deciso di procedere con rigore per far cessare l'insurrezione. Rustem Bey si lagnò meco, in nome del suo Governo, e con molta vivacità dell'atteggiamento ostile che, a suo dire, tiene il Regno di Grec[a v&so la Turchia, appoggiandosi sulla protezione delle Potenze garantitagli dai trattati e su quella affatto particolare che gli accorda la Russia.

Mi sono limitato ad esprimere all'Inviato ottomano il dispiacere ch'io provava nel sentire da lui che la vertenza cretese non sembrava ancora prossima

ad un definitivo componimento, dappoiché la Porta s'accingeva ad usare nell'isola mezzi di insolito rigore. L'Italia avrebbe certamente desiderato, soggiunsi io, che la quistione di Candia fosse terminata senz'altro spargimento di sangue e senza dar luogo a nuove pericolose complicazioni. Il Governo del Re spera che la posizione assai difficile in cui si trovano fra di loro il Gabinetto di Atene ed il Divano Imperiale non potrà essere motivo di aperto conflitto. La situazione generale d'Europa richiede si faccia ogni sforzo per mantenere la pace e gl'interessi particolari dell'Italia sono in ciò identici a quelli di tutti gli altri paesi.

Avendomi poi Rustem Bey fatto conoscere che il Governo Ottomano avea conchiuso un contratto recente per dotare la Turchia d'Europa di una rete di strade ferrate, mi congratulai sinceramente per siffatta notizia, manifestandogli il piacere che prova il Governo del Re di veder compiersi anche in altri paesi opere destinate ad assicurare lo sviluppo morale ed economico delle popolazioni e ad accrescere forza ai loro Governi.

(l) Cfr. n. 577.

606

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

D. 68. Firenze, 23 novembre 1867.

Venne questa mattina a vedermi il Barone di Ktibeck per leggermi un dispaccio che il suo Governo gli avea indirizzato.

In questo documento S. E. il Barone di Beust annunzia all'Inviato Austriaco in Firenze che il Gabinetto di Vienna ha aderito senza condizioni alla proposta francese di una conferenza per esaminare la situazione reciproca dell'Italia e della Santa Sede, ed esprime nel tempo stesso i sentimenti di benevolenza dei quali è animato il Governo Imperiale verso l'Italia.

A questo dispaccio andava poi unita una nuova circolare del Ministro degli Affari Esteri d'Austria ai rappresentanti diplomatici dell'Imperatore. Ed in questo altro documento è detto che l'adesione dell'Austria alla proposta è fatta senza prendere alcun impegno -sans engagements -, e motivata soltanto dal desiderio di prestarsi ad una larga e libera discussione, i cui resultati sarebbero di contribuire a ricondurre la calma in Italia, a ristabilire rapporti regolari fra il Governo regio e la Santa Sede, e ad allontanare le perturbazioni che potrebbero mettere in pericolo la pace di Europa.

Ho osservato nella circolare che mi leggeva il Barone di Ktibeck, la frase colla quale il Signor di Beust esprime la fiducia, ch'egli nutre, che si abbia a trovare una soluzione la quale valga ad assicurare alla Santa Sede tutta l'indipendenza e la libertà di azione che le sono indispensabili pell'esercizio della sua alta missione. Né in questa né in alcuna altra parte della Circolare Austriaca non ho udito cenno del potere temporale.

La lettura fattami questa mattina dal Barone di Ktibeck dei dispacci ch'egli avea r:icevuto dal suo Governo attenua in gran parte l'impressione che mi avea prodotto la prima circolare austriaca scritta da Parigi sovra questo stesso argomento.

607

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CIFRATO 180 bis. Vienna, 23 novembre 1867.

Stackelberg me communique confidentiellement l'exposé d'une conversation que le Baron de Beust a eu avec Brunow le lendemain mème de son arrivée à Londres. Ce résumé est comme la répétition exacte de la plus grande partie de ma dépèche n. 107 (l) où je rends compte à V. E. d'une longue conversation de Beust avec moi sur les affaires de l'Orient. Beust ajoute à cet exposé de ses vues à Brunow, que dans la question de Candie il avait essayé dans un but de conciliation concerter avec la France et la Russie une rédaction plus mitigée pour la déclaration à la Sublime Porte; que s'il ne pouvait s'associer au projet de l'union de Candie à la Grèce, c'est que ce serait le signal d'un soulèvement général dans la Turquie d'Europe; que la propagande slave chez les Tchèques, Ruthènes et Croates, à laquelle il reconnait que le Gouvernement russe ne participe pas, cause à l'Autriche de grands embarras intérieurs; qu'enfm il ne demande pas mieux que de s'entendre avec la Russie dans un intérèt commun de tranquillité. Stackelberg m'a dit: nous ne regardons pas tout cela comme sérieux.

Des lettres de Belgrade font prévoir que le nouveau Ministre serbe ouvrira prochainement une campagne diplomatique pour l'évacuation des petites forteresses que les Tures occupent encore en Serbie. Du còté de la Galicie il se fait un travail des catholiques sur les Ruthènes de religion grecque-unie, parmi lesquels il se trouverait quelques dispositions à l'abjuration; du moins les Autrichiens l'espèrent et les Russes le craignent. Ces jours derniers Beust, sur les vives instances de la France, a appuyé auprés de Bloomfleld, du Baron de Werther et du Comte Stackelberg le projet de conférence, disant qu'il ne voyait pas pourquoi on ne la réunirait pas et pourquoi on ne lui laisserait pas le soin de concerter elle-mème son programme. Ces trois diplomates croient toujours qu'on ne parviendra pas à la réunir.

608

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 858. Vienna, 24 novembre 1867, ore 19,40 (per. ore 22,39).

Sur les instances de la France le Cabinet autrichien vient d'adresser à ses agents près de plusieurs Puissances invitées à la conférence une circulaire, datée du 20, démontrant qu'on peut utilement la réunir sans programme préalable. Le ministre de Prusse et le ministre de Russie ici croient que cette démarche ne peut qu'accroitre défiance de leurs deux Gouvernements. Ministre de Bavière me dit que son Gouvernement accepte avec réserve que le

Pape et l'Italie accepteront aussi. J'ai lu la réponse du Gouvernement espagnol à l'invitation de l'ambassadeur de France. Elle désigne seulement pour but la paix, l'ordre européen et les intéréts religieux.

(l) Cfr. n. 228.

609

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI. NIGRA

D. 302. Firenze, 24 novembre 1867.

In seguito a notizie che ci pervennero da Napoli pregai per telegrafo (l)

V. S. Illustrissima d'intrattenere il Ministro Imperiale degli Affari Esteri sulla condotta apertamente ostile verso il Governo del Re serbata dal Vice Console di Francia in quella città, Signor Herbette.

Notizie ancor più gravi ricevevamo posteriormente sul conto di quel Vice Console da un altissimo funzionario pubblico, il quale scriveva in via confidenziale che il Signor Herbet si è posto a capo di tutt'i maneggi e di tutti gl'intrighi che tendono a separare le provincie meridionali dal resto del Regno ed a promuovere la candidatura al trono di Napoli nella persona d'un principe forestiero, affine dell'Imperatore de' Francesi. Questo contegno notoriamente provocatore d'un Agente consolare francese trova eco ne' conciliaboli che si tengono a Roma tra i partiti avversi alla monarchia italiana, e non lascia quindi di fare pessima impressione sulla pubblica opinione. Il Governo del Re non saprebbe più oltre tollerarlo.

Io La prego dunque, Signor Ministro, di recarsi senza indugio dal Signor Marchese di Moustier e fargli osservare quanto sia urgente che il Governo Imperiale, de' cui benevoli sentimenti a nostro riguardo non abbiamo mai menomamente dubitato, disapprovi manifestamente la condotta di quel suo agente, richiamandolo da Napoli. Il pronto allontanamento di lui dall'Italia è un atto resosi ormai indispensabile.

Il Governo del Re nutre fiducia che il Governo Imperiale, riconoscendo la giustizia della nostra domanda, vorrà prendere una simile misura, e toglierà così noi stessi dalla dura necessità in cui ci troveremmo di ritirare l'exequatur al Signor Herbette.

610

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

Firenze, 24 novembre 1867 (per. l'11 dicembre).

Con lettera del 28 ottobre scorso (2) V. E. m'invitava a reca:rmi a Pal'li.gi per dimostrare all'Imperatore dei Francesi come, a seguito dell'ordine dato

36 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

alle truppe Imperiali di sbarcare a Civitavecchia ed all'uopo anche di occupare Roma, il Governo del Re credeva opportuno valersi del suo diritto di far varcare la frontiera alle nostre truppe, non solo per soddisfare il sentimento nazionale oltremodo eccitato, ma per concorrere eziandio da parte sua al ristabilimento dell'ordine e della quiete nelle finitime provincie Pontificie.

Accettando io l'onorevole incarico, doveva inoltre insistere presso il Governo Imperiale per un definitivo componimento della questione Romana, avvertendo che il Governo italiano preferiva trattare colla Francia sola; ed ove ciò non si potesse conseguire, mio compito dovea essere di esporre che la questione Romana deve essere considerata sotto un aspetto vasto e complesso, tenendo conto delle esigenze di ordine e di equilibrio europeo, e che in nessun caso potrebbe essere risoluta in modo stabile e soddisfacente se non col concorso delle grandi Potenze. Per ultimo io non avrei dovuto tacere che il Governo Italiano non potrebbe consentire a che la questione Romana fosse sottoposta alle deliberazioni di potenze puramente cattoliche.

Avendo io preso la strada del Brennero, stante la mancanza di coincidenze nelle ore di partenza e di arrivo delle varie ferrovie, benché io mi mettessi in viaggio sino dalla sera del 30 ottobre, non potei giungere a Parigi che nel mattino delli 3 novembre successivo.

S. M. l'Imperatore partiva poche ore dopo il mio arrivo per Compiègne, non potei quindi avere l'onore di presentarmi a Lui in quel giorno, sebbene gli fossi stato annunziato dal Cavalier Nigra. Accenno di passaggio a tale circostanza, benché io ritenga sia stato assai meglio ch'io non vedessi l'Imperatore in quel dì; perocché seppi che la notizia giunta in quel punto dell'entrata delle nostre truppe sul territorio pontificio era stata assai male accolta dal Governo Francese, dallo stesso Imperatore e dalla maggioranza dell'opinione pubblica, la quale sembrava vedere in quel nostro atto una provocazione. Ed in tale situazione era evidente che il negoziato pegli ulteriori accordi a prendersi, i quali formavano lo scopo principale della mia missione, diventava impossibile pel momento, e finché non fosse dissipata quella prima impressione prodotta dagli avvenimenti gravi, occorsi durante il mio viaggio.

Quello stesso giorno, 3 novembre, mi recai col Signor Nigra dal Marchese di Moustier e dal Marchese La Valette.

Quei due Ministri mi parlarono lungamente di quanto era avvenuto, e particolarmente della condotta del nostro passato Ministero e si dimostrarono, come già telegrafai a V. E., oltremodo preoccupati della gravità della situazione, dichiarandomi entrambi a più riprese, che se noi non trovavamo mezzo di ritirare le nostre truppe, la Francia era assai probabilmente costretta, suo malgrado, a muovere guerra all'Italia.

Più esplicito fu ancora il Maresciallo Niel, presso il quale mi recai da solo, l'indomani. Questi, esagerando fors'anche a se medesimo le difficoltà che avrebbe il Governo del Re a richiamare le sue colonne, aveva già spiccato molti ordini per concentrare altre truppe a Tolone e sovra alcuni punti dell'Algeria, tosto che la 3a divisione sarebbe partita per Civitavecchia.

Il mio colloquio col Ministro della Guerra durò circa due ore; ed avendo nel corso della conversazione potuto osservare che anche il Maresciallo desiderava si trovasse modo di evitare una guerra, e che molto si preoccupava di un conflitto che potesse nascere accidentalmente fra le truppe italiane e francesi, malgrado tutti gli ordini dati e le disposizioni prese fra i Comandanti rispettivi, se le due milizie si trovassero in località troppo Vlicine, non mi fu difficile condurlo a convenire meco nell'opportunità di suggerire ai nostri rispettivi Governi di far fare, ciascuno alle proprie truppe, qualche passo indietro, e finimmo poi per conchiudere che, se noi ci ritiravamo interamente dagli Stati pontifici!, il Maresciallo prendeva impegno di appoggiare presso l'Imperatore di limitare l'occupazione francese a Civitavecchia.

Tuttociò aveva luogo, lo ripeto, nella giornata del quattro e così (come V. E. mi telegrafò nella stessa notte) (l) nel tempo stesso in cui a Firenze si deliberava spontaneamente dal Consiglio dei Ministri di ritirare le RR. truppe dagli Stati pontificii.

La notizia che, dopo il combattimento di Mentana, le nostre truppe avevano evacuato il territorio pontificio, riuscì oltremodo gradita al Governo dell'Imperatore ed ai nostri amici, e, quel che è più, portò lo scompiglio e la costernazione nel partito a noi avverso, che più che mai aveva in questi giorni sognato lo smembramento del Regno d'Italia ed il ritorno all'antico regime. Io non esito quindi a dichiarare che, nella mia opinione, se abbiamo fatto bene ad occupare alcuni punti degli Stati Pontifici!, abbiamo fatto ancor meglio, dopo il combattimento di Mentana, a ritirare! entro i nostri confini, togliendo così di mezzo ogni causa di pericolose complicazioni.

Più degli altri si mostrò meco soddisfatto l'Imperatore nel vedere sparire in tal modo ogni probabilità di conflitto fra l'Italia e la Francia, allorché io ebbi l'onore di vederlo a Saint Cloud il giorno 5. Durante tutta l'udienza, che durò circa una mezz'ora, ho potuto convincermi che l'Imperatore, anziché nutrire intenzioni ostili all'unità d'Italia, come anche varie autorevoli persone mi volevano far credere, egli è pur sempre sincero amico d'Italia ed è per nulla contrario al nostro attuale ordinamento. Deplorò meco quanto era avvenuto, lagnandosi della condotta equivoca tenuta dal passato Ministero, e particolarmente dal Ministro Rattazzi che lo aveva ingannato. Ma dimostrò nello stesso tempo un vivissimo interesse al buon andamento delle cose nostre, toccando principalmente della necessità di rinfrancare il principio di autorità, senza il quale nessun Governo è possibile. Profittai tosto di quell'occorrenza per osservare all'Imperatore che nulla avrebbe potuto meglio contribuire a dar forza all'attuale Ministero quanto il richiamo delle truppe Francesi. Non esitò quindi l'Imperatore a dichiarare che nessuna intenzione aveva di prolungare l'occupazione; che, appena ristabilito l'ordine a Roma, si sarebbero le truppe Francesi concentrate a Civitavecchia, per poi rientrare in Francia; e che intanto dava immediatamente l'ordine di non imbarcare a Tolone la 3a Divisione, che già trovavasi pronta a partire.

Avrei voluto in quella medesima occasione valermi delle istruzioni datemi da V. E. intorno alla ricerca di una soluzione definitiva della questione romana, esponendo direttamente all'Imperatore quanto Ella mi avea incaricato di far conoscere in proposito al Governo Imperiale. Ma sebbene io cercassi più volte di condurre la conversazione su quel terreno, Sua Maestà non sembrò di

sposta ad accettare simile discorso, ed io dovetti ritenere che forse lo stesso Imperatore non aveva ancora preso alcuna decisione intorno a siffatto argomento. Mi confermò poi in questa mia opinione quanto mi disse l'indomani il Ministro degli Affari Esteri, in presenza del Cavalier Nigra, assicurandomi che nel Consiglio dei Ministri, tenuto il mattino a Saint Cloud, non si era trattato delle Conferenze, che perciò non poteva parlare con noi su tale proposito, senza prima prendere gli ordini dell'Imperatore.

Abbiamo saputo poi nei seguenti giorni che il Governo Francese si era indirizzato a quasi tutti i Gabinetti Europei, invitandoli a prender parte alle Conferenze per trattare la questione Romana, senza però fissare né il luogo della riunione, né le basi delle discussioni. Nel frattempo V. E. mi avea esternato il suo desiderio ch'io mi recassi a Londra per conferire con lord Stanley, e per vedere se fosse possibile interporre più efficacemente i buoni uffici della Gmn Bretagna in un senso favorevole al programma, che l'Italia anebbe bramato fosse sottoposto alle deliberazioni delle Potenze. Ma l'invito già fatto dalla Francia ai varii Governi escludeva in gran parte l'opportunità di quel passo, ch'io avrei forse inutilmente tentato di fare a Londra; ond'io mi limitai a riferire all'E. V., con un telegramma dell'8 (1), qual era la nuov·a situaz,ione, aggiungendole che il linguaggio, tenuto meco da lord Lyons, mi confermava nell'idea che il mio viaggio a Londra sarebbe riuscito di nessuna utilità ed avrebbe anzi potuto essere male interpretato a Parigi.

Così stavano le cose, quando l'E. V. con un telegramma del 9 (2), sul dubbio che la Francia volesse imporci condizioni troppo dure, mi ordinava di non più insistere per la Conferenza; facessi nuovi tentativi per far cessare l'occupazione francese a Roma e Civitavecchia, e facessi ritorno a Firenze, senza recarmi in Inghilterra, viste le intenzioni del Gabinetto di Londra di non voler prendere iniziativa 1in questo affare. Io mi disponeva quindi a partire, e ciò tanto più volentieri che io era persuaso che il Cavaliere Nigra poteva forse meglio di me apprezzare le nuove viste del Governo.

Nel fare alcune visite di congedo, i Ministri degli Esteri e della Guerra si lagnarono meco di alcune recenti disposizioni del Governo italiano e particolarmente dell'opposizione che si faceva da noi alla Conferenza, che, a loro dire, il Gabinetto di F1irenze aveva pel pr:imo proposta. Mi •astengo dal riferire a V. E. i motivi addotti dal Marchese di Moustier, in un lungo discorso che mi tenne, per provare i vantaggi che avremmo potuto ricavare da una Conferenza, sapendo che il Ministro Nigra ne fece oggetto di un suo rapporto. Non tacerò però che questi motivi meritano una particolare considerazione, e che ad ogni modo dobbiamo evitare che il Governo Francese possa incolparci, dopo di aver violata la Convenzione, di aver sottomano lavorato perché non riescisse la Conferenza. Ciò tanto più mi permetto di osservare, vedendo l'attitudine della Prussia, che raramente lascia sfuggire un'occasione per metterei male colla Francia.

n Ministro della Guerra mi chiese inoltre spiegazioni sui nostri armamenti, che io ho cercato alla meglio di giustificare, adducendo la necessità di riparare

agli inconvenienti risultanti dalle soverchie economie fatte sull'esercito. Anche io faccio molte economie sull'esercito, mi rispose il Maresciallo, essendo questo l'unico mezzo di amministrare in modo di aver, occorrendo, i fondi necessarii per far la guerra.

Il giorno 13 partivo da Parigi per rimpatriare. Pensai conveniente passare per Tolone onde meglio ragguagliarmi, sul luogo, di quanto si fece e di quanto per avventura si potesse ancor fare per il Corpo di spedizione. Nel mio breve soggiorno in quel porto militare verificai che, dopo le due Divisioni spedite a Civitavecchia, nessun'altra truppa era partita o stava pronta per partire; ma sino allora niun ordine era ancora stato emanato e nessuna disposizione era stata presa per il richiamo delle truppe partite. Questi furono naturalmente diramati in seguito e in conformità delle dichiarazioni fatte dall'Imperatore nel discorso per l'apertura del Parlamento, che ebbe luogo il giorno medesimo che io mi trovava a Tolone.

Malgrado il vivo mio desiderio di visitare un'altra volta quei vasti stabilimenti marittimi, ho creduto prudente di astenermene, ma venni assicurato che molti ed importanti sono i progressi e perfezionamenti introdotti, allo scopo principalmente non solo di allestire in brevissimo tempo la flotta ma anche di provvedere all'imbarco di truppe di tutte le armi. Alcuni testimoni oculari degli apprestamenti fatti per l'ultima spedizione mi ripetevano tener del prodigio la celerità e l'ordine col quale s'imbarcarono e si spedirono quelle Divisioni, a fronte massime della lentezza con cui simili operazioni avevano luogo per lo passato. Infatti, chi non rammenta le enormi spese e difficoltà che ebbe la Francia ad incontrare, pochi anni sono, per la spedizione in Oriente, e seguita in gran parte su bastimenti a vela di varie dimensioni e nazionalità, per cui su tutte le coste del Mediterraneo approdavano frazioni di truppe di tutte le armi, mancanti di viveri e di foraggio?

Quantunque estranei alla mia missione ho creduto opportuno far cenno di questi straordinari progressi della marina militare francese, perché mi pajono della massima importanza per l'Italia.

(l) -Cfr. n. 512. (2) -Cfr. n. 420.

(l) Cfr. n. 470.

(l) -Cfr. n. 493. (2) -Cfr. n. 499.
611

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 25. Monaco, 24 novembre 1867 (per. il 27).

Giunto jeri sera ebbi oggi l'onore di un lungo colloquio col Principe Hohenlohe. L'importante dispaccio di Gabinetto 19 corrente diretto al Cavaliere Nigra (l) del quale V. E. si compiacque indirizzarmi copia, ricevuto questa mane, mi fornì propizia occasione quanto facile compito di dare al Principe e Mini

stro nozioni esatte che ponessero in grado Sua Altezza di ben conoscere e ponderare la necessità della politica Italiana circa il Congresso, e me di trarre dalle sue parole un giudizio, per quanto possibile, fondato sulla politica Bavarese rispetto alla questione Romana nella sua fase attuale, sembrandomi di gran rilievo anzi tutto nelle gravissime contingenze in cui versa l'Italia ben conoscere quali sono e saranno gli amici sui quali poter con fondamento, contare.

Sarebbe ovvio quanto prolisso far qui l'analisi delle osservazioni benevole, ma vaghe, fatte dal Ministro Bavarese, ai serii motivi che impongono al Governo del Re la linea di condotta così abilmente e chiaramente formulata nel Dispaccio di V. E. al R. Ministro a Parigi e delle mie risposte, di facile compito come dissi qui sopra, poiché il contenuto di tale Dispaccio me ne fornì ampia materia.

Soltanto mi è d'uopo accennare distintamente una parte la più essenziale, a mio giudizio, delle rimarche fattemi. Il Principe mi osservò che «anche senza credere necessaria la sovranità temporale all'esercizio della sovranità spirituale, opinione che pure in Baviera guadagna aderenti nel Campo Cattolico, la questione Romana nella sua fase attuale implica una questione di diritto della quale puranche i non fautori e gli avversarli del Governo temporale grandemente si preoccupano; quella della Convenzione di settembre la quale per quanto violata di fatto rimane pur sempre inviolabile di diritto», soggiungendo allorché spinto oltre da me per meglio conoscere il suo pensiero, <<che sarebbe un precedente sommamente pericoloso quello di annessioni territoriali fondate su aspirazioni nazionali».

Mi permisi rispondere al mio interlocutore «che nessuna Convenzione poteva a mio credere aver forza di diritto inviolabile quando la coscienza di tutta una nazione reclamava una soluzione nazionale senza detrimento della supremazia spirituale, soluzione atta a togliere in avvenire gravi pericoli di conflitto all'estero e perenne agitazione all'interno. E lo stesso esempio Germanico mi vaglia, soggiunsi, a conferma delle mie osservazioni. Nei primordii della Guerra Germanica allorché la Dieta emetteva voti prima a Frankfurt profuga poscia ad Augsbourg, non consentanei alle aspirazioni nazionali, la coscienza Germanica condannò a morte la Confederazione ed il suo potere costituito ben prima che la vittoria di Sadowa e la pace di Praga ne sanzionassero legalmente la caduta; infatti io stesso allorché il Barone von der Pfordten si ponea continuamente sotto l'egida della legalità e della Dieta, con sì poca fortuna per la Baviera, osai rispondergli un giorno mais où est la Diète? ed il Principe Hohenlohe non era certo allora né fautore né seguace della politica del suo predecessore.

Riassumo quindi, dopo i cenni sovraesposti, che il tenore del mio lungo colloquio con questo Ministro degli Affari Esteri ha lasciato in me se non la convinzione per certo la tema che sulla questione Romana nella sua fase attuale noi troveremo la Baviera poco favorevole, non per ostilità verso l'Italia, non per devozione al sentimento religioso ma per calcolo o meglio per timore, come dissi, che la Sanzione eventuale di un Areopago Europeo ad annessione territoriale, qualunque ne sia l'epoca e l'estensione per causa ed effetto di aspirazioni nazionali, costituisca un precedente pericoloso che possa in seguito essere invocato a danno della Autonomia e Sovranità degli Stati Germanici meridionali.

La ristrettezza del tempo attesa la partenza domani mattina del Cavalier Terzaghi per l'Italia, latore del presente dispaccio fino a Verona, m'impedisce di rendere conto immediato a V. E. del seguito del mio colloquio col Principe Hohenlohe circa la questione Germanica e sopra altri temi politici; sarà questo argomento di ulteriori dispacci, le di cui nozioni potranno essere più complete ed esatte allorché avrò avuto campo di pormi di nuovo in rapporto colle mie relazioni sociali e politiche.

Ho l'onore di trasmettere qui unito all'E. V. un piego particolare...

P. S. Comunicazione riservata. Al momento di chiudere il mio piego in attesa del Cavalier Terzaghi per rimetterglielo mi perviene una lettera in forma officiosa, di cui unisco qui copia, del Principe di Hohenlohe al quale dissi jeri che avendo un Corriere di Partenza, qualora avesse altra cosa da dirmi o da spedire favorisse farmelo noto.

Come Ella Signor Conte ne farà la rimarca la lettera del Principe è molto più accentuata del suo linguaggio di jeri, ed io debbo constatare che il vento dal lato della Baviera è assai più contrario di quanto io stesso l'avessi presentito, benché favorevole non lo abbia affatto creduto. In prova il paragrafo che indica l'agitazione crescente in favore del potere temporale, agitazione assai discutibile dai rapporti dei miei due Collaboratori, è opposto al linguaggio tenutomi jeri dal Principe del quale ho fedelmente reso conto a V. E. nella presente confidenziale.

Del resto mi permetto ripetere che nel mio modo di credere meglio conoscere bene in tempo amici e nemici.

ALI,EGATO

HOHENLOHE A 0LDOINI

L. P. CONFIDENZIALE Monaco, 25 novembre 1867.

J'étais à votre porte ce matin pour vous dire que je n'avais aucune communication officielle à vous faire dont vous auriez pu faire usage dans votre dépèche du soir. Je dois me borner pour le moment aux observations personnelles que je me suis permis de Vous faire dans notre entretien d'hier.

Le Gouvernement du Roi ne saurait prendre une décision relativement à la solution de cette grave question avant que les intentions dP.s grandes puissances ne fussent fixées.

Nous avons accepté la conférence sans subordonner notrr acceptation à des conditions et sans demander à en connaitre les bases ni le but. Cela nous donne le droit d'ajourner notre vote jusqu'au moment de la discussion mème.

Je ne puis cependant pas vous laisser ignorer que l'agitation en faveur du maintien du pouvoir temporel du Saint Siège augmente en Allemagne. Ces manifestations ne pourront pas rester sans influence sur !es résolutions que prendra le Gouvernement du Roi. De plus !es sentiments du droit qui distinguent la nation allemande se sentent blessés par l'idée qu'un Souverain légitime qui est en mème temps le chef supreme de l'église soit exposé à perdre cette souveraineté à h suite d'un mouvement qui ne saurait se concilier avec la justice.

En terminant je ne crois pas devoir vous faire obsl"rvrr qu'il est dans l'intérèt bien entendu des Etats de second ordre de respecter scrupuleusement les principes du droit, qui, plus que la force ma\.érielle, leur offrent une garantie de leur existence.

(l) Cfr. n. 577

612

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 567. Parigi, 24 novembre 1867 (per. il 26).

Mi pervenne ieri il dispaccio di Serie Politica (n. 300) (l) che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi in data del 19 corrente. Mi recai tosto presso S. E. il Marchese di Moustier e gli diedi lettura di questo documento. Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri si riservò di rispondere punto per punto al dispaccio dell'E. V. per mezzo della Legazione di Francia a Firenze, dopoché avrebbe preso gli ordini dell'Imperatore. Ma intanto, di mano in mano ch'io andava leggendogli il dispaccio, il Marchese di Moustier mi fece varie osservazioni, di cui passo a render conto all'E. V. Il Marchese di Moustier nel farmi queste osservazioni non mancò di farmi notare che esse erano in certo modo improvvisate e che erano quindi suscettibili di modificazione, dimodoché non potrebbero essere considerate fin d'ora come una risposta precisa e definitiva.

Il Marchese di Moustier mi dichiarò anzi tutto che egli non saprebbe ammettere che il Governo Imperiale, colla circolare del 9 corrente abbia avuto l'intenzione d'additare l'Italia come causa di agitazione permanente e di pericolo per la pace d'Europa. L'intenzione del Governo Imperiale, dissemi il Marchese di Moustier, fu di segnalare all'Europa la situazione rispettiva dell'Italia e della Santa Sede come occasione di pericolo per la pace europea, e di invitare le Potenze ad esaminare le questioni che vi si riferiscono.

Intorno alla preferenza, indicata nel dispaccio dell'E. V., che il Governo del Re avrebbe dato a trattative dirette fra l'Italia e la Francia, anziché a negoziati generali fra tutte le Potenze Europee, il Marchese di Moustier osservò che la questione romana implica, a giudizio del Governo francese, non solam,ente l'interesse della Francia e dell'Italia, ma ben anche gl'interessi generali dell'Europa e gl'interessi speciali della maggior parte delle Potenze europee; che questa ragion principalmente aveva consigliato il Governo Imperiale a mettere innanzi l'idea d'una Conferenza; che del resto il Governo Imperiale era disposto fin d'ora ad entrare col Governo del Re in uno scambio di idee preliminari intorno alle questioni da sottomettersi alla Conferenza.

Alla domanda fatta dall'E. V. intorno alla posizione dell'Italia nella Conferenza il Marchese di Moustier non esitò a rispondere che l'Italia avrebbe naturalmente in seno alla Conferenza la posizione che le spetta come a grande Stato d'Europa, e che non solo vi assisterebbe come parte più specialmente interessata, ma come partecipe e rappresentante, nella posizione che le appartiene, dei grandi interessi generali dell'Europa.

Per quanto spetta alla natura delle deliberazioni, ed alla sanzione di esse, il Marchese di Moustier si limitò a dirmi, che a suo giudizio, la Conferenza seguirebbe le regole finora adottate in simili casi, secondo le quali una Conferenza non deve essere considerata come un'assemblea che delibera a maggioranza di suffvagi, ma bensì come un consesso autorevole che tende a mettere

d'accordo e a ravvicinare le pretensioni divergenti, senza ledere l'indipendenza dei singoli Stati. Che se le Potenze principalmente interessate fossero condotte ad accettare l'arbitraggio della conferenza stessa o di alcune fra le Potenze in essa rappresentate, allora soltanto sarebbe il caso di determinare il modo di suffragio e la sanzione. La sanzione poi potrebbe consistere, a parere del Marchese di Moustier, sia nell'autorità morale delle dichiarazioni della Conferenza, sia anche, in certi casi e soltanto in via di fatto salva rimanendo la questione di diritto, nella risoluzione che potrebbe esser presa dalle Potenze d'impedire colla forza un duello (cito la frase del Marchese di Moustier) fra l'Italia e la Santa Sede, in uno scopo d'ordine pubblico. Domandai al Marchese di Moustier se queste idee che mi aveva esposto erano già fisse e concretate nello spirito del Governo Imperiale. Egli mi rispose di nuovo che le osservazioni che andava facendomi erangli suggerite dalla lettura del dispaccio dell'E. v.. che esse erano, per dir così, improvvisate, e che avrebbe avuto cura di studiarle e precisarle nella risposta ufficiale che avrebbe fatto al di Lei dispaccio.

Passando agli altri punti indicati nel dispaccio dell'E. V., il Marchese di Moustier mi disse che erano state invitate alla conferenza le Potenze tutte dell'Europa all'esclusione della Turchia e della Grecia, le quali ultime si trovavano, a giudizio del Governo francese, troppo all'infuori della questione di cui si trattava. Quanto alla sede della conferenza, il Ministro Imperiale degli affari esteri osservò, che il Governo francese aveva accennato a Roma, come semplice indicazione, ma che aveva abbandonato quest'idea in seguito alle abbiezioni messe in campo dai Gabinetti di Firenze e di Pietroburgo. Il Governo francese consiglierebbe ora la città di Monaco in Baviera, ma egli non ha in fondo nessuna speciale preferenza per questa o per quella città, ed è pronto a pigliare in considerazione ogni altra proposta a questo riguardo.

Intorno ai limiti entro cui dovrebbe aggirarsi la discussione in seno alla Conferenza, il Marchese di Moustier espresse l'avviso che non fosse necessario di venire previamente ad una fissazione rigorosa ed immutabile. I limiti della discussione, disse il Ministro Imperiale, sono abbastanza indicati dallo scopo per cui la Conferenza è convocata e dalla natura delle cose. È possibile, soggiunse, che il Plenipotenziario Pontificio esponga domande che tendano a mettere in questione i fatti su cui è stabilito il Regno d'Italia. Ma è certo d'altronde che tali domande ove venissero fatte non costituirebbero un pericolo per l'Italia in una Conferenza composta di Potenze le quali tutte hanno riconosciuto l'Italia quale è costituita, e che non potrebbero annullare avvenimenti oramai divenuti irrevocabili.

Finalmente, in ordine al richiamo delle truppe francesi degli Stati Pontifieli, il Marchese di Moustier mi disse che la città di Roma sarebbe evacuata il 25 corrente, che una divisione sarebbe rinviata a Tolone, nei giorni seguenti da Civitavecchia, che la divisione rimanente sarebbe concentrata in questa ultima città, per essere pronta a rimpatriare appena ciò sarebbe consentito dalle condizioni della sicurezza in Italia. Il Ministro Imperiale ripeté che il Governo francese desidera vivamente di far cessare al più presto e interamente l'occupazione; egli crede che la riunione della Conferenza contribuirà al ristabilìmento della sicurezza in Italia e quindi alla più pronta cessazione dell'occupazione; ma egli non può fin d'ora dare un'assicurazione positiva che il richiamo di tutte le truppe potrà aver luogo ad una data precisa, giacché esso dipende dalle condizioni della sicurezza in Italia.

Se la memoria non m'ha fatto fallo, tali sono, Signor Ministro, le osservazioni che la lettura del di Lei dispaccio ha suggerito al Marchese di Moustier. M'affrettai ad esporle senza indugio all'E. V. per sua informazione. Io La prego però, prima di portare sopra di esse un giudizio definitivo, d'attendere la risposta più precisa e più completa ch'Ella riceverà in proposito per mezzo della Legazione Imperiale a Firenze.

(l) Cfr. n. 577.

613

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 568. Parigi, 24 novembre 1867 (per. il 26).

Ho l'onore d'accusar J.'licevuta e di ringraziare l'E. V. de·i dispacci di Serie politica ch'Ella mi fece l'onore di dirigermi il 14, 18, 19 e 20 Novembre, sotto i numeri 295, 296, 297, 298 e 299 (1).

I due dispacci del 14 e 19 Novembre n. 296 e n. 298, m'hanno giovato a dissipare il malinteso provocato dalle notizie pervenute al Ministero Imperiale degli affari esteri da Londra, da Berlino, da Monaco e da Pietroburgo intorno all'•attitud[ne presa dal Governo del Re in ordine alla proposta di Conferenza ed a ben constatarne le intenzioni e la condotta così diversamente interpretata dai Rappresentanti della Francia all'estero.

Ho poi chiamato la speciale attenzione di S. E. il Marchese di Moustier su quanto l'E. V. m'espose nei due dispacci del 18 e 20 Novembre n. 297 e n. 299 intorno alla promessa fino allora ineseguita della restituzione alle RR. Autorità dei volontarii rimasti prigionieri di guerra nello stato pontificio, ed al trattamento di cui si lagnavano gli stessi volontarii nella loro prigionia. Notai particolarmente, nella mia conversazione col Marchese di Moustier, il fatto accennato dall'E. V. nel dispaccio del 20 Novembre, n. 299, intorno al modo con cui sarebbe stato trattato il Signo·r Carlo Mayer, assessore municipale di Livorno, del quale domandai eziandio la liberazione e il rinvio.

Il Marchese di Moustier mi rispose che all'ora in cui mi parlava la restituzione dei prigionieri era fatta o stava facendosi. In quanto ai cattivi trattamenti di cui si moveva lagnanza dai volontarii prigionieri, S. E. mi disse che gli risultava dalle notizie ricevute da Roma, che in generale i prigionieri erano stati trattati con umanità. Soggiunse che è cosa naturale che i prigionieri si lagnino di cattivi trattamenti, massimamente quando questi appartengano a certe classi della Società; ed osservò che anche i prigionieri pontifici testè rilasciati liberi alla Spezia s'erano !agnati di cattivi trattamenti per parte delle autorità italiane, ed avevano alcuni di essi scritto lettere in Francia contenenti simili lagnanze. Il Marchese di Moustier ne conchiudeva

che tali lagnanze dovevano essere esagerate dall'una e dall'altra parte. Prese tuttavia nota delle mie osservazioni per farne oggetto d'utlìzii a Roma, specialmente per quanto concerne il Signor Mayer.

P. S. Unisco una lettera diretta da S. A. I. il Principe Napoleone a S. M. il Re, che prego l'E. V. di voler far pe,rvenire all'alto Suo indirizzo.

(l) Cfr. n. 569; gli altri rapporti non sono pubbllicati.

614

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A BERNA, MELEGARI, A BRUXELLES, DORIA, A L'AJA, CARUTTI, A LISBONA, TALIACARNE, A LONDRA, D'AZEGLIO, A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, A STOCCARDA, GREPPI, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, GIANOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 480. Firenze, 25 novembre 1867, ore 0,30.

Ma réponse (l) à la proposition de conférence que je vous ai signalée par mon télégramme du 19 (2) est arrivée le 23 à Paris. Le Cabinet impérial se réserve de nous répondre par son ministre à Florence. Il faudra dane encore quelques jours avant que sa résponse nous arrive, jusque là la situation ne change pas.

615

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 481. Firenze, 25 novembre 1867, ore 11,45.

Je dois vous prévenir que le Gouvernement ayant été informé que Garibaldi était indisposé, a cru devoir envoyer deux médecins à Varignano pour le visiter. Nous attendons leur rapport. Il est possible que par suite l'an se décide à renvoyer le général a Caprera pour qu'il puisse s'y rétablir, et pour n'avoir pas la responsabilité de sa maladie. Je vous ferai connaitre plus tard la déC'ision qui aura été prise (3). Mais comme cette idée à déjà t,ranspiré dans le public il est bien que vous en soyez informé. Le baron de Malaret vient de m'en parler et je me suis expliqué avec lui en ce sens.

(!) Cfr. n. 577.

(2) -Cfr. n. 572. nota 2. (3) -Con t. 482 pari data, ore 17,15, Menabrea comunicò a Nigra: «Les médecins qui ont visité le général Gariloaldi ayant reconnu la nécessité, dans l'intérèt de sa santé, de l'éloigner ctu Varignano. le Gouverntment a ordonné qu'il fut transféré à Caprera sur un navire de l'Etat».
616

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 859. Pietroburgo, 25 novembre 1867, ore 15,10 (per. ore 21,20).

J'ai fait connaitre exactement au prince Gortchakoff communication de

V. E. (l) et rectifié informations trop vagues venues de Paris. Russie n'a pas encore répondu par écrit à la circulaire. D'après !es renseignements du prince Gortchakoff réponse de l'Angleterre, sans contenir refus net, camme celui de Russell à la première proposition de congrès, est très sympathique à l'Italie et demande programme camme condition indispensable. Cabinets de Pétersbourg et de Berlin sont toujours d'accord avec celui de Londres, mais d'après un rapport de l'ambassadeur de Russie que prince Gortchakoff m'a lu, on ne serait pas à Berlin tout à fait contraire en principe au pouvoir temporel. La réponse de Vienne seulement est une acceptation complète et inconditionnelle. Quant au Saint Siège Antonelli dit au comte Sartiges qu'il se placerait sur le terrain légal de la revendication des provinces enlevées au Saint Siège. On regarde encore ici réunion de la conférence camme problématique.

617

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 109. Berlino, 25 novembre 1867 (per. il 28).

Je viens de voir M. de Thile qui, d'après des rapports partis de Paris jusqu'au 22 courant, remarquait une certaine contradiction dans notre attitude que je lui avais signalée et celle que nous prètait le Cabinet des Tuileries. Selon ces rapports, jusqu'à cette date, le Marquis de Moustier n'avait aucune connaissance des rense<ignements que nous demandions avant de nous prononcer d'une manière définitive au sujet de la proposition d'une conférence sur la question romaine. Et méme le Ministre Impérial des Affaires Etrangères n'émettait aucun doute sur notre assentiment, absolument camme s'il fut déjà acquis.

Le télégramme du 25 que je venais de recevoir de V. E. (2) m'a mis en mesure d'expliquer comment, par un retard de la poste, nos vues n'avaient été communiquées à Paris qu'avant-hier, qu'ainsi nous attendions encore une réponse à nos questions, et que jusque là la situation restait la méme que celle qui résulte de la dépéche adressée, en date du 19, au Chevalier Nigra (3), dépéche dont je n'ai pas hésité à donner confidentiellement lecture. Elle m'était

parvenue précisément aujourd'hui. camme annexe à la lettre du 21 courant <Cabinet) en méme temps que les dépéches de la Série Politique N" 42 et 43 (1).

Dans ces conditions, il n'est pas moins assez étrange que, méme des journaux oiDcieux français, se montrent parfaitement certains de la prochaine convocation du tribunal européen. On serait tenté de croire à une manoeuvre pour vaincre, par cet optimisme prématuré, les répugnances d'autres Etats, parmi lesquels nous devons ranger la Prusse.

Sa position, camme la nòtre, n'a pas varié dans ces derniers jours. Camme nous, elle attend toujours une réponse à ses questions, avant de dire oui ou non. Je sais méme, par M. de Thile, que le fait d'une invitation transmise aux quatre coins de l'Europe, surtout aux Etats secondaires de l'Allemagne, y compris le Luxembourg, a produit ici la plus mauvaise impression, et n'aura certes pas prédisposé le Cabinet de Berlin à accepter déftnitivement l'invitation.

Je remercie V. E. d'avoir bien voulu me communiquer quelques détails sur l'attitude du Grand-Duché de Bade, du Wurtemberg et de la Bavière. J'ai cherché adroitement à contròler l'exactitude des données fournies par nos agents diplomatiques dans ces Pays. Il me résulte que nos représentants à Carlsruhe et à Stuttgart sont dans le vrai. Quant à la Bavière, M. de Thile n'admettait pas que le Baron de Beust, à son dernier passage à Munich, se fut exprimé dans le sens indiqué dans la dépéche précitée. Et, pour ce qui concerne le Prince de Hohenlohe, on se !latte qu'il ne favorisera pas une politique qui tendrait à fai re prévaloir l es intéréts de la France sur ceux de l' Allemagne.

(l) Cfr. n. 572, nota 2.

(2) Cfr. n. 614.

(3) Cfr. n. 577.

618

IL MINISTRO A STOCCARDA, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 31. Stoccarda, 25 novembre 1867 (per. il 28).

La ringrazio per i ragguagli contenuti nel suo telegramma della scorsa notte (2), non che pel pregiato dispaccio di Gabinetto delli 21 corrente (3) dell'unitovi documento diplomatico.

Benché certamente l'attitudine del Governo Wilrttemberghese né il voto suo eserciteranno influenza sul risultato della Conferenza, nel caso questa si riunisca per esaminare la quistione Romana, tuttavia giudico prezzo dell'opera di precisare, per quanto è possibile le inclinazioni che va manifestando questo Ministro degli Esteri. Così non passò inosservata ad alcuno dei miei colleghi, tra i quaLi quello di Prussia, la sollec,itudine colla quale il Barone di VarnbUler aderì alla Conferenza, senza incaricarsi punto degli intendimenti di altre potenze i cui interessi religiosi hanno molta analogia con quelli del Wiirttemberg.

È d'uopo avvertire inoltre che il Governo rimarcò con rincrescimento il voto contrario all'accettazione dei Trattati colla Prussia dato dai deputati eccle

l3) Non pubblicato.

siastici delegati dal Vescovo Cattolico di Rottenburg. Questo voto per lo passato fu sempre favorevole al Governo, e questo vuole ora usare dell'opportunità per rassicurarsi il favore del Clero Cattolico animato da sentimenti di cieca devozione verso la Santa Sede.

Il Ministro di Prussia mi rassicura che il suo Governo manterrà strettamente le dichiarazioni già fatte a riguardo della convenienza di riunire una Conferenza, e nutre opinione che se questa dovrassi alla pertine riunire, i plenipotenziarj Tedeschi si accorderanno sul voto colla Prussia, acciò sia ben manifesta all'Europa l'unità d'azione della Germania nelle quistioni Estere.

Nell'unire al presente rapporto un foglio cifrato, prego ...

ALLEGATO ANNESSO CIFRATO

L'attitude du Wtirttemberg peut s'expliquer par les deux motifs suivants. D'abord le désir de saisir la première occasion, après le vote des Chambres des Traités avec la Prusse, pour faire ostentation d'indépendance, dédaignant tout accord préalable avec les autres Etats allemands. Deuxièmemcnt, pour faire act.e de déférence envers ht France, pour laquelle Varnbtiler affecte, depuis quelque temps, une inclination très marquée.

(1) -Cfr. n. 592, Il D. 42 non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 614.
619

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ULISSE BARBOLANI, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

D. 15. Firenze, 26 novembre 1867.

Le accuso ricevuta per regolarità di corrispondenza dei vari rapporti politici direttimi dalla S. V. coi NN. 39 a 47, ringraziandola nello stesso tempo delle interessanti notizie in essi riferite.

Trasmettendole qui insieme un annesso in cifra, ...

ALLEGATO ANNESSO CIFRATO

J'ai lu avec intérèt vos dépèches chiffrées. Maintenant je Vous communique sous toute réserve ce qui suit:

Ne voulant laisser subsister aucun doute sur l'attitude que nous entendons garder en Orient, je m'en suis expliqué très clairement à Berlin ..T'ai fait savoir au Gouvernement prussien que l'Italie est favorable en principe au développement des autres nationalités et que par conséquent elle ne peut voir sans regr.et que la Serbie s'appuie sur le parti d'action qui la compromet et dont nous avons pu observer en Italie les fausses tendances.

Il était essentiel de bien établir une fois pour toutes que nous ne pouvons avoir aucune part mème indirecte dans les entreprises des hommes de ce parti. Aussi dois-je regretter que vous ayez donné la lettre que Orescowitch vous a demandée (1). Il faudrait qu'à Belgrade on sache que nous ne voulons jouer aucun ròle équivocue. Une politique simple, ouverte, sincèrement att.achée au principe bien connu de notre Gouvernement, voici donc ce qu'il nous faut pour le moment. Nous ne cherchons pas d'aventures et nous ne voulons point en courir les risques.

Lorsque vous manquez d'instructions, prenez le parti le plus sur. Quand Orescowitch vous a demandé la lettre dont vous m'avez parlé, il nurait été plus prudent de vous abstenir d'adhérer à cette demande. Au demeurant on aurait parfaitement compris que vous n·aviez aucune connaissance personnelle avec les chefs des partis polltiques en Italie.

(l) Cfr. n. 566.

620

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 7. Pietroburgo, 26 novembre 1867 (per. il 3 dicembre).

Conformemente alle istruzioni contenute nel dispaccio N. 3 (Gabinetto) (l) dell'E. V. procurai più di una volta negli abboccamenti avuti col Cancelliere dell'Impero di risapere quali fossero gli intendimenti del Governo Russo rispetto alle varte proposte di riforme dell'Impero Turco, discusse in questi ultimi tempi fra i Governi delle potenze garanti. Preoccupato com'egli era delle comunicazioni che mi veniva facendo sulle cose di Roma e, sul progetto della Conferenza, il Principe Gortchacow non si distese molto sovra questo argomento, al quale io tentai di richiamarlo; ma pur m'avvidi da qualche parola che pronunciò di passata, come ei riguardasse quelle proposte come andate a vuoto, e non destinate per lungo tempo ad essere poste in nuova deliberazione. All'E. V. è ben noto che quelle proposte furono cagione di non lieve dissenso fra !il Canceniere dell'Impero ed H Generale Ignatieff e che gH interessi particolari di questi due personaggi nel servizio dello Tzar non parve che vi fossero estranei; il Principe Gortchacow e l'Ambasciatore Russo a Costantinopoli giudicarono entrambi severamente i loro progetti scambievoli, qualiftcandoli di mostruosi e di abortivi, ondeché la trattazione di questo incidente diplomatico riesci al Principe ben poco gradita, ed io non avvisai di dovere insistere sulla mia interrogazione, raccogliendone solo quel cenno di risposta negativa ch'egli aveva fatto in generale. Ma riseppi dipoi dal Signor Stremooukow direttore del dipartimento Asiatico, che il Gabinetto di Pietroburgo è ben risoluto di non dare verun seguito a quei disegni di riforma che furono non ha guarì ventilati; che risguarda il tentativo di Livadia come una deviazione dalla politica tradizionale della Russia, e che il presente Consigliere della corona non consentirà giammai a prendere come punto di partenza della sua azione diplomatica in Turchia l'Hatti Humayoun del 1856 ingenerato da una politica e da una guerra che fermò la Russia sulla via del suo nazionale indirizzo; e però che di quelle ineseguibili riforme qui per il momento non si credeva di fare altamente parola.

Quanto alle cose di Candia, dicevami il Signor Stremooukow che l'insurrezione, quantunque priva in oggi dell'aiuto dei volontarii Elleni e abbandonata alle sue proprie ed indigene forze, non resterà per questo dal perdurare e dal mettere a serio cimento .il Governo Ottomano. La nomina di Hussein Pacha a comandante dell'esercito di spedizione non era stata senza esacerbare l'indignazione degli uni e la paura degli altri nella popolazione dell'isola per la fama

(ll Cfr. n. 489.

di crudeltà e di violenza che risuona al nome di quel funzionario Turco in Oriente. Onde crescea l'opera di salvamento sulle navi Europee delle donne e dei fanciulli che accorrevano vieppiù atterriti in questi ultimi giorni.

L'ammiraglio Boutakow comandante della squadra Russa in un suo rapporto descrive lo stato degli animi in Candia come più che mai deliberato a mantener viva e feroce l'insurrezione fino all'esterminio, e a non cessarla finché non sia certa l'annessione dell'isola all'antica patria comune. Questo fermo proposito del popolo Cretese comincerebbe oramai a rendersi manifesto per modo, che l'istessa diplomazia Inglese, informatane dalla più parte dei suoi agenti consolari, ne sarebbe infine alquanto commossa e si farebbe a riconoscere che i tempi e le circostanze interne dell'Impero volgono poco favorevoli ai Turchi: e a detta del Signor Stremooukow, sovra più di venti consoli Inglesi nell'Impero Ottomano due soli avrebbero scritto al loro Governo consigliando di mantenersi in una politica condiscendente alle pretese della Porta contro le razze Cristiane.

La causa della rinunzia del Signor Garaschanine dal suo ufficio di primo Ministro del Principe Michele di Serbia non è ancora ben nota al Gabinetto di Pietroburgo, che non lascia, come è naturale, di esserne preoccupato, attesa l'importanza e la popolarità grande in Oriente, di quest'uomo di stato. Il Signor Stremooukow inclinava a credere che a malgrado della ritratta apparente, il Garaschanine continuerebbe ad aver mano nel Governo delle cose a Belgrado, e non credeva che il Signor Ristich suo successore fosse destinato ad avere un'iniziativa sua propria, ma piuttosto a spendere l'intelligenza e l'abilità sua nell'attuare i concetti della politica già iniziata e ordinata dall'antico Ministro. Quando poi la rinunzia del Signor Garaschanine accennasse ad un mutamento d'indirizzo ed a una esitazione per parte dell'Obrenovitch di seguire coraggiosamente le nazionali aspirazioni del popol serbo, sarebbe da temere qualche pericolosa manifestazione del pubblico sentimento nel Principato, facendosi quivi l'avversione e l'animosità contro i Turchi ogni giorno più viva.

La notizia poi più importante che mi venne fatto di raccogliere in questi giorni sugli affari d'Oriente si è quella che risulta dalla menzione fattami di un colloquio (del quale alcuna cosa per la stampa è pur traspirata nel pubblico) sulle emergenze di Grecia, che ebbe luogo non ha guarì che il Barone Brunnow e lord Stanley. Riferivami sovr'esso il Conte Metaxa inviato Ellenico a Pietroburgo, secondo che poi dal Direttore del Dipartimento Asiatico mi veniva confermato, che il Ministro Inglese avea detto al Barone Brunnow, essere necessario aspettare qualche mese per porre all'ultima e più assoluta pruova la tenacità del sentimento nazionale degli abitanti di Creta, ma che ove questa poi non mostrasse di voler cedere dopo un certo spazio di tempo, sarebbe stato pur mestieri il provvedere alla formazione di uno stato indipendente in quell'isola, forse ancora sotto la sovranità di un Principe Cristiano. Il Barone Brunnow stette contento a questa dichiarazione come ad un primo passo fatto sulla via della concessione definitiva, e rispose che egli ne prendeva atto, e si riserbava di ridurla alla memoria del suo interlocutore quando fosse trascorso quel tratto di tempo da lui indicato per maturare il disegno.

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IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANESSO CIFRATO (l). Belgrado, 26 novembre 1867 (per. il 3 dicembre).

La femme du Consul de Prusse dit que son mari est parti pour Vienne appelé par son beau-père.

J'ai oublié dans ma dép~che chiffrée du 17 courant N. 46 -Serie Politique (2) -d'indiquer le nom du Docteur qui est un des chefs du parti croate national qui est venu à Belgrade, c'est le Docteur Berlich. Il est parti depuis quatre jours, aussi bien que l'Agent de Bismarck, M. Cooper, pour Agram. Il est plus que probable qu'un autre chef l'Avocat Brasovitch accompagnera Cooper en Italie pour s'entendre avec notre parti d'action et de là Brasovitch ira à Berlin voir M. Bismarck.

Si M. Bismarck pourra s'a,rranger aussi avec notre parti d'action, je crois qu'Orescovitch avec des volontaires croates, serbes, italiens et prussiens entrera en Bosnie et en Herzégovine au printemps prochain. En dehors de M. Garachanine m'a dit Orescovitch, personne que Vous ne salt mot de ces pratiques, pas m~me le Consul prussien; mais il oubliait que je sais que le Consul prussien est l'ame de cette intrigue à Belgrade.

L'arrivée de l'agent secret de M. Bismarck (Cooper) à Belgrade, ses entretiens avec le Docteur Berlich, les entretiens de Cooper et du Consul lui-mème avec Orescovitch et le départ de Cooper et du Chef croate Berlich pour Jakowar dans le but de s'entendre avec le grand Chef du parti national croate (Strossmayer), le voyage de Cooper à Agram et de là sa mission en Italie auprès de notre parti d'action, auquel il se présentera accompagné d'un autre chef secondaire du parti croate, l'Avocat Brasovitch, le départ précipité du Consul prussien pour Berlin, le soin qu'il a mis à cacher ce voyage et faire croire qu'il allait à Vienne, tout cela, dis-je, prouve à l'évidence les intentions de M. Bismarck d'allumer le feu dans ces parages. Voudra-t-il tacher par ce moyen d'arriver à brouiller l'Europe pour trouver le moyen de faire ses affaires? La réponse ne me parait pas difficile donc; tandis que l es discours du Roi de Prusse et de l'Empereur sont très-pacifiques, Bismarck cherche tous les moyens pour allumer la guerre quelque part.

Orescovitch prétend qu'avec les ressources que Bismark lui fournira, il pourra former un fort parti d'action Jougoslave d'accord avec le parti d'action italien et avec quelques centaines de prussiens se jeteront dans l'Herzégovine, la Bosnie etc. S'il réussirait à la faire insurger, il pourrait facilement forcer la main à la Serbie, car elle serait obligée, si la chose devenait sérieuse à appuyer le mouvement. La Grèce ne ferait peut ètre pas autant, malgré qu'elle ne soit pas aussi bien armée que la Serbie, d'autant plus qu'il est à présumer qu'il ne lui manqueront pas les excitations du déhors.

Le Prince a répondu en substance à l'Agent roumain au sujet d'ouverture que lui a faite le Prince Charles pour un rapprochement entre les deux pays,

12) Cfr. n. 566.

37 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

qu'il le désirait ardemment; mais il se réservait de lui donner une réponse définitive, lorsque M. Ristich (le successeur de Garachanine) sera arrivé. Cette réponse a médlocrément satlsfalt l'Agent roumain qui s'attendait de voir accueillir d'une manière bien empressée les ouvertures faites par son Prince.

(l) Al r. 49, non pubbllcato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

r. 485. Firenze, 27 novembre 1867, ore 23,35.

La presse de Vienne annonce que cédant aux instances de la France et de l'Autriche les Cabinets de Berlin et de St. Pétersbourg ont accepté la conférence. Veuillez me renseigner à ce sujet (1).

623

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 865. Pietroburgo, 28 novembre 1867, ore 15,10 (per. ore 18,30).

Gortchakoff m'avait déjà dit ce matin avant télégramme de V. E. (2) qu'il est scandalisé des fausses nouvelles répandues par la presse officieuse française sur l'acceptation des Puissances. Il a écrit dans ce sens au compte de Budberg pour n'en plaindre avec le marquis de Moustier et lui répéter que sans programme Russie n'accepte pas conférence et ne participera pas à une négociation illusoire comme elle entreprise dernièrement à Paris pour les Principautés Danubiennes. Le prince Gortchakoff a mème appélé aussi le rédacteur du Journal de Saint Pétersbourg pour l'engager à publier avec plus de réserve nouvelles concernant conférences.

624

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 866 bis. Vienna, 28 novembre 1867, ore 22,40 (per. ore 23,40).

Le présldent du conseil m'a exprimé satisfation de votre accueil aux communications du mdnistre d'Autriche du 23 (3). Il a dit ne savoir rien de nouveau sur la conférence dont il croit le succès moins avancé qu'on ne l'annonce à Paris. Le comte de Stackelberg m'a assuré savoir que pour avoir l'adhésion

(-3) Cfr. n. 606.

en principe du Saint Père le comte Sart!iges a tour à tour menacé et fait espérer des éventualités contraires aux intéréts d'Italie, dont il a représenté la situation comme étant désespérée. Le comte de Stackelberg salt, en outre, que le marquis de Moustier se déclare certain de faire cesser « nos hésitations :. en disant simplement que la France restera dans la ligne des idées modernes.

V. E. jugera de la valeur de ces renseignements 0).

(l) -Per la risposta cfr. nn. 623 e 626. (2) -Cfr. n. 622.
625

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INVIATO IN MISSIONE IN EGITTO, DELLA CROCE

D. CONFIDENZIALE S. N. Firenze, 28 novembre 1867.

Le ho già spiegato verbalmente le ragioni che inducono il Governo del Re ad allldarle una missione delicata ed importante in Egitto. Quelle ragioni si riassumono tutte nella necess,ità di far cessare le divergenze esistenti fra il Governo Regio e quello del Vice Re intorno ad alcune questioni d'interesse privato delle quali non si ottenne sin qui una definitiva soluzione con grave pregiudizio tanto dei RR. sudditi che quelle quistioni direttamente riguardano, quanto dell'intera nostra colonia il tramco della quale non può, in mezzo a condizioni così poco favorevoli, prendere tutto lo sviluppo di cui è suscettibile.

Una nave dello Stato condurrà la S. V. in Egitto e perché a Lei non manchi l'aiuto di persona che abbia qualche speciale pratica delle cose consolari ho inviato il Signor Passera R. Vice Console a mettersi sotto i di Lei ordini e ad accompagnarla durante il viaggio ch'Ella sta per intraprendere.

Se però ad accrescere autorità alla missione allldatale il Governo di Sua Maestà ha deciso di farla trasportare in Egitto con un bastimento dello Stato, io crederei utile che in siffatta circostanza si evitasse tutto ciò che può dar motivo per parte del Governo Egiziano di fare a Lei un ricevimento ulllciale come è nelle abitudini di quel Governo di fare in consimili occasioni. La splendida ospitalità del Vice Re si accomoderebbe colla missione ch'Ella deve compiere e fors'anche colle esigenze particolari dell'ulllcio che V. S. è chiamata ad assumere provvisoriamente.

Ella infatti non ignora che il R. Governo volendo conferire coll'attuale Agente e Console Generale di Sua Maestà in Alessandria ha deciso di valersi appunto dell'opportunità della di Lei presenza in Egitto per pregare il Signor Cavaliere De Martino di recarsi in Italia. Tosto che questo R. funzionario avrà potuto mettere la S. V. a giorno degli affari pendenti più importanti, Ella assumerà provvisoriamente la direzione di tutti gli affari nostri col Governo Egiziano, mentre il Signor De Martino potrà invece recarsi, come è già con lui convenuto, nei RR. Stati dove la sua presenza è richiesta dalla necessità di stabilire convenientemente le basi di importantissimi affari.

J'ai cru devolr répéter confldentiellement ces parole à V. E.».

Non ignoro che nella pos1z10ne delicata e ditncile in cui si trovò sinora il rappresentante consolare di Sua Maestà in Egitto, il Cavaliere De Martino può in qualche occasione essere riuscito meno gradito al Vice Re ed ai suoi Ministri. Sovra questa circostanza Ella cercherà con molta prudenza di esplorare i veri intendimenti di S. A. Ismail-Pacha nonché dei principali personaggi egiziani.

Il Governo del Re mancherebbe certamente d'ogni avvedutezza quando volendo provvedere etncacemente alla tutela degli interessi italiani in Egitto non pensasse anzi tutto ad assicurarsi che i rapporti del suo agente col Governo locale siano tali da contribuire a facilitare la soluzione delle vertenze che possono sorgere. Ma per altra parte il Governo Italiano non può a meno di riflettere che ove le varie vertenze da tanto tempo pendenti non fossero composte, qualunque suo agente fosse destinato a risiedere in Egitto non tarderebbe a trovarsi in breve tempo nelle medesime ditncili condizioni rimpetto il Governo locale, o rimpetto la colonia, in cui si trovarono i suoi predecessori.

Se pertanto il Governo Regio è disposto a tutto ciò che può assicurare fra l'Italia e l'Egitto amichevoli e stretti rapporti, prima di prendere qualsiasi decisione il Ministero è fermamente risoluto di aspettare che la S. V. con un imparziale e ben ponderato giudizio lo illumini sulla opportunità dei provvedimenti da adottarsi. Ella che fu già assai tempo in paesi di Levante saprà certamente tener conto di tutte le particolari circostanze delle quali conviene rendersi esatta ragione in materia tanto spinosa, ed a Lei non è necessario ch'io dica di quali perniciosissime conseguenze sarebbe causa un atto che da noi per avventura si venisse a compiere il quale, anche soltanto in apparenza, dovesse sembrare lesivo del prestigio necessario all'autorità consolare nei paesi di Oriente. La S. V. certamente non ignora come talvolta a rendere meno accetti gli utnzi d'un rappresentante estero possano contribuire nelle Corti d'Oriente cabale ed intrighi di persone ai desideri delle quali non vorremmo certamente deferire. Onde nasce la necessità che appena Ella abbia potuto attingere le informazioni più sicure, m'informi del vero stato delle cose cercando di conoscere l'animo del Vice Re e dei suoi Ministri dopo ch'Ella avrà procurato di richiamarli ad uno spregiudicato esame e ad un equo apprezzamento delle cause che hanno creato l'attuale situazione.

Le rivalità di influenza ed altre ragioni che qui non troverebbero luogo opportuno, escludono purtroppo ch'Ella possa far sicuro assegnamento sulle informazioni che Le potrebbero somministrare gli Agenti Consolari delle altre Potenze, né Le sarà facile avere da persone stabilite nel paese indicazioni sicure e precise. Il discredito che si sparge a piene mani e senza riguardo sovra tutte le cose e sovra tutti gli uomini è, come Ella sa, non ultima fra tutte le piaghe che affliggono i paesi levantini. Ma la S. V. che reca con sé l'esperienza necessaria per ben apprezzare ogni cosa, userà, ne son certo, della massima prudenza e della più grande circospezione nell'appurare i fatti che le venissero riferiti od anche le accuse che le fossero presentate.

E dappoiché Ella si reca in Egitto reputo conveniente informarla brevemente di una quistione che non concerne noi soli, ma che anzi riguarda ugualmente tutti i principali Stati di Europa.

Trattasd di una generale riforma che il Gove,rno V'ice Reale vorrebbe introdurre nella legislazione e nell'ordinamento giudiziario dell'Egitto, riforma pella quale pretende sia necessario che dai varii Stati Europei s'abbia a rinunziare ai privilegi che in materia di giurisdizione civile e criminale gli stranieri godono in Oriente in forza di patti scritti o di taciti accordi sanzionati dall'uso e dalle consuetudini.

Nell'agosto di quest'anno, S. E. Nubar Pacha, stando a Parigi, ci faceva consegnare per mezzo di quella R. Legazione un esemplare d'un suo memoriale diretto a S. A. il Vice Re per esporre ampiamente le basi della progettata riforma. Il Primo Ministro Egiziano erasi espresso in modo da far chiaramente intendere che il Governo del Vice Re annetteva somma importanza all'effettuazione del progetto che ci faceva presentare.

Il Governo del Re si affrettò allom dd. f1ar sape.l'e a S. A. n Vice Re che l'Italia applaudiva ad ogni progetto di seria riforma tanto nelle leggi che nelle procedure, ma che migliore e più pratico consiglio sarebbe stato quello di pubblicare quelle leggi ed attivare le nuove istituzioni giudiziarie prima di chiedere l'abolizione totale o parziale del sistema esistente perché in tal maniera <i vari Gabine1im avrebbero potuto risolversi ad un partd.to decisdvo con maggiore cognizione di causa. Una deliberazione generale delle Potenze principalmente interessate sembrò al Governo del Re indispensabile in una quistione che si estende agli interessi mtutte le colonie europee stabilite !in Egitto. Nel mentre si procedeva ad interpellare le persone giudicate più competenti sul merito delle proposte fatteci, si chiedevano ugualmente informazioni precise sull'accoglienza che aveano fatto i vari Gabinetti alle comunicazioni del Governo Vice-Reale, seppimo per tal maniera che l'Inghilterra, anche perché impegnata in una spedizione nella quale le conviene aver amico l'Egitto, procurava di evitare per ora di pronunziarsi apertamente lasciando però intendere di non essere contraria al principio di una riforma delle istituzioni giudiziarie attuali. La stessa riserva sembra aver osservato l'Austria la quale non avendo invece alcun motivo di pronunziarsi piuttosto in un senso che in un altro, dimostrò di voler stare probabilmente colla maggioranza delle Potenze,

La Russia ha chiaramente fatto sapere al Vice Re che pronta ad accettare col tratto successivo le riforme serie che fossero introdotte nel Vice Reame, non vedrebbe per ora ragione di rinunziare ad uno stato di cose ben noto, per accettare un sistema incognito ed in ogni caso di diflìcile applicazione.

Sembrerebbe invece che in Francia la proposta egiziana abbia trovato maggior favore. È bensì vero che anche il Governo francese non si mostra sollecito di accettare un sistema nuovo di cui s'ignorano gli effetti e le conseguenze pratiche facendo anticipatamente una rinunzia dei privilegi e degli usi antichi; ma sembra che a Parigi siasi presentato il progetto in questione ad una apposita Commissione a far parte della quale venne chiamato recentemente il Signor Outrey, Agente e Console Generale di Francia in Alessandria, persona di molta influenza e che si crede sia favorevole al progetto del Vice Re.

Profittando di certe circostanze a noi particolari il Governo del Re ha stimato meglio che il lavoro aflìdato in Francia ad un'apposita Commissione fosse presso di noi compiuto da varie persone molto competenti ma che sarebbe stato ditll.cile assai riunire presso il Ministero. Ella trovera qui unita una memoria (l) nella quale è riferito esattamente il risultato dei lavori fatti onde raccogliere gli elementi indispensabili per poter emettere un giudizio illuminato intorno a così dlicato ed importante argomento.

Se però io credo conveniente che la S. V. conosca a fondo lo stato della vertenza relativa alle riforme giudiziarie dell'Egitto, reputo non meno opportuno che Ella, almeno sino a nuove istruzioni, si astenga dall'entrare in negoziato sopra siffatto oggetto. È cosa da prevedersi che il Governo Egiziano voglia procurare di approfittare della di Lei presenza in Egitto per ottenere che da nostra parte si accettino trattative al proposito; ma io La invito in particolar maniera a ciò evitare perocché la quistione delle riforme giudiziarie e legislative è troppo strettamente connessa con altre di generale interesse europeo per poter senza inconvenienti formar oggetto della missione affatto speciale che a Lei è atll.data.

(l) Cfr. 11 seguente annesso cifrato al r. 184, pari data, di Blanc: «Stackelberg m'à dlt: j"al la conviction que la sttuation difficile où vous etes trauvés est venue en grande partlede ce que Usedom. qui n'est pas un homme sérleux. a donné à Rattazzi des assurances de nature à lui faire croire qu"il pouvait en cas de besoin entrainer la Prusse; ce à qual !l n'a point été autarisé.

626

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 110. Berlino, 28 novembre 1867 (per. il 1° dicembre).

Aussitòt après avoir reçu le télégmmme de V. E. du 27 au sodr (2), lequel m'est parvenu ce matin, je me suis rendu au Ministère des Affaires Etrangères pour controler les assertions du journal viennois la Presse annonçant que, sur les instances de la France et de l'Autriche, la Prusse et la Russie avaient accepté l'invitation à la conférence.

M. de Thile n'a pas hésité à qualifier cette nouvelle de mensongère. Elle n'a aucun fondement. La position de la Prusse est encore aujourd'hui ce qu'elle était le 14 Novembre lorsque le Comte de Bismarck, en réponse aux démarches de l'Ambassadeur de France, lui posait trois questions, résumées dans mon télégramme du lendema.in (3), questions sur lesquelles on attend toujours ici des éclaircissements. Est-il vrai que la Cour de Rome ait donné son assentiment et que nous ayons, comme on le dit ouvertement à Paris, accepté sans réserves? Dans ce cas, une des questions serait écartée, lors meme qu'il y aumit encore loin de là à un accord entre l'Italie et le Saint Siège. D'un autre còté, la liste des invités est connue, au moins indirectement. A ce propos, M. de Bismarck, dans une dépeche au Comte de Goltz, ne s'est pas caché de marquer sa surprise d'apprendre que le Cabinet des Tuileries avait adopté le mode si inusité de convoquer des Etats qui, jusqu'ici, n'avaient jamais eu voix au chapitre.

Bref, des trois questions il n'en resterait dès lors plus qu'une seule à résoudre, celle la plus importante, d'un programme. Jusqu'à ce moment M. Benedetti n'en avait pas soufflé mot.

Dans ces circonstances, il importerait au Gouvernement Prussien de savoir, à son tour, si notre position n'a pas changé depuis le télégramme de

V. E., du 25 Novembre (1).

Il m'a semblé que je ne pouvais que me référer itérativement à ce document, puisque je n'avais reçu aucune explication ultérieure. Cependant, j'ai jugé convenable, pour mieux satisfaire à ce désir, de télégraphier sans . délai a V.E.

La Correspondance Prussienne, organe officieux du Gouvernement, a publié hier soir un article impliquant que la réunion de la conférence était presqu'assurée, puisqu'on laissait pressentir un acquiescement de toutes les Grandes Puissances. M. de Thile donnait un démenti formel à cet article, écrit à l'insu du Cabinet de Berlin, par un rédacteur mal avisé. Le Comte de Bismarck a été très irrité de cette publication, qui fera le tour de l'Europe en augmentant partout la confusion.

En attendant, je ne saurais trop appeler l'attention de V. E. sur ce fait étrange, de sans-gene avec lequel le Gouvernement français présuppose, constate meme, notre adhésion en tout état de cause.

Quant à la Russie, il ne résultait pas davantage, pour autant du moins qu'on le savait ici, qu'elle ellt modifié son attitude expectante.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 622. (3) -R. 823 del 15 novembre, non pubblicato.
627

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, E A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 487. Firenze, 29 novembre 1867, ore 14.

(Per Berlino, Londra, Parigi e Vienna) Voici les dernières informations au sujet de la conférence. La Russie refuse péremptoirement d'accepter Rome comme siège des conférences et de sanctionner aucun acte qui admette le principe du pouvoir temporel du pape. Le prince Gortchakofi trouve la circulaire de M. le marquis de Moustier parfaite sous le rapport littéraire, mais rappelant trop l'époque de la Sainte Alliance. II trouve injuste l'accusation de la circulaire contre l'Italie de fomenter la révolution. Il parait que le Gouvernement français a cherché à entrainer celui de Russie dans ses projets à l'égard de Rome en lui promettant un appui explicite dans la question d'Orient. D'après M. de Budberg le marquis de Moustier aurait déclaré que le maintien du statu quo était le programme de la France.

(Per tutti) La diplomatie française répand partout le bruit que nous avons accepté la conférence sans réserve. Au contraire nous sommes toujours dans l'attente d'une réponse officielle aux demandes que nous avons adressées à Paris.

Le prince de Hohenlohe considérant que le mouvement en faveur du pouvoir temporel se propage en Allemagne déclare que le Gouvernement bavarois doit le seconder, en obéissant en cela à un principe de droit et de justice. Les petites puissances allemandes, meme les protestantes, à l'exception de Baden, admettent le meme principe par un sentiment de propre conservation. M. de Sartiges a fait pression à Rome chez le Pape, en le menaçant de l'abandon des français, ce qui aurait été la perte absolue du pouvoir temporel; il a obtenu une adhésion à la conférence en déclarant que le Pape pourrait y faire valoir tous ses droits. La conduite de quelque Puissance a fait naitre auprès de plusieurs Cabinets le soupçon qu'à l'occasion de la conférence on veuille traiter des questions autres que celle de Rome. L'invitation du Luxembourg à la conférence a déplu également à Berlin et à Bruxelles.

(l) Cfr. n. 614.

628

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 867. Berlino, 29 novembre 1867, ore 15,19 (per. ore 17).

L'ambassadeur de France vient de donner une réponse aux explications demandées par la Prusse. Bismarck lui a dit qu'il devait insister pour le programme dont il remarque toujours l'absence. En outre la Prusse ne consentirait pas à siéger en meme temps que la Hesse Darmstadt.

629

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 868. Vienna, 29 novembre 1867, ore 20,45 (per. ore 21,50).

Gramont vient de communiquer à Beust plusieurs pièces relatives à la conférence parmi lesquelles votre dépeche du 19 (1). Beust me dit que son impression après première lecture est qu'en somme France nous délègue ou plutòt nous laisse la tàche de formuler en temps et lieu la solution de la question romaine. D'après d'autres renseignements Moustier aurait simplement dit dans les récents instructions qu'il faut laisser au Pape et à l'Italie d'exposer leurs vues à la conférence, ce qui est bien différent. Bloomfteld me dit que Stanley persiste à vouloir le programme préalable contenant les moyens de solution de la question. Stackelberg et Werther disent que la France ne pouvant formuler un programme de ce genre, c'est cette fermeté de Stanley qui fera échouer la conférence.

(l) Cfr. n. 577.

630

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 112. Berlino, 29 novembre 1867 (per. il 3 dicembre).

Dans l'entretien que j'ai eu ce matin avec M. de Thile, il a fait allusion à la circonstance que, d'après le recueil des documents diplomatiques français, nous aurions, nous-memes, proposé un congrès des Puissances pour résoudre définitivement la question romaine.

A défaut d'autres indices, je me suis référé à la dépeche du Marquis de Moustier à M. de la Villestreux, en date du 18 Octobre dernier. J'ai fait remarquer que, aux termes memes de cette dépeche, reproduite par le livre jaune, notre acceptation, à cette époque, impliquait que les troupes italiennes occupassent les Etats Pontificaux. Dès lors, la position est en quelque sorte renversée, c'est la France qui tient garnison sur le territoire romain, et c'est elle qui convoque la conférence. D'ailleurs, alors comme aujourd'hui, nous eussions tenu à un programme dont les bases ne soulèveraient pas d'objections radicales, et que cet accord préparàt aux Puissances un terrain stir et connu d'avance. Précisement parce que notre concours est acquis à toute oeuvre de conciliation et de paix, nous voulons savoir exactement à quoi nous devons concourir et sur quel mode de solution nous serions appelés à délibérer.

M. de Thile s'est montré satisfait de ces observations, qu'il n'avait provoquées que dans le but de s'expliquer notre attitude dans ces phases différentes en effet, quant à la situation, entre l'Italie et la France.

D'un autre còté, il relevait avec quelque aigreur le fait, que le Cabinet des Tuileries avait laissé entendre à une Cour qui n'a pas été désignée, que, si le projet de la conférence échouait, la résistance de la Prusse aurait beaucoup contribué à amener cet echec, comme si on nourrissait l'arrière-pensée de la prendre pour bouc émissaire. Cependant, il est avéré que l'Angleterre distance le Gouvernement Prussien dans ses répugnances, très explicitement marquées dans une dépeche de Lord Stanley.

Quoiqu'il en soit, je suis bien aise, en pareilles circonstances, que V. E. me renseigne exactement sur notre manière de voir, pour que je puisse en parler ici à coeur ouvert. Indépendamment d'une question de bons procédés vis-à-vis de notre alliée, il y va de notre intéret à prévenir, par le récit fidèle de nos faits et gestes, toute impression qui ne cadrerait pas avec la vérité. Ce qu'on appelle la vérité à Paris, où l'on va si loin dans l'optimisme sur notre participation, n'est pas, tant s'en faut, la vérité à Florence. Nous recherchons une situation nette, et le Gouvernement français, impatient de réussir dans ses démarches, se prévaut, pour le besoin de sa cause, de notre acquiescement en principe, pour le représenter comme ayant eu lieu sans réserves. L'Italie et la Prusse sauront se décider dans la plénitude de leur propre responsabilité, mais il leur importe de voir clair dans leur situation respective.

631

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA.

AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 490. Firenze, 30 novembre 1867, ore 15.

Je vais vous charger d'une communication particulièrement délicate et secrète. Depuis longtemps le Gouvernement cherche un lieu de déportation pour les condamnés. Des renseignements récents nous indiquent comme très adaptée à ce but une région située sur le bord de la Mer Rouge près du pays des Gallas en contiguité de l'Abyssinie et qui, actuellement n'appartient réellement à aucun souverain. Nous voudrions l'occuper: mais avant de rien entreprendre, il serait essentiel d'etre assuré que de la part de l'Angleterre il n'y aurait pas d'opposition. Je vous prie donc de sonder l'opinion de lord Stanley à ce sujet (l). Faites valoir cette raison que le pays en question n'est pas occupé par nous, et il le sera probablement par la France, qui certainement s'empresserait d'y planter son drapeau après l'ouverture de l'isthme de Suez et pourrait ainsi créer des embarras à l'Angleterre. Du reste ce désir de notre part n'est point le résultat d'une politique de conquete qui n'est nullement dans nos vues, mais un besoin de sécurité intérieure dont l'Italie ne pourra jouir tant qu'elle n'aura pas un lieu éloigné pour y transporter Ies nombreux criminels qui encombrent ses prisons. Nous comptons sur le bon vouloir que l'Angleterre a toujours démontré envers l'Italie pour qu'elle ne soit pas un obstacle à nos projets.

632

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 870. Vienna, 30 novembre 1867, ore 16,50 (per. ore 18,50).

La situation telle qu'elle apparait ici me semble indiquer que si V. E. pouvait s'entendre rapidement et directement avec l'Angleterre, la Russie et la Prusse sur des bases de solution libérale pouvant etre adoptées camme programme libérale préalable, la position serait entiérement retournée à notre avantage. Ces bases, à en juger par la disposition des ministres de ces trois Puissances ici, pourraient etre tout au moins: 1° La non-intervention absolue de forces étrangères dans la péninsule italienne. 2° Le Gouvernement pontificai laissé dans la situation de tout autre Gouvernement de fait vis-à-vis de ses sujets et vis-à-vis des griefs que tout Gouvernement quelconque aurait à faire valoir contre lui d'après le droit des gens. 3° La détermination des garanties d'indépendance, de dignité etc. etc. qui devront etre en toute éventualité humainement possible, assurées au pouvoir spirituel. 4° Dans l'intéret de la paix générale, à l'Italie seule reconnu le devoir et le droit de sauvegarder

ces garanties en intervenant au besoin. 5° La nécessité de cette lntervention devrait iltre établie, le cas échéant, ou par l'état des choses réellement survenu, ou par la prévoyance de la génémlO.té des grandes Puissances. J'ai cru devoir soumettre à V. E. ce que le point de vue d'ici suggère. Elle appréciera et m'excusera.

(l) Per la risposta cfr. n. 643.

633

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA. AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 491. Firenze, 30 novembre 1867, ore 18.

Dans le Livre jaune je trouve une dépéche du 18 octobre, où le marquis de Moustier dit que l'Italie accepterait un congrès des puissances etc. etc. Veuillez m'expliquer l'apparente contradiction qui existe entre cette dépilche et celles en date du 16 octobre (l) par lesquelles M. Rattazzi d'abord personnellement et ensuite d'ordre du Roi vous prescrivait d'éviter toute initiative dans la proposition d'un Congrès. Cette explication m'est nécessaire afin de savoir me régler dans la publication des documents qui doivent iltre soumis au parlement (2).

634

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 872. Parigi, 30 novembre 1867, ore 22 (per. ore 0,40 dell't dicembre).

Le 16 octobre, après avoir reçu le premier télégramme de M. Rattazzi (l) au moment où le conseil des ministres se réunissait pour l'expédition de Rome, j'ai annoncé au marquis de Moustier que l'occupation éventuelle des états pontificaux par nos troupes devrait s'entendre faite sans préjuger la question de la souvraineté et sauf à se mettre d'accord avec la France pour assurer l'indépendance du Pape. J'ajouterai que je croyais que l'Italie accepterait un congrès européen, mais je n'ai pas dit qu'elle le proposerait, ou qu'elle en prendrait l'initiative. J'ai exprimé un avis personnel conformément à l'instruction du télégramme. Le second télégramme du 16 (3) est arrivé après le conseil des ministres qui avait délibéré l'expédition. Cette délibération créait une situation nouvelle qui annulla.i.t nécessatrement toute proposition ou ouverture de notre part en vue d'empécher l'expédition. Pour éviter le malentendu je vous prie de me communiquer les documents que vous avez l'intention de publier.

(l) -Cfr. n. 314. (2) -Per la risposta cfr. n. 634. (3) -Cfr. n. 315.
635

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 873. Berna, 30 novembre 1867, ore 23,15 (per. ore 0,40 del 1° dicembre).

Le président m'a donné lecture de la note par laquelle le conseil fédéral répond à celle qui invite la Suisse à la conférence. La Confédération suisse interviendra à la condition que tous les autres Etats y sont également invités et que l'assemblée conservera le caractère politique européen. La confédération suisse repousse d'avance toute décision contraire aux principes de sa constitution, elle réserve les droits du peuple romain concernant les décisions à intervenir sur les formes de son Gouvernement et prenant acte de la déclaration de l'Empereur de faire cesser le plus prompt possible l'intervention dans les Etats du Saint Siège. Elle déclare qu'il n'y aura pas lieu de délibérer sur cela. Ceci n'a pas plu à l'ambassadeur de France à qui on a fait connaitre la note. Le président a ajouté verbalement que si les droits du peuple romain et ceux du Saint Siège viendraient en conflit dans la conférence, le représentant de la Suisse aurait l'instruction d'appuyer le droit du peuple et de ne pas prendre part à un vote qui le compromettrait.

636

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 113. Berlino, 30 novembre 1867 (per. il 5 dicembre).

Je m'empresse de remercier V. E. du télégramme du 29 courant (l). Il m'a fourni l'occasion de voir ce matin M. de Thile et de lui parler dans le sens des reinseignements que nous avions reçus au sujet de la conférence.

Il ignorait complètement que l'idée elit été émise d'en piacer le siège à Rome: jusqu'ici du moins, aucune proposition à cet égard n'avait été faite à Berlin. Sans se prononcer sur le principe méme du pouvoir temporel, le Gouvernement Russe se serait borné à déclarer qu'il ne pouvait répondre d'une manière définitive à l'invitation remise par le Baron de Talleyrand, tant qu'on ne présenterait pas une base de délibérations. Sauf plus amples informations, il doutait que la France, pour gagner la voix de la Russie, elit promis à celle-ci un appui explicite dans la question d'Orient. En attendant, le programme de la France serait celui de n'en avoir pas du tout, ou tout au moins, de laisser à d'autres le soin de le formuler. Le Sous-Secrétaire d'Etat n'admettait pas entièrement le bien-fondé de nos impressions sur l'attitude de l'Allemagne méridionale, sauf pour ce qu1 concerne le Grand Duché de Bade. On croyait savolr ici que la Bavière et le WU.rtemberg se tenaient plutòt dans une certaine ré

serve. Le Cabinet de Munich, nommément, cherchait à résoudre le problème de ne mécontenter, ni les ldbéraux, ni les cathoH.ques, et ce ne seratit certes pas le Prdnce d·e Hohenlohe, malgré les embarras de sa position, qud voudraU trancher dans le vlf, en tenant un langage aussi catégorique. Il y a une certaine lacune dans les nouvel les qui parviennent ici de Rome, mais elles s'accordent assez, comme les notres, à laisser supposer que le Comte de Sartiges a promis monts et merveilles au Pape, dans le but d'obtenir son adhésion.

Il n'est pas sans intéret de confronter cette version prussienne avec nos propres renseignements. Far cette confrontation, par ce contrale, on parvient à se rapprocher de la vérité.

(l) Cfr. n. 627.

637

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 115. Berlino, 30 novembre 1867 (per. il 5 dicembre).

Je tenais à me procurer des détails circonstanciés sur les communications récemment faites par l'Ambassadeur de France au Cabinet de Berlin. Je me suis à cet effet adressé à l'Ambassadeur d'Angleterre, qui avait pu obtenir une audience du Comte de Bismarck auquel il avait été chargé de donner lecture de la dépeche de Lord Stanley, en date du 18 novembre, en réponse à la circulaire du Marquis de Moustier, du 9 du meme mois.

Voici ce que j'ai appris confidentiellement par Lord Loftus, après qu'il m'eut fait la recommandation de ne pas citer, ici surtout, son nom.

Je crois inutile de résumer la dépeche de Lord Stanley, dont le texte doit etre connu à Florence. Ce document a été le point de départ de la conversation entre Lord Loftus et le Président du Conseil. Celui-ci se félicitait de la concordance des vues entre l'Angleterre et la Prusse. Passant ensuite à la communication, assez brève, faite par M. Benedetti sur les trois questions posées par le Gouvernement Prussien, il a dit que, si c'était une réponse, elle était du moins des plus incomplètes.

2° La liste des invités. Elle est connue, mais sur ce point le Comte de Bismarck a relevé un certain manque de courtoisie vis-à-vis des Grandes Puissances, par le fait meme de convoquer d'une manière aussi inusitée et sans aucune consultation préalable, une foule d'Etat dont la présence ne servira qu'à embaxrasser la marche des conférences. Autrefods, c'étaient la Prusse et l'Autriche qui étaient appelées à représenter les intérets de l'Allemagne. Celle-ci a subi, dans ces derniers temps, des grands changements dont il n'a pas été tenu compte. D'adlleurs, si on s'est adressé au Luxembourg et à la Hesse-Darmstadt, qui fait partie de la Conféderation du Nord pour son territoire au Nord de la ligne du Mein, pourquoi alors avoir négligé l'Oldenbourg, les Mecklembourgs etc.? Le Marquis de Moustier n'a pas sui vi une marche judicieuse. Pourquoi ne pas chercher avant tout à se concerter entre les Grandes Puissances?

M. Benedetti demanda alors si le Comte de Bismarck faisait une proposition dans ce sens. S. E. déclina toute interprétation semblable de ses paroles, n'ayant pour but que d'indiquer la conduite qu'il eut été préférable de tenir dès le principe. Il était prèt au reste, si la France se faisait la promotrice de cette idée, à prendre part à des conférences préliminaires entre les Grands Cabinets Européens, conférences qui pourraient avoir lieu à Paris par la voie ordinaire diplomatique, mais, dans ce cas également, le Gouvernement Français devrait prendre l'initiative d'une exposition précise de ses vues sur la question romaine.

3° Quant au programme, M. Benedetti n'était pas chargé d'en présenter un, et les observations qui précèdent du Comte de Bismarck démontrent assez qu'il le considère d'une nécessité absolue, et qui plus est, c'est la France qui dolt assumer le soin de le formuler. En d'autres termes, c'est elle qui doit en assumer la responsabilité.

L'Ambassadeur de France demanda si l'Italie et le Saint Siège ne devraient pas ètre représentées dans ces conférences préliminaires. Soit dit en passant, il est fait allusion à ce mode de procéder dans la dépèche précitée de Lord Stanley. Le Président du Conseil émettait l'avis que le concours de ces deux Gouvernements était très désirable.

Il résulte du langage du Com te de Bismarck: lo A défaut de programme, point de conférence.

2° On pourrait peut-ètre mieux préparer le terrain par des négociations préliminaires, et par voie diplomatique, entre les Grandes Puissances, avec le concours de l'Italie et du Saint Siège, mais c'est la France qui doit les proposer, en mème temps qu'un programme bien défini et ayant des chances de réussite.

3° Dans ces conditions, la Prusse serait disposée à s'associer à ces pourparlers. Il est évident que nous sommes encore loin d'une entente, surtout si la diplomatie française continue à faire fausse route.

l 0 ) Adhésion sans réserve de l'Italie et du Saint Siège. Or, pour ce qui concerne le Cabinet de Florence, il n'a encore donné son assentiment, qu'en principe.

638

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 116. Berlino, 30 novembre 1867 (per. il 5 dicembre).

J'ai voulu connaitre également les impressions de mon collègue de France sur son entretien de la veille avec le Ministre des Affaires Etrangères. D'après l'opinion de ce diplomate, le Comte de Bismarck ne veut pas de conférence. Et cependant, avec sa haute intelligence, il aurait du comprendre

combien il lui importerait de mieux se preter aux vues conciliantes de la France. Son opposition est un fait des plus étranges. L'objection, entre autres, de son embarras, placé camme il l'est entre les catholiques et les libéraux, n'est pas sérieuse. Il a un intérét évident à ménager les scrupules de conscience de nos corréligionnaires. Il pourrait le faire sans blesser le camp des adversaires. N'est-il pas permis d'accueillir sous bénéfice d'inventaire, ces prétendus ménagements pour l'opinion libérale, de la part d'un homme d'Etat qui en a fait si souvent bon marché. D'ailleurs, personne ne saurait lui faire un grief d'assister à une réunion convoquée par autrui, et dans laquelle il conserverait une entière 11berté d'allures. Malheureusement, il a pris cette affaire par le mauvais bout, avec des arrtère-pensées peut-étre. Il met à son actif la questione romaine, en vue des avantages qu'il pourrait en retirer ailleurs. L'Italie ne devrait se faire aucune illusion. Le jour où des intérets d'une valeur très problématique ne le porteraient plus de ce còté, il ferait volte-face, sans se préoccuper d'aucune façon des convenances de la Péninsule.

J'aurais pu faire à mon tour l'observation, combien il était heureux que les conditions de l'Italie et de la Prusse fussent telles, que nos intéréts réciproques et permanents se rencontrassent dans maintes questions, là précisément où ils diffèrent de la politique tradltlonnelle française. Mais je me suis borné à répondre que nous admettions camme blen fondées les difficultés de la Prusse, dans une s'emb1able questdon. Sa bonne foi ne laJssdt rien à désirer. Aussi bien que l'Italie et la France, elle était désireuse d'amener une conciliation, mais il était nature! qu'elle ne voulùt pas courir l'aventure d'adhérer sans programme à la conférence. Elle se trouvalt d'ailleurs sur le meme terrain que la Russie et l'Angleterre. Cette dernière avait meme accentué davantage ses répugnances. En attendant, j'ai laissé comprendre, sous la forme la plus courtoise, que la correspondance du Marquls de Moustier préjugeait au moins nos décisions, en se basant sur notre acceptation pure et simple, quand il n'ignorait pas qu'elle était subordonnée à une série de questions, restées jusqu'ici sans réponse.

M. Benedetti m'a dit qu'il venait précisément de recevoir une copie de cette réponse, sur laquelle il ne pouvalt encore me donner des détails, puisqu'on était encore occupé à la déchiffrer. Mais, dans la dépeche qui l'accompagnait, le Marquis de Moustler exprimait l'espoir que nous la trouverions satisfaisante, en meme temps qu'il nous engageait à faire, nous-memes, des propositions. Il croyait qu'il était questlon de conférences préliminaires entre les Grandes Puissances. D'après sa manlère de volr, toute personnelle, il supposait que l'Empereur Napoléon «tmmuable camme la destinée » reprendrait son ancienne idée, d'après laquelle le Pape conserverait sa souveraineté et les romains seraient admis à joulr de certatns droits de cltoyens italiens, entre autres d'envoyer des députés à notre Parlement.

V. E. aura remarqué les allusions de M. Benedetti à nos rapports avec la Prusse. Il n'y a pas de doute que, si le Cabinet de Berlin n'a aucun motif pour mettre, de son propre mouvement, le doigt entre l'arbre et l'écorce, en s'exposant ainsi à mécontenter l'un et l'autre des partis puissants en Allemagne, il n'a également aucun empressement à se poser en conciliateur dans l'antagonisme qui se manifeste entre nous et la France. Il y a là une diversion utile pour détourner du Rhin les regards jaloux et ombrageux de cette Puissance.

La position expectante du Gouvernement Prussien est donc parfaitement explicable. Quant à sa bienveillance à notre égard, elle est du meilleur aloi. Le reproche que lui fait M. Benedetti, de suivre une politique d'égoisme et de calcul, ne saurait nous inquiéter. N'est-ce pas là la seule et bonne politique internationale? Elle doit nous inspirer confiance, car un personnage aussi perspicace que le Comte de Bismarck saisit à première vue que notre alliance est dans la nature meme des choses, car elle se fonde sur des intérets permanents.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC

T. 492. Firenze, 1° dicembre 1867, ore 18.

Voici des informations que je reçois de source certaine. Le Comte de Sartiges pour engager le cardinal Antonelli à accepter la conférence aurait dit que l'unité de l'Italie ne pouvait se maintenir et que meme on avait l'intention de la partager en trois parties dont une pour le Pape. Que pourtant les anciennes dynasties ne seraient pas rappelées, mais que celle de Savoie fournirait des souverains pour le Nord et le Midi, que l'Empereur exigeait de Rome des réformes dans ses lois et qu'il ne pouvait néanmoins lui promettre d'augmenter les possessions actuelles du Saint Père. Le cardinal Antonelli répond qu'il n'ira à la conférence que pour réclamer les provinces qui ont été enlevées: quant aux réformes il y penserait lorsque ces provinces auront été restituées. Le cardinal Antonelli ira lui meme à la conférence en qualité de légat a latere pour la présider. Après l'ouverture des séances il se retirerait laissant au second plénipotentiaire le soin de défendre les prétentions du Saint Siège.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 576. Parigi, 1° dicembre 1867 (per. il 3).

Parlarono nella seconda seduta del Senato francese consacrata alla discussione dell'interpellanza sugli affari di Roma (l) il Signor Rouland, l'Arcivescovo di Par~gi, ed linf.ine il Mmistro impe,J:"Iiale degli affari esteri, specialmente delegato dall'Imperatore per rispondere alle interpellanze circa la politdca este,ra.

Il Signor Rouland dichiarò che prendendo la parola in tale argomento egli aveva principalmente in vista di prevenire il rinvio dell'interpellanza al Governo e di propugnare la votazione dell'ordine del giorno. Respingendo l'opinione estrema del Cardinale di Bonnechose, il quale dichiarava inconciliabile l'esistenza dell'Italia una e del Papato, l'onorevole Senatore si studiò a provare coll'esposizione dei fatti avvenuti dopo la Convenzione del 15 settembre e coll'appoggio delle dichiarazioni e dei documenti emanati dal Governo imperiale che questo non erasi mai scostato dal fermo suo proposito di far coesistere l'una e l'altro. Ripetè i migliori argomenti in favore del mantenimento di quanto colla cooperazione della Francia fu fatto in Italia, augurando la consolidazione dell'unità e mettendo in parallelo colle crisi italiane presenti quelle più sanguinose già superate dalla Francia, ed espresse infine le sue speranze nell'opera della Conferenza, scongiurando il Senato di non ristringere la libertà d'azione del Governo coll'interpellarlo sulle conseguenze degli avvenimenti presenti e di non aggiungere nuove difficoltà a' suoi imbarazzi attuali. «Le vostre interpellanze, conchiuse l'oratore, sono ugualmente pericolose per l'Italia che non bisogna scoraggiare, e pel Governo di cui incepperebbero la libertà».

Monsignore l'Arcivescovo di Parigi, che in confronto degli altri suoi colleghi prelati più volte diede prove di moderazione, protestò in primo luogo che l'ammissione dell'interpellanza non implicherebbe un'espressione di sfiducia contro il Governo, e disse ch'essa aveva per unico scopo di provocare una dichiarazione esplicita e precisa, atta a rassicurare appieno le coscienze cattoliche. Disse l'intervento non essere che un atto temporario né potersi considerare altrimenti che come un rimedio, uno spediente, una complicazione anziché una soluzione la quale aveva posta la Francia in una situazione più difficile di prima rimpetto all'Italia che potrebbe credersi umiliata. In tali circostanze la Conferenza essere desiderabile, necessaria.

Passò quindi ad esaminare i tre risultati possibili d'una Conferenza, quello cioè che sieno rese alla Santa Sede tutte le sue provincie, quello che tutte le sieno tolte, ed infine la proclamazione dello statu qua. Trattò di chimera, di capo d'opera d'imperizia il secondo di questi risultati, dolendosi della niuna probabilità del primo reso troppo difficile dalla forza del fatto compiuto; ma ammise che la Conferenza possa contribuire al mantenimento dello stato presente delle cose, ricercare i mezzi di ravvivare il Governo pontificio entro i suoi attuali limiti, e di creargli nuove risorse nell'agricoltura, nel commercio ed in una buona organizzazione finanziaria; tuttavia le conclusioni dell'onorevole Prelato rannodaronsi al programma de' suoi colleghi porporati e si formolarono in un voto assai più ampiamente favorevole agl'interessi della Santa Sede.

Chiamo la particolare attenzione dell'E. V. sulle spiegazioni date dal Ministro imperiale degli affari esteri in risposta a questi discorsi. Il Marchese di Moustier ebbe cura di giustificare la condotta finora costantemente logica del Governo imperiale della ricerca dei mezzi di una conciliazione durevole tra il Papato ed il Regno italiano. Laddove il Ministro imperiale combatté il voto delle persone che chiederebbero la distruzione dell'unità italiana per creare uno stato di cose più favorevole alla sicurezza della Santa Sede, io dovrei citare testualmente tutte le sue parole per far presentire all'E. V. l'impressione che questa parte del suo discorso non mancherà di produrre su coloro almeno 1 quali

18 --Documenti diplomatici -Serie I • Vol. IX

dall'ultima fase della questione romana trassero un augurio favorevole alle loro aspirazioni anti-italiane. «Per parte mia disse il Ministro, vedrei un pericolo nella pretenzione di fondare l'indipendenza della Santa Sede non soltanto sulla sicurezza, sulla stabilità del potere temporale, ma altresì sopra una data combinazione politica; sarebbe pericoloso di dire che il potere temporale non soltanto deve conservare la sua indipendenza, ma che gli è necessaria una tale o tal altra rifusione, più o meno corrispondente alla cessata organizzazione d'Italia. Sarebbe ciò un tentar Dio, perché non si deve contare che egli intervenga per assicurare rifusioni di tal fatto>>. Proclamando altamente che il Governo francese non crede ai pronostici di coloro che predicono il crollo dell'unità italiana, il Ministro imperiale soggiunse:

« Se egli è vero che tutti gl'Italiani, senza eccezione, spingono tanto oltre il sentimento dell'unità ch'essi non possano sopportare l'idea di vederla diminuita in qualsiasi parte e che vogliano ad ogni patto e senza tener conto d'alcuna difficoltà e di verun consiglio andare a Roma, che divengono e il pronostico della dissoluzione d'Italia, e la pretesa antipatia d'una parte delle provincie italiane pel sistema unitario?».

L'origine dell'idea della Conferenza il Marchese di Moustier la mise nel desiderio della Francia di non essere sempre risguardata dall'Italia come un'incomoda tutrice e di far cessare una pressione che l'Italia non ha torto di considerare come un attentato alla sua dignità. S. E. svolse poi gli argomenti che ne facevano augurare la pronta riunione e chiuse chiedendo l'ordine del giorno puro e semplice che fu votato a una grande maggioranza malgrado il tentativo fatto dal Visconte di Lagueronnière di replicare.

(l) Non si pubblica il r. 573 del 30 novembre che riferisce circa la prima seduta del Senato francese dedicata alle interpellanze sulla questione romana.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 8. Pietroburgo, 1° dicembre 1867 (per. il 10).

Ebbi due volte occasione in questi giorni di conferire con S. E. il Cancelliere dell'Impero sulle gravi emergenze presenti, e mi affretto a comunicarle notizie che mi venne fatto di raccogliere dai colloqui avuti con quest'uomo di Stato. La Russia non ha fin'ora acconsentito alla conferenza sulle cose di Roma, né ha pure risposto per iscritto alla nota del Marchese di Moustier; a quel medesimo ragguaglio che i Gabinetti di Londra e di Berlino il Governo dello Czar chiede recisamente dalla Francia, come indeclinabile condizione, lo stabilimento di un programma. Io trovai il Principe Gortchakow veramente sdegnato del giuoco disdecoroso e poco leale che va facendo da alcuni giorni in qua la stampa omciosa di Francia, spacciando come assoluta e decisa l'accettazione incondizionata delle potenze del Nord alla proposta francese. Non mancai d'informarlo che non era più veridica ed esatta la notizia divulgata da alcuni diarii di una simigliante risposta affermativa ed incondizionata che a detta loro sarebbe venuta dal Governo del Re a quel di Parigi; e gli ripetei quello che più di una volta l'E. V. ebbe la degnazione di farmi noto per telegrafo, cioè che il Marchese di Moustier non avea per anche dato risoluzione ai dubbii da noi espressi, ed ai chiarimenti da noi dimandati, e avea detto, le spiegazioni opportune sarebbero state fornite dal Ministro in Firenze; il che non essendosi sinora avverato, noi non ci tenevamo conseguentemente ancor legati da un impegno definitivo.

Forse una certa inclinazione più favorevole alle vedute del Gabinetto di Franc,ia da alcun giorno a questa parte erasi determinata nella politica russa; ma la petulanza degli organi utnciosi di Parigi a diffondere nel pubblico eventi prematuri o non veri ha disgustato per tal modo il Principe Gortchakow, che Egli è ora, anche meno che prima non fosse, ben volto a secondare gl'intendimenti francesi: «Voglio, ei mi diceva, far le debite concessioni alla leggerezza e alla volubilità di parola propria dell'umana imperfezione, ma nei negozi! gravi cosiffatta volubilità genera confusioni troppo pericolose, ed io per parte mia rifuggo dal trattare con chi non mi offra guarentigia di serietà e di precisione nel suo linguaggio e negli atti». E mi diede comunicazione di un telegramma spedito al Barone di Budberg perché facesse doglianza col Ministro di Affari Esteri di questo biasimevole procedimento della stampa otnciosa, e ciò in termini molto chiari e risentiti, replicando senza più che la Russia non sarebbe entrata 'in nego~iati per Roma se non pe'r far davvero, e per venire in un serio e leale accordo, e che non sarebbe mai più discesa ad entrare in nuove conferenze diplomatiche fittizie, che poi riuscissero ad un bel nulla come avvenne non ha guari della conferenza sui Principati Danubiani.

E a darmi una novella prova di questo modo di operare poco considerato sincero, il Principe mi aggiungeva di avere risaputo che il Marchese di Moustier avea tentato di far prevalere l'opinione, che l'iniziativa della dichiarazione da ultimo presentata alla Porta per la vertenza di Candia fosse venuta dal Governo delle Tuileries, il che ne avrebbe affatto alterato il carattere e snaturati gli effetti, laddove è noto a qualunque abbia vera cognizione delle cose, che non solo l'iniziativa ne partì dalla Russia, ma non fu senza esitazione che la Francia istessa vi condiscese.

Il Barone di Beust si adopera a suo potere presso il Ministro Moscovita, Conte di Stackelberg, per trarre il Governo dello Czar nei concetti di una politica sfavorevole alla causa d'Italia. Il Conte di Stackelberg ebbe a dirgli, per istruzione ricevuta, che senza programma, per necessità logica, non potea averci conferenza di sorta, e che la nota austriaca stessa contenea, chi ben guarda, la indicazione di un programma, poiché accennava, escludendo tutto il resto, al mantenimento del dominio temporale. Da codesta comunicazione fattami io tolsi occasione per domandare al Ministro russo, se Egli credeva che un congresso Europeo fosse attuabile sulla base del mantenimento almeno in principio, di questo dominio temporale della sede di Roma. « Ciò dipende da voi, Egli mi rispose; quanto alla Russia posso assicurarvi ch'ella non sarà mai per darne guarentigia nessuna per qualsiasi atto internazionale».

La congettura più probabile adunque, secondo il punto di vista che domina a Pietroburgo, si è tuttora che la conferenza non abbia a riunirsi. È qui pervenuta la notizia che a Berlino il Signor Benedetti fu incaricato di fare alcune dichiarazioni su quei punti intorno ai quali quel Governo aveale dimandate; ma sembra che tali spiegazioni non sieno riuscite soddisfacenti al Conte di Bismarck, il quale persisterebbe nell'attitudine già presa di non entrare in negoziati, senza prima essere ben chiaro dello scopo a cui la Francia vuol pervenire.

Il Principe Gortchakow mi rinnovò le assicurazioni di amicizia del suo Governo per l'Italia di cui del resto mi avean dato pruova le sue frequenti comunicazioni, e la premura con cui cercava di essere informato delle intenzioni del mio Governo. Egli non è Signor Ministro, senza qualche preoccupazione sulla nuova fase in cui versa presentemente la politica dell'Imperatore dei Francesi, e crede di sapere che il Conte di Sartiges abbia tentato per indurre la Corte di Roma ad accogliere le sue proposte, tutti i possibili mezzi così quelli del timore in caso di rifiuto, come di lusinga in caso di gradimento. Il sunnomato diplomatico avrebbe cioè dichiarato al Cardinale Antonelli che quando la Corte di Roma opponesse la sua forza d'inerzia ai disegni dell'Imperatore, e li facesse venir meno in un momento così decisivo, non avrebbe da lui più nulla da sperare, e sarebbe d'ora innanzi abbandonata a se stessa; ma che d'altra parte il buon volere da lei dimostrato avrebbe potuto per avventura vieppiù avvalorarli ed estenderli, provocando forse qualche mutamento nelle condizioni presenti del Regno d'Italia; come a dire, la restituzione di qualche provincia e forse anco l'esame di qualche nuova combinazione possibile per le provincie meridionali: ma il Principe Gortchakow non risguardava cosiffatte insinuazioni che come un espediente diplomatico, proveniente anch'esso da quel fare poco avveduto e sincero preso in oggi dalla diplomazia francese, e non guarì destinato ad essere seguito da verun effetto.

Mi corre obbligo di aggiungere al già detto che quantunque la riunione del congresso sia qua risguardata come l'eventualità meno credibile, non è tenuta per altro come impossibile del tutto. Non mancano qui ancora alte influenze le quali si esercitano sulla persona stessa dell'Imperatore per indurlo a partiti più retrivi: queste vengono specialmente dalla fazione che alcuni dicono polacca, che raccomanda la causa del Pontefice di Roma come quella che rappresenta in generale il principio di autorità politica e religiosa, sacra per qualunque Governo, ed a questa fazione appartengono i partigiani della antica politica russa informata dei pregiudizi europei della Santa Alleanza ed aliena dal principio di nazionalità. Come segno di questa opinione, che esiste pure nelle regioni officiali, della possibilità di un congresso, mi giova notarle che si discutono i nomi dei candidati alla nomina di Inviato della Russia a quella eventuale riunione. Si citano fra gli altri quelli del Signor Titoff e del Signor Stremoukow, Direttore del Dipartimento Asiatico; ma quest'ultimo avrebbe già declinato l'incarico, perché troppo avverso a qualunque concessione verso la Francia e verso Roma.

Mi viene assicurato che il Barone di Talleyrand abbia già fatto qualche pratica perché, al bisogno, a rappresentante del Governo Russo sia nominato il Principe Lebanow, già Ministro in Costantinopoli che, per le sue relazioni personali col Marchese di Moustier, stato quivi suo collega, e per la sua natura arrendevole e conciliativa, sarebbe considerato dal Gabinetto delle Tuileries come più propizio al conseguimento dei suoi fini.

642

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 874. Parigi, 2 dicembre 1867, ore 13,25 (per. ore 14,40).

Le langage de Sartiges que vous me signalez (l) est e n contradiction absolue avec le discours prononcé au sénat par le marquis de Moustier qui s'est prononcé très énergiquement pour le maintien de l'unité italienne. Veuillez me dire, si je dois appeler l'attention de Moustier sur les propos attribués à Sartiges (2). Par suite de mes plaintes à l'égard de M. Hebertte le consul général de France à Naples qui était en congé a été envoyé à son poste et il a été chargé de f·aire une enquéte sur la conduite de son vice-consul. Aussitòt qu'y aurait une réponse sur l'issue de cette affaire, je vous en informerai par le télégraphe

643

IL MINISTRO A LONDRA. D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. MENABREA

T. 875. Londra, 2 dicembre 1867, ore 16,50 (per. ore 19,15).

Stanley n'a dit ni oui ni non quant à la déportation (3) et H n'a point paru trop contraire. Il s'est réservé de donner réponse; mais il désire que le projet en tout cas soit différé après la guerre de l'Abyssinie, sinon cela ferait naitrP des complications en soulevant les naturels contre les européens. Je lui ai dit de se souvenir de la France.

644

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 493. Firenze, 2 dicembre 1867, ore 22.

Je ne crois pas utile pour le moment d'appeler l'attention du marquis de Moustier sur le langage de M. Sartiges (4). Mais H était nécessaire que vous en fussiez informé afln de connaitre les diverses phases de la question. Des contradictions semblables ont été observées dans plus d'une circonstance; c:! qui exige beaucoup de prudence de notre part.

(-4) Cfr. nn. 639 e 642.
(l) -Cfr. n. 639 (2) -Per la risposta cfr. n. 644. (3) -Cfr. n. 631.
645

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 118. Berlino, 2 dicembre 1867 (per. il 6).

Dans un de mes derniers entretiens (rapport W 113) (1), j'avais constaté l'exactitude de nos renseignements sur l'attitude du Comte de Sartiges, faisant miroiter aux yeux du Cardinal Antonelli des perspectives séduisantes, pour en obtenir un assentiment au projet de conférence.

Le télégramme de V. E., d'hier {2), contient sous ce rapport des données, sur lesquelles il m'a paru opportun d'appeler secrètement l'attention du Gouvernement Prussien. Il avait reçu, lui-méme, des informations analogues, de source, sinon certaine, du moins digne de confiance. Il n'avait pas eu toutefois des détails aussi précis relativement aux dynasties qui seraient appelées à régner dans une Italie nouvellement partagée. Aucune mention n'était faite des Princes dépossédés. On parlait vaguement d'un plan d'augmenter les possessions actuelles du Saint Siège, en lui accordant une extension de territoire vers l'ancien Royaume de Naples. D'après les mèmes informations, le Cardinal Antonelli aurait en effet répondu qu'il n'irait à la Conférence que pour réclamer les Provinces enlevées, mais il ne résulterait pas qu'il eiìt une opinio11 sur des réformes intérieures.

M. de Thile ne pouvait, comme moi, que s'étonner de cette étrange contradiction entre les déclarations récentes de l'Empereur Napoléon et du Marquis de Moustier devant le Corps Législatif français -déclarations favorables à l'unité italienne, à l'exception de Rome et de son territoire actuel -et le~ insinuations du Comte de Sartiges. Peut-ètre, dans son empressement à s'assurer du concours du Pape, l'Ambassadeur de France a-t-il dépassé ses instructions, en paraissant engager l'avenir par des paroles dont H ne resterait pas de trace. Il aura cru que l'essenbiel pour lui était d'obtenir un oui, quelque fiìt le cynisme de ses procédés.

Mais ce qui est plus grave encore, et corroborerait singulièrement la portée des insinuations faltes au Vatican, ce serait le détaH qui suit. Dans la dépèche dont le Baron de Malaret a donné lecture hier à V. E. en réponse à celle transmise le 19 Novembre au Chevalier Nigra, il serait dit que la France tient à laisser ouverte la question d'une nouvelle organisation po1itique de la Péninsule. Ce détail mérite confirmation, et je prierais V. E. de me mettre à mème de me prononcer avec connaissance de cause.

J'ai clairement laissé entendre que, dans ce cas, nous ne pourrions donner une adhésion définitive à la réunion d'une conférence. Nous ne pourrions permettre qu'on portat atteinte à notre prog,ramme national. Si le Oabinet des Tuileries avait en effet l'arrière-pensée de faire remonter le cours aux événements, en implantant chez nous une tlrade, il recontrerait en Italie une opposltlon unanime et énergique. Nous compterions d'ailleurs sur les assurances

(-2) Cfr. n. 639.

réitérées du Comte de Bismarck: point de guerre au Pape, mais si l'intégrité territoriale de l'ltalie était mise en cause, les Puissances, et nommément la Prusse, devraient aviser de leur coté.

M. de Thile, en me faisant un signe d'intelligence, a ramené la conversasation sur la conférence. Il serait question d'en venir à des négociations préliminaires, mais on ne sait point encore à qui appartient la paternité de ce projet, ni si la France le mettra sur le tapis.

En attendant, le Cabinet dé Berlin vient d'envoyer une dépeche au Gouvernement de la Hesse-Darmstadt, dans le but de relever l'irrégularité de sa conduite par son acceptation directe d'une invitation à la Conférence.

(l) -Cfr. n. 636.
646

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 873/343. Londra, 2 dicembre 1867 (per. il 6).

Quando Sabato scorso andai a vedere lord Stanley per riferirgli il telegramma ricevuto la sera prima egli mi disse che aveva tanto più piacere n!)l vedermi, che aveva una raccomandazione confidenziale da farmi:

Ed era che stessimo molto prudenti nell'accettare della conferenza, perchL da quanto gli si riferiva il modo d'agire del Governo Imperiale era molto ambiguo. Non vi era finzione che non s'usasse per persuadere ai varii Gabinetti di dare la loro adesione; a ciascuno pareva studiarsi cosa gli aggradisse per prometterlo. Senza pensare che ognuno di questi essendo al caso di fare il paragone di queste varie promesse potrebbe tosto vederne la contradizione; inoltre il non dir no facevasi comparire come un'adesione senza condizioni. Dunque egli credeva utile per noi di progredire colla massima cautela. Anzi citò, ma senza poterlo credere, che l'Imperatore avesse potuto ammettere come probabile il dividersi dell'Italia in tre parti, aumentando anche così il dominio temporale del Papa, e richiamando gli antichi Sovrani.

Però nel dirmi tutto questo egli aggiunse che naturalmente dovesse tal<> comunicazione considerarsi come riservatissima. E disse di più che siccome della sua avversione alla Conferenza egli non me ne aveva mai fatto mistero, così se alcuna potenza stava ferma nel non accettare, la cosa andrebbe a monte.

Ed egli credeva preferibile per noi un'occupazione armata estera a Roma, imposta cona forza brutale e che doveva pur finire, ad un assestamento poco nelle nostre mire, ed al quale metteressimo il nostro nome con i Gabinett; Europei.

Trasmisi di questa conversazione la parte essenziale per cifra a V. E. (l) riservandomi pel rimanente, come cosa delicata assai, di mandarlo col corriere di Gabinetto Inglese oggi. Quindi ieri sera ricevetti un altro telegramma di V. E. (2), il quale combinava in parte colle idee di partizioni indica temi

da lord Stanley; e glielo andai a dire stamane. Egli parve molto interessato di quanto gli comunicai, e mi disse che era evidente che con questo dividere l'Imperatore voleva togliere la necessità di Roma capitale, poiché fra due contendenti il Papa uscirebbe salvo. Disse che gli si riferiva che il Cardinale Antonelli andrebbe alla Conferenza per elevare quelle pretese che erano accarezzate dalla Covte Romana, e che se non era secondato prenderebbe il cappello e se n'anderebbe.

Naturalmente lord Stanley è più che mai ·convinto della non riuscita del progetto di conferenza.

(l) -T. 871 del 30 novembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 639.
647

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 304. Firenze, 3 dicembre 1867.

M. le Baron de Malaret m'a donné lecture et m'a laissé une copie d'une dépllche que M. le Marquis de Moustier lui a adressée le 27 Novembre dernier, en réponse à la communication que vous lui aviez faite relativement au projet d'une Conférence européenne. Vous trouverez ci-jointe la copie de la dite dépl!che (2).

Je dois avant tout vous prier, M. le Ministre, de saisir la première occasion qui vous sera offerte pour remercier, au nom du Gouvernement du Roi,

M. le Ministre Impérial des Affaires Etrangères, des sentiments de bienveillance qu'il a encore tout récemment exprimés envers l'Italie et dont nous prenons acte, comme aussi des réponses, pour la plupart satisfaisantes, qu'il a faites aux questions que nous avons cru devoir lui adresser avant d'assumer la grave responsabilité de prendre part à une conférence où la discussion sera appelée sur un sujet déUcat et lmportant comme l'est celui qui se rattache à la questJion de nos rapports avec le Gouvernement pontificai.

C'est avec une égale satisfaction que nous avons entendu M. le Marquis de Moustier déclarer de nouveau que la France ne pouvait ~!tre mue par aucune intention hostile envers l'unité et l'indépendance de l'Italie. Nous n'avons, il est vrai, jamais, et en aucune façon, douté des sentiments de la France à notre égard; mais après une déclaration aussi explicite, les partis qui nous sont contraires sauront à n'en pas douter, que leurs tendances et leurs prétentions à mettre en ques•tion les bases sur lesquelles repose notre drott national, ne rencontreraient ni l'appui, ni l'encouragement de la France auprès des Puissances réunies au Congrès.

Nous avons été heureux d'apprendre de M. le Marquis de Moustier que le Gouvernement Impérial était bien éloigné de considérer l'Italie et son Gouvernement comme une cause permanente d'agitation et de danger pour la paix de l'Europe.

Il croit comme nous que la Conférence ne doit avoir d'autre but que d'examlner les causes générales qui ont produit l'état de tension existant dans les rapports de l'Italie avec le Saint Siège et de rechercher les moyens d'y apporter un remède emcace.

Le Ministre Impérial des Affaires Etrangères reconnaissant en outre combien il serait utile d'établir préalablement une base pour les discussions de la Conférence, nous invite à désigner un point de départ pour les futures délibérations et l'ordre d'idées que, à notre avis, celles-ci devraient embrasser.

Disposés à seconder le Gouvernement de l'Empereur dans l'invitation qu'il nous adresse, nous nous réservons de lui faire connaltre ultérieurement les points principaux qui nous paraitront devoir amener une pacifique et satisfaisante solution de la question romaine.

Mais vous pouvez, dès à présent, donner l'assurance à M. le Marquis de Moustier que dans l'accomplissement de cette tache, nous ne prendrons pour guide que la salut de l'Italie, le respect de la réligion et la paix de l'Europe.

Vous etes autorisé, M. le Ministre, à donner lecture de cette dépeche à

M. le Marquis de Moustier et à lui en laisser copie, si il en manifeste le désir.

(l) -Ed. in LV 13, pp. 62-63, in Origines diplomatiques, vol. XIX. pp. 412-414 e in BASTGEN, vol. II, pp. 562-563. (2) -Non si pubblica.
648

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 877. Vienna, 4 dicembre 1867, ore 8 (per. ore 9,50).

Beust parle de projet de conférence préliminaire à laquelle prendraient part seulement les grandes Puissances pour chercher un programme de solution de la question romaine sans engagement liant la décision de personne. II croit le Cablnet prussien disposé à y adhérer, les invitations à la Saxe et a ... (l) étant ainsi lettre morte.

649

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. MENABREA

T. 878. Vienna, 4 dicembre 1867, ore 18,15 (per. ore 19,15;.

Kilbeck ayant fait connaitre (soit dit entre nous) au baron de Beust votre acceptatlon d'après les éclaircissements trouvés satisfaisants du Gouvernement français et l'ayant informé que V. E. et le Cabinet français négocient confidentiellement sur la solutJion à soumettre à la conférenc.e, le président du consell m'a dit souhaiter notre entente et etre pret de son còté à accueillir telle communication que nous croyons convenable sur les moyens de solution que nous nous voudrions faire accepter; objet dont il me dit ·.1e s'etre pas encore occupé, s'étant borné à suivre son goòt pérsonnel pour les conférences en général

remède aux diiDcultés internationales. Il m'a assuré n'avolr dans les présentes négociations point parlé en faveur du pouvoir temporel et savoir qu'à Paris on dément le langage attribué à M. de Sartiges. Le président du conseil est d'avis que le Gouvernement français a malfait de tant presser menacer et promettre pour faire accepter partout la conférence, qu'il fallait en cas de refus se considérer camme libre de s'entendre avec l'Italie, que l'absence du représentant du Saint Siège ne nuirait pas au succès des négociations de méme que m'a-t-il ajouté en proposant, il y a un an, la conférence sur la question d'orient, il pensait qu'on s'entendrait mieux, si on négociait sans participation de la Porte. La proposition mentionnée dans mon télégramme de ce matin (l) a été faite par M. Benedetti et signalée par Wimpfen hier.

(1) Gruppo indc,cifrato, Hesse Darmstadt?

650

IL MINISTRO A BERLINO. DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 120. Berlino, 4 dicembre 1867 (per. l'8J.

Je dois à l'obligeance d'un de mes collègues, d'avoir entendu la lecture d'un résumé de la dernière circulaire autrichienne du 19 Novembre. C'est un plaidoyer en faveur de la réunion d'une conférence sans programme. Seulement le Baron de Beust est d'avis que toutes les questions qui se rattachent à l'Italie et au Saint Siège rentrent dans la compétence des Etats invités. Je ne sais si le Chancelier a réservé l'atiaire du concordat! Mais ce qui frappe surtout dans ce document, c'est d'y lire les mèmes arguments que nous trouvons dans les dépèches du Cabinet des Tuileries et dans la bouche de ses Agents diplomatiques. Leurs désirs et leurs vues sont soutenus avec ce zèle qui caractérise l'activité politique de cet homme d'Etat. On ne saurait se jeter avec plus d'abandon dans les bras de la France. Dans cette question, le Baron de Beust s'est nouvellement fait le délégué, l'homme-lige de la France. Il a répété à cette occasion le méme ròle dont, sans plus de succès, il s'était chargé, l'automne dernier, quand il se rendit à Londres pour convertir l'Angleterre aux velléités austro-françaises relativement à l'Orient.

Cette attitude du Cabinet de Vienne n'est pas faite pour inspirer conftance à Berlin. Si le Comte de Bismarck, dans son désir bien naturel de ne pas augmenter les diiDcultés, n'en montre aucun ressentiment direct, il sait cependant très bien à quoi s'en tenir. Ainsi, quand les Chefs de Mission Prussien ont été renseignés sur le langage tenu ici par M. Benedetti pour entrainer ce Gouvernement à donner son adhésion à la Conférence, on a jugé superftu. de mander ces renseignements au Baron de Werther, puisque le Baron de Beust, le porte-voix de la France, devait déjà avoir prononcé ce mème plaidoyer.

J'ai vu hier M. de Thile. Il n'avait appris aucun fait nouveau. J'ai regretté de n'étre pas encore à méme de lui communiquer nos impressions sur la ré

ponse du Marquis de Moustier à la dépeche de V. E. du 19 Novembre. Je ne puis admettre, comme le prétendent certaines journaux, que nous nous soyons déclarés satisfaits et que, partant, nous ayons adhéré définitivement à la proposition d'une conférence, sans en donner avis au Cabinet de Berlin. Sans nous ètre concertés, nous nous rencontrions néanmoins sur quelques points non encore élucidés de la part de la France. D'un autre còté, sans le dire expressément, on semblait étayer ici ses propres répugnances sur les nòtres. Il y va donc plus que d'une simple question de bons procédés, pour nous induire à éclairer le Comte de Bismarck sur notre attitude.

En dehors du cercle gouvernemental, j'entends émettre l'opinion que les chances d'une solution actuelle de la question romaine sont nulles. II ne s'agit plus que de couvrir la retraite de la France. Ce serait trop demander à la Prusse, que de vouloir lui assigner un ròle qui revient si bien à l'Autriche. Dans ce cas, il est évident que l'Empereur Napoléon visera au maintien du status quo ante. Si ses arrière-pensées avaient en effet formé un trait d'union avec les insinuations faites au Vatican par le Comte de Sartiges, le status quo, surtout si nous parvenions à introduire quelques modifications dans le modus vivendi, ne serait, il est vrai, qu'un minimum, mais du moins il ne préjugerait pas l'avenir. Ce serait un relais sur notre route. Il nous resterait le bénéfice du temps et des circonstances, jusqu'au moment où nous réussirions enfin à délivrer le territoire romain d'une protection étrangère. C'est celle-ci qui irrite au plus haut degré la question, et empeche tout accord direct entre nous et la Papauté.

A propos des insinuations du Comte de Sartiges, j'ai su par M. de Thile, que, d'après les données reçues ici, ce n'était pas vers, mais dans, l'ancien Royaume de Naples qu'il s'agissait d'agrandir les Etats du Saint Siège (rapport N° 118) (1).

(l) Cfr. n. 648.

651

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 10. Pietroburgo, 4 dicembre 1867 (per. il 10).

Conferii ieri mattina col Cancelliere dell'Impero, come già ebbi l'onore di fare noto all'E. V. col mio telegramma di ieri (2). Il Principe Gortchakow si compiacque di darmi lettura del rapporto con cui rendeva conto all'Imperatore della conversazione avuta il giorno precedente coll'Ambasciatore di Francia, il quale era venuto a comunicargli una nuova Nota del Marchese di Moustier relativa alla conferenza. In questo documento, del quale il Barone di Talleyrand non lesse al Principe se non una parte, dopo alcune frasi benevole per la Russia, il Ministro francese riconosce che le osservazioni fatte da varie potenze, ed in ispecie dall'Inghilterra, sulla necessità cioè di conoscere quale deve essere il programma della riunione, sono in parte giuste; ed amne di mostrare quali sono gli intendimenti della Francia dichiara che quanto ad

essa si chiamerebbe contenta delle stipulazioni contenute nella convenzione del 15 Settembre 1864, aggiungendo però che non è assolutamente contraria ad una modificazione di questo patto, senza indicare in qual senso tale modificazione potrebbe o dovrebbe farsi. Il Marchese di Moustier continua dicendo, che secondo il Gabinetto della Tuileries la conferenza dovrebbe riunirsi tosto per prendere conoscenza delle proposizioni che tanto il Governo del Re, quanto la Santa Sede crederanno dover formolare, e cercare quindi di trovare una soluzione che metta d'accordo queste due potenze. Il Principe Gortchakow replicò al Barone di Talleyrand che la Russia voleva prendere parte solo ad una conferenza la quale promettesse di giungere ad un risultato serio e pratico, ora se il convegno avesse luogo nelle condizioni a cui alludeva il Ministro deglri Esteri di Francia, le probabilità di riuscita gli parevano per lo meno scarse, visto il divario enorme che corre fra le idee emesse dall'E. V. e quelle del Cardinale Antonelli; a senso suo gli sembrava miglior consiglio che si cercasse prima a Parigi fra il Marchese di Moustier ed i rappresentanti delle principali Potenze di vedere se vi fosse speranza che una conferenza potesse giungere ad un risultamento pratico, e che potesse essere accettato tanto a Firenze che a Roma, e quando si fosse riscontrato, dietro esame delle proposte dell'Italia, e della Corte di Roma, essere ciò possibile, allora la conferenza potrebbe essere riunita per divenire all'accordo definitivo; di questa proposta, diceva il Principe, è autore il Conte di Bismarck, ma la Russia la trova migliore di quella fatta dalla Francia, ed è pronta ad appoggiarla se la Prussia la formolerà omcialmente, giacché così si eviterebbe il poco dignitoso spettacolo di una riunione di quasi tutti i Governi d'Europa la quale probabilmente o si scioglierebbe senza aver nulla concluso, o vedrete le sue decisioni tenute in nessun conto. Il Barone di Talleyrand promise di rendere di ciò edotto il suo Governo, e quindi di farne conoscere la decisione.

Ringraziai il Cancelliere dell'Impero della comunicazione che mi aveva fatto e gli chiesi se credesse che la contro proposizione fatta all'Inviato di Francia avrebbe trovato buona accoglienza a Parigi, e se in tal caso fosse suo avviso che si sarebbe giunti ad accomodare le cose in modo da rendere possibile la riunione della conferenza. «Credo poco la prima cosa, mi rispose, ma quanto alla seconda non la credo affatto possibile poiché le parole dette ultimamente dal Cardinale Antonelli al Conte di Sartiges, il quale, per indurlo ad accettare il convegno, gli parlava un linguaggio che pure doveva riuscire grato alle orecchie del Segretario di Stato, sono tali da non lasciare verun dubbio sulle idee del Governo Pontificio, e credo che non sarà altro che un modo decente di seppell:ire la conferenza, alla quale del resto io non ho mai creduto».

A schiarimento di quanto mi aveva detto sulle idee della Corte Pontificia mi dava poi lettura di un telegramma nel quale si riferiva il colloquio del Cardinale Antonelli col Conte di Sartiges in termini affatto identici a quelli coi quali l'E. V. me ne istruiva nel telegramma del l o Dicembre (1), e che a quel momento non conoscevo non avendolo potuto scifrare che sul secondo esemplare giuntomi soltanto ieri sera.

Seppi d'altra parte che l'Ambasciatore di Francia, prima di dare comunicazione al Cancelliere della Nota che aveva ricevuto da Parigi, riteneva che

il contenuto di essa sarebbe riuscito a vincere ogni resistenza del Governo Russo, e considerava l'adesione del Gabinetto di Pietroburgo come cosa sicura; è forse per non convenire di essersi in gran parte ingannato che dopo la udienza avuta dal Principe Gortchakow, cerca di far credere che l'accoglienza fatta alle idee del Marchese di Moustier fu piuttosto benevola, mentre, se male non mi appongo, mi pare che la più esatta interpretazione la quale si possa dare alle parole del Principe sia, che esse confermano nuovamente l'intenzione del Governo dello Tzar di non andare ad una conferenza, senza essere quasi certo che essa arrivi a concludere qualche cosa di serio, né certo tale era il risultato a cui si voleva giungere a Parigi, ove molto si desidera che la Russia intervenga alla Conferenza.

(l) -Cfr. n. 645. (2) -Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 639.

652

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANNESSO CIFRATO ( 1). Belgrado, 4 dicembre 1867 (per. il 12).

Je suis désolé d'avoir encouru la désapprobation de V. E. (annesso cifrato al Dispaccio N. 15 Politica) (l) pour avoir remis la lettre à Orescovitch, ceci me servira pour l'avenir. Cependant je me permettrait de rappeler respecteusement à V. E. qu'avant de la lui remettre j'en avais demandé par le télégraphe l'autorisation et n'ayant reçu aucune réponse de V. E. j'ai cru que la chose lui était tout à fait indifférente. C'est sous cette persuasion que j'ai donné la lettre.

Je ne crois pas d'avoir dit dans mes dépeches que la Serbie s'appuie sur le parti d'action, car une pareille chose ne serait pas tout-à-fait exacte. Le mouvement Jugo-Slave s'appuyera au Gouvernement Serbe et celui-ci se servira du parti action, c'est-à-dire d'Orescovitch pour allumer le feu de la révolution en Bosnie, en Herzégovine, en Bulgarie etc. tout cela se fera secrétement. Ostensiblement le Gouvernement Serbe restera étranger au mouvement jusqu'à ce que celui ci n'aura acquis des proportions vraiment sérieuses, c'està-dire lorsque la révolution aura gagné la Bosnie, l'Herzégovine, la vieille Serbie, la Bulgarie, et que tout le peuple, l'élément Serbe-musulman compris, aura pris les armes contre les Tures. Lorsque la révolution sera générale, alors seulement la Serbie jetera son masque et ou elle interviendra comme médiatrice entre ses frères Slaves et les Tures, ou elle prendra f·ait et cause pour les premiers.

Voilà, Excellence, le plan que d'après ce que j'ai pu comprendre suivra la Serbie, car elle n'a pas oublié l'histoire de la nouvelle Italie et elle se prépare à la suivre de point en point. Orescovitch sera le Garibaldi des Jugo-Slaves, le Gouvernement Serbe sera le Gouvernement du Piémont Slave. Le petit Cavour Slave est tombé mais il n'est pas mort. Si la victoire se placera du còté

de la nationalité Slave le parti d'action ne trouvera pas après la lutte les franchises constitutionnelles à l'abri des provocateurs; il pourra troubler le pays et le Gouvernement. Ici on est encore, dans le fait, en plein absolutisme.

Or si la Serbie interviendra entre les peuples des provinces Turco-Slaves, ce sera pour obtenir au moins le Gouvernement de la Bosnie et de l'Herzégovine et faire octroyer aux chrétiens des autres Provinces Turco-Slaves des franchises. Si elle ne réussira pas dans ses pratiques elle fera ouvertement cause commune avec les peuples insurgés. Dans ce cas si la victoire sera favorable aux chrétiens, la réalisation des rèves du Prince Miche! et de la nation Serbe pourraient se réaliser un moment plus tòt. Le Royaume Jugo-Slave surgira à l'aide des Puissances amies de la Serbie de ce combat à outrance entre Tures et chrétiens. les Tures maitres et les chrétiens sujets. Les Serbes ont une grande confiance, mème trop, dans leurs forces et dans leurs armements.

Orescovitch d'accord avec les agents de Bismarck désire que dans les bandes qui, probablement sous san comandement, envahiront les provinces Turco-Slaves soient représentées tous les pays, moins la Russie, non pas aver des forces imposantes, ma,is avec quelques centaines d'hommes. C'est de cette manière qui sera représenté l'élément italien, prussien, croate, etc. dans cette guerre, dans cette question d'Orient si redoutée.

Orescovitch, je l'ai déjà dit, représente le parti national croate qui désire sur les rives de la Save et du Danube un Etat Serbe ou Jugo-Slave, qui est la mème chose, le plus fort possible pour qu'il puisse aider la CroatiP. :orsque le moment viendra à se détacher de l'Hongrie et s'unir à lui. Orescovitch joue dane le ròle de chef du parti d'action, mais Orescovitch n'est pas républicain, il n'est qu'un patriote, mais un peu ambitieux et capable, si Bismarck lui en fournissait les moyens, de forcer la main à la Serbie en allant contre la volonté du Gouvernement Serbe au moment plus tòt à soulever les provinces SlavesTurques.

Voilé, Excellence, jusqu'à quel point la Serbie s'appuie sur le parti d'action; elle compte sur lui pour donner l'élan au mouvement, pour le reste elle compte surtout sur le patriotisme des populations Slaves de la Turquie et des frontières militaires, sur elle mème. Puisse-t-elle ne pas se tromper! Dans ce moment il me parait que c'est la Prusse, plutòt que la Serbie, qui a l'air de chercher l'appui de notre parti d'action. C'est la Prusse qui a envoyé Cooper à s'entendre au nom de Bismarck avec Orescovitch. C'est à la suite de l'arrivée de Cooper que Orescovitch s'est décidé à se diriger à notre parti d'action et il lui a expédié l'Agent mème de Bismarck. Il est dane évident que le conseil de s'entendre avec notre parti d'action est venu à Orescovitch de la part de Bismarck. D'autre part on voit le Consul Prussien eft'ecter d'ignorer les pratiques entre Cooper et Orescovitch, tandis qu'il me conste, quoique Orescovitch le nie, que ces pratiques sont connues et appréciées par le Consul.

C'est le Consul Prussien qui est chargé par M. Bismarck de renouer les pratiques pour une entente entre la Prusse et la Serbie; pratiques qui avaient été abandonnées l'année passée après la batame de Sadowa. Le Consul Prussien qui a été appelé à Berlin par une dépèche télégraphique (au Consulat Prussien on tàche toujours de l'occulter) il n'est pas encore arrivé.

Maintenant il reste à savoir quels peuvent etre les desseins de la Prusse dans ce pays. Je l'ai déjà dit dans mes rapports ce que je pense à ce sujet, et mon opinion se résume e n ceci:

Ou que l'Aut11iche en voyant la Bosnie menacée de tomber au pouvoir de la Serbie interviendra ou n'interviendra pas. Si elle intervenait la Prusse d'accord avec la Russie aurait une raison pour lui faire la guerre. Si l'Autriche n'intervenait pas, la Prusse aurait réussi tout de meme dans ses desseins; dans l'Etat Slave qui se formerait probablement au nord du Danube, de la Save jusqu'à l'Albanie, et dans la Oroatie la Prusse aura.it des alliés sùrs contre l' Autriche.

(l) Cfr. n. 619.

653

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENAHREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 494. Firenze, 5 dicembre 1867, ore 22.

*Le Roi a signé aujourd'hui un décret d'amnistie en faveur des indiv~dus coupables d'avoir envahi le territoire pontificai*. Cette mesure était nécessaire pour éviter de graves complications dans un procès qui tendait à prendre def' proportions embarrassantes. *Cette mesure contribuera à ramener le calme dans le pays sans qu'il en résulte aucun danger pour la sécurité publique. Le premier à en profiter sera naturellement Garibaldi'~ (l) qui, du reste, en sa qualité de député, n'aurait pas tardé à etre déclaré libre par la Chambre.

654

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 580. Parigi, 5 dicembre 1867 (per. il 6).

Nel Corpo legislativo egli è pure il Marchese di Moustier che risponde ai discorsi sulla questione romana e difende la politica del Governo imperiale.

Il discorso stato pronunciato dal Signor GiuUo Favre (2) attira anzitutto l'attenzione del Ministro imperiale che protesta contro l'accusa d'incoerenza mossa alla politica imperiale nella questione italiana. Allontanare gli Austriaci, rendere all'Italia la sua libertà e la sua indipendenza, guarentire gli interessi della religione cattolica e cercare questa guarentigia nella riconciliazione dell'Italia col Papato, tale è secondo il Marchese di Moustier il programma invariabile che il Governo imperiale sino dalla prima ora s'era tracciato e che per una metà fu già eseguito. Il desiderio di vedersi compiere l'altra metà, e non

impotente rassegnazione, come disse il Signor Favre, ispirò la Convenzione di settembre. Il Marchese di Moustier cerca a provare la possibilità di una riconciliazione ed esprime la fiducia che il Papato, se anche protestando, s'incarnerà nel mondo moderno come già successivamente s'incarnò nel mondo romano, nel mondo barbaro, in quello del 17° secolo. Il Ministro percorre le fasi dell::l questione dopo la firma della Convenzione, e ripete anche qui le recriminazioni contro la cessata amministrazione italiana, per la sua condotta durante l'ultima di queste fasi. A questo punto S. E. sembra rinnegare la moderazione di linguaggio di cui aveva dato prova nel Senato, e la proposta statagli fatta nel tempo d'una occupazione italiana di Roma gli fa dire che si convitava la Francia non soltanto a far la parte del minchione ( « dupe ») ma a fare anche quell9 del traditore. «Respingemmo, egli dice, con indignazione questa complicità offerta con una specie di bonarietà, che ne raddoppiava l'affronto».

Devo far notare all'E. V. che in questa parte del discorso del Ministro imperiale il sunto analitico comunicato ai giornali si scosta tanto dal testo del Moniteur che ne risulterebbe una grave confusione di fatti per chi non consultasse che il primo. Secondo il sunto, il Marchese di Moustier affermerebbe che gli fu proposta dal Governo italiano l'occupazione comune di Roma, mentrecché il testo constata come non gli sia stato tenuto parola che dell'occupazione del territorio romano dalle truppe italiane.

Tali proposte ed il timore d'insufficienza di buona volontà o di forza neJ Governo italiano avrebbero fatta decidere la spedizione.

Più deferente verso il nuovo Ministero italiano, il Marchese di Moustier augura buon esito a' suoi sforzi per ristabilire, coll'ordine interno, le amichevoli relazioni tra l'Italia e la Francia e gli tributa l'espressione di sincere simpatie.

Qui, come nel Senato, il Ministro imperiale esclude la possibilità di una occupazione francese permanente in Roma, la quale non è una soluzione. Dalle sue parole trasparirebbe forse minor fiducia di quella mostrata nel Senato sulla riunione della Conferenza. Ma egli stima di poter dire sino da ora che se la Conferenza si riunisse la Francia esaminerebbe tosto le condizioni di sicurezza della Santa Sede in quel momento per far cessare il fatto anormale dell'occupazione. « Se, al contrario, la Conferenza non si riunisse, egli dice, noi ricadremmo sotto il regime della Convenzione di settembre e chiederemmo all'Italia di darci assicurazioni d'una portata maggiore (d'une nature plus forte) delle precedenti per guarentirne l'esecuzione.

Al Marchese di Moustier succede sulla tribuna il Signor Thiers. Come era a prevedersi, l'illustre oratore dell'opposizione fa una nuova crociata in favore della dottrina dell'equilibrio europeo quale fu stabilito da·i trattati del 1815, ed è per lui un nuovo argomento in difesa della sua prediletta tesi qualunque fatto che abbia generati o sia di natura a generare difficoltà ed imbarazzi in Europa, fatto di cui fa invariabilmente rimontare la causa alla violazione di quell'equilibr,io. Ciò lo conduce al soHto stor,ico della formazione d'Italia ed ai vieti rimproveri contro il Governo imperiale che col contribuire a questa contribuì pure alla formazione della formidabile unità germanica.

Più che altri, l'onorevole Thiers va annoverato tra coloro che difendono il Potere temporale e l'appoggio prestatogli dal Governo dell'Imperatore nell'intima fiducia nulla di essere fatto di durevole in Italia finché qualche cosa vi

rimanga da fare. Ma l'appoggio dato finora al Papa non gli basta, ed egli pure vuole dichiarazioni e fatti più espliciti. Facendo grazia questa volta all'Italia, colle parole, dell'unità ottenuta, egli ne divide i politici in pazzi ed in abili, i primi de' quali non vogliono ad alcun patto soffrire la presenza dei Francesi ? Roma, mentre gli altri consigliano di divorar l'affronto, d'armare e d'attendere le circostanze che dieno all'Italia degli alleati, fossero questi pure gli Austriaci. «Dunque, dic'egli, se colla politica dell'equivoco guadagnate tempo, questo tempo serve non 1a voi, ma all'Italia. 8iate chiari e dite agl'Italiani: "In nessun caso io v'abbandonerò Roma".

O l'Italia tonerebbe questa dichiarazione e rispetterebbe il Papa ella si precipeterebbe sulla spada della Francia, ed allora l'unità italiana non sarebbe distrutta dalla Francia; essa si sarebbe trafitta gettandosi da sé sul ferro francese».

(l) -I brani fra asterischi furono trasmessi in pari data anche a Berlino, Londra, Pietroburga e Vienna con t. 495. (2) -Nigra aveva riferito con r. 577 del 3 dicembre sulla seduta del 2 dicembre del Capolegislativo dedicata allr. discussione delle interpellanze sulla politica estera e sul discorso pronunziato in quell'occasione da Favrc.
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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 582. Parigi, 6 dicembre 1867 (per. l'B).

Un discorso del Barone Girolamo David servì nella tornata di jeri di preambolo ad una nuova dichiarazione del Governo, presentata questa volta da S. E. il Ministro di Stato che non aveva ancora preso parte alla sì lunga ed effervescente discussione sui fatti di Roma.

Il Barone David, membro della maggioranza, trova allusioni troppo benevole all'Italia anche nelle spiegazioni date dal Ministro imperiale degli affari esteri, e tenta di combatterle. Egli non è partigiano dell'unità italiana, e sono sei anni che lo dice; ma non reputa che la Francia abbia il diritto di porre ostacolo a quest'unità e alla sua consolidazione purché la Francia non debba concorrervi e che i trattati sieno rispettati. Che Roma non è necessaria all'Italia, che l'Italia è il quartier generale della rivoluzione europea, che l'Italia fu ingrata, su tali considerazioni si aggira con predilezione la parola dell'oratore. Egli accusa il Governo italiano d'aver scelto per rompere gl'impegni presi colla Francia il momento in cui supponevasi questa in disaccordo colla Prussia e militarmente non preparata: quest'atteggiamento dell'Italia dà dunque diritto al Governo francese di dubitare della parola italiana e dei progetti italiani in caso di complicazione europea. Quindi si deve rimanere a Roma finché la situazione interna della Penisola non offra serie guarentigie, finché un cambiamento radicale non s'operi nella condotta e negli atti del Governo italiano non solo, ma anche delle popolazioni. Definendo queste frasi meglio dei suoi preopinanti che le avevano pure pronunciate sulla tribuna, il Barone David non esita a chiedere che un voto solenne del Parlamento italiano dia alla Francia la certezza che dopo la partenza de' soldati francesi dal territorio romano, gl'Italiani non si getteranno su Roma. Gli ultimi avvenimenti gli fanno fede che le popolazioni romane paventano, anziché desiderarla, l'annessione ad un paese in cui non vedono che esorbitanti imposte, miseria, rovina e le agitazioni della piazza P

39 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

che prefer,iscono inchinarsi davanti alla grande immagine del Papato piuttosto che dinanzi a quel «bizzarro generale che si tiene al guinzaglio per !asciarlo correre quando s'abbia bisogno d'agitazioni periodiche». Il Barone David, augurando meglio, ringrazia intanto per la spedizione che chiama una spedizione fatta contro i rivoluzionari di dentro e di fuori.

Il successivo discorso di S. E. il Signor Rouher costituisce il punto culminante dei dibattimenti sulle interpellanze relative a Roma. Il Signor Rouhe,. si è principalmente preoccupato della richiesta fatta con vigore ed unanimità dagli oratori d'ogni partito che il Governo imperiale definisca con precisione la sua politica, e le sue dichiarazioni sono tanto esplicite quanto potevano bramarlo i più caldi difensori della Santa Sede che il Ministro di Stato sembra aver voluto rassicurare sopra tutti.

S. E. dà una larga parte nel suo riassunto storico all'opera del Generale Garibaldi, e tutta la prima parte del suo discorso è consacrata all'intento di dimostrare quanto all'infuori, il Generale ed il suo partito, si trovino da tutti i principii sociali e religiosi su' quali fondansi gli Stati odierni. Questa dimostrazione accresce quindi gravità all'accusa che egli ripete contro il R. Governo d'essersi fatto quasi il complice d'un partito simile.

La complicità, secondo il Signor Rouher, daterebbe dal 21 settembre, e più che dalle personali tendenze del Presidente del Consiglio dei Ministri italiano d'allora sarebbe nata dalla condiscendenza messa nelle relazioni colla sinistra parlamentare, la quale finì col trascinare chi sino dalla prima ora non seppe affrontarla. Gli avvertimenti non sarebbero tuttavia mancati all'Italia; le proteste del Governo imperiale sarebbero state formali ed esplicite; ed il Governo italiano avrebbe avuto torto di regolare la sua condotta, non secondo questi avvertimenti, ma secondo la voce ed i consigli della stampa francese d'opposizione che rappresentava il paese come contrario ad un nuovo intervento.

Il Ministro rifà lo storico della costituzione unitaria d'Italia per rispondere allo storico dato dal Signor Thiers, e tornando poi alla questione ardente egli giustifica la spedizione del 1867 dal punto di vista del diritto pubblico, della convenzione di settembre e dei grandi interessi europei. Violento alla sua volta egli provoca la clamorosa adesione della Camera chiedendo se non si dovesse intervenire a favore del derubato contro il ladro. Della Convenzione di settembre dice espressamente che essa cancellò il voto del Parlamento italiano del 1861, e refuta poi le prove messe innanzi dal Signor Giulio Favre che la sosteneva violata per fatto del Governo imperiale medesimo.

Dopo lunghe digressioni che lo conducono in Danimarca ed al Messico, il Ministro imperiale ricapitola le tre domande poste al Governo circa la durata della nuova occupazione del territorio pontificio, circa la condotta della Francia qualora la Conferenza si riunisca, e circa la sua condotta nel caso contrario, e risponde ripetendo sulle prime la frase del Marchese di Moustier, che cioè le truppe rimarranno a Roma finché l'Italia abbia dato guarentigie serie per la sicurezza del Papa, senza definir la natura di queste guarentigie. Circa la conferenza egli risponde evasivamente, chiedendo che la Camera non sia più esigente nel domandare un programma che le Potenze convitate. Si fa poi un grande movimento nella Camera e scoppiano lunghi applausi allorquando l'oratore dice: «Havvi un dilemma. Il Papa ha bisogno di Roma per la sua indipendenza; l'Italia aspira a Roma ch'ella considera come un bisogno imperioso della sua unità. Ebbene, lo dichiariamo in nome del Governo francese, l'Italia non s'impossesserà di Roma. No, giammai la Francia non sopporterà questa violenza fatta al suo onore ed alla cattolicità. Essa domanda l'energica applicazione della Convenzione del 15 settembre, e se questa convenzione non trova nell'avvenire 1a sua efficacia, essa V!i. suppUrà da sé». Le ulteriori spiegazioni del Ministro imperiale non sono che un'ampliazione di questa tesi. Cosi egli proclama che se in appresso l'Italia marciasse di nuovo su Roma, ella di nuovo incontrerebbe la Francia sulla sua strada; e quando, dopo chiuso il suo discorso, alcuni deputati lo interrogano sul vero significato della parola Roma nelle precedenti sue dichiarazioni, egli monta di nuovo sulla tribuna per dire che nominando la capitale, egli intese designare tutto lo Stato pontificio attuale, nella sua integrità.

Impallidiscono dopo parole sì solenni quelle aggiunte dal signor Giulio Favre il quale predice alla Camera ch'essa voterà un ordine del giorno in segno di fiducia che avrà la stessa sorte come quem votati sugli ,affari del Messico e di Germania, e quelle dette poi dal signor Chesnelong e dal Capo del partito legittimista, signor Berryer, i quali si confondono nell'espressione del loro contento.

656

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 883. Parigi, 7 dicembre 1867, ore 0,30 (per. ore 10,55).

Rouher dans la séance de la chambre d'hier s'est prononcé pour le maintien absolu du pouvoir temporel dans ses limites actuelles (l). Je recevrai probablement demain votre dépeche (2), signalée par télégraphie privée; mais en présence de la déclaration de Rouher avant de donner communication de la dépeche, j'attends vos instructions après que vous aurez lu le texte du discours du ministre d'état (3).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (4)

T. 499. Firenze, 7 dicembre 1867, ore 12,35.

Le discours de M. Rouher dont je ne puis encore juger que d'après le télégramme Stefani me semble changer entièrement la situation, puisque le ministre de l'Empereur déclare exJ.ger de nous de nouvelles garantLes pour le main

(-4) Ed. in tedesco in BASTGEN, vol. II. p. 563.

tien de la convention de septemb~e 1864, sans rien dire de ce que devrait fad.re le Gouvernement pontificai pour nous la rendre moins onéreuse. La question de la Conférence peut paraitre résolue négativement par le fait meme de ce discours. On ne nous accusera pas d'en avod.r été la cause, car nous nous y sommes pretés autant que le permettaient les devoirs que nous avons à remplir envers le pays. Avant donc que le Ministère prenne aucune détermination, je vous prie de savoir me dire au juste quelles sont Ies intentions réelles du Gouvernement français qui nous parait, d'après le discours de M. Rouher, prendre à notre égard une position bien différente de celle qu'il avait précédemment.

(l) -Cfr. n. 655. (2) -Cfr. n. 647. (3) -Menabrea rispose con t. 498, pari data, ore 11: «La dépeche du 3 peut etre communtquéé au Gouvernement françals sans lnconvénlents ».
658

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, E A VIENNA, BLANC

T. 500. Firenze, 7 dicembre 1867, ore 13.

Veuillez me faire connaitre l'impression que le dernier discours de M. Rouher sur la question romaine a produit sur le Cabinet de Londres ( Pétersbourg, Berlin, Vienne) (1).

659

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 887. Londra, 7 dicembre 1867, ore 21,10 (per. ore 23,55).

Lord Stanley vient de me dire qu'il est clair que dorénavant le Gouvernement français devra arborer uniquement le drapeau du pouvoir temporel. Stanley n'a point modifié ses opinions et parait croire nous en avoir assez dit pour n'avoir rien à ajouter et il est peu disposé à assumer la responsabilité de quelconque conseil; pourtant il pense qu'en tous les cas nous ne pouvons mieux faire que de continuer à affirmer nos vues sur Rome, quittes à ce que rencontrant assertlions françaises ,en sens contraire conférence reste sans résultat (2).

Gli chiesi se avesse saputo qualcosa di sedute preliminari a Parigi. Disse difatti averne sentito qualcosa. Domandai se l'Inghilterra vi prenderebbe parte. Rispose che siccome queste sarebbero appunto in vista di stahilile un programma non avevasi ragione di non Intervenire a.

(l) -Per le risposte cfr. nn. 659, 666, 667, 668. (2) -SI pubblica qui un brano del r. conlidenziale 882/350 del 9 dicembre In cui Azeglioriferì con maggiori dettagli il gua colloquio con Stanley: «Ragionando sul subito cambiamento manifestatosl tra l due discorsi di Moustier e soprattutto sul linguaggio del Rouher si parlòdella versione datami dall'Ambasciatore di Francia che cioè M. Thiers e quella frazione volessero se non si parlava chiaro del Papa, proporre una qualche risoluzione violenta, che avrebbe legatooltremodo il Governo e fatto un male maggiore come era sicura di passare, egli disse che anche ammettendo fosse cosi, amme~tendo questa pressione esercitata sui Ministri, s1a che avessero parlato per convinzicne o per necessità, il fatto rimaneva lo stesso; cioé il programma del potere temporale.
660

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 584. Parigi, 7 dicembre 1867 (per. il 13).

*Ho ricevuto oggi il dispaccio di serie politica n. 304 che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi in data del 3 corrente (l) in risposta alla comunicazione fattale dal Barone di Malaret del dispaccio del Marchese di Moustier del 27 novembre scorso. Mi feci premura di recarmi oggi stesso al Ministero Imperiale degli Affari Esteri dove diedi lettura al Marchese di Moustier del dispaccio dell'E. V. In seguito al desiderio manifestatomi, gli lasciai pure una copia del dispaccio stesso. S. E. il Marchese di Moustier m'incaricò di ringraziare l'E. V. di questa comunicazione che egli mi parve accogliere con soddisfazione.

Dopo questa comunicazione, chiamai l'attenzione del Ministro Imperiale degli Affari Esteri sul discorso pronunziato dal signor Rouher nella seduta del corpo legislativo di ieri l'altro, discorso destinato a fare una profonda impressione in Italia; dissi al Marchese di Moustier che il Governo del Re non aveva ancora sotto gli occhi il testo di questo discorso, ma che già il solo riassunto telegrafico di esso lo spingeva a domandare quale ne fosse il significato e la portata. Sembra al Governo del Re, diss'io, che le dichiarazioni del Signor Rouher hanno un carattere così perentorio e così imperioso, e le considerazioni da esso esposte sono improntate d'uno spirito talmente assoluto, talmente crudo, così poco benevolo all'Italia, e che il tuono intiero del discorso è così diverso da quello che caratterizza il discorso pronunziato al Senato dallo stesso Marchese di Moustier, che veramente la questione della Conferenza può dirsi risolta negativamente pel fatto stesso dì un tal discorso. E domandad quindi al Marchese di Moustìer la spiegazione di due punti principali del discorso del Ministro di Stato, cioè 1° qual significato avesse la dichiarazione che mai l'Italia potrebbe impossessarsi degli Stati Pontificii, 2° di quali guarentigie il Ministro di Stato aveva inteso parlare pel mantenimento della Convenzione del 15 settembre, mentre esso nulla aveva detto di ciò che il Governo Pontificio dovrebbe fare per rendere la Convenzione stessa meno onerosa all'Italia.

Il Marchese di Moustier mi rispose che non si poteva affermare che il discorso del Ministro di Stato avesse mutato la situazione; che esso l'aveva solamente accentuata di più in presenza dell'attitudine risoluta e quasi imperiosa della maggioranza del Corpo Legislativo. che la dichiarazione del Signor Rouher doveva intendersi in questo senso, cioè che la Francia si sarebbe opposta a che l'Italia s'impadronisse colla forza degli Stati del Papa nei loro limiti attuali; che questa dichiarazione era conforme a quelle precedentemente fatte dal Governo Francese, delle quali la recente spedizione era stata la sanzione necessaria. Quanto alle guarentigie per l'osservanza della Convenzione del 15 settembre, delle quali parlò il Signor Rouher come d'una condizione al richiamo delle truppe francesi dall'Italia, il Marchese di Moustier mi confermò quanto egli m'aveva già detto altre volte in proposito, cioè che il Governo Francese desidera

sinceramente di poter richiamare le truppe spedizionarie al più presto, ma che non potrà farlo prima che la sicurezza sia ristabilita in Italia; che per sicurezza si deve intendere un complesso tale di fatti, una situazione tale, da far rinascere negli spiriti in Francia quella fiducia nell'osservanza dei presi impegni, che gli ultimi avvenimenti avevano fortemente scosso, se non distrutto; che sarebbe quindi impossibile il fissare fin d'ora un'epoca precisa al richiamo delle truppe; che la riunione della Conferenza sarebbe stato, non il solo, ma uno dei principali elementi di questa sicurezza, la quale avrebbe permesso il richiamo del Corpo spedizionario; il Marchese di Moustier conchiuse che egli pensava e sperava che il discorso del Signor Rouher non sarebbe stato considerato come un ostacolo alla riunione della Conferenza. Espongo fedelmente all'E. V. queste considerazioni e queste spiegazioni del Marchese di Moustier, !asciandola giudice delle conclus,ioni che se ne deve tirare. A me pare evddente che il discorso del Signor Rouher, comunque attenuato dalle spiegazioni del Ministro Imperiale degli Affari Esteri, avrà per effetto di scoraggiare le Potenze che si mostravano più o meno esitanti, o più o meno disposte all'accettazione della Conferenza* (1). Mi pare d'altro lato evidente che il naufrogrLo della Conferenza l'itarderà indefinitamente il richiamo delle truppe francesi da Civitavecchia. Il discorso del Signor Rouher allarga l'abisso che si frappone tra l'Italia e la Francia per un accordo sulla questione Romana, abisso che gli uomini moderati dei due paesi tentano da lungo tempo di colmare poco a poco, e che la fatalità degli eventi e l'insania dei partiti estremi vengono costantemente a sca

vare più profondo.

L'impressione prodotta in Francia dal discorso del Ministro di Stato è diversa, e diversamente apprezzata. Il partito liberale in Parigi, e credo anche nelle altre grandi città della Francia, considera il discorso come un passo deciso fatto dal Governo Imperiale nella via della reazione. Esso condanna vivamente il linguaggio tenuto dal Signor Rouher. Il partito clericale se ne mostra invece soddisfatto benché non celi il desiderio che il Governo dell'Imperatore faccia altri e più risoluti passi nella medesima direzione. La popolazione delle campagne pare che si mostri anch'essa soddisfatta dell'attitudine del Governo Imperiale. Questo almeno si può dedurre dalla condotta tenuta dai deputati i quali tutti, all'eccezione di soli 17, votarono per il Governo in questa circostanza. L'attitudine della Camera fu in questa seduta caratterizzata da una vivacità veramente straordinaria. La maggioranza, condotta questa volta dal signor Thiers e dal signor Berryer, fu violenta, inflessibile, imperiosa. Se si pensa che questa condotta fu tenuta alla vigilia delle elezioni generali, uopo è conchiudere che la maggioranza conta d'aver l'appoggio delle popolazioni delle campagne.

In tale stato di cose, nulla rimane a noi, credo, se non che di aspettare, in una attitudine degna, ferma, ma non ostile alla Francia che l'Imperatore e il suo Governo veggano in quale perniciosa via la vittoria troppo facilmente concessa al partito clericale tenda a strascinarla, e se ne ritirino a tempo.

(l) Cfr. n. 647.

(l) II brano fra asterischi é edito In tedesco in BASTGEN, vol. II, pp. 563-565.

661

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA.

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 501. Firenze, 8 dicembre 1867, ore 13,30

Je dois vous prévenir qu'il s'agit de réunir à Paris une conférence préliminaire des seules grandes puissances pour y traiter les bases de la solution de la question de Rome. On ne sait pas encore d'une manière certaine si Rome et l'Italie y seront appelées. Le bruit que dans quelques régions du Gouvernement français il s'agit encore d'une division de l'Italie persiste toujours. Toutes ces informations nous parviennent de diverses sources. Vous etes à meme de savoir ce qu'il peut y avoir de vrai. Le fait est que le langage de la diplomatie française n'est pas partout identique (l).

662

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERl, MENABREA

T. 889. Parigi, 8 dicembre 1867, ore 16,30 (per. ore 18,50).

Vous Urez ce soir le texte du discours de Rouher. En présence de ce discours la conduite que nous avons à tenir do!i.t etre celle d'une réserve digne et ferme, mais non hostile envers la France. Il faut attendre: je crois que l'Empereur, effrayé des conséquences des concessions que son Gouvernement a faites au parti clérical, à M. Thiers et à Berryer, revienne, selon ses habitudes, à d'autres idées et à une autre attitude. Je pense qu'il serait habile de notre part de nous abstenir dans nos discussions d'engager son amour propre dans une voie contraire à nos idées.

663

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 502. Firenze, 8 dicembre 1867, ore 17,40.

Je vous remercie des explications du marquis de Moustier sur le discours de M. Rouher (2). Hier je n'ai pas relevé le passage de ce discours où U est question du Roi, car il est tellement grave, que je dois attendre le texte oflloiel pour exprimer la pensée du M1nistère à cet égard (3). C'est pourquoi j'ai cru opportun de ne pas en parler auparavant au marquis de Moustier.

(-3) Cfr. n. 669.
(l) -In BASTGEN, vol. li, p. 565 è pubblicato un tdegramma dal contenuto analogo ma dlvPrso nella forma. (2) -Cfr. n. 660, il cui contenuto ?i''l stalo inviato in nassunto con il t. 886 del 7, non pubbllcato.
664

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 890. Parigi, 8 dicembre 1867, ore 17,55 (per. ore 19,50).

Moustier m'a dit hier qu'il n'avait pas encore de réponse sur la conférence définitive de Londres, de Berlin et de Saint Pétersbourg; qu'il n'en attendait pas, avant d'avoir reçu communication de vos idées sur la question. Je ne comprend pas dès lors qu'il puisse y avoir une conférence préliminaire entre les grandes Puissances 0). Si la guerre ava,it éclaté entre l'Italie et la France, je crois que le Gouvernement impérial l'aurait poussé jusqu'au morcellement de l'Italie; mais maintenant je puis vous assurer que cette idée est tout-à-fait contraire aux intentions de l'Empereur et de son Gouvernement.

665

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 892. Parigi, 8 dicembre 1867, ore 20,40 (per. ore 23).

Vous saurez mieux que personne ce qu'il faudra dire au sujet du discours de Rouher lorsque vous aurez lu le texte oftkiel. M. Thiers et ses amis comptent sur quelque excandescense de l'opinion publique. Par contre, nos amis croient qu'il serait habiJ.e de se montrer extremement modérés et de déclarer que les injures récentes prononcées au corps législatif n'effaceront pas dans l'esprit des italiens les anciens titres d'amitié et l'alliance scellée sur le champs de bataille.

666

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 893. Berlino, 8 dicembre 1867, ore 20,40 (per. ore 24).

Bismarck revenu ce matin d'une chasse dans l'Holstein dit ne pas avoir encore lu le texte du discours de Rouher et que d'ailleurs il ne peut se prononcer avant d'avoir conféré avec le Roi. S. E. ajoute que si ce discours avait le ca,ractère que je lui attribuais, elle le trouverait regrettable. Je pense, Bisma,rck n'a pas voulu se départir de sa réserve. J'a1i lieu de cro,ire qu'iC'i on est assez d'avis, quoiqu'on me l'ait pas déclaré que la conférence n'a plus de but pratique.

(l) In BASTGEN, vol. II, p. 565 è edito un telegramma dal contenuto analogo a quello di questo brano ma redatto in forma diversa.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 189. Vienna, 8 dicembre 1867.

Le langage du Baron de Beust dans ces derniers jours, a été, comme je l'ai fait connaitre à V. E., que d'après les dernières communications que lui a faites le Due de Gramont, le Gouvernement français ne pouvant en ce qui le concerne indìquer d'autre base pour les délibératiorns de la Conférence que le Statu qua actuel de l'Etat romain, délègue ou pour mieux dire laisse à l'Italie la détermination des bases de 1a solution que peuvent réclamer ,1es ditficultés que cet état de choses présente. Le Baron de Beust a en outre parlé avee faveur d'un projet, dont il attribue l'initiative à M. Benedetti, tandis que d'après d'autres renseignements elle appartiendrait à M. de Bismarck, projet tendant à tenir une eonférence préalable se réduisant méme éventuellement à un simple échange de vues des Ministres accrédités à Paris, en vue de chercher les bases de solution sur lesquelles l'Europe pourrait s'accorder; eonférence ou échange de vues ne liant les décisions définitives de personne, et auquel prendraient part seulement les représentants des grandes puissances.

Dans ses entretiens avec moi le Chancelier de l'Empire m'a dit avoir agi vis-à-vis de V. E. avec une entière franchise, et n'avoir rien écrit depuis son retour de Paris sur la question romaine, dont le Baron de Kiibeck n'ait été chargé de donner connaissance au Gouvernement du Roi. L'adhésion sans rèserve de l'Autriche à la pl'oposition de tenir une conférence sur la question romaìne prowent de la convìction personnelle du Chancelier de l'Empire qu'il y a une sorte de devoir pour les Puissances intéressées au repos de l'Europe de ne pas se refuser à apporter dans les ditficultés qui menacent ce repos les éléments d'apaisement et les germes de solution que peut renfermer, à défaut de la possibUité d'un résultat immédi:a.t et pratique, une discussion en commun, méme sans engagement préalable et sans sanction ultérieure, entre des Gouvernements sincèrement désireux d'arriver à un accord. C'est à ce point de vue de conciliation que s'était placé ie Chancelier de l'Empire, en proposant, au commencement de cette année, une conférence pour assurer à la fois le repos de l'Orient et l'amélioration du sort des Chrétiens. Il ne s'était pas dissimulé alors l'obstacle qu'oppose à la réalisation de cette mesure tutélaire l'attitude de la Sublime Porte, de méme qu'il ne méconnait pas aujourd'hui les ditficultés que soulève en réalité la déclaration du St. Siège que son représentant à la conférence n'aura de pouvoirs que pour réclamer les Romagnes, l'Ombrie et les Marches et ne pourra que protester contre toute discussion sur les objets que la conférence a précisément pour unique but pratique de discuter. Mais il avait été d'avis alors que les délibérations des puissances seraient d'autant plus frutueuses si la Porte n'y prenait aucune part, et aujourd'hui il a déclaré de méme dans une circulaire aux agents diplomatiques du Gouvernement Impérial que la présence d'un représentant du St. Siège ne lui parait point nécessaire au succès de la Conférence. Le Baron de Beust m'a franchement dit que quant à lui il n'aurait pas suivi en pareil cas, la meme marche que le Gouvernement français à la suite de son invitatlon a. une conférence; il n'aurait point jugé opportun d'employer cet attirai! de menaces, de promesses, d'assertions et de démarches risquées, que la diplomatie française a déployé tout à coup pour forcer en quelque sorte l'acceptation de ses invités. Le langage tenu par M. de Sartiges à Rome pour le partage de l'unité italienne a toutefois été démenti à Paris, à ce que me dit

M. de Beust; mais camme je le priais d'observer qu'un démenti n'est souvent qu'une forme de désaveu, camme on l'a vu pour le discours tenu à Rome par le Général Dumont, le Baron de Beust ne m'a rien répliqué. Sans que M. de Beust soit entré avec moi dans le détail des négociations que la France a poursuivies pour le succès de la Confércnce, je crois savoir qu'il en a été bien informé. Pendant que l'Angleterre, la Prusse et la Russie se concertaient pour répondre à cette proposition par un refus poli, l'Ambassadeur de France à Londres suppliait à genoux, suivant l'expression de renseignements reçus ici en bon lieu, Lord Stanley de ne pas faire un refus, qui aurait été personnellement blessant pour l'Empereur, M. Benedetti alla jusqu'à presser deux fois le Roi de Prusse, dans un diner à la Cour, d'accepter la conférence, sans que le Roi l'eut amené à ce sujet de conversation, ce qui, d'après le rapport d'un diplomate accrédité à Berlin, fit fort mauvais effet sur le Roi et sur

M. de Bismarck, assez en garde du reste contre la politique incertaine et à soubresauts (ce sont les expressions de M. de Bismarck) de J'Empereur Napoléon. Enfin à Pétersbourg on a signalé une tentative de M. de Talleyrand pour amener l'acceptation de la Russie en faisant entrevoir un accord possible de la France avec la Russie envers l'Orient: nouvelle, pour le dire en passant, sur laquelle ayant pris la 1iberté d'cinterroger dans une conversation familière

M. de Beust, il me répondit qu'il croyait que c'était plutòt la Russie qui avait parlé de la politique française en Orient à propos de l'invitation à la Conférence. Encore une fois M. de Beust n'a point eu à s'occuper de ces détails avec moi, mais ce qu'il m'a dit en termes clairs, c'est que la France une fois son invitation lancée, n'aurait pas du se préoccuper de l'acceptation des Puissamces, leur refus devant etre considéré comme la meilleure preuve que le maintien du pouvoir temporel n'est pas une question d'intéret européen, et comme mettant la France dans le cas de traiter sans autre difficulté de l'arrangement de cette question avec l'Italie.

Quant au fond des idées auxquelles l'inftuence autvichienne pretemit son appui, ce serait, d'après ce que M. de Beust m'a dit à son retour de Paris, quelque chose d'analogue au projet sur lequel M. de Perslgny écriV1it dans le temps une brochure assez connue. En réponse aux allégations qui ont été avancées, particulièrement à Pétersbourg, savoir que l'Autriche aurait adopté le principe du maintien du pouvoir temporel, le Baron de Beust m'a affirmé que pas un mot n'avait été dit ni écrit par lui dans ce sens, et il est à ma connaissance qu'il a fait la meme déclaration à Lord Bloomfield et au Comte Stackelberg.

L'échec complet de la proposition française ne tarda pas à etre un fait avéré. L'acceptation du Pape était dérisoire. L'Angleterre, la Prusse, la Russie demandaient au Gouvernement français un programme que celui-ci se sentait impuissant à formuler. C'était de la part de l' Angleterre un refus ou Lord Stanley s'était seulement attaché à éviter les formes reveches qui jadis, dans la réponse de Lord Russell à r,~nv~tation solennelle de l'Empereur des français à un Congrès Européen, avaient froissé ce souverain. M. de Bismarck se retranchait derrière la difficulté soulevée par les maladroites invitations adressées à la Hesse et à la Saxe, auxquelles M. de Moustier aurait du, du reste, pour étre conséquent, joindre l'Oldenbourg dont la partie Sud a en effet des populations catholiques. La Russie enfin annonçait, plus ouvertement que ces deux autres grandes puissances, ne pouvoir admettre comme base des délibérations le Statu qua actuel à Rome. Ces trois Gouvernements au fond déguisaient peu leurs dispositions défavorables au pouvoir temporel du Pape, dispositions que des documents diplomatiques échangés directement entre leur Chancelleries expriment du reste formellement, comme je l'ai constaté de mes yeux, grace au communications confidentielles du Comte de Stackelberg.

Le discours du Ministre d'Etat de l'Empire français, venant sur ces entrefaites, n'est encore connu ici que par un résumé télégraphique; mais l'impression de M. de Beust est qu'il achève de rendre à peu près ·impossible la réunion de la Conférence. Il est évident que ce discours vient rompre la ligne de conduite suivie par l'Autriche jusqu'ici, et M. de Beust, qui a bien voulu me recevoir ce matin de bonne heure, tout en se réservant d'en juger d'après le texte méme, s'en est montré désagréablement surpris. J'aurai demain un entretien avec lui après qu'il aura lu le texte méme du discours et je m'eropresserai d'en rendre compte à V. E. Dans la situation créée par le discours de M. Rouher, M. de Beust pourra-t-il ou voudra-t-il nous rendre quelque service, dans l'intéret bien entendu du Gouvernement auquel il préside? V. E. jugera de ce qu'il y aura à tenter de notre part dans ce sens, et je n'omettrai rien pour lui fournir à cet égard des éléments d'appréciation.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 895. Pietroburgo, 9 dicembre 1867, ore 16 (per. ore 18,30).

La Russie voit dans le discours de Rouher une raison de plus de persister dans l'attitude qu'elle a prise au sujet de la conférence qui, selon toute probabilité, ne conduirait à aucun résultat sérieux.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 306. Firenze, 9 dicembre 1867.

Dal rendiconto della tornata del Cnrpo Legislativo del 5 com.·ente, or ora giuntomi, ho con mio sommo rincrescimento rilevato come il Signor Ministro

di Stato Imperiale siasi espresso in modo assai poco rispettoso verso l'Augusto nostro Sovrano. È la prima volta che in un pubblico parlamento d'una potenza estera il Re d'Italia è fatto segno ad attacchi sì poco misurati ed imprudenti.

Il Governo del Re è convinto che S. M. l'Imperatore de' Francesi non può approvare che un simile linguaggio sia usato verso un Sovrano amico ed affine della famiglia imperiale di Francia.

Debbo quindi invitarla, Signor Ministro, a volersi recare senza indugio dal Signor Marchese di Moustier per esprimergli il nostro più vivo rammarico di quanto è successo, e la fiducia che il Governo dell'Imperatore vorrà dami delle spiegazioni che valgano d:i riparazione per un fatto, che ha commosso la nazione intera, la quale si è sentita offesa essa stessa nella persona dell'Augusto suo Re.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. RR. 191. Vienna, 9 dicembre 1867.

Au contenu de mon télégmmme d'aujourd'hui (1), expédié en sortant de chez le Chancelier de l'Empire, je n'ai rien à ajouter, si non que le langage de M. de Beust a été très bienveillant, et que, comme je lui exprimais mes idées personnelles sur la position que pourrait prendre l'Autriche, comme arnie de la France pour combler en quelque sorte, par un programme de solution pmtique et modérée de la question romaine qu'elle apputem>it, l'abime qui existe entre les déclarations absolues de la France et les dispositions bien différentes des trois grandes puissances du nord, M. de Beust me répondit que nul ne pouvait douter de l'intéret qu'a l'Autriche à voir l'Italie tranquille et satisfaite, mais que propres embarras v,is-à-vis de la question clericale l'empechent d'aUer plus loin qu'il ne fait, «ce qui du reste, ajouta M. de Beust. ceci soit dit en ami et sans arrière-pensées, ne vous servirait guère, une entente préalable entre nous sur la question romaine ne pouvant que refroidir vos amis de Berlin et de Pétersbourg ».

Quelles que soient les atténuations qui puissent etre apportées au sens du discours de M. Rouher, soit par une interprétation équitable de la situation de la France, soit meme en suite des déclarations confidentielles que l'Empereur des Français pourrait faire pour nous rassurer, comme il est arrivé à d'autres époques, il est devenu évident ici pour tout le monde que nous n'avons plus aucun intérèt, tant s'en faut, à affecter de regarder le Gouvernement frança,is comme nous étant au fond favomble dans la question romaine, à jouer aux sous-entendus, à dédaigner enfin par luxe de confiance envers la France, les éléments précieux de force que nous offre la bienveillance de toutes Ies

grandes puissances. Oe sera[t une qucstion à verifier que celle de savoir s1 nous n'avons pas, en d'autres temps, gené, pour ne pas dire compromis la F'rance elle-meme, par notre persistance à ne pas prendre au sérieux ses duretés; peut etre l'avons nous parfois forcée ainsi à etre pour nous plus dure encore pour éviter de sembler notre complice. Aujourd'hui, après ce qu'il est advenu de la Convention de Septembre, ce serait etre dupe que de se fonder sur des sousentendus. La Convention de Septembre n'était-elle pas en réalité un contrat de bonne foi, dont la portée et la valeur étaient surtout dans la pensée qui l'inspirait, dans l'interprétation qui lui a été donnée par l'Empereur, conformément aux Notes du Chevalier Nigra et contradictoirement à la glose de M. Drouyn de Lhuys? C'est cependant la glose de M. Drouyn de Lhuys qui a prévalu, comme le prouve surabondamment je ne dirai pas l'expédition françacise, à laquelle l'd.nhabilité du parti d'action a donné l~eu, macis le discours de M. Rouher, discours qui engage solennellement la politique française dans un sens qu'excluaient radicalement les déclarations de l'Empereur en 1864. Un régime analogue à celui de cette convention serait probablement aujourd'hui une seconde duperie. Se reposer sur des équivoques ou des paroles de bienveillance personnelle, n'est plus sur depuis qu'on a vu

M. de Moustier qualifier de proposition de trahison le projet d'une occupation mixte, projet que la diplomatie française dans toute l'Europe annonçait comme confidentiellement admis, projet que M. de Beust, le jour meme ou nous retirons nos troupes du territoire pontificai trouvait l'Empereur Napoléon et

M. de Moustier disposés à accepter!... Ce fait est consigné dans la correspondance que j'ai eu l'honneur d'adresser au Ministère. D'ailleurs ce parti pris résigné d'avaler des couleuvres, selon un mot de M. Thiers à M. de Cavom, en espérant certains avantages, nuirait à la longue à notre situation en Europe. L'alliance prussienne a eu l'avantage immense de nous òter jusqu'à l'apparence d'etre camme une de ces créations bonapartistes que le premier empire a semées autour de lui; il est bon qu'on achève de se persuader que nous ne faisons pas reposer uniquement nos destinées sur les dispositions d'une seule puissance, quelque gratitude que nous lui ayons due. Notre position en sera meilleure partout, meme en France. Ce n'est que carte sur table et avec le concours amicai des grandes puissances que la question romaine peut désorma.is etre utilement traitée par nous. Ce n'est pas par une sorte de conspiration entre Florence et Par:is que ,la ques,tion romaine aura sa solution: celle conspkation est répudiée par la France la première. C'est la pression croissante de l'Europe unanime à reconnaitre l'impossibilité du statu quo, c'est la pression des ditll.cultés que la France rencontrera dans la ligne ou elle s'est placée qui amènera le résultat que nous désirons. Telles sont du moins en général les impressions que je reçois de tout ce dont je suis témoin d'ici, et je les soumets sans autre p["étention à la haute apprédation de V. E.

J'ai vu aujourd'hui mème MM. de Werther et de Stackelberg. Ils considèrent l'Empereur Napoléon camme entré à fond dans une vaie toute contraire à celle qu'il a sui vie depuis 1856; ils s'associent à la confiance que je leur ai exprimé que les dispositions favorables de leurs Gouvernements pour une solution libérale de la question romaine ne resteront pas sans développement pratique sur le terrain diplomatique, et ils ont convenu que c'était pour les Gouvernements qui pouvaient avoir à l'égard de la tranquillité de l'Europe quelques motifs d'inquiétude, une question grave que de savoir s'il est sage de regarder comme une garantie de padx l'embarras où la F,mnce se trouve à Rome, sans considérer en meme temps les inconvénients qu'il y a pour l'Europe à ce que l'inftuence bienfaisante de l'Italie soit paralysée par l'intervention étrangère dans la peninsule.

(l) T. 894, non pubblicato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

T. 503. Firenze, 10 dicembre 1867, ore 15,05.

Les explications que M. de Moustier vous a données ne peuvent pas contrebalancer l'effet immense que les déclarations faites à la tribune par M. Rouher ont produit dans toute l'Europe. On pense génémlement qu'elles rendront inutile toute conférence et meme toutes négociations au sujet de la question romaine. M. Rouher a dit explicitement que la France veut le maintien de l'intégrité du territoire pontificai tel qu'il existe. La conférence donc ne devrait avoir pour but, d'après M. Rouher, que de faire ratifier par l'Europe l'inviolabilité du pouvoir temporel actuel du Pape. Nous ne croyons pas que les Puissances soient disposées à accepter ce ròle. Quant à nous il est superflu de vous dire que nous tenons à ne pas nous écarter des principes qui constituent désormais la base de notre programme national qu'aucun Gouvernement, aucun parlement en Italie ne pourrait abandonner. Le moment donc est venu de nous ouvrir franchement avec le Gouvernement impérial. Si les déclarations de M. Rouher sont le dernier mot de la politique impériale il semblerait inutile que nous proposions un progmmme dans lequel nous aurions cherché à satisfa:ire l'Italie et à gamntir le pouvo,ir supreme du chef de la catholicité. Nous n'aurons qu'à nous recueillir en nous memes et attendre que la France revienne à de meilleurs sentiments envers l'Italie qui, malgré les vives attaques dont elle a été l'objet à la tribune française, n'oubliera jamais Magenta et Solferino, et qui s'efforcera toujours, quoi qu'on en dise, de devenir un puissant élément d'ordre et de conservation en Europe.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. u. 896. Londra, 10 dicembre 1867, ore 16,10 (per. ore 18,30).

Stanley a paru ce matin persuadé que conférence est enterrée. La presse anglaise est unanime, là-dessus, et l'attribue aux discours français.

(l) Ed. in Origines diplomatiques, vol. XX, pp. 2-3.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

L. P. Vienna, 10 dicembre 1867.

Je ne sais si mes dernières dép~ches vous auront paru, M. le Général, dépasser les Umites ordinaires de la réserve qu'un agent diplomatique doit apporter dans ses jugements sur la politique à suivre de la part de son Gouvernement. J'ai toujours cru qu'un bon agent devait à la fois etre extremement réservé en pareille matière envers tout le reste du monde, et n'avoir rien de caché, meme en fait d'impressions, pour son chef. Etant donc à m eme de vérifier ici, et ayant meme vérifié par expérience, lorsque M. Rattazzi me chargea d'intéresser en notre faveur M. de Beust et meme l'Empereur François Joseph, et dans d'autres circonstances postérieures, combien l'idée arretée que nous ne fadson guère de politique séT<ieuse en dehors des dépendances secrètes qu'on nous attribue envers l'Empereur Napoléon III Odée malheureusement répandue ici et ailleurs) nuit au développement et à l'exercice utile des bonnes dispositions que l'on peut avoir envers nous, j'ai cru devoir toucher, dans la mesure que j'ai crue possible, ce .sujet délicat dan.s ma correspondance, en ce moment où la politique secrète franco-italienne éprouve de si tristes insuccès aux yeux de ceux qui croient, (et ils sont nombreux) à la persistance d'une politique de ce genre.

Meme l'Autriche, qui a présentement un intérét à voir la France dégagée de tout embarras du còté de l'Italie, s'est abstenue de faire des bons offices en notre faveur, dans la persuasion que nous ftnirons toujours par nous arranger officieusement avec l'Empereur Napoléon, et que notre action en dehors des manoeuvres sous-main auxquelles on s'obstine à croire de notre part, n'a rlen que d'accessoire et de subordonné, soit auprès des autres Cabinets soit auprès de celui-ci. M. de Beust me l'a laissé entendre avant son départ pour Paris, et l'abstention où s'est tenu M. Nigra de toute démarche envers lui et envers M. Andrassy n'a fait, j'ai pu m'en apercevoir depuis, que confirmer sur lui cette impression. Si l'efiet de ce préjugé nous nuit auprès meme du Gouvernement le plus ami de la France, que sera-ce auprès des autres grandes puissances? quelle valeur ne donne pas surtout, à ces soupçons qui paralysent notre diplomatie, le fait que notre représentant à Paris se dévoue meme à subir des humiliations camme celle du reproche de trahison proposée que lui a voulu inftiger le dernier discours de M. de Moustier, offense qui ajoutée aux autres désagréments que nous avons eu à subir à Paris depuis quelques temps, a fait ici une telle impression que l'homme le plus calme pour ainsi dire, du Corps Diplomatique, le Baron de Merther, m'a demandé en termes très nets comment il était possible que M. Nigra demeuràt à Paris et ne laissat pas à un autre homme d'Etat quelconque, aussi ami que possible de la France, mais moins compromis, un poste pareil.

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IL MINISTRO A STOCCARDA, GREPPI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 898. Stoccarda, 11 dicembre 1867, ore 20,57 (per. ore 21,30).

La chambre des députés a rayé aujourd'hui la légation du Wiirtemberg à Florence (l) .

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANNESSO CIFRATO RR. (2). Vienna, 11 dicembre 1867.

Comte Stackelberg à écrit et m'a lu une lettre à Gortchakof! à la suite de mes conversation avec lui sur erreur qu'il y aurait à se borner à jouir de l'embarras de la France sans considérer combien il importe à l'Europe que nous ne soyons pas paralysés. Il a écrit à la Comtesse Osten Sacken une lettre ostensible pour nous conseiller de formuler programme très modéré acceptable par grandes puissances, pour faire échec à Rouher. Je lui dis que je crois que dans la situation actuelle nous pourrons modérer extrèmement nos prétentions pratiques, mais non pas préjuger gratuitement le fond méme de la question romaine pour l'avenir; que nous ne pourrons faire de concessions engageant pratiquement l'avenir qu'en échange de concessions sumsantes et également pratiques.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A J·ARIGI, NIGRA (3)

D. 307. Firenze, 12 dicembre 1867.

Par ma dépeche du 3 de ce mois (4) je vous ai chargé de dire à S. E. le Marquis de Moustier qu'étant dlisposés à seconder le Gouvemement de l'Em

Il Ministro degli Esteri pensò ora di regolare la posizione inscrivendo sul bilancio la somma di fiorini 6.000 per la Legazione di Firenze ed è precisamente questa somma che fu rifiutata dalla Camera dei deputati, dopo una discussione su cui credo di fermare l'attenzione dell'E. V.

La commissione del bilancio propose il rifiuto clelia chiesta somma giovandosi delle critiche circostanze finanziarie del momento e dovendosi aggravare le popolazioni di nuove imposte, non era quindi opportuno di creare nuovi posti diplomatici.

In appoggio della proposLa della commissione si levarono coloro che erano convinti della necessità di restringere il pubblico dispendio e coloro che desiderando concentrare nella Prussia ogni attività politica, si studiano di diminuire quella del Wurtemberg ... ».

(-4) Cfr. n. 647.

pereur dans l'invitation qu'il nous avait adressée, nous nous réservions de lui faire parvenir ultérieurement les propositions qui nous paraitraient pouvoir servir de bases à une solution pacifique et satisfaisante de la questione romaine.

Le Gouvernement du Roi qui n'avait certainement pas attendu jusqu'alors pour entreprendre l'étude des graves problèmes qui se rattachent à la question de Rome, n'avait point hésité à vous mettre à meme de déclarer au Wnistre Impérial des Afiaires Etrangères que, dans la recherche du point de dèpart pour les futures délibérations de la Conférence, il ne prendrait pour guide que le salut de l'Italie, le respect de la reJigion et la paix de l'Europe.

Nous nous appliquions à ce travail préparatoire avec d'autant plus de confiance dans le succès de nos propositions, qu'ayant déjà exposé nos propres vues dans la dépeche que je vous ai adressée le 7 Novembre (1), cette dernière n'avait soulevé de la part de M. le Ministre des Afiaires Etrangères de

S. M. l'Empereur aucune protestation ni meme aucune remarque en opposition avec les idées que nous y avions développées.

Lorsque M. le Baron de Malaret m'a lu la dépeche du 27 Novembre par laquelle M. de Moustier me demandait si je ne croirais pas opportun de lui faire connaitre, dès à présent, les bases qui me paraitraient les plus propres à assurer les résultats que les Puissances doivent se proposer d'atteindre en commun, je savais déjà que S. E. le Wnistre Impérial des Afiaires Etrangères avait eu communication de ma dépeche du 7 Novembre.

Nous nous empressions donc de préparer tout ce qui pourrait faciliter les solutions, faire disparaitre les causes de dissentiment et applanir les obstacles afin de recueillir au sein de la Conférence le fruit de la sagesse, dont le Gouvernement du Roi est toujours bien résolu de ne po>int se dépaTtir.

C'est pourquoi je ne saurais vous dissimuler, M. le Ministre, la pénible impression que j'a,i ressentcie en constatant que le Ministre d'Etat de S. M. l'Empereur des Français, dans son discours au Corps législatif, a, pour ainsi dire, déjà tranché la question, en la préjugeant d'une manière absolue en faveur du ma.intien de l'intégr,ité du territoire du Pontife. M. de Moustier a dit, de san còté, sans réticences et sans détours, que la Convention de Septembre subsiste malgré tout et que l'Italie devra donner de nouvelles garanties au Saint Père. Comment faire concorder de semblables déclarations avec les idées que nous avions nous-memes emises précédemment?

L'Italie devr:ait-elle donc recommencer, sans rien changer à la situation actuelle des choses, cette meme expérience qui jusqu'à présent est loin d'avoir donné des résultats satisfaisants? Nous ne saurions prendre part, vou.s le savez,

M. le Ministre, à des délibérations qui pourraient avoir comme conséquence l'établissement d'un état de choses qui rendrait la position de l'Italie vis-à-vis du Saint Siège plus mauvaise qu'elle ne l'a été jusqu'ici. Dans le doute que les Cabinets de Florence et de Paris, après les déclarations explicites de M. Rouher, ne puissent arriver à une entente préalable, nous nous voyons forcés de nous abstenir pour le moment de toute initiative pour ne point nous exposer au risque de formuler des propositions qui ne feraient que constater de plus en plus le dissentiment existant entre nos vues et celles du Cabinet lmpérial.

40 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

Si par les paroles de M. Rouher il faut entendre qu'aucun changement ne pourra etre apporté à la situ~tìon créée par la Convention dc Scptembrc. et si de plus, en suite des déclarations de M. de Moustier, nous devrions nous attendre à ce que l'on nous demande de nouvelles garanties, tandis que l'on n'exigerait rien du Saint Siège, pour rendre la position de l'Italie moins difficile, je n'aurais plus qu'à constater de nouveau l'inéfficacité des efforts que nous avons faits pour atteindre le but de conciliation que les parties contractantes s'étaient proposé en signant la Convention de 1864.

Nous sommes toujours disposés, vous ne l'ignorez pas, à accepter les ouvertures qui nous seraient faites, dans le but d'améliorer l'état des choses actuel et, tout en laissant intact le programme national, nous ne refusons point à faciliter l'établissement d'une situation tolérable dans les provinces italiennes et l'enclave pontificale. Mais ce ne serait pas évidemment pour une oeuvre aussi restreinte que pourrait se réunir la conférence dont le but semblait devoir etre d'examiner un projet de solution définitive.

Si M. de Moustier ne jugera pas à propos de nous donner d'autres éclaircissements sur les intentions du Gouvernement français, nous devrons nous recueillir et en attendant la France et l'Europe auront lieu de se convaincre que l'Italie veut etre un élément sérieux de conservation et d'ordre pour la tranquillité et le repos général.

(l) Si pubblica qui un brano del r. 32 di Rati del 13 dicembre: «Allorché questo Governo decise di riconoscere il Regno d'Italia constatò ad un tempo la convenienza di tenere un proprio rappresentante accreditato presso il Re d'Italia, c siccome questa risoluzione era presa dopo la votazione del bilancio triennale, il Ministro del Wurtemberg a Berna fu al pari tempo accreditato anche a Firenze ed il Re supplì del proprio alle esigenze d'una duplice residenza.

(2) -Al r. confidenziale 193, non pubblicato. (3) -Ed. in BASTGEN, vol. Il, pp. 566-568 e con data 11 dicembre in Origines diplomatiques, vol. XX, pp. 6-8.

(l) Cfr. n. 488.

677

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. u. 903. Parigi, 13 dicembre 1867, ore 14,04 (per. ore 15,55).

Je me suis plaint et j'ai demandé au marquis Moustier des explications sur le langage tenu par Rouher au sujet du Roi. Moustier m'a exprimé ses vifs regrets qu'on ait donné aux paroles de Rouher une interprétation aussi contraire aux intentions du Gouvernement français et de l'Empereur et à leurs sentiments envers le Roi (1).

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 907. Berlino, 14 dicembre 1867, ore 19 (per. ore 21,11).

Benedetti a fait hier instance pour des pourparlers préliminaires sur la question romaine. Bismarck s'est réservé de prendre les ordres du Roi. Il ne répondra

guère avant mercredi quand il connaitra les dispositions des autres grandes Puissances. Usedom va recevoir lettre de créance comme représentant de la confédération du nord à Florence, tout en conservant sa qualité de ministre de Prusse. Mème démarche à Paris, Londres, Vìenne, Pétersbourg. Il serait fort à désirer que

V. E. me fit savoir par le télégraphe que notre assentiment est acquis d'avance et que je recevrai de mon còté lettre de créance auprès du Roi Guìllaume, chef de la confédération du nord (l).

(l) Cfr. il seguente brano del r. 588, pari data, di Nigra: <<S. E. il Marchese di Moustter m\ rispose che non ricordava a quale passaggio del discorso del Ministro ai Stato si faceva allusione giacché non gli sembrava l'aver nulla inteso dalla bocca del signor Rouher nella seduta del 5, a cui egli assisteva, che gli avesse fatto l'impressione che io ero incaricato di segnalargli. Il Ministro imperiale degli r.ffari esteri cercò meco i passaggi del discorso del signor Rouher a rui st riferisce il dispaccio dell'E, V., e clopo averli esaminati mi disse che senza dubbio 11 Ministro di Stato, nommando la persona Augusta del Re, aveva ceduto ~d un movimento oratorio. la sua intenzionf· essendo stata, non già di mettere in mezzo la persona di sua Maestà, ma bensì il Go\'erno e il paese di cui l Re è la più alta espressione ''·

679

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 908. Vienna, 14 dicembre 1867, ore 20,50 (per. ore 22).

J'attendrai nouvelles instructions, avant de présenter lettres de rappel. Beust vient de me dire que d'après un rapport de Metternìch la portée des déclarations de Rouher sera adoucie, que M. Thiers lui-méme avait dit au prince qu'il n'aurait jamais cru que ses paroles eussent pu avancer un tel langage, qu'il ne désirait nullement que le vote de la chambre amenàt des complications sérieuses avec l'Italie. Beust m'a dit encore que le Gouvernement autrichien n'a aucune idée arrétée sur le projet de conférence mal posé dans le principe, m'a-t-il dit, et qui manintenant lui paraìssait définitivement avorté.

680

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO DELLA MARINA, PROVANA DEL SABBIONE

D. Firenze, 14 dicembre 1867.

La condotta del Governo della Repubblica Orientale verso gli italiani colà residenti è da molto tempo improntata di una mal celata ostilità e di un'assoluta ritrosia a soddisfare i loro legittimi reclami, fra quali primeggiano quelli relativi ai danni sofferti durante la passata guerra.

In quell'epoca il Presidente Berra valendosi della momentanea assenza di un R. Agente Diplomatico a Montevideo ci ha esclusi dalle Convenzioni che stipulò colla Francia e l'Inghilterra pel pagamento dei crediti esteri.

In seguito come codesto Ministero non ignora nuove cause di dissenso insorsero per maltrattamenti d'ogni genere fatti da quel Governo ingiustamente subire a' nostri connazionali. Intanto la R. legazione reclamava contro l'ingiu

Il n'y a jmr,ais eu aucun donte ici sur nos disposltlons, mais il appartenalt à l'Italle de donner, la première, une réponse favorable ».

stizia di un tal procedere. I diversi Governi che in breve tempo si succedettero in quella Repubblica si mostrarono Rordi ad ogni rimostranza e continuarono in quella linea di condotta che poc'anzi additava poco consona ai principi del diritto, e che mal si conviene ad un Governo regolare.

Nonostante tali continue provocazioni il Governo del Re prendendo in considerazione lo Stato poco soddisfacente della Repubblica Orientale negli scorsi anni, si limitò a continuare in via amichevole le trattative, senza insistere per una immediata soluzione di siffatta vertenza.

Ma ogni tolleranza ha un limite, e questo Ministero considerando impegnata la dignità del R. Governo volle obbligare quello della Repubblica Orientale a dirci francamente se è disposto o no a rendere ai nostri reclami la giustizia dovuta, e già, con Nota del 25 maggio ultimo l'onorevole mio predecessore informava codesto Ministero della presa determinazione.

Il R. Rappresentante in Montevideo ha conseguentemente inviato a quel Governo la Nota di cui Le unisco Copia (l). Come la S. V. potrà rilevare dal tenore della stessa il Governo del Re non sarebbe in ogni caso impegnato ad agire immediatamente, ma a questo Ministero parve non doversi trascurare la circostanza del trovarsi in quei mari un numero di legni più forte che pel consueto, per cui crederebbe giunto il momento di procedere ad una dimostrazione efficace delle nostre forze navali al Plata.

Giova sperare che la semplice comparsa di una flotta abbastanza numerosa nelle acque di Montevideo possa determinare quel Governo a darci quella soddisfazione che ci compete; ma ove queste speranze fossero deluse non sarebbe possibile al R. Governo continuare nella linea di paziente aspettazione seguita sinora; ed in questo caso bisognerebbe quindi occupare militarmente e ritenere come pegno qualche punta del territorio della Repubblica per esempio le isole di Goniti e di Ratti o forse più vantaggiosamente la dogana; misure queste la cui opportunità venne suggerita dal R. Inviato a Montevideo d'accordo col già Comandante la nostra squadra Contrammiraglio Anguissola. In questo caso sarebbe ancora a considerarsi se le forze che compongono la nostra stazione navale al Plata siano sufficienti per intraprendere con successo la dimostrazione in questione, ed in ciò questo Ministero si rimette pienamente alla alta apprezzazione della S. V. pregandola a voler povvedere come megUo crederà, e nel tempo stesso a voler impartire al R. Comandante in quei mari le istruzioni opportune perché pongasi d'accordo col R. Inviato a Montevideo.

(l) Il 15 dicembre Menabrea inviò un telegramma in tal senso (t. 513). Launay comunicò con r. 125 del 17 dicémbre: « !::11 attendant le retour du Comte de Bismarck, qui accompagnele Roi à une partle de chasse, le Sous Secrétalre d'Etat m'a témolgné son entlére satlsfactlon de la prochalne reconnaissance du Comte d'Usedom en qualité de Représentant de la Confédératlon du Nord, et de l'avis que je reçols, qu'à mon tour je sera! accrédlté auprés du Pouvolr Fédéral.

681

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 124. Berlino, 14 dicembre 1867.

Je n'ai lu que quelques fragments du livre vert. Mais si les journaux, camme je n'en doute pas, sont dans le vrai, le Gouvernement Prussien ne pourrait à moins de nous savoir gré du discernement qui a présidé à ces publications. Nous

nous serions bornés à mentionner que le Comte de Bismarck avait décliné de faire des représentations à Paris, et nous avait recommandé la plus grande prudence, afin d'éviter de plus graves complications. C'est l'exactitudes meme. Une autre dépeche rapporte la réponse faite par le Président du Conseil à l'invitation pour la Conférence.

Si nous nous découvrions un peu vis-à-vis de la France, en révélant que nous avons fait appel aux bons offices du Cabinet de Berlin, nous avons au moins mis celui-ci à l'abri du reproche qu'on lui faisait injustement à Paris, d'avoir cherché à nous pousser dans la voie de la résistance, en nous promettant un appui.

C'est là un bon procédé, sur lequel je n'ai pas manqué d'appeler aujourd'hui l'attention de M. de Thile. Il s'est empressé de le reconnaitre.

J'ai vainement cherché, selon les instructions de V. E., à savoir d'une manière positive le jugement du Comte de Bismarck sur le discours de M. Rouher, du 5. Le mot d'ordre est évidemment d'observer une grande réserve et d'éviter autant que possible de preter le flanc aux critiques de la France, dans un moment où la Prusse va demander la reconnaissance de la Confédération du Nord. D'ailleurs, on sait gré au Cabinet des Tuileries de s'etre exprimé avec modération sur les affaires de l'Allemagne, lors des interpellations au Corps Législatifs. Cette discussion a mis, au reste, de plus en plus en évidence la vérité de ces mots prononcés dans le temps par le Comte de Bismarck: «il jaut posséder la force, pour exercer san droit ». C'est la meilleure explication qu'on puisse fournir sur la manière toute différent dont le droit de l'Allemagne et celui de l'Italie sont traités en France. C'est en meme temps un avertissement de plus pour travailler à nous mettre au mème niveau que la Prusse. La partie se gagnera alors d'elle-meme.

Quoi qu'il en soit, pour bien rendre compte de mes impressions sur la réserve du Comte de Bismarck dans les conjonctures actuelles, j'ai cru à propos de donner lecture à M. de Thile de la dépèche que j'ai eu l'honneur d'adresser à V. E. en date du 9 Décembre courant, N. 121 (l). Il n'a contredit aucune de mes observations sur les motifs que j'attribuais à l'attitude de son chef. Il y a des choses qu'il pense, mais qu'il n'est pas tenu de dire ouvertement.

On suit ici avec un vif intérèt les débats de nos Chambres. et on rend justice au langage de V. E. dans des circonstances aussi épineuses.

(l) Non si pubblica.

682

L'INCARICATO D'AFFARI A COPENAGHEN, ZANNINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 18. Copenaghen, 14 dicembre 1867 (per. il 19).

In parlandomi della Conferenza per la quistione romana, il Conte Frijs mi ha detto che la Danimarca, del pari del resto che la Svezia, aveva accettato semplicemente la proposta francese, nell'interesse europeo, sendo la unica deci

sione da prendersi per un paese, come questo, per ogni motivo estraneo a siffatta quistione.

So che il Direttore Generale degli Affari Esteri, Signor Vedel, confidò ad un mio collega che il Governo Danese non aveva dato grande importanza a tale proposta, comecché fossero ormai divenuti usuali questi inviti della Francia a conferenze, che poi non si riunivano.

Lo stesso Signor Vedel parlandomi del discorso del Signor Rouher al Corpo legislativo, e riferendosi alle conseguenze che poteva avere, si servì di questa espressione: un succès parlementaire, mais un èchec diplomatique. Soggiunse parergli evidente che ora ne risultava più difficile la riunione della Conferenza, sendochè le stesse potenze che avevansi aderito quando non v'era alcuna base stabilita, avrebbero a riflettervi una seconda volta come debba sembrare che il Governo Francese ammetta per base la conservazione del potere temporale.

Posso però accertare l'E. V. che mi risulta essere stato questo Governo ben contento di avere in questa circostanza il modo di offrire alla Francia, da cui sempre molto spera, un atto di più di cortesia.

(l) Non pt:bblicato.

683

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA. AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 512. Firenze, 15 dicembre 1867, ore 12.

Il me semble que M. de Moustier, au sujet de nos réclamations contre les paroles de M. Rouher sur le Roi, devrait écrire ou télégraphier à M. de Malaret des explications convenables qui me seraient communiquées. C'est la manière régulière de terminer cet incident qui doit avoir une solution officielle {1).

684

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGL ESTERI, MENABREA

T. 909. Parigi, 15 dicembre 1867, ore 19,49 (per. ore 23,45).

Marquis de Moustier m'a dit qu'il écrira à Malaret au sujet des paroles de Rouher sur le Roi. Il l'aurait déjà faits s'il n'était pas souffrant depuis quelques jours. Il ne veut pas écrire par télégraphe parce que la correspondance télégraphique présente des inconvénients dans les afiaires dMicates. J'ai communiqué à Moustier votre dépèche du onze (2). Il y répondra par une dépèche adressée à Malaret.

{l) Cfr. n. 684.

(2) Recte del 12, cfr. n. 676.

685

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 514. Firenze, 15 dicembre 1867, ore 23,30.

Je viens de recevoir votre dépeche écrite du 13 (1). Le passage du discours de M. Rouher qui nous a paru :irrévérencieux pour le Roi est celui où il dit que Victor Emmanuel reçoit le chatiment pour avoir accepté de Garibaldi les provinces méridionales.

686

IL CONSOLE GENERALE A TOLONE, BASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 911. Tolone, 16 dicembre 1867, ore 12,51 (per. ore 15,25).

Division ramenée de Rome a ordre de se te:nir prete à s'embarquer au premier signa!. << Intrepido >> vient de recevoir ordre d'aUer en rade malgré la violence du vent.

687

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, E A VIENNA, DE BARRAL, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI (2).

T. 515. Firenze, 16 dicembre 1867, ore 14

Il nous revient que le projet d'une conférence préliminaire restreinte sur la question romaine n'est pas abandonné. Dans le cas qu'elle se réunisse nous espérons que le Gouvernement ... n'admettra pas qu'on puisse y prendre des résolution sans notre participation.

688

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGL ESTERI, MENABREA

T. 912. Parigi, 16 dicembre 1867, ore 16,55 (per. ore 19,20).

Le marquis de Moustier m'a dit qu'il répondra par écrit à votre dépéche sur la conférence (3). il croit qu'il ne faut pas rompre toute négociation à ce sujet,

691. 692, e 693.

mais qu'an peut attendre, et dans l'intervalle échanger les idées. Le but du Gauvernement impérial était d'arriver à naus faire recannaitre par le Pape et abtenir san cansentement paur la lai sur les biens de l'Eglise et autres cancessians, et à retablir le p eu de canfiance e n tre l'Italie et le Saint Siège; mais le Gauvernement impérial, pas plus que les autres Puissances, ne paurrait danner la main à enlever au Pape une partie de san territoire. Le marquis de Maustier vaus engage à avair canfiance en lui et à marcher avec lui la main dans la main. Ce sant ses prapres parales.

(l) -Cfr. n. 677, nota l. (2) -Ed con molte varianti formali in BASTGEN, vol. II, p. 571. Per le risposte cfr. nn. 689, 690,

(3) Cfr. n. 676.

689

IL MINISTRO A VIENNA, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

T. 914. Vienna, 17 dicembre 1867, ore 15 (per. ore 19,10).

Beust m'a dit que le Gauvernement impérial venait effectivement de recevair et d'accepter invitatian à réunian préparataire des grandes Puissances à Paris sur la questian ramaine, mais que taut en étant dispasé en principe à accueillir taut ce qui paurrait amener une salutian, il n'y avait pas attaché d'autre impartance qu'à une simple invitatian à diner aù chacun est libre à prendre ce qui lui canvient. Il a ajauté qu'il ne savait absalument rien du cantenu de ce prajet dant idée avait été cançue entre Paris et Berlin en vue surtaut de calmer les susceptibilités du camte Bismarck extrèmement fraissé par le fait des invitatians adressées directement à quelques Etats allemands. Sur la questian pasée très nettement par mai que le Gauvernement du Rai espérait que le Gauvernement impérial n'admettrait pas que la réunian put prendre de résalutian sans natre participatian le baran Beust m'a répandu qu'il ignarait encare si les deux parties en litige y seraient appelées, mais qu'il était taut nature! de craire que rien ne pourrait etre conclu sans leur participation.

690

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (2)

T. 915. Pietroburgo, 17 dicembre 1867, ore 15 (per. ore 19,20).

Prince Gartchakaw vient de me dire qu'après la situatian faite à la France par les déclaratian de Rauher, il regarde camme taut-à-fait impassible réunian méme dans une conférence préliminaire restreinte. Camme preuve U vient d'accarder cangé au camte Budberg. Actian des grandes Puissances ne saurait étre d'aucune utilité une fais que la France par san attitude ne cherche pas à aplanir les difficultés qui existent paur une salutian acceptable paur l'Italie et le Saint Siège.

(l) -Ed. con molte yarianti forrr:ali in BASTGEN, vol. II. pp. 568-569. (2) -Ed. con molte varianti formali in BASTGEN. vol. Il, p. 569.
691

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

T. u. 913. Londra, 17 dicembre 1867, ore 15,40 (per. ore 19,30).

Lord Stanley ne croit à la réalisation ni de la conférence ni de préliminaires. Il est également défavorable à tous deux, mais si méme préliminaires auraient Heu ce ne semit que pour examiner bases, mais non pas pour prendre résolution. En tout cas il ne s'associerait pas à pareille conférence restreinte sans notre participation.

692

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 916. Parigi, 17 dicembre 1867, ore 20,20.

Il est hors de doute que le vote que vous m'avez formulé (2) rendm négociations plus difficiles. J'ai déjà laissé pressentir qu'il faut s'attendre à un vote plus accentué que celui du sénat. Il serait à désirer que l'ordre du jour se borne à mentionner programme national sans parler explicitement de Rome capitale. Si l'on ne peut éviter mention de Rome capitale, il serait préférable, à mon avis, de renouveler purement et simplement vote de 1861.

693

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 126. Berlino, 17 dicembre 1867 (per. il 20).

J'ai parlé aujourd'hui au Sous-Secrétaire d'Etat du télégramme de V. E., en date d'hier (3). La méme communication avait été faite par le Comte d'Udesom.

Vu l'absence du Comte de Bismarck, toutes les affaires sont en suspens. Je ne suis donc pas encore à méme de mander la réponse de S. E. à l'espoir que je suis chargé d'émettre, que le Gouvernement Prussien n'admettra pas qu'on puisse prendre, dans une conférence restreinte -si tant est qu'elle se réunisse des résolutions, sans notre participation. En attendant, je ne puis que me référer à mon rapport N.... (4), par lequel je rendais compte d'un entretien entre Lord Loftus et le Président du Conseil. Celui-ci jugeait que notre participation serait désirable. Il ne semble pas qu'on pense de méme à Paris.

Au reste, le Gouvernement Prussien ne mettra aucun empressement à se prononcer. Il attend, entre autres, des éclaircissements demandés par l'entremi

(!) Ed. con m.:lte varianti formali in BASTGEN, vol. II, p. 569.

se du Comte de Goltz, sur l'interprétation à donner aux derniéres communications faites par M. Benedetti. Les pourparlers préliminaires n'auraient-ils pour but que d'exam.iner s'H y a lieu de réunir une conférence, ou impliqueraient-ils un engagement de se faire représenter à cette mème conférence? Il faut d'abord que cette question préalable soit vidée.

L'Ambassadeur de France a bien voulu me renseigner sur sa démarche récente. Il la rattachait à une conversation qu'il avait eue, quelques jours auparavant, avec le Comte de Bismarck. Ce dernier, en critiquant les procédés du Cabinet des Tuileries, avait exprimé le regret qu'on n'eut pas recherché tout d'abord à s'entendre avec les Grandes Puissances. Mais il s'est vivement défendu de vouloir faire une proposition dans ce sens. C'était tout au plus une insinuation. Le Marquis de Moustier en a tenu compte, et il a chargé M. Benedetti de faire des instances pour des pourparlers préliminaires. A son avis, ceux-ci n'auraient aucune raison d'ètre, si les Puissances n'acceptaient pas d'avance le projet de conférence. C'est là précisément le point sur lequel on attend ici des explications de Paris. Il est évident qu'on n'a nulle envie, surtout aprés les déclarations si accentuées de M. Rouher, d'aUer s'asseoir autour du tapis vert. Sans dire non, o n fai t de la résistance passive. L' Angleterre seule se prononce plus nettement à en juger du moins par le langage de ses Agents Diplomatiques. La Prusse et la Russie ne veulent pas que leur attitude puisse ètre envisagée comme un refus catégorique, parcequ'elles soupçonnent le Gouvernement français d'ètre à la quète d'un prétexte pour les rendre, l'une ou l'autre, au gré de ses convenances, responsables de l'insuccès de ses tentatives.

Lord Loftus m'a lu confidentiellement quelques passages d'une lettre particulière de Lord Stanley, en date du 11 de ce mois. Le Chef du Foreign Office écrit que le discours de M. Rouher, du 5 décembre. a singulièrement écla-irci la question de la conférence, surtout si le Cabinet de Florence a le courage (sic) de refuser son concours. Sauf Napoléon et quelques uns de ses intimes, personne n'admet à Paris que le projet de conférence ait des chances d'aboutir. D'après les impressions recueillies par Lord Clarendon, lors de son passage dans cette capitale. Sa Majesté Imperiale est exclusivement absorbée par la question romaine, et l'Impératrice plus encore.

J'ai l'honneur d'accuser réception de la dépèche n. 44, Série Politique, Cabinet (1), et de ses annexes: documents diplomatiques nn. 328, 329, 330, 331, 332, 333, 334, 336 et 337.

Je remercie également V. E. de sa dépèche n. 45, mème série (1). Le Marquis de Moustier ayant mis publiquement en cause notre représentant à Paris, j'ai cru opportun de parler à M. de Thile dans le sens du rapport du Chevalier Nigra du 1er décembre (2), rapport annexé à cette mème dépèche. Ces détails, fournis confidentiellement, ont beaucoup intéressé le Cabinet Prussien. Il serait en effet assez étrange que notre Gouvernement n'eut pas le droit, que nous conteste la France, de répondre aux assertions faites avec tant de légéreté par le Marquis de Moustier.

P. S. Ci-joint une lettre particulière pour V. E.

(2) Non si è rinvenuto il telegramma in parter;za cui questo documento risponde.

(3) Cfr. n. fi87.

(4) Manca il numero.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 640.
694

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 917. Parigi, 20 dicembre 1867, ore 11,10 (per. ore 13).

Rattazzi dans son discours d'hier aurait invité le Ministère à déclarer que le Gouvernement impérial a commis une erreur en m'attribuant la proposition d'une occupation mixte. Moustier n'a jamais dit celà. C'est le rédacteur du compte-rendu analytique qui a fait cette erreur qui a èté corrigée en son temps sur ma demande. Le Moniteur qui est le seul organe officiel pour le compte rendu des chambres ne contenait pas cette erreur.

695

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 918. Parigi, 20 dicembre 1867, ore 17,20 (per. ore 18,42).

Votre discours à la chambre dont le télégraphe a apporté le résumé a produit ici une bonne impression.

696

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 127. Berlino, 20 dicembre 1867 (per. il 24).

'" J'ai profité d'un entretien que j'ai eu hier avec le Président du Conseil, pour recueillir son impression sur * (l) les deux dépéches que V. E. a transmises à M. le Chevalier Nigra, en date des 9 et 12 décembre (2). Il m'avait paru opportun de lui laisser prendre confidentiellement lecture de ces documents, annexés à la dépéche de V. E., n. 46, Cabinet (3).

Il m'a beaucoup remercié de cette communication. «C'est bien là, a-t-il dit, un langage à la fois digne et ferme. Suaviter in modo, fortiter in re. Quoique j'aie assez d'expérience parlementaire, je ne saurais vraiment m'expliquer le discours du Ministre d'Etat à la tribune française. Il a de toute manière dépassé le but, surtout en mettant en cause le Roi d'Italie. * L'attitude de votre Gouvernement est bien appropriée aux circonstances, qui sont telles qu'il est fort permis de douter du résultat satisfaisant d'une conférence, méme préliminaire, entre les Grandes Puissances. Il serait assez malaisé à la Prusse de se refuser d'intervenir à une pareille réunion. C'est à elle-méme, qu'on attribue l'initiative de la proposition de ces pourparlers préalables. Mais, si on se ras

semble autour du tapis vert, le Représentant de Sa Majesté demanderait tout d'abord: où est l'Italie? Le Pape est-il consentant au maintien du statu-quo territorial? Les Cabinets de Florence et de Rome sont-ils disposée à la conciliation? Il suffirait de poser ces questions, pour se convaincre, dès le début, de l'impossibilité d'une entente dans les conjonctures actuelles. D'ailleurs, au lieu de nous soumettre un programme, comme nous le lui demandions, M. Rouher a tranché la question *. Il est vrai qu'il y a été e n quelque sorte contraint par un avis télégraphique de l'Empereur, qui lui dictait sa conduite par ces mots: lachez tout. L'Imperatrice pousse plus que jamais à la roue. * Quoiqu'il en soit, vous pouvez etre certain que nous ne prendrions, le cas èchéant, aucune résolution sans votre participation *. Vous nous connaissez assez, pour n'avoir aucun doute à cet égard ».

* -Dans le cours de la conversation, j'ai parlé de la question de la séparation des pouvoirs temporel et spirituel, en émettant le désir de connaitre quelle était sa manière de voir, et comment, dans sa pensée, l'on peut trouver une solution, sans toucher à des intérets qui sont considérés par le Saint Siège et ses défenseurs comme appartenants au domaine de la religion * (dépeche de V. -E., n. 41, Cabinet) (1).

*Le Comte de Bismarck, comme je m'y attendais. m'a répondu que c'était là une question sur laquelle les savants, les théologiens, pourraient discuter sans jamais parvenir à s'entendre. C'est là un de ces points qui ne peuvent etre résolus que par l'action du temps, par la pratique. Certainement il ne faut pas perdre de vue le grave intéret de l'indépendance du Pape, qui ne doit devenir le sujet d'aucune Puissance, mais quelle doit etre l'extension d'une immunité territoriale? Dans quelle mesure pourra-t-on la déterminer, pour assurer le libre exercice des fonctions du Saint Siège? C'est encore là un de ces points qu'on ne résout point à l'aide de spéculations scientifiques '''.

En parlant à un autre de mes collègues, il émettait l'avis qu'il ne pouvait qu'approuver la combinaison américaine, en vertu de laquelle, Washington était neutralisée. La méme combinaison devrait étre appliqué aux Capitales en Europe!

Le Comte de Bismarck m'a témoigné toute sa satisfaction de notre empressement à régler nos rapports diplomatiques avec la Confédération du Nord.

(l) -I brani fra asterischi eonu editi in BASTGE>', vol. II, pp. 571-572, ove qui sono aggiunte le parole seguenti: « L'état actuel de la quebtion relative à la réunion d'une conférence ». (2) -Cfr. nn. 66P <· 676. (3) -Non pubblicato.
697

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 128. Berlino, 20 dicembre 1867 (per. il 24).

Il résulte, du langage du Président du Conseil, combien la tentative de pourparlers préliminaires, sur la question de Rome, a peu de chances d'aboutir.

Il me revient d'autre part que le Cabinet des Tuileries aurait attribué au Gouvernement Prussien l'intention d'étrangler le projet de conférence, par une réunion restreinte. Pour ne pas preter le flanc à ce prétendu calcul, le Marquis

de Moustier a laissé entendre en effet, que l'acceptation de la réunion restreinte dP.vrait néccssairement, et. pr<•alablement, impliquer un engagement d'intervenir à la conference. On aurait méme prié le Comte de Bismarck de se prononcer sur la date et le lieu de cette réunion. En meme temps, il lui était déclaré que la France, en transmettant ses premières invitations, n'avait nullement songé à gener en rien la Prusse dans ses attributions sur la Confédération du Nord, et que les Puissances convoquées n'auraient qu'à s'occuper de la question de Rome.

M. de Bismarck a répondu par l'intermédiaire du Comte de Goltz, pour demander des éclaircissements, car, selon sa manière de voir, les termes pourparlers préliminaires et conférences n'emporteront corrélation, que lorsque les Grandes Puissances seront d'avis, après mùr examen préalable, qu'il y a lieu à délibérer en commun et en assemblée plus générale.

Au reste, ces détails ont beaucoup perdu de leur intéret, depuis que les vues françaises rencontrent, à peu près partout, une opposition plus ou moins marquée. V. E. connaitra le mot du Baron de Budberg: «la conférence était impossible parcequ'elle n'avait pas de programme, aujourd'hui elle l'est encore parcequ'elle en a un». Ce méme diplomate a émis l'idée que, pour dégager l'Empereur Napoléon de cette impasse, les Puissances devraient lui conseiller d'annoncer par une circulaire que la conférence est remise. Cette idée d'un renvoi aux calendes grecques, sous forme d'ajournement, aurait été favorablement accueillie à Londres et aurait des chances d'étre accueillie à Paris, si elle est appuyée par les autres Cabinets.

D'après une lettre particulière de Lord Stanley, du 18 de ce mois, ce Ministre avait reçu des indications qui lui permettaient d'admettre dès à présent que notre Ministère aurait une majorité dans les Chambres. Il s'en réjouissait au point de vue du maintien de l'ordre et de la tranquillité dans notre Pays.

Parmi les annexes de la Gazzetta Ufficiale, que le Ministère des Affaires Etrangères m'envoie très régulièrement, il manque les feuilles n. 488, 489, 490, 491, qui doivent justement contenir m1e partie du Livre vert intéressant cette Légation. Je prends la liberté de signaler à V. E. cette lacune, ainsi que l'envoi qui m'a été fait, d'abord d'un prospectus de journal, Correspondance de Florence sous timbre ministériel, et ensuite du journal meme, inclus dans la Gazzetta Ufficiale. Je ne pense guère qu'une feuille contenant des traductions françaises et appréciations de pièces, et de nouvelles dont V. E. a l'obligeance de me tenir au courant, puisse m'étre utile, et je ne compte pas m'y abonner.

(l) Cfr. n. 555.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO DESTINATO A BRUXELLES, DE BARRAL

ISTRUZIONI CONFIDENZIALI. Firenze, 21 dicembre 1867.

La perfetta conoscenza ch'Ella possiede della politica del Governo del Re, l'esperienza ch'Ella ebbe campo di acquistare prendendo parte attiva alle trattazioni diplomatiche di questi ultimi tempi, i colloquii, infine, ch'io ho avuto con Lei intorno agli scopi principali della miss'ione che Le è affidata, mi dispenserebbero dal porgerle più preeise direzioni. s'Ella non mi avesse espresso il desiderio che fossero fissati in istruzioni scritte gli elementi essenziali di cui Ella potrà giovarsi, come di guida, nello assumere l'ufficio di Rappresentante dell'Italia presso la Corte di Bruxelles.

Siccome V. S. ben sa, non esistono, nella sfera politica propriamente detta, rapporti i quali colleghino tra loro gli interessi diretti dell'Italia con quelli del Belgio; ma siccome il nostro paese ebbe, ai dì nostri., larga parte ne'i rtvolgimenti d'Europa, così il contraccolpo di quanto avvenne presso di noi dovette necessariamente farsi sentire anche in quegli Stati dai quali ci separa gran tratto di territorio.

Una circostanza speciale, nascente dalla costituzione del Belgio al punto di vista della nazionalità, contribuì potentemente a siffatto risultato.

L'identità di razza e di idioma, che taluni considerano come criterio fondamentale delle nazionalità, non esiste nel Belgio. In codesto paese si ravvisano agevolmente due razze distinte, razze che furono per lungo tempo rivali e nemiche. Sulla riva sinistra della Schelda i Valloni, appartenenti allo stipite latino, sono Francesi per carattere e per istinto, e parlano un dialetto che ricorda quello che, nel Nord della Francia, parlavasi nell'età di mezzo. Sulla riva destra, invece i Fiamminghi, di razza germanica, appaiono fratelli degli Olandesi, di cui parlano la lingua.

Nel 1830, Valloni e Fiamminghi s'appigliarono concordi al partito di staccarsi dai Paesi Bassi, più per isfuggire al regime dispotico di Re Guglielmo I, che per provvedere ai loro interessi materiali. Però, malgrado l'unanimità di volere che si manifestò in quella circostanza, e nella quale sparirono gli antichi screzii di lingua e di origine come erano pure sparite le divergenze di religione e di politiche tendenze, non poté cancellarsi, nella coscienza delle popolazioni riunite sotto lo scettro liberale di Re Leopoldo I, il sentimento della propria debolezza a fronte del principio assoluto delle nazionalità.

Non è dunque cosa sorprendente che gli avvenimenti susseguiti alla guerra del 1859, per cui fu preparata l'unità italiana, fossero accolti nel Belgio non senza qualche inquietudine. Pel corso di lunghi mesi si potè osservare in quel paese come un'ansia istintiva e febbrile di patriottismo e di indipendenza. Lo spettacolo del principio nazionale trionfante nella nostra penisola, il linguaggio di taluni fra i giornali esteri e segnatamente quello della stampa parigina, erano invero fondamento ragionevole di apprensione. Fu allora che apertasi sotto siffatta impressione la sessione dei Consigìi provinciali, quasi per spontaneo accordo in tutte le parti del Regno vennero decretate dalle rappresentanze locali, insolite commemorazioni anniversarie della assunzione della dinastia dei Coburgo-Gotha al trono del Belgio. La protesta contro ogni possibile smembramento dello Stato e contro ogni velleità di annessione per parte della vicina Francia, appariva evidente in quelle manifestazioni e suonò anzi esplicita in taluna fra le dichiarazioni votate dai Municipii. E, per effetto di reazione, vennero meno come per incanto, da quell'epoca in poi, gli astii e le gelosie che la lotta del 1830 aveva lasciato tra il Belgio e l'Olanda.

Gli animi quetarono negli anni che corsero dal 1860 al 1863. Che però ogni traccia delle insorte apprensioni non fosse svanita apparve nella discussione cui diede luogo, in seno al Parlamento di Bruxelles, il riconoscimento del nuovo Hegno d'Italia. Poiché ~li r~vvenimenti eransi me~lio C'.hiariti nella penisola, l'opinione pubblica, nel Belgio, aveva potuto recare un più calmo e più equo giudizio intorno allo stato di cose inaugurato tra noi. Ormai, nelle classi illuminate, l'Italia ricostituita ad unità, non aveva altri avversari che fra gli uomini di quel partito che più d'ogni altra cosa si preoccupano della sorte del Papato temporale. I liberali invece, per organo dei loro più eloquenti oratori e dei più accreditati periodici moltiplicavano le manifestazioni intese a promuovere il riconoscimento del Regno. Diviso per dissidenza di pareri, stretto tra il cozzo delle esposte opinioni prevalenti nel pubblico e nelle Camere, rattenuto inoltre, per quanto fu affermato, da altre influenze, il Gabinetto di Re Leopoldo I pendeva indeciso sul partito cui appigliarsi, allorché una crisi ministeriale, dovuta in buona parte alla pressione dell'opinione liberale, pose la somma delle cose e la direzione dei rapporti esteriori nelle mani dell'eminente uomo di stato che è tuttavia Ministro degli Affari Esteri ed il quale sino allora avea retto il dicastero dell'Interno. Costituitosi il nuovo Ministero negli ultimi giorni di Ottobre 1861, il Signor Rogier fin dal principio di novembre inaugurava la sua Amministrazione effettuando il d·ivisamento di riconoscere il Regno con accreditare, presso la Corte d'Italia l'Inviato che sostiene tuttora presso di noi, con reciproca soddisfazione, la rappresentanza del Belgio.

Quell'atto importante, menzionato solennemente nel discorso pronunciato dal Re Leopoldo I all'apertura della sessione parlamentare 1861-62, doveva necessariamente provocare una quistione di fiducia e dar luogo ad una ardente discussione in seno alle Camere. Si fu in quella circostanza che riapparve la traccia di quelle apprensioni che sovra ho ricordato, e che sembrano comuni, nel Belgio, a tutti i partiti. Diffatti, gli oppositori esclamavano che riconoscere il Regno d'Italia era un approvare la politica delle annessioni, la quale un dì sarebbe riuscita fatale al Belgio. Al quale appunto il Signor Rogier e gli oratori del partito liberale opponevano un solo ma validissimo argomento, nel quale si rivela però come essi stessi non fossero scevri d'ogni apprensione; si disse cioè che il Belgio costituito sulla volontà nazionale, dovea rispettare la volontà nazionale ovunque essa si manifesti. Il liberalismo belga studiavasi così di attribuire con ragione al principio della volontà delle popolazioni tale efficacia, da bastare da solo a tener luogo agli altri elementi che sono generalmente la base della nazionalità.

Gli avvenimenti del 1864 ridestarono nel Belgio le assopite inquietudini. La campagna dello Sleswig-Holstein e segnatamente il Trattato di pace firmato a Vienna il 30 ottobre di quell'anno, avevano oramai chiarito quali si fossero i veri disegni della Prussia. Era evidente che il primo Ministro di Re Guglielmo aspirava a costituire, a beneficio del suo Sovrano, quella egemonia germanica, pel cui ottenimento l'Austria aveva fallito un ultimo tentativo convocando a Francoforte, nell'Agosto 1863, i Sovrani d'Allemagna. Era insomma evidente che il Governo militare conservatore di Berlino stava per appropriarsi o per acconciare alle proprie tendenze, il programma da lunghi anni meditato dai liberali del Nationalverein. Ella, Signor Ministro, resse in quei tempi successivamente le Legazioni di Francoforte e di Berlino, ed ebbe agio di conoscere, fin d'allora, per quali disegni si maturasse il vasto concetto dell'illustre Ministro prussiano. Però Ella ricorda altresì quanta incertezza avvolgesse. agli occhi del pubblico. i divisamenti che preparavansi nel Gabinetto di Potsdam. Nell'intervallo che corse tra il Trattato dì Vienna e la Convenzione di Gastein, e, più ancora, nel periodo immediatamente successivo a quest'ultimo accordo, appariva che la Prussia, sollecita di compiere il proprio programma, armava all'interno e ricercava nel tempo stesso all'estero l'appoggio di efficaci alleanze: ma quali sarebbero state siffatte alleanze, e come esse si sarebbero sviluppate e strette, fu per lungo tempo ancora cosa ignorata dai più. Che però la Prussia dovesse soprattutto adoperarsi per guadagnarsi la neutralità, se non l'amicizia, della Francia, era cosa la quale comprendevasi di leggieri da tutti coloro che seguivano con occhio attento lo svolgimento della politica inaugurata dal Signor di Bismarck. E tutti erano altresì indotti naturalmente a supporre che, a beneficio di siffatta politica, si sarebbero potute risvegliare, e fors'anche sollecitare le antiche ambizioni del vicino Impero. Posta sopra codesto terreno, la quistione assumeva un aspetto incontrastabilmente minaccioso pel Belgio. I patrioti di quel paese non potevano dissimularsi che un pericolo reale per la loro

mdipendenza racchiudevasi nella situazione, laddove Francia e Prussia si fossero accordate per ispingere fino a più o meno radicali soluzioni i problemi delle nazionalità. Il linguaggio dei Giornali, reputati devoti ed attinenti alla politica imperiale, era invero di tal natura da porgere corpo ed alimenti a quelle apprensioni. Siffatto linguaggio, a seconda del quale la quistione, al punto di vista francese, sarebbesi ridotta all'esame dell'utilità e della convenienza, riusciva senza ambagi alle seguenti conclusioni: che solo l'intero acquisto della riva sinistra del Reno alla Prussia poteva essere compenso sufficiente di un'alleanza attiva; ma che per consentir ad osservare un contegno dì benevola aspettazione, mentre la Prussia, alleata dell'Italia, avrebbe sciolto, colle armi alla mano ed ai danni dell'Austria, la questione germanica e quella di Venezia sarebbero state premio sufficiente altre combinazioni territoriali, che non

definivansi, lasciando quindi comprendere che potrebbe anche trattarsi dell'annessione del Belgio.

A codeste manifesta;lioni di giornali aggiungevansi altri sintomi vieppiù gravi ed allarmanti. Al Signor di Bismarck attribuivansi, nei circoli politici, esplicite dichiarazioni, l'eco delle quali Ella stessa, Signor Ministro, ebbe più volte a riferire al R. Governo. Ella rammenta, senza dubbio, come corresse in quei giorni, e fosse accreditata la voce che il Signor di Bismarck, intrattenendosi con un alto diplomatico francese, uscisse nella seguente dichiarazione, che rispondeva anticipatamente ad un quesito facilmente prevedibile: «Perché la Francia non si annetterebbe il Belgio?».

L'agitazione suscitata nel Belgio allo affacciarsi di una situazione cosi piena d'incertezze e di pericoli, fu vivacissima e pertinace. L'opposizione vi attinse nuova forza per combattere con efficacia il Ministero liberale, e lo stesso partito liberale, senza poter escludere in modo assoluto le eventualità recate innanzi dal partito avverso, cercava di scemarne la gravità con dimostrare che le Potenze, e segnatamente l'Inghilterra, si sarebbero opposte all'annessione del Belgio, e soprattutto d'Anversa, alla Francia, e che ad ogni modo l'Europa non poteva volere che si rinnovasse la lotta del 1830.

Lo sviluppo degli avvenimenti e la rapida campagna del 1866, vennero a porre termine alle ansie dei patrioti belgi. A rinfrancare gli spiriti ed a dissipare le ultime tracce delle passate inquietudini contribuì l'esserci insed.iato sul trono del Belgio, fin dallo scorcio del 1865, e l'esservisi consolidato un secondo sovrano della dinastia nazionale. Né, a quanto pare, si sarebbero gran fatto commosse le popolazioni per i torbidi avvenuti in principio di quest'anno in alcuni distretti finitimi alla Francia, e nei quali, secondo riservate informazioni, avrebbero avuto la mano alcuni agenti subalterni attinenti al Governo imperiale.

Ad ogni modo, qualunque siano in questo momento le disposizioni della pubblica opinione, nel Belgio, per quanto concerne siffatta delicatissima quistione, è bene che V. S. possa, in ogni occorrente, uniformare in proposito il suo linguaggio al pensiero del R. Governo.

Noi facciamo aperta professione del principio ch'è base della nostra costituzione nazionale: ma appunto perché tale è il criterio generale della nostra politica esteriore, il Belgio deve avere piena fiducia nella nostra costante simpatia e nella efficace nostra amicizia. Il principio delle nazionalità ha bensì per fondamento taluni elementi di fatto, che fanno difetto allo Stato presso cui V. S. è chiamata a rappresentare l'Italia. Però codesti elementi di fatto, né costituiscono un criterio assoluto ed esclusivo, né possono mai nuocere in alcun caso all'efficacia di quella che è la vera ragione d'essere del principio nazionale, voglio dire della volontà popolare legittimamente manifestata. Ora egli è certo che, manifestata sotto siffatto aspetto la quistione, il principio di nazionalità costituisce un titolo incontrastabile per la indipendenza politica del Belgio, e lo costituirà ancora finché malgrado le opposte tendenze tra fiamminghi e valloni il voto di quelle popolazioni si manifesterà nel senso dell'uniòne.

Ma anche sotto il rapporto della politica convenienza, noi abbiamo ragione di essere favorevoli al mantenimento del Regno del Belgio. Le differenti razze che si spartano il possesso dell'occidente dell'Europa, la razza germanica e le razze latine, possono senza contrasto vivere l'una accanto all'altra finché

o le separa barriera di alte montagne e di rapide fiumane o le divide dissonanza completa d'idiomi, o le confonde in pacifica unione mitezza di costumi e di abitudini.

Però verso il mare del Nord sparisce tra le due razze ogni segno visibile di naturale confinazione. Là si estendono, senza avvallamenti od elevazioni notevoli, le basse pianure, là i fiumi perdono forza e sono assorbiti dagli innumerevoli canali, là infine le due lingue insensibilmente si mutano per gradazioni inavvertite, dall'una all'altra località, costituendo due idiomi del quale l'uno ritiene del tedesco come l'altro ritiene del francese. Mirabilmente acconci per lo sviluppo delle industrie e per monopoli! dei lontani commerci, quei territorii furono e sarebbero tuttora oggetto di interminabili lotte, ove dovessero ancora contendersene il possesso le due grandi nazioni che gareggiano, ai di nostri, pel primato militare in Europa.

Fu pertanto opera di avveduta politica quella che collocò doppia barriera all'ambizione dei due gelosi rivali, costituendo una lacuna tra le sponde germaniche e le sponde francesi dei mari contrastati, e fondandovi dapprima un solo

41 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. IX

dominio che gli avvenimenti, sanzionati dalla diplomazia, spartirono poscia in due Regni.

Tale è il concetto del Governo del Re in ordine all'assetto di cose che vige nelle contrade ove ELla sta per assumere il compito di rappresentante di Sua Maestà. È nostro desiderio che quel nostro concetto penetri nelle convinzioni degli uomini di Stato che reggono la cosa pubblica od hanno influenza nell'opinione generale del Belgio. Affermando viemmeglio la nostra politica a tal riguardo, Ella contr.ibuirà, non solo ad accrescere le simpatie che glà esistono tra le due nazioni, ma altresì a rafforzare notevolmente il partito liberale, nelle cui mani sta attualmente la somma delle cose in Belgio.

Non è qui fuor di luogo, Signor Ministro, alcun breve cenno sopra la reciproca situazione dei partiti, segnatamente per quel che concerne l'apprezzamento delle cose italiane, e soprattutto della quistione che attualmente resta a risolversi in Italia.

Il partito cattolico ebbe parte principale nei moti del 1830; influentissimo, per organo del clero, sulle masse delle campagne, contribuì non poco al successo della lotta per l'indipendenza. A ciò vuolsi ascrivere se quel partito poté resistere a far fronte al partito liberale, nel tempo stesso in cui il liberalismo trionfava quasi dappertutto negli altri centri di Europa. È però di stretta giustizia il soggiungere che il partito cattolico, nel Belgio, contò nelle sue file eminenti personaggi e fece soventi prove di saggia moderazione, e di caldo patriottismo: per guisa che non è mai venuta meno la reciproca stima tra liberali e cattolici in quei momenti stessi nei quali più ardente ferveva tra loro la lotta.

Questa appunto è la ragione per cui il Ministro d'Italia nel Belgio, per quanto lievi ne siano le probabilità di successo, non deve trascurare il compito di guadagnare alla causa nostra talune fra quelle individualità che più spiccano tra le fila di quel partito. Gli avvenimenti sono troppo recenti perché, anche da animi spassionati, se ne possa recare un retto giudizio, mentre convinzioni preconcette, ma talvolta rispettabili, fanno tuttora velo al pensiero. Ella udrà, Signor Ministro, ripetersi severi apprezzamenti delle cose nostre. Ella udrà accusare il Governo del Re di complicità colla rivoluzione perché non ha sconfessato le aspirazioni nazionali, e tacciare di follia e peggio qualunque politica che si proponga di mutare lo stato di cose esistente in Roma. Ella vedrà codeste manifestazioni tradursi sovente in atti apertamente ostili a noi: applaudirsi alle assemblee di cattolici convenuti a Malines per trattare di argomenti politici sotto specie d'interessi religiosi; lautamente profondersi il denaro di facoltosi privati per assoldare uomini ed approvvigionare arsenali a beneficio della Santa Sede; giovani di distinte famiglie accorrere essi stessi alla difesa del potere temporale del Sommo Pontefice. D'innanzi a consimili fatti, Ella dovrà, Signor Ministro, mantenersi nella più assoluta riserva. Sarebbe opera meno dignitosa e vana tentare di apporvi un argine. Ella dovrà invece adoperarsi per dissipare le prevenzioni che tuttavia albergano in animi onesti, eliminando così, se non prontamente, certo con maggiore efficacia il fondamento stesso di quei fatti che noi deploriamo.

Il Governo del Re ebbe, in questi ultimi tempi, occasione di confermare e di v.iemmeglio chiarire :i suoi ver.i intendimenti sulla quistione romana. Ormai non ha più ragion d'essere l'accusa, così sovente lanciata, che da noi si voglia

conquistar Roma colla violenza. Ormai consta da documenti solenni che in noi non è venuta né venne mai meno la devozione pel Capo Supremo della Chiesa Cattolica. Solleciti di porre un termine ad una situazione incomposta di cose, appunto perché essa sconvolge gli animi in Italia ed in Europa e turba le coscienze cattoliche, è nostro precipuo studio quello di rinvenire una soluzione che soddisfaccia agli alti interessi religiosi e provveda alla guarentigia ed alla dignità del Capo della Chiesa.

Tenendo un linguaggio conforme alle considerazioni ch'io venni fin qui svolgendo, non è del tutto vana speranza che si riesca a scuotere taluna cn-vinzione, ed a guadagnare alla nostra causa nuovi fautori.

Il Governo del Belgio, sia perché ha sudditi di varia religione, sia perché in questi ultimi tempi fu sempre nelle mani del partito liberale, si mostrò sinora alieno da qualsiasi immistione officiale nelle cose di Roma. Sarebbe quindi fuor di luogo che io le accennassi il linguaggio che V. S. avrebbe a tenere ove altre tendenze si manifestassero nelle sfere governative. Ad ogni modo le norme generali della nostra azione diplomatica per quel che concerne la questione romana, potranno, accorrendone il caso, valere come guida della sua condotta.

Una parte ancor più delicata della missione che Le viene affidata è quella che consiste nello stare in grande attenzione sovra tutto ciò che può aver per conseguenza qualche mutazione nell'andamento dei grandi Stati vicini e segnatamente dell'Impero francese. Le notizie che il Ministero riceve dai suoi Agenti presso le principali Corti europee, concordano nel dimostrare che lo stato attuale delle cose di Francia è alquanto incerto. La situazione speciale del Belgio, i frequenti suoi rapporti col vicino Impero, le stesse di Lei relazioni personali in Parigi, Le renderanno agevole il conoscere quali opinioni predominano in Francia ed io faccio largo assegno sull'esperienza e sulla prudenza della S. V. per avere periodiche informazioni sovra siffatto argomento che tocca tanto davvicino agli interessi italiani.

Un altro oggetto che raccomando parimente a tutta la di Lei attenzione è la fabbricazione delle armi che sovra [larga] scala si fa in Belgio per uso di molti eserciti di Europa. Questo .argomento merita speciale considerazione sotto due punti di vista diversi ma ugualmente importanti.

In questo momento, in cui quasi tutti gli Stati di Europa stanno operando considerevoli trasformazioni nell'armamento delle loro milizie, riescirà profittevole al R. Governo di essere accuratamente informato delle varie invenzioni che si fanno e degli esperimenti che si praticano nelle officine del Belgio. Il tenersi poi esattamente al corrente di questa parte rilevantissima dell'industria Belga, porgerà alla S. V. l'opportunità di conoscere e di riferire se estere potenze facciano apparecchi straordinari di armi, perocché difficilmente si possono fare tali preparativi in qualche punto d'Europa senza che l'industria del Belgio vi sia interessata.

Non chiuderò questa parte delle mie istruzioni senza soggiunger un'avvertenza più specialmente delicata, e che sarà bene Ella abbia costantemente presente. Benché il regime costituzionale abbia pieno vigore nel Belgio, sembra nondimeno che il Sovrano vi si riservi una parte pressocché diretta ed immediata in ciò che concerne le relazioni coll'estero. Non sarà quindi inopportuno

587 che V. S. si procuri adito anche alle sfere che più avvicinano il Trono, ove Le verrà fatto sovente di procacciarsi utili nozioni e fors'anche di esercitare una vantaggiosa influenza.

Il Belgio, benché stretto entro angustissimi limiti territoriali, può gareggiare con vantaggio colle maggiori Potenze per isviluppo di industria e per attività di commercio. Ricco di prodotti naturali, abitato da una popolazione densa e svegliata, il Belgio seppe portare ad un grado meraviglioso di prosperità le intraprese che oramai sono condizioni indispensabili della moderna civiltà. Una rete fittissima di vie di comunicazioni d'ogni maniera accresce H valore di ogni singola produzione, moltiplicando i mercati sui quali può essere trasportata con lievissimo costo. Il Governo, intelligente conoscitore dei bisogni e delle tendenze dei suoi amministrati, mentre provvide con larghe e liberali istituzioni al decentramento ed allo svolgimento delle attività locali, mentre tolse di mezzo, con esempio inimitato finora, ogni interna barriera di dazi municipali, entrò pure prontamente nella via dei liberi scambi ed assicurò ai proprii commerci vantaggioso trattamento presso i principali emporii del mondo. Anche coll'Italia, benché siano minori i rapporti, il Belgio ha già un sistema di relazioni commerciali regolare e completo del quale sarà argomento in apposite istruzioni. Però sarà utile oggetto di studio per la S. V. Illustrissima l'attento esame delle istituzioni vigenti in quel Regno, ed io riceverò sempre con piacere quelle comunicazioni che Le saranno suggerite o da innovazioni ulteriormente adottate, ovvero dalla constatazione dei risultati di provvedimenti già vigenti.

Gli ordinamenti amministrativi del Belgio hanno fatto ottima prova in quel paese, e certo potrebbero fornire utile esempio da imitarsi presso di noi. Ella avrà modo di conoscere a fondo codesto ordinamento, di studiarne l'indole e l'applicazione, e di porre il Governo del Re, mediante accurate relazioni, in grado di giovarsene nell'opera di interna riorganizzazione che è ormai tempo di fermamente intraprendere in Italia.

Lo stesso vuolsi dire delle istituzioni commerciali, industriali ed agricole, lo studio delle quali Le riescirà certo possibile al punto di vista della legittima tutela che esercita ogni ben costituito Governo sopra di esse. Ella non dovrà insomma, ammettere di farmi pervenire qualsiasi dato o qualsiasi studio che possa contribuire, saggiamente applicato, all'incremento della prosperità materiale del Regno.

E poiché anche negli argomenti morali, e segnatamente nei rapporti tra la società religiosa e la società civile, il Belgio porge utilissime nozioni desunte da una pratica di più anni, io amerò che V. S. si preoccupi altresì di codesta materia. Non è infatti irragionevole il supporre che si possano desumere dal Belgio utili indicazioni circa l'applicazione di quei principii di separazione e di reciproca indipendenza il cui concetto pratico venne appunto tratto presso di noi dalla condizione di cose dal lungo tempo esistente in codesto paese.

Con gli atti più importanti della politica liberale del Governo belga in argomento di commercii, va senza dubbio annoverato il riscatto del pedaggio della Schelda. Il trattato di Pace del 1839 aveva riconosciuto all'Olanda il diritto di percepire un'imposta sulla navigazione della Schelda, ed il Belgio, nell'interesse del proprio commercio, si era assunto l'intero pagamento di quell'imposta, deliberando con legge ch'essa sarebbe rimborsata ai singoli bastimenti esteri, ed anche olandesi, che avessero dovuto pagarla entrando nella Schelda, che è lo sbocco naturale dei principali porti belgici. Grazie allo sviluppo costante dei commerci marittimi, l'onere che il Belgio s'era per tal guisa addossato era cresciuto a tal segno da raggiungere nel 1862 la cifra di due milioni. Spetta al Signor Rogier l'onore di aver negoziato ed ottenuto le capitolazioni del pedaggio nella somma di circa 36 milioni di franchi, dei quali 13 milioni circa furono assunti dal Belgio, il rimanente fu ripartito, in quote proporzionali ed in più rate successive tra le varie potenze marittime, Ella sa che l'Italia prese parte a quell'atto, e che è ancora attualmente in corso il pagamento rateale della quota che ci fu attribuita.

Una quistione speciale si connette con quella generale della navigazione della Schelda. Ella sa che questo fiume ha due sbocchi principali nel mare. Il Governo olandese volendo riunire Ressinga, situata sulla sponda sinistra del ramo orientale, colla rete ferroviaria del regno, determinò di sbarcare quel ramo, surrogandolo, per gli usi della navigazione, con un canale, appositamente rettificato, quello del Sud-Baresland. Il Gabinetto di Bruxelles fu d'avviso che quella operazione potesse danneggiare in doppia guisa gl'interessi commerciali del Belgio, allegando, cioè, il canale del Sud-Baresland essere insufficiente, e la chiusura del ramo orientale poter nuocere alle cond,i2lioni idrografiche del ramo occidentale. La quistione, studiata da ingegneri delegati, per invito offìcioso del Belgio, dai Governi di Prussia, Inghilterra e Francia, fornì materia ad opposte conclusioni. Per quanto ci risulta, essa è tuttora pendente, dal punto di vista del diritto, mentre nell'ordine dei fatti ha ricevuto una soluzione per essersi proseguiti i lavori per parte del Governo olrundese. Noi abbiamo ragione di credere che quella quistione non sarà più sollevata. Ho creduto nondimeno opportuno di farne qui un breve cenno, sia perché esso parve alterare per un momento i buoni rapporti tra i due Stati finitimi, e porse argomento a voci varie di maggiori combinazioni politiche, sia perché, in ragione dell'importanza che vi si annetteva dall'opinione pubbl[ca nel Belgio, il Signor Rogier ebbe a tenerne discorso, in forma offlciale, al predecessore di Lei.

Nel chiudere queste sommarie istruzioni, sarebbe superfluo ch'io Le dichiarassi quanta fiducia il R. Governo riponga nello zelo di Lei e nell'affetto operoso ch'Ella porta al Re ed al paese. I titoli ch'Ella seppe già acquistarsi alla pubblica benemerenza, sostenendo alte, importanti e difficili missioni, sono pegno che Ella corrisponderà ampiamente alla nostra aspettazione.

699

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA. AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E A VIENNA, DE BARRAL

T. 518. Firenze, 22 dicembre 1867, ore 22,45.

Aujourd'hui sont terminées les discussions sur les interpellations relatives au Ministère. La Chambre a rejété par 201 voix contre 199 un ordre du jour

qui approuvalt la conduite du Ministère qui a eu contre lui toutes les nuances de l'opposition et auquel ont manqué environ dix voix de la droite (1).

Le Ministère délibérera ce soir sur le parti à prendre et sur la proposition à soumettre à Sa Majesté. Je vous préviendrat plus tard des résolutions qui auront été prises (2).

700

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 519. Firenze, 23 dicembre 1867, ore 16,45.

Veuillez insister de nouveau auprès du marquis de Moustier pour avoir les réponses que vous m'avez déjà annoncées au sujet des paroles de M. Rouher sur le Roi et relativement à la conference.

701

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, E A VIENNA, DE BARRAL

T. 520. Firenze, 23 dicembre 1867, ore 17,30.

Le Ministère a annoncé aujourd'hui à la Chambre qu'il a donné sa démission. La Chambre s'est ajournée au 7 janvier.

702

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GUALTERIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

Firenze, 23 dicembre 1867.

Credo importante far conoscere tutto quel che mi consta fino a questo momento circa alle cospirazioni che si rinnovano per conto dei Borboni. Par positivo che meditino qualche colpo di mano sulle Provincie Napoletane con

Purché tutto questo non ci conduca ad una rottura, disastrosa pei due Paesi!

Se il Parlamento e il Paesse non si mostrano risoluti a lasciar in disparte per qualche anno la quistione di Roma ed ogni altra quistione estera, per non occuparsi d'altro che di finanze e di amministrazione, tengo per fermo che andiamo incontro a prove dolorose e funeste ».

alla testa il Conte di Caserta. Locché é un commento alle follie che si suppongono girare pel capo alla Corte di Roma, non che alla così grossa spedizione di reclute che giungono a Civitavecchia. Egli è certo che a Parigi si è ricostituito il Comitato. Esso è presieduto dal Principe di Scilla ed è composto dal Signor De la Vieuville, Perat e Le Cour capitalista di Marsiglia che dà danaro. Scilla abita Rue du Centre, 17, ed il Comitato si riunisce da lui o da Canofari, Rue Royale. Segretario del Comitato sarebbe un tal Luca, Rue de la Croi.x de la Brétonnerie, 31, il quale va sovente a Malta, a MarsigUa, a Roma, e qualche volta a Napoli. Viaggia come tutti questi Signori con passaporti spagnuoli, e Scilla dispone a ciò di passaporti spagnuoli. Il famigerato Tristany riceve il dana;ro e si occupa di arruolamenti. Esso dimora Rue Corbeau, 17, presso il Canale Saint Martin. Sarebbe egli stesso che avrebbe confermato la ricos1Jituzione del ComitJato. Dicesi veramente che egU sia sorvegliato non so quanto strettamente dalla polizia francese. Le reclute che egli va facendo fra gente di varie nazioni, hanno l'aria di miserabili, e partono sulle Messaggerie per Civitavecchia ed alcune per Napoli. Son partiti anche uflìciali, tra i quali M. De la Martinière, il quale va prima a Roma a prendere istruzioni da Pietro Ulloa e poi forse andrà a Napoli, non so bene se con passaporto francese o spagnuolo. Fanno ristampare l'opuscolo dei valori, intitolato le Piémont au ban de l'Europe. Il Cann (?) sembra incaricato della compera delle armi in Inghilterra e di noleggiare qualche bastimento.

Un deposito di arruolamenti sembra che sia a Nantes. La direzione delle bande che dovrebbero partire da Roma sarebbe per Terracina; punto di riunione il bosco sulla dritta di Terracina verso il mare, ove sembra siano depositi di armi. Girerebbero poi sulle montagne a sinistra di Terracina ove si attendono i capi. Mi viene indicata anche la persona di Terracina che terrebbe la corrispondenza con Roma ed aiuterebbe i trasporti d'uomini e d'armi. Sarebbe un tal Battista di un paesetto del Napoletano detto La Sperlunga.

A Marsiglia sarebbe incaricato degli arruolamenti un tal Fortini, fratello di ben noti reazionarii che si trovano nel Circondario di Casoria in Provincia di Napoli, e che erano nel tempo tenu1Ji sempre d'occhio dalla polizia. La condotta di costui mi prova che cospirano tuttavia e continuano ad essere l'anello di congiunzione fra il Comitato di Maddaloni in Provincia di Caserta ed i Borbonici di Napoli.

Certo è che in questi gravi momenti conviene a mio parere che siano tenute di occhio queste mene, e avendo avute queste indicazioni sul centro dirigente spingerle ancora sulle sue diramazioni a Roma ed a Napoli. Cosa che non mi sarà malagevole fare anche in via particolare. Conviene anche considerare queste ~!:destate speranze come sintomo della situazione e vedere fino a che punto trovano imbarazzo nell'azione della Polizia francese.

Tanto mi son creduto in debito di palesare fin d'ora nell'anormale situazione presente, onde anche nel Ministero degli Affari Esteri possano restare le tracce in ogni evento di questi prepa,rativi specialmente nella parte che si fa in Parigi.

(l) -Cfr. Attt del Parlamento Italiano, Camera dei deputati, discussioni, 1867, vol. III (16 luglio-23 dicembre 1867), Firenze, 1868, pp. 3349-3375. (2) -Cfr. 11 seguente brano di una l p. di Nigra a Minghetti del 23 dicembre (BCB, Carte Minghetti): '' M'arriva ora la notizia della vot.azlone di ieri sull'ordine del giorno. Vi confesso che qw~sta notizia fu per me, come per tutti i vostri amici di qui. una penosa sorpesa. Che cosa significa questo voto? Io sono molto Irrequieto dell'Irritazione crescente che vedo svilupparsi in Italia contro la Francia e In Francia contro l'Italia.
<
APPENDICI

APPENDICE l

LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 15 luglio 1867)

ARGENTINA

Buenos Ayres -N. N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JOANNINI CEVA DI S. MICHELE conte Luigi, incaricato d'affari.

ASSIA

OLDOINI marchese Filippo, inv,iato straordinario e ministro plenipotenZiiado (residente a Monaco).

AUSTRIA

Vienna -DE BARRAL DE MoNTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AvoGADRO DI CoLLOBIANO Arborio Francesco, segretario; ScoTTI Alberto, segretario; GUICCIOLI marchese Alessandro, addetto; AVARNA DEI DUCHI DI GUALTIERI Giuseppe, addetto.

BADEN

Carlsruhe -GIANOTTI Felice, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LITTA BIUMI RESTA conte Balzarino, segretario.

BAVIERA

Monaco -0LDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CENTURIONE marchese Enrico, segretario; TERZAGHI Carlo, addetto.

BELGIO

Bruxelles -DoRIA DI PRELA conte Rodrigo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAROCHETTI barone Maurizio, segretario.

BOLIVIA GARROU Ippolito, incaricato d'affari (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -FE' D'OsTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GoNELLA Alfonso, segretario.

BRUNSWICK

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

CHILI

GARROU Ippolito, incaricato d'affari (residente a Lima).

CINA

SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro pleniiJotenziario (residente a Yeddo).

CITTA ANSEATICHE

Amburgo -GALATERI, dei conti di Genola, Gabriele, incaricato d'affari.

COSTARICA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -N. N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GERSAIX DE SONNAZ Carlo Alberto, incaricato d'affari.

FRANCIA

Parigi -NIGRA Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoYL DI PuTIFIGARI conte Carlo Alberto, segretario; RESSMAN Costantino, segretario; AVOGADRO DI COLLOBIANO ARBORIO Luigi, addetto; VIMERCATI conte Ottaviano, addetto militare col titolo di consigliere onorario di legazione.

GIAPPONE

Yeddo -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ARESE conte Marco, segretario.

GRAN BRETAGNA

Londra -TAPARELLI D'AzEGLIO marchese Vittorio Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAFFEI DI BaGLIO conte Carlo Alberto, segretario; SAN MARTINO DI SAN GERMANO marchese Casimiro, segretario; VIGONI Giorgio, addetto; CAVRIANI marchese Antonio, addetto.

GRECIA

Atene -PEs DI SAN VITTORIO conte della Mlnerva, Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenzlario; N. N. segretario.

GUATEMALA

Guatemala -ANFORA, del duchi di Licignano, Giuseppe incaricato d'affari.

HONDURAS

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

MAROCCO

Tangeri -CASTELLINARD conte Adolfo, agente e console generale; TESI Giulio, ff. di vice console; ToLEDANO Giuseppe, interprete; BENATAR Raffaele, interprete onorario.

MECKLEMBURGO (Granducato di)

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenzlario (residente a Berlino).

MESSICO

Messico -N. N. inviato straordinario e ministro plenlpotenzlario; CuRTOPASSI Francesco, segretario.

NICARAGUA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

OLDENBURGO

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

PAESI BASSI

Aja -CARUTTI DI CANTOGNO Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTUSCELLI Ernesto, segretario.

PERù

Lima -GARROU Ippolito, incaricato d'affari.

PORTOGALLO

Lisbona -TALIACARNE marchese Andrea, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PATELLA Salvatore, segretario.

PRUSSIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Tosi Antonio, segretario; ZANNINI conte Alessandro, segretario; VISCONTI D'ORNAVAsso barone Carlo Alberto, addetto.

RUSSIA

Pietroburgo -DI BELLA CARACCIOLO marchese Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; INCONTRI marchese Ludovico, segretario; CoNELLI DE PROSPERI Carlo, addetto.

SAN SAL VADOR

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

SASSONIA (Regno di)

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

SASSONIA (Gran Ducato e Ducati di)

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario Cresidente a Berlino).

SPAGNA

Madrid -N.N. inviato straordinario e ministro plepinotenziario; CovA Enrico, segretario; PATERNÒ DI RADDUSA Michele, addetto; SONNINO barone Sidney, addetto.

STATI UNITI DELL'AMERICA DEL NORD

Washington -CERRUTI Marcello, inv.iato straordinario e ministro plenipotenziario; CANTAGALLI Romeo, addetto.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -CoRTI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PRAMPERO conte Ottaviano, segretario; CoTTA Francesco, addetto.

SVIZZERA

Berna-N.N. inviato straordinario e ministro ple.nipotenziario; DE MARTINO Renato, segretario; SAN MARTINO DI SALE CASTELNOVO E CASTELLAMONTE Pietro, addetto; COMPANS DE BRICHANTEAU conte Edoardo, addetto.

TURCHIA

Costantinopoli -BERTINATTI Giuseppe inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DELLA CROCE DI DoJOLA conte Enrico, consigliere; DI NOIA DE GREGORIO duca Leopoldo, segretario; GALVAGNA barone Francesco, segretario; FRANCHETTI Leone Giulio, addetto; DE NITTO Enrico, addetto; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; ANINO Giovanni, interprete.

URUGUAY

Montevideo -N.N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RAFFO Giovanni Battista, incaricato d'affari.

VENEZUELA

Caracas -DE LA VILLE conte Bartolomeo, incaricato d'affari.

WiiRTEMBERG

Stoccarda -GREPPI conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BALBI SENAREGA marchese Giacomo, ff. segretario.

APPENDICE Il

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al 15 luglio 1867)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO Dr CAMPELLO conte Pompeo, senatore del Regno.

SEGRETARIO GENERALE MELEGARI Luigi Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

DIRETTORI SUPERIORI

UussE BARBOLANI Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (affari politici); MIGLIORATI marchese Giovanni Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (affari commerciali); PEIROLERI Augusto (affari privati e contenziosi).

CAPO DIVISIONE (contabilità, economia e passaporti) CORSO Edoardo.

CAPI SEZIONE

ARNAUD DE CHATEUNEUF Felice; CANTON Carlo; DE GOYZUETA Fmncesco; FALCONET Giuseppe; GAL Giovanni Battista; SANTASILIA Nicola.

SEGRETARI DI la CLASSE

BRASCHI conte Daniele; BERTOLLA Giuseppe; CATTANEO Angelo; CARRERA Angelo; Mo Alberto; ScHMUCKER barone Pompeo.

SEGRETARI DI 2a CLASSE

AMATO Giuseppe; BARRILIS Diego Lorenzo; BIANCHINI conte Domenico; BOREA D'OLMO marchese Giovanni Battista; CAVRCECE Emilio; MIRTI DELLA VALLE Achille.

UFFICIALI DIPLOMATICI E FUNZIONARI ADDETTI ALLE DIREZIONI

ABRO barone Carlo Raffaele, segretario di legazione di 2a classe; FESTA Carlo Stefano, console di 2a classe; HIERSCHEL DE MINERBI Oscarre, addetto diplo

42 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IX

matico; LATTES Giuseppe, vice console di l" classe; NEGRI Cristoforo, console generale di l a classe, incaricato delle funzioni di ispettore generale dei consolati.

ToRNIELLI-BRUSATI conte Giuseppe, vice console di la classe; SPINOLA marchese Federico, segretario di legazione di la classe; TRossi Giuseppe, direttore e capo divisione onorario presso la direzione affari politici; TUGINI Salvatore, volontario diplomatico.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: DEs AMBROIS DE NEVACHE Luigi, ministro di Stato, presidente del Consiglio di Stato, senatore del Regno. Vice presidente: PINCHIA Carlo, consigliere di Stato. Consigliere-segretario: FoRNETTI Tommaso.

Consiglieri: BARBARoux Carlo, consigliere della Corte d'Appello di Piemonte; MANCINI Pasquale, professore; ALFIERI DI MAGLIANO conte Carlo; GUERRIERI GoNZAGA marchese Anselmo, deputato; D'ONDES REGGIO barone Vito, professore, deputato; MELEGARI Luigi Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE III

LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al 15 Zuglio 1867)

Austria -KiiBECK Aloys, barone von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BRUCK Karl, barone von, consigliere; DuBSKY Victor, conte von. segretario.

Baden -ALESINA von ScHWEITZER barone Ferdinand, ministro residente.

Baviera -HOMPESCH Fe11dinand, conte von, inviato straordinario e ministn plenipotenziario.

Belgio -SoLVYNS visconte Henri, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BOUNDER DI MELSBROECK Théodore, primo segretario; 0RBAN Henri, secondo segretario.

Brasile -LouREIRO Joao Alves, ministro residente.

Danimarca -N.N.

Francia -MALARET Joseph, barone de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VILLESTREUX, barone de la, primo segretario; VERNOUILLET, de, secondo segretario; WIMPFFEN, barone de, terzo segretario; LARDEREL, Gaston, conte de, addetto; LASSUS S. GENIES Pierre, barone de, addetto; LESPERUT barone E.G., addetto; ScHMIDT, colonnello, addetto mUltare; Du CASSE barone Georges Hermann, cancelliere.

Gran Bretagna -ELLIOT Henry George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HERRIES Edward, primo segretario; JocELYN William Nassau, secondo segretario; RussELL James Ferguson, secondo segretario; DERING Henry Nevill, terzo segretario.

Grecia -CoNDOURIOTIS Andreas, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TYPALDO Georgios, segretario.

Messico -PEON DE REGIL Alonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; YBARRONDO Domingo, de, segretario.

Paesi Bassi -HELDEWIER Mauritius, ministro residente.

Perù -N.N., incaricato d'affari.

Portogallo -BORGES DE CASTRO José Ferr,eira, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALVES GUERRA Manuel, segretario.

Prussia -USEDOM Karl Georg, conte von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BUNSEN Karl, von, consigliere; DONHOFF Karl, conte von, segretario; RADOLINSKI Hugo, conte von, addetto.

Repubblica Argentina -BALCARCE Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Russia -KISSELEV Nikolaj, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; OsTEN Sacken Niko1aj, conte di, primo segretar~o; DONAUROV Sergej, secondo segretario; MEYENDORF barone Ernest, addetto; GEREBzov Andrej, addetto.

Sassonia Reale -SEEBACH Albin Leo, barone von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Spagna -CUETO Enrique, duca di Rivas de Saavedra, marchese d'Aufion, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; REMON ZARCO DEL-VALLE Mariano, primo segretario; NEIRA Y GAJoso Dositeo, addetto; POMBO Y BARGES Arsenio, colonnello di artiglieria, addetto militare.

Stati Uniti -MARSH George Perkins, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GREEN Clay, segretario; ARTONI Joseph, addetto; WuRTS Georg.! G., addetto.

Svezia e Norvegia -PIPER conte K.arl Edward, inviato straordinario e ministro plenipotenzlario; AMINOFF Wilhelm, segretario.

Svizzera -PIODA Jean-Baptiste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ScHLAICH, segretario.

Turchia -RusTEM Bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; N. N., primo segretario.

Wilrtemberg -Ow Adolf, barone von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.